Citocromo P450 e interazioni metaboliche

ARGOMENTO
Citocromo P450 e interazioni metaboliche
(parte I: basi farmacologiche e potenziali conseguenze cliniche)
Silvio Caccia1*,
Alessandro Nobili2
1.Laboratorio
Metabolismo dei Farmaci,
2.Laboratorio di Neuropsichiatria
Geriatrica, Dipartimento
di Neuroscienze, IRFMN, Milano
*[email protected]
ABSTRACT.
Cytochrome P450 and metabolic drug interactions
(part I: pharmacological principles and potential clinical consequences)
This review aims to provide physicians with a “practical” approach to the
study of drug-drug interactions, a field where pharmacological studies and
regulatory data exceed clinical evidence. The lack of pharmacoepidemiological studies on patients and populations representative of the
clinical setting leaves physicians without valid information on the risk/
benefit ratio when two or more drugs are administered at the same time.
The first part of the review deals with cytochrome P450 drug metabolism.
Drug oxidation plays a major role in bioavailability and clearance and,
because of the inducibility and/or inhibition of the catalytic activity of
cytochrome P450 enzymes, this is the factor most frequently responsible for
drug interactions. The second part discusses the clinical relevance and
transferability of pharmacological information in the light of some
examples.
R&P 2004; 20: 146-56
Key words. Drug-drug interactions | drug metabolism | pharmaco-
epidemiology.
RIASSUNTO
Questa rassegna ha l’obiettivo di fornire una chiave di lettura “pratica” al
problema dell’associazione di due o più farmaci, ancor’oggi eccessivamente
segregato al campo della ricerca e alle esigenze “regolatorie”, ma che
dovrebbe prevalentemente rivolgersi ad un contesto farmacoepidemiologico dove pazienti, popolazioni e farmaci a rischio sono assunti
come fattori “reali” nella valutazione clinica del fenomeno, al fine di
agevolare le scelte prescrittive e la gestione delle situazioni di rischio.
Nella prima parte della rassegna saranno affrontate le tematiche generali sul
ruolo del sistema ossidativo del citocromo P450 nel metabolismo dei farmaci,
e nel determinismo delle potenziali interazioni metaboliche con particolare
riferimento ai fenomeni di inibizione ed induzione; nella seconda parte si
discuteranno la trasferibilità e la rilevanza clinica delle informazioni sulle
interazioni prodotte in fase pre-marketing in confronto con quelle emerse
nel reale contesto in cui il farmaco viene utilizzato.
Parole chiave. Farmaco-Interazione tra farmaci | metabolismo |
farmacoepidemiologia.
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INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni l’interesse della ricerca verso il sistema ossidativo
del citocromo P450 (CYP) è continuamente cresciuto, evidenziando progressivamente il suo ruolo decisivo nella valutazione dell’efficacia e della
tossicità dei farmaci1. Alla scoperta (era l’inizio degli anni Sessanta) che
questo sistema enzimatico è deputato all’ossidazione degli xenobiotici e
di vari composti endogeni, è seguita la constatazione che i risultanti prodotti metabolici possono sia mantenere lo spettro d’attività del composto
precursore, sia evidenziare peculiari proprietà biologiche. Questo, in molti casi, ha potuto spiegare effetti farmacologici e tossici inaspettati sulla base del profilo biochimico del composto precursore2.
Si è poi evidenziato che il sistema CYP è costituito da numerosi enzimi, ciascuno dei quali è prodotto da uno specifico gene3,4, con importanti
differenze tra le specie. Nell’uomo, alcuni di questi geni sono polimorfici
nella popolazione, con varianti alleliche che possono produrre enzimi
CYP con diversi livelli di attività5-7. Questo determina l’esistenza di fenotipi con differente capacità metabolica per la presenza di varianti enzimatiche ad attività nulla o ridotta in alcuni soggetti (“poor metabolizer”
PM), ad attività “normale” in altri (“extensive metabolizer” EM) ed estremamente elevata in altri ancora (“ultrarapid metabolizer” UM, nel caso
del CYP2D6).
