centro storico In collaborazione con Circoscrizione Sud Biblioteca San Pellegrino Marco Gerra Associazione Insieme per Rivalta torrente Crostolo Sandroun Zigolla da Ruvelta 16/23 giugno 2013 In collaborazione con Circoscrizione Sud Biblioteca San Pellegrino Marco Gerra Associazione Insieme per Rivalta Sandroun Zigolla da Ruvelta 16/23 giugno 2013 “Se una muntagna La fuss na pulenta e il monte di Ciro el fosse butiro ….. E che la pala la fuss el cucier, Oh che magnada ch’l’avré mai a fer!” Presentazione di Sandrone tratto da Luigi Campogalliani burattinaio 1 Presentazione Uberto Spadoni Assessore ai progetti Speciali La Reggia di Rivalta è un progetto urbano di rigenerazione in divenire che coinvolge la città e ha il suo cuore nella comunità di Rivalta. Un progetto che nel Parco del Crostolo, insieme al Parco del Rodano (con il Mauriziano), compone la cintura verde che si completerà con il Parco del Modolena. La Reggia di Rivalta coinvolge la comunità nei suoi attori civici: cittadini e associazioni. Quest’anno, rafforzando la caratterizzazione del luogo vocato alla riscoperta del sedimento della storia, delle tradizioni popolari, agroalimentari, culinarie, culturali, il focus è su “Sandroun Zigolla da Ruvelta”. Scrive Lauro Gaddi in questo opuscolo “Tutto questo simboleggia la radicata e convinta appartenenza di Sandrone alla sua comunità per la quale non esita ad esporsi in prima persona, valicandone i confini territoriali e pure quelli temporali … se è vero che il suo affetto giunge ancor oggi fino a noi pure con questo contributo.” Ecco quindi una storia di civismo, una tradizione che guardiamo non con lo sguardo rivolto all’indietro, ma come energia per il nostro presente e per il futuro. 3 Introduzione Romana Saccheggiani Vice Presidente Associazione Insieme per Rivalta La figura di Sandroun Zigolla da Ruvelta ha sempre suscitato in noi curiosità e fascino , il poeta contadino, arguto e di buon senso che viveva a Rivalta e si rivolgeva alla corte estense in modo irriverente e ironico. Grazie a Linda Eroli, pronipote di Francesco Sarzi Madidini, abbiamo avuto l’onore di conoscere il prof. Remo Melloni, docente universitario d’arte drammatica, uno dei più importanti storici del teatro popolare e dei burattini che ci ha introdotti in un mondo per molti aspetti nuovo, estremamente interessante. Ascoltarlo raccontare le storie delle famiglie dei burattinai emiliani e dei loro personaggi ci ha affascinati a tal punto da voler condividere questa straordinaria esperienza con i nostri ormai affezionati compagni di viaggio. Alla Reggia di Rivalta, nel mese di giugno, due sono le settimane dedicate al personaggio di Sandrone con la conferenza del prof. Remo Melloni “Sandrone: tra Reggio e Bologna, il viaggio di Sandrone lungo la via Emilia”, la mostra “Sandrone alla Reggia di Rivalta, alla scoperta dei lunari” allestita in collaborazione con la Biblioteca San Pellegrino - Marco Gerra e lo spettacolo di burattini “Sandrone re dei mammalucchi” della Compagnia I burattini di Romano Danielli. Poi i laboratori proposti dalla Casa dei Burattini di Otello Sarzi e gli sproloqui di Sandrone dalle finestre della Reggia, impersonato da Roberto Fantuzzi, tutto merito di Linda, divenuta cara amica. Un omaggio al teatro, alle famiglie dei burattinai e a ciò che queste rappresentano per la nostra cultura, reso possi 5 grazie alla disponibilità di persone straordinarie che continuano ad amare e perpetrare l’arte della vita attraverso le vicende e le maschere dei burattini. “Nonno raccontami una storia” Linda Eroli Presidente Associazione 5T E cosi il mio bisnonno cominciava a raccontare… Le storie non parlavano mai di cappuccetti rossi o cenerentole, ma di pulci cadute nel brodo, di sedie ballerine e di tutti i personaggi che popolano la baracca dei burattini: le teste di legno. La mia preferita era Sandrone ai bagni di Salsomaggiore che ebbi anche la fortuna di vedere rappresentata in baracca proprio dal mio bisnonno: Francesco Sarzi Madidini. Solo in seguito ho appreso si trattasse di un copione, o forse è meglio dire un canovaccio, attribuito alla famiglia Preti e databile a metà dell’800. Una piece perfettamente contestualizzata nell’epoca in cui la residenza alle terme di Salsomaggiore aveva raggiunto ampia diffusione; molto lontana da noi per ambientazione e riferimenti, ma al tempo stesso assolutamente esilarante e avvincente anche oggi. Tutto il Teatro di figura tradizionale attinge il suo repertorio alle radici storiche della commedia dell’arte. Tuttavia l’adesione da parte di un pubblico contemporaneo alle vicende di Fagiolino, Sandrone, Gioppino, Balanzone e compagni, risulta immediata, anche tra i giovani spettatori. Ha qualcosa di straordinario la spontanea comprensione di codici narrativi e di dinamiche di partecipazione da parte dei bambini più piccoli, anche alla prima esperienza, di fronte alla prorompete comunicativa delle teste di legno. Si può sicuramente rintracciare un significato di questa immediatezza nelle potenzialità del Teatro di figura di rispecchiare in modo evidente il gioco del “come se”, del “facciamo finta che”. 7 I burattini della tradizione riescono però ad avere una capacità di coinvolgimento che va oltre e deve essere attribuita ai caratteri distintivi dei suoi personaggi. I protagonisti delle vicende sono poveri, deboli, spesso ignoranti e abituati a vivere di espedienti, ma capaci di lanciarsi in imprese temerarie dove nobili e valorosi hanno fallito. Antieroi popolari che sintetizzano un modello alternativo, un po’ eversivo e fuori dalle regole che rivoluziona dal basso gli schemi del racconto offrendo una prospettiva che mette in luce l’intelligenza e la furbizia dei più deboli. Il burattino prende la mano all’animatore per dare voce a personaggi liberatori, sineddoche grottesca della possibilità dei più piccoli di sconfiggere la sorte, le convenzioni, ma anche il diavolo o la morte. Sandrone è una figura preziosa nel pantheon bizzarro che popola il castello dei burattini. Subendo trasformazioni e metamorfosi ci è giunto come personaggio surreale e sgrammaticato, a volte ridotto a “spalla” di Fagiolino, ma capace di irradiare un energia comica deflagrante. Riconosciamo in lui tanti riferimenti topici che hanno poi alimentato il cinema e la commedia nel nostro paese. Forse è per questo che riesce ad avere un potere evocativo che va al di là del tempo, unisce le generazioni, rimanendo sempre vivo ed attuale malgrado porti sulle spalle centinaia d’anni travagliati dalla fame, da terribili avventure e dalle bastonate! Lo vediamo concretamente in occasione delle