Programma e guida all`ascolto - Digilander

W. A Mozart
REQUIEM KV 626
Associazione “Studium Canticum”
Associazione Musicale “Accademia”
Comune di Cagliari - Assessorato alla Cultura
in collaborazione con:
Conservatorio di Musica di Cagliari
Agenzia Musicale “Clair de lune”
con il patrocinio di:
SILF - Società Italiana Leasing e Finanziamenti S.p.a.
W. A. Mozart
REQUIEM KV 626
Orchestra da Camera “Accademia”
Studium Canticum
Soprano: Beatrice Murtas
Alto: Sara Lasio
Tenore: Fiorenzo Tornincasa
Basso: Alessandro Frabotta
Maestro del Coro: Stefania Pineider
Direttore: Ettore Carta
Direzione Artistica: Ettore Carta e Stefania Pineider
Sabato 29 Marzo 2003, ore 21.15
Chiesa di S. Francesco di Paola
via Roma, Cagliari
Ingresso libero
Programma
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
REQUIEM in re minore KV 626
per soli, coro e orchestra
(versione completata da Franz Xavier Süssmayr)
I. INTROITUS
Requiem (Mozart)
II. KYRIE (Mozart)
III. SEQUENTIA
1. Dies irae (Mozart e Süssmayr)
2. Tuba mirum (Mozart e Süssmayr)
3. Rex tremendae (Mozart e Süssmayr)
4. Recordare (Mozart e Süssmayr)
5. Confutatis (Mozart e Süssmayr)
6. Lacrimosa (Mozart e Süssmayr)
IV. OFFERTORIUM
1. Domine Jesu (Mozart e Süssmayr)
2. Hostias (Mozart e Süssmayr)
V. SANCTUS (Süssmayr)
VI. BENEDICTUS (Süssmayr)
VII. AGNUS DEI (Süssmayr)
VIII. COMMUNIO
Lux aeterna (Süssmayr da Introitus e Kyrie di Mozart)
Ettore Carta
Nato a Cagliari, è Compositore e Direttore d'Orchestra. Si è diplomato al Conservatorio
della sua città in Composizione (con F. Oppo) e Musica Corale e Direzione di Coro (con A.
Guaragna) e, presso quello de L'Aquila, in Direzione d'Orchestra (con N. Samale). Inoltre
ha conseguito, all'Accademia di S. Cecilia di Roma, il diploma del Corso di
Perfezionamento in Composizione (con F. Donatoni). Ha studiato Musica Elettronica con
N. Bernardini. Si è perfezionato in Direzione d'Orchestra con P. Maag, J. Kalmar, F. Nagy,
M. Atzmon, N. Samale, F. La Vecchia. Attualmente svolge la sua attività di ricerca e
composizione sia con sistemi informatici personali che presso vari centri di musica
elettronica. Nel 1991 ha vinto la Borsa di Studio per Compositori della Regione Sardegna.
Ha partecipato a convegni e seminari con contributi teorici e composizioni e realizzato per
la R.A.I. un programma radiofonico sulla musica contemporanea. Ha collaborato con le
riviste "Computer Music", "Studio Report" e "Midi Songs" e i trimestrali "Sonus - Materiali
per la musica contemporanea", "Nautilus - Viaggi nella filosofia dell'ambiente" e "Nuove
dimensioni musicali". E' fondatore e Direttore Principale dell'Orchestra da Camera della
Sardegna e dell'Orchestra "Accademia", con le quali si occupa prevalentemente del
genere sinfonico-corale, da cui le recenti esecuzioni del Gloria di A. Vivaldi (che ha diretto
al Teatro Comunale di Cagliari e in prestigiosi eventi come il "Concerto di Pasqua",
teletrasmesso da Videolina) e della Missa Longa KV 262 di Mozart per soli, coro e
orchestra. E' stato direttore artistico, consulente musicale e ideatore di numerose e
prestigiose manifestazioni (musica, teatro, poesia, video, arti visive, multimedialità ecc.)
che hanno riscosso notevole successo di pubblico e di critica. Sue composizioni (la
maggior parte delle quali pubblicate dalle case editrici Edipan, Agenda e Neopoiesis) sono
state eseguite in concerti e festival e radiotrasmesse in Italia e all'estero. Alcune di esse
sono incise su Compact Disc da Cronos e da Spaziomusica. E' autore di composizioni
sinfoniche, da camera, elettroniche e per balletto.
Studium Canticum
A seguito di una lunga riflessione sulla identità artistica del coro, il Coro Polifonico
Francescano ha deciso di mutare la sua denominazione in Studium Canticum. Con questo
nuovo nome oggi si presenta al pubblico per la prima volta.
Studium Canticum (ex Coro Polifonico Francescano) inizia la propria attività artistica nel
1995. Dalla sua costituzione ad oggi, nel quadro di una costante attività di formazione, si
distingue per la importante attività sinfonico-corale, un aspetto tra i più significativi della
sua ricerca intesa a sperimentare le possibili interazioni fra diverse espressioni dell'arte.
Molto apprezzate sono state le produzioni dedicate al repertorio sinfonico-corale, tra cui le
diverse esecuzioni del Credo e del Gloria di A. Vivaldi per soli, coro e orchestra (con cui
ha partecipato ad eventi come il "Concerto di Pasqua", teletrasmesso da Videolina, e il
"Concerto per l'Alzheimer" al Teatro Comunale di Cagliari) e della Missa Longa KV 262 di
Mozart per soli, coro e orchestra.
Con l'intento di approfondire uno specifico interesse per il dialogo fra le arti, il coro ha
realizzato diversi spettacoli fra cui si ricordano l’appuntamento natalizio Christmas Carols,
la collaborazione con Tino Petilli che è confluita ne Le parole della musica e lo spettacolo
Omaggio a Gramsci, con il laboratorio teatrale de Il crogiuolo.
Ha partecipato alla realizzazione degli spettacoli multimediali Hortus Artis ("museo
all'aperto" dedicato a tutte le Arti, dove il tema Natura e Artificio è stato affrontato
attraverso molteplici linguaggi - musica, teatro, poesia, video, arti visive) e Fantasmi di
Bronzo (azione scenica incentrata sul mitico passato della Sardegna realizzata tramite
l'aggregazione delle immagini ai suoni e alle coreografie).
Nel maggio 2001, ha cantato in occasione della inaugurazione del Castello di San Michele
a Cagliari nell'ambito della manifestazione Monumenti Aperti, inaugurando una
partecipazione tuttora ininterrotta (S. Maria del Monte 2002).
