DIVAGAZIONI MINOICHE1 SUL LABIRINTO, IL TORO, IL SERPENTE, ARIANNA E LE STELLE Asterios, il Minotauro e gli Equinozi Salvatore Massimo Stella R∴L∴Hermes 1357, Goi. Collesalvietti, LI Disco di Maratona Il museo di Maratona a pochi chilometri da Atene, edificato alle spalle del cumulo dei Plateesi, conserva una collezione di preziosi oggetti ritrovati sul campo della celebre battaglia, combattuta a difesa della Grecia nel 490 a.C. sulla celebre spiaggia dell’Attica dagli Ateniesi 1 Titolo originale “Mitologemi del Labirinto: il vero volto di Asterios il Minotauro” dal volume “Le suggestioni simboliche del mito”, Edizioni Tipheret Roma – Catania. e dai Plateesi. Sono visibili urne, lekitoi, lapidi, statuette fittili votive ed altri oggetti di minor pregio. Tra i più ragguardevoli uno in particolar modo ha attirato la mia attenzione: un grande tondo di terracotta con al centro una grande stella a quindici punte il cui disco centrale contiene una spirale sinistrorsa. Una simbologia astrale associata alla rappresentazione del maiandros2 primitivo, e cioè ad una spirale che, diversamente dalla maggior parte di quelle rappresentate nel mondo antico (come vedremo ad esempio più avanti nel disco di Festos), si presenta sinistrorsa. Ci ammonisce Jung nei suoi scritti sui sogni e l’alchimia sostenendo che v v ‘la strada che gira verso sinistra non porta al regno degli dei e delle idee eterne, bensì verso il basso, alle basi istintive animali della esistenza umana’; continua Jung ricordando che ‘il movimento verso destra invece è un movimento ‘corretto’ e tende verso la coscienza’ alla conoscenza ‘iniziatica superiore’. Naturalmente il contesto del disco di Maratona è completamente diverso, dal momento che qui, coerentemente con il luogo e gli eventi storici che lo hanno prodotto, si celebrano degli eroi caduti in battaglia che hanno intrapreso, con il trapasso, il loro percorso di katabasis3 verso il mondo delle ombre. Il tutto è quindi in conformità e sintonia con la celebrazione di un evento luttuoso, ma glorioso per la Patris che è stata difesa eroicamente. Statere dì argento del V sec. aC 2 3 NdR. In It.= Meandro, percorso tortuoso. NdR. In It = Discesa La stella e il labirinto sono, quindi, coniugati in un significato simbolico che riconduce invariabilmente alla luminosità dell’atto di valore nel percorso discendente delle anime che si distaccano dal mondo della rappresentazione. Abbiamo menzionato il disco di Festos4, che studieremo nei dettagli più avanti, che nella sua spirale destrorsa conduce verso una conoscenza sicuramente iniziatica attraverso un percorso di tipo misterico, al centro del quale, nel lato A, è presente un fiore a otto petali. Questo, probabilmente, equivale, almeno dal punto di vista strettamente simbolico e tradizionale, alla stella a otto punte tanto cara alla simbologia dei macedoni delle tombe reali di Vergina. Ed è cosa piuttosto singolare che tale valenza possa essere sfuggita inspiegabilmente all’occhio attento di Mircea Eliade che sapeva sapientemente estrapolare le valenze iniziatiche di molti oggetti di culto dell’antichità, indagati, del resto, da archeologi senza le necessarie conoscenze tradizionali. Anche qui al centro del labyrinthos abbiamo riferimenti astrali che riportano al significato originario e poco noto dell’antichissimo mito minoico. Il mito greco narra che il Minotauro, ovvero il toro di Minosse (ma non era questo il vero nome dell’essere teriomorfo antropofago), fratello di Arianna, era una la creatura mostruosa e feroce, per metà uomo e per metà toro, figlio del Toro di Creta, dono di Poseidone al re cretese Minosse, e di Pasifae, regina dell’isola. 