rappresentazioni teatrali dove un pubblico eterogeneo di adulti, bambini ed anziani è coinvolto in un esperienza collettiva, partecipata con un sentimento condiviso. Sono tanti gli spettacoli visti ed organizzati nei molti anni di lavoro dedicati alla diffusione della cultura teatrale per le giovani generazioni; sono tanti i cambiamenti sociali e 8 culturali a cui assistiamo che ci aprono interrogativi sull’ attualità di alcune forme di spettacolo. Tuttavia nel riscontro col pubblico abbiamo sempre la conferma del magico potere che, con semplicità, le teste di legno riescono a sprigionare. Quindi non ci resta che dire: lunga vita a Sandrone e a tutta la famiglia Pavironica! Due settimane dedicate al teatro Domenica 16 giugno ore 16.00 - 21.30 Una Villa da Favola ore 10.00 - 12.00 e 16.00 - 21.30 Mostra nei seminterrati Sandrone alla Reggia di Rivalta, alla scoperta dei lunari a cura Ass.Insieme per Rivalta, in collaborazione con Biblioteca San Pellegrino-Marco Gerra ore 17.00 - 19.00 Laboratorio burattini a cura della Casa dei Burattini di Otello Sarzi (info e prenotazioni 331/7098958) ore 17.30 - 18.30 Tra Reggio e Bologna, il viaggio di Sandrone lungo la via Emilia Conferenza prof. Remo Melloni ore 19.00 Pic Nic sul prato ore 21.30 Spettacolo di burattini “Sandrone re dei mammalucchi” della Compagnia I burattini di Romano Danielli, in collaborazione con Associazione 5T Durante la settimana: Visite guidate alla mostra “Sandrone alla Reggia di Rivalta, alla scoperta dei lunari” per gruppi e campi giochi prenotazione presso Ass. Insieme per Rivalta tel. 340/9775042 Domenica 23 giugno ore 10.00 - 22.00 La rugiada di S. Giovanni ore 10.00 - 12.00 e 16.00 - 21.30 Mostra nei seminterrati Sandrone alla Reggia di Rivalta, alla scoperta dei lunari a cura di Associazione Insieme per Rivalta, in collaborazione con Biblioteca San PellegrinoMarco Gerra 15.00 - 17.00 Visita guidata alla mostra a cura di Remo Melloni, Linda Eroli, Lauro Gaddi, Romana Saccheggiani prenotazioni presso Associazione Insieme per Rivalta tel. 340/9775042 ore 17.00 Atelier di Carlotta laboratorio per bambini da 0 a 99 anni a cura dell’Associazione ALEF, info. tel.320 4167346 ore 19.00 Tortellata con la corte in costume a cura di Associazione Insieme per Rivalta ore 20.00 Sproloqui di Sandrone dalle finestre della Reggia I discorsi irriverenti di Sandrone, contadino erudito del volgare reggiano a cura di Roberto Fantuzzi e Associazione Insieme per Rivalta ore 22.00 Al corag ed parler Commedia dialettale della Compagnia Teatro della Casca 9 SANDRONE prof. Remo Melloni La figura di Sandrone, tanto presente nel nostro immaginario, è un personaggio che stimola la nostra memoria, i nostri ricordi: un personaggio identificato da sempre con un contadino ignorante che ha fatto divertire intere generazioni, e non solo, di emiliane. Se però indaghiamo a fondo nella sua storia, ci accorgiamo che su di lui esiste una vastissima letteratura, molta della quale ancora manoscritta, oppure pubblicata secoli fa, e mai più ristampata. Diventa difficile affrontare scientificamente questa maschera (spesso definita così), ma che in realtà è un carattere. Sandrone, a differenza di Arlecchino, Brighella e di tutti i personaggi della Commedia dell’Arte, non ha mai portato, sul viso, una maschera, pur nascendo nello stesso periodo, il XVI secolo. Infatti la Commedia dell’Arte risale alla metà del Cinquecento quando un gruppo di attori decise, nel 1545 a Padova, di presentarsi davanti ad un notaio per costituire una società con finalità di recitare commedie. Intorno a quegli stessi anni Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto 1550 – Bologna 1609) commediografo, cantastorie e scrittore di zirudelle, (composizioni umoristiche in rima), aveva cominciato a pubblicare i suoi scritti. Questi è maggiormente conosciuto per il suo Bertoldo e Bertoldino ed è autore di circa trecento composizioni; Sandrone compare in alcuni suoi libretti ed è addirittura protagonista di una commedia. Dal Cinquecento il nome di Sandrone comincia ad essere presente in Emilia. Vale la pena di riportare una nota del grande studioso reggiano Ugo Bellocchi che nel suo 11 fondamentale studio Il “volgare”reggiano, pubblicato a Reggio Emilia nel 1966, a pagina 123 scrive:” In ossequio al desiderio di completezza, rileveremo che nel 1686 si stampò a Parma un calendario (“Discors d’astrulizie fatt da mi Sandrun Garbui dall’arquliez pr l’ann 1686. In Parma, per Iuseff Dall’Olio e Impolit Rosati) che Antonio Restori, [ nella sua] La battaglia del 29 giugno 1734, Parma, 1893, ritiene opera di qualche reggiano. L’ipotesi non appare credibile e, in ogni caso, non è documentabile. Luigi Grazzi, Parma romantica attraverso i suoi lunari da muro del secolo XIX, Parma 1964, a pag. 24, ritiene che tale calendario sia di un parmense “che reggianizzava a Parma ed aveva simpatie da coltivare negli Stati Estensi”. Questa nota, comunque, dovrebbe essere approfondita e la dice lunga sugli studi che si dovranno fare attorno al nome – personaggio – figura di Sandrone. Dopo il Croce, senza nessuna continuità finora accertata, compare, negli anni ’30 del Settecento, il nostro Sandroun Zigolla da Ruvelta, creato, si suppone, da un parroco, don Rovatti. I lunari proseguono fino al 1767, l’ultimo da noi conosciuto. È tra gli ultimi anni del Settecento ed i primi dell’Ottocento, durante l’invasione napoleonica, che Luigi Rimini Campogalliani inserisce tra i suoi burattini Sandrone, eleggendolo protagonista del teatro dei burattini. Abbiamo quindi tre “Sandroni”: quello del Croce, il Sandroun Zigolla e quello di Campogalliani. Lo studio che intendiamo intraprendere è quello di verificare se esiste, ragionevolmente, un nesso tra questi tre personaggi che portano lo stesso nome. In questa sede proveremo a tracciarne una breve sintesi, in vista di uno studio più approfondito e puntuale. Giulio Cesare Croce potrebbe essere considerato l’ultimo menestrello medievale e nello stesso tempo il primo cantastorie moderno. Di umili origini, figlio di un fabbro, fu 12 avviato comunque agli studi. Rimasto orfano si trasferì a Castelfranco dove fu affidato allo zio. Assieme a quest’ultimo si trasferì successivamente a Medicina. Lo studio non era fatto per lui e decise di intraprendere il mestiere del padre che abbandonò dopo essersi scoperto “poeta campestre”. Si trasferì allora a Bologna dove divideva la professione di fabbro con quella di “poeta di piazza”, proseguendo autonomamente gli studi leggendo i classici, in particolare Ovidio. Successivamente decise di dedicarsi solo alla poesia e iniziò a