DIVAGAZIONI MINOICHE1
SUL LABIRINTO, IL TORO, IL SERPENTE,
ARIANNA E LE STELLE
Asterios, il Minotauro e gli Equinozi
Salvatore Massimo Stella
R∴L∴Hermes 1357, Goi. Collesalvietti, LI
Disco di Maratona
Il museo di Maratona a pochi chilometri da Atene, edificato alle
spalle del cumulo dei Plateesi, conserva una collezione di preziosi
oggetti ritrovati sul campo della celebre battaglia, combattuta a difesa
della Grecia nel 490 a.C. sulla celebre spiaggia dell’Attica dagli Ateniesi
1
Titolo originale “Mitologemi del Labirinto: il vero volto di Asterios il Minotauro”
dal volume “Le suggestioni simboliche del mito”, Edizioni Tipheret Roma –
Catania.
e dai Plateesi. Sono visibili urne, lekitoi, lapidi, statuette fittili votive ed
altri oggetti di minor pregio.
Tra i più ragguardevoli uno in particolar modo ha attirato la mia
attenzione: un grande tondo di terracotta con al centro una grande
stella a quindici punte il cui disco centrale contiene una spirale
sinistrorsa.
Una simbologia astrale associata alla rappresentazione del
maiandros2 primitivo, e cioè ad una spirale che, diversamente dalla
maggior parte di quelle rappresentate nel mondo antico (come vedremo
ad esempio più avanti nel disco di Festos), si presenta sinistrorsa. Ci
ammonisce Jung nei suoi scritti sui sogni e l’alchimia sostenendo che
v
v
‘la strada che gira verso sinistra non porta al regno degli dei e
delle idee eterne, bensì verso il basso, alle basi istintive animali
della esistenza umana’; continua Jung ricordando che
‘il movimento verso destra invece è un movimento ‘corretto’ e
tende verso la coscienza’ alla conoscenza ‘iniziatica superiore’.
Naturalmente il contesto del disco di Maratona è completamente
diverso, dal momento che qui, coerentemente con il luogo e gli eventi
storici che lo hanno prodotto, si celebrano degli eroi caduti in battaglia
che hanno intrapreso, con il trapasso, il loro percorso di katabasis3
verso il mondo delle ombre. Il tutto è quindi in conformità e sintonia
con la celebrazione di un evento luttuoso, ma glorioso per la Patris che
è stata difesa eroicamente.
Statere dì argento del V sec. aC
2
3
NdR. In It.= Meandro, percorso tortuoso.
NdR. In It = Discesa
La stella e il labirinto sono, quindi, coniugati in un significato
simbolico che riconduce invariabilmente alla luminosità dell’atto di
valore nel percorso discendente delle anime che si distaccano dal
mondo della rappresentazione.
Abbiamo menzionato il disco di Festos4, che studieremo nei
dettagli più avanti, che nella sua spirale destrorsa conduce verso una
conoscenza sicuramente iniziatica attraverso un percorso di tipo
misterico, al centro del quale, nel lato A, è presente un fiore a otto
petali. Questo, probabilmente, equivale, almeno dal punto di vista
strettamente simbolico e tradizionale, alla stella a otto punte tanto cara
alla simbologia dei macedoni delle tombe reali di Vergina.
Ed è cosa piuttosto singolare che tale valenza possa essere
sfuggita inspiegabilmente all’occhio attento di Mircea Eliade che
sapeva sapientemente estrapolare le valenze iniziatiche di molti oggetti
di culto dell’antichità, indagati, del resto, da archeologi senza le
necessarie conoscenze tradizionali.
Anche qui al centro del labyrinthos abbiamo riferimenti astrali che
riportano al significato originario e poco noto dell’antichissimo mito
minoico.
Il mito greco narra che il Minotauro, ovvero il toro di Minosse
(ma non era questo il vero nome dell’essere teriomorfo antropofago),
fratello di Arianna, era una la creatura mostruosa e feroce, per metà
uomo e per metà toro, figlio del Toro di Creta, dono di Poseidone al re
cretese Minosse, e di Pasifae, regina dell’isola.
4
A pagina 107 del Volume citato.
Il fiore, l’Aster al centro del Labirinto.
Il meandro raffigurato nello statere d’argento del V secolo a.C.
coniato a Knossos, come sviluppo della swastika sinistrorsa (ma esiste
anche uno statere destrorso più antecedente coniato sempre a Knossos)
ha al centro del labirinto un aster, una stella a otto punte del tutto simile
al fiore del disco di Festos.
