IL “DIVORATORE”

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IL “DIVORATORE”
Il conflitto si era interrotto bruscamente: “mancanza di soldati”, riportavano i bollettini di guerra.
Dapprima si era volatilizzata l’intera armata di attacco, a partire dai sommi generali e con
l’esclusione di qualche disertore, ben presto però risultato disperso. L’esercito che aveva subito
l’offensiva si diede a frenetiche feste nelle piazze delle principali città per il miracoloso evento, ma
il giorno dopo era anch’esso ridotto a due–tre unità, che ovviamente si videro in circolazione solo
per poche ore.
Le autorità mondiali erano in panico: tutti gli eserciti del mondo si erano eclissati, scomparsi nel
nulla. Nelle caserme erano rimaste solo le uniformi sporche di fango e quelle da cerimonia; e
naturalmente l’intero armamentario.
Senza i propri strumenti di controllo i governi del pianeta erano privi di forza e sicurezza.
La prima mossa delle menti statali fu quella di imprigionare tutti i pacifisti, accusati di questo
irrazionale sconvolgimento. Ma gli organi di polizia erano ridotti al minimo, anch’essi vittime del
“Divoratore” (come l’aveva definito un critico televisivo, scomparso pochi minuti dopo).
Si approvò un piano di indagine, con cui le massime competenze scientifiche e antropologiche
avrebbero dovuto ricercare le cause di questa pulita strage di uomini.
Stanziati milioni e apparecchiature, il progetto fallì per l’improvvisa volatilizzazione dell’equipe di
ricerca.
Rimase solo un documento, stilato nelle poche ore di lavoro degli scienziati: nell’osservazione di
una lite tra due calciatori, il ricercatore arrivò a riportare che il giocatore che aveva innescato la
controversia aveva anche dato via ad un processo di autofagocitazione e di conseguente scomparsa,
forse riconducibile alle teorie dell’antimateria; e la stessa sorte era toccata al calciatore che aveva
reagito. Al termine dei novanta minuti (non si fecero in tempo a giocare i minuti di recupero), lo
stadio era vuoto: tifosi e giocatori, arbitro compreso, si erano autodivorati. La relazione
dell’osservatore rimane incompiuta, certamente per la precoce fine dell’osservatore stesso.
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Nacquero una serie di leggende metropolitane: c’era chi sosteneva di aver visto il “Divoratore”, e lo
aveva descritto come un terribile rettile antidiluviano dalle fauci bavose e dalla coda con aculeo
velenoso. Altri, della categoria dei medium, ritenevano che fosse la materializzazione dello spirito
dell’aldilà, con cui i nostri cari defunti avrebbero voluto vendicarsi dei misfatti subiti in vita. I più
bigotti erano certi che il “Divoratore” fosse un vicario di Dio, o Dio stesso, venuto in Terra per il
giorno del Giudizio.
Fatto sta che cominciarono a sparire tutti i capi di stato: si disgregarono tutti gli ordini statali; i
membri del governo scomparivano in successione gerarchica, dal primo ministro ai parlamentari,
fino agli assessori alla cultura dei singoli comuni. C’era chi si dimetteva dalla propria carica per
evitare il proprio turno nella scala di distruzione. In effetti, così facendo, ci guadagnarono una
settimana di vita.
Il Vaticano era stato assalito da un’orda di musulmani, che trovarono via libera a Sua Santità grazie
all’annientamento del corpo delle Guardie Svizzere. Non riuscirono tuttavia a fargli giurare fedeltà
ad Allah e Maometto, perché il “Divoratore” li colse di sorpresa, Papa compreso.
Nelle case della gente le televisioni continuavano a trasmettere talk-show e giochi a premi, ma
anche qui ben presto esse smisero il loro lavoro, dato che i ragazzi del Grande Fratello scomparvero
dopo aver dato le nomination e i presentatori dei quiz non fecero in tempo a dare l’ultima domanda
per il montepremi di fine settimana.
Registi, teatranti e cantanti si dissolsero durante i loro spettacoli. Un noto cantante prima di
scomparire pensò che la propria musica dovesse essere veramente penosa visto il deserto in platea
(in realtà non era al corrente delle ultime mosse del “Divoratore”).
