Le radici e l`avvio della seconda guerra mondiale

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Le radici e l’avvio
della seconda guerra mondiale
• A lato,il Principe di Piemonte nell’atto
di fondere il suo collare dell’Annunziata
a sostegno della campagna fascista
“Oro alla Patria” come risposta alle
sanzioni contro l’Italia per la conquista
dell’Etiopia.
Sotto, altre immagini di propaganda
sul tema orgoglioso dell’autarchia. Si
noti l’aquila imperiale romana col motto
“Mussolini ha sempre ragione”.
Il trionfo della morte
In estrema sintesi, e
per quanto ci riguarda
direttamente come italiani,
i germi del conflitto possono
ricercarsi nella politica
coloniale espansiva
del regime fascista.
L’Italia aveva già sotto la
propria giurisdizione, nel continente
africano, i territori di Somalia, Eritrea
e Libia. Mussolini nel 1935 volle
ampliarli a spese dell’Etiopia, stato
di confine indipendente affidato alla
protezione della Società delle Nazioni,
un organismo internazionale, voluto
principalmente dal presidente U.S.A.
Wilson alla fine della prima guerra
mondiale, allo scopo di scongiurare il
ripetersi di conflitti tanto disastrosi.
Nei confronti dell’aggressione agli
Etiopi, la Società decretava come
condanna all’Italia un regime di
sanzioni riguardanti l’embargo di
importanti materie prime. Tale misura
comportò per contrasto l’adozione di
provvedimenti nazionali di autarchia
ma soprattutto suscitò un clima di
rancore nel popolo italiano peraltro
abilmente alimentato dal governo che
aveva dalla sua il coronamento del
sogno colonialista di un vasto impero
in grado di incrementarne la potenza
politica ed economica dando risposte ai
bisogni sociali dello Stato.
Nella Germania invece, il durissimo
trattamento punitivo subìto in seguito
alla sconfitta nella prima guerra
mondiale, sanzionato dal trattato di
Versailles (1919/20) e le successive
difficoltà economiche che portarono
al crollo della Repubblica di Weimar,
causarono un profondo malcontento
nel popolo favorendo la diffusione
della cultura del nazionalsocialismo
rivendicante oltretutto la
riappropriazione delle perdute aree a
forte popolamento tedesco. Dopo una
rapida ascesa politica, il movimento
nazionalsocialista prese il potere,
assumendo nella figura carismatica
di Hitler il controllo totale dello Stato
(1933). La politica estera hitleriana
divenne sempre più aggressiva:
disdegnando i vincoli imposti dal
trattato di Versailles, nel corso di
pochi anni fu riarmato l’esercito, il 7
marzo 1936 rimilitarizzata la zona di
confine con la Francia, il 12 marzo
1938 sancita l’annessione dell’Austria
10
11
e, con la Conferenza di Monaco, il 1º
ottobre dello stesso anno, concretizzato
anche l’incorporamento della regione
dei Sudeti (Cecoslovacchia) area a
forte popolamento tedesco. Il 13 marzo
1939, fu la volta di Boemia e Moravia.
Tenendo in conto il trattato di non
aggressione stipulato con l’Unione
Sovietica (Patto Molotov-Ribbentrop),
che in pratica mirava a spartirsi la
Polonia, la Germania rivendicò la
richiesta su parte di quel territorio,
in modo particolare il corridoio di
Danzica. Ricevuto uno sdegnato rifiuto,
il 1º settembre 1939, la Germania invase
il paese confinante con la conseguenza
di attirarsi addosso la dichiarazione
di guerra da parte di Francia e
Inghilterra, paesi alleati della Polonia.
Così l’incendio era definitivamente
innescato.
Usando la tattica militare della guerra
lampo (blitzkrieg) le truppe tedesche
irruppero nell’Olanda e nel Belgio e
da qui aggirando la “Maginot”, linea
di difesa fortificata, dettero il via alla
Campagna di Francia. In pochi giorni
i panzer tedeschi sbaragliarono le
resistenze francesi e, a partire dal
16 maggio 1940, ebbero via libera
verso le coste della Manica dove era
ripiegato il contingente alleato per
rimanere intrappolato a Dunkerque:
quasi 600.000 soldati franco-inglesi
furono accerchiati con le spalle al mare
e con l’unica speranza, per gran parte
esaudita, di reimbarcarsi via mare per
l’Inghilterra, con l’aiuto delle loro flotte
e sotto gli attacchi della Luftwaffe.
