ALIMENTATORI Un alimentatore è un apparato elettrico semplice o composto che serve a trasformare ed eventualmente a raddrizzare la corrente elettrica in modo da fornire energia ed adattarla all'uso di altre apparecchiature. Gli alimentatori differiscono ampiamente in funzione della potenza gestita, così anche per le caratteristiche di qualità della corrente fornita all'uscita. Un alimentatore con pari valori di tensione e potenza è più complesso e costoso quanto più la tensione fornita è precisa e stabile, e quanto maggiore è la sua affidabilità. Esistono anche alimentatori da laboratorio, in cui la tensione di uscita è regolabile a piacere dall'utilizzatore in base alla necessità. Questi alimentatori hanno anche una limitazione della corrente massima fornita, in alcuni casi regolabile, utile per evitare problemi in caso di cortocircuito e per speciali circuiti con alimentazione in corrente costante. In molti casi l'alimentatore fornisce più di una tensione di uscita. È il caso degli alimentatori per computer, che forniscono tensioni di 3.3, 5, 12, -5, -12 volt. Tecnologie Esistono due approcci tecnologici profondamente differenti per la realizzazione di alimentatori: Dissipativo o lineare Si tratta di una tecnologia estremamente semplice ed economica, largamente usata ove la potenza richiesta sia limitata ed il costo rappresenti un limite. Un generico alimentatore lineare è idealmente (e spesso anche praticamente) composto dai seguenti elementi collegati in cascata: un trasformatore: provvede a ridurre (o in rari casi aumentare) la tensione proveniente dalla rete elettrica per avvicinarla al valore richiesto dal carico da servire. un raddrizzatore: trasforma la corrente alternata fornita dal trasformatore in corrente continua. Può essere a diodo singolo o a ponte. un filtro livellatore: livella la corrente unidirezionale pulsante uscente dal raddrizzatore in una corrente più uniforme e costante. Solitamente rappresentato semplicemente da un condensatore. un circuito elettronico Stabilizzatore detto anche regolatore, che può spaziare da un semplice diodo zener ad un circuito integrato dedicato. Assicura che la tensione generata dall'alimentatore si mantenga costante nel tempo ed entro una stretta tolleranza rispetto al valore richiesto, al variare della tensione della rete elettrica e del carico applicato. In molti casi dove non occorra una tensione stabile e precisa, specialmente nei piccoli alimentatori a spina, non è presente la sezione di stabilizzazione. I principali limiti di questi alimentatori risiedono nel basso rendimento energetico, che comporta, nel caso di elevate potenze gestite, un consistente sviluppo di calore, che deve essere smaltito per evitare danni all'apparato. Un altro limite è nell'eccessivo incremento di dimensioni e peso all'aumentare della potenza di un alimentatore analogico. Switching o "a commutazione" Possiedono circuiti più complessi rispetto ad un alimentatore tradizionale, ma hanno diversi vantaggi, tra cui un minore ingombro e peso a parità di potenza, un rendimento maggiore e quindi minore calore prodotto, sono meno adatti per l'uso in laboratorio, essendo caratterizzati: da un elevato ripple; e dalla generazione di componenti spurie ad alta frequenza che possono interferire nel funzionamento di alcune apparecchiature. Il principio di funzionamento si basa sul fatto che un trasformatore è più efficiente, richiede un nucleo ferromagnetico più piccolo ed è molto più compatto, a parità di potenza, all'aumentare della frequenza operativa. Negli alimentatori elettronici vengono utilizzati particolari trasformatori fatti funzionare a frequenze di decine o centinaia di migliaia di Hertz invece dei 50 Hz della rete elettrica di distribuzione. Il nucleo di questo trasformatore è in Ferrite, materiale realizzato con polveri metalliche incollate, invece dei tradizionali lamierini di ferro, che alle alte frequenze comporterebbero una notevole perdita di energia. In un alimentatore elettronico la tensione di rete viene per prima cosa raddrizzata e livellata con un condensatore. Successivamente un circuito oscillatore genera a partire da questa corrente continua, una corrente alternata di elevata frequenza, che viene applicata ai capi dell'avvolgimento primario del trasformatore; la tensione in uscita, presente ai capi dell'avvolgimento secondario del trasformatore, viene raddrizzata e livellata. La funzione di stabilizzazione è solitamente ottenuta retroazionando l'errore del segnale in uscita sul regime di funzionamento dell'oscillatore. In pratica, un circuito misura la tensione di uscita, e se questa risulta troppo alta viene ridotta l'energia inviata dall'oscillatore al trasformatore, se invece la tensione scende, viene aumentato