DOMANDE E RISPOSTE PER VERIFICARE LA COMPRENSIONE DEL CRITICISMO KANTIANO
Perché il pensiero di Kant è chiamato “filosofia critica” (o criticismo)?
Perché l’obiettivo della filosofia kantiana è quello di delineare una “scienza dei limiti della ragione”, ossia
erigere un “tribunale della ragione” allo scopo di sottoporre la ragione (intesa come facoltà di conoscere in
generale) ad un esame (“critica”) che stabilisca i limiti e l’estensione della conoscenza umana. La ragione è
una facoltà autonoma, che non può essere giudicata da nessuna autorità che non sia la ragione stessa, ecco
perché in questo “tribunale”, che è la filosofia critica, la ragione fa sia da imputato che da giudice!
Perché è necessario stabilire i limiti della ragione?
Perché la natura della ragione umana è quella di porsi dei problemi dei quali non può trovare la soluzione,
poiché oltrepassano ogni suo potere. La tendenza della ragione è quindi quella di oltrepassare i limiti posti
dall’esperienza, cercando di conoscere realtà che nell’esperienza non sono date. L’ambito di questi problemi
è la metafisica, ossia quel sapere che pretende di conoscere oggetti che trascendono l’esperienza possibile.
Quali sono i problemi affrontati dal criticismo?
La filosofia critica di Kant intende stabilire se sia possibile una metafisica come scienza, poiché si tratta di
un sapere importante, che concerne gli interrogativi fondamentali dell’uomo (qual è la natura del tutto?
l’uomo è libero? la vita ha uno scopo? esiste Dio? esiste un’anima immortale?), ma che in epoca moderna è
diventato un “campo di lotte senza fine”, pieno di “oscurità e contraddizioni”.
Inoltre intende stabilire in che modo siano possibili la matematica (cioè aritmetica e geometria) e la fisica
pura, che senza dubbio sono scienze, anche se nessuno ha mai spiegato quale sia il fondamento
dell’universalità e della necessità che caratterizza il loro sapere, nonché la legittimità della loro applicazione
nello studio del mondo della natura.
Quindi le domande fondamentali della filosofia critica sono:
a) come è possibile una matematica pura?
b) come è possibile una fisica pura?
c) è possibile la metafisica come scienza?
Queste domande possono essere ridotte a una sola: come sono possibili i giudizi sintetici a priori? Dato che
in tali giudizi consiste per Kant l’autentico sapere scientifico.
Cosa sono i giudizi sintetici a priori?
Per Kant conoscere equivale a giudicare. Giudicare è attribuire un predicato a un soggetto.
E per Kant esistono tre tipi di giudizi:
1) il giudizio analitico a priori, in cui il concetto del predicato è già contenuto nel concetto del soggetto (per
es. “i corpi sono estesi”, “il tutto è maggiore della parte”), è un giudizio universale e necessario, ma
tautologico, non ci offre una nuova conoscenza
2) il giudizio sintetico a posteriori, che stabilisce un’unione tra due concetti diversi sulla base
dell’esperienza (per es. “i corpi sono pesanti”, “l’erba è verde”), produce nuova conoscenza, ma è
particolare e contingente, quindi non costituisce autentico sapere scientifico
3) il giudizio sintetico a priori, che invece stabilisce una sintesi tra soggetto e predicato diversi, ma non
sulla base dell’esperienza bensì su princìpi a priori interni al soggetto conoscente, quindi ci porta nuova
conoscenza perché è sintetico e inoltre possiede un valore universale e necessario, cioè produce autentica
scienza, proprio perché non dipende dall’esperienza
La matematica e la fisica si basano su giudizi sintetici a priori. Stabilire come essi siano possibili significa
quindi per Kant dare un fondamento alla matematica e alla fisica, ma soprattutto spiegare in che modo noi
possiamo avere delle conoscenze universali e necessarie sul mondo della natura (cioè perché è legittimo
applicare la matematica e la fisica pura allo studio del mondo fisico).
Come viene risolto il problema dei giudizi sintetici a priori?