Allo scopo di promuovere l'incontro fra i differenti mondi della musica sia corale sia
strumentale, dal novembre 2002 il coro organizza, inoltre, la rassegna intitolata
Rappresentazione di anima e corpo: musiche sacre e profane a S. Maria del Monte, dove
il luogo prescelto sintetizza, per la sua storia, la feconda commistione delle due sfere.
Il coro ha svolto contemporaneamente una intensa attività concertistica nei più importanti
festival musicali della Sardegna improntata alla versatilità del repertorio: dal rinascimentale
(sacro e profano), al contemporaneo, alla musica popolare afro-americana, con una
particolare attenzione alle pagine del patrimonio musicale della propria terra. A riguardo di
tale attività è stato detto (La Nuova Sardegna, 27 dicembre 2000): "l'ensemble vocale
cagliaritano è considerato, per l'eccellente qualità delle voci, per l'ottima intonazione e per
la raffinata timbrica, uno dei gruppi di maggiore prestigio della scena musicale isolana".
Con programmi corali di tipo antologico ha inoltre preso parte più volte ai Concerti di
Natale e Pasqua teletrasmessi da Videolina e Sardegna 1. Ha partecipato in
rappresentanza della Sardegna al XIX Festival Internazionale di Cantonigròs (Barcellona)
che si è tenuto nel luglio 2001, esibendosi con concerti nella regione.
Il coro, che è associato alla Federazione Regionale Sarda Associazioni Corali, ha fra i suoi
obiettivi primari il contribuire allo sviluppo della polifonia sia sotto il profilo culturale che
didattico. A tale riguardo esso esprime un costante impegno all'aggiornamento
concretizzatosi nella partecipazione ad un seminario su interpretazione e vocalità
cinquecentesca tenuto da Giovanni Acciai e a diversi corsi tra cui quelli tenuti dalla
direttrice dei Madrigal Singers, Andrea Veneracion, e da Pier Paolo Scattolin cui il coro,
per il triennio 2000-2002, ha preso parte in qualità di coro-laboratorio.
L'ensemble è diretto da Stefania Pineider che cura la scelta e la concertazione dei brani. Il
lavoro sulla vocalità è affidato a Franca Devinu. Il direttore artistico è Ettore Carta.
Orchestra da Camera “Accademia”
Violini I: Attilio Motzo, Francesco Pilia, Luisa Floris, Matteo Amat; Violini II: Giorgio Sanna,
Barbara Simoni, Monica Orofino; Viole: Manuela Giovannini, Giorgio Musio; Violoncelli:
Fabrizio Meloni, Fabio Mureddu; Contrabbasso: Francesco Sergi; Corni di bassetto:
Renzo Marroccu, Pasquale Iriu; Fagotti: Alessandro Mura, Stefano Paderi; Trombe:
Giorgio Baggiani, Matteo Cogoni; Tromboni: Fabrizio Pittau, Massimiliano Coni, Enrico
Sanneris; Timpani: Stefano Tedesco; Organo: Emilio Capalbo
Studium Canticum
Soprani: Cristina Aresu, Roberta Aresu, Paola Casula, Giorgia Gottardi, Giuseppina Loria,
Gabriela Lussu, Maura Marongiu, Anna Murgia, Marinella Podda, Elisabetta Todde, Stella
Tuveri; Contralti: Marta Catalano, Anna De Campus, Susanna Galasso, Rosalba
Marongiu, Roberta Pisanu, Anna Rita Porcu, Shara Rocchigiani, Sabrina Scano,
Elisabetta Secci, Susanna Zaccolo; Tenori: Giorgio Deidda, Alberto Massidda, Massimo
Pinna, Eugenio Pitzalis, Stefano Porcu, Alessandro Salis, Enrico Travaglione; Bassi: Piero
Addis, Corrado Curreli, Andrea Macis, Andrea Moi, Walter Stracuzzi, Massimo Vacca
GUIDA ALL'ASCOLTO
a cura di Piero Leone
Requiem in re minore K. 626
La Messa da Requiem, "missa pro defunctis", viene chiamata normalmente
'Requiem' dal nome del suo primo brano. E' un genere di musica sacra che coincide solo
parzialmente con quello della 'Messa': c’è il Kyrie, ma é preceduto, appunto, da un
Requiem. Seguono: Dies irae, Domine Jesu e Hostias . Mancano Gloria e Credo, e alla
fine, dopo il Sanctus e il Benedictus, l’insieme si conclude con il Lux aeterna.
Il Requiem in re minore K. 626 é l'ultima opera di Mozart e non fu terminata da lui. A
proposito dell'anonimo committente si sono confezionate varie leggende. Nella presentazione (anonima) del Requiem nell'edizione discografica della 'Deutsche Grammophon
diretta da Karajan, i fatti sono esposti nel seguente modo:
Il misterioso visitatore commissiona una 'Messa di Requiem' che deve rimanere
segreta; il compenso sarà di cento ducati. La metà di questa somma, che qualcuno vuole
più alta, sarà consegnata all'accettazione dell'incarico e lo sconosciuto sparisce
silenziosamente.
Mozart, turbato, ravvisa nell'individuo spettrale il diavolo e nella 'Messa di Requiem'
che deve comporre, il canto funebre destinato a se stesso.
Le cose in realtà stanno diversamente, anche se la vera storia non é priva di
interesse.
Sembra che il conte Walsegg, nobile austriaco, volesse un 'Requiem' per la
funzione in suffragio della sposa, recentemente scomparsa.
Musicista dilettante, Walsegg aveva pensato di incaricare un compositore di fama
per questo lavoro, che egli avrebbe poi provveduto a far passare come suo nella cerchia
dei propri conoscenti. In quel momento, Mozart stava lavorando alla 'Piccola cantata
massonica' (K. 623), all'opera seria 'La clemenza di Tito' e al 'Singspiel' 'Il flauto magico'.
Le forze gli venivano a mancare e il suo stato di prostrazione fisica, causato dagli
eccessivi ritmi di lavoro impostisi sin dall'infanzia fragile e precoce, era tale da
preannunciargli una prossima fine. Fantasticando intorno al tema della commissione, iniziò
a lavorare sul 'Requiem', interrompendosi frequentemente. Prima di morire, riuscì a
terminare le due opere e la 'Musica funebre massonica', senza però concludere il 'Requiem'. Costanza, la vedova, incaricò allora Süssmayr1, il fedele discepolo, di portarlo a
termine, per poter incassare il compenso. <Secondo un'altra versione, però, l'apporto di
Süssmayr sarebbe stato secondario, mentre sarebbe di un altro musicista il grosso del
lavoro di completamento, sulla base degli appunti lasciati da Mozart>. Il vero problema,
nell'esame del 'Requiem', consiste nel riconoscere le parti composte da Mozart nella
versione integrata e pubblicata dal discepolo.
