Prevenire l'invecchiamento
Invecchiamento e mitocondri
Veri e propri generatori in miniatura, i mitocondri impiegano l’ossigeno respirato per produrre l’energia
necessaria al funzionamento della cellula. La produzione di energia è accoppiata però alla produzione di
radicali liberi derivati dall’ossigeno, un processo che avviene direttamente nel cuore del mitocondrio.
Questa perdita irrimediabile di prodotti tossici comporta il deterioramento dei componenti del
mitocondrio, in particolare del suo DNA. La disorganizzazione del genoma mitocondriale sotto gli attacchi
permanenti dei radicali liberi si riflette sulle sue capacità bioenergetiche del mitocondrio, infatti il
disfunzionamento mitocondriale appare come causa maggiore di deterioramento e di morte cellulare. Il
processo è direttamente coinvolto nella senescenza e in molte patologie degenerative associate
all’invecchiamento.
Mitocondri ed energetica cellulare
E’ ormai dagli anni ’50 che si sa che i mitocondri sono le centrali energetiche della cellula, una vera e
propria fucina nella quale i carburanti dell’organismo vengono bruciati e convertiti in energia. I mitocondri
impiegano infatti l’ossigeno respirato e i “combustibili” provenienti dagli zuccheri, dai grassi e dalle
proteine per produrre, sotto forma di ATP (adenosina trifosfato), l’energia necessaria al corretto
funzionamento cellulare.
I diversi complessi enzimatici responsabili di questa produzione formano, all’interno del mitocondrio, la
cosiddetta catena respiratoria mitocondriale. Una caratteristica assolutamente speciale dei mitocondri è
che essi possiedono un proprio sistema genetico, cioè le loro personali molecole di DNA. Questo sistema
genetico “privato”, indipendente dal quello contenuto nel nucleo della cellula, fornisce l’informazione
necessaria alla fabbricazione di sottounità importanti della catena respiratoria mitocondriale. Gli altri
costituenti del mitocondrio e della sua catena respiratoria sono invece sintetizzati dalla cellula secondo le
specifiche previste dal genoma cellulare. Il mitocondrio vive quindi in totale simbiosi con la cellula, secondo
un accordo di reciprocità rispettato da entrambi gli elementi. Questa parziale dipendenza del mitocondrio
dalla cellula ospite e l’esistenza di un sistema genetico “in proprio” trova origine nell’evoluzione; è infatti
generalmente ammesso che i mitocondri provengano dai batteri incorporati nelle cellule primitive
circa 1.5 miliardi di anni fa. A quei tempi, l’arricchimento progressivo dell’atmosfera in ossigeno ha
probabilmente favorito la cooperazione tra un batterio capace di impiegare questo elemento (il futuro
mitocondrio), e un microrganismo abituato a un’esistenza anaerobica (la cellula primitiva). Da allora, i
batteri consumatori di ossigeno hanno perso una parte del loro genoma e sono diventati dipendenti dalla
loro cellula ospite per la sintesi della maggior parte dei loro composti. In cambio, la cellula ospite ricorre ai
loro servizi poiché solo questi organi sono in grado di produrre energia in una forma che essa può utilizzare
direttamente.
Tuttavia, questo scambio presenta dei limiti: il sistema energetico di cui è dotata la cellula primitiva è
infatti imperfetto, e anche se le ha permesso di adattarsi e sopravvivere in un ambiente gassoso nuovo, i
prodotti tossici che genera contribuiscono alla sua distruzione. Si è visto che la produzione di energia a
partire dall’ossigeno attraverso la catena respiratoria terminava con l’emissione di prodotti tossici, i radicali
liberi derivanti dall’ossigeno. Queste forme attive dell’ossigeno sono prodotti secondari obbligatori della
respirazione mitocondriale, che reagiscono fortemente con il DNA, i lipidi delle membrane e gli enzimi
contenuti nei mitocondri. Basta sapere che viene liberato nel mitocondrio sotto forma attivata il 5%
dell’ossigeno consumato dalla catena respiratoria per capire immediatamente il pericolo rappresentato da
questi prodotti deleteri. Una delle conseguenze di questa perdita di radicali liberi ossigenati è
rappresentata dal deterioramento del DNA mitocondriale, più vulnerabile perché posto in immediata
prossimità dei sistemi di trasferimento di energia, e quindi costantemente esposto alle forme attivate
dell’ossigeno che sfuggono alla catena respiratoria.
