la rivoluzione americana - i nostri tempi supplementari

RIVOLUZIONE AMERICANA
Alla fine del Settecento le colonie americane si ribellarono
all’Inghilterra e fondarono gli Stati Uniti.
La Dichiarazione d’indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti
affermarono il principio dell’uguaglianza tra gli uomini.
Successivamente, l’emigrazione dall’Europa consentì agli Stati Uniti uno
straordinario sviluppo.
SINTESI
· Poco più di due secoli fa l’America era un enorme territorio poco popolato,
che le grandi nazioni europee avevano colonizzato solo in parte.
L’America settentrionale era stata spartita tra Francia, Spagna e
Inghilterra, mentre negli immensi territori dell’interno abitavano le tribù
degli indiani detti pellerossa.
I domini spagnoli e francesi erano pochissimo popolati, perché i paesi
colonizzatori intendevano sfruttarne le risorse senza popolarli stabilmente.
· Le colonie inglesi erano invece ricche e popolate.
Le colonie del Sud erano caratterizzate da un’economia agricola, con grandi
piantagioni coltivate da schiavi africani.
Nelle colonie del Centro prevalevano le piccole e medie proprietà agricole
coltivate direttamente dai proprietari.
Nelle colonie del Nord, il New England dove la popolazione era
prevalentemente inglese o scozzese, esistevano fabbriche, manifatture e
fiorenti commerci.
· L’Inghilterra aveva concesso alle sue colonie di governarsi con molta
autonomia. Al contrario, il loro commercio estero era strettamente
regolato: dovevano acquistare solo merci inglesi e utilizzare solo navi
inglesi.
· Quando l’Inghilterra impose nuove e pesanti tasse alle colonie,
queste decisero di opporsi col boicottaggio delle merci inglesi.
L’Inghilterra inviò un esercito e nel 1775 a Lexington ebbe luogo il
primo scontro armato.
· I rappresentanti delle colonie si riunirono a Filadelfia, dove formarono un
parlamento (il Congresso) che il 4 luglio del 1776 approvò una
Dichiarazione d’indipendenza: nascevano così gli Stati Uniti d’America,
uno Stato fondato sul rispetto dei diritti dell’uomo e sulla sovranità del
popolo.
· L’Inghilterra riconobbe l’indipendenza degli Stati Uniti nel 1783, dopo
una guerra che vide anche l’intervento della Francia.
· Nel 1787 il Congresso approvò la Costituzione degli Stati Uniti. Essi
divennero una repubblica federale formata da Stati con fortissima
autonomia.
La Costituzione prevedeva la separazione dei tre poteri: il potere esecutivo
venne affidato al presidente eletto direttamente dal popolo; il potere
legislativo spettava al Congresso; il potere giudiziario fu affidato a giudici
eletti in ogni Stato e a una Corte suprema federale.
· Lo sviluppo degli Stati Uniti fu molto rapido, favorito anche dal continuo
arrivo di immigrati europei.
L’AMERICA NEL SETTECENTO
Agli inizi del Settecento il continente americano era un enorme territorio poco
popolato, che le grandi nazioni europee si erano divise e avevano solo in parte
colonizzato.
La Spagna aveva occupato quasi tutta l’America meridionale con
l’eccezione del Brasile, colonia portoghese.
L’America settentrionale era stata invece colonizzata da Inglesi e
Francesi.
Lungo le sponde dell’Atlantico si erano formate tredici colonie inglesi. Una
di queste, New Amsterdam, era stata tolta agli olandesi e ribattezzata New
York.
Alle loro spalle si estendeva la colonia francese della Louisiana (dal nome
del re francese Luigi XIV), assai più vasta dello Stato che porta oggi lo stesso
nome.
Più a sud si trovavano i possedimenti spagnoli del Messico e della Florida.
