u Soliloqui Dagli Ogm virus e tumOri? antOniO Pascale Scrittore Un altro giorno, il 19 marzo 2012, al tg1 delle venti ascolto il genetista e ricercatore del cnr Roberto Defez e il biologo ex parlamentare verde Gianni tamino discutere di oGM. tamino dice: “Quando si inseriscono geni estranei in una pianta si è costretti a inserire anche frammenti virali che possono dare dei problemi”. Anche qui, il consumatore si spaventa: mi devo mangiare un mais con un frammento virale? Questa convinzione è molto diffusa, il consumatore pensa che questa metodologia di miglioramento genetico sia: a) nuova, dunque pericolosa; b) malsana perché utilizza virus. tempo fa il senatore tomaso Zanoletti presentò un’interrogazione parlamentare che lessi anch’io (in genere rispondo alle interrogazioni sulle calamità naturali, ma quel giorno mi capitò per sbaglio quella del senatore). Diceva: “ I virus transgenici con cui oggi si realizzano gli ogm penetrano nel Dna della pianta, modificandola in maniera sconosciuta; tali virus transgenici dovrebbero restare latenti, ma nulla può escludere che possano anche riattivarsi in maniera analoga a noti virus tumorali induttori di leucemie, sarcomi, carcinomi, gliomi; essi possono anche essere portatori di malattie nuove o di malattie abbastanza simili a ben note sindromi purtroppo ancora poco comprese nella loro dinamica (Aids, mucca pazza eccetera); il Cauliflower mosaic Virus (Camv) è utilizzato dalle multinazionali ogm per modificare geneticamente le piante in grado di penetrare e di replicarsi anche nelle cellule degli animali, comprese quelle dei mammiferi e anche quelle umane, in quanto possiede particolari pro-moters (motori di attivazione genetica). ” Fa un po’ paura, non è vero? ecco, generalmente nelle interrogazioni si pongono domande, ma stranamente sulla questione oGM chi ne parla non domanda, perché convinto di avere già parecchie certezze al riguardo, dunque non perde tempo a chiedere, accusa. se provate a fare il gioco delle domande, quello che facevamo da bambini per definire meglio la questione – quale virus si usa? come potrebbe modificare il Dna della pianta? eccetera – vedrete che il vostro interlocutore si mantiene sul generico. in effetti è una buona strategia: si rischia poco e si inquieta molto il prossimo tuo. Quale costrutto logico è più forte di quello che unisce multinazionale e virus? Vincete di sicuro. eppure, in una società complessa è nostro dovere gestire la complessità, dunque dobbiamo provare a definire meglio la questione. si usano i virus? per rispondere ci serviamo della stessa interrogazione parlamentare, ovvero vediamo cosa hanno risposto gli esperti (pubblici ricercatori). “ Il metodo di trasformazione che utilizza sequenze geniche provenienti da virus non consiste nell’inoculare la pianta con il virus tal quale (che provocherebbe l’insorgenza della malattia nel nella pianta stessa), bensì sono state invece sviluppate piante transgeniche impiegando geni che provengo provengono dai virus contro i quali si voleva proteggerle. Un esempio è il caso del virus Prsv (Papaya Ringspot Virus) che ha messo in pericolo l’intera produzione di papaia nelle isole Hawaii, dove questa coltura rappresenta una delle principali fonti di reddito per gli agricoltori locali. È stata messa a punto una varietà di papaia transgenica in grado di resistere all’attacco del virus. Ciò è stato possibile integrando nel genoma della pianta la sequenza di Dna che codifica proprio la proteina che ricopre la particella virale (capside). In questo modo la pianta risulta «vaccinata» e se anche il virus dovesse attaccarla non è più in grado di replicarsi e diffondersi. Per quanto riguarda il virus del mosaico del cavolfiore (Camv), di cui è stata sfruttata la sequenza del promotore 35S in alcune varietà gm commerciali allo scopo di ottenere una forte espressione del gene a esso collegato in tutta la pianta, più volte è stata sollevata l’obiezione che tale promotore potrebbe essere instabile e soggetto a trasferimento e inserzione nel Dna di altre cellule, a causa di un evento di ricombinazione del promotore. Questa teoria ha fatto 04 S o l i lo q u i A n t o n i o pA s c A l e nascere la preoccupazione che l’uso dei promotori 35S e altri promotori virali usati negli ogm facciano aumentare i casi di cancro nell’uomo attraverso l’attivazione di geni non virali nelle specie (l’uomo) in cui è avvenuto un trasferimento genetico. Va sottolineato che, a causa della sua elevata diffusione negli alimenti, gli esseri umani hanno consumato Camv e il suo promotore in grandi quantità per decenni senza effetti osservabili. Ad esempio, in gran Bretagna è stato stimato che circa il 14-25 per cento della colza in campo è stata infettata da Camv e valori simili sono stati stimati per i cavolfiori e altre brassicacee. La presenza del promotore del virus del mosaico nelle piante gm non rappresenta una situazione diversa. Inoltre, il Dna presente nei prodotti alimentari è rapidamente degradato durante la digestione, lasciandogli poco tempo di interagire con i tessuti di rivestimento di stomaco e colon. Poi, si può anche aggiungere che allo stato attuale il gene esogeno è introdotto nel Dna della pianta con una pistola. ” Soliloqui sì, sembra fantascienza: il gene da inserire è posto