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CONSIGLIO REGIONALE
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di: Alfonsina Russo
L’età arcaica
I SITI
L’ insediamento daunio di Melfi
Il territorio di Melfi rappresenta uno dei comparti più significativi della Daunia interna. In quest’area durante l’età arcaica (VII-VI secolo a. C.) sono ubicati tre insediamenti di particolare importanza, che definiscono un’occupazione del territorio estremamente articolata e condizionata dalla necessità di controllo
delle vie di comunicazione antiche. Il primo di questi insediamenti (contrada Chiuchiari) è ubicato nell’area
del centro medioevale di Melfi e si caratterizza come insediamento di collina, esteso circa 45 ettari.
Il secondo (in contrada Pisciolo) si trova a mezza costa in prossimità di un guado, nel punto in cui il fiume
Ofanto attraversa colline dalle pendici scoscese. L’importanza del territorio di Melfi nei percorsi della
transumanza e, più in generale, negli itinerari di collegamento tra Tirreno, Adriatico e Ionio, con le valli dei
fiumi Ofanto, Sele e Bradano, giustifica la scelta di tale ubicazione.
L’insediamento di contrada Leonessa, infine, collocato in prossimità della riva destra del medio corso
dell’Ofanto, sembra testimoniare la volontà di utilizzare in modo produttivo una delle poche zone di pianura presenti a sud del Tavoliere.
Non esistono, al momento, testimonianze
precise in merito alle forme di strutturazione
degli abitati. Se nel caso dell’insediamento
di Chiuchiari, la causa è da ricercare nella
sovrapposizione del centro medioevale di
Melfi, negli altri casi l’ipotesi più verosimile
è che siano state individuate esclusivamente aree definite di necropoli nell’ambito di
un’organizzazione per nuclei sparsi di tipo
apulo. L’unica struttura abitativa interamente esplorata è una capanna a pianta circolare, di piccole dimensioni (circa 15 mq.),
con piccolo portico antistante rinvenuta in Melfi, Chiuchiari. Tomba F. Disegno di elmo in bronzo con cinghiali affrontati
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località Pisciolo, mentre dall’insediamento di Leonessa provengono alcune antefisse del V secolo a. C. di tipo etrusco-campano. Queste, utilizzate quale elemento di decorazione del tetto
di edifici dotati di una certa monumentalità, documentano le
relazioni di questi territori della Daunia, attraverso la valle
dell’Ofanto, con i centri etruschi della Campania (in primo luogo, Capua) e sembrano altresì testimoniare la presenza di edifici palaziali, non più conservati, del tutto simili a quelli rinvenuti
a Lavello.
In tutti i siti in cui si articola la presenza daunia a Melfi i
Melfi, Chiuchiari. Tomba F. Disegno di ansa di vaso
rinvenimenti più significativi riguardano l’esplorazione di in bronzo
necropoli anche estese, tutte caratterizzate da sepolture a inumazione con scheletro deposto, secondo la
tradizione apula, in posizione rannicchiata all’interno di una fossa terragna. Eccezionale è il rinvenimento,
nella necropoli del Pisciolo, di due sepolture principesche del tipo a cassa di lastroni di pietra, così come
la scoperta, a Melfi-Leonessa, di un frammento di stele figurata, che, secondo un uso particolarmente
attestato nella Daunia costiera, aveva la funzione di segnalare il luogo di sepoltura di personaggi di rango
elevato.
