Indice
 Biografia di Edwin Abbott Abbott ………………………………………...
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 Flatlandia - Racconto fantastico a più dimensioni ………………………... 2
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The Victorian age…………………………………………………………..
The Victorian compromise ………………………………………………...
Women and society ………………………………………………………..
Positive aspects ……………………………………………………………
- Expansion and reforms ………………………………………................
- New political and scientific theories .......................................................
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Le Geometrie non Euclidee ………………………………………………..
Il V postulato di Euclide …………………………………………………..
L’opera di Girolamo Saccheri ……………………………………………..
Lobachevsky e Bolyai: la Geometria Iperbolica …………………………..
Riemann: la Geometria Ellittica e la Geometria Sferica …………………..
I modelli di Geometria non Euclidea ……………………………………...
- Il modello di Klein ……………………………………………………..
- Il modello di Poincarè ………………………………………………….
- Il modello della sfera …………………………………………………...
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Maurits Cornelis Escher …………………………………………………...
Il Nastro di Möbius ………………………………………………………..
La riflessione sull’infinito ………………………………………................
La tassellazione periodica del piano ……………………………………….
Le figure impossibili ……………………………………………................
Rettili ……………………………………………………………................
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FLATLANDIA
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EDWIN ABBOTT ABBOTT
Il reverendo Edwin A. Abbott nacque a Londra nel 1838, città
in cui si spense nel 1926. Compì la sua formazione letteraria,
scientifica e teologica alla City of London School, al St. John’s
College di Cambridge, alla King Edward’s School di
Birmingham ed infine al Clifton College. Successivamente, nel
1862, prese i voti.
Fra il 1865 e il 1889 fu il primo rettore della City of London
School, che grazie alle sue innovazioni divenne una delle
migliori scuole inglesi dell’epoca. Egli, infatti, fu tra i primi a
ripristinare la pronuncia classica del latino e promosse nel suo
istituto l’insegnamento della filosofia al livello delle migliori
università. Inoltre, sebbene fosse uno studioso di lettere, rese
obbligatorio lo studio della chimica per tutti gli alunni.
Ritiratosi ancor giovane dall’insegnamento attivo, l’Abbott si
dedicò alla composizione di più di quaranta tra libri e trattati di
vario genere, dai manuali scolastici (come Shakespearean
Grammar del 1870 o How to write clearly del 1872) alle
biografie (come quella di Bacone del 1885), dagli studi eruditi
di testi sacri (Johannine Vocabulary del 1905, Johannine
Grammar del 1906), alle opere di carattere teologico, come
Philochristus (1891), con cui tentò di ridestare l’interesse per la
lettura del vangelo con una versione romanzata della vita di Cristo, o Philomytus, Onesimus e
Silanus the Christian che riportavano idee poco ortodosse per quei tempi, a causa delle quali entrò
in polemica con i gradi alti della Chiesa.
Sicuramente Abbott era a conoscenza del dibattito sulle geometrie non-euclidee che dalla fine del
secolo precedente stava coinvolgendo matematici, filosofi e pensatori in genere. Per questo e per la
sua passione per l’insegnamento, decise di assumere il nuovo ruolo di comunicatore della
matematica e di affrontare un tema nuovo e potenzialmente ostico: Flatlandia - Racconto
fantastico a più dimensioni è l’unica sua opera in cui tratta un tema scientifico-matematico e
l’unica per cui oggi è noto. Flatlandia fu pubblicata anonima nel 1882 e al suo apparire conobbe un
successo limitato: è la prima opera in cui si fa riferimento alla quarta dimensione, e forse anche per
questo fu riscoperta e particolarmente apprezzata solo nel XX secolo, dopo la divulgazione della
teoria della relatività di Albert Einstein. Abbott, però, non era né un letterato né uno scienziato, ma
un religioso, perciò nella sua opera non poteva mancare un intento di questo tipo. È impossibile
riuscire ad immaginare l’esistenza di un oggetto quadridimensionale, che pure è logicamente
possibile. L’intento dell’autore è quindi quello di giustificare la fede, vista come strumento
indispensabile per accettare la probabile realtà di un mondo che non possiamo immaginare, ma la
cui esistenza è possibile in via teorica.
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FLATLANDIA
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FLATLANDIA - Racconto Fantastico A Più Dimensioni
Il protagonista e voce narrante di Flatlandia è un quadrato, che vive nel mondo bidimensionale della
Flatlandia e che, al termine della sua avventura, racconta come è venuto a conoscenza della terza
dimensione.
Il libro è diviso in due parti.
Nella prima parte il quadrato ci presenta il suo mondo, descrivendone la geografia, le leggi, i
costumi e gli abitanti. Questi ultimi sono le figure geometriche bidimensionali: ci sono le rette, i
triangoli (isosceli ed equilateri), i quadrati, i pentagoni e tutti gli altri poligoni regolari fino ad
arrivare ai cerchi. La loro società ha una forte gerarchia che si basa sulla misura degli angoli (e
quindi sul numero dei lati): più l’angolo è ampio, più alto sarà il numero dei lati e più elevata la
classe sociale di appartenenza. Perciò, avendo un angolo pressoché inesistente, alla base della
società si trovano le rette, che in questo mondo sono le donne. Sul gradino successivo della scala
sociale si trovano i soldati e gli operai, che sono triangoli isosceli il cui angolo al vertice è spesso
molto acuto. Seguono i triangoli equilateri che rappresentano la classe borghese, i quadrati e i
pentagoni che sono i “Professionisti e Gentiluomini” e l’aristocrazia che ha diversi gradi poiché è
formata da tutti gli altri poligoni, a partire dagli esagoni fino a coloro che ricevono il titolo onorifico
di Poligonali (con un numero elevato di lati). Al vertice della società si trovano infine quelle figure
che hanno un numero di lati così alto che non sono più distinguibili dai cerchi: essi fanno parte della
classe Circolare o Sacerdotale, che detiene sia il potere temporale che quello spirituale e che fa
capo al Gran Circolo, il poligono con il maggior numero di lati.
Insieme al ceto sociale, con la misura dell’angolo cresce anche l’intelligenza, mentre diminuiscono
la violenza e la pericolosità. Per questo i circoli sono gli esseri più saggi e i triangoli isosceli quelli
più rozzi e pericolosi, a causa del loro vertice così acuto che può trafiggere. Si può facilmente
intuire quindi che le figure meno intelligenti, ma allo stesso tempo più pericolose, sono le donne (a
cui è dedicato un ampio capitolo). Esse “sono del tutto prive di facoltà raziocinanti, e non hanno né
potere riflessivo, né giudizio, né capacità di previsione, né, quasi, memoria”, ma sono dominate
dalle passioni. Inoltre sono pericolosissime poiché, avendo un angolo pressoché nullo, se trafiggono
sono letali. Per questi motivi “non bisogna irritare una Donna quando essa si trova in condizioni di
potersi voltare”.
