Cervello, comportamento, emozioni
Tratto dal capitolo
LE BASI BIOLOGICHE DEL COMPORTAMENTO
di Fred Toates
nel volume di M. W. Eysenck – Psicologia generale – ed. Idelson, Napoli 2005
Ci sono sempre più dimostrazioni a favore di una relazione tra anomalie nel cervello e anomalie del
comportamento. Questa sezione prende in considerazione alcuni esempi relativi al malfunzionamento del
cervello quando qualcosa non va nelle nostra vita mentale.
La depressione
Il termine depressione copre un ampio numero di disturbi in qualche modo diversi tra loro. Certamente, alla
maggior parte della gente capita di avere abbassamenti (‘depressioni’) di umore. Ciò è considerato normale e noi
non vogliamo classificare questa gente come clinicamente depressa. Tra i disturbi gravi, c'è sia la depressione
unipolare, in cui l'umore varia tra uno stato neutrale e uno negativo, sia il disturbo bipolare, in cui l'umore oscilla
tra la depressione e l'euforia (Drevets et al. 1997).
La depressione è caratterizzata da un sentimento di affettività negativa, dal sentirsi impotenti e incapaci di
influenzare gli eventi. Alcuni sintomi sono rappresentati dallo svegliarsi presto la mattina ed evitare il contatto
sociale. La memoria tende ad essere orientata in modo sistematicamente distorto verso eventi negativi. In alcuni
casi la depressione unipolare sembra essere una chiara conseguenza degli eventi della vita, ad esempio nel caso
di separazione matrimoniale. Questa a volte, viene definita “depressione reattiva”. In altri casi, non c'è un
evidente cambiamento nel mondo esterno e si è portati a supporre che ne sia la causa qualche cambiamento
interiore (ad esempio, un neurotrasmettitore che funziona in modo anomalo). In un modo o nell'altro, è più
sicuro supporre che la depressione dipenda da una complessa interdipendenza tra (1) l'attività nei sistemi
neuronali alla base delle emozioni e (2) gli eventi esterni e il modo in cui essi vengano interpretati.
I trattamenti comprendono la terapia cognitiva (analizzare come il paziente interpreta gli eventi nel mondo
esterno) e gli psicofarmaci. Questi sono diretti ad alcune popolazioni di sinapsi nel SNC (ad esempio, il sistema
serotoninergico) cambiando le loro caratteristiche. Gli anti-depressivi modificano il livello di un particolare
neurotrasmettitore alterando la frequenza con cui viene rilasciato dalla connessione sinaptica. Alcuni antidepressivi bloccano il processo di ‘ri-cattura’ sinaptica; ciò aumenta la quantità di trasmettitori disponibili.
Ci sono varie stime dell’ampiezza del contributo della genetica alla depressione, che dipendono in parte dal tipo
di depressione. Il modo esatto in cui la genetica interviene non è del tutto chiaro. I geni potrebbero codificare
una diminuzione o un aumento della popolazione dei recettori in alcune sinapsi. In base al lavoro di Drevets et
al. (1997) è ipotizzata la possibilità di anomalie nella struttura cerebrale. Anche se potrebbe esserci una forte
componente genetica nella depressione, ciò non significa che qualunque tipo di depressione sia semplicemente
“scritta nei geni”. Per fare un'analogia, sapere che un bicchiere di vetro è un oggetto fragile, non significa che si
romperà necessariamente. Piuttosto, significa che, dato un “fattore esterno di stress”, il bicchiere fragile ha
un'alta probabilità di rottura.
Come potrebbero gli psicologi determinare se nella depressione c'è un fattore genetico? Il fatto che c'è una
tendenza della depressione a presentarsi nelle stesse famiglie, non è un elemento sufficiente. Potrebbe esserci
una trasmissione culturale di questo modo di reagire. Un modo per studiare questo aspetto consiste nel
paragonare gemelli monozigoti (che sono geneticamente identici) e dizigoti. Il termine concordanza si riferisce
alla vicinanza nella tendenza alla depressione, ed è più alto nei gemelli identici che nei dizigoti.