Attraverso la filosofia trascendentale, che è lo studio non degli oggetti, ma della nostra modalità a priori di
conoscerli. Per Kant ogni conoscenza è resa possibile dalle forme a priori del soggetto conoscente, cioè dai
modi con cui a priori il soggetto organizza e struttura il materiale delle sensazioni proveniente dal mondo
esterno. I giudizi sintetici a priori sono possibili proprio perché si basano sulle forme a priori del conoscere.
Io non potrei avere nessuna esperienza del mondo, senza le strutture formali del conoscere, che organizzano
la molteplicità delle sensazioni che ricevo dal mondo esterno. Ma tali strutture formali appartengono al
soggetto conoscente e sono uguali in tutti gli uomini, quindi hanno un carattere universale e necessario: cioè
tutti gli uomini non possono fare a meno di conoscere e percepire il mondo in questo modo! Il modo in cui il
mondo mi appare e può essere conosciuto è reso possibile a priori dalle forme del conoscere.
Cosa si intende per “rivoluzione copernicana” della conoscenza?
Si intende quella prospettiva della filosofia trascendentale secondo cui la conoscenza non consiste
nell’adeguazione del soggetto all’oggetto, bensì nella modificazione dell’oggetto secondo le forme a priori
del soggetto. Per cui la ragione conosce scientificamente un oggetto solo quando essa cerca in tale oggetto
ciò che essa stessa vi ha posto. Per esempio la matematica ha scienza delle figure geometriche solo perché le
costruisce mediante definizioni, deducendo poi le loro proprietà. E i fisici hanno scienza del mondo naturale,
solo perché interrogano i fenomeni naturali costruendo degli esperimenti e vedendo se i fenomeni si
comportano o meno secondo le leggi che la loro ragione ha formulato.
Cos’è l’Estetica trascendentale?
È la parte della Critica della ragion pura che studia le forme a priori della sensibilità.
Cos’è la sensibilità?
È la facoltà di essere modificati dagli oggetti esterni. Le sensazioni sono infatti le modifiche dei nostri organi
di senso da parte del mondo esterno. La sensibilità ci fornisce intuizioni empiriche, ossia rappresentazioni
immediate degli oggetti, che hanno come contenuto sempre delle sensazioni.
Una intuizione empirica è data da un materiale o contenuto, cioè le sensazioni, e da una forma, che è a
priori ed è il modo in cui le sensazioni vengono organizzate. Queste forme a priori della sensibilità sono lo
spazio e il tempo. Spazio e tempo sono la condizioni di possibilità della sensibilità (senza spazio e tempo
non avrei alcuna intuizione di oggetti!) e sulla loro universalità e necessità si basano i giudizi sintetici a
priori della matematica.
Che cos’è l’Analitica trascendentale?
È la parte della Critica della ragion pura che studia le forme a priori dell’intelletto.
Che cos’è l’intelletto?
È la facoltà del pensiero e del giudizio, ossia la capacità di connettere tra di loro delle rappresentazioni
attraverso i concetti. I concetti sono rappresentazioni astratte e consistono in funzioni che ci consentono di
ordinare diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune, conferendo loro unità.
Cosa sono le categorie?
Sono concetti puri, cioè a priori, non empirici. Sono le forme a priori dell’intelletto, ossia le modalità
universali e necessarie di giudicare, di attribuire un predicato a un soggetto. Non hanno alcun contenuto,
sono pure forme, in pratica sono le condizioni a priori in base alle quali un oggetto può essere conosciuto e
giudicato. Sono dodici, sono ricavate dai diversi modi di giudicare e particolare rilevanza per la scienza
hanno le categorie di sostanza e di causa.
Cos’è la deduzione trascendentale delle categorie?
È la giustificazione della loro applicazione al mondo dell’esperienza. Il problema è dato dal fatto che le
categorie sono forme soggettive del conoscere, che pretendono però una validità oggettiva.