il flusso di energia. Grazie a questo sistema molti alimentatori switching sono in grado di accettare in ingresso un'ampia gamma di tensioni e frequenze. Per esempio gli alimentatori per Notebook spesso possono essere collegati sia alla rete europea a 230 V/50 Hz, sia a quella statunitense a 115 V/60 Hz. L'apparato è reso più complesso dalla presenza di sistemi di protezione contro sovraccarichi e cortocircuiti, e da filtri necessari per evitare che il segnale ad alta frequenza si propaghi verso il carico oppure ritorni verso la rete elettrica. . Alimentatore a corrente costante Se applichiamo ad un alimentatore stabilizzato con uscita a tensione fissa, un circuito di controllo costante della corrente, otterremo un alimentatore a corrente costante. Un alimentatore che erogherà una corrente impostata fissa e una tensione che varierà in base al carico collegato. La tensione massima sarà quella del primo stadio [8] ridotta della caduta introdotta dal secondo stadio [9] . Questo tipo di alimentatori sono applicati ad esempio nella ricarica degli accumulatori al nicd/nimn - che necessitano di essere caricate proprio in questo modo - e nell'alimentazione di dispositivi come i led - in questo caso si possono mettere in serie uno o più elementi, fino ad un massimo che è la somma della tensione massima erogabile, e il sistema si autoequilibrerà. Alimentatori universali Sono caratterizzati da una elevata flessibilita e questo li rende adatti ad alimentare svariati dispositivi elettrici come: periferiche esterne di computer (modem, scanner, piccole stampanti,...); apparecchiature elettroniche di bassa potenza (ad esempio basi per telefoni cordless o lampade da tavolo) apparecchiature a batteria (ad esempio notebook, lettori CD portatili o lettori mp3) La potenza massima erogabile da questo tipo di alimentatori è dell'ordine di qualche decina di watt. La flessibilità degli alimentatori universali consiste nel fatto che è possibile selezionare la tensione d'uscita (solitamente attraverso un interruttore a slitta oppure un commutatore rotativo) e scegliere, tra la gamma disponibile, lo spinotto più adatto alla connessione con l'apparecchiatura da alimentare. Le tensioni di alimentazione selezionabili tipicamente sono: 1.5V, 3.0V, 4.5V, 6.0V, 7.5V, 9.0V e 12V. Gli spinotti più diffusi sono vari diametri di connettori di tipo jack e coassiali (in cui è possibile selezionare la polarità) e porte USB (spesso con connettore mini USB). Alimentatori ridondanti Gli alimentatori ridondanti si differenziano da quelli tradizionali fornendo in più una garanzia - più o meno elevata - di servizio, anche in presenza di un certo tipo di anomalie e/o guasti. L'elettronica che fornisce il servizio di ridondanza generalmente si occupa solo di garantire il servizio di alimentazione per cui è impreciso se non scorretto parlarne in termini di affidabilità. Può essere considerata - al limite - un'anomalia, anche la mancanza totale[10] o parziale[11] di energia dalla rete. Ridondante rispetto alla mancanza di energia della rete è l'alimentatore che incorpora una batteria (classico quello dei sistemi di sicurezza antifurto) che viene caricata durante la presenza della rete; mentre fornisce energia sostitutiva quando la prima viene a mancare. Classica la configurazione ridondante con due apparecchiature identiche[12] che si controllano a vicenda e intervengono sostituendosi una all'altra in caso di guasto. Poco funzionale invece l'utilizzo di alimentatori tradizionali con delega del controllo e della commutazione da parte di centraline esterne che potrebbero a loro volta guastarsi. Funzionale anche l'utilizzo di due alimentatori parallelabili purché entrambi in grado di sopportare in sicurezza - l'intero carico; in questo caso normalmente si dividerebbero la potenza allungando la vita di entrambi, ma allo stesso tempo in caso di guasto di uno dei due, il servizio sarebbe ugualmente assicurato. Se non ci sono limiti alla sicurezza, in applicazioni pratiche possiamo trovare anche alimentatori con apparecchiature multiple, classici i sistemi avionici che nel regime tecnico militare possono arrivare anche a cinque[13]. Come tutti i sistemi ridondanti questi alimentatori devono essere in grado di segnalare al personale competente ogni anomalia, segnalazione che non può essere solo luminosa ma a seconda della sofisticazione si può trattare di un semplice contatto a relè fino ad una trasmissionone digitale su di una linea RS-485/RS-422/RS-232 o Ethernet. Alimentatori parallelabili Gli alimentatori parallelabili, si differenziano da quelli tradizionali per la loro elevata immunità ai ritorni di potenza, in sostanza, entro certi limiti non si danneggiano se vengono parallelati. Attualmente non esiste una