Di conseguenza i soggetti PM non sono in grado di eliminare efficientemente i farmaci che sono substrato di questi enzimi, e sono esposti al rischio di accumulo del farmaco nel/i sito/i d’azione. Il rischio per questi
pazienti è di sviluppare effetti collaterali più o meno gravi anche dopo
somministrazione di dosi ben tollerate nella popolazione EM. Viceversa i
soggetti geneticamente dotati di un sistema di metabolizzazione troppo
rapido rischiano di non beneficiare degli effetti terapeutici del farmaco a
causa di un suo elevato metabolismo pre-sistemico e di una veloce eliminazione dall’organismo. Significativo a questo riguardo è l’esempio della
nortriptilina, un antidepressivo triciclico metabolizzato dal CYP2D6.
Nella maggior parte della popolazione dosi terapeutiche comprese tra 75
e 150 mg/die producono concentrazioni plasmatiche di 200-600
nmol/mL. Nei pazienti UM tali concentrazioni si raggiungono con dosi di
300-500 mg/die, mentre i metabolizzatori PM richiedono dosi di solo 1020 mg/die. In questi casi determinare il fenotipo o il genotipo prima del
trattamento può certamente evitare un sovradosaggio nei soggetti PM, con
elevati rischi di tossicità, e un sottodosaggio negli UM col risultato di vanificare la terapia antidepressiva. Questo ha spinto la moderna farmacologia verso la “personalizzazione della terapia”, obiettivo oggi raggiungibile grazie ai progressi in campo farmacogenetico e farmacogenomico.
Importante è stata poi la constatazione che l’attività di alcuni di questi
enzimi del CYP può essere temporaneamente modificata in seguito ad
esposizione ad alcuni farmaci, inquinanti ambientali, componenti alimentari e sostanze di abuso8-10. Questo ha rafforzato l’attenzione nei confronti delle “interazioni metaboliche”, un fenomeno ben conosciuto ma
che, come nel caso delle interazioni tra farmaci in generale, ha assunto
particolare rilevanza in questi ultimi anni per motivi che vanno da una
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Il citocromo P450 (CYP)
ha un ruolo decisivo
nella valutazione
dell’efficacia
e della tossicità
dei farmaci.
La pratica della
polifarmacoterapia
e il fenomeno
dell’autoprescrizione
hanno rafforzato
l’attenzione verso le
interazioni metaboliche.
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ARGOMENTO
sempre più diffusa pratica della polifarmacoterapia, al fenomeno dell’autoprescrizione con prodotti generalmente (ma in molti casi erroneamente) ritenuti innocui.
LA “DIFFICILE” IDENTIFICAZIONE DELLE INTERAZIONI TRA FARMACI
Un’interazione tra farmaci si verifica quando la risposta farmacologica o
clinica alla somministrazione contemporanea di due o più farmaci è diversa da quella attesa sulla base degli effetti noti dei farmaci somministrati singolarmente, o più semplicemente quando gli effetti di un farmaco vengono
modificati dalla presenza di un altro farmaco. Può portare a fenomeni di
a. potenziamento (solo uno dei due farmaci esercita l’effetto, il secondo lo
potenzia), b. sinergismo (i due farmaci esercitano lo stesso effetto ma con
meccanismi diversi e l’effetto finale è superiore alla somma algebrica delle
risposte individuali) e c. antagonismo (diminuzione dell’effetto di uno o
più dei farmaci somministrati, o al limite provocare reazioni nuove e inaspettate). La loro comprensione rappresenta certamente uno dei capitoli più
complessi della farmacologia clinica. È un’area in rapida evoluzione considerando sia il numero di farmaci commercializzati e le potenziali interazioni che essi possono produrre, sia le nuove conoscenze nel campo della
farmacogenetica e dei meccanismi responsabili del trasporto intra-extracellulare dei farmaci, che hanno poi permesso di identificare nuove interazioni e in alcuni casi evidenziare i meccanismi coinvolti.