Questo Aster, posto al centro di un cerchio di meandri, rimanda
all’altro nome del Minotauro, Asterios o Asterione.
La parola Asterios in greco deriva da un aggettivo con il
significato di stellare-stellato-delle stelle. Quindi il nome era un nome
luminoso.
E’ ragionevole ipotizzare che questo aster al centro del labirinto
(da-pu-ri-to, lemma originale in lineare B5), abbia un significato
astrale, che pensiamo vada molto al di là di quanto affermato dal
Kerényi, il quale indicava che il percorso a spirale rappresentasse
genericamente «un cammino verso la Luce».
La parola labirinto, quindi, lungi da derivare da labrys, l’ascia
bipenne minoica, né quanto meno dall’egeo-asianico labra-laura con il
significato di pietra, grotta, come sostenuto da Eliade, riporterebbe,
invece, come radice -bir- al significato di fuoco (-pur). La sillaba
iniziale la (da-) potrebbe essere, analogamente al greco antico (sviluppo
del ‘protogreco’ miceneo), un prefisso intensivo col significato di molto.
v
Quindi, un cammino per l’acquisizione del molto fuoco, della
molta luce; un percorso, a spirale o a meandro, per apprendere
ciò che è iscritto probabilmente nella volta stellare, ciò che la
volta stellare permette di far conoscere all’uomo attraverso il
significato della vita e della morte.
Alternativamente la sillaba da- potrebbe significare Terra (parola
di origine arcadico-cipriota e quindi achea in comune anche alla parola
Dā-Māter, cioè Demetra, la Dea della Terra) e quindi il tutto potrebbe
significare luogo ove vi sia la terra infuocata con simili analogie a luogo
infuocato ovvero illuminato.
5
Lineare B, scrittura minoico-micenea del XIII secolo a.C.
v
D’altronde Kerényi stesso, facendo osservare come in realtà i
corridoi del Palazzo di Knossos conducano alla principale fonte
di luce del palazzo, intuì, senza comunque svilupparne la radice
verbale, «cosa significasse da-pu-ri-to per i Minoici: un
cammino verso la luce».
In una tavoletta di Knossos in lineare B si legge ‘da-pu-ri-to-jo
po-ti-ni-ja’ (che tradotto in greco antico suonerebbe come labyrinthoio
potniai), cioè alla Signora del Labirinto, alla Grande Dea dei cretesi,
raffigurata con i due serpenti in mano, dativo a cui segue la parola meri, che tradotto in greco antico equivarrebbe a meli, cioè a miele.
Il miele, sappiamo che era considerato nell’antichità cibo di
Verità e degli dei.
In Egitto infatti Thot era evocato come dio della Conoscenza e
della Verità attraverso offerte di miele con la formula ‘dolce è la
Verità’.
Anche a Creta lo ritroviamo nel mito di Zeus bambino, nutrito
con il miele al tempo del suo esilio sul monte Ida, ed anche nel mito di
Dionisos, nutrito dalle Iadi6 con il divino miele, il denso e dolce
liquido dorato, che riconduce ad un immaginario ‘astrale’ e divino di
un oro commestibile e prezioso, frutto dei fiori attraverso la magica
opera delle api.
Il mito di Asterios, trascurato dagli Elleni
invasori, non giunse in Ellade
I greci che raccolsero e divulgarono il mito del labirinto non
tramandarono però questo aspetto luminoso, ritenuto illogico, del
Minotauro che tale perdurò, quindi, esclusivamente nell’isola. Si
potrebbe ipotizzare una perversione opportunistica di un diverso mito
originario.
Il mito di Asterios è strettamente collegato alla Grande Dea
Cretese, Ari-Dela (la oltremodo chiara, e in questa accezione connessa
al simbolismo del disco lunare, poiché divinità del regime notturno) o
Ari-Adne o Ari-Agne (Arianna, Aracne7) come chiamata da Omero
nell’Iliade (XVIII-592).
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7
Ammasso stellare della testa della costellazione zodiacale del Toro.
NDr. Aracne, Ragno, Ragnatela, Labirinto.
Forse lontana eco di quel primo e originario nome che in Lineare
A suonava come Asasara (di derivazione probabilmente luvia col
significato di Mia Signora, Mea Domina), la misteriosa dea dai riccioli
belli, kalliplòkamos.