pubblicare i suoi primi testi nel 1586; si trattava, in un primo tempo, di opuscoli di quattro pagine stampati su cartoncino chiamati anche ventarole perché venivano usati per farsi vento. Si trattava di generi derivati dalla cultura medievale, canzoni, dialoghi, mariazzi, contrasti, barzellette, frottole, sonetti e commedie vere e proprie. Intraprese vari viaggi e portò le sue scritture poetiche anche a Modena, Ferrara, Mantova, Venezia e forse anche a Firenze. Ebbe due mogli e quattordici figli. Visse sempre ai margini della povertà e pochi furono i testi che gli sopravvissero, in particolare Le sottilissime astuzie di Bertoldo, dove si scorge un villano accorto e sagace il quale doppo varii e strani accidenti a lui intervenuti, alla fine per il suo ingegno raro et acuto vien fatto homo di corte e Regio Consigliere. Opera nova et di grandissimo gusto pubblicata a Milano nel 1606 e quella di pubblicata a Modena-Bologna di due anni dopo che porta per titolo Le sottilissime astuzie di Bertoldo. Nuovamente riviste et ristampate con il suo Testamento nell’ultimo, et altri detti sententiosi, che nel primo non erano. Pubblicò innumerevoli composizioni. Il primo elenco, fatto stampare dallo stesso Croce, riporta 478 titoli dei quali 29 manoscritti. Nella seconda metà del Cinquecento vendeva fogli volanti, libretti per le strade e per le piazze, prevalentemente in occasione di fiere e mercati dove si 13 esibiva accompagnandosi col violino: per questo fu chiamato anche Giulio Cesare dalla lira. Toccò tutti i temi della poesia popolare: dai contrasti tra amanti a quello tra meloni e fichi, tra estate e inverno; scriveva testi su fatti di cronaca come l’impiccagione di un famoso bandito dell’epoca, su matrimoni anche improbabili tra una rana e un passero con la nascita di una cavalletta. Bologna era la sua piazza principale, ma come abbiamo detto, sappiamo che si recò anche in altre città. Questo suo girovagare presupponeva un contatto stretto con i suoi clienti-ammiratori che erano soprattutto i frequentatori delle fiere, dei mercati e probabilmente, oltre che a vendere i suoi fogli volanti e i suoi libretti, raccoglieva notizie, informazioni, fatti accaduti che diventavano oggetto dei suoi componimenti. A quei tempi l'alfabetizzazione letteraria era estremamente limitata e viene quindi da chiedersi come mai la gente comprasse testi scritti e che davano da campare, seppure malamente, a personaggi come il Croce. Certamente all’interno della comunità vi era qualcuno che si prestava a leggere, ma soprattutto non dobbiamo dimenticare che quella a cui si rivolgeva il Croce, era una cultura soprattutto orale... che, a differenza di noi, non usava la carta per prendere appunti e fissare idee...La capacità di memorizzare era estremamente diffusa e radicata, bastava che un testo fosse ascoltato pochissime volte per essere memorizzato. È probabilmente questa memoria che ha permesso di mantenere e diffondere per generazioni testi formalizzati, canzoni che, grazie ai versi con le rime e alla musica che supportava le parole, favoriva il ricordo di fatti e avvenimenti. Croce scrisse, tra l’altro, un mariazzo, una sorta di breve commedia dal titolo LA/FILIPPA/COMATTUTA/Per AMORE, da duoi Villani/Con la Sentenza di/lei in pigiare quello, che a/più longo il Naso per Marito. Racconta la storia della bella 14 Filippa che deve scegliere tra due pretendenti, Mingon e Gaspar. Lei sceglie quest’ultimo perché ha più lungo il naso: Gaspar, ch’a lung al nas, m’va più pr’al fasol. (Gaspar, che ha il naso lungo mi va più a fagiolo), ricordando che Filippa, nel mondo popolare, si riferiva anche all’organo genitale femminile ed il naso a quello maschile. Ebbene questa breve composizione che ha avuto ben poche edizioni a stampa (la più recente è attorno al 1830) e si è tramandata con poche edizioni manoscritte, soprattutto oralmente, è stata messa in scena nelle campagne bolognesi e modenesi fino alla metà del secolo scorso. Solo così si spiega la ricchezza di fonti orali, raccolte ancora oggi e che risalgono anche a vari secoli fa. Sandrone compare in vari testi del Croce. Nel dialogo dal titolo VANTO/DI DUI VILLANI/CIOE’/SANDRONE BURTLIN/ sopra l’astutie tenute da essi nel vender le castellate/quest’anno/cosa bella da ridere Sandrone e Burtlin sono due contadini che si preparano per andare a vendere l’uva lamentando la tirchieria dei padroni e i tentativi, da parte dei contadini stessi, di imbrogliare rubando parte dei raccolti. Sandrone cerca di non farsi buggerare, lui rivendica la propria onestà, ciò gli permette di fare sonni tranquilli. Il Sandrone Astuto è una commedia vera e propria messa in scena, qualche tempo fa, dalla compagnia dialettale bolognese diretta da Romano Danielli. Qui Sandrone è il fattore di un buon podere. Il padrone, che si è avventurato in un lungo viaggio, tarda a tornare e il nostro eroe cerca di impossessarsene. Al ritorno, però, del legittimo proprietario, lo restituisce. Altro testo in cui compare un personaggio dallo stesso nome, è lo Smergolamento. Qui costretto ad andare alla guerra, viene pianto dalla madre che dovrà rinunciare all’aiuto del figlio per tirare avanti. Col Croce non possiamo parlare di un vero e proprio personaggio. Egli gioca ruoli diversi, con caratteri diversi. Possiamo, secondo noi, parlare 15 di nomi di un nome che ricorre in poche composizioni, non di un carattere ricorrente. In tutti i casi è riconducibile ad un ambiente contadino ma non dobbiamo dimenticare che a quei tempi la stragrande maggioranza delle persone si dedicava al lavoro in campagna. Per finire, il Croce, per la sua storia e per le sue frequentazioni, faceva parte di quel mondo popolare, a cui stesso si rivolgeva, di cui non vedeva solo i limiti. Era parte di quella società, ne sapeva interpretare le aspirazioni e i sogni. Ben diversa è la figura di Sandrone nei Lunari reggiani. Qui diventa se non una maschera, un personaggio, con proprie caratteristiche, con una propria psicologia. Questi lunari, nati attorno alla metà degli anni ’30 del Settecento, si suppone siano stati compilati da un certo Domenico Rovatti, che figura tra gli “Accademici Sconvolti” come filodrammatico nel 1707 e che poi divenne prete, come riporta Ugo Bellocchi nel suo Volgare Reggiano. Certamente l’estensore degli almanacchi era persona colta e letterata, e conosceva approfonditamente anche il dialetto reggiano. La lingua italiana a quei tempi era poco diffusa se non negli ambienti aristocratici dove comunque il dialetto era ampiamente utilizzato. I lunari che sono pervenuti fino a noi sono quelli degli anni 1757, 1758, 