relazione fra gli sviluppi antropo-sociali, gli ecosistemi e la biosfera

RELAZIONE FRA GLI SVILUPPI
ANTROPO-SOCIALI,
GLI ECOSISTEMI E LA BIOSFERA
di Donato Monaco *
L
Our society cannot continue pursuing
goals based only on economic growth and
satisfaction of material and hedonistic
needs. This process has resulted in a form
of progress relying only on quantitative
standards, which should be changed if we
want to avoid that its detrimental effects
threat the rather precarious relation
between Man and Nature in a definite
and irreversible way. In order to achieve
this aim, it is necessary to “rediscover
Nature”. However, only a Man of
quality can manage to do that, by
renouncing to his plans of conquest and
subjugation of nature and establishing a
new agreement with nature, imbued with
love, respect, and human corporeity that
binds him to the world.
o sviluppo della comunità umana (tribù, popoli, ecc.) lungo il
percorso della preistoria e della storia viene analizzato in relazione all’ambiente che circondava e conteneva la comunità (punto
di vista ecologico), nella convinzione che «non vi è alcuna possibilità di
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* Vice Questore Aggiunto Forestale
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La società non può continuare a perseguire gli attuali obiettivi di sola crescita
economica, di soddisfacimento di desideri
materiali ed edonistici. Tale processo ha
determinato un progresso basato esclusivamente su parametri quantitativi, che sono
da modificare se si vuole evitare che i suoi
effetti nocivi rompano definitivamente e
irreversibilmente il già peraltro precario
rapporto Uomo-Natura.
Per fare questo, per conseguire questo
obiettivo, è necessario “ritrovare la
Natura”. Ma lo potrà fare solo un Uomo
di qualità che, rinunciando al progetto di
conquistare e asservire la Natura, stabilisca una nuova sintonia con la natura stessa basata sull’amore, sul rispetto, sulla
corporeità umana vincolata al mondo.
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una esistenza autonoma e separata» (A.N. Whitehead).
Per “ambiente” non si intende semplicemente quello geofisico (biotopo), ma l’insieme dell’ambiente fisico e di tutti gli esseri viventi che lo
popolano con tutte le interazioni (biocenosi).
Sono proprio le interazioni fra viventi, che, combinandosi con vincoli
e con le possibilità fornite dal biotopo fisico e retroagendo su di esso,
danno all’ambiente l’organizzazione sistematica e lo rendono ecosistema
(biotopo + biocenosi = ecosistema).
Il termine ecosistema può essere applicato a biocenosi e biotopi di
estensione molto variabile: un tronco d’albero morto è un microecosistena; una foresta, un mesoecosistema; l’oceano, un macroecosistema.
La nostra biosfera è un macroecosistema: è l’ecosistema degli ecosistemi che comprende miliardi di miliardi di esseri differenti.
La comunità umana vive nella biosfera e della biosfera, fa parte integrante di questo massimo ecosistema: sussiste sempre il problema della
relazione fra Uomo e Natura nel suo insieme, nella sua vastità, nella sua
attualità.
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Società arcaiche e uomini nella preistoria
Gli uomini primitivi facevano una vita di continuo spostamento
(nomadismo), vivevano di caccia e con la raccolta dei frutti naturali.
La loro mobilità era in funzione delle esigenze di alimentazione per la
sopravvivenza e per la conservazione e lo sviluppo della specie.
Quindi l’uomo spaziava entro un habitat che poteva assicurargli le “nicchie ecologiche” per le sue funzioni, così come avveniva ed avviene per
una specie onnivora.
Queste “società arcaiche” di uomini cacciatori e raccoglitori, poco
popolose, disperse e mobili, erano parte integrante degli ecosistemi come
le altre specie di animali.