Nella seconda parte del libro il quadrato inizia il vero e proprio viaggio che lo porterà a scoprire
mondi di diversa dimensionalità. Dapprima visita il mondo unidimensionale, chiamato Linelandia,
che è costituito da una retta su cui vivono tanti piccoli segmenti, i quali si distinguono in base alla
propria lunghezza: le donne sono i segmenti più piccoli agli estremi della Linelandia, andando verso
il centro si incontrano gli uomini, segmenti un po’ più lunghi, mentre al centro c’è il segmento più
lungo di tutti, il Re.
In un primo momento il protagonista, ritenendolo una donna, si rivolge al Re in modo scortese.
Quest’ultimo lo rimprovera e successivamente gli spiega la natura del suo regno. Il quadrato, dopo
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aver ascoltato, si sente in dovere di spiegare al Re della Linelandia che la sua concezione
dell’universo è errata, poiché esso non è limitato ad un’unica dimensione, ma è bidimensionale.
Nonostante i suoi sforzi il protagonista non riuscirà a convincere il Re, che sentendosi preso in giro
lo caccerà in malo modo.
Nel libro segue poi l’episodio più importante e famoso: l’incontro con la sfera. Essa appare in casa
del quadrato, che ovviamente vede solo la sezione circolare che il solido crea intersecando il piano
della Flatlandia. La sfera vuole rivelargli l’esistenza della terza dimensione:
“Io non sono una Figura piana, ma un Solido. Voi mi chiamate Circolo; ma in realtà io
non sono un Circolo, bensì un numero infinito di Circoli, di dimensioni varianti da un
Punto a un circolo di venticinque centimetri di diametro, posti l’uno sull’altro. Quando
io interseco il vostro piano come sto facendo adesso, opero nel vostro piano una
sezione che voi assai appropriatamente chiamate Circolo. Perché se una Sfera (è così
che mi chiamo al mio paese) si manifesta a un abitante della Flatlandia, non può
manifestarsi che come Circolo.”
Per dimostrare ciò che dice, la sfera mostra al quadrato come, innalzandosi nello Spazio, le sue
sezioni diminuiscano fino a diventare un punto e poi svanire.
Nonostante questa dimostrazione il quadrato non solo non si convince, ma pensa che la sfera sia un
imbroglione e lo stia prendendo in giro. Allora il solido decide di portare il quadrato direttamente
nella “Terra delle Tre Dimensioni”, spostandolo “verso l’Alto, non verso il Nord!”. Dopo un
momento di smarrimento, il quadrato rimane affascinato dagli esseri tridimensionali e si rende
conto che essi, come aveva detto la sfera, dall’alto riescono a vedere all’interno degli esseri
bidimensionali e di tutto ciò che questi ultimi considerano chiuso, come le proprie case.
Come il quadrato vede la sua casa e i suoi familiari dall’alto.
Tornato a Flatlandia, il quadrato vuole raccontare quello che gli è successo e insegnare a tutti la
“Teoria delle Tre Dimensioni”, però nessuno gli crede: considerato pazzo da tutti, viene condannato
per eresia e imprigionato a vita.
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Le due parti in cui il romanzo si divide rispecchiano i due intenti dell’autore.
La seconda parte è quella più importante, poiché l’autore affronta il tema scientifico-matematico
che, come comunicatore della matematica, si era prefissato. Questa riflessione matematica parte da
un concetto astratto, qual è quello di dimensione. Essendo un concetto astratto, è difficile da
definire, però si può trovare una definizione di dimensione per mezzo delle coordinate di un punto
in uno spazio generico a n dimensioni: su una linea la posizione di un punto è data da una sola
coordinata (l’ascissa), su un piano è data da due coordinate (ascissa e ordinata), mentre nello spazio
da tre coordinate (ascissa, ordinata e quota); ne deriva quindi che la dimensione di uno spazio
generico corrisponde al numero di coordinate che servono per determinare la posizione di un suo
punto qualsiasi.
Ciò a cui Abbott si è ispirato per scrivere il suo racconto è, però, la conferenza L’origine e il
significato degli assiomi geometrici tenuta nel 1870 da Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz,
un fisiologo, fisico e matematico, che sosteneva: “Immaginiamo - ciò non è logicamente
impossibile - che esistano esseri dotati di ragione, bidimensionali, viventi e moventesi sulla
superficie d’uno dei nostri corpi solidi. Ammettiamo che essi non possano percepire alcunché fuori
di questa superficie, ma che possano percepire in modo simile al nostro entro l’ambito della
superficie su cui si muovono. Se tali esseri costruissero la loro geometria, attribuirebbero
naturalmente al loro spazio due sole dimensioni.”
”Esseri viventi su una sfera, pur essendo dotati delle medesime facoltà logiche, formulerebbero un
sistema di assiomi geometrici affatto diverso da quello che potrebbero formulare gli esseri viventi
sul piano e noi stessi, che viviamo invece in uno spazio a tre dimensioni.”
Sempre da questa conferenza Abbott ha preso spunto per l’ “Analogia” che la sfera utilizza per
convincere il quadrato: un punto in movimento descrive una linea, una linea che si muove
perpendicolarmente a se stessa descrive una superficie, una superficie che si muove
perpendicolarmente a se stessa descrive un solido. Sull’ “Analogia” si basa la riflessione del
quadrato su spazi a più di tre dimensioni: il protagonista si pone –e pone a tutti i lettori- la
domanda: “Se un solido si muove in una direzione perpendicolare alle sue tre dimensioni, cosa
forma? E qual è questa direzione perpendicolare?”
La possibilità di spazi a dimensioni diverse dalle tre canoniche Helmholtz la riprende dall’idea di
varietà multidimensionale di Riemann.
Le opere di entrambi i matematici, Helmholtz e Riemann, si inseriscono nella riflessione sui
fondamenti della geometria, da cui parte il dibattito, che coinvolse matematici filosofi e pensatori in
genere, sulla validità della geometria euclidea e sulle geometrie non-euclidee.
Nella prima parte, invece, si può ritrovare un secondo scopo del libro: Abbott crea il ritratto di una
società fortemente gerarchizzata, con leggi che privilegiano i ceti più alti, l’autore mira alla
denuncia di una società qual è quella Vittoriana in cui vive, con tutte le ingiustizie non solo di
classe ma anche di sesso. Infatti Abbott, dopo la pubblicazione del libro, viene accusato di
misoginia, ma in realtà vuole far riflettere sulla condizione della donna, che non ha diritti legali, né
riguardo al matrimonio, né riguardo all’istruzione e il cui ruolo è solo quello di badare a casa e
famiglia.
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THE VICTORIAN AGE
The word “Victorian” derives from Queen Victoria who ruled from 1837 to 1901. The Victorian
Age was a complex period full of contradictions: on the one hand it was the age of progress,
stability and great social reforms, on the other, it was also characterised by poverty, injustice and
social unrest.
The Victorian Compromise
These contradictions were covered and concealed by Victorians, who wanted to show only the
positive aspects of their society. But in fact the society was characterised by a strong difference
between upper and lower classes. The lower classes reflected the negative aspects of
industrialization and were characterised by poverty, filthy and miserable life in the slums,
prostitution, exploitation of workers and cruelty to children at school.