Sembra accertato che l'originale sia in due fascicoli conservati alla Hofbibliotek di
Vienna.
Esaminando il tipo di carta usata, il numero di pentagrammi presenti in ogni foglio,
le chiavi collocate a sinistra e la scrittura, si può determinare, con relativa precisione,
l'attribuzione dei frammenti. Probabilmente, il 25 agosto 1791 Mozart terminò l''Introitus', il
'Kyrie' e la prima metà della 'Sequentia' <cioè del 'Dies irae'>, sino al 'Recordare';
'Lacrymosa', 'Domine Jesu' e 'Hostias' potrebbero essere stati scritti a settembre. Talune
1 Franz-Xaver Süssmayr nacque nel 1766; era quindi di 10 anni più giovane di Mozart. Si trasferisce a Vienna nel 1788. Conosce Mozart, diventa suo
allievo e collaboratore. Dopo la morte di Mozart, studia lo stile vocale con Salieri e scrive diverse opere liriche. Muore nel 1803.
di queste parti potrebbero, tuttavia, essere state rivedute e rimaneggiate dal discepolo
Süssmayr.
Le sole parti che possono essere imputate con certezza a Mozart sono quelle
riguardanti il coro a quattro voci e il basso cifrato di tutta l'opera.
Süssmayr, infatti, imbevuto com'era dello stile del maestro, era capace di imitarlo
tanto nella linea melodica come nell'armonia. Era anche logico che, date le circostanze,
facesse di tutto per far apparire che l'opera fosse interamente del maestro. A ogni modo,
dopo così tanto tempo e dopo che tanto si é scritto, nessuna delle teorie formulate é stata
mai accertata.
Nel film 'Amadeus', Mozart morente appare nell'atto di dettare le note del numero 6
('Confutatis'), invece forse era il n. 7 'Lacrymosa' quello che stava scrivendo sul letto di
morte (a parte il fatto che quel film non ha alcun rigore storico). Probabilmente la parte
composta da Mozart si conclude con l’ottava battuta del Lacrymosa.
Esiste una versione diversa di questo 'Requiem', in cui tra il n. 6 e il n. 7 si trova un
brano solistico. Nella nostra esecuzione questo brano non c'é.
Insomma, nonostante il mistero permanga, si può dire che il grosso dell'opera
appartiene - almeno nelle linee essenziali - a Mozart: "Sono interamente di Mozart l'inizio
(Requiem) e il Kyrie. Il Dies irae, Tuba, Rex, Recordare e Confutatis sono principalmente
di Mozart. L'orchestrazione é di Süssmayr. Il 'Lacrimosa' é stato abbozzato da Mozart, che
ha scritto anche le parti vocali del 'Domine Jesu' e dell''Hostias': Süssmayr é l'autore
dell'orchestrazione. Il 'Sanctus', il 'Benedictus' e l''Agnus Dei' sono interamente di
Süssmayr. Non abbiamo alcuna traccia di un qualunque progetto di Mozart su questi
brani. Ma nulla prova che non ce ne siano stati". Inoltre l'ultima parte dell'ultimo numero (il
12, "Agnus Dei", cioè il "Lux aeterna") riprende, con pochissime varianti dovute al diverso
testo, la musica del primo numero, cioè del 'Requiem'. Anche se nella parte non scritta da
Mozart si nota una qualità minore, bisogna ammettere che il discepolo si é comportato
bene e si é rivelato abbastanza all'altezza del compito. Scrive a questo proposito l'autore
del programma di sala del concerto di Ginevra del 1989 menzionato in nota: "... Süssmayr
conosceva così bene lo stile del suo maestro che né l'auditorio né il musicologo sentono
veramente una rottura tra quello che é di Mozart e quello che é di Süssmayr. Il
'Benedictus' é particolarmente ben riuscito. Süssmayr ha avuto la saggezza di riprendere
la musica dei due primi brani alla fine. Così, il 'Requiem' termina con musica di Mozart
stesso. Insomma, Süssmayr ha contribuito a fare dell'insieme dell'opera uno dei più grandi
monumenti della musica. Che paradosso! L'opera più popolare di Mozart, il suo 'Requiem',
non é la sua ultima opera2 e non é interamente sua! Un grande teologo protestante
tedesco ha scritto una piccola opera su Mozart, da cui estrapoliamo le seguenti righe:
"Devo riconoscere che, se dovessi mai andare in cielo, mi informerei anzitutto di Mozart e
solo dopo di S. Agostino, S. Tommaso, Lutero, Calvino e Schleiermacher ... Non sono
sicuro che gli angeli, quando stanno glorificando Dio, suonano musica di Bach; sono certo,
invece, che quando sono tra di loro, suonano Mozart, e che a Dio piace molto allora
ascoltarli."
N. 1. Requiem (8' 28'')3 (coro, soprano)
Testo:
2 L'ultima opera da lui terminata é invece "L'elogio dell'amicizia”, KV 623, chiamato anche “piccola cantata massonica”.
3 Le durate dei singoli pezzi qui indicate sono quelle dell'edizione discografica diretta da Herbert von Karajan, della Deutsche Grammophon, sigla
428
302-2.
Requiem aeternam dona eis domine, et lux perpetua luceat eis. Te decet hymnus,
Deus in Sion, et tibi reddetur votum in Jerusalem; exaudi orationem meam, ad te
omnis caro veniet. Kyrie eleison, Christe eleison.
Traduzione:
La pace eterna dona loro, o Signore, e che la luce eterna splenda per loro. A
te si addice l'inno, Dio di Sion, e a te sia fatto voto in Gerusalemme; esaudisci la mia
preghiera, a te verrà ogni carne. Signore, abbi pietà, Cristo, abbi pietà di me.
Commento:
In 'adagio' l'orchestra intona una melodia mesta, in cui spiccano subito i suoni cupi
e morbidi dei corni di bassetto4, che costituiscono la caratteristica strumentale dell'opera, e
che Mozart utilizzava particolarmente nelle musiche funebri o in quelle massoniche. Una
cadenza5 prepara l'ingresso del coro. I bassi, seguiti, nell'ordine, da tenori, contralti e
soprani, intonano la melodia principale con un procedimento di imitazione, che rende il
brano un 'fugato': come nella fuga, ogni voce inizia con una nota che sta a distanza di una
quinta dalla voce precedente; ma non è propriamente una fuga, perché manca il
'controsoggetto' (ovvero il secondo tema della fuga), e la melodia cambia un po' da un
gruppo all'altro. Dopo poche battute si abbandona questo procedimento polifonico
adottando un andamento omofonico6 sulle parole "et lux perpetua".