Malgrado un’attitudine sempre più critica del mondo accademico ed industriale verso la problematica delle interazioni, documentata anche dalla
vastità della letteratura prodotta negli ultimi anni, la reale conoscenza del
fenomeno e la possibilità di prevederne le conseguenze cliniche rimangono,
purtroppo, elusive. Questo può essere, in parte, spiegabile con il fatto che
nella “pratica medica” una interazione tra farmaci può “sfuggire” perché
comporta solo alterazioni di alcuni parametri farmacocinetici senza provocare segni e/o sintomi clinici, o perché scambiata o confusa con fenomeni
di resistenza e/o di ipersensibilità su base idiosincrasica o perché attribuita
ad una delle patologie in atto. Di fronte ad un evento avverso e inatteso, il
medico è spesso spinto alla ricerca di un farmaco “colpevole”, distogliendo
inevitabilmente la sua attenzione dalla potenziale iatrogenicità delle terapie
nel suo complesso, e quindi dalle interazioni. È il caso per esempio della
comparsa di miopatie e dell’incremento delle CK (4000 U/L) in un paziente di 53 anni in trattamento con nitrati, diltiazem, enalapril e lovastatina.
Alla comparsa dell’evento avverso, il curante decide di sospendere la somministrazione di lovastatina e diltiazem ottenendo la remissione della sintomatologia. Dopo una settimana, viene reintrodotta la lovastatina senza la
comparsa di alcun sintomo, per cui viene successivamente reintrodotto anche il diltiazem. Dopo qualche giorno, ricompaiono i sintomi muscolari e
l’aumento delle CK. Ragionando sulla sequenzialità degli eventi, il medico
attribusce al diltiazem la responsabilità degli eventi avversi. In realtà, è stato poi accertato che l’evento era un effetto dell’interazione tra diltiazem e lovastatina. Infatti, il diltiazem, inibendo l’isoforma CYP3A4 del P450, aveva
provocato un innalzamento dei livelli plasmatici della lovastatina con conseguente comparsa dei sintomi mialgici e dell’aumento delle CK11.
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Un’interazione
tra farmaci può portare
a potenziamento,
sinergismo
e antagonismo
dei farmaci coinvolti.
Spesso, di fronte
ad una reazione avversa
o inattesa, il medico
è portato a cercare
un farmaco “colpevole”,
e non tanto
la potenziale iatrogenità
della terapia.
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S. Caccia, A. Nobili: Citocromo P450 e interazioni metaboliche (parte I)
D’altro canto, anche le stesse malattie possono mascherare o modificare
le manifestazioni di una interazione. Per esempio la debolezza muscolare
causata dall’associazione di aminoglicosidi e miorilassanti ad azione periferica può essere mascherata da una preesistente miopatia, ipokaliemia o
insufficienza renale. In altre circostanze, le stesse variazioni terapeutiche e
posologiche messe in atto dal medico, sulla base della presenza di fattori
di rischio iatrogeno nel paziente, possono essere di per sé sufficienti a prevenire o risolvere “involontariamente” un’eventuale interazione.
Non bisogna poi dimenticare che le condizioni in cui le interazioni tra
farmaci vengono studiate (studi in vitro o in modelli animali, studi su volontari sani, dose unica dei farmaci potenzialmente interagenti) solo raramente corrispondono a quelle riscontrabili nella pratica clinica, dove più
farmaci possono venire somministrati contemporaneamente a pazienti sovente affetti da polipatologie (come per esempio: anziani, pazienti con gravi insufficienze d’organo, pazienti che devono assumere cronicamente terapie a basso indice terapeutico).
Se a tutto questo si aggiunge l’assenza di una epidemiologia che descriva e valuti i comportamenti del medico di fronte alla “necessità” di prescrivere farmaci potenzialmente a rischio di interazioni e di come vengano
gestite (o “non gestite”) le situazioni in cui, a seguito di interazioni, si manifestano eventi clinicamente significativi in pazienti “complessi”, è facile
intuire il disagio del medico di fronte al problema. La mancanza di risposte basate su evidenze cliniche costringe il medico ad un atteggiamento empirico, spesso legato più al proprio “buon senso” o alla propria “esperienza clinica” che a dati scientifici nell’operare scelte razionali col minor rischio per il malato.
Anche le malattie stesse
possono mascherare
o modificare
le manifestazioni
di una interazione.
LE ISOFORME CYP MAGGIORMENTE COINVOLTE
Gli enzimi del CYP450 sono stati suddivisi in base alla somiglianza
strutturale in famiglie (contenenti geni con almeno il 40% di omologia) e
sottofamiglie (con almeno il 55% di omologia).