4 A pagina 107 del Volume citato. Il fiore, l’Aster al centro del Labirinto. Il meandro raffigurato nello statere d’argento del V secolo a.C. coniato a Knossos, come sviluppo della swastika sinistrorsa (ma esiste anche uno statere destrorso più antecedente coniato sempre a Knossos) ha al centro del labirinto un aster, una stella a otto punte del tutto simile al fiore del disco di Festos. Questo Aster, posto al centro di un cerchio di meandri, rimanda all’altro nome del Minotauro, Asterios o Asterione. La parola Asterios in greco deriva da un aggettivo con il significato di stellare-stellato-delle stelle. Quindi il nome era un nome luminoso. E’ ragionevole ipotizzare che questo aster al centro del labirinto (da-pu-ri-to, lemma originale in lineare B5), abbia un significato astrale, che pensiamo vada molto al di là di quanto affermato dal Kerényi, il quale indicava che il percorso a spirale rappresentasse genericamente «un cammino verso la Luce». La parola labirinto, quindi, lungi da derivare da labrys, l’ascia bipenne minoica, né quanto meno dall’egeo-asianico labra-laura con il significato di pietra, grotta, come sostenuto da Eliade, riporterebbe, invece, come radice -bir- al significato di fuoco (-pur). La sillaba iniziale la (da-) potrebbe essere, analogamente al greco antico (sviluppo del ‘protogreco’ miceneo), un prefisso intensivo col significato di molto. v Quindi, un cammino per l’acquisizione del molto fuoco, della molta luce; un percorso, a spirale o a meandro, per apprendere ciò che è iscritto probabilmente nella volta stellare, ciò che la volta stellare permette di far conoscere all’uomo attraverso il significato della vita e della morte. Alternativamente la sillaba da- potrebbe significare Terra (parola di origine arcadico-cipriota e quindi achea in comune anche alla parola Dā-Māter, cioè Demetra, la Dea della Terra) e quindi il tutto potrebbe significare luogo ove vi sia la terra infuocata con simili analogie a luogo infuocato ovvero illuminato. 5 Lineare B, scrittura minoico-micenea del XIII secolo a.C. v D’altronde Kerényi stesso, facendo osservare come in realtà i corridoi del Palazzo di Knossos conducano alla principale fonte di luce del palazzo, intuì, senza comunque svilupparne la radice verbale, «cosa significasse da-pu-ri-to per i Minoici: un cammino verso la luce». In una tavoletta di Knossos in lineare B si legge ‘da-pu-ri-to-jo po-ti-ni-ja’ (che tradotto in greco antico suonerebbe come labyrinthoio potniai), cioè alla Signora del Labirinto, alla Grande Dea dei cretesi, raffigurata con i due serpenti in mano, dativo a cui segue la parola meri, che tradotto in greco antico equivarrebbe a meli, cioè a miele. Il miele, sappiamo che era considerato nell’antichità cibo di Verità e degli dei. In Egitto infatti Thot era evocato come dio della Conoscenza e della Verità attraverso offerte di miele con la formula ‘dolce è la Verità’. Anche a Creta lo ritroviamo nel mito di Zeus bambino, nutrito con il miele al tempo del suo esilio sul monte Ida, ed anche nel mito di Dionisos, nutrito dalle Iadi6 con il divino miele, il denso e dolce liquido dorato, che riconduce ad un immaginario ‘astrale’ e divino di un oro commestibile e prezioso, frutto dei fiori attraverso la magica opera delle api. Il mito di Asterios, trascurato dagli Elleni invasori, non giunse in Ellade I greci che raccolsero e divulgarono il mito del labirinto non tramandarono però questo aspetto luminoso, ritenuto illogico, del Minotauro che tale perdurò, quindi, esclusivamente nell’isola. Si potrebbe ipotizzare una perversione opportunistica di un diverso mito originario. Il mito di Asterios è strettamente collegato alla Grande Dea Cretese, Ari-Dela (la oltremodo chiara, e in questa accezione connessa al simbolismo del disco lunare, poiché divinità del regime notturno) o Ari-Adne o Ari-Agne (Arianna, Aracne7) come chiamata da Omero nell’Iliade (XVIII-592). 