D’altra parte, come il DNA cellulare, anche questo DNA possiede proteine protettive chiamate istoni che
possono sottrarlo all’azione nefasta dei radicali liberi. Infine, diversamente dal DNA nucleare, quello
mitocondriale è privo di un efficace sistema di riparazione. Gli attacchi ossidativi si traducono in genere con
mutazioni e rotture dei mattoni del DNA. Non riparate, queste rotture comportano a loro volta la perdita
(delezione) di frammenti importanti del DNA mitocondriale. Le mutazioni sono favorite dal fatto che la
totalità del genoma mitocondriale viene impiegata in modo permanente per garantire il funzionamento
bioenergetico del mitocondrio; in confronto, solo il 7% del genoma nucleare viene impiegato, quale che sia
il grado di stimolazione di una cellula, anche molto specializzata. La congiunzione dell’insieme di questi
fattori contribuisce, in normali condizioni di funzionamento cellulare, a un rischio di mutazione del DNA
mitocondriale 12 volte più elevato rispetto al genoma cellulare. Inoltre, il rischio di mutazione/delezione
del DNA mitocondriale è più importante proprio perché la cellula è una grande consumatrice di energia,
come nel caso delle cellule del sistema nervoso, del cuore, dei muscoli, dei reni, del fegato e dei sistemi
endocrini. Le conseguenze di queste mutazioni sono particolarmente gravi per le cellule che non hanno la
capacità di dividersi, come quelle nervose e muscolari. Queste cellule non possono infatti rinnovare
rapidamente le loro componenti e accumulano perciò mitocondri difettosi.
Energetica cellulare mitocondriale e invecchiamento
Le mutazioni e le delezioni del genoma mitocondriale si riflettono sulla sintesi e l’attività dei componenti
della catena respiratoria, codificati dalle molecole di DNA. Le capacità bioenergetiche dei mitocondri
diminuiscono fino a un livello-limite al di sotto del quale il normale funzionamento delle cellule e la loro
sopravvivenza non possono più essere garantiti. Verso la fine degli anni ’80, molti studi hanno consentito di
stabilire una relazione tra alcune patologie che coinvolgono il sistema nervoso e i muscoli e le anomalie
mitocondriali. Si è dimostrato che la maggior parte delle anomalie della struttura e della funzione dei
mitocondri trova origine nelle mutazioni delle molecole di DNA; queste osservazioni sono alla base
dell’ipotesi secondo la quale le mutazioni e le delezioni del DNA mitocondriale, che avvengono per tutta la
vita dell’individuo all’interno di ogni cellula, sono responsabili della perdita di capacità bioenergetica dei
tessuti e degli organi associati al processo di senescenza. In effetti, gli studi mostrano che la quantità di
energia prodotta dai mitocondri sotto forma di ATP declina in maniera significativa con il progredire
dell’età, soprattutto nelle cellule non rinnovabili come i neuroni.
Quando si analizzano le attività biochimiche associate ai diversi complessi enzimatici della catena
respiratoria codificati dal DNA mitocondriale, si evidenziano dei deficit sempre più importanti con
l’avanzare dell’età. Il numero di cellule muscolari nelle quali si rilevano malfunzionamenti è moltiplicato
per 10 tra i 40 e i 90 anni, per contro l’attività di altri enzimi presenti nel mitocondrio ma sintetizzati a
partire dal DNA nucleare resta generalmente intatta anche con l’aumentare dell’età. I diversi complessi
enzimatici che costituiscono la catena respiratoria sono formati dall’associazione, in proporzione variabile,
di proteine codificate sia dal DNA mitocondriale, sia dal DNA nucleare. Si è potuto dimostrare che
l’intensità del deficit enzimatico di un particolare complesso, durante l’invecchiamento, varia in funzione
del suo contenuto in sottounità codificate dal DNA mitocondriale. Il declino delle attività della catena
respiratoria con il progredire dell’età sembra essere dovuto essenzialmente all’accumulo di delezioni nel
DNA mitocondriale. La frequenza di queste delezioni aumenta in modo esponenziale a partire dai 50 anni
per raggiungere livelli considerevoli nelle persone molto anziane e si riscontra soprattutto nel cervello, il
cuore, i muscoli e i reni. Queste delezioni sono ovviamente legate allo stress ossidativo. La ricerca ha
inoltre evidenziato, nel processo di invecchiamento, una relazione molto stretta tra l’intensità delle lesioni
ossidative del DNA mitocondriale e la frequenza delle perdite di frammenti del genoma mitocondriale. I
nuovi mezzi tecnologici di cui disponiamo oggi per indagare i molti frammenti mancanti dal genoma
mitocondriale mostrano che la perdita di DNA con l’età può arrivare fino all’85% del DNA mitocondriale
totale. I calcoli condotti sull’aumento di frequenza di queste delezioni in funzione dell’età suggeriscono che
la totalità del DNA mitocondriale sarebbe frazionata all’età di 126 anni, imponendo perciò questo limite
alla longevità umana.