Il bilancio finale della prima fase
della Campagna di Francia fu dunque
trionfale per la Germania e per Hitler:
circa 75 divisioni alleate distrutte,
1.200.000 prigionieri e una enorme
quantità di armi ed equipaggiamenti
catturati, il Belgio ed i Paesi Bassi
costretti alla resa, l’esercito inglese
cacciato dal continente, la Francia
ormai rimasta sola, ridotta in grave
inferiorità numerica e di armamenti.
Il 5 giugno 1940 i tedeschi iniziarono la
battaglia per la conquista di Parigi e il
10 se ne impadronirono.
Di fronte a tali sorprendenti
avvenimenti, Mussolini che già
nell’aprile del ’39 aveva occupato
l’Albania ma non era voluto entrare
in guerra nonostante le pressioni
dell’alleato nazista, credendo che il
conflitto volgesse ormai al termine
a favore della Germania e ritenendo
che l’Italia sarebbe rimasta esclusa
da quello che definiva il “tavolo
della pace”, sebbene conscio
dell’impreparazione del proprio
apparato militare, si convinse a
scendere in campo dichiarando guerra
alla Francia e all’Inghilterra.
Mai tale cinico calcolo finì per rivelarsi
più terribilmente errato. Il conflitto,
ormai allargatosi a dimensione
planetaria con l’ingresso nelle ostilità di
Stati Uniti e Unione Sovietica da parte
alleata e Giappone dall’altra, anziché
cessare nell’auspicato breve periodo,
ebbe termine soltanto nel 1945 con
la disastrosa sconfitta delle nazioni
aderenti al cosiddetto “Patto d’Acciaio”
che comunque avevano sperato fino
all’ultimo di rovesciarne il drammatico
esito grazie a nuove terribili armi
tedesche. L’Italia e più ancora la
Germania ne uscirono socialmente ed
economicamente distrutte col pesante
onere della corresponsione dei debiti
bellici e la perdita dei possedimenti
coloniali assieme ai territori conquistati
nella prima fase della guerra. Il
Giappone pagò un devastante prezzo di
cui le bombe atomiche su Hiroshima e
Nagasaki rappresentano tuttora il sigillo
• A lato,la notizia della dichiarazione di 12
guerra riportata da “La Stampa” dell’11 13
giugno 1940. A fianco, Mussolini e Hitler
alla conferenza di Monaco del 1938.
Sotto a sinistra, i tedeschi sfilano a
Parigi conquistata (1940) e le rovine del
Reichstag a Berlino (1945).
Sotto,affiche di propoganda sulle nuove
armi tedesche, ultima disperata illusione;
un soldato dell’Armata Rossa issa la
bandiera sovietica sul tetto del Reichstag
(1945); le spoglie mortali di Mussolini
e della sua amante Claretta Petacci a
piazzale Loreto di Milano (29 aprile ‘44).
emblematico.
Il nostro Paese fu il primo ad essere
restituito alla libertà dagli alleati,
seppure a tappe successive, a
cominciare dal loro sbarco in Sicilia del
luglio 1943. Da lì si mosse la risalita
della penisola che, dopo l’armistizio
dell’8 settembre dello stesso anno
e la fuga del Re Vittorio Emanuele
III, benché ancora nominalmente
amministrata da un Mussolini
affrancato dai tedeschi e messo a
capo di una neonata Repubblica
Sociale Italiana, di fatto era sotto
occupazione e governo dell’esercito di
Hitler. Un malaugurato stato di cose
che avrà termine solo il 25 aprile 1945
con l’insurrezione di Milano, la fuga
disperata del Duce, dei suoi gerarchi e
la loro tragica esecuzione.
La guerra, questa gigantesca follia
umana che nel Novecento scatenò
per la seconda volta i cavalieri
dell’Apocalisse, causò, secondo stime
statistiche, oltre 55 milioni di morti tra
militari e civili. In questi ultimi, vanno
ricordati gli oltre 5 milioni di ebrei
sterminati nei campi di concentramento
nazisti.
E a Fano come andò?
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