6 7 Ammasso stellare della testa della costellazione zodiacale del Toro. NDr. Aracne, Ragno, Ragnatela, Labirinto. Forse lontana eco di quel primo e originario nome che in Lineare A suonava come Asasara (di derivazione probabilmente luvia col significato di Mia Signora, Mea Domina), la misteriosa dea dai riccioli belli, kalliplòkamos. E non poteva avere diverso appellativo la Regina del Labirinto. Questa parola, kalliplòkamos, deriva dal verbo greco pleko, intrecciareattorcigliare-complicare-ingarbugliare. Il mito della Signora Regina, oltremodo santa o oltremodo pura, inoltre, si sviluppa in parallelo con un’altra importante divinità, già nota nell’isola, quel Dionysos Kresios, cretese8. Queste due divinità concorrono, forse, a raffigurare per importanza il gotha del pantheon cretese con una più che verosimile prevalenza della figura della Grande Dea Lunare dai nomi molteplici ed equivalenti, ma ancora misteriosi, di Arianna-Rea-DemetraPersefone. Prima di Zeus, ad Olimpia, una divinitàserpente In molte ceramiche vascolari a figure nere e a figure rosse il meandro, inconfondibile symbolon del labirinto cretese, è raffigurato con spirali continue rappresentando una variante in forma curvilinea del labirinto ‘quadrato’. Quale migliore rappresentazione grafica di una serpe, attorcigliata su se stessa, il labirinto di Knossos 9. Nella sua forma a spirale lo si ritrova non solo a Creta, ma anche a Babilonia (W.F. Jackson Knight). Era associato al cervello ed agli organi interni del corpo umano, nonché al mondo degli inferi, quindi ad un simbolismo ctonio e notturno. 8 Che si credeva di origine tracia e che, invece, grazie alla decifrazione da parte di Ventris nel ’52 della lineare B, ne ha fatto sorprendentemente anche un nume locale. 9 NdR. Per tracciare un labirinto basta una corda ripiegata su se stessa. Se svolgiamo un labirinto avremo un segmento di retta. v v v v Due serpenti tiene nelle mani la grande dea cretese con il seno nudo delle celeberrime statuette, conservate al Museo di Heraklion. Sappiamo, comunque, da Pausania che anche la divinità che precedette Zeus ad Olimpia aveva l’aspetto di un serpente. 10 Ed un serpente, in prossimità della fonte Ciane presso Siracusa, all’interno di un anfratto, ingannò Persefone, per rapirla e trascinarla nell’Ade, come ci riporta Nonno di Panopoli nelle sue Dionisiache. Ovidio, nelle sue Metamorfosi, scrive che egli ingannò come serpe lucente la figlia di Deo.11 Ma noi crediamo che comunque il mito cretese sia del tutto separato dal successivo mito ellenico. A Creta il serpente assumeva un significato differente, perduto per sempre nella cesura del medio evo ellenico, in quello spazio muto di storia ove la scrittura, già inventata e codificata nel II millennio a.C. dai cretesi e successivamente dai conquistatori micenei, scomparve completamente per quasi quattro secoli di storia. v Il significato del Serpente, del Labirinto e della Stella era necessariamente collegato a un traslato che non aveva rispondenze in un ambito secolare o in astratte e intrigate mitologie teogoniche, ma doveva essere proiettato nel dominio della più semplice e immediata osservazione della volta celeste. Ipotizziamo, ora, un legame euristico Il Serpente e la Stella non erano simboli apparentemente contraddittori, ma la voce coerente e univoca di riferimenti ad una fenomenologia che si è irrimediabilmente perduta poiché probabilmente non più compresa e quindi non tramandata nelle memorie della tradizione continentale posteriore. A complicare o, come spesso avviene nella vita, una buona volta a chiarire le cose, è quanto riportato da un autore cristiano apologeta, di origini siracusane, del IV secolo d.C., Giulio Firmico Materno. Nel De errore profanarum religionum l’autore, infatti, riporta una formula 10 11 NdR. Accanto a Minerva, Esculapio ed Ecate viene scolpito un serpente. Demetra misterica di un mito segreto, sicuramente recitato come versetto dai mystes dei misteri a cui appartenevano. Serviva come parola d’ordine e come professione di fede per i fedeli. In base al testo tramandato è attribuibile, a ben valutare, da parte dei mitologi e storici delle religioni ai misteri di Dioniso o di Sabazio. La formula, che secondo il filologo e storico delle religioni ungherese Karl Kerényi, è di chiara derivazione cretese, suona in greco così: v Tauros Dràcontos kai Patèr Taùrou Dràcon dove dràcontos è genitivo di dràcon, e quindi la conseguente traduzione reciterebbe così: v Il toro è padre del serpente e il serpente è padre del toro La formula introduce apparentemente un motivo ciclico: la procreazione si perpetua indefinitamente nella forma del serpente