Due battute di orchestra (in cui si può notare un'anticipazione del controsoggetto
del secondo fugato) preparano l'intervento del soprano solista sulle parole "Te decet
hymnus ...". Il coro ritorna sulla declamazione "Exaudi orationem meam ...". Poi l'orchestra
riprende, con qualche variante, il tema iniziale e dà l'avvio al nuovo fugato, che, più del
primo, assomiglia ad una fuga vera e propria, perchè dispone anche del 'controsoggetto',
ma non lo è del tutto, perchè il tema principale non si presenta in tutte le voci. I bassi
cominciano allo stesso modo in cui avevano cominciato il loro primo intervento, ma i
contralti, sulle parole "dona eis requiem" propongono il controsoggetto che era già stato
accennato dall'orchestra.
Questo secondo fugato si conclude con qualche battuta lenta, e per un attimo tutto
il coro si ferma su una corona7. Subito dopo, parte la prima fuga vera e propria, sulle
parole 'Kyrie eleison'. Il tema, molto incisivo ed energico, é quasi uguale a quello del "Sicut
erat" del "Magnificat" di Carl Philipp Emanuel Bach (uno dei figli di Giovanni Sebastiano)8,
che il coro del CIMA ha eseguito qualche anno fa.9
Al 'soggetto' proposto dai bassi i contralti rispondono col controsoggetto sulle parole
"Christe eleison". Non vale la pena di descrivere la fuga. Meglio godersi l'intreccio
indiavolato delle voci e il ricorrente riapparire del tema, contrappuntato dall'irrequieto
controsoggetto. Una fermata di tutti su una corona con accordo dissonante annuncia la
declamatoria conclusione. Ma non c'è riposo, non c'è pausa. Inizia subito il terribile:
4 Si tratta di uno strumento, di uso piuttosto raro, della famiglia del clarinetto, dal timbro particolarmente caldo e cupo. Il Requiem di Mozart è una
delle rare composizioni per cui è previsto l'uso di questo strumento. Siccome è di difficile reperimento ed è anche difficile trovarne gli esecutori,
spesso (e anche in questa esecuzione del CIMA) viene sostituito dal clarinetto contralto in mi bemolle.
5 Per 'cadenza' si intendono cose diverse: qui il termine sta a indicare la successione di accordi che riafferma la tonalità dominante o riporta ad essa.
6 Omofonico viene chiamato un brano musicale in cui tutte le voci seguono lo stesso ritmo.
7 Per 'corona' o 'punto coronato' si intende un prolungamento ad libitum di una nota in modo da introdurre un elemento di sospensione o di riposo.
8 Per l'esattezza il tema di C. Ph. E. Bach é: la, la, fa diesis, si naturale, do diesis, re, sol, mentre quello di Mozart é: la, la, fa naturale, si bemolle, do
diesis, re, mi. Trascurando le diverse lunghezze delle note, l'unica differenza importante - a parte la conclusione - é che il tema di C. Ph. E. Bach è
in re
maggiore, quello di Mozart in re minore. Comunque l'elaborazione del tema è molto diversa nelle due composizioni.
9 Questo non vuol dire che Mozart sia un plagiatore sia perché allora l'etica del 'non-plagio' era meno rigorosa di oggi, sia perché si tratta di un tema
di
fuga molto tipico, per cui due temi molto simili potevano venire in mente a due compositori diversi, indipendentemente.
N. 2. Dies irae (1' 51'') (coro)
Il "Dies irae" occupa diversi brani del "Requiem", dal n. 2 al n. 7 compresi. Il testo é
di Tommaso da Celano (1200-1260 circa). Qui, in senso ristretto, chiamiamo "Dies irae" la
parte iniziale di questo brano.
Testo:
Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla, teste David cum Sybilla. Quantus
tremor est futurus, quando Judex est venturus, cuncta stricte discussurus.
Traduzione10:
Giorno dell'ira quel giorno: il mondo si dissolverà in cenere, come predissero
Davide e la Sibilla. Che gran terrore vi sarà allora, quando verrà il Giudice e tutto
rigorosamente giudicherà.
Commento:
Violento, terribile, come il testo. Di melodia ce n'é poca. L'effetto sta tutto nelle
armonie, nei giochi sonori, nella concitazione del ritmo, e nei minacciosi commenti
dell'orchestra. Ci sono quattro interventi prevalentemente omofonici del coro, intervallati
ogni volta da un paio di battute di sola orchestra. Dopo di che si arriva al 'clou', quando per
tre volte i bassi, da soli, minacciosamente, gridano "Quantus tremor est futurus" con una
frase in cui il tremolare delle note (sol-la, sol-la, ecc.) allude al 'tremore' di cui si parla nel
testo. Le altre voci rispondono terrorizzate "Dies irae, dies illa" e poi la frase del 'tremor'
viene ripresa da tutto il coro. E sempre con questo tono minaccioso si arriva alla brusca
fine del breve brano.
N. 3. Tuba mirum (4' 12'') (basso solo)
Testo:
Tuba mirum spargens sonum, per sepulcra regionum coget omnes ante
thronum. Mors stupebit et natura, cum resurget creatura, judicanti responsura.
Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus judicetur. Judex
ergo cum sedebit, quidquid latet apparebit, nil inultum remanebit. Quid sum miser
tunc dicturus? Quem patronum rogaturus, cum vix justus sit securus.
Traduzione:
La tromba, spargendo intorno un prodigioso suono per i sepolcri sparsi per
tutta la terra, radunerà tutti davanti al trono. Stupiranno morte e natura, quando
risorgerà la creatura per rispondere al giudice. Verrà aperto il libro in cui é scritto
tutto, per il giudizio del mondo. Quando sarà assiso il giudice, apparirà tutto ciò che
ora é ignoto, nulla rimarrà impunito. Che dirò, allora, misero, chi chiamerò a mio
avvocato quando appena il giusto si sentirà sicuro?
Commento:
Qui - al contrario del brano precedente - la melodia é molto importante. Si può dire
che c'è una sola, lunga linea melodica dall'inizio alla fine del pezzo. Si comincia con un
assolo del trombone (chiarissima allusione alla 'tuba' di cui parla il testo) che si conclude
con una nota lunga che dà avvio all'intervento del basso che ripete la stessa frase
melodica. Poi la melodia si distende, con l'accompagnamento dominato dal suono del
10 Per il 'Dies irae' uso la traduzione riportata nel vol. I di 'Letteratura italiana' di Mario Pazzaglia, Zanichelli, p. 15.
trombone. Intervengono poi le altre voci, sulla continuazione della stessa melodia, il cui
carattere varia piano piano da quello declamatorio del basso a quello più dolce delle voci
femminili, passando per quello intermedio del tenore. L'ultima frase ("cum vix justus sit
securus"), dopo essere stata cantata dal soprano, viene ripetuta, con note staccate, da
tutto il quartetto dei solisti.