E non poteva avere diverso appellativo la Regina del Labirinto.
Questa parola, kalliplòkamos, deriva dal verbo greco pleko, intrecciareattorcigliare-complicare-ingarbugliare.
Il mito della Signora Regina, oltremodo santa o oltremodo pura,
inoltre, si sviluppa in parallelo con un’altra importante divinità, già
nota nell’isola, quel Dionysos Kresios, cretese8.
Queste due divinità concorrono, forse, a raffigurare per
importanza il gotha del pantheon cretese con una più che verosimile
prevalenza della figura della Grande Dea Lunare dai nomi molteplici
ed equivalenti, ma ancora misteriosi, di Arianna-Rea-DemetraPersefone.
Prima di Zeus, ad Olimpia, una divinitàserpente
In molte ceramiche vascolari a figure nere e a figure rosse il
meandro, inconfondibile symbolon del labirinto cretese, è raffigurato con
spirali continue rappresentando una variante in forma curvilinea del
labirinto ‘quadrato’.
Quale migliore rappresentazione grafica di una serpe,
attorcigliata su se stessa, il labirinto di Knossos 9. Nella sua forma a
spirale lo si ritrova non solo a Creta, ma anche a Babilonia (W.F.
Jackson Knight). Era associato al cervello ed agli organi interni del
corpo umano, nonché al mondo degli inferi, quindi ad un simbolismo
ctonio e notturno.
8
Che si credeva di origine tracia e che, invece, grazie alla decifrazione da parte di
Ventris nel ’52 della lineare B, ne ha fatto sorprendentemente anche un nume
locale.
9
NdR. Per tracciare un labirinto basta una corda ripiegata su se stessa. Se svolgiamo
un labirinto avremo un segmento di retta.
v
v
v
v
Due serpenti tiene nelle mani la grande dea cretese con il seno
nudo delle celeberrime statuette, conservate al Museo di
Heraklion.
Sappiamo, comunque, da Pausania che anche la divinità che
precedette Zeus ad Olimpia aveva l’aspetto di un serpente. 10
Ed un serpente, in prossimità della fonte Ciane presso Siracusa,
all’interno di un anfratto, ingannò Persefone, per rapirla e
trascinarla nell’Ade, come ci riporta Nonno di Panopoli nelle
sue Dionisiache.
Ovidio, nelle sue Metamorfosi, scrive che egli ingannò come serpe
lucente la figlia di Deo.11
Ma noi crediamo che comunque il mito cretese sia del tutto
separato dal successivo mito ellenico. A Creta il serpente assumeva un
significato differente, perduto per sempre nella cesura del medio evo
ellenico, in quello spazio muto di storia ove la scrittura, già inventata e
codificata nel II millennio a.C. dai cretesi e successivamente dai
conquistatori micenei, scomparve completamente per quasi quattro
secoli di storia.
v
Il significato del Serpente, del Labirinto e della Stella era
necessariamente collegato a un traslato che non aveva
rispondenze in un ambito secolare o in astratte e intrigate
mitologie teogoniche, ma doveva essere proiettato nel dominio
della più semplice e immediata osservazione della volta celeste.
Ipotizziamo, ora, un legame euristico
Il Serpente e la Stella non erano simboli apparentemente
contraddittori, ma la voce coerente e univoca di riferimenti ad una
fenomenologia che si è irrimediabilmente perduta poiché probabilmente
non più compresa e quindi non tramandata nelle memorie della tradizione
continentale posteriore.
A complicare o, come spesso avviene nella vita, una buona volta
a chiarire le cose, è quanto riportato da un autore cristiano apologeta,
di origini siracusane, del IV secolo d.C., Giulio Firmico Materno. Nel
De errore profanarum religionum l’autore, infatti, riporta una formula
10
11
NdR. Accanto a Minerva, Esculapio ed Ecate viene scolpito un serpente.
Demetra
misterica di un mito segreto, sicuramente recitato come versetto dai
mystes dei misteri a cui appartenevano.
Serviva come parola d’ordine e come professione di fede per i
fedeli. In base al testo tramandato è attribuibile, a ben valutare, da parte
dei mitologi e storici delle religioni ai misteri di Dioniso o di Sabazio.
La formula, che secondo il filologo e storico delle religioni ungherese
Karl Kerényi, è di chiara derivazione cretese, suona in greco così:
v
Tauros Dràcontos kai Patèr Taùrou Dràcon
dove dràcontos è genitivo di dràcon, e quindi la conseguente traduzione
reciterebbe così:
v
Il toro è padre del serpente e il serpente è padre del toro
La formula introduce apparentemente un motivo ciclico: la
procreazione si perpetua indefinitamente nella forma del serpente e del
toro e viceversa.