Quando successivamente gli uomini sono diventati agricoltori ed allevatori, fissando più stabilmente la loro dimora negli ambienti favorevoli
sotto il profilo pedologico e climatico, per poter esercitare più proficuamente e meglio organizzati la coltivazione delle terre e l’allevamento del
bestiame, hanno incominciato a modificare l’ecosistema e talvolta, col
fuoco, anche a degradarlo.
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Società storiche
Gli uomini che nascono nella storia e fanno nascere la storia hanno
raggiunto più elevati livelli di sviluppo culturale e sociale, rispetto a quelli
dell’era preistorica.
Le società pastorali, agricole, urbane raggruppano popolazioni più
numerose che vanno da migliaia a milioni di individui ed hanno organizzazioni meglio strutturate e sempre più complesse.
È un processo di sviluppo non solo della loro ecologia, ma anche della
relazione con l’ambiente di cui fanno parte, cioè con l’ecosistema.
È una auto-socio-antropo-evoluzione in relazione con l’eco-evoluzione.
Si evidenzia il nesso di reciproca influenza dell’eco-evoluzione della
specie e l’evoluzione degli ecosistemi.
La concezione atomistica dell’evoluzione concepisce solo la mutazione
genetica e non considera le innumerevoli mutazioni ecologiche; non vede
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Con linguaggio ecologico, possiamo dire che gli uomini cominciavano
ad inserire la loro organizzazione nell’ecosistema o meglio entro l’organizzazione che era nell’ecosistema (eco-organizzazione), senza averne piena
cognizione.
Per questa mancata cognizione, non iniziava l’inserimento dell’ecoorganizzazione nella socio-organizzazione.
Tutto questo non costituiva turbamento né aleatorio né permanente
per l’ecosistema.
Il concetto di eco-organizzazione è insito in quello di ecosistema: essa,
infatti, è un’organizzazione spontanea contemporaneamente fisica e
vivente, originata dalle innumerevoli retroazioni della biocenosi (il vivente) sull’ambiente geofisico e dalle interazioni del vivente sul fisico, con risultante effetto trasformatore.
Nell’ecosistema, tutto continua a funzionare armoniosamente, perché
le interazioni e le retroazioni a carattere complementare, concorrenziale,
antagonistico che determinano associazioni, simbiosi, mutualismi, competizioni, rivalità, parassitismi, fagie, predazioni, non alterano i cicli vitali
del CO2, dell’H2O degli elementi indispensabili alla vita
(piante i O2 i animali i CO2 i piante)
e la catena trofica che alimenta ed organizza la vita stessa.
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come la selezione “naturale” sia inseparabile da una integrazione ecosistemica.
Le prime società storiche che hanno sviluppato l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, hanno in effetti prodotto delle trasformazioni non
solo nel loro modo di vivere e di organizzare, ma anche nel mondo naturale in cui vivevano.
La scelta delle specie vegetali da coltivare e delle specie animali da allevare comporta aspetti di selezione e di simbiotizzazione.
La relazione di simbiosi fra l’uomo e le specie scelte consiste nel fatto
che queste ultime ricevono protezione, cura e nutrimento (cioè coltivazione) da parte dell’uomo; a loro volta esse forniscono all’uomo le risorse
necessarie per la sua vita e per il suo sviluppo non solo economico.
Ha inizio così un fenomeno di reciproco “asservimento” della Natura
da parte dell’uomo e dell’uomo da parte della Natura.
Quando l’uomo interviene nei processi di riproduzione e di sviluppo
dei vegetali, mediante selezione delle sementi, incroci ed ibridazioni, stimolazioni della crescita con trattamenti ormonali, con fertilizzazioni, realizza un’agricoltura più produttiva e più utile ai suoi fini economici, ma
attua un processo di asservimento della Natura.
Nel campo dell’allevamento e dell’addomesticamento degli animali,
l’uomo agisce per elevare le proprie condizioni di vita sia nel senso di
alleggerire il suo lavoro fisico sia per poter disporre di cibo quantitativamente e qualitativamente migliore, ma attua sempre un “asservimento
degli animali”.