normativa e nemmeno una convenzione su questa materia specifica, quindi affidandoci ai cataloghi del commercio ne rileviamo di tre tipologie: In buona sostanza: se lo scopo del parallelo è la ridondanza, l'impiego "brutale" di due alimentatori semplicemente parallelabili potrebbe essere una soluzione sufficiente, in questo caso entrambi gli alimentatori devono essere in grado di sopportare - in sicurezza - l'intero carico; se invece lo scopo del parallelo è suddividere il carico su più alimentatori, sarà necessario utilizzare strategie per equilibrare la corrente erogata, è questo il "plus" che possono fornire gli alimentatori parallelabili. Alimentatori semplicemente parallelabili Fornire questo tipo di caratteristica in un alimentatore è molto semplice: è sufficiente applicare all'uscita un diodo, direzionato in modo coerente e con caratteristiche di corrente e tensione adeguate; e compensare la relativa caduta di tensione. Per il funzionamento si dovrà regolare la tensione di uscita di uno dei due, "più in basso" rispetto all'altro, in questo modo funzionerà quello a tensione più elevata perché sarà il suo diodo a condurre fino all'eventuale guasto, quando la sua tensione cadrà e sarà il diodo dell'altro alimentatore a condurre, se in quel momento sarà ancora funzionante. Alimentatori parallelabili con controllo passivo della corrente Il funzionamento è semplice, parallelando due o più di questi alimentatori, anche se le dovute tarature non fossero precisissime, a causa della curva in leggera tendenza si innescherà un meccanismo per il quale le correnti di tutti gli alimentatori si equilibreranno da sole. Più precise saranno le tarature (più saranno identici gli alimentatori) più saranno simili le correnti erogate da ciascun apparato, tuttavia ad ogni cambiamento del carico (della corrente erogata) ci si dovrà aspettare una piccola oscillazione nel sistema a causa del tempo di risposta del circuito di controllo. Questo tipo di regolazione é accettabile per moltissime applicazioni. Alimentatori parallelabili con controllo attivo della corrente In questo tipo di alimentatori i circuiti di controllo sono progettati in modo da assicurare che ogni alimentatore fornisca la stessa corrente in ogni condizione. Questa funzione si ottiene incrociando i dati di tensione e corrente di ogni alimentatore. Il risultato sarà: una erogazione di corrente e tensione costante e precisa; immune alle eventuali differenze di taratura degli alimentatori. Il funzionamento può essere però complesso e persino governato da microprocessori, inoltre questo tipo di regolazione è più costosa, sia in termini di progetto[14] che di installazione[15]. IL TRASFORMATORE Macchina elettrica statica atta a trasferire, sfruttando il fenomeno dell'induzione elettromagnetica, energia elettrica a corrente alternata da un circuito a un altro modificandone le caratteristiche. Schematicamente un trasformatore è costituito da due avvolgimenti, ciascuno formato da un certo numero di spire di filo di rame avvolte attorno a un nucleo di ferro di elevata permeabilità magnetica, dei quali uno, detto primario, riceve energia dalla linea di alimentazione, mentre l'altro, detto secondario, è collegato ai circuiti di utilizzazione. Il rapporto tra le forze elettromotrici nei due avvolgimenti è uguale a quello dei numeri di spire. Negli autotrasformatori si ha un unico avvolgimento in cui il secondario è derivato dal primario In breve Il trasformatore serve ad alzare il voltaggio della corrente in uscita dall'alternatore per evitare eccessive perdite di energia elettrica in linea. Trasformatore di alimentazione I trasformatori di alimentazione o di potenza, industriali e residenziali, possono essere monofase o trifase, e servono per produrre alte tensioni e correnti intense. Un efficiente sistema di trasmissione di potenza richiede un trasformatore elevatore, che innalzi il voltaggio e conseguentemente riduca la corrente, in corrispondenza della centrale di produzione dell'energia elettrica. Poiché le perdite lungo le linee elettriche sono proporzionali al prodotto del quadrato dell'intensità di corrente e della resistenza della linea stessa, per le trasmissioni a lunga distanza conviene utilizzare voltaggi molto alti e correnti poco intense. Al punto di arrivo, i trasformatori abbassatori riducono il voltaggio ai livelli tipici degli usi residenziali o industriali, cioè generalmente intorno ai 220 V. Il rendimento dei trasformatori, tanto maggiore quanto minore è la quantità di energia dissipata sotto forma di calore durante il processo di trasformazione, supera generalmente il 99%, ed è dovuto all'uso di particolari leghe di acciaio che facilitano l'accoppiamento dei campi magnetici indotti tra l'avvolgimento