Tale figura simbolica richiama alla mente la forma dell’uroboros
(dal greco ouroboros dove ourá ha significato di coda e boros di voracità),
simbolo antichissimo che raffigura un serpente che si morde la coda che
rigenerandosi ininterrottamente viene a formare una sorta di cerchio
che si ripete con evidente riferimento a una periodicità ciclica
temporale.
È simbolo alchemico ed ermetico che rimanda alla natura
ricorrente delle cose, ciò che è raffigurabile attraverso una sequenza che
riprende dal principio dopo essere pervenuta al proprio termine. In
alcune rappresentazioni il serpente è anche raffigurato per metà bianco
e per metà nero, atto a richiamare alla mente la natura dualistica delle
cose e soprattutto il concetto che le opposizioni non sono in conflitto
tra loro ma si integrano vicendevolmente.
v
Ma cosa significa in realtà che il Toro genera il Serpente e che
questi quindi genererebbe il Toro?
Come mai questi due esseri che si generano vicendevolmente
avevano così grande visibilità nell’ambito religioso minoico? E perché
proprio questi due animali e non altri? La risposta al quesito, sino ad
ora mai formulato, ha una chiave di volta che crediamo possa
rintracciarsi in quel simbolismo astrale che si trova al centro del
labirinto cretese, e soprattutto nel vero nome del Minotauro, e cioè in
Asterios.
La soluzione del dilemma è quindi da ricercare nei cieli
dell’isola cretese del III e II millennio a.C. . Innanzitutto per
principiare verrebbe da domandarsi in primis quando veniva festeggiato
l’inizio del nuovo anno presso l’antica civiltà minoica. La risposta è
fornita dalla levata eliaca di Sirio: quando la stella mattutina (la vera
stella mattutina, la più brillante dell’universo, essendo la splendente
Venere o Lucifero, ma anche le brillantissime Giove e Marte, dei
semplici pianeti che brillano di luce riflessa) sorgeva con tutta la sua
costellazione al seguito (del Canis Maior, il Cane di Orione), nel mese
di luglio. Ebbene lì era da collocare il capodanno, come avveniva già da
un millennio nell’antico Egitto e, successivamente, nella antica Grecia.
Ma da questi eventi astronomici non si deduce alcunché riguardo
al simbolo del Toro né quanto meno del Serpente. Bisogna allora
cercare altrove.
Sovviene allora che il Serpente e il Serpentario o Ofiuco (fig. 4)
sono due costellazioni delle quali la seconda è considerata attualmente
una delle tredici costellazioni zodiacali: come ci riporta Igino nel II sec.
d.C.: «la testa inclinata nel gesto di chi si piega all’indietro è rappresentato con
un serpente tra le mani […] è delimitato all’altezza delle ginocchia dal circolo
equinoziale, […] calca col piede sinistro gli occhi dello Scorpione […] quanto
al Serpente che ha in mano, sfiora con la punta del volto la Corona
Borealis, cinge in qualche modo a metà corpo il serpentario […] ; il serpente a
sua volta ha due stelle nel capo, quattro sotto la testa tutte insieme […] in tutto
fa ventitré stelle».
v
v
Il Serpente è una delle quarantotto costellazioni elencate da
Tolomeo (I-II sec. d.C.). È l’unica delle costellazioni ad essere
divisa in due parti: la Testa del Serpente (Serpens Caput) ad
ovest e la Coda del Serpente (Serpens Cauda) ad est. Tra queste
due parti si trova la costellazione di Ofiuco o del Serpentario,
colui che porta il Serpente.
Nella posizione diametralmente opposta sullo zodiaco
ritroviamo… sorprendentemente la costellazione del Toro.
Ma cosa vuol dire tutto questo?
Come si accordano queste costellazioni con l’uroboros Serpente-
Toro?
Utilizzando un semplice software planetario è possibile verificare
che nella Creta del III e del II Millennio a.C. la prima costellazione che
sorge all’equinozio di primavera ad oriente, al levarsi delle prime stelle al
tramonto del sole, è proprio la testa del Serpente e la Corona Borealis.
Ma la Corona Borealis non è l’unica costellazione che rimanda
alla mitologia cretese del labirinto e del Minotauro?