Nell’uomo sono stati a tutt’oggi identificati 57 geni (oltre a 33 pseudogeni), suddivisi in 18 famiglie e 42 sottofamiglie. Alcuni di questi geni sono coinvolti nella sintesi e nel metabolismo di composti endogeni come gli
steroidi, le vitamine, gli acidi biliari e l’acido arachidonico1; altri svolgono
un ruolo determinante nel metabolismo dei farmaci, e particolarmente alcuni membri delle famiglie CYP1 e CYP2 e della sottofamiglia CYP3A; questi rappresentano circa il 70% di tutti gli isoenzimi del CYP450 presenti a
livello epatico9 (tabelle I e II).
La famiglia CYP1 è composta da 2 sottofamiglie e 3 geni (CYP1A1,
CYP1A2 e CYP1B1), il più importante dei quali è il CYP1A2 (l’8-15% degli
enzimi CYP epatici). L’attività catalitica del CYP1A2 è più elevata nelle donne che negli uomini e nei soggetti neri che in quelli bianchi. Il CYP1A2 non
è espresso nel neonato, rendendolo particolarmente suscettibile alla tossicità di substrati come la caffeina.
Quella dei CYP2 è composta da molte sottofamiglie (CYP2A, CYP2B,
CYP2C, CYP2D, CYP2E, CYP2G, CYP2J, CYP2R, CYP2S) e geni, oltre che
diversi pseudogeni. La sottofamiglia quantitativamente predominante è
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Ad oggi, sono stati
identificati 57 geni:
alcuni coinvolti
nella sintesi
e nel metabolismo
di composti endogeni,
altri nel metabolismo
dei farmaci.
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ARGOMENTO
Tabella I. Principali enzimi del citocromo P450 (CYP) deputati al metabolismo
dei farmaci.
Contenuto epatico a
(espressione)
Sottofamiglia
Enzima
CYP1A
1A2
8-15 (inducibile)
CYP2A
2A6
5-12 (inducibile)
CYP2B
2B6
1-5 (inducibile)
CYP2C
2C8
10
2C9
CYP3A
(inducibile)
15-20 (inducibile)
Maggiori varianti
alleliche b
A6*2, A6*2, A6*2, A6*2
C8*3
C9*2, C9*3
2C19
1
(inducibile)
C19*2, C19*3
2D6
2
(constitutivo)
D6*2xnc, D6*4, D6*5, D6*10
2E1
7-11 (inducibile)
3A4
30-40 (inducibile)
a Percentuale di tutte le isoforme CYP epatiche.
b Varianti alleliche associate ad una ridotta (o assente) attività metabolica nella
popolazione caucasica.
c Varianti alleliche che evidenziano un’aumentata attività enzimatica.
Per approfondire l’argomento consultare i siti:
http://medicine.iupui.edu/flockhart; http://www.nihs.go.jp/mpj/interact.htm
Tabella II. Isoenzimi del citocromo P450 implicati nel metabolismo dei farmaci in alcune specie animali.
ISOENZIMA
Sottofamiglia
Topo
Ratto
Coniglio
Maiale
Uomo
1A
1, 2
1, 2
1, 2
1, 2
1, 2
2A
4, 5, 12
1-3
10, 11
19
6, 7, 13
2B
9, 10, 13, 19, 20
1-3, 12, 15, 22-24
4, 5
22
6, 7
2C
9, 10, 29, 37-40
6, 7, 11-13, 23, 24
1-5, 14-16, 30
32, 36
8, 9, 18, 19
2D
9-12
1-5, 18
24
15,21
6
2E
1
1
1, 2
1
1
3A
11, 13, 16, 25
1, 2, 18, 23
6
12, 29
4, 5, 7, 43
Le isoforme CYP predominanti sono indicate in grassetto.
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quella dei CYP2C, che include il CYP2C8, il CYP2C9, il CYP2C18 e il
CYP2C19.
IL CYP2C8 è coinvolto nella biotrasformazione di farmaci quali l’amiodarone, la carbamazepina, la cerivastatina, il paclitaxel, la repaglinide,
il verapamil e lo zoplicone. La sua attività è soggetta a polimorfismo genetico ed almeno due varianti alleliche che differiscono dalla forma “wildtype, o normale” (CYP2C8*1) per la sostituzione di un aminoacido (*2,
osservata prevalentemente nei soggetti di razza nera, con una frequenza di
circa il 18%) o due aminoacidi (*3, osservata prevalentemente nella popolazione bianca, con una frequenza di circa il 13-15% in questa popolazione e di circa il 2% nella popolazione nera) sono state associate ad un
ridotto metabolismo in vitro del paclitaxel (e dell’acido arachidonico, per
l’allele CYP2C8*3)12,13.