primario e il secondario. La dissipazione di una quantità anche piccola di potenza trasmessa da un grande trasformatore sviluppa grandi quantità di calore, per cui sono richieste speciali misure per il raffreddamento. I trasformatori di potenza più comuni sono installati in contenitori sigillati, all'interno dei quali si fa circolare olio o qualche altra sostanza che faccia da tramite per il trasferimento all'ambiente circostante del calore sviluppato Tipi Sebbene basati sullo stesso principio, esistono trasformatori di tutte le dimensioni, da quelli grandi pochi millimetri usati in elettronica a grandi macchine alte diversi metri e con potenze di gigawatt usati nella distribuzione di energia elettrica. La classificazione può essere fatta in base alla potenza trasferita, al rapporto di trasformazione, al fatto che primario e secondari siano isolati, al tipo di segnale su cui operano. Di tensione (TV) È il trasformatore classico descritto precedentemente. La tensione sul secondario è costante e determinata dal rapporto nel numero di spire. Si può ulteriormente suddividere questa categoria in trasformatori riduttori o elevatori a seconda che il rapporto di tensione sia in aumento o in diminuzione. Gli avvolgimenti possono avere prese intermedie che permettono di decidere all'installazione tra diversi rapporti, per esempio per utilizzare una apparecchiatura su reti elettriche a diversa tensione nominale. Le prese intermedie sul secondario, oppure avvolgimenti secondari aggiuntivi, permettono di avere a disposizione diversi valori di tensione contemporaneamente. Di isolamento Sono trasformatori con rapporto unitario (o leggermente maggiore per compensare le perdite) ma con isolamento elettrico tra gli avvolgimenti particolarmente curato. Sono usati per disaccoppiare la massa di un apparecchio di misura dalla massa del circuito in esame quando entrambi siano messi a terra. La separazione tra gli avvolgimenti viene generalmente assicurata mediante doppio isolamento oppure per mezzo di uno schermo metallico messo a terra. Possono essere anche usati per aumentare la sicurezza delle apparecchiature mediche connesse alla rete, ma in questo caso il trasformatore deve essere conforme anche alla norma IEC 65558-2-15, specifica per l'applicazione in locali adibiti ad uso medico. Tra le caratteristiche peculiari, la potenza di uscita non può superare 10 kVA e, se viene utilizzato per alimentare più di un apparecchio medicale contemporaneamente, deve essere dotato di un dispositivo di controllo permanente dell'isolamento non disinseribile. Trasformatore trifase Sono macchine in grado di convertire una tensione trifase e sono comunemente usati nella rete di distribuzione elettrica. Possono essere costituiti da tre trasformatori monofasi indipendenti, ma spesso sono realizzati con tre avvolgimenti primari e tre secondari montati su un unico nucleo con tre rami paralleli.[11] Gli avvolgimenti possono essere collegati a stella (sigla Y per alta tensione sigla y per bassa tensione), a triangolo (sigla D per alta tensione - sigla d per bassa tensione) o a zig-zag (sigla Z per alta tensione - sigla z per bassa tensione). Vengono di solito abbinati a degli Isoltester (o "controllori di isolamento"), che permettono di regolare tramite pannello sinottico le varie soglie di resistenza verso terra. Nel caso si debbano mettere in parallelo due o più trasformatori trifase bisogna, preventivamente, accertarsi che appartengano entrambi al medesimo gruppo. Il gruppo di un trasformatore trifase si definisce come l'angolo di ritardo della bassa tensione rispetto all'alta tensione assumendo come senso antiorario in senso di rotazione dei vettori di tensioni. Solo in questo caso siamo certi di non collegare in cortocircuito i due trasformatori che vogliamo mettere in parallelo. Nei trasformatori commerciali i gruppi più utilizzati sono quattro. Elenchiamoli. Questo angolo di ritardo è dovuto al diverso montaggio degli avvolgimenti del trasformatore. Per fare un semplice esempio se gli avvolgimenti sono stati collegati a stella (sia del primario che del secondario) possiamo avere un trasformatore sia con gruppo 0 sia con gruppo 6. Nel caso uno dei due sia collegato a triangolo e l'altro a stella possiamo avere un trasformatore sia con gruppo 5 sia con gruppo 11. Autotrasformatore È un trasformatore con un unico avvolgimento a più prese intermedie. Trasformatore variabile o variac Sono autotrasformatori in cui la presa intermedia è un contatto strisciante sull'avvolgimento primario: questi apparecchi possono fornire in uscita una tensione regolabile praticamente con continuità tra zero e il valore massimo. Il Variac è un marchio registrato da General Radio. Di corrente (TA) Forniscono sul secondario