The Victorian Compromise was this hypocritical attitude the Victorians had towards society: they
were conscious of the social evils of their times but they never admitted their responsibilities and
faults, they believed these problems were temporary and that progress would correct them. They
hide their materialism and lack of spiritual values with a veil of conventional morality and
respectability.
Women and society
So the Victorians were great moralisers, in particular the middle-classes, who built their identity
around a set of values which marked them out as different both from aristocracy and the lower
classes. This set of values was based on the idea of moral respectability and domesticity and women
played a central role within these ideas. They were the moral and spiritual guardians of society: the
moral health of the nation depended on its women’s moral and sexual purity, which guaranteed the
home as a source of social stability.
In spite of her importance about morality, as regards the law woman was considered like children:
in family she had to obey her husband and to ask him his agreement to do things like conclude a
contract; the personal property the wife brought into the marriage was then owned by the husband,
even in case of a divorce; only husbands could divorce; woman’s condition was different also at
school: her education needn’t be of the same extended, classical and commercial character as that of
man, she was supposed to know the things necessary to bring up their children and to keep house,
because she couldn’t hold a job different from teacher or domestic servant.
Positive aspects
The Victorian attention to morality had also positive aspects because it led to philanthropy,
addressed to every kind of poverty, and to Patriotism, as civil pride and national fervour.
Other positive aspects of Victorian Age were the great British Expansion, the social reforms and the
new political and scientific theories.
Expansion and reforms
The merits of these achievements partly belonged to the Queen, who reigned constitutionally, never
overruled Parliament and became a mediator between party politics.
The expansion of industry and trade increased the power of middle-class. Moreover there was a
considerable developments of railway network, institutions (police station, prisons, boarding
schools) and places of entertainment (public houses, music halls, parks, stadiums).
Britain’s leading industrial and economical position in the world was symbolised by the Great
Exhibition of 1851 where goods coming from all the countries of the Empire as well as from all
parts of Britain were exhibited.
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The age of Queen Victoria witnessed also the expansion of the British Empire all over the world: it
extended to Asia (Ceylon, India), Africa (Egypt, Kenya, Sudan, Rhodesia), Central America and
Oceania.
MOST IMPORTANT REFORMS
1832: the First Reform Act (the first electoral reform) granted the vote to almost all male members
of middle classes.
1839: the Custody of Infants Act allowed women to claim custody of young children following
separation.
1846: the Corn Laws were repealed (they froze the price of corn at high levels to protect the landed
interest).
1857: the Matrimonial Causes Act introduced the possibility of a civil divorce and allowed legally
separate women to retain their earnings, giving them some control over their own income for
the first time.
1862: the Mines Act prohibited the working of women and children in mines.
1870: the Elementary Education Act recognised the need for general primary schooling.
1875: the Public Health Act cleared the city slums and improved public health.
1882: the Trade Unions were legalised.
1884: the Third Reform Act granted the right to vote to all male members of the working classes.
New political and scientific theories
One of the most important theories was the Darwin’s theory of evolution proposed in the work On
the Origin of Species (1859): according to him, every living form on earth is the result of a long
process of evolution from simpler to more complex organism. This theory shocked many Victorians
since it challenged the Christian belief in the creation of man by God as told by the Bible. Moreover
his theory of “natural selection” seemed to show that the weak are destined to perish and that only
the strong survive. Some applied Darwin’s theories to society and maintained that economic
competition was the same as natural selection: the poor and the oppress don’t deserve compassion.
The other important new theory was Socialism: in 1884 the Fabian Society was founded, it was
representative of English socialism that was evolutionary rather than revolutionary: it advocated
gradual reforms.
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LE GEOMETRIE NON-EUCLIDEE
La geometria classica si basa su quello che viene considerato, per la sua impostazione e il rigore
logico, il testo di geometria di riferimento e il primo sistema assiomatico: “Gli Elementi” di
Euclide (circa 300 a.C.), un’opera di 13 libri contenenti 465 teoremi, che non include soltanto
risultati di geometria elementare, ma anche di ciò che oggi chiameremmo algebra e teoria dei
numeri. Alla base della geometria euclidea ci sono cinque assiomi, da cui derivano tutti i teoremi:
1. è possibile condurre una linea retta da un qualsiasi punto ad ogni altro punto.
2. è possibile prolungare illimitatamente una retta finita in linea retta.
3. è possibile descrivere un cerchio con qualsiasi centro e distanza (raggio) qualsiasi.
4. tutti gli angoli retti sono uguali fra loro.
5. se, in un piano, una retta, intersecando due altre rette, forma con esse, da una medesima parte,
angoli interni la cui somma è minore di due angoli retti, allora queste due rette, se indefinitamente
prolungate, finiscono con l’incontrarsi dalla parte detta.
Le Geometrie non-Euclidee sono quelle teorie la cui origine deriva dalle critiche a "Gli Elementi"e
in particolare al V postulato, e che tramite queste critiche si sono sviluppate gradatamente fino ad
essere definite con esattezza nel XIX secolo.
Il V postulato
Risulti postulato che se in un piano una retta,
intersecando altre due, forma con esse, da una
medesima parte, angoli interni la cui somma è
minore di due angoli retti, allora queste due rette
indefinitamente prolungate finiscono con
l’incontrarsi dalla parte detta.
Il problema del quinto postulato riguarda sia il suo contenuto, sia la sua forma.
Per quanto riguarda il contenuto esso coinvolge il concetto di infinito che, data la limitatezza
dell’esperienza umana, gli toglie l’evidenza tipica dei postulati.
Per quanto riguarda la forma, la critica è legata al concetto aristotelico secondo cui ogni asserto
contenente premesse e conseguenze, ipotesi e tesi, deve essere dimostrato. L’enunciato del quinto
postulato, infatti, è del tipo "se...allora", che esige una dimostrazione, quindi come forma è più
simile ad un teorema che ad un assioma.
Molto probabilmente Euclide si rese conto di queste problematiche poiché nessun teorema fino al
teorema 29 dipende da esso, mentre tutti i teoremi successivi (escluso il 31) sì: questo fa sospettare
che Euclide abbia cercato di evitare l’uso del V postulato il più a lungo possibile.
Ci sono inoltre dei teoremi che egli dimostra senza ricorrere al V postulato, nonostante la
dimostrazione sarebbe stata più semplice con l’introduzione di esso. Si direbbe dunque che Euclide
abbia cercato di ottenere il maggior numero di proposizioni senza utilizzare il V postulato. Si può
ipotizzare che Euclide abbia cercato di dimostrare il V postulato partendo dai primi quattro per
ottenerlo come teorema. Non giungendo però alla dimostrazione, essendo tuttavia convinto della
verità di tale proposizione, la inserì fra i postulati.
Quindi per risolvere la questione del quinto postulato, che non riguardava solamente l’enunciato del
postulato, ma anche tutti quei teoremi che erano stati dimostrati con l’ausilio di questo, ci sono due
possibilità:
 determinare una proposizione equivalente al V postulato, ma che risulti evidente e si possa
annoverare senza difficoltà fra i postulati.
 ottenere una dimostrazione del V postulato a partire dagli altri e dalle proposizioni da essi dedotte.