Anche per l’isoforma CYP2C9, coinvolta nell’ossidazione di alcuni FANS
e di altri farmaci di rilievo clinico come la warfarina (S-isomero), è stata
dimostrata l’esistenza di due varianti alleliche (*2 and *3) associate ad una
ridotta attività metabolica e, come esempio, i soggetti portatori di tali varianti richiedono dosi inferiori di warfarina e sono potenzialmente esposti
ad un maggior rischio di complicazioni emorragiche. Nel caso del
CYP2C19 esistono otto varianti alleliche oltre la “normale”(CYP2C19*1) e
sette difettose (CYP2C19*2-8). Nella popolazione bianca sono presenti
tutte le varianti difettose, mentre solo CYP2C19*2 e CYP2C19*3 contribuiscono a determinare il genotipo PM della popolazione asiatica14,15.
L’attività di questo enzima sembra anche dipendere dall’età del paziente.
Quantitativamente meno importanti sono il CYP2E1, il CYP2D6 e il
CYP2B6. Comunque, il CYP2E1 è coinvolto nell’ossidazione di molti anestetici volatili, dell’acetone, del benzene, del tetracloruro di carbonio, del
glicole etilenico e delle nitrosamine. Il CYP2D6 metabolizza molti farmaci
comunemente utilizzati nella pratica clinica (oltre 75, basandoci sui risultati di recenti studi in vitro), molti dei quali con ristretto indice terapeutico
(ad es. molti antidepressivi triciclici). Inoltre circa il 5-10% della popolazione bianca e l’1-2% di quella asiatica è costituita da soggetti PM di questi farmaci. La restante popolazione è fenotipicamente suddivisa in EM e in
percentuale minore ultra-rapidi (UM, circa il 20% degli EM). Mentre numerosi farmaci possono inibire l’attività del CYP2D6 (ad es. cimetidina,
clomipramina, fenacetina, flecainide, flufenazina, fluoxetina, imipramina,
levopromazina, moclobemide, nicardipina, oxprenololo, paroxetina, pindololo, propafenone, ritonavir), non sono stati identificati composti in grado di indurre il metabolismo di substrati di questo enzima.
La sottofamiglia dei CYP3A è composta da almeno 4 geni (oltre che 3
pseudogeni): CYP3A4, CYP3A5, CYP3A7 (espresso a livello del feto) e
CYP3A43 (recentemente scoperto, ma ancora poco caratterizzato)16. Tra
questi il CYP3A4 è decisamente il più importante rappresentando il 3040% di tutti gli isoenzimi presenti a livello epatico. È un enzima coinvolto
nel metabolismo ossidativo di una moltitudine di farmaci appartenenti alle più svariate classi farmacologiche, come pure nella biotrasformazione di
composti endogeni, tra i quali il colesterolo, gli steroidi e altri lipidi. Il polimorfismo genetico di questa isoforma non è stato del tutto caratterizzato,
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Famiglie e sottofamiglie
di enzimi hanno
ruoli diversi
in processi diversi.
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ARGOMENTO
ma al momento non sono state evidenziate varianti che portino ad una sua
completa inattivazione17,18. Comunque l’attività catalitica del CYP3A4
mostra un elevato grado di variabilità interindividuale, e può essere indotta dal desametasone, dagli estratti di Hypericum perforatum (in particolare
dall’iperforina) e dalla fenitoina, fenobarbitale, lovastatina, rifabutina, rifampicina e sinvastatina.
CAUSE E POTENZIALI CONSEGUENZE DELLE INTERAZIONI
METABOLICHE
Considerando che la biotrasformazione della maggior parte dei farmaci
(composti liposolubili che devono essere convertiti in metaboliti polari per
un’efficiente eliminazione dall’organismo) coinvolge una o più isoforme
CYP, è evidente che questo processo può essere alterato dalla contemporanea assunzione di composti in grado di agire come inibitori od induttori di
tali enzimi 9,10.