E' possibile attribuire un senso alla depressione seguendo la prospettiva funzionale? Non è detto che ci si possa
riuscire. Per analogia, non ci chiederemmo qual è il vantaggio biologico di avere una gamba fratturata, anche se
volessimo discutere del significato evolutivo del fatto che le ossa sono formate da materiale che è capace di
rompersi. Comunque, la depressione potrebbe essere un’esagerazione disadattiva di qualcosa che ha svolto una
funzione utile nell'evoluzione. Nel caso della depressione unipolare, un ritiro dalla vita sociale potrebbe essere
una reazione temporanea appropriata a circostanze molto difficili da gestire. Ciò permetterebbe all'energia di
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essere conservata, potrebbe scongiurare l'aggressione e, in certi esseri sociali come i primati evoluti, sollecitare
l'aiuto dei propri simili.
La psicochirurgia
In alcuni casi estremi, vengono create delle lesioni in determinate parti del cervello (ad esempio, i lobi frontali)
nel tentativo di attenuare la sofferenza mentale. La logica è che la scissione di determinate regioni potrebbe
interrompere l’accesso delle emozioni negative. Negli ultimi anni tale tecnica è stata applicata solo nei casi più
estremi e debilitanti di depressione e di disturbi ossessivo-compulsivi, dove ogni altra terapia aveva fallito. La
psicochirurgia è un tema che contiene argomenti emotivi e controversi (Valenstein 1973). Alcuni hanno
sostenuto che i suoi effetti non sono specifici e che il paziente semplicemente viene fatto diventare insensibile a
qualunque stimolo. Secondo alcuni, la psicochirurgia consiste nella errata applicazione di un approccio
riduzionistico al problema. Per esempio, in riferimento alle sommosse che avvenivano nei ghetti americani negli
anni ‘60, alcuni eminenti neuroscienziati hanno suggerito l’esistenza di diversità nelle strutture biologiche
cerebrali degli individui coinvolti (Mark e Ervin 1970). In questo caso, sarebbe stato possibile ottenere maggiori
informazioni osservando la loro struttura biologica. E potrebbe non essere lontano da questa ottica suggerire che
se si catturassero i rivoltosi e si sottoponessero i loro cervelli a chirurgia lesionale, questo li renderebbe più calmi
e meno propensi a azioni di questo tipo. Certamente, ciò potrebbe essere vero. Allo stesso modo, se si tagliassero
loro le gambe, potrebbero essere meno propensi alle sommosse. A questo punto la discussione assume una piega
politica, piuttosto che scientifica, ma il messaggio è che la scienza comportamentale non può sempre rimanere al
di fuori del dibattito sociale e politico.
La tossicomania
Le cosiddette “sostanze psicoattive” come l'alcol, la cocaina e l'eroina agiscono sul sistema nervoso centrale.
Esse occupano i recettori o modificano in qualche altro modo l'attività dei neuroni. Perciò per comprendere il
comportamento legato all’utilizzo di droghe è necessario considerare l'attività delle sostanze all'interno del SNC.
L'assunzione compulsiva di droga sembrerebbe sfuggire a qualunque spiegazione funzionale. Comunque, è
necessario mettere in chiaro due punti. Primo, l'assunzione della droga potrebbe aver avuto originariamente una
funzione adattiva alleviando, per esempio, la depressione o l'ansia. Solo successivamente potrebbe essere
diventata disadattiva. Secondo, determinati oggetti come le siringhe per iniezioni non sono esistiti per gran parte
dell’evoluzione della nostra specie. Essi sono il frutto una invenzione moderna che permette, a chi ne fa uso, di
trasmettere artificialmente processi che in natura assolvono ad una funzione adattiva. Certamente, i meccanismi
naturali di attrazione verso oggetti e il piacere provocato dall'interazione con essi, sono una parte integrante di
eventi quali la nutrizione e l’accoppiamento.