1760 e 1767. Questi sono impostati sempre con la stessa struttura, il calendario vero e proprio è preceduto da una breve commediola dove il protagonista è Sandroun Zigolla da Ruvelta. Il motivo del perché il nostro Sandrone sia di Rivalta, gli studiosi ritengono che dipenda dal fatto che a Rivalta il duca di Modena abbia voluto il suo magnifico e principesco palazzo estivo, fatto costruire dal 1722 al 1733 ispirandosi alla reggia di Versaillés. Credo però che a questa motivazione si possa aggiungere che uno degli elementi di comicità delle figure popolari o popolareggianti, come in 16 questo caso, fosse il divario tra campagna e città. Quest’ultima era il luogo degli scambi culturali e commerciali, qui circolavano più fitte le informazioni, mentre nella periferia i contadini erano la maggior parte della popolazione, con una presenza molto alta di analfabetismo. Qui Sandrone è battezzato col nome di Alessandro ed essendo di corporatura robusta, il nome è cambiato in Sandrone. È un contadino che in gioventù aveva fatto qualche studio, ma senza troppi risultati tanto che a volte si esprime in italiano maccheronico con una fortissima influenza dialettale. Il cognome Cipolla ne connota definitivamente l’origine. D’altra parte anche questa è una caratteristica che lo accompagnerà nel teatro dei burattini. È un contadino pieno di buonsenso e di arguzia, figlio della prima metà del suo secolo dove le classi sociali sono ben definite e ciascuno deve rimanere al suo posto. Per questo un altro elemento di comicità è la critica alla lingua e alla moda delle donne e non poteva essere diversamente in questo secolo codino che lentamente si riscatterà con l’Illuminismo. Questo però non si diffonderà a livello popolare se non, qualche decennio dopo, con l’arrivo di Napoleone. Nel lunario del 1757, compare il Dialgh rustigal tra Sandròun e la Sgnòura Betta inzivlida. Qui Betta è una contadina che si finge gran signora, si preoccupa della moda, fiuta il tabacco e porta una collana di finto corallo. Nel dialogo tra Sandroun e la Minghina del 1758, Minghina, illetterata, si reca da Sandrone per farsi leggere una lettera che gli è arrivata dal marito Tognett lontano da tre mesi. Non manca l’occasione di ricordare i bei tempi andati quando le madri frenavano le figlie che volevano recarsi al ballo mentre oggi le lasciano andare ed esibirsi in una Gajerda (Gagliarda), una Squassaboschai, o in una Gigla (giga)...tutti antichi balli testimoniati nel nostro lunario. Inoltre le ragazze non perdono tempo per farsi avvicinare dai ragazzi e 17 addirittura si fan tenere la schaela chms fa dal foja, (si fan tenere la scala mentre raccolgono le foglie). Il raccogliere le foglie fresche dagli alberi era una delle attività di competenza prettamente femminile. Questa serviva anche per l’alimentazione dei bachi da seta. Va fatto notare che nel mondo contadino non vi era l’uso della biancheria intima e questa citazione la dice lunga della malizia del nostro Sandrone che sostiene, tra l’altro, che le fanciulle devono sottostare al controllo degli adulti. Comunque nel caso si sposassero e avessero dei grilli per la testa, ci penserà il marito a metterle in riga… col bastone! A quei tempi, l’uso del bastone, come strumento di punizione, era molto diffuso, anche per i servitori e verrà ampiamente adottato dal teatro dei burattini. Il lunario del 1760 si apre con una breve commediola dove compaiono la signora Isabella, vedova affetteda e auriousa, Tognina sua serva, Sandroun Bastian, rzdour, Stasia sua moglie, Minghina sua figlia e Paulein suo fratello. Isabella è una giovane vedova ventenne legata al testamento del marito che la vedrebbe perdere tutte le rendite nel caso si risposasse. Da Reggio è in villeggiatura a Rivalta per godersi il fresco collinare ed anche per vedere di trovare un altro marito. Questo atto unico è uno spaccato di vita estremamente interessante dove si testimoniano anche i passatempi, si enumerano vari giochi con le carte, viene messa in evidenza la superficialità cittadina rispetto al concreto lavoro dei contadini. Isabella si atteggia a gran signora, ma in realtà appartiene al mondo popolare e cerca, ostentando le sue irreali ricchezze, di far colpo su Sandrone che ben presto si accorge dell’inganno. Nel lunario del 1761, la commediola si svolge alla periferia di Rivalta. Sandrone e Palgreina, moglie di Matté camminano assieme verso casa . Questa gli racconta che il marito non vale nulla e lo paragona al bregh d’un impicchae (le brache di un impiccato). Va ricordato che gli impiccati, durante la 18 macabra esecuzione, se la facevano sotto. Il marito spende tutto al gioco del lotto e va a divertirsi all’osteria con l’amico Ambrues. L’osteria a quei tempi non era il bar di oggi. Chi vi andava era mal visto perché il luogo era frequentato da carrettieri, fannulloni e spesso anche da prostitute. Arrivano a Rivalta dove si ritrova tutta la compagnia compresi i figli di Matè, Tognet e Alcietta e ne scaturisce una terribile lite dove Sandrone, fidandosi della sua autorità, fa da paciere, enunciando i doveri degli uomini, della loro condizione senza dimenticare qualche frecciata ai cattivi costumi delle donne sempre interessate ai vestiti e alle mode dei signori....e questi non fanno per loro perché sono contadine e povere. Nell’ultimo lunario di Zandroun Zigolla del 1767, l’autore dichiara di essere diventato vecchio e che da sia lustr e puh e faz al me lunari,/Cmanzand in foi volant e po in libret, (sei lustri e più che faccio il mio lunario/ cominciando con foglio volante e poi in libretto,…), è da qui che sappiano che i primi lunari probabilmente risalgono alla metà egli anni ’30 e che ne sarebbero stati pubblicati alcuni numeri in fogli volanti. Sandrone dichiara inoltre di lasciare al figlio di un amico, certo Terenziano Bombasono, i suoi libri, di insegnargli matematica e astronomia forse nella speranza che continui lui la compilazione dei lunari. I lunari sono una testimonianza preziosa, oltre che dal punto di vista linguistico anche per lo spaccato che ci offrono della vita popolare di quegli anni. Certo non risentono dei tempi nuovi che porterà l’Illuminismo, che vedremo con l’arrivo di Sandrone burattino. Sandrone è astronomo, calcola le feste mobili come la Pasqua, l’Ascensione e l’Avvento, le quattro tempora (quattro serie di tre giorni di digiuno e di astinenza, istituite dalla Chiesa al principio delle quattro stagioni dell'anno) e ricorda i tempi proibiti per i matrimoni, dalla prima 19 domenica di Quaresima fino all’ottava di Pasqua e dalla prima domenica d’Avvento fino all’Epifania. Entrando