Immanuel Kant, Critica della Ragion Pura, 1781, 1787

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Immanuel Kant, Critica della Ragion Pura, 1781, 17872
Critica: dal greco krino = valuto, giudico
Ragione: insieme delle facoltà conoscitive umane
Pura: indipendente dall’esperienza
valutare i limiti e le possibilità della ragione quando opere indipendentemente dall’esperienza
Kant usa il termine ragione in due sensi: come insieme delle facoltà conoscitive umane e come specifica facoltà
RAGIONE
sensibilità
intelletto
ragione
Sensibilità = facoltà con la quale riceviamo le impressioni dei sensi (fenomeni)
Intelletto = facoltà con la quale unifichiamo i fenomeni in oggetti di esperienza
Ragione = facoltà con la quale cerchiamo di andare al di là dell’esperienza per raggiungere la massima unità possibile (incondizionato)
Tali facoltà operano in senso strettamente gerarchico, operando delle sintesi successive: sensibilità  intelletto  ragione
SCHEMA DELL’OPERA
Introduzione
È possibile la metafisica come scienza?
Ciò che caratterizza la scienza sono giudizi 1) universali, necessari e 2) tali da permettere l’incremento delle conoscenze.
Se si riesce a comprendere che tipo di giudizi sono, allora sarà possibile chiedersi se la metafisica può produrre tali giudizi e, dunque, se può essere scienza.
I giudizi si dividono in:
a) Analitici = quando il predicato è contenuto nel soggetto (ad esempio, “Ogni corpo è esteso”, oppure “Lo scapolo non è sposato”). Tali giudizi sono a priori (cioè la loro verità
non dipende dall’esperienza) e quindi hanno un valore universale e necessario. Tuttavia, siccome il predicato è contenuto già nel soggetto, essi non dicono niente di nuovo sulla
realtà, cioè non permettono l’incremento delle conoscenze. (Razionalismo)
b) Sintetici = quando predicato non è contenuto nel soggetto ma si aggiunge al soggetto come qualcosa di nuovo (ad esempio, “Ogni corpo è pesante”, oppure “Lo scapolo è
biondo”). (Empirismo)
I giudizi sintetici, a loro volta, possono essere:
b1. Sintetici a posteriori = derivano dall’esperienza, perciò estendono le conoscenze, ma non sono universali e necessari.
b2. Sintetici a priori = non derivano dall’esperienza (perciò sono universali e necessari), ma compiono una sintesi (aggiungono un predicato, perciò sono
estensivi della conoscenza)
La tesi di Kant è che la scienza (matematica e fisica) si basa su giudizi sintetici a priori.
In particolare, tipico delle scienze moderne è, secondo Kant, che la ragione vede nell’esperienza solo ciò che lei stessa vi pone: è ciò che accade nell’esperimento scientifico con Galilei.
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Questo però significa che i giudizi sintetici a priori sono universali e necessari perché la loro radice non è nell’esperienza, bensì nella ragione, cioè nel soggetto.
Rispetto all’empirismo, dunque, Kant ritiene che la ragione umana non sia una tabula rasa, ma che possieda degli “elementi” a priori con i quali “organizza” l’esperienza.
Rispetto al razionalismo, invece, Kant ritiene che non sia possibile utilizzare tali “elementi” a priori come “idee innate”, cioè senza far riferimento all’esperienza.
Occorre dunque, a suo avviso, operare una rivoluzione copernicana: non è il soggetto che dipende dall’oggetto, ma l’oggetto che si adatta alle leggi imposte dal soggetto.
La ricerca è dunque trascendentale: non immanente (cioè strettamente dipendente dall’esperienza), né trascendente (cioè semplicemente oltre l’esperienza)  è trascendentale ogni
conoscenza che si occupi del nostro modo a priori di conoscere gli oggetti, ossia ogni conoscenza delle condizioni a priori che rendono possibile la conoscenza.