Per spiegare il desiderio provocato dall'uso regolare di droga, sono state proposte due teorie. Alcuni sostengono
che il piacere sia così intenso che la persona tossicomane è fortemente spinta a ripetere l'esperienza, ovvero, il
desiderio è funzione del piacere anticipatorio. I segnali che in passato sono stati associati all'assunzione di droga
favoriscono i ricordi relativi al piacere ad esso associato, e il tossicomane cerca di aumentare la sensazione di
piacere. Comunque, le testimonianze raccolte suggeriscono che questo non è vero in tutti i casi. Per esempio,
non sarebbe in grado di spiegare i risultati ottenuti con un gruppo di persone, le cui vite sono state sconvolte
dall'eroina, dall'alcol e dalle sigarette. Molti di loro hanno dichiarato che, rispetto al loro 'problema' della droga,
sarebbe più difficile abbandonare le sigarette nonostante esse diano meno piacere (Kozlowski et al. 1989). L'uso
ripetuto dell'eroina solitamente porta ad un aumento del desiderio di droga, ma ad una diminuzione di piacere nel
momento in cui viene assunta (Robinson e Berridge 1993). Il primo contatto con l'eroina solitamente ha effetti
negativi, ma ciononostante, una persona può desiderarla ancora. Coloro che fanno uso di anfetamine possono
sperimentare terrore psicotico acuto e comunque, non smettono di farne uso (Ellinwood e Escalante 1970).
Alcune droghe auto-somministrate non hanno effetti edonistici (Atrens 1984). Perciò l'edonismo in sé stesso
sembra un candidato debole al fine di individuare della motivazione.
In alcuni casi, soprattutto dopo un uso intenso, quando non si ha droga a disposizione, si verificano effetti
negativi, definiti anche effetti di astinenza. Gli stimoli che in passato sono stati associati all'astinenza attivano
segnali di astinenza anche nell'individuo disintossicato sul piano chimico (Siegel et al. 1987). Alcuni
tossicomani usano l'auto-terapia, assumendo la droga per rimuovere gli effetti negativi derivanti dall’astinenza.
Questa teoria, e la teoria edonistica, non sono mutuamente esclusive; un individuo potrebbe essere guidato sia
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dall'edonismo anticipatorio (anche se la realtà potrebbe non corrispondere alle aspettative) sia dal desiderio di
eliminare gli effetti negativi. Comunque, non tutti i tossicomani sperimentano effetti negativi successivi
all’assunzione di droga. Per questi, gli effetti soggettivi d'astinenza spesso mostrano una leggera correlazione
con i segnali fisici di astinenza (Henningfield 1987). Gli animali possono essere addestrati all'autosomministrazione di droghe anche in assenza di qualunque segno di astinenza. Quindi come spieghiamo
l’aumento del desiderio in funzione dell'esposizione ripetuta, considerato che sia il modello edonistico che quello
dell’astinenza sembrano inadeguati?
Emozioni e stress
Le emozioni includono esperienze come la gioia, l’euforia e la paura. Esse sono controllate dalle stesse zone
cerebrali che gestiscono le reazioni comportamentali a determinati stimoli, come ad esempio, il fuggire dinnanzi
ad uno stimolo minaccioso. Le emozioni hanno un ruolo importante sia nel controllo del comportamento, sia nel
cambiamento della fisiologia interna del corpo. Esse sono anche strettamente connesse al funzionamento del
corpo, al di fuori del sistema nervoso. Sono sempre più i dati che dimostrano che la salute mentale ha un ruolo
importante nel determinare lo stato di benessere dell'intero corpo. Questa sezione si occupa proprio di questa
complessa interdipendenza.
L'organizzazione di determinati processi interni, come il battito del cuore e l'attività del tratto digestivo, sono
controllate dal sistema nervoso e dal sistema endocrino. Ciò che accade nelle esperienze emozionali rappresenta
una valida dimostrazione della stretta interazione tra stati psicologici e funzione fisiologica corporea.
Il sistema nervoso somatico e quello autonomo
Nelle precedenti sezioni si è parlato del movimento degli arti prodotto dai muscoli scheletrici, un’azione
connessa a ciò che viene comunemente definito “sistema nervoso somatico”. I muscoli con i quali tale sistema
è associato esercitano un'azione sul mondo esterno, ad esempio, quando solleviamo un peso. Un'altra
componente del sistema nervoso, definita “sistema nervoso autonomo” (SNA), effettua l'azione all'interno del
corpo.
Il SNA controlla le cosiddette attività involontarie del corpo, ad esempio, il battito del cuore, l'attività digestiva e
la produzione della saliva. Tali attività involontarie del corpo riguardano il lavoro interno, a volte definito come
“funzioni di amministrazione della casa”, rappresentata dal corpo. Il battito cardiaco porta ossigeno e sostanze
nutrienti ai tessuti corporei e il movimento dello stomaco facilita la digestione. Tali attività corporee proseguono
sia quando siamo svegli che quando dormiamo, ovvero non è necessario un intervento cosciente.