L’esame complessivo delle necropoli permette di delineare l’esistenza di comunità ai cui vertici si collocano gruppi familiari élitari, inseriti in un complesso sistema di scambi che comprende, oltre ai centri della
Daunia costiera (Canosa), le colonie greche dello Ionio (in primo luogo di Metaponto) e del Tirreno
(Poseidonia), i centri etruschi della Campania. Da quegli ambiti culturali provengono raffinati beni di prestigio rinvenuti nei loro corredi funerari; simboli di potere che, anche al momento della morte, il gruppo
intende riaffermare. Elementi di armature
in bronzo (elmi di tipo apulo-corinzio prodotti in Italia meridionale, schinieri, scudi)
connotano, anche in questo caso, la volontà dei guerrieri dauni di armarsi, alla fine
del VI secolo a. C., alla maniera degli aristocratici greci. La presenza di carri, anche in sepolture prive di armi, sembra essere più che altro identificativa di un rango
privilegiato. La condizione femminile è testimoniata dal rinvenimento di raffinati
monili in argento, oro e ambra, oltre di
candelabri in bronzo. Questi ultimi sembrano documentare la partecipazione della donna al momento centrale che identifica l’appartenenza ad un gruppo aristocratico: il banchetto con carni arrostite e bolMelfi, Chiuchiari. Tomba F. Candelabro in bronzo
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lite seguito dal consumo comunitario del vino (rituale che
i Greci chiamavano simposio e dal quale per ragioni di
ordine morale le donne sono escluse). Nelle stesse
necropoli preziosi vasi e strumenti in bronzo di produzione sia greca che etrusco-campana (bacili, tripodi, brocche da vino, colini) confermano la celebrazione di questi
incontri conviviali all’interno dei gruppi familiari dominanMelfi, Pisciolo. Tomba 48. Fermatrecce in oro
ti. Nella seconda metà del V secolo a. C. si registra una
ulteriore modificazione nel costume funerario, quanto meno nel caso di una coppia di personaggi al vertice
della comunità di Melfi-Pisciolo, sepolti, con i loro ornamenti preziosi, all’interno di monumentali casse di
pietra, mentre gli altri oggetti di corredo (in primo luogo le ceramiche sia daunie che attiche a figure rosse)
e i vasi in bronzo per il banchetto e per il simposio erano deposti, all’esterno entro grandi fosse. Gli
elementi ideologicamente più innovativi sono individuabili, in ogni caso, nel corredo maschile. In questo
contesto, allo scarso rilievo attribuito alla condizione guerriera (unica arma presente è una punta di lancia)
si contrappone la presenza di numerose fibule in argento, di fermatrecce in oro, di ambre figurate: ornamenti preziosi che identificano nel lusso, e non più nella guerra, i nuovi simboli del potere.
A distanza di pochi decenni si registra anche in quest’area l’arrivo di gruppi di origine osco-sannita che
modificano le forme di occupazione del territorio di Melfi. Vengono abbandonati i precedenti siti, mentre a
partire al secondo quarto del IV secolo a.C., si sviluppano due nuclei insediativi ubicati rispettivamente
sulle colline di Valleverde e Cappuccini (alla periferia dell’abitato
moderno), di cui si sono individuate le necropoli.
Le sepolture di località Valleverde sono del tipo a camera, disposte
allineate lungo i pendii di un ampio pianoro. L’aspetto è monumentale
con un ampio corridoio d’ingresso che conduce alla porta della camera, che in alcuni casi doveva essere di legno dcorata da borchie
in bronzo. All’interno sono ricavati nella roccia uno o due letti funebri, corredati talora da cuscino appena sbozzato; le pareti talvolta
recano segni di intonaco rosso e nero. Per i bambini, invece la sepoltura prevista è del tipo a semplice fossa. I defunti non sono più
collocati nella consueta posizione rannicchiata, come il costume delle
genti di stirpe apula, ma ma supina. Il nuovo rito di deposizione,
associato alla scelta di insediamenti in zone mai occupate precedentemente, dimostra un brusco cambiamento da attribuire, probabilmente, all’infiltrazione di gruppi sanniti provenienti dalle zone
montuose del Molise che rompono i vecchi equilibri. L’elemento
socialmente discrimionate risulta essere la monumen,talità della tomba piuttosto che il corredo funerario. Quest’ultimo infatti, nella prima metà del IV secolo a.C., si presenta piuttosto povero, incentraMelfi, Leonessa. Tomba 6. Pendaglio
to sull’olla con il relativo attingitoio, forse per purificare con aqua il antropomorfo in bronzo.