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Sono state seguite entrambe le strade.
Nella tabella sono riportati i più significativi enunciati sostitutivi del V postulato con i loro autori.
Rette parallele sono equidistanti.
Posidonio
Esiste almeno una coppia di rette equidistanti.
La distanza fra due rette infinite parallele può variare, ma
Proclo
rimane sempre minore di una certa distanza fissata.
(Teorema 30) Rette parallele alla stessa sono parallele tra
loro.
Date due rette parallele, una terza retta che ne incontri una
incontrerà, purché prolungata a sufficienza, anche l’altra (o
il suo prolungamento).
Per un punto non giacente su una retta data né sul suo
prolungamento, non è possibile tracciare più di una John Playfair
parallela alla retta data.
John Wallis
Lazare-NicholasSu una retta finita data è sempre possibile costruire un Marguerite
triangolo simile a un triangolo dato.
Carnot
Adrien-Marie
Legendre
Girolamo
Esiste una coppia di triangoli simili e non congruenti.
Saccheri
Alexis-Claude
In ogni quadrilatero con tre angoli retti, anche il quarto Clairaut
angolo è retto.
Johann Heinrich
Lambert
Girolamo
Esiste almeno un triangolo per il quale la somma degli Saccheri
angoli è 180.
Adrien-Marie
Legendre
È possibile costruire un triangolo la cui area sia maggiore di Karl
Friedrich
qualunque area data.
Gauss
sec.I a.C.
sec.V
fine sec.
XVIII
1663
1803
1824
1733
1741
1766
1733
inizio
sec.XIX
1799
Di cui quello di Playfair è il più noto.
Qualunque postulato sostitutivo è, però, logicamente equivalente al V postulato, dunque è da esso
indistinguibile dal punto di vista logico. Per questo nessun postulato equivalente sarebbe stat utile a
risolvere la questione del postulato delle parallele.
Altri matematici nel corso dei secoli si impegnarono nella dimostrazione del quinto postulato. Uno
dei più importanti fu il padre gesuita Girolamo Saccheri (1667-1733).
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L’opera di G. Saccheri
Girolamo Saccheri (1667-1733) non cercò di sostituire il quinto postulato con un’affermazione
simile, ma seguì un procedimento logico diverso dagli altri ipotizzando la sua negazione, sicuro di
pervenire ad un assurdo.
Professore di Matematica all’Università di Pavia, Saccheri scrisse un trattato, Euclide ab omni
naevo vindicatus, in cui tentò di togliere l’unico “neo” degli Elementi, cioè dare una dimostrazione
del quinto Postulato.
All’inizio considerò la Geometria Assoluta, ottenuta dalla Geometria Euclidea escludendo il quinto
Postulato e tutti i teoremi dimostrati con l’ausilio di questo, e adottò la tecnica dimostrativa per
assurdo:
supporre vera la negazione del quinto Postulato.
dedurre dal nuovo sistema tutta una serie di teoremi.
pervenire ad un assurdo.
Come strumento di tutta la sua analisi, egli costruì il quadrilatero noto come “quadrilatero di
Saccheri”.
Questa figura è formata da due lati opposti uguali tra
loro (AD e BC), da un lato perpendicolare ai suddetti
chiamato base (AB) e dal lato opposto alla base
detto sommità (CD).
Poiché la figura piana che deriva è un quadrilatero
birettangolo isoscele, gli angoli in C e D devono
essere per forza uguali, quindi Saccheri considerò le
tre possibili ipotesi:
1. gli angoli alla sommità sono retti.
2. gli angoli alla sommità sono ottusi.
3. gli angoli alla sommità sono acuti.
Il procedimento consisteva poi nel considerare le ipotesi 2 e 3, pervenire ad un assurdo e dimostrare
così, per esclusione, l’asserto 1.
Esaminando la validità dell’ipotesi 2, Saccheri si accorse che il quinto postulato non era di per sé
incompatibile con essa, quindi anche i teoremi dedotti dal postulato continuavano ad essere veri, tra
questi considerò quello per cui “la somma degli angoli interni di un quadrilatero è uguale a quattro
angoli retti”, ma nell’ipotesi dell’angolo ottuso la somma degli angoli è maggiore di quattro retti,
quindi la seconda ipotesi decade.
In realtà questa ipotesi non era decaduta, perché Saccheri non dimostrò l’incoerenza tra
conseguenze e premesse assunte in via ipotetica, ma solo l’incompatibilità tra l’ipotesi ammessa e le
conseguenze connesse all'ipotesi euclidea.
Saccheri considerò quindi la terza ipotesi:
Se fosse valida allora, dati una
retta a e un punto P esterno e
complanare ad essa, nel fascio di
rette che passano per quel punto,
esistono due rette, b e c, che si
avvicinano ad a senza secarla.
Dunque le rette b e c non
incontrano la retta a, ma neppure
hanno una perpendicolare in
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comune con essa. Saccheri sostenne che tutto ciò è contro la natura della retta. In realtà sebbene la
conclusione appaia in contraddizione con l’intuizione e con l’esperienza, non rappresenta
un’impossibilità logica rispetto alle premesse.
Saccheri pensò così di aver dimostrato il quinto postulato, ma in realtà non pervenne ad alcun
assurdo; la sua opera costituì invece la base per le due geometrie non-euclidee più importanti: una
che si avvaleva dell'ipotesi dell'angolo ottuso e l'altra dell'ipotesi dell'angolo acuto e che, quasi un
secolo più avanti, saranno rispettivamente definite Geometria Ellittica e Geometria Iperbolica.
L'opera di Saccheri rappresenta un punto di svolta per almeno tre ragioni:
per aver inaugurato, involontariamente, la sintesi effettiva delle Geometrie Non Euclidee.
per aver aperto la strada (con la sua dimostrazione per assurdo) alla possibilità di ipotizzare la non
validità del quinto postulato.
per aver aperto la strada all'idea di fondare la validità di una geometria sulla sua non
contraddittorietà logica (e non sull'evidenza intuitiva).
Dopo Saccheri, molti altri si cimentarono nella dimostrazione del V postulato. Matematici come J.
H. Lambert (1728-1777) o L. Lagrange hanno cercato di formulare teorie alternative, senza troppi
risultati.
Il merito per la scoperta della nuova geometria va a quei matematici che fino alla fine credettero
nell'impossibilità di dedurre il quinto postulato dalla Geometria Assoluta.
Il più completo precursore delle Geometrie non Euclidee fu comunque il
grande matematico tedesco Karl Friedrich Gauss (1777-1855), che
probabilmente per primo intorno al 1831, giunse alla concezione chiara di una
geometria indipendente dal postulato euclideo, ne sviluppò molti dettagli e
pervenne alla convinzione della sua non contraddittorietà logica. Egli arrivò a
questa conclusione dopo venti anni di sporadici tentativi di dimostrare il
postulato, durante gli anni successivi condusse delle ricerche sulla nuova
geometria e scoprì un certo numero di teoremi.