su minuscole lamine d’oro che vengono sparate nel tessuto vegetale in cui si desidera integrare il gene. capite bene che per spiegare questa procedura c’è bisogno di stare sui libri e di affrontare tematiche specialistiche, e allora, invece di studiare e domandare, non è meglio fare come il senatore Zanoletti, e cioè costruire la suddetta frase che tira in ballo virus e tumori? si fa più bella figura, si passa per competenti ed eroi che si preoccupano dello stato di salute del pianeta. Vuoi mettere? Semi TerminaTor capita anche che il consumatore sia convinto che i semi GM siano sterili. Questa è proprio una vigliaccata. il contadino non può così ripiantare i semi e dipende dalle multinazionali, che fanno il loro comodo, appunto, oltre a mettere sul mercato prodotti segretati e virosati. Quando chiedi al tuo interlocutore come si chiamano i semi sterili, nel 60 per cento dei casi non ottieni risposta. nel restante 40 per cento dei casi ti citano i semi terminator. se chiedi ancora: «Dove si possono comprare questi semi, esistono dei vivai che li vendono?». nessuno ti sa indicare il rivenditore, si fa genericamente cenno alla multinazionale. oppure si risponde: «Mi informo e te lo dico». nel 100 per cento dei casi la fonte di informazione è Vandana shiva, l’attivista indiana. Ma anche in quel caso, se incontrate Vandana shiva e le chiedete: «Dove si comprano questi semi sterili?». nemmeno lei saprà rispondere. se chiedi ancora – e non a Vandana shiva, anche perché è difficile che ti risponda – ma al tuo interlocutore: «secondo te i contadini moderni ripiantano i semi?». la maggioranza risponde sì. insomma, il problema è sempre lo stesso: non sappiamo come si coltiva un pezzo di terra, ma ne vogliamo parlare lo stesso. se io e voi avessimo un po’ di ettari da coltivare, mettiamo a mais, be’, nessuno di noi proporrebbe di conservare una parte della granella per usarla come seme. lo facevano i contadini ottant’anni fa. tutti ora comprano il seme da aziende sementiere, in alcuni casi sono obbligati a farlo dalla legge (il seme certificato è più sano, produttivo ed esente da virus). perché? perché se io risemino i semi, il prossimo anno rischio di avere una progenie disomogenea. Avrò piante buone e altre meno buone, e la produzione non sarà costante. È una legge di natura, i caratteri delle piante si diversificano con il passare delle generazioni. se fate un giro nella pianura padana potete vedere i campi di mais composti da piante tutte uguali, stessa altezza, stessa densità; se andate in Africa troverete campi di mais disomogenei, piante alte, alcune basse, altre sane, altre ancora malate. se non avete voglia di viaggiare potete basarvi sui seguenti dati: nel 1861 (anno fatidico), siccome i contadini riseminavano, la resa di mais si aggirava intorno agli 8 quintali per ettaro. nel 1911 a 12 quintali per ettaro. nel 1961, quando si cominciò ad acquistare il seme dalle industrie sementiere, la produzione passò a 25 quintali per ettaro. nel 2011 siamo arrivati a 100 quintali. nessuno conserva più il seme per riseminarlo l’anno dopo. lo compriamo presso le industrie sementiere. poi negli anni sessanta sono arrivati gli ibridi. piante ottenute da genitori con caratteri omogenei. i figli producono più dei genitori, ma se ripianti quel seme otterrai via via piante poco produttive. come fare più volte la stessa copia: il prodotto si sbiadisce. Dunque, i semi non sono sterili, si possono anche riseminare, le piante nascono lo stesso. in india, per esempio, gli agricoltori hanno contrabbandato il seme, se lo sono scambiati, ma con notevoli problemi sulla resa produttiva. Questo è il motivo per cui gli agricoltori acquistano ogni anno i semi. li pagano di più, quelli GM, ma poi impiegano meno trattamenti contro alcuni lepidotteri. presto poi entreranno nel mercato aziende biotech africane e cinesi e il prezzo scenderà, a patto che il settore si liberalizzi, i controlli si abbassino. solo allora sarà più facile per la ricerca pubblica mettere in campo piante per usi specifici, locali, e non così costose. perché poi il problema è solo quello: c’è un regime di monopolio che governa questa innovativa tecnica di miglioramento. se non si abbasserà la dose di paura che in genere le associazioni ambientaliste e la sinistra tendono a iniettare nel bravo consumatore, costui chiederà tanti costosi e inutili controlli e questi limiteranno l’accesso al mercato di altre aziende biotech. senza volerlo, i migliori alleati delle cattive multinazionali oggi sono i bravi ambientalisti. ◆ AtchFav a ela enza a tea (Da A. Pascale, “Pane e pace” , Chiarelettere Editore, 2012) 06 S o l i lo q u i A n t o n i o pA s c A l e a sicurezza alimentare è un tema sempre più importante e dibattuto. E nel contesto di una agricoltura moderna e di qualità, l’industria agrochimica si impegna a fornire strumenti il cui uso sia sicuro e sostenibile, contribuendo all’incremento della disponibilità di frutta e verdura fresche. I formulati Chimiberg rispettano le rigorose normative del settore per garantire al consumatore finale cibo sano e sicuro, nel pieno rispetto della salute dell’uomo e dell’ambiente. Affinché Biancaneve possa mangiare la mela, senza più paura della Strega. Chimiberg® - Marchio di Diachem S.p.A. www.chimiberg.cm