Modulo 5 IMP. 208/241 28-09-2004 13:45 Pagina 208 208 1 Augusto e il Principato La “libertà” degli aristocratici non si identifica con la “libertà” dei plebei 1 DUE OPPOSTI PUNTI DI VISTA: PLEBEI CONTRO NOBILTÀ SENATORIA. Uccidendo Cesare, i congiurati avevano, per così dire, agito in buona fede. Proclamandosi dittatore a vita, Cesare aveva inferto il colpo definitivo alla Costituzione repubblicana, che essi ritenevano l’unica forma di governo in grado di garantire la libertà dei cittadini, e aveva tolto ogni potere al Senato, che essi giudicavano formato da professionisti della politica e quindi insostituibile se si voleva amministrare con competenza lo Stato e trattare con gli Stati esteri. Ma chi erano i congiurati? Erano aristocratici e senatori, cioè i rappresentanti di una categoria che aveva approfittato delle leggi repubblicane per ottenere ogni sorta di privilegi e le aveva spregiudicatamente infrante ogni volta che questi privilegi erano stati minacciati da altre leggi. I congiurati chiamavano Cesare “tiranno” e formalmente avevano ragione, visto che egli aveva assunto tutti i poteri e governava prendendo le decisioni da solo. Ma quale “libertà” era minacciata da questa tirannide? Secondo il parere della plebe, la cosiddetta “tirannide” di Cesare era il governo saggio e illuminato di un uomo che intendeva mettere ordine nel caos creato dalle Guerre civili, porre fine alle stragi e abbattere i privilegi degli aristocratici. Quanto alla “libertà”, per i plebei essa non era altro che l’ingiustizia esercitata dagli aristocratici quando rubavano i campi ai piccoli proprietari o esigevano affitti vertiginosi per gli appartamenti di stabili in rovina. Ancora una volta la società romana era spaccata su un tema di vitale importanza. La sconfitta dei congiurati e la battaglia di Azio pongono fine alle Guerre civili 2 Quando si diffuse la notizia della morte di Cesare, Roma e l’Italia si prepararono alla rivolta. I plebei e i veterani si armarono. Il giorno dei funerali il testamento di Cesare fu letto pubblicamente e, appena si giunse al punto in cui, attingendo dal proprio patrimonio personale, il vincitore delle Gallie lasciava 300 monete d’argento a testa a ogni plebeo romano a testimonianza del suo affetto per il popolo, il furore scoppiò in modo incontenibile. Cicerone rappresentante della nobiltà senatoria Un gruppo di plebei dal barbiere nel Foro Gli assassini X di Cesare X X X X X X X X X X X Modulo 5 IMP. 208/241 28-09-2004 13:45 Pagina 209 1 - Augusto e il Principato 209 OTTAVIANO. Ritratto di Ottaviano su una moneta. Quando morì Cesare, aveva 19 anni. Bruto, Cassio, Cicerone e gli altri congiurati, per evitare il linciaggio, fuggirono precipitosamente dalla città; contemporaneamente, contro di loro si schierarono uno dei generali di Cesare, Marco Antonio, e il nipote e f iglio adottivo del dittatore, Ottaviano, che si allearono con un altro amico di Cesare, Lepido, e nel 43 a.C. diedero vita a un Secondo triumvirato che sconfisse Bruto e Cassio nella battaglia di Filippi in Macedonia. La loro alleanza, però, ebbe durata brevissima e nel 31 a.C. nelle acque di Azio, davanti alle coste greche, Ottaviano sconfisse a sua volta Antonio. La battaglia di Azio segnò la fine delle Guerre civili e consegnò Roma nelle mani di Ottaviano. • la carica di pontefice massimo, con la quale ebbe il controllo di tutte le cerimonie religiose. Con questi tre poteri Ottaviano scavalcò quello dei consoli e quello del Senato e divenne un sovrano di fatto, se non di nome. Non di nome, perché non volle titoli odiosi per la mentalità romana, come “re” o “dittatore”. Si limitò invece a usare il sistema onomastico tradizionale per il quale ciascuno aveva un prenome, un nome e un cognome. Ottaviano assunse come prenome la parola imperatore, che fino ad allora era stata semplicemente il titolo riservato ai comandanti vittoriosi; come nome, quello di Cesare, il padre adottivo, amatissimo dalla plebe; come cognome Augusto, “colui che accresce”, cioè che rende i cittadini ricchi e felici. Infine incoraggiò l’abitudine di chiamarlo con l’appellativo di principe, cioè “primo (fra i cittadini)”. I poteri eccezionali rendono Ottaviano “Augusto” e “imperatore” 3 Ottaviano chiese immediatamente poteri eccezionali, ma con astuzia: ognuno di essi, infatti, separatamente rispettava le leggi repubblicane; la loro somma, invece, li trasformava nel potere di un monarca. Tali poteri erano: • il tribunato della plebe, che