Sebbene per definizione il sistema appena descritto sia autonomo, il controllo dell’azione esercitata dal SNA può
trovarsi all'interno del SNC. Esistono due diversi modi, mediati dal SNA, in cui l'azione può essere messa in
atto:
• L'attività dei neuroni altera la tensione muscolare (non quella relativa ai muscoli scheletrici che agiscono sul
mondo esterno). Per esempio, i neuroni del SNA sono in grado di eccitare o inibire il muscolo del cuore. Ciò
fa lavorare il cuore più o meno energicamente. Inoltre, ci sono muscoli sulle pareti dei vasi sanguigni e il
loro diametro dipende in parte dalla tensione muscolare. La tensione a sua volta, dipende in parte dall'attività
dei neuroni del SNA.
• I neuroni provocano la secrezione di ormoni o succhi. Per esempio, l'attività presente all'interno dei neuroni
del SNA attiva il rilascio di adrenalina e noradrenalina dalla ghiandola surrenale (situata immediatamente al
di sopra del rene). Tali ormoni influiscono su molteplici obiettivi distanti dalla ghiandola surrenale, ad
esempio, sul cuore. In presenza di cibo nella bocca, i neuroni danno avvio al rilascio di saliva.
Il SNA è composto da due sistemi, il simpatico e il parasimpatico, che in generale, hanno compiti opposti e
rilasciano diversi tipi di neurotrasmettitori. Per esempio, un aumento dell'attività del simpatico provoca un
incremento dell’attività di pompaggio del cuore. Al contrario, l'attivazione del parasimpatico rallenta l’attività
cardiaca. A seconda delle circostanze, un sistema può essere più predominante rispetto all’altro. Nei momenti di
emergenza quando il corpo è in piena attività, come durante una fuga o una lotta, il sistema simpatico tende ad
essere eccitato e il parasimpatico inibito. Ciò aumenta il flusso sanguigno nei muscoli scheletrici. Al contrario, a
riposo, il parasimpatico tende a dominare sul simpatico. Il sangue viene deviato dai muscoli scheletrici verso
l'intestino e collabora alla digestione. Il cuore batte meno energicamente, poiché il sangue non ha bisogno di
circolare così velocemente.
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Ma cosa si intende per “autonomo”, quando si parla di SNA? Tale sistema viene così denominato perché
possiede una sorta di auto-organizzazione interna e quindi, in un certo senso, è autonomo rispetto al resto del
sistema nervoso. Determinati eventi, come la variazione della frequenza cardiaca mentre si prova una specifica
emozione, o la secrezione di saliva davanti a del cibo, si verificano senza la necessità di un intervento cosciente.
Comunque, sebbene il SNA possa realizzare certe azioni senza la nostra consapevolezza, il SNC e il SNA
agiscono in modo integrato. Per esempio, quando percepiamo una minaccia, il SCN influenza il SNA, tra le altre
cose il simpatico eccita il cuore.
Una minaccia è associata anche ad un'altra sequenza di azioni: agendo attraverso altri ormoni, il cervello attiva,
dalle ghiandole surrenali, la secrezione di ormoni definiti corticosteroidi. Questi sono quindi trasportati nel
flusso sanguigno dove attivano una serie di processi attraverso il corpo. I corticosteroidi, insieme all'adrenalina e
alla noradrenalina, preparano il corpo all'azione. Il cuore pompa vigorosamente, i vasi sanguigni si dilatano per
permettere al flusso sanguigno di irrorare i muscoli scheletrici e il corpo fornisce energia. Tutto questo mostra
nuovamente la stretta interdipendenza tra il sistema nervoso e quello endocrino.
Il sistema nervoso somatico e quello autonomo solitamente operano in sinergia per raggiungere un obiettivo.