Quando l’uomo si indirizza sul territorio, per fare strade di comunicazione, per fare argini nei fiumi, per costruire canali, realizza uno sviluppo
delle comunicazioni, una crescita della vita civile e sociale, ma attua anche
un processo di asservimento del territorio.
Gli interventi antropici che si sono verificati fino all’epoca della rivoluzione industriale sono stati tali da non turbare gli ecosistemi e da non
compromettere la loro eco-organizzazione.
In altre parole, l’Uomo ha utilizzato le risorse della Natura, ma non ha
compromesso le funzioni organizzative, rigenerative di essa.
In sintesi si può dire che sin dagli inizi dei tempi storici l’intervento
antropo-sociale ha rotto le regolarità dei terreni trasformati dalla pastori-
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Società moderne
Nella seconda metà dell’800 con la rivoluzione industriale e lo sviluppo della tecnologia, l’intervento umano comincia ad assumere potenza di
sfruttamento e di “asservimento della natura”, tale da moltiplicare le “crisi
di biocenosi” e da creare serie difficoltà nelle interazioni eco-organizzatrici degli ecosistemi.
L’estensione e l’intensificazione dell’agricoltura e dell’allevamento, rese
possibili dallo sviluppo della tecnologia, cominciano a far scomparire
molte specie selvatiche o naturali per privilegiare varietà di specie domestiche a maggior rendimento.
Molti spazi a foresta naturale vengono conquistati dall’agricoltura che
si estende in forma intensiva sugli antichi latifondi e sulle terre incolte o
paludose.
Non si ha cultura ecologica ed ogni intervento antropico è considerato isolatamente solo sotto l’aspetto della convenienza economica, senza la
consapevolezza delle possibili perturbazioni eco-organizzative che potrà
provocare.
Per dirla con Morin, non si ha conoscenza dell’ecologia dell’azione.
Cominciano i massicci disboscamenti per ricavare suoli fertili per l’agricoltura, ma non ci si accorge di innescare il meccanismo del dissesto del
suolo e delle inondazioni.
Si afferma la monocoltura per accrescere nell’immediato la produttività e non ci si avvede delle conseguenze ultime di questo atto che distrugge le associazioni vegetali, impoverisce la fauna e sterilizza la terra, dando
inizio a quel processo di degradazione della complessità che riduce la stabilità degli ecosistemi.
Si può obiettare che questa compromissione della funzionalità degli
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zia e dall’agricoltura ed ha prodotto anche qualche turbamento aleatorio
nel clima; ma, tutto sommato, fino a quando l’agricoltura è stata condotta con metodi tradizionali, le spontaneità eco-organizzatrici della Natura
hanno smorzato ed integrato questa perturbazione.
Talvolta le innovazioni antropo-sociali (in particolare gli innesti, gli
incroci, le ibridazioni ecc.) hanno favorito la complessità naturale con l’accrescere la diversità degli individui e delle specie.
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ecosistemi ed in definitiva della biosfera era il prezzo da pagare per conseguire il progresso economico della società umana.
L’obiezione non può essere accolta per i seguenti motivi: la distruzione quotidiana delle risorse naturali da parte della tecnica, le monocolture
generalizzate, la riduzione della varietà e diversità delle specie, l’applicazione e l’uso di tecniche distruttrici e prodotti inquinanti al solo scopo di
aumentare la produzione e la ricchezza, compromettono i cicli di rigenerazione dell’eco-biosfera, con grave pregiudizio sulla prospettiva di vita
stessa dell’Uomo.
Nel periodo postbellico, il processo distruttivo degli ecosistemi e del
macro-ecosistema biosferico ha assunto ritmi crescenti e dimensioni catastrofiche.
Si arriva al Summit di Rio nel 1992 per porre all’esame di oltre 120 Capi
di Stato e di Governo e di delegazioni qualificate in rappresentanza di
quasi tutto il mondo sviluppato ed in via di sviluppo, il quadro patologico
del nostro Pianeta e per individuare insieme una valida prospettiva di risanamento ed un nuovo tipo di sviluppo sostenibile per l’Uomo.
