Il Requiem di Mozart a Legnago e Villafranca
Grande e meritato successo per i due concerti organizzati dalla Fondazione Giorgio Zanotto e dalla
Banca Popolare di Verona lo scorso 15 marzo al Teatro Salieri di Legnago e il 16 marzo al Duomo
di Villafranca.
Magistralmente guidata dal Maestro Nicola Guerini, che ha diretto coro e orchestra senza partitura,
la Camerata Musicale Vicentina ha ottimamente interpretato il Requiem K626 in re minore di W.
Amadeus Mozart, accompagnata dal coro Ergo Cantemus di Este. Splendide e ricche di emozioni le
voci dei solisti: il soprano Eugenia Corrieri, il contralto Elena Biscuola, il tenore Baltazar Zuñiga e
il basso Antonio Albore.
Il Requiem di Mozart ha una storia singolare: è infatti l’estremo lascito musicale di Mozart, ultimo,
incompleto capolavoro che la morte interruppe il 5 dicembre del 1791: esso contiene - nelle prime
otto battute del “Lacrimosa” dal “Dies irae” - le ultime note vergate su una partitura dalla mano del
musicista.
Come è noto, si racconta che nel luglio del 1791, l’ultimo anno della sua vita, Mozart ricevette la
commissione di una Missa pro defunctis di rito cattolico da parte di un misterioso personaggio
lugubremente vestito. Presentatosi alla sua porta per offrirgli un cospicuo anticipo, costui aveva
intimato al musicista di tenere segreto l’impegno e di non cercar di sapere il nome dell’ignoto
committente del Requiem.
Alcune testimonianze di familiari di Mozart descrivono un compositore convinto di scrivere quel
Requiem per la propria morte, addirittura che la commissione gli fosse stata data da chi lo aveva
avvelenato con l’acqua tofana, calcolando esattamente il tempo che gli rimaneva da vivere in modo
che - estrema beffa - la vittima stessa celebrasse in anticipo la sua funebre liturgia musicale.
La realtà è meno romanzesca: quell’uomo avvolto nel mistero era un emissario del conte Walsegg
zu Stuppach, un nobile di provincia, dilettante di musica, che usava spacciare per proprie
composizioni quelle che riusciva a ottenere da più titolati compositori: con il Requiem approntato
per lui da Mozart egli intendeva rendere omaggio alla memoria della moglie, recentemente
scomparsa, e nel contempo acquisire una gloria del tutto abusiva presso il suo entourage.
Alla sua missa pro defunctis Mozart lavorò forse già subito dopo aver ricevuto l’incarico,
compatibilmente con gli obblighi che doveva onorare per la composizione della Clemenza di Tito.
Pare certo che, sollecitato altre due volte dalla misteriosa apparizione alla sua porta, egli riprese il
Requiem dopo aver completato la sua ultima opera seria italiana, tra ottobre e novembre, fino a
quando la malattia non lo indebolì e gli impedì di concludere la messa funebre.
Quando la morte lo raggiunse, nel dicembre del 1791, Mozart aveva approntato una partitura
provvisoria - una “particella” - di un centinaio di pagine: solo il primo movimento (l’Introito) era
perfetto in ogni particolare, altri erano solamente abbozzati nelle linee generali, altri mancavano del
tutto. Del Kyrie, della sequenza “Dies irae” e dell’Offertorio Mozart aveva lasciato le “particelle”,
cioè una stesura completa delle parti vocali e del basso continuo cifrato ma piuttosto sommaria per
quanto riguarda l’orchestrazione: erano annotate rare entrate degli strumenti (quasi dei
“promemoria”) e spesso i righi erano lasciati in bianco. La stesura di questa” ossatura portante” di
riferimento era il modo di procedere di Mozart quando sbozzava una composizione che avrebbe poi
con calma rifinita. Nel caso del Dies Irae l’incompletezza della stesura strumentale si coniugava
con una ideazione incompleta che non proseguiva oltre i primi versi della sezione “Lacrimosa”. Di
Sanctus, Agnus Dei e Communio non c’erano tracce nella partitura.
Tre allievi (Joseph Eybler, Franz Xavier Süssmayr, Franz Jakob Freystädtler) completarono, in
misura diversa, l’opera, cercando di essere il più possibile fedeli allo stile del Maestro. Più rilevante
fu il contributo di Süssmayr, il quale provvide a scrivere ex novo le parti mancanti, come il Sanctus
e l’Agnus Dei, e per allestire il Communio si limitò ad adattare al nuovo testo due sezioni presenti
nell’Introito e nel Kyrie; inoltre provvide, da solo o integrando gli interventi degli altri due, a
definire la parte orchestrale, completando le entrate solo abbozzate da Mozart; egli inoltre portò a
termine il “Dies irae” che nell’originale mozartiano s’interrompeva all’ottava battuta del
“Lacrimosa”. Come sigillo del suo intervento Süssmayr ricopiò in un nuovo quaderno di musica con una grafia sin troppo simile a quella di Wolfgang - l’intera composizione da consegnare al
Conte Walsegg; falsificò la firma di Mozart e per dabbenaggine appose una data a cui nessuno
avrebbe potuto prestar fede: l’Anno del Signore 1792, un anno dopo la morte dell’artista!
Sotto il profilo musicale, il Requiem - nonostante il problema delle interferenze di una mano
estranea - rimane la più alta testimonianza delle conquiste di Mozart nel campo della musica sacra.
Sul piano del messaggio espressivo, amore, soavità, commozione, pietas (sostantivi usati dalla
critica) sono i sentimenti che informano ogni pagina, scevri da qualsiasi gesto teatrale o effetto
gratuito. Anche la “terrificante” visione dell’aldilà e l’accecante maestà di Dio si sciolgono in un
canto commosso ed estatico che riflette gli assiomi della fede mozartiana: la speranza, la tranquillità
di una morte intesa come «vera e miglior amica dell’uomo» (Mozart) , la certezza della pace eterna.
Sul piano della concezione formale e dell’assunto creativo, nonostante i richiami alle Messe funebri
della tradizione musicale (le Messe di Cavalli, Hasse, M. Haydn, Cherubini, e, al di sopra di tutti, le
opere di Händel e Bach), il Requiem viene considerato la prima composizione liturgica concepita
con “spirito moderno”: la straordinaria ricchezza dei suoi contenuti musicali costituirono infatti i
pilastri della musica ottocentesca.