Eschilo - Popolo di Dio in Italia

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Eschilo
La vita:
Figlio di Euforione e discendente da famiglia aristocratica, prima di essere
poeta fu attore, esordendo nel 500-499 a.C. e vincendo la prima gara nel
484 a.C. durante le invasioni persiane. Pare abbia partecipato alle battaglie
dell' Artemisio, di Salamina, di Platea: compose un epigramma per i caduti
di Maratona, ma fu vinto da Simonide. Invitato a Siracusa presso la corte di
Gerone, vi rappresentò le Etnee; ritornò poi ad Atene vincendo con le sue
tragedie ben 13 volte. Probabilmente in seguito ai successi ottenuti da
Sofocle, che lo vinse nel 468 a.C., tornò definitivamente in Sicilia, dove
morì. La sua vita fu arricchita da leggende, come la rivelazione da parte di
Dioniso delle sue doti, o quella dell'aquila che, avendo scambiato la testa
calva del poeta per una roccia, vi lasciò cadere una tartaruga.
Le opere:
e Le tragedie di E. sembrano superiori come numero a 70; quelle
conservateci da manoscritti medievali sono sette: Prometeo incatenato; I
sette contro Tebe; I Persiani; Agamennone, Coefore ed Eumenidi (che
costituiscono la trilogia detta Orestea); Supplici; numerosi i frammenti
papirologici. I Persiani, rappresentata nel 472 a.C., è una tragedia
innovativa per il contenuto, che si ispira a un fatto storico di quel tempo, ma
arcaicissima per la parte che ha il coro e per la presenza di due soli attori;
la scena è situata da E. nella reggia di Susa, dopo la sconfitta subita da
Serse a Salamina nel 480 a.C., e ci fa rivivere l'esperienza etica e religiosa
della guerra nell'animo del popolo persiano; attraverso il dolore si afferma
una conoscenza e forse la credenza in un dio invidioso e ingannatore, che
cede il passo a un dio giusto, che punisce la "ibris". Il coro è in un certo
senso il protagonista della tragedia, che si basa su due motivi
fondamentali, quello della memoria e quello del lamento. Una trilogia con
personaggi quasi unicamente divini è quella prometea, che comprendeva il
Prometeo incatenato (unica superstite), il Prometeo liberato e il Prometeo
portatore di fuoco; essa ha come sfondo la Scizia, ma la figura di Prometeo
è il simbolo della theomachia, cioè della rivolta contro ogni forza
riconosciuta tesa a vincolare lo spirito. I sette contro Tebe fa parte di una
tetralogia con il Laio, l'Edipo e il dramma satiresco La sfinge: qui, nella
tragedia rimasta, la guerra è rappresentata nel suo momento culminante,
come un enorme macchina bellica che si muove contro la città dei Tebani
da parte dello stesso dio; l'azione dei Tebani ha il fulcro nella "pietas". Le
Supplici è una tragedia di un profondo pensiero religioso, ma di elementare
semplicità. Più importante è l'unica trilogia pervenutaci, l'Orestea, che
comprende l'Agamennone, le Coefore, le Eumenidi, seguita da un dramma
satiresco, Proteo, andato perduto: il ritorno a Micene del re Agamennone è
accolto con finta gioia dalla moglie Clitennestra che, d'accordo con il suo
amante Egisto, uccide il consorte. Allora le Coefore, portatrici di libagioni,
accolgono Oreste il quale, insieme alla sorella Elettra, vendica il padre
Agamennone, uccidendo Egisto e la madre. Infine le Eumenidi assolvono
Oreste, perseguitato dalle Erinni in seguito al matricidio, ma protetto da
Apollo e Atena: così le Furie si placano, trasformandosi in Eumenidi. È una
tragedia ricca di immagini, che toccano il cosmo, dove spesso campeggia
la figura di Clitennestra, ma è diseguale e nel complesso poco felice: il suo
significato è da cercare nella composizione della giustizia severa e
inesorabile con la salvezza. Forze trascendenti e immanenti fanno sentire il
loro peso sul futuro delle generazioni, catena di sangue. Etica e religione
caratterizzano il mondo tragico di E., che ebbe imitatori nel periodo
ellenistico, nel teatro romano (Accio), in V. Hugo, in Goethe, in D'Annunzio,
in O' Neill e in Sartre.
Sofocle
La vita:
Figlio dell' armaiolo Sofillo, appartenente alla ricca borghesia,
all'età di 17 anni, danzando e suonando la cetra guidò un coro di
giovani nella celebrazione della battaglia di Salamina; nel 468
esordì come autore di tragedie, vincendo Eschilo, ma fu vinto da
Euripide nel 441; ebbe il 1° premio 18 volte. Benché S. non fosse
vero uomo politico, nel 443 fu eletto presidente degli "ellenotami",
cioè amministratore del tesoro della confederazione attica; nel
441 fu stratego con Pericle e nel 413 partecipò all'elaborazione
della Costituzione dei 400. Fu in rapporti affettuosi con Erodoto e
fu deferente verso Eschilo. S. amò molte donne, fra cui
Nicostrata, dalla quale ebbe il figlio Iofonte (che lo accusò di
demenza perché geloso della predilezione del poeta per il nipote),
Teoride di Sicione e forse l'etera Archippe.