L’inibizione metabolica è frequentemente il risultato della competizione per uno specifico enzima tra due o più principi attivi, con conseguente
riduzione della biotrasformazione del farmaco con minore affinità per tale enzima; altre, più complicate interazioni possono essere dovute ad un legame specifico al ferro eminico del citocromo P450 o alla formazione di
complessi con tale sistema, e portano all’abolizione dell’attività catalitica
dell’enzima.
Il fenomeno di inibizione interessa prevalentemente i soggetti EM (e
UM) ed è clinicamente rilevante per i farmaci a “stretto indice terapeutico”
(tabella III). Per esempio, la fluoxetina è un potente inibitore del CYP2D6
(e in misura diversa delle isoforme CYP2C e CYP3A), pertanto la sua somministrazione in pazienti EM modifica la loro capacità metabolica, rendendoli soggetti PM (per le biotraformazioni mediate da questo enzima).
Questi pazienti non potranno metabolizzare efficacemente un substrato
con minore affinità della fluoxetina per l’enzima CYP2D6 e la loro co-somministrazione può determinare la comparsa di gravi effetti collaterali, come documentato per gli antidepressivi triciclici. Rilevante è il fatto che la
fluoxetina e in particolare il suo metabolita attivo norfluoxetina sono ca-
La biotrasformazione
dei farmaci può venire
alterata dall’assunzione
contemporanea
di composti inibitori
o induttori degli enzimi.
Tabella III. Conseguenze dell’inibizione enzimatica.
Via metabolica
Conseguenze
farmacocinetiche
Ruolo del
metabolita
Conseguenze
clinichea
Maggiore
Biodisponibilità e
clearance ridotte,
accumulo del
farmaco
Inattivo
Risposta aumentata
(potenziale tossicità)
Contribuisce
Generalmente
irrilevanti
Determinante
Mancata risposta
Inattivo/contribuisce
Determinante
Irrilevanti
Mancata risposta
Minore
Ridotta formazione
del metabolita
a Per un substrato con indice terapeutico ristretto somministrato per via orale in soggetti EM (e UM),
considerando l’attività del metabolita.
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ratterizzati da una vita media di eliminazione estremamente lunga; ne consegue che l’enzima rimane bloccato per settimane dopo la sospensione della terapia con fluoxetina.
Fortunatamente, molti farmaci sono caratterizzati da un ampio indice
terapeutico e un accumulo del principio attivo dovuto ad inefficienza metabolica non è generalmente associato ad evidenti effetti collaterali. Per altri farmaci l’inibizione riguarda enzimi coinvolti in vie metaboliche minori, e la loro eventuale inibizione non modifica sostanzialmente la farmacocinetica e la farmacodinamica del substrato. Bisogna comunque considerare l’attività farmacologica del risultante metabolita. Il polimorfismo metabolico della codeina (O-demetilazione a morfina, mediata dal CYP2D6),
per esempio, coinvolge una via metabolica minore, ma questa è di particolare rilevanza clinica perché l’effetto analgesico risiede principalmente nel
metabolita morfina; conseguentemente, i soggetti PM per il CYP2D6 possono beneficiare solo parzialmente della terapia con codeina mentre gli
UM possono evidenziare risposte esagerate. Però anche i pazienti EM e UM
non beneficeranno della terapia con codeina, se questa viene co-somministrata con inibitori del CYP2D6 in grado di impedire la formazione della
morfina.
L’induzione è dovuta ad un momentaneo aumento dell’attività di specifici enzimi CYP, conseguente all’esposizione cronica ad un dato principio attivo che accelera il metabolismo presistemico e la clearance di un substrato
dell’enzima indotto. È la conseguenza ad una risposta adattativa dell’organismo, che mira a proteggersi dagli xenobiotici aumentando l’attività dei sistemi enzimatici detossificanti. Richiede un certo tempo per manifestarsi e
per scomparire, a seconda dell’inibizione che, almeno nel caso dell’inibizione di tipo competitivo, si manifesta rapidamente e altrettanto rapidamente
scompare sospendendo l’inibitore o riducendone le dosi. È quindi un fenomeno di difficile prevedibilità anche perché può essere specie-specifico.