Prendiamo l'esempio della percezione di un toro che attacca una situazione in cui le persone si affrettano ad
emettere la risposta più appropriata, ovvero correre. In questo caso, neppure è necessario menzionare il valore
funzionale, tanto è evidente! Quindi, la percezione di una minaccia attraverso i canali sensoriali, viene
rapidamente tradotta in uno stato emozionale legato alla paura e quindi, in un comportamento appropriato. I
diversi aspetti dell'emozione agiscono come un tutto integrato: i pensieri specifici ('le cognizioni'), le emozioni
provate soggettivamente, le manifestazioni autonome e il comportamento sono tutti strettamente collegati tra
loro.
La biologia dello stress
I sistemi che controllano le reazioni ad una minaccia assolvono chiaramente ad una funzione vitale. Comunque,
essi possono essere forzati oltre il loro limite ottimale. Sapolsky (1994) ha utilizzato un'analogia: su alcuni
prodotti elettrici solitamente è presente un messaggio in cui si afferma che il produttore non è responsabile del
malfunzionamento del prodotto se utilizzato al di fuori dei parametri per il quale è stato progettato. A volte,
possiamo intervenire sugli eventi potenzialmente avversi nella nostra vita. Quando non ne abbiamo la possibilità,
i meccanismi comportamentali adattivi potrebbero superare il loro limite, entrando in una condizione definita
stress (Toates 1995). Lo stress è un fallimento cronico di meccanismi di ‘far fronte’ (coping) utilizzati per
funzionare in modo ottimale.
L'ambiente è ricco di fattori di stress (stressors), pensiamo, ad esempio, al dover affrontare regolarmente
elementi ostili o animali selvaggi o, forse ancora più frequentemente in questi tempi nell'Europa occidentale, la
sfida del traffico, o i capi irragionevoli ed editori impazienti di ottenere parole di saggezza da un autore. Lo
stress, quindi, potrebbe essere definito in termini cognitivi generali come la percezione dell’incapacità di reagire
a determinate richieste. Tale definizione è utile perché mette in evidenza le caratteristiche comuni tra diversi
fattori di stress.
Nella nostra evoluzione, in risposta a certi fattori di stress, ad esempio trovarsi davanti ad un animale pericoloso,
siamo stati capaci di rafforzare i meccanismi appropriati di difesa quali il lottare o il correre. Siamo preparati
all'azione tramite il SNA e i corticosteroidi: pronti a “combattere o scappare”. Comunque, se non fossero
disponibili strategie per ‘far fronte’, potremmo subire i fattori di stress e per lunghi periodi di tempo. Lo stress
potrebbe diventare addirittura patologico. Per esempio, c'è poco da fare contro i fattori di stress quotidiani come
il confrontarsi con un capo esigente o con il traffico; non è possibile né adattivo “combattere o scappare”.
I cambiamenti fisiologici durante lo stress
Lo stress è associato ad alcune patologie (problemi circolatori, ulcere gastriche, sindrome del colon irritabile).
Per capire i danni provocati dallo stress, è importante osservare i grassi presenti nel flusso sanguigno. Quando si
percepisce una minaccia, i lipidi vengono recuperati dalle riserve presenti nel corpo e trasportati nel flusso
sanguigno. Se siamo fisicamente attivi, i lipidi possono essere utilizzati come carburante. Invece, l’aumento
cronico del livello di lipidi, in particolare dove essi rimangono inutilizzati come in uno stato di stressante
inattività, è un rischio per il sistema circolatorio. In questo stato, i lipidi tendono ad accumularsi sulle pareti delle
arterie, provocando l’arteriosclerosi.
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La personalità, il comportamento e gli atteggiamenti hanno un ruolo importante nelle ‘reazioni circolari’.
L'ostilità e la rabbia appaiono essere dannose per nostro sistema circolatorio. Alcuni sostengono che l’essere
competitivi non è di per sé dannoso, tranne nei casi in cui si attivano rabbia e ostilità (R. Williams 1989).
Il sistema nervoso e quello endocrino interagiscono anche con il sistema immunitario. Un problema che vi
verifica in uno di questi sistemi può influire sugli altri due. Poiché, per quel che ne sappiamo, le emozioni e lo
stress sorgono nel SNC, siamo particolarmente interessati agli effetti del sistema nervoso sul sistema endocrino e
su quello immunitario. Un aumento del livello dei corticosteroidi tende a sopprimere il sistema immunitario.
Pertanto lo stress, che aumenta il livello dei corticosteroidi, può avere effetti negativi sul sistema immunitario.
