TITOLO LUOGO E DATA ORGANIZZATORE Riunione della Commissione REGI 3 Dicembre 2014 Parlamento Europeo Rue Wiertz, 60 - 1000 Bruxelles Commissione per lo Sviluppo Regionale RELAZIONE In data 3 dicembre 2014 si è riunita la Commissione per lo Sviluppo Regionale del Parlamento Europeo; nella presente relazione verrà riportato quanto detto riguardo ai punti 5 e 12 dell’ordine del giorno. “Interventi per la crescita e l’occupazione: promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell’unione (scambio di opinioni)” Il relatore Tamàs Deutsch (PPE) ha iniziato il suo intervento ricordando che, dopo lo scambio di opinioni in Commissione REGI, la proposta d’iniziativa della Commissione Europea sulla politica di coesione sarà ufficialmente discussa dal Parlamento prima tramite un progetto di relazione, che sarà preparato dalla stesso commissione REGI per febbraio, e poi attraverso la votazione in seduta plenaria, che dovrebbe avvenire intorno al mese di maggio. La sesta relazione della Commissione Europea sulla politica di coesione si concentra soprattutto sulla politica regionale e sugli effetti dannosi della crisi economica. Ciò che emergerebbe dalla relazione, secondo Deutsch, sarebbe l’importanza dei fondi di coesione per l’attenuazione degli effetti negativi della crisi economica, poiché in molte aree dell’Unione i fondi strutturali avrebbero in parte bilanciato il calo degli investimenti pubblici nazionali. L’obiettivo-convergenza è stato tuttavia rallentato dalla crisi, poiché le aree più colpite e con i tassi di crescita più bassi sarebbero proprio quelle con il maggior ritardo di sviluppo; Ciononostante, la convergenza rimarrà l’obiettivo strategico anche della nuova relazione della Commissione. Secondo Deutsch, gli elementi da porre all’attenzione del Parlamento in riferimento alla relazione della Commissione sarebbero soprattutto due: 1. Per rilanciare la crescita è necessario porre fine ai problemi di liquidità. Poiché nel periodo 2007-2013 il ritardo complessivo dei pagamenti dei fondi strutturali è stato pari a 23,4 miliardi di euro, è indispensabile rilanciare la credibilità e la sostenibilità della strategia Europa 2020 attraverso una disciplina che preveda il pagamento delle fatture immediato a fronte di un utilizzo legale e ponderato dei fondi. A questo proposito Deutsch ha osservato che la sesta relazione sembra voler utilizzare la politica di coesione per perseguire proprio gli obiettivi della strategia Europa 2020: anche se si tratterebbe di un esito desiderabile, è necessario rilanciare anche l’obiettivo primario di ridurre le differenze di sviluppo regionale. 2. Sarebbe inoltre necessario pensare anche al futuro della politica di coesione, cioè oltre l’orizzonte temporale del 2020. Occorre inoltre delimitarne il raggio d’azione in rapporto al piano Juncker, che ha obiettivi e importi finanziari simili, e procedere quanto prima alla procedura di attuazione, senza dimenticare il fatto che nel 2019 la strategia europea dovrà essere portata a termine da una nuova Commissione e un nuovo Parlamento. Gli elementi chiave dell’attuale relazione riguardano quelle azioni che dovrebbero portare risultati tangibili con ripercussioni favorevoli sui cittadini, anche grazie a uno sforzo per collegare i fondi strutturali agli investimenti pubblici nazionali. Facendo ciò, idealmente, si dovrebbe riuscire a garantire un rilancio delle imprese europee che avrebbe delle ripercussioni immediate sui cittadini, prima di tutto in termini di occupazione. Dopo il 2020, infine, sarà necessario mettere al centro della politica di coesione le comunità e il loro benessere. Nel dibattito successivo all’intervento Mercedes Bresso (S&D) ha evidenziato che, nel periodo successivo al 2008, i fondi strutturali non sono riusciti affatto a controbilanciare gli effetti della crisi economica, poiché è proprio da quell’anno che i gap regionali sono tornati ad aumentare. Nonostante un buon recupero degli ultimi anni in termini di scolarizzazione, ricerca e sviluppo, infatti, la capacità innovativa delle imprese sarebbe ancora una peculiarità delle regioni più sviluppate. Per quanto riguarda l’attuale politica, invece, la Bresso ha auspicato un modello di governance multilivello che possa coinvolgere maggiormente gli enti locali e le città, in modo da poter contrastare la tendenza alla ri-centralizzazione da parte degli Stati e la condizionalità macroeconomica. Ruža Tomašić (ECR) ha invece esortato alla creazione di meccanismi che rendano più facile l’utilizzo dei fondi, mentre Matthijs van Miltenburg (ALDE) ha auspicato l’effettiva promozione di politiche che mirino a risultati tangibili, che riducano i fardelli burocratici e che prevedano