Da quanto si è detto deriva che: giudicare = unificare  unire una forma a priori con un contenuto sensibile  giudizi sintetici a priori
Perciò, si tratterà per Kant di comprendere quali forme a priori operano nella ragione umana, come si applicano all’esperienza e con quali limiti  critica della ragione
Tale trattazione si divide dunque in
Estetica  che studia le forme a priori della sensibilità
Analitica  che studia le forme a priori dell’intelletto
Dialettica  che studia le forme a priori della ragione pura
Prima parte: dottrina trascendentale degli elementi
1. Estetica trascendentale = dottrina delle forme a priori della sensibilità
Con la sensibilità il soggetto riceve passivamente le impressioni dei sensi, ma le organizza (unifica) secondo forme a priori che le sono proprie. Tali forme sono lo spazio e il tempo.
L’intuizione sensibile, dunque, non coglie la cosa come è in sé (cioè la sua essenza), ma come appare al soggetto (phainestai = apparire  fenomeno). La cosa in sé non può essere
dunque intuita sensibilmente, ma solo pensata (nous = pensiero  noumeno). Perciò: il soggetto può conoscere i fenomeni, ma non i noumeni
1. spazio = forma a priori del senso esterno (su cui si basa la geometria)
2. tempo = forma a priori del senso interno (su cui si basa l’aritmetica)
2. Logica trascendentale
2a. Analitica trascendentale
È la dottrina delle forme a priori dell’intelletto. L’intelletto è la facoltà mediante la quale i fenomeni (provenienti dalla sensibilità) vengono unificati in concetti. A tale scopo,
l’intelletto utilizza delle forme a priori che Kant chiama concetti puri dell’intelletto o categorie (dal greco kategorein = unificare).
2aa. Analitica dei concetti
I concetti puri dell’intelletto = categorie
Deduzione trascendentale delle categorie
Per scoprire quante e quali sono queste forme a priori, Kant si serve di un “filo conduttore”: se giudicare significa unificare (cioè ordinare una molteplicità che deriva dalla
sensibilità in una rappresentazione comune), allora ai vari tipi di giudizio corrispondono altrettante forme di unificazione.
In base alla logica è possibile distinguere 12 forme del giudizio 12 categorie che Kant suddivide in 4 gruppi:
Giudizio
Quantità
1. Universali (= Ogni S è P)
Categoria
Quantità
1. Unità
2
2. Particolari (= Qualche S è P)
3. Singolari (= S è P)
2. Pluralità
3. Totalità
Qualità
1. Affermativi (= S è P)
2. Negativi (= S non è P)
3. Infiniti (= S è non-P)
Relazione
1. Categorici (= S copula P)
2. Ipotetici (= Se... allora...)
3. Disgiuntivi (= O... o...)
Qualità
1. Realtà
2. Negazione
3. Limitazione
Relazione
1. Inerenza e Sussistenza (Sostanza e Accidente)
2. Causalità e Dipendenza (Causa ed Effetto)
3. Reciprocità (Azione reciproca)
Modalità
1. Problematici (= È possibile che S sia P)
2. Assertori (= S è P)
3. Apodittici (= Necessariamente S è P)
Modalità
1. Possibilità – Impossibilità
2. Esistenza – Inesistenza
3. Necessità - Contingenza
Si pone ora un problema: come si può tramite 12 categorie arrivare al concetto di un oggetto?
Questo problema è risolto da Kant sostenendo che esiste una ulteriore unificazione, ossia una unità suprema originaria alla quale fanno capo le 12 categorie. Tale unità non può essere una
categoria (perché sarebbe autoreferenziale), ma è l’unità della coscienza (Autocoscienza)  unità sintetica dell’appercezione  Io-Penso
L’Io-penso è la suprema funzione unificatrice dell’intelletto, attraverso la quale è possibile rappresentarci un oggetto.
2ab. Analitica dei principi
Schematismo trascendentale
a. Assiomi della visione
b. Anticipazioni della percezione
c. Analogie della esperienza
d. Postulati del pensiero empirico
2b. Dialettica trascendentale
È la dottrina delle forme a priori della ragione (idee) e dimostra che esse non possono produrre conoscenze in quanto operano senza riferimento all’esperienza.
Dialettica = logica dell’apparenza  ma non apparenza empirica, bensì trascendentale, cioè errori e illusioni in cui la ragione cade necessariamente, in quanto dipendono dalla
sua stessa costituzione
La Ragione, intesa in questo senso specifico, è l’Intelletto quando esso spinge le categorie oltre i limiti dell’esperienza.