una corrente proporzionale alla corrente circolante nel primario. Sono spesso usati nei sistemi di misura per correnti elevate al fine di ridurle a valori più facilmente misurabili. Sono costituiti da un nucleo toroidale al cui interno passa il cavo (anche isolato) su cui compiere la misura e su cui è avvolto il filo del secondario. È importante che il secondario sia sempre in cortocircuito sullo strumento di misura per evitare la formazione di tensioni pericolosamente elevate. Sono usati nei sensori di una pinza amperometrica. A corrente costante Questi trasformatori mantengono costante entro certi limiti la corrente fornita sul secondario piuttosto che la tensione. In pratica la tensione prodotta si regola automaticamente per mantenere una corrente costante sul carico. Sono costituiti da nucleo interrotto da un traferro la cui apertura è regolata da una sezione mobile del nucleo tirata da un contrappeso. La presenza del traferro determina un aumento della riluttanza, ovvero il rapporto tra la forza magnetomotrice generata dal primario e il flusso di induzione prodotto nel nucleo. Quando il circuito secondario assorbe troppa corrente, le forze elettromagnetiche provocano l'allargamento del traferro, da cui ne deriva una diminuzione del flusso e quindi la diminuzione della tensione indotta. Questi trasformatori sono usati per alimentare le lampade di illuminazione pubblica collegate in serie a corrente costante. Versioni con traferro regolabile manualmente sono usati nelle saldatrici elettriche: in questo caso l'apertura del traferro non è automatica ma impostata dall'utilizzatore con una manopola. La corrente è quindi limitata ad un valore prefissato ma non regolata. Risonante Un trasformatore risonante opera alla frequenza di risonanza di uno (o più) avvolgimenti, solitamente il secondario, sfruttando la capacità parassita fra una spira e l'altra dell'avvolgimento. Se il primario è alimentato con una tensione periodica ad onde quadre o dente di sega, ad ogni impulso viene fornita energia sul secondario, che sviluppa progressivamente una tensione molto elevata alla frequenza di risonanza del circuito oscillante. La tensione prodotta è limitata da fenomeni di scarica distruttiva fra le spire dell'avvolgimento risonante e la corrente è molto più elevata di quella ottenuta dai generatori elettrostatici come il Generatore Van de Graaff e il Generatore Wimshurst. Di solito questi trasformatori lavorano a frequenze piuttosto elevate, per cui non hanno bisogno di nucleo magnetico. La bobina di Tesla è un tipico trasformatore risonante. Di impulso Un trasformatore di impulso è ottimizzato per trasferire un impulso rettangolare. Modelli di piccola potenza (detti di segnale) sono usati in elettronica digitale e telecomunicazioni, in genere per adattare i circuiti alle linee di trasmissione e per attivare triac o scr. Modelli di medie dimensioni sono usati per controlli su circuiti di potenza, come per esempio per innescare i flash fotografici. Per limitare la distorsione nella forma dell'impulso, il trasformatore deve avere basse perdite, bassa capacità distribuita ed alta induttanza a circuito aperto. Nei modelli di potenza deve essere bassa la capacità di accoppiamento tra primario e secondario, per proteggere i circuiti collegati al primario dagli impulsi di elevata tensione creati dal carico. Per la stessa ragione deve essere elevato l'isolamento. La qualità di un trasformatore di impulso è determinabile con il prodotto tra la tensione di picco e la durata dell'impulso (o più esattamente l'integrale dell'impulso). Più alto è il valore, maggiore è il costo del trasformatore. D'uscita Questo tipo di trasformatore è utilizzato solitamente come adattatore d'impedenza. Normalmente è usato negli amplificatori audio valvolari per adattare l'alta impedenza dei tubi d'uscita con la bassa impedenza dell'altoparlante. Infatti, solitamente, per questo tipo di trasformatori non viene definito direttamente il rapporto di trasformazione N delle tensioni ma il rapporto delle impedenze tra primario e secondario. Inoltre, in questa specifica applicazione, svolge anche il compito di separare la componente continua da quella alternata. Dal punto di vista costruttivo è come un normale trasformatore monofase con degli accorgimenti particolari. Prima di tutto il materiale dei lamierini: si usano solitamente lamierini con percentuale di silicio, però a grani orientati, oppure altri materiali più costosi (permalloy, etc.). Un altro accorgimento che si pratica è quello di intercalare il primario con il secondario, in modo tale da aumentare l'accoppiamento tra gli avvolgimenti e diminuire la capacità parassita (e quindi estendere la banda passante) degli avvolgimenti. Nei trasformatori