Gli aspetti più gravi del quadro patologico presentato e discusso alla
conferenza per l’ambiente e lo sviluppo a Rio sono stati: l’inquinamento
dell’atmosfera, la distruzione delle foreste (in particolare quelle tropicali
ed equatoriali) e la desertificazione, la notevole crescita demografica e la
diminuzione delle risorse naturali disponibili.
Il CO2, biossido di carbonio o anidride carbonica, ha raggiunto concentrazioni eccessive e con il contributo di vari gas (NOX, CFC, CH4, ecc.)
rischia di far aumentare l’“effetto serra” e cioè il riscaldamento dell’aria,
per provocare come conseguenza ultima la fusione delle calotte polari e
quindi la sommersione di una parte dei continenti.
Il buco nello strato protettivo di ozono (O3) si allarga sull’Antartide e
recenti osservazioni hanno registrato un peggioramento anche nello strato protettivo sul Polo Artico.
Ogni anno, si verificano distruzioni di circa 15 milioni di ettari di foreste, in prevalenza foreste tropicali, con danni incalcolabili all’equilibrio
ecologico, con la cancellazione di vasti e irriproducibili archivi della natura, con modificazioni negative sul clima del Pianeta.
L’impoverimento delle varietà biologiche nel mondo va avanti al ritmo
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di quattro specie all’ora ed interessa, oltre gli insetti e i vegetali, anche gli
animali.
La desertificazione minaccia un terzo delle terre emerse e procede con
un ritmo di sei milioni di ettari all’anno.
Come si vede, è un quadro veramente catastrofico che evidenzia un
processo distruttivo della Natura, dei suoi equilibri, dei suoi cicli fisici, chimici, biologici, delle catene trofiche.
Per dirla con E. Morin, la società umana e la tecnosfera da essa generata stanno portando al limite di rottura «il grande Plurianello, costituito
da grandi cicli, da grandi catene, da anelli costituiti a loro volta da miliardi di mini-anelli che interagiscono e che retroagiscono fra loro».
Questo grande Plurianello, di natura energetica, di natura chimica,
sopratutto di natura vivente, è l’Anello della vita, è l’essenza della ecoorganizzazione nel macro-ecosistema biosfera, con la quale e nella quale
l’Uomo, tutti gli altri esseri viventi e le realtà geofisiche sono indissolubilmente legati.
L’attività dell’uomo, che si è svolta e si svolge su programmi tecnocratici, finalizzati ad obiettivi isolati e redditizi a breve termine, attuati con
tecnologie sempre più potenti e sovradeterminate dalla logica del profitto, dal gigantismo industriale e dall’eccesso di specializzazione, ha determinato e continua a determinare un impatto tecnologico-industriale sulla
biosfera che riesce a spezzarne le retroazioni regolatrici e a degradarne ed
impoverirne le eco-organizzazioni.
In altre parole, i guasti alla biosfera cominciano ad essere irreversibili;
le ferite inferte alla Natura non guariscono, perché i suoi biomeccanismi
non sono più in grado di risanare e rigenerare i tessuti vitali. Questo «processo di regressione - scrive E. Morin - stende la sua ombra mortale sulla
biosfera e quindi sull’umanità».
Occorre risanare la biosfera per salvare l’umanità.
Il processo di asservimento della Natura è arrivato ad un punto cruciale. L’Uomo è diventato l’asservitore globale della biosfera, ma si è ritrovato asservito.