Disfunzionamento mitocondriale e malattie degenerative
Le delezioni del DNA mitocondriale non intervengono solo nel processo generale di senescenza, ma anche
in alcune patologie degenerative che a esso sono associate. La malattia di Parkinson è una tra le molte.
Questa patologia, dovuta alla degenerazione di alcune cellule nervose, i neuroni dopaminergici in una
precisa zona del cervello, è caratterizzata anche da una riduzione importante dell’attività della catena
respiratoria mitocondriale nei neuroni prelevati da questa area cerebrale nei soggetti affetti. La frequenza
delle delezioni del DNA mitocondiale è 10 volte più importante nei neuroni dopaminergici provenienti dai
pazienti parkinsoniani che nelle cellule identiche prelevate in soggetti della stessa età ma indenni alle
malattie neurologiche.
La neurotossina MPTP, che blocca il funzionamento della catena respiratoria e induce la formazione dei
radicali liberi, provoca specificamente la degenerazione dei neuroni dopaminergici: i soggetti
accidentalmente esposti a questa tossina presentano infatti un quadro clinico comparabile a quello della
malattia di Parkinson. Le anomalie del funzionamento mitocondriale sembrano anche coinvolte nella
comparsa e nello sviluppo della malattia di Alzheimer, nella quale sono state osservate importanti
diminuzioni dell’attività di alcuni complessi enzimatici della catena respiratoria nella regione cerebrale
classicamente aggredita da questa malattia. In queste zone, la degenerazione delle vie di comunicazione
tra i neuroni è in parte dovuta al deficit energetico dei mitocondri presenti a livello dei sistemi di
connessione intracellulare; le anomalie strutturali dei mitocondri e le mutazioni delle loro molecole di DNA
sono state osservate con grande frequenza a livello della corteccia cerebrale in pazienti con malattia di
Alzheimer.
Le delezioni del DNA mitocondriale e il deficit nella produzione energetica che esse comportano
compromettono anche il funzionamento delle cellule del cuore. Nei soggetti giovani o di mezza età, si sono
osservati casi di cardiomiopatia spesso mortali legati a specifiche delezioni del genoma mitocondriale;
queste mutazioni possono riguardare fino al 50% del DNA mitocondriale totale del muscolo cardiaco.
Queste patologie sono in genere familiari, ma anche nei soggetti più anziani indenni alle cardiopatie si sono
osservate delezioni del DNA mitocondriale nelle cellule miocardiche. Nella maggior parte dei casi si tratta
di delezioni multiple, non specifiche e di grandi dimensioni, 1.000 volte più frequenti che nei soggetti
giovani e normali. La loro frequenza aumenta in presenza di un insulto cardiaco, ed è probabile che un
certo numero di cardiopatie negli anziani, per le quali non si trova eziologia precisa, sia legato a
un’alterazione della funzione mitocondriale. Simili delezioni del genoma mitocondriale si osservano anche,
con minore frequenza, a livello dei muscoli scheletrici. Si ritiene che la perdita progressiva di massa ossea e
di forza muscolare (sarcopenia) durante l’invecchiamento sia in parte conseguenza di una diminuzione
delle capacità bioenergiche mitocondriali. La disorganizzazione progressiva del genoma mitocondriale
sotto gli attacchi permanenti dei radicali liberi generati a livello della catena respiratoria appare quindi
come una delle maggiori cause di deterioramento cellulare e organico. Il declino della funzione
mitocondriale, secondario alle alterazioni molecolari dovute alle forme attivate dell’ossigeno, è uno dei
principali mediatori della senescenza e delle malattie degenerative che le sono associate.