Negli immensi territori dell’interno, nelle grandi praterie e fino al Pacifico,
abitavano le tribù degli indiani pellerossa, chiamati così dai bianchi per la
loro abitudine di tingersi di rosso il volto durante le guerre. Sioux, Cheyenne,
Comanche, Crow, Piedi Neri, Arapaho, Navajo, Apache, Pueblo, erano in
maggioranza tribù nomadi che vivevano di caccia e si spostavano seguendo
le grandi mandrie dei bisonti.
Più a nord, il Canada era stato scoperto e colonizzato dai Francesi, che
avevano fondato le due città, allora poco più che villaggi, di Quebec e di
Montreal. Anche qui abitavano delle tribù indiane, sulle sponde dei Grandi
Laghi o nelle vastissime foreste.
I domini francesi e spagnoli erano pochissimo popolati: nel Canada
vivevano, a metà del Settecento, non più di cinquantamila bianchi, mercanti e
cacciatori di pellicce. Infatti Francia e Spagna si limitarono a sfruttare le
risorse dei territori americani, senza popolarli stabilmente.
In seguito alle sconfitte subite nel Settecento dai Francesi, il Canada divenne
un dominio inglese (1763).
LE TREDICI COLONIE INGLESI
Contrariamente a quelle francesi e spagnole, le tredici colonie inglesi non
erano state create soltanto per sfruttare le ricchezze naturali. Al contrario,
vi venne anche insediata stabilmente una popolazione destinata a
svilupparsi. Alla metà del Settecento circa due milioni e mezzo erano i bianchi
che vi risiedevano.
Le cinque colonie del Sud (Virginia, Maryland, Carolina dei Nord, Carolina del
Sud e Georgia), erano caratterizzate da un’economia agricola, organizzata
con grandi piantagioni di cotone, riso, zucchero e tabacco. La mano d’opera
era formata quasi tutta da schiavi provenienti dall’Africa: oltre 300.000 alla
metà del Settecento.
Le quattro colonie del Centro (New York, New Jersey, Pennsylvania e
Delaware) erano le più abitate, ricche di città e di porti. La popolazione era
formata in prevalenza da Inglesi, con forti minoranze di Olandesi, Tedeschi,
Irlandesi e Scozzesi. Anche in queste colonie vi era una ricca agricoltura,
ma le terre erano divise in piccole e medie proprietà, coltivate
direttamente dalle famiglie dei proprietari.
Infine, le quattro colonie del Nord (Massachusetts, Connecticut, New
Hampshire e Rhode Island) erano abitate da Inglesi e Scozzesi e costituivano
la regione chiamata New England (Nuova Inghilterra). Esse traevano i loro
guadagni soprattutto dal commercio con l’Inghilterra e con l’Europa.
Commerciavano anche in schiavi che rivendevano alle colonie del Sud.
Avevano una notevole flotta di navi da pesca e possedevano manifatture e
fabbriche che vendevano i loro prodotti alle altre colonie.
LA MENTALITÀ DEI COLONI
Per capire la mentalità dei coloni americani è necessario tener presente la loro
origine. Essi avevano lasciato la madrepatria spinti dalla povertà e dal
bisogno, in cerca di fortuna.
Molti erano stati perseguitati per motivi religiosi, come i padri pellegrini
del Mayflower, altri erano ex condannati o carcerati, che il governo
inglese aveva mandato a popolare le colonie in cambio della libertà.
Si trattava quindi di gente molto decisa e senza alternative, disposta a
lavorare duramente per costruirsi una nuova vita.
Stabilitisi in America, le difficoltà del vivere quotidiano in un ambiente ostile
e difficile, li avevano resi ancora più determinati a difendere i beni e la
libertà che si erano conquistati.
Questa tendenza all’individualismo, a "fare da sé", a lottare per
raggiungere il successo era tipica della società americana anche in
quell’epoca e veniva trasmessa di padre in figlio come un fondamentale
insegnamento.
Un’altra caratteristica delle colonie americane era la diffusione
dell’istruzione. Il numero di coloro che sapevano leggere e scrivere era, per
quei tempi, molto alto. L’insegnamento superiore e universitario era, sempre
per quei tempi, assai diffuso. È del Settecento la fondazione delle gran
università di Harvard e Yale.
