CAPITOLO 10 La tragedia Una situazione tragica è quando avviene un fatto o una scelta che avrebbe portato un male. Come nel caso di Oreste figlio di Clitennestra e Agamennone che uccide la madre e l’amante Egisto che a loro volta avevano ucciso, in questo caso la scelta era tra il male del padre non vendicato e tra la vendetta che avrebbe portato ad un matricidio. La tragedia greca pose come nodo centrale il dilemma e il dubbio, i Greci avviarono una riflessione sulle problematiche dell’esistenza e la responsabilità che pesa su ogni azione umana. La tragedia si apre alla critica razionalista che era propria dei sofisti. Per i Greci è il passaggio dalla cultura del consenso a quella della critica. Gli elementi fondamentali della tragedia sono: Il carattere drammatico La vicenda tragica, fuori dal comune I personaggi, anche essi fuori dal comune L’unità dell’opera, costruita in modo tale che le vicende siano strettamente collegate. E il linguaggio elevato e solenne. Vedendo rappresentati sentimenti come l’odio, la vendetta e la paura, lo spettatore arrivava a purificarsi da tali passioni(catarsi). La tragedia nacque con l’idea di democrazia e si spense alla fine della libertà politica, precedentemente ci furono dei piccoli tentativi. I tre più grandi tragediografi furono: Eschilo, Sofocle e Euripide. Eschilo nacque a Eleusi lo possiamo definire il più antico tragediografo, di lui ci rimangono 7 tragedie complete, vinse 13 agoni e visse ad Atene Siracusa e Gela. Lo possiamo definire il creatore della tragedia. Egli apporto delle modifiche fondamentali: Introdusse il secondo attore E di conseguenza aumentò la parte dialogata E così introducendo il secondo attore aumento il dibatti e scambi di idee. nelle tragedie di Eschilo i personaggi peccano di hybris, cioè una forza che porta il personaggio a trasgredire i limiti etici imposti da Zeus. Questo diventa un monito rivolto all’uomo perché non oltrepassi i limiti imposti da Zeus. Sono numerosi i personaggi che peccano di hybris, come Serse che aggredisce i greci e violenta la natura, inizialmente la situazione a lui è favorevole ma poi viene punito da Zeus con la sconfitta e la distruzione della sua flotta. In questo modo la giustizia trionfa e la vittima diviene consapevole della propria colpa. Anche Oreste nella situazione prima spiegata pecca di hybris ma alla fine Atena lo fa assolvere nell’Areopago, il tribunale ateniese per i delitti di sangue. Ogni tragedia di Eschilo si concludono con una conciliazione sulla base della fede assoluta nella giustizia e l’ordine garantiti da Zeus. Sofocle nacque ad Atene nel 496 ebbe varie cariche militari e politiche e mori nella sua città a 91 anni. Esordì nel 468 e vinse 24 agoni, scrisse più di 100 tragedie, ma a noi ce ne rimangono soltanto 7. Porto alla tragedia 4 fondamentali innovazioni: I coreuti da 12 passarono a 15 Gli attori da 2 passarono a 3 Introdusse la scenografia Sciolse la trilogia legata ad un unico tema Con lui il genere tragico viene portato alla sua piena maturità. Egli riprende le tematiche di Eschilo sottolineando l’emarginazione dell’eroe. Non esisteva possibilità di riconciliazione a meno che non intervenisse un Dio (deus ex machina). Gli eroi sofoclei sono in conflitto tra la libertà e la costrizione che porta alla sofferenza. Antigone è indecisa tra dare sepoltura al fratello Polinice e la legge del tiranno Creonte che glielo impedisce. Edipo vorrebbe essere un ottimo padre, marito e regnante, ma scopre di non essere all’altezza di governare la sua città e di aver commesso incesto, avendo sposato inconsapevolmente la madre. Antigone arriva all’emarginazione e alla morte, Edipo si acceca dopo aver visto ciò che non voleva vedere e si autoesilia. Non c’è conciliazione, ma permane la fede in una volontà divina anche se dolorosa per l’uomo. Euripide nasce nel 480 a Salamina, non partecipò alla vita politica della polis ma condusse una vita isolata poiché fu un incompreso dai suoi contemporanei, ma fu il più amato e imitato dai suoi successori. Di lui ci rimangono 17 tragedie e un dramma satiresco, vinse 4 agoni tragici e si allontanò volontariamente da Atene. Egli cerco di rinnovare lo stile poiché con Sofocle esso aveva raggiunto la perfezione e era pienamente cosciente del cambiamento che si era avviato nella politica e nella vita di Atene. Euripide vede più nella ragione umana che nell’intervento divino, ciò che può risolvere conflitti e problemi. Egli infatti predilige parti dialogate e dibattiti di idee a discapito del coro. Euripide prende molto in considerazione il problema delle donne, emarginate e sottomesse all’uomo nella democratica Atene. Medea è l’artefice dell’atroce vendetta contro il marito traditore Giasone, poiché uccide i figli e condanna all’ infelicità sia il marito che lei. Euripide vuole denunciare la condizione delle donne e lo fa attraverso Medea che si sfoga in pubblico di ciò che ha fatto il marito e di come le donne sono trattate. Ifigenia viene presentata come un eroina, vittima sacrificata in nome della famiglia e della patria. Le due tragedie possono essere interpretate in modo diverso, Medea “può essere giustificata” poiché è tradita dal marito e dalla comunità, Ifigenia può essere considerata un’ingenua vittima del conflitto, ma la tragedia può essere una critica alla guerra. Nel finale delle tragedie l’intervento divino sottrae le protagoniste alla sfera umana lasciando irrisolti gli interrogativi e i giudizi sul loro comportamento. © Federico Ferranti Corporation www.terzof.altervista.org