più specificatamente nel calendario, dove sono ricordate solo le feste religiose ed i santi più importanti per i contadini, vengono indicate alcune delle attività del mondo rurale: il 12 di gennaio suggerisce di ammazzare il maiale, il 25 febbraio di far la Tourta, ma d’Castagn, il 7aprile consiglia di seminare fagioli e meloni. Vi sono poi una serie di affermazioni come è boun bovr a pè dal fuaeg, sabato 24 gennaio i Zovnott evolen baller, visto che siamo in tempo di carnevale, in tla stalla l’è boun staer. In altri casi vi sono affermazioni forse ovvie ma che possono aiutarci a star meglio come Stae alliegr, o al bou teimp pies a tucc, la campagna è godibla, la Cigolla dà boun bovr, i cattiv dannez i boun, oppure la notizia, il 14 e 15 novembre du Morous e s’en bastonae / pr una vedva inamoraeda . Molto meno si azzarda il nostro Sandrone sulle previsioni del tempo, il 21 gennaio prevede fumana, il 22 febbraio teimp smargleint, il 14 marzo gran sbolfred d’veint, e il 30 luglio al gran cheld fiaca, ed ancora teimp nojous. Non mancano, ovviamente, anche le annotazioni morali, la vartù n’cura ricchez, la vritae è da loders, la superbia s’dev biasmaer, bvj pur poc ‘an vli crpaer, al Vein tous la man, chi ha dinaer ha rasoun, la modestia è piasuda. Infine non mancano le frecciatine alle donne: en crdj al piat dl Don, gran bisbili pruna Spusa, chi ha mojer ha un’ intrig, e il giorno dopo, bella cousa esser libr, fino ad esortare o Don, la lingua a Cà. Di motti, oltre a questi tratti dal lunario del 1761, ne sono riportati moltissimi anche in tutti gli altri lunari, così come non mancano proverbi e modi di dire, espressioni e locuzioni fondamentali per lo studio del dialetto. Certamente il secolo d’oro del dialetto, come afferma Ugo Bellocchi nel suo studio sul dialetto reggiano, è l’Ottocento 20 che vede affermarsi il Sandrone burattino. Questi è certamente una delle figure più documentate. Nasce tra Settecento e Ottocento, in pieno periodo napoleonico. Chi ci fornisce le informazioni sulla nascita di Sandrone nel casotto delle teste di legno, è burattino è Giulio Preti pubblica in “Diario Sacro Modenese”, a Modena nel 1883, una sua breve autobiografia dove parla anche del suocero Luigi Rimini Campogalliani. Quest’ultimo era nato a Carpi nel 1775 e dopo aver frequentato le prime classi elementari aveva intrapreso la professione di carrozzaio, successivamente decise di diventare burattinaio. Conobbe un orbo, cantante, suonatore e cantastorie ambulante, si pose a girare il mondo con esso lui… Fu quest’orbo che gli disse: dovreste mettere tra i vostri burattini mio padre Alessandrino o Sandrino: allora, v’assicuro, fareste ridere!… Giulio Preti continua descrivendo la storia del carattere: … Luigi allora studiò il padre dell’orbo contadino, che volendo parlare parola finita, anzi l’italiano, sbardellava spropositi madornali. Questo carattere comico gli piacque e lo pose sulle scene burattinesche col nome di Sandrone così facendo nascere la maschera modenese che mi doveva rendere… devo dirlo? Famoso…Sandrone quindi nasce parlando un italiano maccheronico, che sarà anche frammischiato con il dialetto. È il contadino del Bosco di Sotto, che ignora quel che accade fuori dal suo ambiente, è quindi ignorante ma non stupido. Il Campogalliani rinnova il teatro dei burattini, fa diventare la baracca un vero e proprio teatrino, con sipario, quinte e scenografie. I burattini, che erano precedentemente scolpiti in modo grossolano e ricavati spesso dai tappi delle botti, ora sono intagliati con maestria. Anche il repertorio viene ampliato e rinnovato. La vita di Luigi fu abbastanza movimentata. Arrivò ad abbandonare la moglie e i figli, a Carpi, per unirsi alla bella Angiola, una giovane fanciulla conosciuta durante il suo girovagare a Brescello. Addirittura decise di sposarla 21 sostenendo di essere vedovo. Il prete di Brescello, si informò però dal vescovo di Carpi il quale rispose che non solo aveva una moglie, ma anche numerosi figli. Furono mandati i birri ad arrestare issofatto il seduttore Campogalliani. Costui sorpreso in letto, tuttoché fosse in leggero farsetto notturno, si lanciò, come avrebbe fatto uno de’ ginnasti della Fratellanza o del Panaro, giù da un’alta finestra: corse all’argine del Po che attraversò a nuoto, e, più fortunato di Leandro, sorvolato all’acqua ed ai suoi pericoli, giunse nelle Berlete di Viadana ove si nascose. Con Napoleone si impongono anche nuove regole burocratiche. Tutti i teatranti, dalle compagnie di prosa a quelle di burattini, per poter esercitare la loro professione, devono chiedere il permesso ai Comuni. Per questo riusciamo, se non a ricostruire tutti i loro movimenti, almeno a documentare dove questi si esibivano. Nella zona della Bassa Reggiana abbiamo ritrovato varie richieste di permesso da lui firmate. Già dai primi anni dell’Ottocento doveva essere un burattinaio esperto tanto che nel 1811 lo ritroviamo a Bologna, città dove già impera nei casotti, Fagiolino. Va anche ricordato che il campanilismo tra bolognesi e modenesi era molto vivo e certamente il nostro burattinaio non doveva avere vita facile. Questa presenza a Bologna è fondamentale per capire la storia di Sandrone. Filippo Cuccoli, (1806-1872), è stato considerato uno dei più grandi burattinai di tradizione bolognese dell’Ottocento. Iniziò a lavorare coi burattini attorno alla metà degli anni ’20 dell’Ottocento adottando quale maschera principale Sandrone e portò i suoi primi spettacoli alla periferia di Bologna anche per esercitarsi e diventare esperto nell’arte. Solo successivamente portò i suoi spettacoli a Bologna dove il suo talento fu ampiamente riconosciuto e rimase famoso, 22 oltre che per la sua interpretazione di Fagiolino, anche per quella di Sandrone. Per gran parte dell’Ottocento fu proprio Sandrone ad essere la spalla di Fagiolino. Questo Sandrone, a contatto con i bolognesi, però è cambiato: innanzitutto invecchia, i suoi capelli da neri o al massimo grigi, diventano bianchi. Il sorriso smagliante si trasforma in una smorfia che fa trasparire, mediamente, tre denti. Sul viso compaiono vistose rughe e in molti casi anche un enorme foruncolo che chiama furuncullo. Non ci è pervenuto il burattino Sandrone di Luigi Campogalliani; conosciamo però quello di Filippo Cuccoli databile comunque ai primi decenni dell’Ottocento. Questo non è così caratterizzato come quello che conosciamo dei burattinai dalla metà del secolo in poi. A Bologna quindi Sandrone invecchia col tempo e anche il suo carattere peggiora: all’ignoranza si aggiunge la stupidità mettendo così in evidenza