Sulla maschera (Emanuela Landolfo)

Corso di Laurea in Pedagogia dell’Infanzia
L’autentico avanza mascherato. Il valore pedagogico della
maschera
Laureanda: Emanuela Landolfo
A.a. 2006/2007
INDICE
Introduzione
1.
La maschera nella cultura occidentale
1.1. L’ambiguità della maschera
1.2. Letteratura in maschera
1.3. Voci mascherate: il teatro dell’opera e gli evirati cantori
2.
Maschera ed identità
2.1. La vita è un palcoscenico: ad ognuno la sua parte!
2.2. Script, ruoli sociali e identità
2.3. Maschera, identità individuale, identità sociale
3.
Identità multiple nella società dei media
3.1. Avatar e identità nel cyberspazio
3.2. Identità multiple al supermercato del self
3.3. Un’altra chance, un’altra vita: la fortuna irresistibile di Second Life
Conclusioni: uso della maschera nei contesti educativi
Bibliografia
Sitografia
INTRODUZIONE
Sono sempre stata interessata allo studio della personalità umana,
alla sua variabilità e al fatto che, soprattutto nella società odierna,
l’individuo sia il frutto della società. Essa impone, infatti, alcuni
canoni da seguire, come ci si deve comportare e insegna come
omologarsi alla massa, insomma, stabilisce quali caratteristiche
devono essere dimostrate da ciascun membro per essere
considerato appartenente ad essa.
Soprattutto oggi, in un mondo in crisi che ha bisogno di sicurezze e
certezze stabili, la maschera è diventata il simbolo dell’affannosa
ricerca di un’entità rassicurante dietro cui nascondersi per non
rivelare le proprie fragilità, oppure si rivela una semplice
copertura che legittima chi la indossa a comportarsi in maniera
libera da ogni condizionamento o, ancora, è pirandelliana
cancellazione di un’identità per crearne una nuova.
Tutto ciò al prezzo della propria individualità, che deve, inoltre,
difendersi dai media e da internet.
È da queste considerazioni che mi è venuta l’idea per la mia tesi di
laurea.
Per la verità, l’idea non è tutta mia: infatti, il mio lavoro originario
era su tutt’altro argomento e, proprio per via di questo, ho avuto
modo di prendere contatto con Roberto Mazzini di Giolli.
Lui mi ha inviato via e-mail un documento di M. G. Infantino che
s'intitola “Il re, la regina e la scacchiera?” che, appunto, parla
della società-teatro, della società-scacchiera e che, tra gli altri, fa
riferimento alla visione del sociologo Erving Goffman.
Goffman descrive la vita sociale dell’uomo come una sorta di
continua rappresentazione teatrale ed anche altri autori hanno
evidenziato quest'aspetto, basti pensare a Pirandello o a
Shakespeare.
Inoltre, nello stesso periodo, ho cominciato a svolgere il servizio
civile presso una comunità terapeutica per tossicodipendenti ed
alcolisti. In questa struttura, mi sono trovata a chiacchierare con
un ragazzo, Roberto B., che si definisce una “maschera perfetta”:
infatti, mi raccontava, di come fuori lui conducesse una doppia vita
perfetta, da un lato aveva un buon lavoro, era considerato una
persona affidabile, uno zio premuroso e responsabile, mentre,
dall’altro, era caduto nel mondo della droga.
Quindi, sono stati questi due avvenimenti, uniti al mio interesse
personale a farmi decidere per questo tema.
Il primo capitolo “La maschera nella cultura occidentale”,
comincia con una piccola introduzione sull’ambiguità della
maschera seguita da una carrellata di ‘maschere letterarie ’, ossia
romanzi e storie che trattano il tema della maschera.
Si parte dal racconto di Stevenson ‘Lo strano caso del dottor Jekyll
e del signor Hyde ’ e da quello di O. Wilde con Dorian Gray.
Via via si prende in considerazione Pirandello, che afferma che
siamo costretti a vivere in un mondo falso, in un mondo di
apparenze, nel mondo delle maschere, dei fantocci, dei pupi.
E, di Pirandello, il romanzo affrontato è ‘Uno, nessuno, centomila’,
il cui nucleo centrale è che l’individuo pensa di essere uno, mentre
poi scopre che ciascuno lo vede a suo modo, quindi è centomila.