Nonostante la scoperta, Gauss non pubblicò mai niente perché, come disse in
una sua lettera, temeva “gli strilli dei beoti”. Tra il XVIII e il XIX secolo, infatti, dominava il
pensiero filosofico di Immanuel Kant, secondo cui i teoremi e i postulati della Geometria Euclidea
sono affermazioni sintetiche a priori. Quindi elaborare una nuova geometria in cui valeva la
negazione del quinto postulato voleva dire negare la verità e l'unicità della Geometria Euclidea che
esiste a priori nella nostra mente come strumento per la conoscenza della realtà.
Ciò che si sa delle ricerche gaussiane sulla Geometria non Euclidea è tratto dalle lettere agli amici,
da due brevi recensioni apparse sul "Gottingische gelehrte Anzeigen" del 1816 e del 1822 e da
alcune note del 1831 trovate fra le sue carte dopo la morte.
Nel 1831 Gauss ricevette dall'amico e matematico W. F. Bolyai (1775-1856) una copia di un
trattato sulla Geometria non Euclidea che di lì a poco sarebbe stata pubblicata dal figlio Jànos
Bolyai, che era giunto alle sue stesse conclusioni. Sollevato sul futuro della Geometria non
Euclidea, Gauss interruppe i suoi studi a riguardo.
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Lobachevsky e Bolyai: la Geometria Iperbolica
Nicolai Ivanovich Lobachevsky
Jànos Bolyai
Alle stesse conclusioni di Gauss giunsero due matematici più giovani che, all'insaputa uno dell'altro
ed in paesi lontani, giunsero quasi contemporaneamente ad analoghi risultati: l’ungherese Jànos
Bolyai (1802-1860) e il russo Nicolai Ivanovich Lobachevsky (1793-1856).
Essi pubblicarono delle presentazioni organiche di una geometria non euclidea su basi deduttive
rendendosi pienamente conto che questa nuova geometria era dal punto di vista logico altrettanto
legittima quanto quella di Euclide.
Nicolai Ivanovich Lobachevsky studiò all’Università di Kazan di cui fu professore e rettore dal
1827 al 1846. Espose le sue riflessioni sui fondamenti della geometria in un lavoro letto di fronte al
dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università nel 1826. Tuttavia, il lavoro non fu mai
stampato e andò perduto. In seguito espose il suo approccio alla Geometria non Euclidea in una
serie di lavori, i primi due dei quali furono pubblicati in riviste di Kazan e il terzo nel “Journal fur
Mathematik”. Il primo era intitolato Sui fondamenti della geometria e apparve nel 1829-30. Il
secondo, intitolato Nuovi fondamenti della geometria con una teoria completa delle parallele
(1835-37) era una presentazione migliore delle idee di Lobachevsky. Egli chiamava la sua nuova
geometria “geometria immaginaria”.
Le prime pubblicazioni di Lobachevsky sulla Geometria non Euclidea erano scritte in Russo, quindi
il suo lavoro non diventò subito noto nell’Europa centrale e occidentale, fino ad alcuni anni dopo,
quando cominciò a pubblicare degli appunti in Francese (1837) e Tedesco (1840). Pur essendo
diventato cieco, dettò un’esposizione completamente nuova della sua geometria e la pubblicò nel
1855 con il titolo Pangéométrie.
Jànos Bolyai, figlio del matematico Wolfgang Farkas Bolyai (1775-1856), era un ufficiale
ungherese. Sulla Geometria non Euclidea, che chiamava Geometria Assoluta, scrisse un lavoro di
ventisei pagine intitolato La scienza dello spazio assoluto, che fu pubblicato in appendice a un libro
del padre. Anche se quest’opera in due volumi apparve nel 1832-33, e quindi dopo il primo lavoro
di Lobachevsky, sembra che Bolyai abbia elaborato le sue idee sulla Geometria non Euclidea prima
del 1825 e che entro quel periodo si fosse convinto che la nuova geometria non era contraddittoria.
Le ricerche di Bolyai erano così simili a quelle di Lobachevsky che quando Bolyai vide per la prima
volta nel 1835 i lavori del russo pensò che li avesse copiati dalla sua pubblicazione del 1832-33.
Le Geometrie non Euclidee nascono a livello assiomatico dalla Geometria Assoluta e dalla
negazione del quinto postulato. Riguardando l'enunciato del quinto postulato, equivalente a quello
di Euclide, formulato da Playfair si ha che:
Postulato 5:
Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, esiste ed è unica una retta passante per il
punto e parallela alla retta data
La sua negazione è legata quindi ai concetti di unicità e di esistenza della retta parallela, quindi le
possibili negazioni sono due, una che nega l'unicità della parallela e l'altra che nega la sua esistenza.
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Indicandole rispettivamente con N1 e N2 le negazioni sono così formulate:
N1. Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, esistono infinite rette passanti per il
punto e parallele alla retta data.
N2. Data una retta ed un punto non appartenente ad essa, non esiste alcuna retta passante per il
punto e parallela alla retta data.
Lobachevsky e Bolyai per la loro “geometria immaginaria”, che poi verrà detta geometria
iperbolica, sostituirono al quinto postulato la sua negazione N1, che divenne l’assioma di
Lobachevsky, e si basarono quindi sull’ipotesi dell’angolo acuto di Saccheri.
In questo tipo di geometria il teorema secondo cui in un triangolo la somma degli angoli interni è di
180°, che nella geometria euclidea dipende dal V postulato, viene anch’esso sostituito da una sua
negazione: in un triangolo la somma degli angoli interni è minore di 180°
triangolo iperbolico
Quindi nella Geometria Iperbolica, scoperta da Gauss, Bolyai e Lobachevsky esistono infinite
parallele ad una retta passanti per un punto esterno ad essa e la somma degli angoli interni di un
triangolo è minore di 180°.
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Riemann: la Geometria Ellittica e la Geometria Sferica
I dubbi intorno alla geometria sollevati dalle ricerche di Gauss, Lobachevsky e
Bolyai, portarono a una delle maggiori creazioni del XIX secolo, la geometria
riemanniana. Il suo creatore fu Georg Bernhard Riemann (1826-1866), allievo
di Gauss, che nel 1854 scrisse una memoria pubblicata poi nel 1867: Sulle
ipotesi che stanno a fondamento della geometria. La memoria forniva un nuovo
modo di intendere la geometria. Da un lato presentava la geometria come un
caso particolare di un nuovo concetto matematico, la varietà pluridimensionale;
dall'altro presentava un secondo caso di geometria non euclidea, la geometria
ellittica, nella quale non esistono rette parallele.
Uno degli obiettivi di Riemann era quello di dimostrare che i Postulati di Euclide erano verità
empiriche e non, come si era creduto, verità di per sé evidenti.
Egli adottò l'approccio analitico perché nelle dimostrazioni geometriche si può essere indotti dalle
proprie percezioni ad assumere erroneamente dei fatti non riconosciuti esplicitamente.