I ballerini invece furono gli ultimi artisti ad andarsene, e lo fecero fluttuando nell’aria,
smaterializzandosi in una piroetta.
Mancavano statisti e opinionisti, ma ad occhio e croce la popolazione mondiale si era ridotta al
quaranta per cento. Rimaneva una gran fetta di poveri, che in ogni caso si annientò personalmente
nella bramosa corsa alla conquista delle ricchezze lasciate dalla defunta classe di ricchi.
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Dottori e dentisti scomparvero prima di riuscire a trovare una cura al “virus” che devastava il
mondo. Anche qui il “Divoratore” non c’entrò nulla. Essi infatti, in mancanza di cavie, si
iniettarono gli antidoti-prova nel proprio organismo, procurandosi la morte da sé. Tra la classe
lavoratrice i primi a scomparire furono gli idraulici, e il che fu un problema, perché era già
abbastanza difficile trovare un idraulico disponibile in caso di bisogno prima dell’arrivo del
“Divoratore”. Seguirono poi muratori, meccanici e sarti.
Gli unici sopravvissuti erano orami solo animali, bambini e omosessuali. I primi morirono di fame
in quanto senza la pappa data dai loro padroni nulla poterono. Gli omosessuali incapparono in una
banda di nazi, che si era ritirata in un rifugio antiatomico, ma che non aveva resistito all’istinto di
eliminare quella gente dalla faccia della terra. E il “Divoratore” di contro non esitò ad eliminare i
primi.
I bimbi scomparvero in seguito a una partita di nascondino: il bambino destinato a contare fu
accusato di aver sbirciato la fuga dei compagni; dopo un diverbio generale tutti i fanciulli
cominciarono il consueto processo di fagocitazione.
Eravamo rimasti in dieci, quindici con il fisico, il neurologo, il sociologo, lo psicologo e il filosofo
(anche se a mio avviso non aveva nemmeno terminato l’università) che conducevano il progetto.
Eravamo i partecipanti ad un esperimento promosso dai laboratori più eminenti del globo. Scienziati
inglesi erano riusciti a isolare l’Egoismo e a racchiuderlo in vitro. Era stato un lavoro di notevole
ingegno e perizia: esso infatti aveva realizzato la materializzazione di un’entità astratta.
Noi dieci, uno per ogni classe economica (io ero della fascia dei ventimila - quarantamila dollari),
eravamo stati rinchiusi in una sala-bunker superattrezzata, a cento metri di profondità. In questa sala
doveva esser liberato per via aerea il virus dell’egoismo. Una volta disperso nell’aria, il gruppo di
ricerca avrebbe dovuto valutare l’effetto del virus nei nostri corpi, nei nostri animi.
Tutto era pronto, compresa la conferenza stampa che avrebbe celebrato il buon esito
dell’esperimento.
3
Un imprevisto però portò alla degenerazione. Dalle voci che filtravano dall’equipe, sembrava che la
fialetta che conteneva il virus si fosse rotta in superficie, causando la diffusione del virus stesso tra
la popolazione.
I fatti riportati in precedenza testimoniano gli effetti del virus nel mondo. Fino a ieri eravamo in
due, poiché anche nel bunker penetrarono residui chimici del virus. L’ultimo dei miei compagni si
dissolse per eccesso di orgoglio egoistico: supponeva di essere uno dei pochi sopravvissuti perché,
l’aveva sempre detto, lui sì che era di pasta buona. Dopo queste parole si infilò le mani in bocca e
cominciò a divorarsi.
Rimango solo io. Oggi sono entrato nella sala controllo, dato che ora nessuno me ne vieta l’accesso.
Appesi al muro ci sono i documenti con le direttive e gli obiettivi del progetto: da quel che leggo,
scopo di tale esperimento è la “verifica degli effetti dell’egoismo nei rapporti sociali, e in secondo
luogo la prova del fatto che un individuo, in condizioni di estrema solitudine, non è vittima
dell’egoismo”.
Avevano già previsto che nella sala avrebbe preso luogo un processo di eliminazione, per giungere
alla presenza di un solo uomo. In ogni caso, visto che non mi sono ancora autofagocitato,
l’esperimento può dirsi riuscito.
Piccola annotazione: la fialetta del virus è qui, INTATTA.
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