Per queste sue caratteristiche, la popolazione delle colonie era molto
critica verso il governo di Londra e sempre meno disposta ad accettare
il dominio inglese.
IL GOVERNO DELLE COLONIE E IL COMMERCIO CON L’INGHILTERRA
Ogni colonia era amministrata da un governatore inglese affiancato da
un’assemblea di rappresentanti dei cittadini. Benché le assemblee fossero
spesso dominate dai proprietari più ricchi, esse favorirono l’abitudine alla libera
discussione e al confronto delle idee. Inoltre, la necessità di vivere insieme
nonostante la diversa nazionalità e la diversa religione rese gli
americani assai più tolleranti di quanto non fossero gli Europei.
Per difendersi dagli attacchi dei Francesi o delle tribù indiane, ogni colonia
aveva un proprio piccolo esercito. Ne facevano parte uomini liberi arruolati
per il tempo necessario alla guerra.
Mentre per l’attività di governo l’Inghilterra lasciava ai coloni molta autonomia,
il loro commercio con l’estero era strettamente regolato: le colonie
dovevano acquistare solo merci inglesi e usare per i loro trasporti solo
navi inglesi.
LE NUOVE TASSE: SCOPPIA IL CONFLITTO
Le guerre del Settecento avevano segnato il trionfo e l’affermazione
dell’Inghilterra come potenza mondiale, ma erano costate molto care.
Il governo inglese pensò allora di far pagare nuove tasse anche alle colonie
americane.
Le colonie protestarono vigorosamente e quando, nel 1774, venne varata una
tassa sul tè importato in America, esse organizzarono il boicottaggio
delle merci e delle navi inglesi.
Nel porto di Boston un gruppo di coloni ribelli compì un clamoroso gesto:
salì a bordo di alcune navi inglesi e buttò a mare il loro carico. Da quel
momento, i mercanti americani iniziarono a commerciare direttamente
con l’estero, senza più passare per l’Inghilterra.
I coloni sostenevano che, non essendo essi rappresentati nel
Parlamento inglese, non era giusto colpirli con tasse decise e votate da
altri. Inoltre, con la sconfitta dei Francesi e l’abbandono del Canada, i coloni
non si sentivano più minacciati da truppe straniere. Poiché la protezione
inglese non era più necessaria, il loro dominio appariva come un peso
inutile.
Di fronte alla disobbedienza dei coloni, il governo inglese fece intervenire
l’esercito.
Il primo scontro armato ebbe luogo a Lexington, dove l’esercito del
Massachusetts combatté contro i soldati inglesi (1775).
L’anno seguente, i rappresentanti di tutte le colonie si riunirono a Filadelfia,
dove formarono un parlamento (il Congresso) e affidarono il comando
dell’esercito a George Washington, un generale che aveva già combattuto
nelle guerre contro i Francesi.
LA PROCLAMAZIONE DELL’INDIPENDENZA
Del Congresso facevano parte uomini di cultura e di grande prestigio
come Benjamin Franklin e Thomas Jefferson. Essi ispirarono la
Dichiarazione d’indipendenza approvata il 4 luglio 1776.
Descritti i motivi che avevano spinto i coloni americani a rompere i legami con
l’Inghilterra, la dichiarazione stabiliva un principio fondamentale: tutti gli
uomini nascono uguali e dotati di diritti che nessuno può loro togliere,
come il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della propria felicità.
Non meno importante era un altro principio: quando un governo nega
questi diritti il popolo ha il diritto di ribellarsi e cambiarlo.
Entrambi questi principi furono alla base degli Stati Uniti d’America, un
paese fondato sul rispetto dei diritti dell’uomo e della sovranità del
popolo.
Nella realtà il principio della sovranità popolare, cioè l’idea che ogni potere
appartiene al popolo, venne sottoposto a numerose limitazioni.
Inizialmente, il diritto di voto venne limitato ai cittadini che
possedevano delle proprietà.