“'Terreno Oncologico' positivo è indice di alterazione genetica del DNA mitocondriale materno. Ciò vuol
dire che nei soggetti con 'Terreno Oncologico' positivo, a monte c’è una ben definita citopatia
mitocondriale, stato di sofferenza respiratoria della cellula, da me chiamata ICAEM (Istangiopatia
Congenita Acidosica Enzimo- Metabolica), derivante a sua volta da un’alterazione genetica del DNA
mitocondriale quasi sempre di parte materna.
C’è da comprendere il fatto che l’ICAEM rivela lo stato di sofferenza della cellula, con particolar riguardo al
DNA mitocondriale, e di conseguenza dei mitocondri, responsabili dell’ossigenazione cellulare. In caso di
alterazione del DNA mitocondriale, è chiaro che l’ossigenazione mitocondriale diviene carente. Bisogna
migliorare la respirazione mitocondriale ed il funzionamento della catena respiratoria, cioè dei processi
ossido-riduttivi, riducendo conseguentemente il 'Reale Rischio Congenito' di cancro, in caso ci fosse. “
Possibilità terapeutiche
Il genoma mitocondriale si rinnova in modo autonomo, indipendentemente da qualsiasi divisione
cellulare. Rinforzando i mezzi di difesa antiossidanti dell’organismo, ma anche quelli associati alle
membrane biologiche e quelli in soluzione nei liquidi intracellulari, è teoricamente possibile limitare le
lesioni ossidative e le delezioni del DNA mitocondriale. Questa azione preventiva dovrebbe consentire di
ricostituire uno stock di mitocondri perfettamente funzionanti e dal genoma non alterato. Si ignora se gli
antiossidanti correntemente utilizzati abbiano la capacità di diminuire la frequenza delle delezioni del DNA
mitocondriale osservate durante l’invecchiamento.
Un’altra strategia terapeutica consiste nell’apporto di cofattori necessari al funzionamento della catena
respiratoria come l’ubiquinone, più noto come coenzima Q10. Durante i processi di produzione energetica,
il coenzima Q10 favorisce il trasporto degli elettroni tra i primi tre complessi enzimatici della catena
respiratoria, e nella sua forma ridotta esso figura come un potente antiossidante, capace di prevenire
l’ossidazione dei lipidi delle membrane e delle lipoproteine LDL che si accumulano sulle pareti vascolari
formando le placche di ateroma. La concentrazione di coenzima Q10 diminuisce con l‘età in molti tessuti, e
molti studi suggeriscono che esso è più efficace della vitamina E nella prevenzione dell’ossidazione delle
lipoproteine LDL. Il coenzima Q10 è stato impiegato per trattare alcune patologie cardiache o neurologiche
secondarie a un’alterazione mitocondriale, e ottimi risultati sono stati ottenuti in un numero ancora
limitato di casi. Il coenzima Q10 viene proposto nel quadro della lotta alla senescenza e particolarmente
nella prevenzione delle patologie cardiache e neurodegenerative associate all’invecchiamento.
Un altro agente terapeutico, l’acetil-l-carnitina, sembra invece in grado di riparare alcune carenze
dell’attività mitocondriale che si osservano durante l’invecchiamento. In particolare, l’acetil-l-carnitina
aumenta la produzione di energia sotto forma di ATP e migliora le capacità di trascrizione del DNA
mitocondriale, favorendo in tal modo il rinnovamento dei componenti della catena respiratoria. Gli effetti
favorevoli dell’acetil-l-carnitina su molti parametri fisiologici associati alla funzione mitocondriale
sembrano in effetti legati alla sua capacità di alimentare la macchina mitocondriale; la carnitina facilita il
trasporto degli acidi grassi all’interno del mitocondrio per far sì che vengano trasformati in carburante
utilizzabile da parte della catena respiratoria mitocondriale. Ristabilire un corretto apporto di acidi
grassi restaura quindi le capacità bioenergetiche dei mitocondri e consente di mantenere un’attività
ottimale delle cellule.
È stata studiata la relazione tra il consumo di O2 e la generazione di specie reattive all’ossigeno (ROS).