Ebbene sì: racconta il mito che Teseo abbandonò Arianna su di
una piccola isola mentre era addormentata; da Dionisos venne ridestata
dal sonno profondo ed il dio, per consolarla, le donò la corona che
riluce in cielo come «Corona di Arianna»12 o Corona di Borea.
v
12
Quindi sia Arianna, che il Serpente appartengono ad un
contesto astrale, e nella fattispecie equinoziale, unico,
raffigurando e rappresentando soprattutto per la popolazione
cretese del III e II millennio a.C. la porta equinoziale13 della
vita, quella primaverile, segno nei cieli dell’inizio della stagione
della rinascita.
NdR. Secondo Eratostene ( Epitome dei Catasterismi).
NdR. Attualmente, a causa della precessione degli equinozi, la porta equinoziale si
trova negli ultimi gradi della costellazione dei Pesci.
13
Ma prima abbiamo rammentato che nell’emisfero celeste in
posizione diametralmente opposta campeggiano le corna della
costellazione del Toro e quindi è evidente che nella Creta dell’era del
bronzo,
v
durante l’equinozio di autunno la prima costellazione ad
ascendere al sorgere delle prime stelle, al tramonto del sole, sia
proprio il Tauros!
Il Toro che sorge, al tramonto del Sole14, vede iniziare la stagione
della caduta delle foglie, dell’autunno e dell’inverno, della morte
apparente e
v
14
15
che deve a sua volta morire per poter rivedere risorgere il
Serpente e la sua Corona15.
Che si trova nella costellazione dell’Ofiuco.
Alla loro levata eliaca.
Non sarà certo un caso che nella descrizione omerica dello scudo
di Achille nell’Iliade, forgiato dallo metallurgo Efesto, dopo la
menzione della riproduzione in esso della terra, del cielo, del sole e
della luna (a cui seguono a cerchio tutte le costellazioni zodiacali), i
primi gruppi di stelle ‘altre’ ad essere nominati sono giusto l’ammasso
aperto delle Pleiadi e delle Iadi (entrambi facenti parte della
costellazione del Toro, e soprattutto le Pleiadi16 che sono le prime ad
17
elevarsi ad oriente nella levata eliaca , avanti alla salita delle corna del
Toro e delle Iadi), Pleiadi menzionate per prime anche nell’Odissea
(canto V, 273 a proposito della zattera di Ulisse).
Ecco il legame tra Toro e Serpente.
Ecco perché al sorgere mattutino dell’equinozio di primavera
ritroveremo di converso il Toro e al sorgere mattutino dell’equinozio
d’autunno ritroveremo sempre di converso e in opposizione astronomica
il Serpente e la Corona Borealis, la Costellazione del Labirinto.
Ecco perché il labirinto è la trasposizione simbolica di un
Serpente avvolto su se stesso, e Arianna, la Signora oltremodo pura e
NdR. Una delle sette stelle si chiama Asterope!
NdR. Siamo all’equinozio di primavera. Inizia la buona stagione ed il clima è
favorevole alla navigazione.
16
17
oltremodo santa dona il filo d’oro a Teseo, simbolo astrale, che a contatto
del pavimento del labirinto assume la valenza simbolica del Serpente
dorato, astrale, indispensabile per uccidere il Toro dalle sembianze per
metà di Uomo che si ritrova al centro del molto fuoco o della terra
infuocata del percorso notturno della luce astrale.
Ecco perché nei misteri di Dionisos e, probabilmente, nella
religione cretese il Toro rappresentava l’animale lunare che occorreva
sacrificare affinché il mistero della vita potesse nuovamente avere un reinizio.
Graf ricorda che
v
v
Zeus Meilichios (Zeus il ‘mite’) veniva festeggiato nella penisola
attica nelle festività delle Diasie il 23 del mese di Antesterione
(proprio nel mese di marzo, quindi nel mese della porta
equinoziale di primavera) e che
tale ricorrenza veniva celebrata alle soglie di Atene festeggiando
un divino Zeus dalle sembianze di un inusuale immenso
serpente18 (e ciò avveniva non solo in Atene ma anche in altre
località dell’Ellade).
E’ azzardato, allora, forse ipotizzare che il nome del mese attico
di Antesterione, anziché derivare classicamente dalla parola anthos
(fiore) possa in realtà avere un’origine diversa?