La soluzione di Kant è che nessuna unificazione del molteplice intuitivo potrebbe mai avvenire se non per
mezzo delle categorie, in quanto queste sono applicate alle intuizioni dall’Io penso. L’Io penso è
l’autocoscienza del soggetto conoscente che, riferendo a se stessa ogni rappresentazione, ne costituisce il
comune elemento unificante. Infatti più rappresentazioni potrebbero essere collegate (e in ciò consiste il
conoscere!) solo a patto che io abbia coscienza che tali rappresentazioni appartengano alla stessa coscienza!
Dunque, nessuna rappresentazione potrebbe mai essere connessa e nessun oggetto potrebbe mai essere
conosciuto senza l’attività sintetica dell’Io penso, la quale opera attraverso le categorie.
Qual è l’unico uso legittimo delle categorie?
L’unico uso legittimo delle categorie è quello empirico, cioè la loro applicazione alle intuizioni empiriche.
Questo perché la funzione delle categorie è di unificare il molteplice dell’esperienza. Senza dati intuitivi da
unificare, non è possibile nessuna sintesi e quindi nessuna conoscenza.
La metafisica invece è un sapere illusorio perché fa un uso trascendente delle categorie, ossia le applica a
contenuti che non sono dati nell’esperienza, come il mondo come tutto, Dio o l’anima.
Dunque la conoscenza per Kant è data dall’unione di intelletto e sensibilità.
Cosa si intende per fenomeno e noumeno?
Kant distingue tutti gli oggetti in:
A) FENOMENI = tutto ciò che è oggetto della nostra conoscenza, cioè la realtà in quanto ci appare tramite le
forme a priori del conoscere (spazio, tempo e categorie)
B) NOUMENI = tutto ciò che non può essere oggetto della nostra conoscenza, ma può essere soltanto inteso
come concetto-limite, che serve cioè a circoscrive le pretese della nostra conoscenza. Pur non potendo
averne un concetto positivo, bisogna ammetterne l’esistenza per spiegare la passività della nostra
conoscenza, cioè l’origine delle sensazioni.
Dunque noi non conosciamo mai le cose in se stesse, ma solo il nostro modo di percepirle. Conosciamo il
mondo solo per come esso ci appare attraverso le forme a priori del nostro conoscere. La matematica ci
permette di avere scienza di quegli aspetti del mondo riconducibili a rapporti di spazio e di tempo, ma tali
aspetti quantitativi non costituiscono l’essenza delle cose, che ci rimane ignota. Le forme a priori
dell’intelletto garantiscono validità universale e necessaria ai giudizi della fisica, ma a condizioni che questi
unifichino delle rappresentazioni empiriche, ossia dei fenomeni. Possiamo dunque avere scienza solo di ciò
che ci appare e per come ci appare. Cosa il mondo sia al di là della mia percezione o sintesi categoriale
non è dato saperlo!
In che senso l’Io penso è il legislatore della natura?
Per Kant la natura è un insieme unitario di fenomeni e di leggi che connettono i fenomeni tra di loro in
maniera necessaria. Ma tale ordine e unità (tra l’altro non finalistica ma meccanica) che si riscontrano nel
mondo naturale non sono intrinseci alle cose in sé (che ci rimangono sconosciute), ma sono il riflesso nel
mondo fenomenico dell’unità trascendentale dell’Io penso. Il carattere unitario e legale della natura non è
dato dall’oggetto, ma da una proiezione del soggetto sull’oggetto, è il soggetto che costituisce la natura come
un insieme unitario di fenomeni e di leggi.
Cos’è la Dialettica trascendentale?
È la logica dell’apparenza, dell’illusione trascendentale, cioè è quella parte della Critica della ragion pura
che studia degli errori della ragione (intesa come facoltà specifica del conoscere, distinta dall’intelletto),
dovuti alla sua naturale e insopprimibile tendenza a fare un uso trascendente delle categorie, cioè ad
estendere illegittimamente l’uso delle strutture formali del pensiero umano al di là dei limiti dell’esperienza.
Cosa sono le idee della ragione?
Il principio a priori che guida l’attività della ragione è l’idea dell’incondizionato.