d'uscita per stadi single end occorre aggiungere del traferro (aria o carta) al nucleo in modo tale da evitare premature saturazioni, visto che in questa configurazione l'avvolgimento primario è attraversato dalla corrente continua del tubo in un solo senso e non in due (ma opposti) come in quelli per push-pull, i quali non richiedono il traferro. In un amplificatore audio è un componente fondamentale, in quanto se di scarsa qualità può limitare pesantemente le prestazioni. Rotante Parte fissa di un trasformatore rotante a 6 Parte rotante del trasformatore, canali usato in un videoregistratore a 6 testine. con visibili tre delle sei testine. Un trasformatore rotante è un tipo specializzato di trasformatore, usato per accoppiare segnali elettrici tra due parti rotanti tra di loro. un trasformatore rotante permette di superare i difetti tipici degli anelli collettori, come attrito, frizione, intermittenza del contatto e limitazione della velocità di rotazione. Un trasformatore rotante è costruito con gli avvolgimenti primari e secondari in metà separate, montate poi una di fronte all'altra. La connessione tra le due metà degli avvolgimenti è assicurata dal flusso magnetico che fornisce l'induttanza reciproca dal primario al secondario. L'uso più comune dei trasformatori rotanti è nei videoregistratori, per la trasmissione dei segnali di pilotaggio delle testine video montate su un tamburo rotante. La maggior parte dei videoregistratori richiede più di un segnale, e in questo caso si usano trasformatori rotanti a più canali, con più avvolgimenti concentrici. Nella foto si vede un trasformatore rotante con 6 avvolgimenti individuali. Un altro uso è per trasmettere segnali dai sensori di coppia sui motori elettrici, per controllarne la velocità e la coppia generata tramite feedback. Filtro In elettronica un filtro elettronico è un dispositivo che realizza delle funzioni di trasformazione dei segnali. In particolare la sua funzione può essere quella di filtrare determinate bande di frequenza lasciando passare le frequenze più alte o più basse di un valore determinato, o quelle comprese in un intervallo prestabilito. La funzione di trasferimento di un filtro può essere rappresentata con un diagramma di Bode. I filtri elettronici possono essere: Passivi o attivi Analogici o digitali A tempo discreto (campionato) o a tempo continuo Lineari o non lineari I tipi più comuni di filtri elettronici sono lineari, indipendentemente da altri aspetti del loro progetto. Molti filtri sono anche dei sistemi risonanti. Ogni dispositivo reale funge per sua natura da filtro. Classificazione per tecnologia Filtri passivi Schema di filtro passa-basso passivo Schema di filtro passa-alto passivo La realizzazione più semplice di un filtro lineare è basata sulla combinazione di resistori, capacitori e induttori. Questi filtri sono i cosiddetti circuiti RC, RL, LC e RLC. Nel loro complesso sono chiamati "filtri passivi", perché il loro funzionamento è dipendente dalla presenza di un segnale variabile in Ingresso (Vi) Gli induttori bloccano i segnali ad alta frequenza e conducono quelli a bassa frequenza, mentre i capacitori si comportano al contrario. Un filtro in cui il segnale passa attraverso un induttore, o nel quale un capacitore fornisce un percorso verso terra, presenta quindi minore attenuazione ai segnali a bassa frequenza che a quelli ad alta frequenza ed è un filtro passa basso. Se il segnale passa attraverso un capacitore, o ha un percorso a terra attraverso un induttore, allora il filtro presenta un'attenuazione minore per i segnali ad alta frequenza che per quelli a bassa frequenza, ed è un filtro passa alto. I resistori da parte loro non hanno la proprietà di selezionare le frequenze, ma sono aggiunti a capacitori e induttori per determinare le costanti di tempo del circuito, e quindi le frequenze a cui essi rispondono. A frequenze molto alte (maggiori di circa 100 megahertz), a volte gli induttori sono semplicemente fatti da un singolo anello o da una striscia di lamina metallica, e i capacitori da strisce metalliche adiacenti. Tali strutture, che sono utilizzate anche per fare adattamento di impedenza, sono chiamate stub. Multipolari I filtri di secondo ordine sono misurati con il loro fattore di qualità o fattore Q. Si dice che un filtro ha un Q alto, se seleziona o inibisce un intervallo di frequenze stretto, relativamente alla sua frequenza centrale. Filtri attivi I filtri attivi sono realizzati utilizzando una combinazione di componenti amplificatori passivi ed attivi. Gli amplificatori operazionali sono frequentemente utilizzati nel progetto dei filtri attivi. Possono avere Q elevati e raggiungere la risonanza senza utilizzo di induttori. La loro frequenza superiore