assistenza per le PMI. Marc Joulaud (PPE) ha precisato che, sebbene la politica di coesione abbia attenuato l’impatto della crisi, è stata anche una delle politiche europee di minor successo; infine, Terry Reintke (Verdi-EFA) ha sottolineato che tale politica deve essere accompagnata da un adeguato capacity building per evitare di destinare risorse ad enti non in grado di gestirle. In rappresentanza della Commissione Europea è intervenuto Angèl Catalina Rubianes (Analyst, Director General for Policy, Performance and Compliance, DG REGIO), che ha ricordato che le regioni più colpite dalla crisi sono state quelle considerate a moderato livello di sviluppo. La causa prima del calo della performance non sarebbe da ricercare né nel calo dei consumi né nella riduzione della capacità di export, ma nel tracollo degli investimenti, sia pubblici che privati; tuttavia, poiché l’85% degli investimenti europei è di matrice pubblica, la Commissione sta lavorando prima di tutto su una strategia capace di rilanciare gli investimenti nazionali. Rubianes ha affermato che in Europa non ci sarebbero problemi di risorse, poiché i risparmi privati potrebbero garantire una spinta sufficiente per rilanciare gli investimenti, ma è necessario prestare attenzione a come canalizzare le risorse per evitare una dispersione e creare un economic framework favorevole per gli investitori privati. A chiusura del dibattito, il relatore Deutsch ha ringraziato i colleghi e la Commissione per i suggerimenti ricevuti sul ruolo delle PMI, sulla semplificazione burocratica e sull’importanza di adeguate procedure di formazione. “Sessione informativa sulla Politica di coesione 2014-2020” La prima delle tre presentazioni in agenda, a cura di Nicol Martyn (Vicedirettore Generale della DGA1-Policy, Performance and Compliance, DG REGIO), ha illustrato le principali novità della nuova politica di coesione rispetto al periodo di programmazione 2007-2013. Una prima differenza è che i tre obiettivi precedenti (convergenza, concorrenzialità e cooperazione territoriale) sono stati sostituiti dagli investimenti per l’occupazione e la crescita e la cooperazione territoriale europea; è stata poi aggiunta una terza categoria di regioni tra quelle sviluppare e quelle meno sviluppate (corrispondenti alle vecchie “regioni di convergenza”), chiamata “regioni in via di transizione”. Dei 351 miliardi totali di stanziamenti è previsto che la maggior parte sia destinato alle regioni meno sviluppate, anche attraverso dei meccanismi che rendano possibile l’utilizzo coordinato di più fondi non soltanto in riferimento a FESR e FSE, ma prendendo in considerazione anche il Fondo per l’agricoltura e il Fondo per la pesca. Per quanto riguarda il processo formale di pianificazione, la chiusura di tutti gli accordi di partenariato nel mese di novembre potrebbe consentire di arrivare alla fine del 2014 avendo già adottato (o in via di adozione) la maggior parte dei piani operativi: in termini pratici, questo consentirebbe di riportare gli impegni finanziari direttamente al 2015 successivo senza procedure aggiuntive. I paesi che avrebbero già completato tutta la fase di programmazione, al momento della seduta, sarebbero tre: Lettonia, Lituania e Danimarca. Per evitare un’eccessiva dispersione si è cercato di mantenere un ambito tematico più ristretto rispetto al passato: è stato infatti stilato un elenco di undici obiettivi raggruppati in tre macrocategorie (smarth growth, sustainable growth, inclusive growth) correlate agli obiettivi della strategia Europa 2020. L’allocazione delle risorse per ciascun obiettivo è fissata dal regolamento e dovrà essere rispettata in fase di programmazione. È stata poi analizzata la questione delle sinergie tra i fondi, sia a gestione indiretta che diretta: nel primo caso le regole si possono trovare negli accordi di partenariato, mentre nel secondo la Commissione vedrà con favore iniziative in tal senso. Si è cercato inoltre di rafforzare l’aspetto di cooperazione territoriale riservando una piccola percentuale delle risorse FESR (5%) alla responsabilità delle Autorità locali; ciò è stato fortemente voluto dalla Commissione per rendere responsabili anche gli enti locali nel processo di destinazione dei fondi. Saranno inoltre disponibili nuovi strumenti d’investimento territoriale e verrà prestata molta attenzione al rispetto dell’European Code of Conduct nella formazione dei partenariati. Infine, per venire incontro alle richieste di semplificazione, è stato messo in evidenza che tutti e cinque i fondi seguiranno della regole comuni e che ciò sarà valido anche durante la fase di attuazione. Constanze Krehl (S&D) ha chiesto se ci sia già qualche esperienza