rese la sua persona “sacra e inviolabile” e gli permise di controllare le Assemblee della plebe, dove si potevano votare leggi senza bisogno dell’approvazione del Senato (i plebisciti); • il proconsolato per tutto l’Impero, che gli assegnò il governo delle province più importanti, nonché il comando supremo di tutte le legioni romane, e gli permise inoltre di avere a sua disposizione il Tesoro dello Stato per finanziarle; AUGUSTO IMPERATORE. Questa è la statua che ritrae Augusto nella veste di generale vittorioso ad Azio, cioè, appunto, di imperator, “comandante”. (Museo Chiaramonti, Città del Vaticano.) Modulo 5 IMP. 208/241 28-09-2004 13:45 Pagina 210 210 MODULO 5 - Roma nell’età imperiale Con alcuni provvedimenti urgenti Augusto risana le finanze e aiuta i più poveri 4 Stremati da tanti anni di Guerre civili, nelle quali erano stati versati fiumi di sangue ed erano state vuotate le casse dello Stato, i Romani non chiedevano altro che ordine, pace, sicurezza, una buona amministrazione e risparmi garantiti. Augusto cercò di dare un segnale immediato ai cittadini con una serie di provvedimenti urgenti che tendevano a risanare le finanze statali e a dare sicurezza ai diseredati: congedò 300 000 legionari per rendere meno costoso e più snello l’esercito, annullò i debiti dei privati verso lo Stato e diede l’avvio a grandi opere pubbliche – acquedotti, templi, strade, edifici – impiegando come manodopera i disoccupati di Roma e delle colonie italiche. I SOSTENITORI DELL’IMPERO LA CLASSE MEDIA come questo panettiere, che ha una bottega e alcuni schiavi. I CAVALIERI come questi ufficiali pretoriani. LA Nuove categorie sociali saranno la forza dell’Impero 5 Successivamente Augusto varò una vera e propria riforma che diede una nuova sistemazione alle categorie sociali dell’Impero. Al Senato tolse la maggior parte dei poteri politici; però compensò astutamente i singoli senatori con incarichi inutili ma onorifici e redditizi. Inoltre mantenne il loro diritto ormai secolare al governo delle province. Poiché i cavalieri gli apparivano molto più fidati, fece di loro la classe dirigente dell’Impero. A tre di essi affidò tra l’altro il comando dei pretoriani, la nuova guardia imperiale che divenne importantissima perché fu l’unico corpo militare autorizzato a percorrere armato le vie di Roma, la prefettura dell’annona (cioè il controllo dell’approvvigionamento di Roma) e la prefettura della flotta. La classe media, formata da mercanti, bottegai e artigiani, sostenne Augusto perché la pace favoriva le attività e gli affari. Anche la plebe fu avvinta da un legame strettissimo con l’imperatore, che presiedeva come tribuno le Assemblee, organizzava i giochi del circo e, quando il prezzo del pane si alzava eccessivamente, ordinava distribuzioni gratuite di grano. Infine Augusto compì un gesto rivoluzionario esaltando il ruolo dei liberti, gli schiavi “manomessi” che avevano curato i suoi affari di famiglia, ai quali affidò l’amministrazione del fisco, il patrimonio personale dell’imperatore, mentre l’erario, le casse pubbliche dello Stato, restava amministrato dai senatori. Il fisco divenne però molto più ricco e importante dell’erario. Inoltre molte casate nobili lo imitarono e, nel giro di pochi anni, i liberti diventarono una categoria sempre più vasta di privilegiati. PLEBE che avrà spettacoli e grano gratuito. GLI SCHIAVI che, come questo schiavo-bambino, potranno aspirare a diventare ricchi e potenti come liberti. Modulo 5 IMP. 208/241 28-09-2004 13:45 Pagina 211 1 - Augusto e il Principato 211 Mecenate cura la propaganda augustea 6 Uno degli obiettivi principali delle riforme augustee era non solo la restaurazione della “pace romana”, che avrebbe permesso agli abitanti dell’Impero, dopo tanti anni di guerre, di viaggiare al sicuro lungo le sue strade, di commerciare e di sentirsi cittadini del mondo, ma anche la restaurazione degli antichi costumi: religiosità, austerità, coraggio, frugalità. In un’epoca in cui non esistevano i mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, televisione) il compito di propagandare queste virtù fu affidato a un gruppo di scrittori e di poeti selezionati dal più grande amico di Augusto, che fu anche suo ministro: Mecenate. Nel gruppo emersero Orazio, Virgilio e Tito Livio. Orazio cantò nelle sue poesie il ritorno ai campi e i costumi severi sia per l’uomo che per la donna; Virgilio compose l’Eneide, il grande poema epico che Augusto voleva per celebrare le origini