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LA RICERCA EMPIRICA DEI CORRELATI
NEURALI DELLA COSCIENZA: ESPERIMENTI DI
RIVALITA’ BINOCULARE
autore: Stefano Giannini
key-words: rivalità binoculare; coscienza; percezione; Edelman; Tononi.
Abstract
Nell’ambito della ricerca neuroscientifica si ricorre sovente all’ utilizzo di
paradigmi sperimentali che permettono di osservare l’insorgere di singolari
fenomeni percettivi. In anni recenti la percezione si è rivelata essere una sorta di
punto di osservazione privilegiato per lo studio di processi di alto livello, come la
coscienza, argomenti difficili da affrontare sul piano empirico con il metodo
sperimentale. Secondo alcuni ricercatori gli studi sulla percezione di un
particolare fenomeno percettivo definito “rivalità binoculare” hanno permesso di
avvicinare il “problema della coscienza” e dei suoi correlati neurali alla ricerca
sperimentale. La rivalità binoculare è un fenomeno percettivo-visivo che
sopraggiunge quando vengono presentate contemporaneamente agli occhi di un
soggetto immagini diverse tra loro e che da esito ad una spontanea alternanza
visiva delle due immagini, percepite coscientemente in maniera alternata. Tale
fenomeno risulta estremamente interessante per gli studiosi della coscienza perché
la visione passa da uno stato cosciente ad uno stato non cosciente. Per via di
questa particolarità, questi studiosi hanno impiegato la tecnica della rivalità
binoculare come mezzo per indagare la coscienza nel tentativo di individuare i
correlati neurali che la governano.
Il fenomeno della rivalità binoculare
Immaginiamo una situazione sperimentale in cui vengono presentati agli occhi di
un soggetto le immagini sottostanti in modo che ciascun occhio sia in grado di
vedere solamente una delle due.
(occhio sinistro)
(occhio destro)
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Per questo esperimento può essere utilizzato uno stereoscopio, un particolare
visore che garantisce la visione separata dei due occhi, oppure, in alternativa, le
due immagini possono essere sovrapposte utilizzando come supporto dei lucidi,
per poi essere osservate con appositi occhiali dotati di lenti polarizzate (i classici
occhiali utilizzati per la visione 3D). Osservando queste immagini separate
attraverso lo stereoscopio, o sovrapposte attraverso lenti polarizzate, un soggetto
sperimenta un’oscillazione della coscienza visiva, risultando impossibile l’essere
contemporaneamente coscienti di entrambe le immagini. Questo fenomeno è noto
come rivalità binoculare. Secondo alcuni studiosi contemporanei (David A.
Leopold and Nikos K. Logothetis,1999), il fenomeno della rivalità binoculare può
essere incluso in una più ampia classe di fenomeni percettivi definiti fenomeni di
percezione multistabile, per via di alcune caratteristiche comuni; per altri invece,
la rivalità è frutto di una elaborazione esclusiva che poco condivide con gli altri
fenomeni di ambiguità percettiva.
Oggi le principali ipotesi esplicative sono conosciute come “Teoria della
competizione interoculare” (Levelt, 1965), che descrive il fenomeno come un
processo di competizione meccanica conseguente ad inibizioni reciproche tra i
due occhi, e “Teoria della competizione tra pattern” (Logothetis et al, 1996), che
propone l’idea secondo cui la rivalità sorgerebbe da una competizione tra pattern
incompatibili a livello rappresentazionale, ad un livello cioè successivo lo stadio
in cui gli input provenienti da ambedue gli occhi convergono nella corteccia
visiva primaria. A titolo esemplificativo, la rivalità che insorgerebbe con la
visione di una grata verticale tramite l’occhio sinistro e di una grata orizzontale
vista con l’occhio destro, rifletterebbe, secondo questa tesi, la competizione tra le
rappresentazioni percettive del “verticale” e dell’ “orizzontale” piuttosto che dalla
competizione tra il canale oculare destro e il canale oculare sinistro. Un modello
neurale che simula questo tipo di competizione è stato realizzato da Dayan nel
1998. Tale modello prevede che la competizione si sviluppi a più livelli e prevede
effetti di riorganizzazione tramite segnali di ritorno (feedback).
La teoria di Logothetis sostiene quindi che la rivalità implica una forma di
competizione ad un livello più alto, tra interpretazioni percettive del mondo
esterno egualmente valide. In questo senso, si ritiene che la rivalità binoculare
rifletta un meccanismo di base molto simile, se non identico, a quello che media
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la rivalità nelle così dette percezioni multistabili delle figure ambigue come il
cubo di Necker o la faccia /vaso di Rubin.