N. 4. Rex tremendae (2' 25'') (coro)
Testo:
Rex tremendae majestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me fons pietatis.
Traduzione:
O re di tremenda maestà, che per pura grazia salvi i tuoi eletti, salva me, o
fonte di misericordia.
Commento:
Ecco un altro pezzo 'terribile', analogo, come clima, al n. 2 ('Dies irae'), anche se
qui l'indicazione di tempo non é 'allegro assai', bensì 'gra ve'. Dopo una breve introduzione
orchestrale basata su note puntate, che danno un'atmosfera solenne (sul tipo delle
'ouvertures alla francese' dell'epoca barocca), il coro, con un accordo all'unisono, grida tre
volte 'rex'. Poi, con accompagnamento di trombe e timpani, sempre in stile omofonico,
declama l'intera semifrase: "rex tremendae majestatis". Poi queste stesse parole vengono
cantate in stile polifonico, per tornare quindi all'omofonia sulle parole 'qui salvandos salvas
gratis'. A questo punto, con improvvisa dolcezza che contrasta con quanto precede, prima
le voci femminili e poi quelle maschili, cantano 'salva me' per poi arrivare ad una
conclusione omofonica sulle parole "salva me, fons pietatis".
N. 5. Recordare (5' 17'')
(solisti: soprano, contralto, tenore, basso)
Testo:
Recordare, Jesu pie, quod sum causa tuae viae ne me perdas illa die. Quaerens me sedisti lassus, redemisti crucem passus; tantus labor non sit cassus. Juste
judex ultionis, donum fac remissionis, ante diem rationis. Ingemisco tamquam reus,
culpa rubet vultus meus; supplicanti parce deus! Qui Mariam absolvisti, et latronem
exaudisti, mihi quoque spem dedisti. Preces meae non sunt dignae, sed tu bonus,
fac, benigne, ne perenni cremer igne. Inter oves locum praesta, et ab hoedis me
sequestra, statuens in parte dextra.
Traduzione:
Ricordati, Gesù pietoso, che io fui la causa della tua venuta in terra, non
dannarmi, quel giorno. Per cercarmi, sedesti stanco, mi hai salvato soffrendo la
croce; non sia stata invano così grande pena. O giusto giudice punitore, dammi il
tuo perdono prima del giorno del giudizio. Gemo, sentendomi reo, la coscienza della
colpa mi fa arrossire, perdonami Dio, ti supplico. Tu che assolvesti Maria
<Maddalena> ed esaudisti il ladrone, anche a me hai dato speranza. Le mie
preghiere non sono degne, ma tu, nella tua bontà, concedimi benignamente che io
non sia bruciato nel fuoco eterno! Ponimi fra le pecore, allontanami dai capri,
ponimi alla tua destra.
Commento:
Bella introduzione orchestrale, in cui riappaiono i corni di bassetto. Graziose
scalette discendenti. I quattro solisti eseguono una specie di canone, attaccando su una
lunga nota tenuta, diversa da voce a voce, ogni volta di un tono più alta, in modo da
creare interessanti dissonanze a ogni nuovo intervento. Dopo un breve interludio
orchestrale il canone riprende in forme diverse, alternando momenti di dialogo a momenti
omofonici. Dopo un secondo breve interludio orchestrale abbiamo un dialogo tra soprano
e tenore, che inizia con le parole "Juste judex" e poi vede l'intervento anche del basso e
infine del contralto. A questo punto c'é un terzo interludio orchestrale e per un po' di tempo
l'omofonia si afferma incontrastata, mentre gli archi eseguono un accompagnamento in
controtempo. Ma poi, sulle parole "qui Mariam absolvisti" ecco un nuovo dialogo tra le
diverse voci, che poi cede il passo ad una ripresa identica del canone iniziale, ma con
testo diverso ("preces meae non sunt dignae ..."). Solo la conclusione differisce dalla
prima versione e introduce un'ultima parte, leggermente più drammatica, almeno a sentire
l'accompagnamento orchestrale, che inizia con le parole "ne perenni cremer igne", ed é
caratterizzata di nuovo dall'alternanza di dialogo e omofonia. Il finale, sulle parole
consolatorie "statuens in parte dextera" stempera la drammaticità prima notata in una
specie di happy end, che però viene subito messo in forse dal tragico inizio del brano
corale che attacca subito dopo.
N. 6. Confutatis (2' 24'')
(coro)
Testo:
Confutatis maledictis, flammis acribus addictis, voca me cum benedictis. Oro
supplex et acclinis, cor contritum quasi cinis, gere curam mei finis.
Traduzione:
Condannati i maledetti, assegnatili alle fiamme ardenti, chiama me fra i
benedetti. Ti prego supplice, in prostrato, col cuore contrito, ridotto quasi a cenere,
proteggimi nel giorno della morte.
Commento:
Di nuovo ci troviamo in un'atmosfera violenta e terrificante, analoga a quella del
'Dies irae' e del 'Rex tremendae'. C'è però anche un episodio dolce. Il brano é nettamente
caratterizzato da questa forte contrapposizione tra passi drammatici e passi elegiaci.
Ricordo che questo é il brano che nel film 'Amadeus' Mozart morente detta a Salieri. In
realtà, come ho già detto, pare che l'ultimo brano composto in tutto o in parte da Mozart
non sia questo, ma il successivo 'Lacrymosa'.
Sulla prima semifrase ("Confutatis maledictis, flammis acribus addictis") le voci
maschili iniziano un combattuto duetto tra tenori e bassi che cercano di sopraffarsi a
vicenda (perché i cattivi sono anche discordi), cercando così di dare un'immagine il più
terrificante possibile delle fiamme dell'inferno. Ma, subito dopo, le voci femminili, su un
dolce e ricamato accompagnamento di violini, attaccano in 'piano' o 'pianissimo' la
seconda, bellissima e struggente semifrase "voca me cum benedictis", caratterizzata dalle
lunghe note dei soprani e dei contralti, che in certi momenti formano delle belle
dissonanze che subito si risolvono in consonanze. Riappaiono però immediatamente le
voci dei cattivi maschi, con una variante del loro primo intervento. Le voci femminili poi
riprendono la loro frase precedente, variata e più lunga. Si arriva così all'ultima parte del
brano, sulla frase 'oro supplex ...', con lunghe e statiche note del coro cui risponde un
accompagnamento di accordi in semicrome dell'orchestra, che serve a riaffermare
l'armonia e il ritmo. E la conclusione é in 'pianissimo'.