Per la ragione umana, se è dato il condizionato (ossia ciò che è conosciuto dall'intelletto, il mondo dei
fenomeni, che è sempre relativo e mai assoluto), allora deve essere data anche l’intera serie delle sue
condizioni, la quale però non è mai data da alcuna esperienza reale.
La ragione allora si costruisce dei concetti di realtà assolute, ossia le idee trascendentali, che sono:
1) l’idea di anima, cioè l’unità incondizionata di tutti i fenomeni interni (cioè delle conoscenze relative al
soggetto)
2) l’idea di mondo, cioè l’unità incondizionata di tutti i fenomeni esterni (cioè delle conoscenze relative
all’oggetto)
3) l’idea di Dio, cioè l’unità incondizionata di tutte le conoscenza in generale, fondamento ultimo di ogni
realtà
La metafisica è precisamente la pretesa di conoscere scientificamente gli oggetti che corrispondono a queste
idee.
Perché Kant critica la psicologia razionale?
La psicologia razionale è quella parte della metafisica che pretende di avere scienza dell’anima
indipendentemente dall’esperienza. Essa si basa su un ragionamento scorretto, poiché, affermando
l’esistenza di una sostanza pensante, attribuisce al soggetto, all’io, la categoria di sostanza, quando invece
l’Io penso non è una cosa, è sempre soggetto della sintesi categoriale, ma mai può esserne l’oggetto, non
essendo mai percepito sensibilmente.
Perché Kant critica la cosmologia razionale?
La cosmologia razionale è quella parte della metafisica che pretende di avere scienza del mondo inteso come
cosa in sé, come totalità. I suoi ragionamenti sono fallaci perché portano a una serie di antinomie, cioè a
coppie di affermazioni opposte (una tesi e una antitesi) ma ugualmente dimostrabili.
Mentre nelle prime due antinomie (che affermano il carattere finito o infinito del mondo nel tempo e nello
spazio e la sua possibile o impossibile divisibilità all’infinito) la tesi e l’antitesi sono entrambe false in
quanto pretendono di conoscere il mondo come noumeno (oltre ciò che è dato nell’esperienza), nella terza e
la quarta antinomia (che affermano l’esistenza o meno della libertà e di un essere necessario) le tesi possono
essere considerate vere per il mondo dei noumeni (dove potrebbero esistere un essere necessario e la libertà)
e le antitesi vere per l’ambito dei fenomeni (dove tutto è contingente e ci sono solo cause meccaniche).
Perché Kant critica la teologia razionale?
La teologia razionale è quella parte della metafisica che pretende di avere scienza di Dio.
Kant critica la prova ontologica (che ricava l’esistenza di Dio dal suo concetto), affermando che l’esistenza
non è un attributo o una perfezione, non entra nella determinazione del concetto di qualcosa.
Critica la prova cosmologica (se dalla constatazione nel mondo di esseri contingenti, ricava l’esistenza di un
essere necessario come loro causa), perché applica la categoria di causa a un ente di cui non si ha esperienza
e quando poi pretende di dire quali sono le proprietà dell’essere necessario, si affida di nuovo alla prova
ontologica.
Critica infine la prova fisico-teologica (che risale dall’ordine e dalla finalità constatabile nel mondo a Dio
come suprema causa ordinatrice), perché per dimostrare che l’ente ordinatore è anche creatore ha bisogno
della prova cosmologica, la quale poi presuppone la prova ontologica per dire che Dio è l’ente necessario.
Quale valore hanno le idee della ragione?
Le idee della ragione non sono prive di senso e di valore. Certo non hanno un uso costitutivo come le
categorie dell’intelletto, perché non costituiscono alcun oggetto né rendono possibile alcuna esperienza, ma
hanno pur sempre un uso regolativo, cioè promuovono l’unità sistematica del sapere, in quanto consentono
di ordinare le conoscenze dell’intelletto al fine di realizzare la maggiore unità possibile, indicando anche le
vie lungo le quali procedere per poter accrescere il sapere umano.