Emerge così la coscienza ecologica: le prime reazioni di salvaguardia
ambientale nascono quando l’opinione pubblica, e non solo alcuni scienziati naturalisti, avverte che gli eccessi, i danni, le lesioni provocate dall’ir-
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Relazione fra gli sviluppi antropo-sociali, gli ecosistemi e la biosfera
ruzione della tecnologia alla Natura hanno avuto evidenti riflessi dannosi
nella società e nella vita ipertecnocratizzata degli individui. Questa presa
di coscienza della relazione ecologica sfocia in una presa di coscienza
antropo-sociologica che si pone il problema di una corretta collocazione
della sfera antropo-sociale nell’eco-biosfera e cioè dell’Uomo nella
Natura.
La risoluzione può essere data dalla scienza-coscienza ecologica.
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La scienza ecologica
La scienza ecologica ha la possibilità di affrontare adeguatamente il
problema, perché è una scienza nuova che, a differenza delle scienze classiche, che hanno separato i fenomeni (matematico, fisico, ecc.) per studiarli in modo specializzato, ha un approccio globale e sistemico.
Essa cerca di comprendere i biomeccanismi di regolazione, le leggi, la
struttura e le funzioni della Natura, nonché le retroazioni ed interazioni
che vi sono fra essa e ciascuno dei suoi elementi che la compongono quale
il genere umano.
La scienza ecologica è quella che ci ha fornito i mezzi per analizzare,
sia pur brevemente, gli ambienti come ecosistemi, il rapporto UomoNatura come asservimento della natura da parte dell’uomo, che finisce poi
col determinare l’asservimento dell’uomo da parte della natura; lo stato
attuale di questo reciproco asservimento fra antropo-socio e bio-eco e la
vastità dei danni provocati ad entrambi.
La scienza ecologica è quella che rende comprensibile e dimostra che
la vita e l’evoluzione della vita e anche la vita e l’evoluzione degli eco-sistemi.
Essa ci aiuta a liberarci di una mentalità semplicistica, riduttrice, per
ridare spessore e complessità al pensiero: il pensiero ecologico è complesso così come è un ecosistema sano ed equilibrato.
La scienza ecologica non è una disciplina specializzata, altrimenti si
avrebbe l’ecoriduzionismo e non un input al processo di formazione della
coscienza ecologica: essa studia e cerca di comprendere le interrelazioni
che esistono fra le entità fisiche (geologiche, chimiche, ecc.), le entità biologiche (vegetali, animali, insetti) ed entità antropo-sociali (comunità urbane, comunità rurali).
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Coscienza ecologica
Indubbiamente fra scienza ecologica e coscienza ecologica vi è un legame, quando si considera che questa nuova scienza nasce e si sviluppa in
contemporanea con il formarsi di una coscienza ecologica.
Del resto, il processo di retroazione e di interazione che è insito in tutti
i fenomeni della Natura (uomo compreso), sarebbe strano se non sussistesse anche nel rapporto Scienza Ecologica - Coscienza Ecologica. La
coscienza ecologica consiste nel prendere consapevolezza della degradazione della Natura, ma anche nel comprendere quali sono i nostri rapporti con la natura vivente.
La coscienza ecologica si rafforza con gli apporti di dati e di problematiche fornite dalla scienza ecologica ed a sua volta la coscienza stimola la
scienza a progredire ed a ricercare soluzioni, manifestando le sue inquietudini e ponendo le sue esigenze alla scienza.
È importante che la coscienza ecologica si crei e si approfondisca, coinvolgendo sempre di più la società, per diventare coscienza eco-antroposociale.
Quando tutti gli uomini avranno preso coscienza che la disorganizzazione della natura pone il problema dell’organizzazione della società, si
avrà una coscienza eco-politica che sicuramente darà origine ad un “movi-
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L’abbandono della collina e della montagna o meglio dell’ambiente
rurale da parte dell’uomo e la conseguente urbanizzazione ha determinato un grave squilibrio sociale, economico, fisico ed infine un impoverimento culturale dell’uomo e una precarietà di prospettive future.
In termini ecologici, l’ecosistema rurale e l’ecosistema urbano non
hanno più la loro complementarità organizzatrice di un tempo.