che possa mostrare come coordinare in modo adeguato i fondi strutturali per la ricerca con il programma a gestione diretta Horizon 2020. Martina Anderson (EUL/NGL) ha invece richiesto una stima del tempo necessario per completare l’adozione di tutti i programmi, mentre Monika Vana (Verdi/EFA) ha notato che non è stata fatta menzione di come verranno coinvolti gli stakeholders nel processo di adozione dei programmi. Mercedes Bresso (S&D), infine, ha chiesto se è stato previsto un percorso ad hoc, anche prevedendo un anticipo di risorse, per quelle regioni che non riusciranno a completare il processo di adozione entro la fine dell’anno. Martyn ha affermato che non sarà prevista una procedura ad hoc per le regioni che non riusciranno a completare la procedura di adozione; tuttavia, se i programmi saranno pronti per l’adozione ma non ancora adottati a causa dei tempi tecnici necessari per le procedure di convalida, sarà possibile adottarli subito dopo la procedura di carry over [reiscrizione nel bilancio 2015 dei fondi non assegnati], che avrà luogo nel mese di febbraio. Martyn ha assicurato, al fine di ridurre al minimo le procedure di carry over per i fondi non adottati, la massima celerità da parte della Commissione. In tutti i casi, comunque, sarà possibile per gli Enti Locali avviare la procedura di selezione dei progetti assegnando la copertura finanziaria retroattivamente, in modo da ridurre i tempi tecnici. Il coinvolgimento della società civile, invece, è già previsto dalle condizioni di partenariato ed è esplicitamente menzionato nella strategia integrata territoriale e negli investimenti territoriali integrati (ITI): in generale, tutti gli strumenti che prevedono il ricorso a un partenariato implicano il coinvolgimento della società civile. Per quanto riguarda le tempistiche, invece, Martyn ha auspicato l’adozione di tutti i programmi (ad eccezione di alcuni ITI) entro la prima metà del 2015. Infine, la questione delle sinergie tra i fondi strutturali e i fondi a gestione diretta è stata prevista, ma al momento non si può ancora sapere se ciò avverrà o meno; tuttavia, Martyn stesso ha esortato il Parlamento a tenere sotto controllo questo elemento nel corso del tempo in virtù della sua importanza strategica prioritaria. Rudolph Nessler (Capo-unità B-Policy, DGA1-Policy, Performance and Compliance, DG REGIO) ha evidenziato che nel periodo di programmazione precedente la politica di coesione era più focalizzata sullo spendere le risorse disponibili che sulla valutazione qualitativa della spesa. Nel nuovo periodo, invece, è stato deciso che nel contesto di un programma operativo si dovrà esplicitare cosa si intende raggiungere con ogni singolo intervento. A questo scopo è stato creato un set di indicatori, chiamati indicatori di risultato, che serviranno per il monitoraggio dei progressi apportati dagli output dei singoli progetti; nei programmi operativi, inoltre, è esplicitamente previsto un obbligo per gli Stati membri ad attenersi a tali indicatori. Questi, inoltre, serviranno anche all’Unione Europea per verificare i progressi tangibili compiuti in determinati obiettivi riconducibili ai singoli programmi. L’aggregazione di tali indicatori, inoltre, dovrà condurre alla realizzazione del c.d performance frame work, un documento di sintesi che dovrà essere aggiornato e rivisto ogni anno per fornire la base ad eventuali cambi di strategia. Ad esempio, se alcune priorità di un programma operativo dovessero andare in underperformance, ciò sarebbe riscontrabile in tempi rapidi e si potrebbe pensare di aggiungere tempestivamente nuove risorse per correggere la situazione. Gli investimenti dei fondi strutturali, inoltre, andrebbero diretti là dove i paesi stanno mettendo in atto delle riforme strutturali per aumentarne l’efficacia: proprio per questo, è necessario che in fase di negoziazione sia esplicitamente previsto di canalizzare i fondi nei settori in cui i singoli Stati membri abbiano ricevuto delle raccomandazioni da parte dell’Unione Europea. In un’ottica di lungo periodo, un altro aspetto in cui è stato auspicato un profondo sviluppo è stato quello degli strumenti finanziari: la stima attuale prevede un volume totale di 12 miliardi di euro dedicati, ma è necessario raggiungere un volume almeno doppio di denaro e aumentare l’offerta di strumenti disponibili come è stato fatto, ad esempio, con la creazione dell’iniziativa PMI. È stato affermato, infine, che a questo proposito verranno creati degli strumenti off the shelf dalla Commissione, in linea con la normativa sugli aiuti di Stato, che gli Stati membri potranno utilizzare senza sforzi aggiuntivi grazie alla tutela garantita sul fronte giuridico. Monika