Aristofane
La vita:
Commediografo greco (Atene c. 445 a. C. - c. 385 a. C.). Nacque
da genitori liberi e fu certo educato nelle migliori scuole; poi si
schierò con gli aristocratici contro i demagoghi Cleone e Iperbolo.
Grande fu la sua attività di scrittore, che durò fino al 404 a. C.,
fino a quando cioè il governo dei Trenta pose freno alla soverchia
libertà della commedia.Scrisse 44 commedie, undici delle quali ci
sono giunte intere: Gli Acarnesi, contro Cleone, dipinto sotto le
spoglie del guerrafondaio Lamaco, in cui è chiara l'allusione al
processo intentato all'autore « per indebita appropriazione di
cittadinanza» ; I Cavalieri, satira feroce degli effetti della
demagogia, per cui Cleone viene messo in un sacco da un suo
rivale, demagogo più di lui; Le Nuvole, satira non direttamente
politica, ma di carattere pedagogico, in cui A. affronta il problema
dell'educazione dei giovani: nemici dell'educazione sono gli
astrusi sofisti e soprattutto Socrate, perché abituano a ragionare
troppo e a rinnegare quindi il principio di autorità (questa
commedia contribuì in parte alla condanna di Socrate); Le Vespe,
contro gli Ateniesi, amanti di liti e di processi; La Pace, che esorta
gli Ateniesi a concludere la pace con Sparta (pochi anni dopo la
rappresentazione della commedia, venne conclusa la pace di
Nicea); Gli Uccelli, forse il suo capolavoro, che destò grandi
speranze e grandi illusioni di pace immaginando il fantastico
mondo degli uccelli, fondato da due Ateniesi che riescono a
sostituirsi agli dei nel governo del mondo; Lisistrata, l'ultima
commedia in cui propugna la pace: vi si narra lo « sciopero»
dell'amore con cui le donne ateniesi e spartane costringono i loro
uomini a concludere la guerra; Le celebratrici dei misteri di
Demetra: sanguinosa vendetta a carattere letterario, contro il
misoginismo di Euripide; Le Rane: pure di argomento letterario,
questa commedia stabilisce un confronto tra Euripide ed Eschilo,
con la decisa condanna della tragedia euripidea; Le donne al
parlamento: parodia della Repubblica di Platone e del comunismo
inteso nel senso radicale della parola, A. immagina che le donne
ateniesi, vestitesi con gli abiti dei mariti, si rechino al parlamento e
decretino leggi in proprio favore, tra le quali l'abolizione del
matrimonio, la comunanza dei beni e la disponibilità collettiva del
piacere dell'amore; Il Pluto, commedia a carattere esclusivamente
sociale, che propugna una nuova distribuzione delle ricchezze;
anche tecnicamente, l'opera rappresenta una fase di transizione:
sono scomparse le parabasi e, in parte, i canti corali. Le
commedie di A. sono in genere di argomento politico, nel senso
che traggono ispirazione dagli eventi riguardanti la vita della polis
ateniese durante la guerra del Peloponneso, oppure negli anni
immediatamente successivi alla sconfitta. Il motivo fondamentale
è il contrasto fra l’antico e il nuovo. A. è un tenace difensore
dell'antico e quindi contrario a tutti coloro che rappresentano le
idee innovatrici del momento. Pur con le smorfie, i lazzi e le
buffonate satiriche, la sua commedia non è scritta soltanto per
divertire: è fiorita nel periodo più tragico della storia di Atene, ed è
perciò vibrante di passione, di idee e di battaglie. Benché l'opera
aristofanea sia ricca di accenni a persone del tempo, di allusioni
storiche e di passioni contingenti, rimane viva ed efficace, perché
la fantasia creatrice dell'autore ha saputo trasformare questa
materia innalzandola ai valori eterni e universali della poesia.
Euripide
La vita:
E. è, con Eschilo e Sofocle, uno dei tre grandi tragici della Grecia.
Poco si sa della sua vita: le fonti principali sono l'anonimo Bíos
kái ghénos e i frammenti di una biografia scritta dal peripatetico
Satiro (III sec. a.C.). Nato da famiglia di una certa agiatezza,
svolse da giovane attività atletica: pare abbia avuto due mogli,
infedeli (Melito e Cherina), il che spiegherebbe la sua misoginia.