divine della sua casata e di Roma stessa; Tito Livio scrisse in 142 libri la storia della città di Roma dalla sua fondazione e ne esaltò gli eroi, il carattere indomito, la frugalità, la disciplina, la dedizione alla patria, la religiosità, cioè le caratteristiche che avevano reso grandi i Romani delle origini. L’imperatore, tuttavia, non riuscì a restaurare gli antichi valori morali. La società ormai si era troppo degradata, i ricchi conducevano una vita tra agi e vizi, la plebe voleva solo giochi e grano gratuiti, il rispetto per gli antichi dèi romani si era allentato e molti subivano il fascino di altre religioni che venivano dall’Oriente. Accanto ai poeti di corte protetti dal mecenatismo, cioè dal denaro e dai regali di Mecenate, ce n’erano altri, come ad esempio Ovidio, che celebravano i divertimenti sfrenati, gli amori extraconiugali, i banchetti che duravano sino al mattino. Augusto esiliò Ovidio, ma non riuscì a frenare la corruzione. AUGUSTO PONTEFICE MASSIMO. In questa veste l’imperatore tentò di moralizzare la vita romana. (Roma, Museo Nazionale Romano.) I LETTERATI DI MECENATE 1 3 La donna ideale Basta una brava donna che faccia in casa la sua parte e mi cresca i bambini: una sabina, ad esempio, o una donna di Puglia, asciutta e riarsa dal sole. Una che riempia il focolare di legna stagionata quando l’uomo torna con la schiena rotta dal lavoro; e che chiuda negli steccati il gregge e sprema il latte dalle mammelle piene; una che spilli il vino nuovo dal tino odoroso e metta in tavola vivande non comprate. ORAZIO (65 a.C.-8 a.C.), Epodi, 2 2 1 VIRGILIO - Questo affresco del I secolo d.C. illustra un episodio dell’Eneide (Enea ferito durante una battaglia); ornava una casa di Pompei. 2 TITO LIVIO - Il quadro del pittore francese David (1748-1825) illustra una delle più antiche leggende romane narrate da Tito Livio: quella dei tre Orazi che si apprestano a combattere contro i tre Curiazi per la salvezza della neonata Roma (Parigi, Museo del Louvre). 3 O RAZIO - Una lirica in cui il poeta esalta la donna contadina, lavoratrice e risparmiatrice. Modulo 5 IMP. 208/241 28-09-2004 13:45 Pagina 212 212 MODULO 5 - Roma nell’età imperiale 7 LIVIA. Questo cammeo del I secolo a.C., ora conservato in un museo dell’Aia (Olanda), ritrae Livia, moglie di Augusto, amatissima dal consorte e potentissima sul piano politico. Inizia un’epoca nuova Augusto morì nel 14 d.C. a 77 anni; da 57 era un protagonista della vita politica; da ben 41 aveva assunto il titolo di “principe” e il prenome di “imperatore”, tanto che la sua età fu chiamata saeculum Augusti, “il secolo di Augusto”. La fortuna che egli ebbe nella vita pubblica si accompagnò a una grande sfortuna nella vita privata: vide morire il figliastro e i due nipoti che amava e che aveva designato a succedergli. Fu sempre fedele alla sua terza moglie, Livia, e alla fine dovette rassegnarsi Livia, moglie Germanico, nipote prediletto a lasciare l’Impero al figlio di primo letto della sua consorte, Tiberio, per il quale però non nutriva alcuna simpatia. Per la prima volta, quindi, un potente designava il proprio successore e fondava una dinastia, cioè una famiglia che si trasmette il trono da una generazione all’altra. La svolta era compiuta. La Repubblica era morta e nasceva il Principato. Oggi lo chiamiamo anche “Impero” dando a questa parola non più il valore di “province conquistate”, come aveva ai tempi della repubblica romana, ma di “governo dell’imperatore”. Giulia, figlia Vipsanio Agrippa, marito di Giulia Ottavia, sorella Tiberio, figlio di Livia L’ARA PACIS. Augusto volle erigere a Roma questo grande altare in onore della pace che aveva ristabilito ponendo fine alle Guerre civili. Su questo lato sono raffigurati tutti i membri della famiglia imperiale. Gaio, figlio di Giulia e Agrippa Lucio, figlio di Giulia e Agrippa In sintesi 1-2 La cosiddetta “tirannide” di Cesare era considerata dalla plebe un governo saggio e illuminato, e, quando viene letto il testamento di Cesare scoppia la rivolta dei plebei e dei veterani. Contro i congiurati in fuga si schierano Antonio, Ottaviano (nipote e figlio adottivo di Cesare) e Lepido. Nel 43 a.C. i tre fondano un Secondo triumvirato e sconfiggono i congiurati. L’alleanza tra i triumviri è di breve durata: ad Azio, nel 31 a.C., Ottaviano sconfigge Antonio. È la fine delle Guerre civili. 