N. 7. Lacrymosa (3' 17'') (coro)
Testo:
Lacrymosa dies illa, qua resurget ex favilla judicandus homo reus, huic ergo
parce Deus, pie Jesu Domine, dona eis requiem, amen.
Traduzione:
Giorno di lacrime quel giorno, in cui dalle ceneri risorgerà il peccatore per
essere giudicato. Amen.
Commento:
Si tratta, come ho detto, dell'ultimo pezzo del Requiem composto (forse fino alla
battuta 8) proprio da Mozart. Almeno così pare. L'indicazione di tempo é 'larghetto'.
prevale il 'piano', con qualche frase in 'forte' verso la fine. La caratteristica musicale
prevalente è il contrasto tra la scansione in quattro di una parte dell'orchestra e di una
parte del coro e la scansione in terzine del resto del coro e del resto dell'orchestra. E infatti
il tempo è quello della 'barcarola' (oppure di una ‘siciliana’), di 12 ottavi, un tempo ternario,
appunto. Anche qui, nell'orchestra, é importante il ruolo dei corni di bassetto. Altro
contrasto caratteristico é quello tra il 'legato' prevalente e lo 'staccato' di qualche frase.
Comunque, é molto bello, uno dei più belli di tutto il 'Requiem'.
N. 8. Domine Jesu (3' 47'') (coro)
Testo
Domine Jesu, Christe, rex gloriae, libera animas omnium fidelium defunctorum, de poenis inferni, et de profundo lacu, libera eas de ore leonis, ne absorbeat
eas tartarus, ne cadant in obscurum, sed signifer sanctus Michael repraesentet eas
in lucem sanctam quam olim Abrahae promisisti et semini ejus.
Traduzione:
O Signore Gesù Cristo, re di gloria, libera le anime di tutti i fedeli defunti dalle
pene dell'inferno e dal profondo lago, liberale dalla bocca del leone, in modo che il
tartaro non le afferri e non cadano nell'oscurità. Ma il santo Michele vessillifero li
porti alla santa luce che una volta tu promettesti ad Abramo ed alla sua
discendenza.
Commento:
Questo brano si può dividere in quattro parti. Nella prima (da "Domine Jesu" a "de
profundo lacu!") la caratteristica più evidente é il contrasto tra il piano di certe frasi e il forte
di altre.
La seconda (sulle parole "ne absorbeat eas tartarus") é una brevissima fuga,
basata su un tema caratterizzato da grandi salti di settima. Questa fuga é efficace
all'ascolto se eseguita in modo quasi 'isterico', in modo da sottolineare la sua caratteristica
musicale. La fuga termina dopo meno di un minuto con un precipitoso e ovviamente
discendente "ne cadant" delle quattro voci. Caduti tutti in basso, il coro si trova,
ovviamente, "in obscurum", oscurità che viene resa anche musicalmente e foneticamente,
dalle basse e cupe ‘u’ dei bassi.
La terza parte é affidata al quartetto dei solisti che cantano quasi in canone,
comunque in stile 'imitativo'.
Si passa infine ad una fuga del coro sulle parole "Quam olim Abrahae promisisti".
Caratteristica di questa parte é l'uso delle sincopi: le singole voci del coro non attaccano
mai all'inizio esatto della battuta, ma un ottavo dopo, il che conferisce al pezzo un
carattere concitato. Verso la metà di questa fughetta, un 'pedale'11 introduce un breve
episodio dalle note più lunghe e dall'andamento più disteso. Si ha quindi una breve
ripresa del tono concitato e una conclusione un po' solenne, con una cadenza plagale12.
N. 9. Hostias (4' 28'') (coro)
Testo
Hostias et preces tibi, Domine, laudis offerimus, tu suscipe pro animabus illis,
quarum hodie memoriam facimus, fac eas, Domine, de morte transire ad vitam,
quam olim Abrahae promisisti et semini ejus.
Traduzione:
A te, o Signore, offriamo sacrifici e preghiere di lode. Tu accoglile in favore di
quelle anime che oggi commemoriamo. E fà sì che esse, o Signore, passino dalla
morte alla vita che una volta tu promettesti ad Abramo ed alla sua discendenza.
Commento:
Brano molto dolce, stile di preghiera fiduciosa. Il tempo é 'larghetto'. Nella prima
parte prevale il piano. Poi, dopo una battuta di interludio orchestrale, alla ripresa della
prima frase, ecco interessanti e forti, ma allo stesso tempo morbidi, contrasti tra forte e
piano, all'interno di una stessa semifrase.
Poi abbiamo la ripresa, identica, del 'quam olim Abrahae', già ascoltato.
N. 10. Sanctus (1' 45'') (coro)
Testo
Sanctus, sanctus, sanctus, Dominus, Deus sabaoth, pleni sunt coeli et terra
gloria tua. Hosanna in excelsis.
Traduzione:
Santo, santo, santo, Signore, Dio degli eserciti, pieni sono i cieli e la terra
della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli.
Commento:
Nella prima parte di questo brano Süssmayr é stato bravo. I Sanctus hanno sempre
una forte caratteristica di solennità, di declamazione, di retorica. E queste qualità qui
appaiono al massimo grado. Il tempo é 'adagio'. L'accompagnamento orchestrale (con
corni di bassetto, fagotti, trombe e timpani), con i suoi accordi di semicrome, sottolinea la
pomposità del brano. La seconda parte, invece, l'Osanna, é una breve fuga senza grandi
pretese.
N. 11. Benedictus (5' 14'')
(solisti: soprano, contralto, tenore, basso)
Testo
Benedictus qui venit in nomine Domini, hosanna in excelsis.
11 Per 'pedale' si intende la permanenza nel basso di una nota lungamente tenuta come base armonica.
12 Per 'cadenza plagale' si intende la conclusione di un brano che al posto della solita coppia di accordi di dominante e di tonica vede quelli di
sottodominante e tonica.
Traduzione:
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell'alto dei cieli.
Commento:
Nella tradizione delle Messe, il Benedictus é di solito il brano in cui il compositore
esprime la sua capacità di comporre in stile lirico. E molto spesso il brano é per solisti (uno
o più di uno). Anche in questo caso la tradizione viene rispettata.
Il brano é abbastanza piacevole, dolce, discorsivo, colloquiale. Il contralto enuncia il
tema che poi le altre voci sviluppano e variano. C'é alternanza di passi polifonici e passi
omofonici. Quando le voci tacciono l'orchestra sembra preannunciare un episodio più
solenne, ma poi le voci soliste (stavolta comincia il basso) riprendono il loro canto,
variando la melodia precedente, ma senza alterarne il carattere. C'é poi un solo del basso,
seguito da un altro del tenore, a cui si agganciano le voci femminili che si fanno eco a
vicenda. Poi cantano tutti insieme, polifonicamente. Quando tacciono, l'orchestra ripete la
stessa frase del suo interludio precedente, ma stavolta questo serve a preparare
l'intervento del coro, che espone una nuova versione della fughetta precedente, cioè
dell'Osanna, in una nuova tonalità.