e del toro e viceversa. Tale figura simbolica richiama alla mente la forma dell’uroboros (dal greco ouroboros dove ourá ha significato di coda e boros di voracità), simbolo antichissimo che raffigura un serpente che si morde la coda che rigenerandosi ininterrottamente viene a formare una sorta di cerchio che si ripete con evidente riferimento a una periodicità ciclica temporale. È simbolo alchemico ed ermetico che rimanda alla natura ricorrente delle cose, ciò che è raffigurabile attraverso una sequenza che riprende dal principio dopo essere pervenuta al proprio termine. In alcune rappresentazioni il serpente è anche raffigurato per metà bianco e per metà nero, atto a richiamare alla mente la natura dualistica delle cose e soprattutto il concetto che le opposizioni non sono in conflitto tra loro ma si integrano vicendevolmente. v Ma cosa significa in realtà che il Toro genera il Serpente e che questi quindi genererebbe il Toro? Come mai questi due esseri che si generano vicendevolmente avevano così grande visibilità nell’ambito religioso minoico? E perché proprio questi due animali e non altri? La risposta al quesito, sino ad ora mai formulato, ha una chiave di volta che crediamo possa rintracciarsi in quel simbolismo astrale che si trova al centro del labirinto cretese, e soprattutto nel vero nome del Minotauro, e cioè in Asterios. La soluzione del dilemma è quindi da ricercare nei cieli dell’isola cretese del III e II millennio a.C. . Innanzitutto per principiare verrebbe da domandarsi in primis quando veniva festeggiato l’inizio del nuovo anno presso l’antica civiltà minoica. La risposta è fornita dalla levata eliaca di Sirio: quando la stella mattutina (la vera stella mattutina, la più brillante dell’universo, essendo la splendente Venere o Lucifero, ma anche le brillantissime Giove e Marte, dei semplici pianeti che brillano di luce riflessa) sorgeva con tutta la sua costellazione al seguito (del Canis Maior, il Cane di Orione), nel mese di luglio. Ebbene lì era da collocare il capodanno, come avveniva già da un millennio nell’antico Egitto e, successivamente, nella antica Grecia. Ma da questi eventi astronomici non si deduce alcunché riguardo al simbolo del Toro né quanto meno del Serpente. Bisogna allora cercare altrove. Sovviene allora che il Serpente e il Serpentario o Ofiuco (fig. 4) sono due costellazioni delle quali la seconda è considerata attualmente una delle tredici costellazioni zodiacali: come ci riporta Igino nel II sec. d.C.: «la testa inclinata nel gesto di chi si piega all’indietro è rappresentato con un serpente tra le mani […] è delimitato all’altezza delle ginocchia dal circolo equinoziale, […] calca col piede sinistro gli occhi dello Scorpione […] quanto al Serpente che ha in mano, sfiora con la punta del volto la Corona Borealis, cinge in qualche modo a metà corpo il serpentario […] ; il serpente a sua volta ha due stelle nel capo, quattro sotto la testa tutte insieme […] in tutto fa ventitré stelle». v v Il Serpente è una delle quarantotto costellazioni elencate da Tolomeo (I-II sec. d.C.). È l’unica delle costellazioni ad essere divisa in due parti: la Testa del Serpente (Serpens Caput) ad ovest e la Coda del Serpente (Serpens Cauda) ad est. Tra queste due parti si trova la costellazione di Ofiuco o del Serpentario, colui che porta il Serpente. Nella posizione diametralmente opposta sullo zodiaco ritroviamo… sorprendentemente la costellazione del Toro. Ma cosa vuol dire tutto questo? Come si accordano queste costellazioni con l’uroboros Serpente- Toro? Utilizzando un semplice software planetario è possibile verificare che nella Creta del III e del II Millennio a.C. la prima costellazione che sorge all’equinozio di primavera ad oriente, al levarsi delle prime stelle al tramonto del sole, è proprio la testa del Serpente e la Corona Borealis. Ma la Corona Borealis non è l’unica costellazione che rimanda alla mitologia cretese del labirinto e del Minotauro? Ebbene sì: racconta il mito che Teseo abbandonò Arianna su di una piccola isola mentre era addormentata; da Dionisos