è però limitata dalla larghezza di banda degli amplificatori utilizzati. Filtri digitali Il trattamento digitale dei segnali permette la realizzazione economica di una grande varietà di filtri. In più, il trattamento numerico dei segnali non ha le stesse limitazioni dei filtri analogici nel posizionamento dei poli e degli zeri del filtro sul piano complesso: i filtri digitali possono perciò ottenere prestazioni impossibili per i normali filtri analogici. Il segnale in ingresso viene campionato e un convertitore analogico digitale lo converte in un flusso numerico: un programma residente su un processore (DSP) esegue su esso i calcoli del filtraggio e genera un flusso numerico in uscita. Quest'ultimo viene poi ritrasformato in un segnale analogico da un convertitore digitale analogico. Una limitazione importante è che un filtro digitale può elaborare frequenze pari al massimo alla metà della frequenza di campionamento, pena l'insorgere di aliasing e conseguenti disturbi in uscita. Filtri al quarzo e piezoelettrici Nei tardi anni trenta alcuni ingegneri capirono che si poteva sfruttare la risonanza meccanica dei materiali piezoelettrici per ottenere dei filtri molto efficaci: i primi risuonatori erano in acciaio, ma fu presto chiaro che il quarzo era molto migliore. I risuonatori di quarzo convertono il segnale elettrico che li attraversa in oscillazioni meccaniche con una grande efficienza: il fattore Q di un risuonatore al quarzo è in genere superiore a 5000, valori irraggiungibili dai normali risuonatori LC. Il quarzo ha inoltre un coefficiente di espansione termica molto basso, e mantiene quindi una buona precisione in frequenza al variare della temperatura. Classificazione per funzione di trasferimento Classi generiche Filtro passa basso: trasmette in una banda di frequenza che va da zero a una frequenza di taglio f; le componenti con frequenza più alta sono attenuate. Filtro passa alto: trasmette in una banda estesa da una frequenza di taglio f alla più alta frequenza da trasmettere; le componenti con frequenza più bassa di quella di soglia sono attenuate. Filtro passa banda: trasmette in una banda compresa tra una frequenza di taglio inferiore e un'altra superiore le componenti con frequenza esterna alla banda passante sono attenuate. Filtro elimina banda: anche detto notch, è un filtro che taglia una banda ristretta di frequenza, inclusa in un certo intervallo delimitato da due valori. Un esempio è il filtro a doppio T Filtro passa tutto: è un filtro che non interviene sull'ampiezza delle frequenze che lo attraversano ma soltanto sulle loro fasi; è usato per ottimizzare la risposta in fase di un sistema contenente altri filtri non compensati. Circuiti comparatori Il trigger di Schmitt Il trigger di Schmitt pone rimedio ai problemi del semplice comparatore a soglia, creando una zona di insensibilità, detta isteresi, compresa entro due soglie di intervento. Nella caratteristica sotto riportata, "Vsi" è la "tensione di soglia inferiore", mentre "Vss" è la "tensione di soglia superiore": quando il segnale in ingresso "Vs" assume valori vicini a quello del segnale di riferimento "Vref", ma compresi nell'intervallo dell'isteresi, cioè tra "Vsi" e "Vss", il comparatore si mantiene stabile e non commuta. Analisi dello schema elettrico La reazione positiva, aumentando l'amplificazione del circuito, permette una transizione più rapida fra i livelli di uscita. La resistenza R3, che non è necessaria, è stata inserita per ridurre l'errore dovuto alle correnti di polarizzazione degli ingressi dell'operazionale (R3 = R1 || R2). La tensione di ingresso Vs viene confrontata con la tensione V+, che assume automaticamente il valore della tensione di soglia inferiore o superiore, in base all'ultima commutazione dell'uscita del comparatore. Ad esempio, se in questo istante l'uscita è alta (Vu = +Vsat), il comparatore non commuterà finché il segnale in ingresso Vs non supererà la tensione V+, che in questo istante è uguale a Vss. Invece, nel momento in cui l'uscita è bassa (Vu = -Vsat), la successiva commutazione avverà quando Vs sarà minore Vsi. Analisi della caratteristica di trasferimento Vengono ora riportate due prove di laboratorio per lo studio del trigger di Schmitt. Il metodo di analisi è lo stesso finora esaminato. Si consideri il caso in cui le resistenze R1 ed R2 abbiano lo stesso valore e il segnale di riferimento sia nullo; per evidenziare il comportamento del comparatore, viene applicata in ingresso un'onda sinusoidale Schema elettrico Grafico dell'oscilloscopio Caratteristica dell'isteresi L'isteresi è la caratteristica di un sistema di reagire in ritardo alle sollecitazioni applicate e in dipendenza dello stato precedente. Se la risposta di un sistema con