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defunto, con l’asociazione
di forme per contenerebere e per versare, oltre a
vasi singoli per unfuenti.
Melfi, Cappuccini. Tomba C. Diadema in argento
Dopo la metà del IV secolo a.C., l’olla scompare. I corredi femminili sono caratterizzati dalle presenza di pesi da telaio e dal
candelabro in piombo, con funzione simbolica; le sepolture maschili sono invece caratterizzate dallo strigile,
strumento per detergere il corpo con unguenti, dal cinturone in lamina rettangolare in bronzo con ganci a
palmetta applicata o a corpo di cicala e da un’arma da getto, come la lancia. Tra gli oggetti di lusso,
compaiono ornamenti preziosi, quali fibule in argento, talvolta con arco rivestito in ambra a figura di leoncino,
anelli con sigillo associati a ceramiche a figure rosse di produzione apula e a vasi sovraddipinti.
Ai primi decenni del III secolo a.C. risale solo un piccolo nucleo di sepolture con corredi molto più
semplici e pìoveri, spesso composti solo da una coppa e da un unguentario. Come nel secolo precedente,
le tombe femminili sono segnate dalpeso da telaio e quello maschili dalla lancia o lo strigile.
L’altra necropoli, in contrada Cappuccini, è caratterizzata da tombe a fossa del tipo alla cappuccina e solo
in qualche raro caso , a camera. I corredi, piuttosto modesti, si compongono di due o, al massimo, tre
pezzi: l’olla rituale, l’olpetta e la coppa. L’unico esemplare di vaso figurato, proviene, nona caso, da una
tomba a camera. Solo sporadicamente sono presenti prodotti di lusso, quali un gruppo di ambre, databile
nella prima metà del IV secolo a.C. e un diadema in argento.
Queste due comunità sembrano scomparire nei primi decenni del III secolo a.C. e la zona sembra essere
spopolata. La causa di tale fenomeno è con ogni probabilità la deduzione della colonia di Venosa da parte
dei Romani nel 291 a.C. La vita riprende poi a Valleverde, nel I secolo a.C., con la presenza di un piccolo
agglomerato rurale con l’annessa necropoli, le cui tombe hanno restituito vaasellame in voga all’epoca di
Augusto, come la sigillata italica, contenitori per olii e unguenti, lucerne e, in un sol caso, è attestata anche
una moneta con il nome del magistrato monetale, forse un Minucius.
Un unico corredo, di età giulio claudia (I secolo a.C. - I secolo d.C.) è sicuramente maschile, per la
presenza di due giavellotti associati a vasi potori ed una serie di unguentari in vetro, una pedina da gioco
in pasta vitrea. L’ultima attestazione di vita è una sepoltura femminile di età flavia (tardo I secolo d.C.) con
uno specchio con manico a forma di foglia lanceolata e con una teca per contenere oggetti per il trucco.
PER SAPERNE DI PIÙ:
Popoli Anellenici in Basilicata (catalogo della mostra), Napoli 1971.
D. ADAMESTEANU, La Basilicata antica, Cava dei Tirreni 1974.
AA.VV., Attività Archeologica in Basilicata, Matera 1980, pp. 320-321.
AA.VV., Italici in Magna Grecia, Venosa 1990, p. 79.
M.Tagliente, La Basilicata centro-settentrionale in età arcaica, in Storia della Basilicata. 1. L’Antichità (a cura di
D.Adamesteanu), Roma - Bari 1999, pp. 391-418.
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FONTI ICONOGRAFICHE:
D. ADAMESTEANU, La Basilicata antica, Cava dei Tirreni 1974.
Popoli Anellenici in Basilicata (catalogo della mostra), Napoli 1971.
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