Le ricerche sulla rivalità binoculare nell’ uomo
L’esperimento della rivalità binoculare, secondo il gruppo di Edelman & Tononi
rappresenta qualcosa di insuperabile nel dimostrare come la coscienza dipenda da
un substrato neurale distribuito in molte aree della corteccia cerebrale. In questo
senso Tononi afferma che questo paradigma risulta estremamente idoneo « per
andare a vedere cosa capita nel cervello…se lo stimolo è costante possiamo
vedere quali parti della corteccia visiva cambiano la loro attività a seconda di
quello che vediamo coscientemente». L’idea alla base è che se in un soggetto
cambia lo stato di coscienza, cambierà anche “qualche cosa” a livello neurale e
questo “qualcosa” sarà in qualche modo legato alle basi neurali della coscienza.
Gli autori (Tononi et al, 1998) hanno effettuato esperimenti in cui i soggetti
venivano monitorati con magnetoencefalografia (MEG) a 128 canali durante la
visione di stimoli visivi concorrenti in grado di generare il fenomeno di rivalità.
Gli stimoli utilizzati consistevano in una grata orizzontale di colore rosso ed una
verticale di colore blu, ma per la loro presentazione è stata utilizzata una tecnica
particolare definita frequency tagging (o etichettamento di frequenza): si sceglie
una frequenza (es. 8,3 cicli/secondo) e si fa vibrare lo stimolo orizzontale a quella
frequenza; si sceglie poi una frequenza leggermente diversa (es. 7,4 cicli/secondo)
e a questa frequenza si fa vibrare lo stimolo verticale. Il fenomeno di rivalità
binoculare non cambia e ciascun soggetto percepisce un’alternanza di barre rosse
e di barre blu circa ogni 2 secondi. I soggetti non si rendono conto che questi
stimoli vibrano a frequenze leggermente diverse. Con la magnetoencefalografia si
rileva la risposta del cervello a varie frequenze da alcuni dei 128 sensori: a 7,3 e a
8,4 cicli/secondo vengono registrati due picchi nettissimi e chiarissimi (elevato
rapporto segnale/rumore) che indicano come ci sia un gran numero di neuroni, al
di sotto di questi elettrodi, che rispondono alla frequenza degli stimoli: alcuni alla
frequenza dello stimolo rosso, altri a quella dello stimolo blu. Con questo
esperimento è stato possibile misurare quanti neuroni vibrano in sincronia con lo
stimolo rosso e quanti con quello blu, isolando l’ampiezza della risposta. Tale
ampiezza è risultata netta nella corteccia visiva, dove gli stimoli arrivano
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direttamente, ma sono state rilevate risposte anche molto più in avanti, persino
nella corteccia prefrontale. Nell’esperimento si chiedeva al soggetto di avvertire,
premendo un pulsante, il momento in cui “vedeva” le barre verticali e quando al
contrario vedeva quelle orizzontali. Dopo aver registrato questa risposta fu
esaminata l’attività registrata nei periodi in cui il soggetto era cosciente delle barre
rosse e in quelli in cui era cosciente delle barre blu. Tononi spiega come sia
possibile scoprire qual’é l’attività elettrica cerebrale alle frequenze dello stimolo
di cui il soggetto non è cosciente e cosa fa il cervello quando il soggetto non
“vede” lo stimolo. Egli spiega che c’è sempre moltissima attività nervosa nel
cervello che non sembra contribuire affatto alla nostra esperienza cosciente.