isteresi viene rappresentata in un grafico in funzione dello stimolo, si ottiene una caratteristica curva chiusa (grafico a destra). In un sistema privo di isteresi la curva costituisce una linea singola. In presenza di isteresi si ottiene invece uno sdoppiamento della curva: se percorsa da sinistra a destra si ha un cammino, se percorsa in senso inverso se ne ottiene un altro. In molti dei fenomeni fisici in cui si ha tale caratteristica si ottengono due tratti orizzontali: uno superiore ed uno inferiore. Questi rappresentano i limiti di saturazione. Per un sistema in esame, al variare di alcune condizioni, si può avere una famiglia di curve, spazianti dalla quasi singola ad un'area racchiusa pressoché quadrata. L'ampiezza della curva chiusa è indice dell'entità dell'isteresi. Le famiglie di curve possono essere disposte nella terza dimensione a delimitare una forma tridimensionale detta isteroide. L’INVERTER Un inverter è un apparato elettronico in grado di convertire corrente continua in corrente alternata eventualmente a tensione diversa, oppure una corrente alternata in un'altra di differente frequenza. Il primo ad utilizzare la parola inverter nel settore dell'ingegneria elettrica fu David Chandler Prince che nel 1925 pubblicò un articolo sulla rivista The General Electric Review, nel quale illustrava il funzionamento dell'inverter nella conversione di corrente continua in corrente alternata monofase ed a più fasi. Le applicazioni sono molteplici: nei gruppi di continuità convertono la tensione fornita dalla batteria in corrente alternata; nell'industria sono usati per regolare la velocità dei motori elettrici; nella trasmissione di energia elettrica convertono l'energia in corrente continua trasferita in alcuni elettrodotti per essere immessa nella rete in corrente alternata. nell'utilizzo di pannelli fotovoltaici, consente di trasformare la tensione continua in tensione alternata da poter utilizzare in ambito domestico o immettere sulla rete di distribuzione Per realizzare un'alimentazione switching, per la trasformazione in corrente continua, con notevoli vantaggi in termini di efficienza, di ingombro e di peso Il tipo più semplice di inverter consiste in un oscillatore che pilota un transistor, il quale genera un'onda quadra aprendo e chiudendo un circuito. L'onda è quindi applicata ad un trasformatore che fornisce all'uscita la tensione richiesta arrotondando in qualche misura l'onda quadra. Spesso al posto del transistor comune sono utilizzati dispositivi più efficienti quali il MOSFET, il tiristore o l'IGBT. La forma d'onda quadra generata da questi dispositivi ha il problema di essere ricca di armoniche superiori, mentre l'onda sinusoidale della rete elettrica ne è priva. Ciò comporta una minore efficienza delle apparecchiature alimentate, maggiore rumorosità sia sonora che elettrica, e seri problemi di compatibilità elettromagnetica. Inverter più complessi utilizzano diversi approcci per produrre in uscita una forma d'onda quanto più possibile sinusoidale. Un circuito elettronico produce una tensione a gradini mediante modulazione di ampiezza di impulso (PAM) quanto più possibile vicina ad una sinusoide. Il segnale, detto sinusoide modificata, viene livellato da condensatori e induttori posti all'ingresso ed all'uscita del trasformatore per sopprimere le armoniche. Gli inverter migliori e più costosi basano il loro funzionamento sulla modulazione di larghezza di impulso (PWM). Il sistema può essere retroazionato in modo da fornire una tensione in uscita stabile al variare di quella di ingresso. Per entrambi i tipi di modulazione la qualità del segnale è determinato dal numero di bit impiegati. Si va da un minimo di 3 bit a un massimo di 12 bit, in grado di descrivere con ottima approssimazione la sinusoide. Nei motori asincroni e a maggiore ragione nei motori sincroni la velocità di rotazione è direttamente legata alla frequenza della tensione di alimentazione. Ovunque sia necessario nell'industria variare la velocità di un motore vengono usati inverter da corrente alternata a corrente alternata (CA-CA). In questi sistemi la tensione in entrata viene dapprima convertita in corrente continua da un raddrizzatore e livellata da condensatori, quindi applicata alla sezione di inversione. Lo scopo di questa doppia operazione è unicamente quello di variare la frequenza a piacere entro un intervallo prestabilito e non è necessaria la presenza di un trasformatore, poiché non è necessario variare il valore della tensione in uscita che rimane uguale a quella in ingresso. La frequenza di uscita è determinata nei casi più semplici da un segnale analogico fornito all'inverter per esempio da un potenziometro, oppure da un segnale digitale inviato da un PLC.