Nella maggior parte dei casi, l’induzione degli enzimi CYP prevede
un’attivazione della trascrizione genica mediata da specifici recettori (tabella IV), con conseguente aumento dello specifico CYPmRNA19-21. Il recettore AhR (Aryl hydrocarbon Receptor), per esempio, stimola la trascrizione dei geni CYP1A; il CAR (Constitutive Androstane Receptor) media l’induzione dei CYP2B causata dal fenobarbital e composti con simile profilo inducente; il PXR (Pregnane-X-Receptor) media l’induzione dei CYP3A causata dagli steroidi e da molti altri composti, includendo sia farmaci che sostanze contenute in prodotti tradizionalmente ritenuti “non farmaci” e
quindi innocui (un esempio già menzionato è l’iperforina, uno dei componenti attivi degli estratti di Hypericum perforatum, disponibili in molti
paesi come preparazioni “da banco” o “integratori alimentari).
Anche nel caso delle interazioni legate ad induzione, i soggetti con fenotipo EM sono maggiormente suscettibili dei soggetti PM. La rifampicina,
uno dei più potenti induttori di molte isoforme CYP umane, stimola la
clearance metabolica della S-mefenitoina (prevalentemente tramite 4’idrossilazione) solo nei soggetti EM. Questo è semplicemente dovuto al
fatto che i soggetti PM sono geneticamente privi del CYP2C19, l’enzima
che metabolizza la S-mefenitoina a 4’-idrossimefenitoina.
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Se il farmaco è
caratterizzato
da un indice terapeutico
ampio, un accumulo
di principio attivo per
inefficienza metabolica
non induce evidenti
effetti collaterali.
153
ARGOMENTO
Tabella IV. Alcuni composti in grado di indurre l’attività degli isoenzimi del citocromo P450 (CYP)
e loro meccanismo.
Induttore a
(attivatore)
Recettore nucleare
(meccanismo)
Isoforma
CYP
Idrocarburi policiclici
AhR (attività trascrizionale)
1A1, 1A2, 1B1
Fenobarbitale
CAR (attività trascrizionale)
2B6 (1A2, 2C8, 2C9/19)
Etanolo
(recettore non-mediato)
2E1
Iperforina, rifampicina
PXR (attività trascrizionale)
3A (2B6, 2C8, 2C9/19)
Proliferatori dei perossisomi
PPAR (attività trascrizionale)
4A
a AhR (Aryl hydrocarbon Receptor); CAR (Constitutive Androstane Receptor); PPAR (Peroxisome Proliferator Activated
Receptor). PXR (Pregane X Receptor), che regola anche la trascrizione del gene che codifica per la p-glicoproteina,
una proteina di transmembrana che funge da pompa di efflusso ATP-dipendente. Per essere trascrizionalmente attivi,
tutti questi recettori devono eterodimerizzarsi con il recettore retinoide X (RXR).
Una lista di altri induttori delle varie isoforme CYP è reperibile consultando i siti:
http://www.nihs.go.jp/mpj/interact.htm e http://medicine.iupui.edu/flockhart/
L’omeprazolo, però, è metabolizzato dal CYP2C19, ma induce l’attività
del CYP1A2 e l’effetto inducente è quantitativamente rilevante solo nei soggetti con fenotipo PM per il CYP2C19. Questo è dovuto al fatto che durante
la terapia con omeprazolo i soggetti PM sono esposti a concentrazioni di
farmaco almeno 10 volte più elevate dei soggetti con capacità metabolica
normale, esemplificando una ulteriore potenziale causa di variabilità interindividuale causata dal polimorfismo metabolico.
Come nel caso dell’inibizione enzimatica, ma nel senso opposto, l’importanza clinica del fenomeno di induzione dipenderà dall’attività intrinseca del farmaco “indotto” e dei suoi metaboliti. L’aggiunta di un inducente ad una terapia può infatti lasciare immodificata la risposta terapeutica se
farmaco precursore e metabolita possiedono approssimativamente la medesima attività farmacologica, provocare una riduzione degli effetti clinici
se l’attività farmacologica è principalmente correlata al farmaco immodificato, un aumento (includendo un possibile potenziamento degli effetti
collaterali) nel caso che l’attività risieda prevalentemente nel/i metabolita/i. Il pentobarbitale (un noto induttore di molte isoforme CYP), per
esempio, riduce marcatamente la biodisponibilità dell’alprenololo (del
50%, circa) influenzandone solo minimamente l’attività farmacologica
(11-14%, misurata come inibizione della tachicardia indotta da esercizio).