Infine, non avendo un’identità solida scopre di non essere nessuno.
Si passa, poi, attraverso ‘L’uomo della folla ’ di Poe per arrivare a
‘Doppio sogno ’ di Schnitzler.
In ultimo, si fa riferimento agli eroi di massa nati nei primi anni
del XX secolo: eroi che rifiutano la società, che vogliono
distruggerla ma di cui, nello stesso tempo, sono anche vittime.
Infine si fa riferimento alle voci ‘mascherate’ degli evirati cantori
del Barocco.
Il secondo capitolo “Maschera ed identità” è la parte centrale
della tesi, in cui si fa riferimento alla società-scacchiera, alla
società- teatro e alla vita vista come un palcoscenico.
Qui, si affrontano la questione sul ruolo, sull’essere umano come
role-taker (Mead) e come role-player (Moreno).
Si approfondisce la visione di Goffman, dell’identità sociale e
individuale.
Il terzo capitolo “Identità multiple nella società dei media” è la
parte conclusiva della tesi, la parte attuale.
Essa, si riferisce all’identità mediata dai media e da internet.
Al giorno d’oggi, infatti, gli individui cercano di fondare o trovare
gruppi mediati elettronicamente, fragili, totalità virtuali, in cui è
facile entrare e da cui è facile uscire. Queste comunità virtuali,
anche se divertenti, creano soltanto un’illusione di intimità e una
finzione di comunità, che allontanano dai rapporti ‘reali’, faccia a
faccia.
È il caso, per esempio delle chat-line, in cui dietro la condizione di
pseudonimato (nickname, alias) si nasconde una persona che può
fingere di essere diversa da quel che è e che può, anche, decidere
di cambiare il proprio genere.
Questo è ciò che avviene nello spot “The Secret”, che qui analizzo .
Infine, si arriva, dopo aver analizzato la posizione di Z. Bauman, a
Second Life, il mondo virtuale dove, tramite computer, si svolge
una seconda vita.
L’attrattiva di Second Life e di altri siti analoghi sta nella
possibilità di sperimentare un’esistenza diversa dalla propria,
magari di diventare quello che avremmo voluto ma non siamo.
La tecnologia permette, infatti, di esplorare lati di sé senza le
complicazioni e il rischio della realtà, e si è creata una situazione
paradossale in cui un ambiente virtuale può far sentire più reali
dell’ambiente reale, offrendo opportunità di rapporto più concrete
di quelle offerte dalla famiglia e dal mondo esterno.
CONCLUSIONI
USO DELLA MASCHERA NEI CONTESTI
EDUCATIVI
L’attuale società, in continua evoluzione, per essere al passo con i
tempi, sollecita la scuola a realizzare la logica della dinamica
relazionale elevando la qualità della comunicazione.
Il difetto della scuola tradizionale sta nel fatto che continua a
privilegiare il linguaggio verbale o digitale, mentre non dà la
dovuta importanza alla comunicazione non verbale che ha, invece,
la forza di far capire il contenuto del messaggio verbale che
mandiamo.
La lingua da sola non dà tutte le possibilità al fanciullo di
esprimersi totalmente, ma ha bisogno di essere completata dai
linguaggi extraverbali e, soprattutto, da quello plastico, quando si
tratta di dare sfogo al sentimento, agli stati emotivi e psichici.
In effetti, il fanciullo, col linguaggio plastico, esprime ciò che non
riuscirebbe a rivelare col linguaggio verbale.
E, se gli è negata questa possibilità, succede che molti stati di
tensione emotiva rimangono trattenuti e bloccati nell’inconscio fino
a procurargli complicazioni psichiche che si traducono spesso in
comportamenti- problema.
Le manifestazioni ed i prodotti artistici sono, in effetti, la
realizzazione concreta di emozioni, sentimenti, tendenze, tensioni,
ansie, ecc…
In questo quadro il gioco, il travestimento, la drammatizzazione, le
attività musicali, la danza, svolgono la medesima funzione
liberatrice dell’espressione plastica.
Il fanciullo possiede facoltà espressive che mancano agli adulti:
esse devono essere tradotte, mediante l’intervento educativo, in una
vera e propria attività creatrice.