Contrastare lo stress
Determinati aspetti della biologia e del comportamento contribuiscono a creare uno stato emozionale positivo e
agiscono per controbilanciare lo stress. Gli appassionati di sport come jogging e aerobica, riferiscono di
possedere un umore elevato (Johnsgard 1989; Morgan 1981). Le endorfine (sostanze chimiche naturali simili
alla morfina) vengono rilasciate nel sangue durante lo sforzo fisico e il loro arrivo nel SNC potrebbe giocare un
ruolo cruciale nell'innalzamento dell'umore (Harte et al. 1995).
Un altro elemento che contribuisce a creare uno stato di buona salute è il senso di appartenenza, cioè il vivere in
armonia con gli altri condividendo uno scopo comune nella vita, come parte di una rete sociale. Possiamo
raggiungere obiettivi socialmente accettabili e in qualche maniera, avere una certa capacità di controllo e
capacità di far fronte allo stress.
Le persone socialmente isolate sono più a rischio di certi disturbi rispetto a coloro che si sentono integrati
socialmente (House et al. 1998; Williams 1991). Diverse teorie psicobiologiche tentano di spiegare come
l'isolamento sociale e il contatto potrebbero mediare tali effetti (Bovard 1985; Williams 1989, 1991). Visto in
termini evolutivi, noi siamo creature sociali la cui sopravvivenza dipende dagli altri esseri umani. Questo
suggerisce l’esistenza di processi cerebrali che sono in larga misura geneticamente determinati, e che
costituiscono la base della nostra motivazione sociale.
Come può l’interazione sociale influire sulla fisiologia del corpo umano? In che modo la salute del sistema
circolatorio è influenzata da legami sociali positivi? Come abbiamo messo in evidenza precedentemente,
esistono dei legami tra il SNC al SNA, fino al corpo, al di fuori del sistema nervoso. Quando si è impegnati n
legami sociali, sembra che il sistema simpatico del SNA attivi meno il sistema circolatorio. Il muscolo cardiaco,
le arterie e i livelli dei lipidi agiscono nella stessa direzione come protezione contro l'arteriosclerosi. Il
condizionamento senza dubbio ha un ruolo importante (capitolo 3). Da quando veniamo al mondo, la presenza di
altri esseri umani è solitamente associata a dei benefici, per esempio, pensiamo all’allattamento materno e alla
stimolazione tattile. La presenza di altre persone con cui instauriamo un rapporto amichevole potrebbe essere in
grado, successivamente, di produrre degli effetti psicologici condizionati con effetti benefici.
Il sistema immunitario e lo stress
L'armonia nei rapporti sociali sembra offrire una sorta di protezione anche contro il cancro. I pazienti malati di
cancro che hanno una qualche forma di sostegno sociale hanno un tempo di sopravvivenza maggiore. Tale
meccanismo sembra dipendere dall’interazione tra lo stato psicologico (come rappresentato nel SNC) e la
funzione immunitaria, in quanto il sistema immunitario agisce contro le cellule cancerogene (Maier et al. 1994).
Le cellule del sistema immunitario hanno recettori per i corticosteroidi. Questo tende ad inibire l'attività delle
cellule immunitarie. Determinati avvenimenti come gli esami, la guerra, il divorzio, la depressione, riducono la
risposta immunitaria negli esseri umani. C'è anche un legame reciproco: il sistema nervoso è influenzato dagli
eventi che accadono nel sistema immunitario.
Il legame tra sistema nervoso e sistema immunitario chiama in causa anche il condizionamento. Supponiamo che
venga iniettato un farmaco che, come effetto collaterale, deprime il sistema immunitario. I segnali associati al
farmaco (vedere l'ago, sentire l'iniezione) possono simulare alcuni degli effetti del farmaco, creando un effetto
condizionato di depressione immunitaria. Questo effetto può avere ruolo importante nei trattamenti (Maier et
al. 1994). I farmaci chemioterapici utilizzati contro il cancro devono bersagliare le cellule cancerogene, ma
tendono ad inibire anche le cellule sane, tra cui le cellule del sistema immunitario. Ciò crea la possibilità che i
segnali legati a tale contesto (l'avvicinamento all'ospedale) potrebbero acquistare una capacità di depressione
immunitaria condizionata.
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