Inoltre gli schiavi neri vennero esclusi dal diritto alla libertà.
Tuttavia, pur con i suoi limiti, la democrazia americana fu, per quell’epoca,
un grande passo e una straordinaria conquista.
LA GUERRA D’INDIPENDENZA
L’esercito inglese era superiore e meglio armato. I coloni, tuttavia,
combattevano per le loro case e la loro terra.
Ciononostante, Washington adottò una tattica militare prudente, tesa a
evitare grandi battaglie e a guadagnare tempo.
Poiché molti uomini politici inglesi erano contrari alla guerra, egli cercò
soprattutto di prolungarla, rendendola così più costosa per l’Inghilterra,
che doveva mantenere oltre oceano un esercito.
Nel frattempo il Congresso inviò in Europa diversi ambasciatori tra i quali
Benjamin Franklin, per ottenere l’appoggio di altre nazioni.
Nel 1778 la Francia, tradizionale nemica dell'Inghilterra, entrò in guerra,
inviando un corpo di spedizione e una flotta.
L’intervento francese si rivelò determinante: gli inglesi furono sconfitti a
Yorktown, nel 1781.
Con il trattato di Versailles, firmato nel 1783, l’Inghilterra riconobbe
l’indipendenza degli Stati Uniti e cedette alla Francia alcune isole delle
Antille e la colonia africana del Senegal.
DOPO L'INDIPENDENZA
Anche dopo l'indipendenza svariati problemi rimasero aperti; sorsero dei
problemi tra gli stati, che col passare del tempo divennero più aspri.
In particolare: gli interessi degli stati agricoli del sud non erano gli stessi di
quelli del nord, che si avviavano verso uno sviluppo economico
industriale.
Un forte motivo di disaccordo fu il mantenimento della schiavitù, che gli stati
del sud impiegavano largamente. Nel corso dell'ottocento questi contrasti
sarebbero stati la causa di una guerra civile fra Nord e Sud: la guerra di
secessione.
Intanto gli Stati Uniti crescevano allargandosi nei territori del sud e
soprattutto in quelli dell'ovest, immensi e poco popolati. Alcuni stati furono
acquistati a pagamento, come la Louisiana dai francesi, la Florida dagli
Spagnoli. Altri furono tolti ai messicani, come il Texas, il Nuovo Messico,
la California. Altri infine furono occupati dai coloni e sottratti alle tribù
indiane.
SVILUPPO DI UNA GRANDE NAZIONE
Lo sviluppo degli Stati Uniti fu rapido e impetuoso, favorito dal continuo
arrivo di molti Europei.
Nel 1790 la popolazione americana era di 3,9 milioni di abitanti; nel 1800 era
salita a 5,3 milioni, nel 1859 raggiunse i 23,2 e infine toccò i 73,6 milioni nel
1900.
Questo rese possibili la colonizzazione e lo sfruttamento dei nuovi
territori e lo sviluppo dell'economia americana.
Ad attirare gli Europei nel nuovo mondo furono soprattutto alcune
caratteristiche della società americana dell'epoca: la libertà d'iniziativa, la
mancanza di privilegi e di gravi discriminazioni (ma questo valeva solo
per i bianchi), il fascino del lavoro indipendente, la fiducia nell'attività
umana, la speranza in un futuro migliore, la possibilità di costruire con
le proprie mani il proprio successo e il proprio benessere.
Erano obiettivi che nell'Europa del tempo sembravano ancora molto difficili da
realizzare e che, al contrario negli Stati Uniti, apparivano possibili.
La realtà fu spesso diversa. Quella che si formò fu una società sovente
dura e spietata, che non lasciava spazio ai poveri, ai deboli, ai
perdenti. Tuttavia, attraverso sofferenze che è difficile descrivere e a prezzo di
anni e anni di lavoro durissimo, un grande numero di emigranti europei trovò
negli Stati Uniti una nuova patria e una vita più libera e dignitosa di quella che
aveva lasciato nel proprio paese di origine.