venne ridestata dal sonno profondo ed il dio, per consolarla, le donò la corona che riluce in cielo come «Corona di Arianna»12 o Corona di Borea. v 12 Quindi sia Arianna, che il Serpente appartengono ad un contesto astrale, e nella fattispecie equinoziale, unico, raffigurando e rappresentando soprattutto per la popolazione cretese del III e II millennio a.C. la porta equinoziale13 della vita, quella primaverile, segno nei cieli dell’inizio della stagione della rinascita. NdR. Secondo Eratostene ( Epitome dei Catasterismi). NdR. Attualmente, a causa della precessione degli equinozi, la porta equinoziale si trova negli ultimi gradi della costellazione dei Pesci. 13 Ma prima abbiamo rammentato che nell’emisfero celeste in posizione diametralmente opposta campeggiano le corna della costellazione del Toro e quindi è evidente che nella Creta dell’era del bronzo, v durante l’equinozio di autunno la prima costellazione ad ascendere al sorgere delle prime stelle, al tramonto del sole, sia proprio il Tauros! Il Toro che sorge, al tramonto del Sole14, vede iniziare la stagione della caduta delle foglie, dell’autunno e dell’inverno, della morte apparente e v 14 15 che deve a sua volta morire per poter rivedere risorgere il Serpente e la sua Corona15. Che si trova nella costellazione dell’Ofiuco. Alla loro levata eliaca. Non sarà certo un caso che nella descrizione omerica dello scudo di Achille nell’Iliade, forgiato dallo metallurgo Efesto, dopo la menzione della riproduzione in esso della terra, del cielo, del sole e della luna (a cui seguono a cerchio tutte le costellazioni zodiacali), i primi gruppi di stelle ‘altre’ ad essere nominati sono giusto l’ammasso aperto delle Pleiadi e delle Iadi (entrambi facenti parte della costellazione del Toro, e soprattutto le Pleiadi16 che sono le prime ad 17 elevarsi ad oriente nella levata eliaca , avanti alla salita delle corna del Toro e delle Iadi), Pleiadi menzionate per prime anche nell’Odissea (canto V, 273 a proposito della zattera di Ulisse). Ecco il legame tra Toro e Serpente. Ecco perché al sorgere mattutino dell’equinozio di primavera ritroveremo di converso il Toro e al sorgere mattutino dell’equinozio d’autunno ritroveremo sempre di converso e in opposizione astronomica il Serpente e la Corona Borealis, la Costellazione del Labirinto. Ecco perché il labirinto è la trasposizione simbolica di un Serpente avvolto su se stesso, e Arianna, la Signora oltremodo pura e NdR. Una delle sette stelle si chiama Asterope! NdR. Siamo all’equinozio di primavera. Inizia la buona stagione ed il clima è favorevole alla navigazione. 16 17 oltremodo santa dona il filo d’oro a Teseo, simbolo astrale, che a contatto del pavimento del labirinto assume la valenza simbolica del Serpente dorato, astrale, indispensabile per uccidere il Toro dalle sembianze per metà di Uomo che si ritrova al centro del molto fuoco o della terra infuocata del percorso notturno della luce astrale. Ecco perché nei misteri di Dionisos e, probabilmente, nella religione cretese il Toro rappresentava l’animale lunare che occorreva sacrificare affinché il mistero della vita potesse nuovamente avere un reinizio. Graf ricorda che v v Zeus Meilichios (Zeus il ‘mite’) veniva festeggiato nella penisola attica nelle festività delle Diasie il 23 del mese di Antesterione (proprio nel mese di marzo, quindi nel mese della porta equinoziale di primavera) e che tale ricorrenza veniva celebrata alle soglie di Atene festeggiando un divino Zeus dalle sembianze di un inusuale immenso serpente18 (e ciò avveniva non solo in Atene ma anche in altre località dell’Ellade). E’ azzardato, allora, forse ipotizzare che il nome del mese attico di Antesterione, anziché derivare classicamente dalla parola anthos (fiore) possa in realtà avere un’origine diversa? Vediamo quale. Mutuando il nome proprio da Asterion, il minotauro, preceduto dal suffisso antì (con valore di ‘contro’) a significare proprio colui che lottò contro il minotauro (antì-asterion). Ecco Teseo che, uccidendo la creatura antropofaga teriomorfa, ha permesso al grande