La logica del profitto e la mentalità del benessere materiale hanno creato questa rottura, che, come tale, non è stata compresa inizialmente, perché la scienza, quella classica, aveva indirizzi opposti a quelli della scienza
ecologica che si pone il problema della relazione fra l’umanità e la natura.
L’ecologia che entra nella complessità della auto-organizzazione , dell’eco-organizzazione, nello stesso rapporto internazionale dell’Autos e
dell’Oikos, ristabilisce necessariamente un rapporto fra Cultura e Natura
ed opera per la congiunzione fra Vita-Natura e Socio-Cultura.
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Relazione fra gli sviluppi antropo-sociali, gli ecosistemi e la biosfera
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mento” universale, in mille forme individuali e collettive, che potrà risolvere il problema della restaurazione e del rinnovamento della natura
vivente.
La coscienza ecologica e la scienza ecologica possono creare il nuovo
anello a spirale eco-bio-antropo-socio-logica e cioè «una natura nuova che
porta con sé la chiarificazione del principio di eco-organizzazione e del
principio dell’eco-autorelazione». (E. Morin)
Una natura nuova che si colloca anche in un contesto culturale, sociale e storico.
Il paradigma eco-bio <−> antropo-sociologico indica la strada da
seguire. Preso atto del collegamento fra la Natura e la Società, fra la
Natura e la Cultura e della constatazione che la eco-natura ha retroagito,
oltre che sulle nostre idee e convinzioni, anche sui processi economici,
sociali e politici, è necessario riconsiderare i problemi basilari esistenti ed
individuare la linea-guida da seguire per ricreare una prospettiva positiva
all’Umanità ed alla Natura.
Brevemente essi sono: il problema della qualità della vita, dell’idea di
progresso e di sviluppo, della tecnologia.
La società umana non può continuare a perseguire gli attuali obiettivi
di sola crescita economica, di soddisfacimento di desideri materiali ed
edonistici, il cui soddisfacimento stimola l’insorgenza di altri più numerosi in circolo vizioso senza fine, col risultato di determinare vuoti di valori, crisi di coscienza, distruzione di prospettive, forme radicali e virulenti
di vita o forme sfumate e banali.
Questo processo che si alimenta col prelievo o meglio col saccheggio
delle risorse naturali, con i mezzi sempre più potenti della tecnologia,
figlia di una scienza disumanizzata, ha determinato un tipo di sviluppo e
di progresso basato esclusivamente su parametri quantitativi, che necessariamente bisogna modificare, per evitare che i suoi effetti nocivi rompano
definitivamente ed irreversibilmente il rapporto Uomo-Natura.
La linea da seguire è quella di ritrovare la Natura, di mettere in relazione con essa tutti i nostri problemi umani ed esistenziali; quindi di sviluppare la cultura, la civiltà, la società.
Infatti Schumacher fa rilevare che l’inquinamento non è solo un problema tecnico e quindi non si risolve col ricorso a tecnologie “dolci”,
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Relazione fra gli sviluppi antropo-sociali, gli ecosistemi e la biosfera
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“pulite” e disinquinanti.
Bisogna rinunciare al progetto di conquistare e di asservire la natura ed
adottare l’altro che ha alla base l’idea complessa: seguire la natura, guidare la natura e nel contempo essere seguiti dalla natura, essere guidati dalla
natura.
Così l’uomo può contribuire all’eco-evoluzione col suo pensiero, con la
sua strategia, con la sua coscienza e cultura.
I sub-obiettivi del progetto nuovo devono essere: la sostituzione della
felicità consumistica con la felicità interpersonale; la rinuncia ad un progresso quantitativo per conseguire il progresso qualitativo; la sostituzione
della concezione del possedere con quella del condividere.
Occorre un Uomo di qualità ed una sintonia nuova Uomo-Natura,
basata sull’amore e sul rispetto, sulla riscoperta della “corporeità” umana
vincolata al mondo.
Così potrà costruirsi la nuova prospettiva.
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