N. 12. Agnus Dei (9' 47'') (coro, soprano)
Testo
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona eis requiem sempiternam. Lux aeterna
luceat eis, Domine, cum sanctis tuis in aeternum, quia pius es. requiem aeternam
dona eis, Domine, et lux aeterna luceat eis, cum sanctis tuis, quia pius es.
Traduzione:
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dà loro il riposo eterno. Che la
luce eterna risplenda loro, o Signore, con i tuoi santi in eterno, poiché tu sei
pietoso. Dona loro il riposo eterno, o Signore, e la luce eterna risplenda loro in
eterno, poiché tu sei pietoso.
Commento:
Quest'ultimo brano può essere diviso in quattro parti.
La prima é l'Agnus vero e proprio. Il tempo é 'larghetto'. L'andamento é quello di
una preghiera fiduciosa, anche se il tono non è propriamente sereno e presenta, anzi,
qualche tratto tragico. Dopo un inizio omofonico di tutte le voci, i bassi precedono, in piano
assai, le altre voci sulle parole 'dona eis requiem', che, nella sua semplicità, appare come
una bella fessura di serenità nella gravità che caratterizza il brano. Si riprende poi la frase
iniziale in altra tonalità finché il 'dona eis requiem' appare nei soprani. L'"Agnus Dei" viene
ripreso per la terza volta ed ora sono di nuovo i bassi ad intonare il tranquillo 'dona eis
requiem'. Una serie di accordi piuttosto strani sulla parola 'sempiternam' conclude questa
prima parte.
Dal 'larghetto' si passa all''adagio'. Ed ecco che torniamo ad ascoltare note già
conosciute: infatti, come musica ci ritroviamo esattamente alla battuta 19 del primo brano:
sulle parole 'lux aeterna' il soprano solista intona le stesse note con cui prima la soprano
cantava il "Te decet hymnus". Süssmayr non deve più arrampicarsi sugli specchi per
imitare il suo maestro, ma può direttamente riprendere la musica del primo brano, del
"Requiem", facendo solo i piccoli aggiustamenti metrici necessari per adattarla al diverso
testo.
La terza parte vede di nuovo l'intervento del coro con le stesse note, tranne
piccolissime varianti, dell'"Exaudi orationem meam" del primo brano. E, come nel primo
tempo, a questa frase segue, dopo due battute di orchestra, la fuga sulle parole "Requiem
aeternam dona eis domine": qui anche le parole, oltre che le note, coincidono esattamente
con il primo tempo.
Si passa infine all'"Allegro" per la fuga finale sulle parole 'cum sanctis tuis' identica a
quella del 'Kyrie', per arrivare alla conclusione su un accordo di re: non re maggiore, né re
minore, ma un accordo vuoto, solo sulle note re e la, come era successo anche alla
conclusione del brano n. 1.
REQUIEM
Nell'estate del 1791 Mozart riceve una commissione da un misterioso personaggio che
non vuole rivelare il suo nome: si tratta del conte Franz Von Walsegg-Stuppach, un
amatore di musica che vuole fare eseguire una messa da morto per la moglie, deceduta
pochi mesi prima.
Le circostanze misteriose della commissione, il tipo di musica da eseguire (un Requiem,
appunto) e la generosità del committente esercitano però un effetto devastante sulla
mente di Mozart, che nell'ultimo anno della vita è continuamente angosciato da pensieri di
morte, e che per di più non gode di ottima salute (morirà il 5 dicembre dello stesso anno).
Nonostante sia pressato da altre commissioni (La Clemenza di Tito, K 621, da eseguirsi
per l'incoronazione di Leopoldo II a Imperatore del Sacro Romano Impero, lo Zauberflöte,
K 620, per la compagnia di canto dell' amico frammassone Schickaneder), Mozart si butta
anima e corpo alla scrittura del Requiem, convinto che sia la messa per la propria morte.
La lascerà incompiuta (secondo la tradizione, all' ottava battuta del Lacrimosa, anche se
compone la parte del coro e il basso del successivo movimento Domine Jesu), e sarà
l'allievo Franz Xaver Süssmayer a completarla, secondo appunti e istruzioni verbali da
parte dello stesso Mozart: si dice che sul letto di morte Mozart dettasse a Süssmayer
indicazioni per i movimenti mancanti. È del tutto inventata invece la storia secondo cui
Mozart avrebbe dettato al rivale Salieri il Confutatis, secondo quanto viene proposto nel
film Amadeus.
Il Requiem rimane una delle opere incompiute di Mozart (Il Sanctus, Benedictus e la parte
iniziale dell' Agnus Dei - fino alla battuta Lux aeterna affidata al soprano - sono
completamente di Süssmayer), ed è una delle opere più potenti e al contempo elegiache
di tutta la storia della musica.
Nello scrivere questa messa, Mozart usa da un lato stilemi nuovi (l'uso dei fiati, in
particolare del corno di bassetto, progenitore del corno inglese), scrivendo cori assai simili
a quelli che si trovano sia nello Zauberflöte, sia nella meno nota Clemenza di Tito (l'aria
per tenore e coro Ah, grazie si rendano dal secondo atto ha lo stesso carattere angelico e simile orchestrazione - della parte per sole voci femminili del Confutatis). Dall' altro lato,
Mozart si rifà alla monumentale tradizione della musica sacra polifonica che aveva
raggiunto il suo apice nel primo '700, e che ai suoi tempi era lentamente caduta in oblio: il
Kyrie è una fuga a doppio soggetto, in cui uno dei temi è identico al coro And with his
Stripes we are healed, n. 25 dal Messiah di Händel. Per il secondo tema, alcuni vedono
somiglianze con temi del Clavicembalo ben temperato di Bach (per es., la fuga n.4 a 5
voci in Do # minore, che è pure una fuga a doppio soggetto), ma in generale il tema a
quartine ascendenti è un vecchio arnese della musica barocca del primo Settecento.
Mistero d'un capolavoro
Tanti capolavori artistici rimangono avvolti in un'aura di mistero, ma non ce n'è nessuno,
almeno nella storia della musica, che abbia offerto tanti spunti alla creazione di leggende
come il Requiem di Mozart. I dati esteriori della sua genesi sono scarsi: all'inizio dell'estate
1791 Mozart riceve da un anonimo visitatore l'incarico di scrivere un Requiem. Ne inizia la
composizione, ma può continuarla solo diversi mesi più tardi, dopo "La clemenza di Tito" commissionatagli nell'ambito delle manifestazioni indette per celebrare l'incoronazione di
Leopoldo II a Praga - e dopo il completamento del "Flauto magico".