la furbizia, l’intelligenza e l’arguzia di Fagiolino, creando così il contrasto-conflitto. Giulio Preti (Rolo 1804- Modena 1882) e dal quale abbiamo riportato in corsivo le citazioni, era figlio di un falegname ebanista che attorno al 1807 si stabilì a Modena. Giulio, studiò disegno all’Accademia Ducale e andò a bottega da Sante Lucini dove imparò pittura, meccanica, pirotecnica e canto. Fin da piccolo era appassionato del teatro dei burattini e conobbe a Modena i figli di Luigi, in particolare Paolo, Francesco ed Ermenegilda che, divisi dal padre, frequentava assiduamente dipingendo scenografie, fabbricando burattini e animando il personaggio di Sandrone. I figli di Luigi, in gioventù, assieme alla moglie, si esibivano spesso sulla piazza di Reggio Emilia rappresentando sia coi burattini che in persona testi classici. Dopo varie vicissitudini Giulio partì in tournée con loro e vi rimase quasi un anno. Nel gennaio 1830 Giulio ed Ermenegilda si sposarono e da qui nasce la dinastia Preti. 23 Giulio con la moglie e la suocera sono gli artefici di una nuova compagnia che poco tempo dopo il matrimonio, debutta a Scandiano. È Giulio col figlio maggiore Guglielmo (Reggio E. 1831Modena 1916) che inserirà tra i personaggi prima Apollonia o Polonia o Pulonia, moglie di Sandrone e successivamente il figlio Sgorghiguelo (così chiamato perché si sgorga il naso con le dita); Guglielmo più degli altri fratelli stenderà un enorme repertorio. In baracca poi entreranno anche gli altri figli di Giulio, Carlo detto Carlone (Modena 1834 – Salsomaggiore 1914), Enrico (Modena 1834 – 1921), Emilio (Modena 18451910): da lui discenderà il nipote Roberto che chiuderà la dinastia. Ciascuno di loro, col matrimonio, costituiranno una nuova compagnia e così i nipoti. Porteranno i loro spettacoli in tutta l’Emilia, in Lombardia, Veneto già nell’Ottocento. La dinastia Preti è importante anche perché tutti i loro componenti rimarranno fedeli al carattere originario di Sandrone. Quando compare la spalla, Sgorghiguelo, giocherà soprattutto sul contrasto tra conoscenza e ignoranza, tra arguzia e vivacità in contrapposizione a lentezza e gravità nel parlare e ragionare. Anni fa facevamo notare a Dario Preti, nipote di Carlo, sostenitore della profonda moralità dei loro spettacoli, che la figura di Sgorghiguelo non era troppo edificante in quanto, seppur raramente, allungava qualche colpo di bastone al padre. Lui rispose che comunque le bastonate non erano mai date troppo forte. 24 Ci troviamo quindi di fronte a due Sandroni diversi, quello di Campogalliani elaborato da Giulio Preti e quello ridotto a spalla di Cuccoli. Sandrone di Carlo Preti Sandrone di Filippo Cuccoli Collezione Scuola Paolo Grassi di Milano Con l’Unità d’Italia i contatti tra bolognesi e modenesi si sono fatti sempre più stretti e la figura di Fagiolino sempre più prende il sopravvento. Il Sandrone che via via si è venuto ad imporre è soprattutto quello bolognese. Con la scomparsa delle compagnie Preti si è perso il Sandrone originario. I numerosi burattinai modenesi come i Maletti, Giuseppe Ferrari, reggiani come Abelardo Bianchini di Fabbrico, Cervi Dominatore di Castelnovo Sotto, i Menozzi di Guastalla, e parmigiani come Guerrino Fattori di Lesignano Bagni e soprattutto i Ferrari nella figura di Italo, riconoscono sempre in Sandrone una dignità che lo inserisce in quell’ambito dei contadini che sanno fare il proprio mestiere, sanno essere generosi. 25 Sandrone di Guerrino Fattori Collezione Scuola Paolo Grassi di Milano La sua ignoranza viene messa in evidenza e diventa comicità quando viene fatto uscire dal suo ambiente, quando deve misurarsi con un mondo che sta fuori dalle cose, dalla realtà che frequenta tutti i giorni. Questi burattinai emiliani che si sono susseguiti dalla metà dell’Ottocento fino ad ora, pur avendo sentito l’influenza della tradizione bolognese, si sono però sempre abbastanza distinti. Questo anche perché nella seconda metà dell’Ottocento, Sandrone a Bologna, pur rimanendo presente, inizia ad interpretare ruoli secondari e viene meno rappresentato. Il suo posto viene rimpiazzato, attorno alla metà degli anni ’80, da Sganapino che, secondo la tradizione, era un soldato austriaco così stupido da non essere accettato dai suoi compagni al rientro in Austria dopo il plebiscito del 1859. La sua riscoperta la dobbiamo a 26 Romano Danielli che lo ha rivalutato mettendo in scena anche spettacoli dove lui ne è il protagonista come ad esempio nella commedia, che si ritiene scritta da Luigi Campogalliani, Sandrone re dei Mammalucchi. Quando in età napoleonica cominciarono a nascere e a diffondersi quelle, che oggi noi consideriamo le maschere regionali (Fagiolino a Bologna, Gioppino a Bergamo, Gerolano a Genova, Gianduja a Torino), Sandrone burattino si diffonde anche al di fuori dall’Emilia, viene apprezzato e conosciuto in Lombardia, in Piemonte e nel Veneto. Queste maschere regionali, senza maschera, pur avendo caratteristiche proprie ben marcate, hanno infinite possibilità di azione. Ciascun burattinaio, proietta se stesso nel personaggio facendone così una figura con sfumature diverse. Non dobbiamo credere che le caratteristiche delle maschere siano dei limiti; al contrario proprio per la loro duttilità, quando sono messe inscena da artisti, possono emozionare anche il pubblico di oggi. Ciascun burattinaio ha quindi messo in scena il suo Sandrone e per questo si sono avvicendati sulle ribalte tanti e tanti Sandroni. Alla biblioteca Panizzi sono presenti numerosi documenti, anche manoscritti, che testimoniano la popolarità di Sandrone. A questi vanno aggiunte le centinaia di copioni che abbiamo individuato nei periodi dell’Ottocento e del Novecento. I documenti della biblioteca di Reggio Emilia sono stati studiati attentamente dal Bellocchi e dal Curti. Soprattutto quest’ultimo ha rivendicato l'origine reggiana di Sandrone. Va inoltre rimarcato che le affinità tra questo nostro personaggio dei lunari e quello dei burattini sono a volte distanti. Nel Croce poi, i vari personaggi che portano il nome di Sandrone si fermano spesso ad una pura omonimia. Certo ritroviamo spesso delle coincidenze nel linguaggio come ad 27 esempio l’uso dell’italiano maccheronico che però ritroviamo anche nella maggior parte delle maschere regionali. Su una cosa però dobbiamo dare assolutamente ragione al Curti: quando afferma l’origine nella zona reggiana di Sandrone. D’altra parte il Campogalliani portava i suoi spettacoli in quella che oggi è la provincia di Reggio Emilia e varie richieste di permesso sono state ritrovate a Gualtieri. Inoltre l’ inconveniente di Brescello testimonia la sua presenza. È riconosciuto dagli studiosi modenesi, che il burattino ha i suoi natali al “Bosco di Sotto di Modena”, una località, da loro, non ben identificata. La novità è che noi l’abbiamo trovata con tanto di cartina. Si tratta di Cà del Bosco Sotto che nella grande carta di Domenico Vandelli (1691-1754), stampata nel 1746 dal titolo “STATI DEL SERENISSIMO SIGNOR DUCA DI MODENA IN ITALIA…”, e dedicata a “Francesco III Duca di Modena e Reggio”: Ca del Bosco Sotto viene chiamato “Bosco di Sotto”. Inoltre vari burattinai reggiani hanno rivendicato questa località come effettivamente il luogo dove avrebbe avuto i natali, ovviamente immaginari, il burattino Sandrone. Per dare forza a questa credenza ci piace concludere con le testimonianze di Mario Menozzi, burattinaio di Guastalla e del figlio Dimmo. La prima volta che entrò in scena Sandrone, fu in una grande corte ancora oggi esistente, di Cà del Bosco Sotto, la Barisella. Qui esiste ancora una nicchia che doveva contenere un busto al quale Campogalliani si sarebbe ispirato per intagliare il burattino. La nicchia esiste ancora… ma è murata. 28 Breve sunto bibliografico Il nostro scopo non è tracciare l’evoluzione del volgare reggiano ma, attraverso i documenti originali, vedere quale è l’evoluzione dei testi, dei loro contenuti, in una terra che prima di molte altre si è qualificata per attenzione etnoantropologica ed evoluzione sociale. Per questo la nostra attenzione è rivolta ai documenti originali del passato, sia quelli formalizzati in versi che quelli in prosa. Molto importante è la drammaturgia teatrale della quale abbiamo a disposizione una quantità incredibile di testi che riguardano sia il teatro di prosa ma soprattutto quello dei burattini. Questi ultimi, soprattutto non sono ancora stati studiati puntualmente. Alcuni lunari dell’Ottocento hanno ripreso la figura di Sandrone e questo nome ricorre varie volte nelle raccolte della Biblioteca Panizzi sia nella collezione dei manoscritti che nel fondamentale fondo Curti. Vi sono inoltre importanti di studi in questo settore. Fondamentale è l’opera di Ugo Bellocchi Il “volgare” Reggiano, Reggio Emilia, 1966 dove viene proposto un approfondito studio con una cospicua trascrizione di testi da Cinquecento al Novecento. A questo vanno aggiunti, dello stesso autore, Il volgare reggiano: origine e sviluppo della letteratura dialettale di Reggio Emilia e provincia, Reggio Emilia, 1976, e Il volgarfe reggiano. Alle soglie del terzo millenio, Albinea, tecnograf, 1999. Estremamente utili il Vocabolario reggiano-italiano di Giovan Battista Ferrari e il Dizionario italiano-reggiano di Luigi Ferrari e Luciano Serra. Per quanto riguarda il mondo dei burattini, segnaliamo di Giovanni Cavicchioli, Sandrone e il suo papà, Modena, 1962 e Maletti, Bergonzini, Zagaglia, Burattini e burattinai, Modena, 1980. 29 La figura di Sandrone così come si sviluppa nell’Ottocento e nel Novecento merita di essere ripresa in considerazione e ci riferiamo soprattutto al teatro dei burattini perché egli diventa personaggio profondamente legato al mondo popolare tanto da diventarne il portavoce. Egli è presente in tutti i momenti storici, dal Risorgimento all’Unità d’Italia, dalle lotte contadine alla Resistenza. Si avrebbe così la possibilità di integrare la storia ufficiale con chi spesso ne è stato protagonista senza avere mai avuto nessuna parola in capitolo. Remo Melloni è docente presso la Civica Scuola d’Arte Drammatica ‘Paolo Grassi’ di Milano dove insegna ‘Storia del teatro’ e ‘Teatro d’animazione’. Collabora con l’Università Statale di Milano e con l’Università Bicocca. Collabora con la Regione Emilia Romagna per ricerche e studio dei materiali storici del teatro d’animazione. Collabora con il Museo teatrale alla Scala di Milano e con il Museo ‘Il castello dei burattini’ del comune di Parma. Interessi storico-etnografici incentrati sulla teatralità e spettacolarità del mondo popolare, con particolare riferimento agli aspetti della storia del teatro, del teatro di animazione e alla drammaturgia, hanno prodotto una varietà di esperienze che vanno dall'attività di ricerca vera e propria (sul campo, bibliografica e d'archivio) a quella di riproposta dei risultati raggiunti nelle varie forme dell'industria culturale di oggi (pubblicistica, spettacoli, rasmissioni radiofoniche, televisive, laboratori, mostre, convegni) alla didattica. 30 Indagine su “Sandroun Zigolla da Ruvelta” Lauro Gaddi Sandrone Cipolla da Rivalta ci viene raccontato come un simpatico e onesto contadino vissuto a Rivalta durante il periodo estense. Animato da ferme convinzioni religiose,in quanto alunno del curato del paese, scrisse (forse con l’aiuto di don Domenico Rovatti) dal 1720 al 1767 apprezzati lunari “in dialetto reggiano” con finalità moralizzatrici e utili ammaestramenti spesso in contrapposizione allo sperpero e allo scialacquio che probabilmente si teneva nella vicina Reggia di Rivalta. Sandrone divenne così il beniamino di tutti: amato dal popolino che lo vedeva come proprio portavoce, e apprezzato dalla classe agiata per via di quella sua ridicola e strampalata arguzia e poesia nel parlare. Tutto questo ne decretò l’immortalità, infatti la simpatica figura passò dai lunari (tuttora conservati alla Biblioteca Panizzi) al teatro dei Burattini, diventando infine la maschera prediletta dei Modenesi….. Lo studioso Enrico Curti nel suo saggio del 1885, in cui decreta la nascita e quindi la primogenitura a Rivalta, si interroga sull’improvviso, successivo appellativo di Sandrone ove da “Zigolla da Ruvelta” si passava a “Sandroun Paviroun dal Bosch ed Sotta ed Modna”. Sempre il Curti avvisa che era costume all’epoca indicare il nostro capoluogo come “Reggio di Modena” ricordando la capitale del ducato estense. Per quanto riguarda invece gli appellativi rurali, essi ci ricordano le origini rustiche e semplici del nostro protagonista, che si nutre di semplici cipolle in contrapposizione al gozzovigliare dei nobili e si riveste di Pavera (l’erba palustre locale) che intrecciata può avere diversi usi, perfino quello di confezionare rustici mantelli. 