La ricerca di Riemann di ciò che è a priori lo condusse a studiare il comportamento locale dello
spazio o, in altre parole, l'approccio geometrico differenziale in quanto opposto alla considerazione
dello spazio come un tutto, quale lo si trova in Euclide o nella Geometria non Euclidea di Gauss,
Bolyai e Lobachevsky. Guidato in larga misura dalla geometria intrinseca delle superfici dello
spazio euclideo di Gauss, Riemann sviluppò una geometria intrinseca per uno spazio qualsiasi; è da
notare che egli preferì trattare la Geometria a n dimensioni, estendendo così in questa direzione
anche il concetto di "Geometria".
Il secondo concetto fondamentale contenuto nel lavoro di Riemann del 1854 era la nozione di
curvatura di una struttura geometrica, mediante la quale cercò di caratterizzare lo spazio euclideo
(come la struttura a "curvatura zero").
Considerando quindi il concetto di curvatura, la Geometra Iperbolica è applicabile su una struttura
geometrica a curvatura costante negativa, come per esempio una superficie concava.
Nel suo lavoro Riemann costruì una geometria ipotizzando una nozione di spazio, piano, retta ecc.
diversa da quella che era alla base del sistema euclideo e studiò la possibilità di uno spazio
illimitato e finito, giustificata dal fatto che l’illimitatezza è un concetto relativo all’estensione,
quindi è di tipo qualitativo, mentre quello di infinità si riferisce alla misura. Quindi si poteva
ipotizzare uno spazio che fosse contemporaneamente illimitato e finito; ad esempio una retta
illimitata e finita è una linea chiusa.
Per la sua geometria Riemann considerò, quindi, una struttura geometrica a curvatura costante
positiva, in cui al postulato della parallela sostituì la sua negazione N2, che divenne l’assioma di
Riemann.
Dall'introduzione dell'assioma di Riemann si possono ottenere due geometrie: una detta sferica ed
una detta ellittica.
Partendo dall’ipotesi che due rette in un piano hanno sempre almeno un punto in comune e che
quindi in un piano non si può condurre una retta parallela ad un’altra, per un punto ad essa esterno,
si può arrivare a dimostrare che tutte le perpendicolari ad una retta r da una stessa parte di essa,
passano per un punto P, equidistante da ogni punto di r.
Se immaginiamo, poi, tutte le rette della parte opposta, possiamo notare che queste si incontrano
tutte in un punto P', con le stesse caratteristiche di P.
Al problema di sapere se P e P' coincidono possiamo dare due risposte:
 P e P' non coincidono, ma sono due punti distinti: due rette hanno perciò sempre due punti in
comune e si intersecano in una coppia di punti distinti: questo sistema viene chiamato
Geometria sferica, ed è assimilabile alla geometria euclidea della sfera se per rette assumiamo
le circonferenze massime.
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
P e P' coincidono: due rette si incontrano in un solo punto e due punti distinti individuano una
sola retta: questo secondo sistema viene chiamato Geometria ellittica.
C'è uno stretto legame fra le due, e se ci si limita a considerazioni di carattere locale le due teorie
coincidono.
Possiamo considerare, quindi, solo la geometria sferica, in cui le rette sono le circonferenze
massime di una sfera che , perciò, si incontrano sempre in de punti istinti, che possiamo considerare
i poli della sfera.
È facile dedurre, quindi, che su una superficie di questo tipo il teorema sugli angoli interni di un
triangolo, viene sì negato, ma assume la configurazione opposta a quella della Geometria
Iperbolica: in un triangolo la somma degli angoli interni è maggiore di 180°.
triangolo riemanniano
Nella Geometria introdotta da Riemann non esiste alcuna parallela ad un retta e passante per un
punto esterno ad essa e la somma degli angoli interni di un triangolo è un valore più grande di 180°.
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I modelli di Geometria non Euclidea
Il modello di Klein
Questo è un modello di Geometria Iperbolica.
Si fissa una conica K che può essere un'ellisse o una
circonferenza, e si danno le seguenti interpretazioni degli enti
primitivi (vedi figura):



con "punto" si intende un punto interno a K (quindi i punti
appartenenti al bordo della conica non sono inclusi in questo
modello);
con "retta" si intende una corda di K con estremi esclusi;
con "piano" si intende l'insieme dei punti interni a K.
Ricordando che sono rette parallele due rette che non si
intersecano, le due rette PA e PB sono parallele ad AB, infatti i
punti A e B non appartengono al piano dell'ellisse, perchè
appartengono al bordo; perciò PA e PB non hanno alcuna
intersezione con AB e, per la definizione di parallele, sono
entrambe parallele ad AB.
PA e PB sono le due rette che segnano il limite tra le rette
parallele ad AB passanti per P, perciò vi sono infinite rette
passanti per P e parallele ad AB.
Il modello di Poincarè
In questo modello:
 il piano è la regione delimitata da una circonferenza, con l'esclusione della stessa;
 il punto è ogni punto interno alla circonferenza (quindi i punti appartenenti al bordo della
circonferenza non sono inclusi in questo modello);
 la retta è ogni diametro della circonferenza e ogni arco di circonferenza ortonormale e interno a
questa (vedi figura).
Si dimostra che per due punti del piano di Poincaré
passa una e una sola retta. È evidente che, presa una retta
del piano e scelto un punto non appartenente ad essa,
esistono infinite rette passanti per quel punto e parallele
alla retta data (le rette che si intersecano sui punti della
circonferenza in realtà non hanno alcuna intersezione
perché i punti sul bordo non fanno parte del modello,
quindi sono parallele). Anche il modello di Poincaré è un
modello di geometria iperbolica.
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Il modello della sfera
In questo caso come piano si considera la superficie di una sfera:
 i punti sono quelli sulla superficie;
 un segmento, essendo la distanza minima fra due punti, corrisponde all'arco minore della
circonferenza che passa per due punti ed ha il centro nel centro della sfera;
 le rette, quindi, sono tutte e sole le circonferenze massime.
Si ha che per ogni punto passano infinite rette e che per due punti
distinti passa una e una sola retta.
In questo modello non esistono rette parallele (ogni coppia di rette
interseca due punti), perciò è un modello di geometria sferica
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MAURITS CORNELIS ESCHER
Nacque in Olanda il 17 Giugno del 1898, figlio di un ingegnere
civile. Durante il liceo non fu uno studente brillante, inizialmente
dovette seguire le orme del padre ma si distinse particolarmente
nelle arti grafiche. Studiò alla scuola di Architettura e Arti
Decorative di Harlem, in Olanda.
Nel 1923 si trasferì in Italia dove viaggiò a lungo traendo
ispirazione da paesaggi ed architetture. Alla luce delle sue opere
sembra che egli non sia stato tanto colpito dall’aspetto pittoresco
delle città quanto dalla loro struttura. In seguito non tratterà più lo
spazio in maniera analitica, ma realizzerà sintesi in cui diversi
spazi trovano il loro posto, all’interno della stessa stampa.