serpente-Zeus di risorgere su Atene durante l’equinozio di primavera. Mitra sacrifica il toro Bassorilirvo del Mitreo di Santa Maria (Ce) 18 NdR. Che non poteva essere velenoso, perché mite. Altri miti, altre leggende, altre analogie Altre suggestive analogie si possono ritrovare ad esempio anche nella religione misterica di Mitra, da ricondurre ad un antico retroterra iranico (venerato colà come nume della luce e come garante di contratti e della verità); tale religione che non aveva visibilità pubblica era confinata in un ambito più privato, iniziatico, segreto, con connotazioni esoteriche peculiari (sette gradi iniziatici, con sacrificio simbolico all’interno di una grotta, simboli cosmici quale le divinità connesse ai pianeti conosciuti e i dodici segni zodiacali), molto vicina come corteo simbolico ai culti misterici iniziatici più moderni (rosacroce, massoneria, martinismo, martinezismo). L’uccisione del toro da parte di Mitra avviene in un contesto di simbolismi nictomorfi (i mitrei sono spesso ipogei o ricavati in spazi ove si ricostruisce un ambiente che ricordi una grotta ove la volta è sempre affrescata con stelle e raffigurazioni celesti). In alcuni mitrei di Ostia Antica è possibile osservare, accanto all’ara sacrificale, anche raffigurazioni di magnifici serpenti, ad ulteriore conferma che i due animali avevano valenze simboliche interconnesse. Rappresentano indiscutibilmente i ierà di questa religione misterica, magari non perfettamente compresi, ma che derivavano da quel simbolismo astrale, che aveva nelle porte equinoziali il suo primum movens. Mitra vive una vicenda sui generis (con molti punti in comune con la religione cristiana, decisamente più sincretica di quanto si possa comunemente pensare), caratterizzata dalla nascita in una grotta, dalla cattura e dall’immolazione del toro primordiale, dalla consumazione della carne (il corpo dell’animale) durante il banchetto sacro, a cui partecipa anche il Sol Invictus, e da un viaggio sul carro divino, al termine del quale è accolto proprio dal Leontocefalo, o da un personaggio avvolto dalle spire di un grosso serpente. Questo, alla luce delle mie considerazioni, rappresenta, dopo la tauroctonia rituale, dopo il sacrificio del Toro, il simbolo della rinascita del mondo, con il viatico del sorgere del Serpente e della sua Corona. Ma ritorniamo, ora, al concetto di sacrificio, correlato ad eventi astronomici. L’accorciamento progressivo del giorno, che inizia col solstizio d’estate, per culminare nel solstizio d’inverno con il giorno più corto dell’anno, ha prodotto nell’uomo una vera e propria angoscia nel timore che l’astro potesse decidere di non ritornare ad essere l’attore principale, con la sua divina luce, della rinascita della vita. Esisteva, allora, qualcosa che potesse garantire all’uomo un ritorno della Luce e della abbondanza delle messi? E’ stato a causa di questa angosciosa aspettativa del ritorno che nell’uomo si è prodotto un collegamento tra sacro e cicli delle terra. Eventi astrali e lavoro della terra furono in questo modo collegati da un legame così forte che produssero l’esigenza di poter incoraggiare e sostenere, con l’aiuto di sacrifici a queste potenti divinità ‘naturali’, il ‘regolare’ funzionamento ciclico delle stagioni. In tal guisa veniva scongiurato il mancato ritorno della fertilità attraverso la pratica di dover sacrificare alcunché di questa stessa fertilità che produceva messi e benessere. Questo sentimento sacrificale divenne parte integrante, ma lo è anche in epoca contemporanea nelle diverse forme di religione, del sacro connaturato all’uomo e di conseguenza alla cultura dei popoli. Il sentimento d’incertezza dell’angoscioso appressarsi del tenebroso buio e del gelo della stagione della morte generò il mito del Toro e del Minotauro-Asterios, che occorreva ‘sacrificare’, e la prospettiva soteriologica ciclica del serpente sempiterno e della sua splendida Signora-Corona. Bibliografia Essenziale 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 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