Vediamo quale. Mutuando il nome proprio da Asterion, il
minotauro, preceduto dal suffisso antì (con valore di ‘contro’) a
significare proprio colui che lottò contro il minotauro (antì-asterion).
Ecco Teseo che, uccidendo la creatura antropofaga teriomorfa, ha
permesso al grande serpente-Zeus di risorgere su Atene durante
l’equinozio di primavera.
Mitra sacrifica il toro
Bassorilirvo del Mitreo di Santa Maria (Ce)
18
NdR. Che non poteva essere velenoso, perché mite.
Altri miti, altre leggende, altre analogie
Altre suggestive analogie si possono ritrovare ad esempio anche
nella religione misterica di Mitra, da ricondurre ad un antico retroterra
iranico (venerato colà come nume della luce e come garante di contratti
e della verità); tale religione che non aveva visibilità pubblica era
confinata in un ambito più privato, iniziatico, segreto, con
connotazioni esoteriche peculiari (sette gradi iniziatici, con sacrificio
simbolico all’interno di una grotta, simboli cosmici quale le divinità
connesse ai pianeti conosciuti e i dodici segni zodiacali), molto vicina
come corteo simbolico ai culti misterici iniziatici più moderni (rosacroce, massoneria, martinismo, martinezismo).
L’uccisione del toro da parte di Mitra avviene in un contesto di
simbolismi nictomorfi (i mitrei sono spesso ipogei o ricavati in spazi
ove si ricostruisce un ambiente che ricordi una grotta ove la volta è
sempre affrescata con stelle e raffigurazioni celesti).
In alcuni mitrei di Ostia Antica è possibile osservare, accanto
all’ara sacrificale, anche raffigurazioni di magnifici serpenti, ad
ulteriore conferma che i due animali avevano valenze simboliche
interconnesse. Rappresentano indiscutibilmente i ierà di questa
religione misterica, magari non perfettamente compresi, ma che
derivavano da quel simbolismo astrale, che aveva nelle porte
equinoziali il suo primum movens.
Mitra vive una vicenda sui generis (con molti punti in comune con
la religione cristiana, decisamente più sincretica di quanto si possa
comunemente pensare), caratterizzata dalla nascita in una grotta, dalla
cattura e dall’immolazione del toro primordiale, dalla consumazione
della carne (il corpo dell’animale) durante il banchetto sacro, a cui
partecipa anche il Sol Invictus, e da un viaggio sul carro divino, al
termine del quale è accolto proprio dal Leontocefalo, o da un
personaggio avvolto dalle spire di un grosso serpente.
Questo, alla luce delle mie considerazioni, rappresenta, dopo la
tauroctonia rituale, dopo il sacrificio del Toro, il simbolo della
rinascita del mondo, con il viatico del sorgere del Serpente e della sua
Corona.
Ma ritorniamo, ora, al concetto di sacrificio, correlato ad eventi
astronomici.
L’accorciamento progressivo del giorno, che inizia col solstizio
d’estate, per culminare nel solstizio d’inverno con il giorno più corto
dell’anno, ha prodotto nell’uomo una vera e propria angoscia nel
timore che l’astro potesse decidere di non ritornare ad essere l’attore
principale, con la sua divina luce, della rinascita della vita.
Esisteva, allora, qualcosa che potesse garantire all’uomo un
ritorno della Luce e della abbondanza delle messi?
E’ stato a causa di questa angosciosa aspettativa del ritorno che
nell’uomo si è prodotto un collegamento tra sacro e cicli delle terra.
Eventi astrali e lavoro della terra furono in questo modo collegati
da un legame così forte che produssero l’esigenza di poter incoraggiare
e sostenere, con l’aiuto di sacrifici a queste potenti divinità ‘naturali’, il
‘regolare’ funzionamento ciclico delle stagioni.
In tal guisa veniva scongiurato il mancato ritorno della fertilità
attraverso la pratica di dover sacrificare alcunché di questa stessa fertilità che
produceva messi e benessere. Questo sentimento sacrificale divenne parte
integrante, ma lo è anche in epoca contemporanea nelle diverse forme
di religione, del sacro connaturato all’uomo e di conseguenza alla
cultura dei popoli.
Il sentimento d’incertezza dell’angoscioso appressarsi del
tenebroso buio e del gelo della stagione della morte generò il mito del
Toro e del Minotauro-Asterios, che occorreva ‘sacrificare’, e la
prospettiva soteriologica ciclica del serpente sempiterno e della sua
splendida Signora-Corona.
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