Nel 1935 il clima politico dell’Italia fascista lo spinse a lasciare la
penisola per recarsi in Svizzera e successivamente in Spagna, un posto che avrà grande influenza
sulla sua opera. Visitò Madrid, in particolare il museo del Prado, Toledo e Granada. Proprio a
Granada, nel palazzo-fortezza Alhambra studiò con interesse le decorazioni dei muri e dei suoli.
Qui saranno gettate le basi del suo lavoro relativo al riempimento periodico del piano che susciterà
l’ammirazione di cristallografi e matematici.
Nel 1941 si trasferì a Baarn, in Olanda, dove si sviluppò l’opera più ricca dell’artista.
Continuarono i suoi viaggi nel Mediterraneo che non servirono più come ispirazione per il suo
lavoro, egli prendeva spunto piuttosto da motivi interiori. Le sue opere si basavano ora sul sottile
gioco tra lo sfondo e la figura, che si compenetrano e si completano.
Escher fu molto colpito dal rapporto tra le dimensioni. Si è infatti soliti rappresentare forme
tridimensionali su superfici che ne hanno due e alcune delle sue stampe traducono lo stupore
causato da questo antagonismo. Egli sottomise le leggi della prospettiva a ricerche critiche e trovò
nuove leggi, sperimentate direttamente nelle sue stampe. Di questo periodo sono le tanto celebri
"figure impossibili".
Contemporaneamente si svilupparono i suoi studi sull’infinito e Escher arrivò a creare uno dei suoi
più grandi lavori: "Esposizione di stampe. Egli, per sua stessa ammissione, ha raggiunto in
quest’opera il limite della sua perspicacia e della possibilità di espressione.
Dopo una serie di viaggi che lo portarono dall’Europa all’America in cui Escher accompagnò le
esposizioni delle sue opere, nel 1970 si trasferì alla Fondazione Rosa Spier, a Laren, una casa dove
gli artisti avevano ognuno il proprio spazio creativo. Morì qui il 27 Marzo del 1971.
Le sue opere seguono quattro temi principali:
 il Nastro di Mobius
 la riflessione sull’infinito
 la tassellazione periodica del piano
 le figure impossibili
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Il Nastro di Möbius
Si tratta di una superficie ad una sola faccia e un solo bordo, tale cioè che seguendo una linea
continua si può raggiungere qualsiasi punto della figura, senza attraversarne il bordo. Perciò si dice
che è una superficie non orientabile.
Le sue proprietà controintuitive lo hanno reso una fonte inesauribile di ispirazione fino a farlo
diventare un simbolo del cambiamento, della stranezza, dei cicli, del rinnovarsi e del ringiovanire.
La superficie di Möbius, con le sue proprietà e con la sua particolare forma, è stata scelta da Escher
come soggetto per alcune sue opere. Nel 1963 concluse Nastro di Möbius II, un capolavoro non
solo rispetto alle opere di questo genere ma rispetto a tutta la sua produzione.
Osservando attentamente questa immagine ci si accorge che le formiche poste sulla
superficie non stanno camminando su lati opposti, come potrebbe sembrare a prima
vista. Al contrario esse proseguono una dietro l'altra in fila sull'unica faccia di quella
superficie. Quest'opera è stata apprezzata anche per la dinamicità che comunica. Si
tenga presente che nel momento in cui è nata non c'era ancora stato il boom delle
animazioni al computer. Ma è curioso il fatto che proprio Nastro di Möbius II sia una
delle prima immagine ad essere stata animata con Computer Graphics.
Una altra opera notevole sull'argomento è Nastro di Möbius I, questa volta
non viene rappresentato semplicemente un Nastro di Möbius, ma quello che
possiamo chiamare Bi-Nastro di Möbius. I serpenti infatti rappresentano
quello che succede ad una superficie come quella dell'opera con le formiche, quando la si
taglia lungo una linea chiusa posta a distanza costante dal bordo. Tale taglio non
sconnetterà la superficie, infatti se seguiamo i serpenti dell'immagine, vediamo che sono
legati tra loro e si mordono la coda a vicenda.
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La riflessione sull’infinito
Nella produzione di Escher gli anni che vanno dal 1956 al 1970 individuano quello che possiamo
definire Periodo dell'Infinito, in cui l’autore si ispirò anche alle Geometrie non Euclidee.
L'opera migliore di questo periodo è Limite del cerchio III (1959).
Quest'immagine è una rappresentazione di uno spazio iperbolico il cui
modello è dovuto al matematico francese Poincarè. Diamo un'idea dello
spazio che Escher ha voluto rappresentare. Poniamoci al centro del
disegno e supponiamo di voler camminare fino al bordo di esso. Mentre
camminiamo ci restringiamo sempre di più, proprio come accade ai pesci
della figura. Per raggiungere il bordo quindi dovremmo percorrere una
distanza che ci sembrerà infinita, ma essendo immersi in questo spazio
non ci parrà subito ovvio che ci sia qualcosa di inusuale.
Anche l'ultima opera della sua vita, Serpenti (1969), è uno studio sull'infinito.
In questo caso lo spazio si scontra con l'infinito non solo nella direzione del
bordo ma anche verso il centro del cerchio, producendo un restringimento in
entrambi i sensi.
Ma la stampa più ingegnosa può essere considerata:
Esposizione di Stampe (1956). Giudicando quest'opera
secondo i canoni tradizionali dell'estetica, si
potrebbero trovare una quantità enorme di difetti. Ma
quello che è valido in tutta l'opera di Escher qui è esaltato all'ennesima
potenza. Egli ha raggiunto in quest'opera il limite della sua perspicacia e
della possibilità di espressione. In quest'immagine una persona si trova
all'interno di una galleria d'arte e sta osservando una stampa raffigurante una
città marittima che, lungo i portici, ospita un negozio. Quel negozio è una
galleria d'arte al cui interno si trova una persona che sta osservando una stampa raffigurante una
città marittima... Escher è tornato in qualche modo sul suo soggetto; la persona è sia nell'immagine
che al di fuori di essa.
La tassellazione periodica del piano
La divisione regolare del piano, detta tassellazione, è l'insieme di forme chiuse (tassellati) che
ricoprono il piano completamente senza sovrapporsi e senza lasciare spazi vuoti. Di solito le figure
che vengono usate per le tassellazioni sono poligoni e altre forme regolari, tuttavia Escher rimase
affascinato da ogni tipo di tassellazione, regolare ed irregolare, sperimentandole a volte anche
contemporaneamente in quelle opere dette metamorfosi,
dove le figure cambiano e interagiscono con le altre e a
volte addirittura si liberano ed abbandonano il piano in cui
giacciono.
L'interesse di Escher per il ricoprimento del piano iniziò nel
1936, quando approdò in Spagna e vide le decorazioni in
maiolica e stucco del palazzo trecentesco Alhambra che
ospitava la reggia e la sede amministrativa dell'ultima corte
araba di Spagna. La ricchezza delle decorazioni, la dignità e
la semplice bellezza dell'intero edificio lo commossero. Nei
giorni seguenti si impegnò a lungo per schizzare questi
motivi e più tardi egli stesso dichiarerà che essi furono la più ricca fonte di ispirazione che egli
avesse mai incontrato.