Chiaramente, dosi elevate e/o l’inadeguata rimozione di ROS, specialmente dell’anione superossido, hanno
indotto lo “stress ossidativo” imputato nella patogenesi di molte malattie cardiovascolari, inclusa
l’ipercolesterolemia, l’arteriosclerosi, l’ipertensione, il diabete e l’infarto (28). Uno dei principali sistemi di
difesa antiossidanti contro l’O2 è la superossido dismutasi (SOD). SOD2 è un manganese mitocondriale
(Mn) contenente un enzima (Mn-SOD) ed è localizzato nella matrice mitocondriale; abbiamo pertanto
selezionato questa isoforma per chiarire l’implicazione dei mitocondri. Il ruolo essenziale di SOD2 nel
preservare la funzione dei mitocondri è stata di recente dimostrata da ratti Mn-SOD-deficienti con infarto,
affetti da funzione endoteliale marcatamente compromessa (29). In questa sede abbiamo mostrato che
l’espressione di ROS, indotta dall’esposizione ad ipossia, è significativamente regredita con CF attraverso
un aumento importante di Mn-SOD, la cui espressione nel tempo è fluttuante (Fig.5), come è stato ben
dimostrato anche di recente (30).
Questo risultato indica che CF sostiene la resistenza delle EC contro la tossicità delle ROS, preservando così
la loro vitalità e l'attività funzionale anche in condizioni di stress ossidativo provocato da ipossia. La
risposta ipossica delle EC è strettamente regolata dal regolatore centrale di ipossia HIF-1alpha, la cui
attivazione induce la trascrizione di potenti citochine pro-angiogeniche e funzioni a valle neo-acquisite (3).
In questo studio mostriamo che CF inibisce il trasloco di HIF-1alfa nel nucleo e l’espressione sovraregolata
di Glut-1, suggerendo che CF interferisce con il percorso ipossico e può essere considerato un nuovo
regolatore della risposta ipossica endoteliale. Sosteniamo che l’inibizione di HIF-1alfa sia mediata
dall’attivazione di Mn-SOD, visto che la loro espressione sulle stesse HUVEC è inversamente correlata.
Inoltre, il collegamento tra la generazione eccessiva di ROS, la perdita di Mn-SOD e l’attivazione di HIF-1alfa
è stata di recente ben documentata nelle EC polmonari ipertensive (31).
Proponiamo che CF sia in grado di preservare l'attività dei mitocondri e una respirazione ottimale
attraverso un meccanismo doppio, la generazione di Mn-SOD e l’inibizione di HIF1alfa, prevenendo così le
disfunzioni endoteliali. CF può essere candidato nel supporto del trattamento di malattie caratterizzate da
complicazioni cardiovascolari.
Altre sostanze
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L’HGH, Human Growth Hormone o ormone della crescita, contribuirebbe a mantenere efficiente il sistema immunitario e a costruire
una sana potenza muscolare. I livelli di questo ormone decrescono progressivamente nel tempo. Uno studio provocatorio condotto
nello stato del Dakota mostra una sopravvivenza decisamente maggiore, rispetto al gruppo di controllo, di ratti trattati con iniezioni
di HGH;
DHEA, deidroepiandrosterone, è un ormone prodotto dalla ghiandola adrenale ed è il precursore degli ormoni steroidei come il
testosterone e gli estrogeni. Il DHEA cala precipitosamente con l’avanzare dell’età, sia negli uomini, sia nelle donne. Alcuni studi
hanno dimostrato che l’assunzione di DHEA può migliorare la funzione neurologica e immunitaria, e che esso può svolgere una
funzione protettiva rispetto ad alcuni tipi di cancro e alle malattie cardiovascolari;
Il testosterone. E’ l’ormone che regola la libido in entrambi i sessi, la sua produzione cala con l’avanzare dell’età. Il testosterone
svolge tra l’altro un ruolo importantissimo nella costruzione e nel mantenimento della massa muscolare;
La melatonina è l’ormone prodotto dalla ghiandola pineale ed è un antiossidante molto potente rilasciato ogni notte nell’organismo
per indurre il sonno e il recupero delle forze. La melatonina potrebbe possedere proprietà anticancro;
L’acido alfalipoico è considerato da alcuni studi un potente antiossidante che contrasta le attività dei radicali liberi nei mitocondri.