Vana (Verdi/EFA), al termine dell’intervento, ha chiesto alcune delucidazioni sulla clausola d’investimento, poiché questa è stata citata dal Presidente Juncker durante l’esposizione del piano per gli investimenti. Nessler ha risposto segnalando che tale clausola non sarebbe applicabile ai fondi strutturali, poiché sarebbe invece correlata al Fondo europeo per l’investimento strategico. Franck Sebert (Capo-unità C-Audit, DGA1-Policy, Performance and Compliance, DG REGIO) si è concentrato sulle norme che regoleranno l’assegnazione dei fondi e le procedure di controllo e auditing. In generale, la responsabilità della correttezza delle procedure sarà condivisa tra le Autorità nazionali designate per i programmi, gli Stati membri e la Commissione, ma le responsabilità saranno diversificate; inoltre, nel regolamento è stato aggiunto un riferimento esplicito agli episodi di frode e le regole per contrastarli. I compiti delle autorità degli Stati membri, non dissimili dal passato, saranno quelli di selezione dei progetti e di controllo di legalità delle spese; per quanto riguarda la selezione, sarà necessario che i progetti eleggibili siano in accordo con gli obiettivi dell’Autorità stessa. L’Autorità di gestione, in particolare, dovrà procedere, sulla base di un processo di campionatura, ad un’attenta verifica amministrativa delle spese dichiarate procedendo anche a dei sopralluoghi presso i beneficiari. La certificazione della spesa sarà possibile soltanto dopo aver espletato queste procedure preliminari. Sarà necessario, tuttavia, che tali procedure antifrode siano proporzionate alla rischiosità del programma, ragion per cui tutti i programmi dovranno svilupparne di proprie. L’Autorità di certificazione, invece, avrà il compito di certificare la bontà delle spese alla Commissione e sarà responsabile dei pagamenti ai beneficiari. Dovrà presentare le richieste di rimborso alla Commissione entro l’anno contabile e dovrà certificare che le spese dichiarate poggino su sistemi contabili solidi. Inoltre, dovrà provvedere all’adozione di un sistema informatico idoneo, in modo da poter verificare i conti di ogni singolo programma entro ogni 15 febbraio, data entro la quale dovrà provvedere alla preparazione di “blocchi” di spese regolari e legittime da inoltrare alla Commissione. Tale autorità dovrà essere fusa con l’Autorità di gestione sulla base del principio della separazione dei compiti. Per quanto riguarda l’Autorità di audit, essa sarà un’autorità indipendente responsabile del controllo dei 18 requisiti che la Commissione ha previsto per definire la correttezza di un programma. È inoltre prevista la possibilità di effettuare degli audit “tematici” per verificare la bontà degli indicatori di resa dei programmi, e la tendenza è quella di orientare questi audit verso le aree più rischiose. Alla fine di ogni anno contabile l’Autorità dovrà procedere a un audit su un campione di operazioni per giungere a un parere sulla legittimità complessiva del sistema. Ciò si renderà necessario per fornire un parere alla Commissione sulla regolarità dei programmi; la Commissione, a sua volta, dovrò portare avanti una propria procedura di audit, anche attraverso lo scambio di metodologie e di pareri con le diverse Autorità. Ogni anno, la Commissione dovrà affrontare i “pacchetti” di documenti forniti entro il 15 febbraio ed elaborare un proprio parere sulla regolarità dei programmi; a differenza degli anni scorsi, è prevista una sospensione delle erogazioni in caso di ritardo nella consegna dei documenti, di irregolarità nello stato delle spese o di mancato aggiustamento di precedenti irregolarità. Se le Autorità nazionali dovessero trovare le irregolarità, è previsto che gli importi pendenti possano essere usati per finanziare altre azioni eleggibili; tuttavia, la Commissione potrebbe trovarsi nella situazione di dover introdurre una correzione netta. Tale correzione verrà effettuata in modo lineare, cioè ricorrendo a dei flat rate di aggiustamento che andranno, a seconda della gravità, dal 5% alla sospensione totale. Al termine della presentazione Bill Etheridge (EFDD) ha chiesto delucidazioni sui criteri di selezione degli auditors negli Stati membri, e in particolare se tali criteri siano omogenei per tutta l’Unione. Sebert ha risposto che, pur non esistendo dei criteri omogenei, sono state valutate positivamente tutte e 27 le Autorità di audit ed è stata accertata la disponibilità di auditors di elevata competenza. Link utili: Ordine del Giorno della seduta Eseguito da Marcello Moi UNIONCAMERE DEL VENETO Delegazione di Bruxelles Av. de Tervueren 67 - B-1040 Bruxelles Tel. +32 2 5510491 Fax +32 2 5510499 E-mails [email protected]