Evidentemente tutti questi neuroni che vibrano alla frequenza dello stimolo rosso,
quando vediamo e siamo coscienti dello stimolo blu, sono attivi ma non
producono la coscienza corrispondente. Nell’esperimento del frequency tagging è
stato mostrato quindi che nella corteccia cerebrale di un soggetto normale ci sono
milioni di neuroni che “scaricano” senza che il soggetto si accorga di niente. A
prima vista, l’ attività nel cervello durante le fasi in cui si è coscienti dello stimolo
presentato sembra non mostrare alcuna differenza con il tracciato dell’attività dei
momenti in cui non vi è alcuna coscienza dello stimolo, le due attività sono simili,
ma l’intensità di questa attività cambia notevolmente: «Il modo migliore per
apprezzare questa variazione di intensità», spiega Tononi, «è sottrarre l’una
dall’altra le due mappe di attività cerebrale per ottenere la differenza della
risposta cerebrale tra il momento in cui il soggetto è cosciente dello stimolo e
quello in cui non lo è. La risposta allo stesso stimolo, comunque presente nel
campo visivo, è circa il 30-80 per cento più intensa quando il soggetto è
cosciente, rispetto a quando non lo è. Quindi è vero che i neuroni scaricano alla
frequenza dello stimolo anche quando non lo percepiamo; ma quando lo
percepiamo e ne siamo dunque coscienti, evidentemente o scaricano di più o
scaricano in maniera sincrona». L’aumento della scarica o della sincronizzazione,
quando c’è esperienza cosciente, non avviene soltanto nella corteccia visiva, ma
in modo molto più distribuito, persino nella corteccia prefrontale. Tononi
sottolinea inoltre il fatto che ciascun soggetto rappresenta un caso a sé stante, dal
punto di vista della distribuzione delle risposte. Egli afferma che il nostro cervello
è simile a quello degli altri, ma non perfettamente identico. Ogni risposta è
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altamente individuale. Ogni soggetto ha la sua particolare “firma” che si ripete e si
ritrova nel tempo « E questa è un’osservazione che, al di là della coscienza, ci
dovrebbe ricordare il valore dell’individualità». In conclusione, secondo questi
studi, la coscienza visiva di uno stimolo si associa a una forte interazione tra
diverse aree del cervello per cui il substrato della coscienza risulta altamente
distribuito ed è correlato ad un aumento di intensità e di sincronia dell’attività
neuronale di gruppi di neuroni.
Conclusioni
Un motivo per cui la rivalità binoculare è ritenuta importante per lo studio delle
basi neurali della coscienza è che essa sembra rappresentare uno strumento per
dissociare: da una parte l’attività neurale che è guidata dallo stimolo, dall’altra
l’attività neurale che corrisponde alla percezione soggettiva (cosciente), che è ciò
che il soggetto esperisce visivamente. In questa condizione sebbene la
stimolazione sensoriale rimanga costante, la percezione cambia drasticamente. La
questione quindi diventa scoprire quale dell’attività neurale sottostante alla
percezione visiva si correla con lo stimolo e quale con il percetto. L’idea che si
cela dietro questa affermazione è che l’attività neurale più strettamente associata
con il percetto è verosimilmente l’attività neurale che rappresenta cosa il soggetto
sta vedendo (o che codifica il contenuto dell’esperienza visiva), e che quindi
rappresenta il correlato neurale del processo in corso: l’ esperienza percettivovisiva cosciente.
Bibliografia :
Chalmers, D.J. (2000), ‘What is a neural correlate of consciousness?’, in Metzinger (2000a).
Crick, F. & Koch, C. 1992. The problem of consciousness. Scientific American 267(3):152-60.
Gerald M. Edelman & Giulio Tononi :“Un universo di coscienza (Come la materia diventa
immaginazione)”, Biblioteca Einaudi.
Leopold, D.A. and Logothetis, N.K., 1999: Multistable phenomena: changing views in
perception.Trends in Cognitive Sciences 3(7), 254–264.
Levelt, W.J.M., 1965: On Binocular Rivalry, Assen, The Netherlands: Royal VanGorcum.
Logothetis, N.K. and Schall, J.D., 1989: Neural correlates of subjective visual perception. Science
245, 761–763.
Searle J., Il mistero della coscienza, Milano, Raffaello Cortina, 1998
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Tononi, G., Srinivasan, R., Russell, D.P. and Edelman, G.M., 1998: Investigating neural correlates
of conscious perception by frequency-tagged neuromagnetic responses. Proc Natl Acad Sci USA
95(6), 3198–3203.
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Note: Evitare le note a piè di pagina. Quando necessario, numerarle consecutivamente e riportare le diciture
appropriate a piè di pagina.
Bibliografia: nel testo segnalare i riferimenti degli autori (cognomi ed anno di pubblicazione) tra parentesi.
L’elenco dei riferimenti deve essere in ordine alfabetico secondo il cognome del primo autore di ogni
riferimento. Il cognome di ogni autore è seguito dalle iniziali del nome. Si prega di citare tutti gli autori: ‘et
al.’ non è sufficiente. A questi devono seguire: l’anno tra parentesi, titolo, rivista, volume e numero delle
pagine.
Esempi:
Articoli pubblicati su Giornale: Gillberg, C. (1990). Autism and pervasive developmental
disorders. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 31, 99–119.
Libri: Atkinson, J. (2000). The developing visual brain. Oxford: Oxford University Press Oxford Psychology
Series.
Contributi a Libri: Rojahn, J, e Sisson, L. A. (1990). Stereotyped behavior. In J. L. Matson
(Ed.), Handbook of behavior modification with the mentally retarded (2nd ed.). New York: PlenumPress.
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