Questo è probabilmente dovuto ad una maggiore formazione di 4-idrossialprenololo, un metabolita con attività ß-adrenergica simile all’alprenololo. Una differente situazione è invece esemplificata dalla potenziale interazione tra etanolo e paracetamolo (acetominofene). Somministrato cronicamente, l’alcol induce il CYP2E1 (in acuto si comporta invece come inibitore), l’enzima responsabile della formazione del metabolita epatotossico
del paracetamolo. La somministrazione di paracetamolo negli alcolisti cronici può pertanto portare a conseguenze clinicamente importanti.
Considerando che sia l’inibizione sia l’induzione sono fenomeni saltuari e mutevoli nell’arco dell’esistenza di un individuo, possono essere conR&P 2 0 0 4 ; 2 0 : 1 4 6 - 1 5 6
L’aggiunta
di un inducente
ad una terapia può
avere diversi effetti.
154
S. Caccia, A. Nobili: Citocromo P450 e interazioni metaboliche (parte I)
siderati un’importante causa di variabilità intraindividuale, che ovviamente dipende anche da variazioni interindividuali nell’attività basale degli enzimi CYP.
Nel contesto generale delle interazioni tra farmaci, questi fenomeni sono all’origine di molte situazioni di apparente resistenza ad una terapia o
di inaspettate reazioni avverse, la cui incidenza è proporzionale al numero
di farmaci co-somministrati, come documentano i risultati di diversi studi
epidemiologici.
La conoscenza da parte del medico del ruolo e degli effetti di questi enzimi sul metabolismo dei farmaci e sui fattori che ne modulano l’azione
costituisce una premessa essenziale per porsi la domanda se, almeno sul
piano teorico, farmaci metabolizzati dallo stesso sistema enzimatico possano essere coinvolti in una interazione. A questo proposito, la consultazione (http://www.nihs.go.jp/mpj/interact.htm e http://medicine.iupui.edu/
flockhart/) delle tabelle che riportano per ogni CYP i farmaci che agiscono
da induttori o inibitori e quelli che vengono metabolizzati (i substrati) può
guidare almeno sul piano teorico nella decisione di prescrivere una politerapia. Oltre a ciò si dovrà considerare anche l’eventualità che il farmaco sia
metabolizzato per altre vie, il suo indice terapeutico e gli eventuali effetti
farmacologici e clinici dell’interazione. Sul piano epidemiologico, si dovranno inoltre tenere in considerazione i fattori di rischio del paziente, le
patologie di base, il numero e la tipologia di farmaci assunti abitualmente,
l’eventualità di aver manifestato intolleranze o allergie a farmaci o di aver
sviluppato in passato reazioni avverse, oltre ovviamente l’entità del rapporto beneficio-rischio che ci si attende dalla prescrizione di quel nuovo
trattamento. Un modo concreto per ottenere la maggior parte di queste informazioni è di raccogliere in maniera dettagliata la storia clinica e farmacologica del paziente, soffermandosi su quei fattori che possono rappresentare un segnale per un potenziale rischio iatrogeno. Una volta presa la
decisione di aggiungere un nuovo farmaco, sarà poi opportuno informare
il paziente sui potenziali rischi di interazioni e di rivalutare a breve gli effetti positivi e negativi del nuovo trattamento.
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È importante
che il medico conosca
il ruolo e gli effetti
degli enzimi
sul metabolismo
dei farmaci.
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IX Riunione annuale Network Cochrane Italiano
Coinvolgere i pazienti
nelle scelte della ricerca:
OBIETTIVO GIUSTO E POSSIBILE ?
Per discutere le esperienze internazionali e nazionali di coinvolgimento dei pazienti
e delle loro rappresentanze nella definizione delle priorità e nel disegno
di singoli progetti di ricerca.
Discutere e chiarire le difficoltà esistenti e i possibili percorsi da seguire per un migliore
coinvolgimento dei pazienti e delle loro rappresentanze in Italia.
5 - 6 novembre 2004
Firenze,
Dipartimento Patologia e Oncologia
Sperimentali
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
Milano (iscrizioni)
Sabrina Bidoli [email protected]
tel. 02 390 14 327 fax 02 355 90 48
Firenze (aspetti logistici)
Paola Serafini [email protected]
tel. 055 462 43 86 fax 055 462 43 45