Il gioco del travestimento consente, a sua volta, al piccolo, di
rappresentare agli altri, senza timore, sotto una veste figurativa,
ossia una maschera, ciò che non vuole formulare in prima persona.
Vi sono maschere capaci di nascondere e dissimulare, e ‘maschere
nude ’ che sono in grado di mostrare ciò che la coscienza razionale
spesso tiene nascosto sotto l’ingannevole difesa della negazione.
Invece, attraverso la simulazione, attraverso un gioco da fanciulli o
un vezzo da adulti annoiati della vita è possibile esprimere aspetti
dell’animo inconfessati ed inconfessabili, ricacciati nell’inconscio.
Adesso, attraverso una semplice maschera solo una delle tante, una
diversa rispetto a quella che ogni giorno indossiamo per incarnare il
nostro ruolo sociale è possibile aggirare la vigliaccheria e
scimmiottare il coraggio: il coraggio di diventare “altri”, differenti
da quelli che ogni giorno si aggirano per le strade, diversi da quelli
che donano conforto alle proprie famiglie, stabilità ai propri figli,
devozione ai propri superiori.
E, per un giorno, o forse per qualche ora soltanto, si può lasciare
andare ciò che nemmeno s’intuisce vivere sotto le mentite spoglie
della quotidianità.
Emergono nuove parti della personalità umana, quegli ‘aspetti
ombra’ legati al mondo inconscio, fatto di oscurità ed incertezze, di
ambiguità ed ironici lazzi dello spirito. E ci si traveste, o si crede di
farlo, mentre in realtà è solo la propria anima che sta emergendo
utilizzando vesti simboliche.
La tradizionale festa del Carnevale costituisce, quindi,
un’occasione preziosa ed opportuna, ricca di sollecitazioni e
motivazioni, per consentire ai bambini di impegnarsi ludicamente,
da protagonisti, nelle attività al fine di sviluppare capacità
potenziali, abilità creative e destrezza tecnica, nonché di scaricare
in maniera innocua tensione, desideri e bisogni repressi e rimossi
nell’inconscio.
L’occasione della tradizionale mascherata del Carnevale costituisce
un evento particolarmente adatto per sollecitare bambini e ragazzi
ad esprimere emozioni, sentimenti, desideri, aspirazioni, e per
liberarsi da ogni tensione psichica inconscia come la paura,
l’insicurezza, la timidezza, le pulsioni, i complessi, le frustrazioni e
i conflitti interiori.
In definitiva, il travestimento, il gioco simbolico e quelli di ruolo e
la trasposizione di fantasia costituiscono a Carnevale un
appuntamento propizio di svago ed un regolatore della vita psichica
del bambino e di socializzazione dei più grandi.
Nascondendosi sotto la maschera e celando la sua identità sotto un
qualsiasi costume, il bambino si sente finalmente a suo agio e
sicuro di esternare e rappresentare agli altri ciò che non vuole o non
riesce ad esprimere in prima persona.
Esplode così in maniera salutare, dà sfogo alla sua fantasia
travestendosi nei panni del suo personaggio, si identifica con lui e
si proietta nel suo ruolo, felice e contento della sua trasgressione.
Il Carnevale, infatti, si caratterizza per le maschere e la possibilità
di indossare i vestiti di qualcun altro, si può sperimentare come si
sta nei panni dell’altro, coglierne le peculiarità per poi tornare nei
propri arricchiti da una nuova esperienza.
Chi non ricorda come da piccoli ci si sentiva importanti vestiti da
Biancaneve o da Zorro? Da bambini ogni gioco si vive
intensamente e si crede che pur facendo “finta di” in quei momenti
si può essere davvero un supereroe o un personaggio delle fiabe,
volando così con la fantasia e imparando l’arte di trasformarsi.
Inoltre, l’abito e la maschera carnevalesca sono legati al senso di
identità che, se nei bambini è in formazione, per gli adulti può
rappresentare un modo per evadere dal proprio ed evidenziare
quelle parti di sé più nascoste.
La maschera di Carnevale fa diventare esuberante il timido,
coraggioso il pauroso…insomma fa sperimentare e conoscere tutti
quegli aspetti di sé che ci appartengono e, paradossalmente,
permette di tirare fuori gli aspetti più segreti della personalità e di
dar luce al nostro lato d’ombra.