31 Il Curti conclude il suo studio con una domanda ed un’auspicio: …”resterebbe a chiarire come al luogo di nascita di Sandrone, che per me senza alcun dubbio è Rivalta, sia succeduto il Bosco di Sotto, … sarebbe forse inverosimile il supporre che una frazione della parte inferiore di Rivalta si denominasse appunto, se non ufficialmente, almeno nel linguaggio comune Bosco di Sotto? Sarò ben lieto se altri, più fortunato ne’ suoi studi e nelle sue ricerche, riesca a risolvere l’arduo problema”. Raccogliendo dunque questo invito è doveroso guardare alla Rivalta storica, alla sua vegetazione e alla sua giurisdizione: entrambe più volte mutate nel corso dei secoli. Contributo essenziale viene fornito dalla brillante tesi del 2002 di Danilo Morini sulla Rivalta Medievale, da cui si evince come nel corso dell’alto medioevo il nostro villaggio fosse rivestito da un fittissimo manto vegetale costituito essenzialmente da tre foreste denominate: Silva in Palarito, Silva in Farnito e Silva de Cruce per una superficie complessiva di 47,77 ettari! Nel corso degli anni vennero poi progressivamente ridotte fino a scomparire, sovrapponendosi al destino politico di Rivalta che da affermato Comune autonomo (XII-XIII secolo) passò traumaticamente ad una giurisdizione gestita dai canonici della Cattedrale di Reggio. Nel corso di questo periodo dalle foreste si passò appunto ai boschi, è infatti nel 1040 che viene citato per la prima volta a Rivalta un Boscum Canonicorum (Bosco dei Canonici, che il Morini propone di far coincidere con l’odierno toponimo “Boschi di Puianello” un tempo sito entro i confini di Rivalta). Dal XIV secolo in poi il Boscum Canonicorum scompare dalle cronache sostituito da un altro bosco denominato Nemus de Argine. Quest’ultimo sempre di proprietà della Cattedrale di Reggio è inserito nella documentazione inerente a Rivalta in quanto gli abitanti del nostro villaggio dovevano offrire come canone di affitto carri di legna provenienti appunto dal 32 Nemus de Argine ai canonici della Cattedrale. Quest’ultimo localizzato e individuato nella bassa reggiana, nelle vicinanze di una località ancor oggi chiamata Cadelbosco! Eccolo dunque il collegamento cercato! Per anni i nostri avi (tra cui forse anche Sandrone) non bastando più la legna ottenuta dal Boscum Canonicorum erano costretti a percorrere oltre 40 Km per recarsi a Cadelbosco (di Sotto) presso il bosco Nemus de Argine, dove col permesso della Cattedrale disboscavano e quindi saldavano l’affitto per le proprie tenute in quel di Rivalta sotto forma di carri di legna. Quindi la maliziosa e onesta figura di Sandrone venne forse direttamente in contatto con gli abitanti di Cadelbosco di sotto? Di sicuro, quest’ultimi, ne apprezzarono le vicende e contribuirono a tramandarne la conoscenza. Molti comunque rimangono gli indizi che legano strettamente Sandrone all’abitato di Rivalta. Leggendo infatti i divertenti dialoghi presenti nei lunari, riusciamo addirittura a localizzare, seppur sommariamente, la casa natale del nostro famoso concittadino, indicataci da lui direttamente. Infatti nel lunario del 1760 dal titolo “Usservazioun dal mot dl’ strell attentameint ussarvèdi da Sandroun Zigolla da Ruvelta” lo stesso protagonista indica alla signora Isabela (vedva affeteda e ariousa) giunta a Rivalta in villeggiatura, la Chiesa di Montericco, il castello di Albinea e il colle di Mucciatella luoghi posti a decorare le nostre gioiose colline. Non pago di tutto ciò indica, sempre alla signora Isabella, la propria abitazione posta verso sera (quindi ad ovest) in corrispondenza di una vecchia colombaia bianca. E’ possibile dunque affermare che Sandrone risiedeva tra la odierna statale 63 e il Modolena, proprio dove fin dal Medioevo è andato sviluppandosi il primo nucleo del villaggio di Rivalta. Un’altra frecciata d’amore per il proprio paese è il nome Ambrous individuato per il suo più caro amico e confidente. 33 Ambrogio infatti è anche il nome del Santo patrono scelto da sempre per la parrocchia di Rivalta, quando già da tempo immemorabile era sotto la giurisdizione spirituale della metropoli lombarda. Tutto questo simboleggia la radicata e convinta appartenenza di Sandrone alla sua comunità per la quale non esita ad esporsi in prima persona, valicandone i confini territoriali e pure quelli temporali … se è vero che il suo affetto giunge ancor oggi fino a noi pure con questo contributo. Ultimamente forse per rinsaldare il necessario legame con i nostri padri e i nostri avi o forse per la necessità di avere un modello allegro di onesta operosità e schiettezza, alla portata di tutti, si è assistito ad un proliferare benaugurante di iniziative dedicate alla sua riscoperta. Quest’anno la tradizionale sfilata di Carnevale, organizzata dalla parrocchia di Rivalta con l’aiuto degli agricoltori del paese che hanno messo a disposizione trattori e carri, ha visto come maschera capofila proprio la figura di Sandrone. La scuola elementare già da tempo con le sue insegnanti ha svolto ricerche e approfondimenti sulla figura del nostro simpatico contadino, e di recente i genitori della scuola, in occasione del 150° dell’unità d’Italia, hanno rappresentato una brillante commedia, più volte richiesta e ripetuta, sulla storia della bandiera italiana raccontata proprio da Sandrone. Ed infine anche l’editoria locale: tra articoli come quello di Elena Prandi del 2007, e i contributi stabili su Reggio Storia da parte del “centro studi sul dialetto reggiano” giustamente ispirata a Sandrone, rappresentano contributi preziosi e apprezzabili. Dove ci porterà tutto questo percorso? Secondo T.S. Eliot “ …il fine di tutto il nostro esplorare sarà di giungere al punto da cui siamo partiti (Rivalta) e di conoscere finalmente questo luogo per la prima volta”. 34 Bibliografia: -Prandi E., La maschera di Sandrone è nata nella Reggia ducale di Rivalta, Il giornale di Reggio, 29 maggio 2007, pag 12. -Cavicchioli G., Sandrone e il suo papà, Artioli Editore MilanoModena 1962 33 -Bellocchi U., 1966. Il volgare Reggiano, Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi Poligrafici Spa Reggio Emilia, Volume primo -Bagnoli G., 2012, Reggio Storia, dal n° 129 e successivi. Ed La nuova Tipolito RE. -Morini D., 2002, Rivalta nel reggiano: evoluzione di un insediamento e di un territorio nel corso del medioevo. tesi di laurea in lettere Moderne facoltà di Lettere e Filosofia. Univ. BO. -Campanini A., 2003 Il Villaggio scomparso, Rivalta di Reggio nei secoli IX-XIV,Ed BO. Parrocchia S. Ambrogio Rivalta Carnevale 2013 35 Indice Presentazione Uberto Spadoni pag. 3 Introduzione Romana Saccheggiani pag. 5 Nonno raccontami una storia Linda Eroli pag. 7 Sandrone Prof. Remo Melloni pag.11 Indagine su “Sandroun Zigolla da Ruvelta” Lauro Gaddi pag.31 36 Stampa a cura del Servizio Comunicazione del Comune di Reggio Emilia finito di stampare nel mese di giugno 2013 38 centro storico In collaborazione con Circoscrizione Sud e Per una Comunità Educante di Rivalta torrente Crostolo Sandroun Zigolla da Ruvelta 16/23 giugno 2013