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Anche in questo campo si Escher si trovò spesso a confronto con i matematici: mentre essi si
preoccupano di ricoprire il piano con poligoni regolari, Escher sperimentò le sue particolari
tassellazioni applicando simmetrie, antitraslazioni, traslazioni e rotazioni ad una grande varietà di
figure. Egli inoltre si preoccupa di elaborare le figure regolari distorcendole fino ad ottenere
animali, uccelli e altre forme ancora.
Le figure impossibili
Escher è molto colpito dal rapporto esistente tra le dimensioni. Si è soliti rappresentare forme
tridimensionali su superfici che ne hanno due. Questo antagonismo crea dei "conflitti". Escher
sottomette le leggi della prospettiva a ricerche critiche e trova nuove leggi che sperimenta
direttamente sulle sue stampe.
La suggestione spaziale di un'immagine piana può essere così forte che si possono suggerire su di
essa dei mondi che, in tre dimensioni, non potrebbero assolutamente esistere.
Facciamo un carrellata tra questo tipo di opere. Nel 1958 Escher realizza la sua prima litografia
dedicata alle costruzioni impossibili: Belvedere. Un ragazzo ha in mano un
cubo impossibile e osserva perplesso questo oggetto assurdo. Pur avendo in
mano gli elementi che gli permettono di notare che qualcosa non va, pare non
accorgersi del fatto che l'intero Belvedere è progettato su quella stessa
struttura.
Il cubo di cui parla Escher è noto con il nome di cubo di Necker.
La scala che porta al secondo piano dell'edificio inoltre è
contemporaneamente all'interno e all'esterno di esso, cioè si tratta di una
scala impossibile.
Nell'illustrazione Cascata, un flusso d'acqua cadendo
dall'alto mette in funzione un mulino il quale, a sua
volta, spinge il flusso in un canale che, zigzagando, torna all'inizio della
cascata. La cascata rappresenta un sistema chiuso: essa ritorna in
continuazione alla ruota del mulino in un movimento perpetuo.
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Un'altra delle stampe dette impossibili è Salita e discesa. Essa rappresenta un
complesso di case i cui abitanti, che paiono monaci, camminano in un
percorso circolare fatto di scalini. Apparentemente tutto sembra a posto, ma
osservando attentamente la figura, ci si accorge che i monaci compiono un
percorso sempre in discesa o sempre in salita, lungo una scala impossibile.
Escher capì che la geometria dello spazio determina una sua logica e allo
stesso modo la logica dello spazio spesso determina una sua geometria. Uno
dei modelli di logica dello spazio che egli applica spesso si basa sul gioco di
luci e ombre applicato ad oggetti concavi o convessi.
Nella litografia Cubo con nastri magici quelle specie
di calotte sferiche che escono dai due anelli sono il nostro indizio visivo
per sapere in che modo gli anelli sono intrecciati con il cubo. Tuttavia se ci
fidiamo di quello che vediamo con i nostri occhi non possiamo fidarci di
quello che ci suggeriscono le calotte sferiche, le due illusioni non
coincidono.
In Concavo e convesso l'illusione sfrutta questa volta un gioco di ombre che
porta al rovesciamento percettivo tra l'interno e l'esterno della figura.
Il periodo che va dal 1946 al 1956 può essere indicato, all'interno dell'opera di Escher, come il
periodo della prospettiva. Nelle opere che risalgono a questo periodo, egli rivela
il suo grande interesse per gli angoli di visione più insoliti. Escher è in grado di
produrre scene in cui l'alto e il basso, l'orientamento degli oggetti a destra o a
sinistra, dipendono dalla posizione che l'osservatore decide di prendere.
Nelle litografie Salita e discesa, Casa di scale e Relatività, il sopra e il sotto
assumono valenze estemporanee, legate al particolare che si sta osservando e a
quale parte della figura rappresentata si vuole fare riferimento.
In Relatività operano tre forze di gravità perpendicolari tra
loro. Alcuni uomini si incrociano sul piano e sulle scale.
Alcuni di loro, pur appartenendo a mondi diversi, si
avvicinano molto, ma ignorano le loro reciproche
esistenze; per esempio, al centro, un tale con un sacco di
carbone sulla schiena sale dallo scantinato. Ma quello
stesso pavimento sul quale poggia il piede destro serve da muro all'uomo
seduto alla sua sinistra; inoltre c'è un altro uomo alla sua destra, che sta
scendendo e che vive in un altro mondo ancora. Altro esempio: sulla scala più alta, due persone si
muovono affiancate, ambedue da sinistra a destra. Eppure, una sale e l'altra scende.
La litografia più significativa in questo contesto è In alto e in basso, nella quale
l'artista rappresenta, utilizzando un punto di fuga relativo, dei fasci di linee
parallele come linee curve e convergenti.
Alla fine di questo periodo, nel 1955, si può osservare un ritorno alla prospettiva
tradizionale, nell'intento di suggerire l'infinito dello spazio.
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Rettili
Per la copertina di Flatlandia, nelle varie edizioni sono state scelte diverse opere di Escher.
Per l’edizione attuale del libro è stata scelta la litografia Rettili del 1943.
Tra i numerosi oggetti che compaiono in essa, si nota un foglio sul quale, dopo averlo tassellato con
esagoni, sono stati disegnati dei rettili che a un certo punto “prendono vita” e cominciano a salire.
Leggiamo la descrizione che ne fa l’autore: “Uno di questi animali […] allunga una zampa al di là
del bordo del quaderno e si distacca per entrare nella vita reale. Si arrampica […] per procedere,
con fatica, su una salita scivolosa di una squadra da disegno, fino all’apice della sua esistenza. Dopo
un breve riposo […] torna verso il basso sulla superficie piatta della carta da disegno, dove,
ubbidiente, si inserisce fra i suoi vecchi compagni e riprende la sua funzione di elemento della
divisione del piano” (Escher, 1990, pp. 10-11).
Si ritrovano qui alcuni motivi fondamentali della produzione artistica di Escher: le tassellazioni, il
passaggio dal piano allo spazio, i solidi geometrici.
La litografia è stata ottenuta tramite un disegno preparatorio.
Il ricoprimento è ottenuto mediante figure direttamente
congruenti, di tre colori diversi. Questi rettili ricoprono
perfettamente il piano. Si può notare infatti che il foglio
inizialmente è stato tassellato con esagoni in cui sono
inseriti i rettili: si può verificare che le parti
dell’animale esterne all’esagono sono riprodotte con
altro colore all’interno; in altre parole, si può vedere
come Escher abbia ottenuto il rettile a partire da un
esagono dal quale “ha tolto alcuni pezzi” per “attaccarli
poi esternamente ad esso”. La tecnica utilizzata si basa
sulle trasformazioni geometriche, applicando rotazioni
e traslazioni.
Quest’opera oltre ad avere evidenti riferimenti alla geometria, rappresenta molo bene l’avventura
che il protagonista di Flatlandia ci racconta: anche questi rettili “escono” dalla loro bidimensionalità
per poi ritornarvi, dopo aver conosciuto il mondo e gli oggetti tridimensionali.
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