L’intelletto è spinto a fare questo salto dalla ragione, perché essa lo porta a ricercare l’incondizionato, ossia un’unificazione ultima, ancora più alta rispetto a quella dell’esperienza.
La ragione opera questa ricerca attraverso sillogismi, cioè ragionamenti, da cui derivano tre forme a priori (o idee) della ragione, a cui non corrisponde un contenuto empirico. Tali Idee sono
l’oggetto delle tre parti in cui opera la Metafisica:
idea psicologica (= anima)  Psicologia razionale
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idea cosmologica (= mondo come totalità)  Cosmologia razionale
idea teologica (= Dio)  Teologia razionale
Kant dimostra che queste idee sono frutto di ragionamenti illusori. Ma tali ragionamenti, come si è detto, derivano dalla insopprimibile esigenza della ragione umana a ricercare un’unità il
più alta possibile nelle conoscenze.
1. Psicologia razionale
L’idea di Anima nasce da un paralogismo, cioè da un sillogismo difettoso, in cui il termine medio è inteso diversamente nelle due premesse:
“Ciò che non può essere pensato che come soggetto è sostanza”
“Un essere pensante non può essere pensato che come soggetto”
Conclusione: “Un essere pensante è sostanza (anima)”
In altre parole, nella prima premessa “soggetto” è inteso come oggetto reale, mentre nella seconda premessa solo come autocoscienza (cioè come semplice pensiero). Per questo non si può
affermare, come Cartesio, che io sono una sostanza (la res cogitans o l’anima immortale), ma solo un’autocoscienza (= Io Penso).
2. Cosmologia razionale
L’idea di Mondo è un concetto che nasce dalla unità di tutti i fenomeni dell’esperienza. A tale concetto, però, non corrisponde una intuizione sensibile, e dunque è una illusione. Da esso derivano tre
antinomie = ragionamenti in cui la tesi e l’antitesi si escludono a vicenda o possono essere entrambi veri:
1T. Il mondo ha avuto un inizio nel tempo ed è limitato nello spazio
1A. Il mondo è infinito nello spazio e nel tempo.
2T. Ogni sostanza nel mondo consta di parti semplici, indivisibili
2A. Ogni sostanza è divisibile all’infinito.
3T. Accanto alla causalità naturale (= necessità) c’è una causalità libera 3A. Non c’è libertà, tutto accade necessariamente.
4T. Il mondo dipende da un essere assolutamente necessario
4A. Non esiste alcun essere necessario come causa del mondo.
3. Teologia razionale
L’idea di Dio è la più alta che la ragione umana riesce a concepire. Tuttavia, anche in questo caso a tale idea non corrisponde un’esperienza sensibile e, dunque, essa dà luogo a
ragionamenti errati. Questi ultimi sono le classiche prove dall’esistenza di Dio, che Kant confuta:
1. Prova ontologica o a priori (S. Anselmo, Cartesio, Leibniz) = dalla perfezione di Dio si deduce l’esistenza
2. Prova cosmologica (S. Tommaso, Aristotele) = siccome qualcosa esiste, allora deve esistere un essere che è causa di tutte le cose
3. Prova fisico-teleologica (S. Tommaso, Leibniz) = siccome la natura è ordinata e bella ci deve essere un’intelligenza perfetta che ne è la causa
Tutte e tre le prove possono essere ricondotte alla prima (da cui discendono). Perciò, criticando la prima si confutano le altre. In particolare, secondo Kant,
la prova ontologica confonde un predicato logico (= l’esistenza come semplice concetto della logica) con uno reale (= l’esistenza reale).
In conclusione, secondo Kant, non è possibile una metafisica come scienza perché i concetti puri della ragione, le Idee oggetto di tale presunta scienza, non hanno un contenuto sensibile  non è
possibile una sintesi a priori.
Tuttavia, tali concetti derivano da un’esigenza insopprimibile della ragione umana a ricercare un’unità definitiva nelle conoscenze.
Dunque, le Idee non hanno un uso costitutivo (cioè tale da produrre conoscenza), ma solo un uso regolativo cioè tale da indirizzare la conoscenza verso la più alta unità possibile e la orientano verso
i concetti di scopo e fine.
Seconda parte: dottrina trascendentale del metodo
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