3-4 Ottaviano chiede al Senato poteri eccezionali e ottiene: il tribunato della plebe, il proconsolato per tutto l’Impero, la carica di pontefice massimo. Prende quindi provvedimenti urgenti per risanare le finanze statali e dare sicurezza ai diseredati. 5 Augusto vara una riforma che toglie al Senato poteri politici ma compensa i senatori con incarichi redditizi e fa dei cavalieri la classe dirigente dell’Impero. La classe media e la plebe amano Augusto, l’una perché la pace fa- vorisce gli affari, l’altra per l’organizzazione dei giochi nel circo e per le distribuzioni gratuite di grano. L’erario resta amministrato dai senatori, mentre il fisco viene affidato ai liberti, gli schiavi liberati, che diventano una categoria di privilegiati. 6 Insieme alla “restaurazione della pace romana”, Augusto s’impegna per la restaurazione degli antichi costumi decaduti durante le guerre civili. Affida a Mecenate il compito di scegliere scrittori e poeti che esaltino le antiche virtù. Nel gruppo emergono i poeti Orazio e Virgilio e lo storico della città di Roma Tito Livio. 7 Augusto muore nel 14 d.C., dopo 57 anni di vita politica; il suo lungo periodo di governo viene chiamato “il secolo di Augusto”. Sceglie come successore Tiberio, figlio della terza moglie Livia e con questa designazione fonda una dinastia. La Repubblica è morta e nasce il Principato. Viene chiamato “Impero” con il significato di “governo dell’imperatore”. Modulo 5 IMP. 208/241 28-09-2004 13:45 Pagina 213 1 - Augusto e il Principato 213 Pagine operative Riordina cronologicamente i seguenti eventi. 1 Nel 43 a.C. Marco Antonio, Ottaviano e Lepido diedero vita a un Secondo triumvirato. Quando fu letto pubblicamente il testamento di Cesare, il furore del popolo scoppiò in modo incontenibile. Nella battaglia di Anzio del 31 a.C. Ottaviano sconfisse Antonio ponendo fine alle Guerre civili. Il Secondo triumvirato sconfisse Bruto e Cassio a Filippi, in Macedonia. Bruto, Cassio, Cicerone e gli altri congiurati fuggirono precipitosamente dalla città. Completa la tabella seguente indicando quali poteri corrispondevano alle cariche assunte da Ottaviano Augusto, quindi rispondi alla domanda. 2 Tribunato della plebe ....................................................................................................... ....................................................................................................... ....................................................................................................... Proconsolato per tutto l’Impero ....................................................................................................... ....................................................................................................... ....................................................................................................... Pontefice massimo ....................................................................................................... ....................................................................................................... ....................................................................................................... La somma di queste tre cariche in che cosa trasformava il potere di Augusto? ............................................................................................................................................................. 3 Spiega il significato del prenome, nome, cognome e appellativo assunti da Ottaviano. Imperatore ................................................................................................................................ Cesare ................................................................................................................................ Augusto ................................................................................................................................ Principe ................................................................................................................................ 4 Scrivi negli spazi vuoti le categorie sociali romane che Augusto sostenne o indebolì. Divennero la classe dirigente dell’Impero. ............................. ............................. Godettero della pace che favorì gli affari. ............................. Fu affascinata dal tribunato, dai giochi, dalle distribuzioni di grano. ............................. Amministrarono il fisco e divennero una categoria di privilegiati. ............................. Persero molti poteri politici. .............................