Quando intorno alla metà di settembre Mozart ritorna da Praga, il suo stato di salute
peggiora. Porta intanto a termine tre composizioni, tra cui il Concerto per clarinetto, ma
quando infine può dedicarsi interamente al Requiem la sua malattia si aggrava. Inchiodato
a letto a partire dal 20 novembre, continua a comporre con le sue ultime energie. Ancora
nel pomeriggio del 4 dicembre rivede insieme con alcuni cantanti suoi amici le parti già
compiute del Requiem.
La notte seguente Mozart muore e il suo Requiem rimane un frammento.
Questi pochi dati certi hanno offerto spunti più che sufficienti a interpretazioni sinistre di
spirito romanticheggiante: lo spettrale "messaggero grigio" si confaceva fin troppo bene
alle voci che Mozart non fosse deceduto di morte naturale, ma avvelenato - un'ipotesi che
è stata sempre discussa in seguito, fino ai giorni nostri. Inoltre la fatale connessione tra la
composizione del Requiem e la scomparsa di Mozart sembrò conferire a questa storia
anche una dimensione mistica. Essa divenne anche il tema di innumerevoli elaborazioni
letterarie.
Ma l'interpretazione di questi fatti sarà molto più prosaica se si vorrà risalire alla vera
origine del misterioso incarico del Requiem: a darlo era stato infatti il conte Franz von
Walsegg-Stuppach, un grande appassionato di musica, che aveva la singolare abitudine di
commissionare delle composizioni a musicisti stimati e di farle poi passare come opere
proprie.
Il conte trascriveva di suo pugno le partiture che si era procurato di nascosto e per la loro
esecuzione faceva ricopiare dal suo manoscritto le singole parti. Si racconta che gli
esecutori avessero poi il compito di indovinare il compositore; anche se erano
naturalmente a conoscenza dei retroscena, per senso di cortesia essi indicavano il conte
come l'autore delle musiche, e il conte allora "sorrideva compiaciuto".
Questa volta Walsegg-Stuppach, per onorare la memoria della moglie morta poco tempo
addietro, per mezzo d'un intermediario aveva dato incarico a Mozart di scrivere un
Requiem e gli aveva già fatto consegnare la metà del generoso onorario.
Ma quando Mozart era morto lasciando il Requiem allo stato di frammento, la vedova
temette di dover riconsegnare la somma già pagata. Serbando a sua volta la massima
discrezione a riguardo, si affrettò a far completare la partitura in modo da poter
consegnare un'opera compiuta. E si rivolse ad alcuni musicisti suoi amici.
Da qui ha preso avvio una discussione che si è protratta per decenni: quali sono le parti
composte da Mozart, che cosa è stato completato sulla base delle sue indicazioni, cosa è
stato composto per intero da altri, come si debbono valutare le aggiunte?
Johannes Brahms, che aveva curato la pubblicazione del Requiem nell'ambito della
vecchia edizione dell'opera omnia mozartiana, aveva ancora lamentato che "questa
reliquia era stata sfigurata da tentativi assai fiacchi e maldestri, ad opera di una o due
persone, di completare la partitura"; ma la moderna critica mozartiana (Leopold Nowak,
Wolfgang Plath) ha potuto dare una risposta precisa alla questione: sono di Mozart - più o
meno elaborati nei dettagli - l'Introito Requiem aeternam e il Kyrie, le singole sezioni della
Sequenza Dies irae fino al Lacrimosa - che è l'ultimo brano a cui lavorò Mozart, infatti il
manoscritto s'interrompe dopo le parole "Judicandus homo reus". batt. 8 - e quindi
l'Offertorio Domine Jesu Christe con lo Hostias et preces.
Nella Sequenza Joseph Eybler (1765-1846) effettuò alcune integrazioni con grande
cautela e mano stilisticamente sicura, ma rinunciò ben presto ad un ulteriore
completamento del Requiem.
Fu l'allievo di Mozart Franz Xaver Süssmayr (1766-1803) a completare l'istrumentazione
della Sequenza e dell'Offertorio, e a comporre inoltre le parti restanti, e cioè il Sanctus,
Benedictus, Agnus Dei e Communio. Non è possibile accertare se e in quale misura
Süssmayr abbia tenuto presente eventuali indicazioni orali oppure schizzi di Mozart; è
comunque ovvio che le soluzioni adottate da Süssmayr non potessero che risultare di
molto inferiori alle intenzioni di Mozart - ad esempio Süssmayr pose alla fine del
Lacrimosa, alla parola "Amen", due semplici accordi, dove Mozart aveva previsto una fuga
di ampie proporzioni, come sta ad indicare l'unico foglio di schizzi rimasto.
La speranza di Süssmayr era di "aver compiuto perlomeno un lavoro tale, che gli
intenditori potessero scorgervi qua e là alcune tracce dei suoi (di Mozart) indimenticabili
insegnamenti".
Per quanto la genesi e la configurazione esterna del frammento mozartiano del Requiem
possano essere ancora circondate da un alone di leggenda e presentare aspetti singolari
ed enigmatici, il mistero vero e proprio di questa composizione risiede pur sempre nella
musica stessa.
Da una parte questa costituisce una sintesi di più antiche tradizioni di musica sacra, ad
esempio nell'impiego della fuga, del canone e di altre tecniche contrappuntistiche (cfr. il
simultaneo doppio canone in Rex tremendae, batt. 7 e sgg.), o anche di figure
d'accompagnamento tipicamente barocche (ad esempio la fuga Quam olim nell'Offertorio);
si può dire anzi che nel Requiem si rivelano chiare tendenze arcaicizzanti, fin nella
configurazione motivica - il tema del Requiem e quello del Kyrie riprendono ad esempio
moduli melodici tradizionali. Dall'altra parte elementi tipicamente operistici sono qui
intensificati in modo straordinario e indimenticabile, ad esempio le figure con fraseggio 'a
sospiro' d'ascendenza napoletana nel Lacrimosa.
Ma a questi momenti riassuntivi di tutta una tradizione storica se ne affiancano dei nuovi,
che già preannunciano quegli sviluppi del linguaggio musicale che saranno propri del
secolo XIX: accenti della più profonda intimità, della più personale espressione di
sentimenti. Ma per quanto sia affascinante rilevare ed ammirare uno per uno tali momenti,
solo nella loro straordinaria fusione si rivela il segreto della compiuta perfezione di Mozart.
Volker Scherliess
(Traduzione: Gabriel Cervone dal libretto della Deutsche Grammophon)