Non partecipò alla vita politica, ma seguì le dottrine filosofiche
della sofistica e di Socrate; esordì invece in teatro nel 455 a.C.
con le Peliadi (terzo premio), conseguì il primo premio nel 441
a.C. e successivamente altre quattro vittorie. Abbandonò Atene
nel 408 a.C., recandosi esule a Magnesia, poi in Macedonia e a
Pella, onorato dal re Archelao, e qui morì, secondo una leggenda,
sbranato dai cani.
Il Mito
Il mito è un racconto religioso che ha quali protagonisti dei, esseri
divini, eroi. Le loro gesta, collocate e ambientate nel più lontano
passato, tramandano fatti esemplari opportunamente idealizzati.
Essendo il m. racconto degli inizi di tutte le cose, ha valore di
fondamento della realtà nella quale l'uomo si trova a esistere;
raccontando il sacro con parole e immagini umane, rende
accessibile l'inaccessibile. Il m., rivelando il fondamento, dà
all'uomo le risposte ai suoi più profondi interrogativi. Quindi, il m.
non è né favola né leggenda né un racconto puramente inventato
e fantastico. Esso parte dalle domande che sorgono dal reale per
tornare al reale con delle risposte globali. Esempio emblematico
sono i primi capitoli del libro della Genesi, il racconto cerca di
rispondere agli interrogativi che sorgono dall'esperienza
dell'uomo: da dove proviene il male? Perché l'uomo sbaglia?
Perché l'amore uomo donna è così forte? Perché l'uomo non è
immortale? Perché soffriamo per procurarci il pane? Perché la
donna nel partorire soffre? Perché gli uomini si odiano fino a
uccidersi? Pertanto i m. offrono al popolo che li ha generati motivi,
intrinseci ed estrinseci, per una visione globale e religiosa
dell'universo e, perciò, si configurano anche quali simboli
unificatori di un omogeneo gruppo etnico. La mitologia, da parte
sua, viene a costituire tutto il complesso del materiale elaborato
relativamente agli elementi religiosi e fantastici di una determinata
tradizione culturale. Ne deriva che il termine mitologia designa sia
la classificazione, sia lo studio scientifico dei m. pertinenti a una
determinata stirpe e a una determinata civiltà, visti e presentati
nei loro rapporti con le caratteristiche culturali di un'epoca e con
le manifestazioni peculiari degli aspetti spirituali, etico sociali e
materiali propri della vita di un popolo.
LA RELIGIONE NELLA GRECIA ANTICA
Si suole dividere la religione dell'antica Grecia in tre fasi:
preomerica, omerica e post-omerica. Per come si presenta in
età storica, appare nel complesso di tipo non primitivo, ma fissata
già in seguito a un'elaborazione interna che affonda le radici in un
periodo lontano e oscuro. Indubbiamente essa fu il prodotto della
fusione tra la cultura dei popoli invasori ario-europei con quella
mediterranea. In Grecia non si ebbe una vera e propria letteratura
sacra; tuttavia le fonti per uno studio della religione greca si
trovano nella letteratura, nei miti, nell'archeologia, nellepigrafia
ecc. Così, per esempio, Omero, Esiodo, i poeti elegiaci, i lirici e i
tragici offrono materiale prezioso. L'autorità religiosa era
esercitata dal popolo, che delegava a sorte propri rappresentanti
a svolgere le sacre cerimonie; le uniche classi sacerdotali furono
quelle rappresentate dai sacerdoti di Zeus. Le pratiche cultuali
consistevano in cerimonie di espiazione, di purificazione, in
sacrifici, in offerte ecc. I sacrifici potevano essere cruenti e
incruenti; nel primo caso agli Dei olimpi si sacrificavano animali
bianchi, e a quelli ctoni (terrestri) neri. Nonostante la comunanza
di credenze, il particolarismo delle polis greche si fece sentire
anche nella religione, sì che ogni polis predilesse determinate
divinità: solo l'oracolo di Delfi assunse carattere nazionale.
Accanto alla religione greca ufficiale, vi fu però sempre un tipo di
religiosità che potremmo definire "popolare" e che sfociò poi nei
misteri. Nello studio della religione greca appare evidente un
rapporto tra religione e Stato, si può dire che la religione greca finì
insieme alla polis: alla decadenza politica dunque si accompagnò
anche quella religiosa. Il cristianesimo trovò un terreno adatto per
la sua diffusione, ma accanto a esso si mantennero pur sempre
alcune forme mitologiche, specie tra le più superstiziose genti di
campagna. Oggi la maggior parte della popolazione greca
appartiene alla Chiesa ortodossa (97%), che fa capo a un
arcivescovo residente ad Atene. Il rimanente 3% è da spartire tra
cattolici, musulmani, protestanti e monofisiti. Ottime sono le
relazioni dei cattolici con gli ortodossi.
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