L’acido alfalipoico sarebbe inoltre in grado di riciclare altri antiossidanti come la vitamina E, riportandola nella sua forma originale
dopo la detossificazione dai radicali liberi. Alcuni studi sembrano indicare che l’acido alfalipoico può ridurre il danno da glicazione
conseguente alla concentrazione eccessiva di zuccheri nel sangue, spesso caratteristica dell’età, e che può migliorare alcune
manifestazioni del diabete, da alcuni descritto come una forma accelerata di invecchiamento;
La cisteina è un aminoacido solforato non essenziale impiegato per la sintesi delle proteine. La procisteina è una forma modificata di
cisteina che alcuni studi considerano più sicura e potente della cisteina. Cistina e procisteina svolgerebbero un ruolo non trascurabile
nella sintesi del glutatione, un potente antiossidante presente in ogni cellula dell’organismo e responsabile della disposizione delle
proteine nella corretta struttura. La concentrazione di questi elementi diminuisce con il progredire dell’età;
Il nicotamide adenina dinucleotide (NADH) è un coenzima che assiste gli enzimi responsabili della produzione mitocondriale di
energia. Il NADH svolge un ruolo importante nella generazione di ATP (Adenosina Trifosfato), il “carburante” del corpo, e secondo
alcuni studi sarebbe efficace nel trattamento delle malattie di Parkinson e di Alzheimer. Il NADH è indispensabile per la rigenerazione
del glutatione dopo ossidazione;
Insieme al betacarotene, il licopene è membro di una famiglia di pigmenti vegetali noti come carotenoidi. Tra i più di 600 carotenoidi,
il licopene e il carotene sono i più importanti. Sono questi i pigmenti che conferiscono alle foglie, ai pomodori e ad altri vegetali i loro
caratteristici colori vivaci. Il licopene è il miglior candidato antiage della sua classe di componenti perché è il più efficace nel
contrastare un radicale libero particolarmente pericoloso, l’ossigeno “singlet”. Inoltre, il licopene viene rigenerato e può detossinare
le molecole pericolose senza venire distrutto. I suoi livelli diminuiscono con l’età anche se si mangiano regolarmente i frutti e le
verdure che lo contengono;
Same gocce sublinguali
Multivitamine spray
Silicio colloidale gocce
La vitamina E è il composto liposolubile che protegge le membrane cellulari dal danno ossidativo. E’ in grado di rompere la catena
autoperpetuante di reazioni ossidative negli acidi grassi insaturi presenti nelle membrane ma contribuisce anche a mantenere
efficiente l’attività antiossidante del selenio e agisce congiuntamente a questo minerale per potenziare la funzione immunitaria;
La vitamina B5 (acido pantoteico) è un costituente del coenzima A, coinvolto in molte reazioni chimiche indispensabili per la vita,
compresa la detossificazione da alcune sostanze pericolose;
La vitamina B6 (piridoxina) svolge un ruolo fondamentale in molti processi vitali, è indispensabile per il metabolismo degli aminoacidi
come la tiroxina e la fenilalanina, ed è un cofattore essenziale, insieme alla vitamina B6 e all’acido folico, per le difese dell’organismo
dai livelli elevati di omocisteina, un aminoacido solforato associato all’arteriosclerosi, alle malattie cardiache e all’infarto;
Gli antiossidanti sintetici. Comprendono il BHT (idrossitoluene butilato), l’etossichina, 2-mercapto-etilamina, e l’NDGA (acido
nordiidroguaiaretico). L’uso prolungato di questi componenti è nocivo per l’organismo;
Selenio. E’ considerato un potente antiossidante, ma a elevati dosaggi produce effetti collaterali tossici;
Cromo picolinato. Contribuisce a controllare il livello degli zuccheri nel sangue ed è considerato un potenziale agente
antiglicosilazione. Secondo alcuni studi, questo componente aiuterebbe a ridurre la massa grassa e a potenziare quella magra,
contribuendo a controllare i livelli di colesterolo;
Il pregnenolone è noto anche con il nome di “ormone madre” in quanto è il precursore di molti ormoni come il DHEA, il
testosterone e gli estrogeni. Alcuni studi hanno dimostrato che il neurosteroide ha effetti stimolatori sulla memoria;