GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL (1770 - 1831) Si laurea a Jena, poi dal 1817 insegna a Berlino, con crescente successo fino alla morte, avvenuta forse per colera, al culmine della gloria. La sua filosofia ha una diffusione enorme e pare a molti quale il suo autore l’ha pensata, cioè come la filosofia assoluta e definitiva, il culmine del pensiero e della civiltà dell’occidente. Opere - Vita di Gesù Fenomenologia dello spirito (che segna il distacco da Schelling) Enciclopedia della scienze filosofiche in compendio La filosofia della storia Storia della filosofia La filosofia della religione La filosofia del diritto L’estetica Introduzione Hegel muove dalla stessa posizione idealista di Schelling e Ficthe, dalla stessa esigenza di raggiungere il sapere assoluto, di costruire un sistema che sia risposta a tutti i problemi dal punto di vista della totalità. Questo sistema è: - MONISTICO: unica realtà è lo spirito, a cui nulla viene prima e nulla dopo - IMMANENTISTICO: Dio è lo Spirito che coincide con tutte le cose - PANTEISTA: Dio e il mondo coincidono. Dio senza il mondo non esisterebbe - RAZIONALISTICO o PANLOGISTA: La realtà è razionalità, pura idea - STORICISTICO: non esiste nulla al di fuori della storia, nella storia si realizza l’Assoluto - OTTIMISTICO: il male è funzionale al bene. I capisaldi del sistema hegeliano 1. La realtà è spirito infinito: anche il finito si risolve nell’infinito La realtà vera non è sostanza, cioè qualcosa di dato e immobile, stabile e compiuto, ma è Soggetto, ossia Pensiero, Spirito, Ragione, Idea, e perciò attività, processo. Il finito come tale non esiste: ciò che chiamiamo finito è solo un’espressione parziale dell’infinito. La vera realtà del finito è nell’infinito e in virtù dell’infinito. La parte ha senso solo in riferimento al tutto, solo come momento o tappa di realizzazione del tutto. “Il vero è l’intero. E l’intero è soltanto l’essenza che si manifesta mediante il suo sviluppo”. 2. Identità fra ragione e realtà Il Soggetto Spirituale infinito è Idea e Ragione, è razionalità. Perciò tutto quello che accade, che esiste, è manifestazione della ragione, è razionalità. La realtà è il dispiegarsi di una struttura razionale. “Ciò che è razionale è reale. Ciò che è reale è razionale” (PANLOGISMO). Hegel critica Fiche i quanto lo considera prigioniero della distinzione fra reale e ideale, nella scissione fra ciò che è e ciò che deve essere. Hegel supera radicalmente questa distinzione affermando che è ciò che deve essere. La verità è coincidenza di reale e ideale. L’Assoluto non è irrangiungibile alla fine del processo, ma è presente in ogni momento. 3. La dialettica L’Assoluto, totalità, non può essere tale se è concepito come sostanza immobile, alla maniera di Spinosa. Hegel apprezzò molto Spinoza perché seppe vedere le cose dal punto di vista dell’Assoluto, ma considera la sua posizione come statica. L’Assoluto al contrario è un farsi, un costituire se medesimo secondo una struttura necessaria. Hegel critica come astratta al logica tradizionale , basata sul principio di non-contraddizione: una cosa deve infatti essere anche il suo contrario. Perciò se la logica è legge della vita si deve ancorare alla dialettica: non legge di identità ma perenne diversificazione. Da questo punto di vista Hegel critica la ragione illuminista giudicandola astratta: gli illuministi hanno fatto dell’intelletto il giudice della realtà. Ma la ricchezza della vita e della realtà non può essere colta da un intelletto finito, parziale e astratto. La verità è soggetto vivente. Occorre perciò che la logica diventi dialettica, cioè legge del divenire. La dialettica è al tempo stesso: ‐ legge di sviluppo della realtà (ontologia) ‐ legge di comprensione della realtà (logica). La dialettica è un processo in cui ogni posizione particolare (TESI) è necessaria e utile, rivela subito dopo i proprio limite in modo da richiamare una necessaria opposizione (ANTITESI). Ma l’antitesi contrapponendosi alla tesi dà luogo a una superiore SINTESI, che a sua volta richiama una nuova opposizione mantenendo aperto il processo. Per questo abbiamo una dialettica tradica che caratterizza tutto il sistema. La vita è un pulsante succedersi di questi tre momenti, vera figura della Trinità, ricomprensione filosofica della Trinità come necessaria struttura dell’Essere. Il pensiero procede dalla semplice posizione di un concetto a mostrare la sua negatività, cioè la sua insufficienza, il suo doversi riferire alla propria alterità. Di qui, per una nuova negazione di questa alterità, si giunge alla sintesi, che la tesi originaria non più posta immediatamente, bensì appropriantesi di sé proprio perché si è posta come altro da sé. Proprio per questo i tre momenti si caratterizzano come segue: 1. TESI o IDEA IN SE’: momento astratto o intellettuale, in cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realtà. 2. ANTITESI o IDEA FUORI DI SE’: momento dialettico-negativo, che mostra il limite del primo momento 3. SINTESI o IDEA CHE RITORNA A SE’ (in sé e per sé): momento positivo razionale che coglie l’unità delle opposte determinazioni. E’ l’Aufhebung, cioè un superamento che è al tempo stesso un togliere l’opposizione e un conservare la verità). La dialettica permette di comprendere meglio il rapporto fa finito e infinito: ogni finito come tale non può sussistere solo in se stesso ma si riferisce necessariamente ad altro da sé, svelando la propria insufficienza. Il pensiero speculativo non si arresta alla contraddizione, ma ne coglie l’unità. Per fare ciò essa nega anche la contraddizione (negazione della negazione). Ciò non significa che la annulla, poiché la sintesi è tale solo se la contraddizione è reale. La tesi è perciò inverata, da pura affermazione formale diviene ricca di contenuto e di vita. Il finito viene ad essere così assunto dall’Assoluto nel suo movimento e rivela così la sua verità. Ogni forma finita dilegua sotto la spinta di un’altra ma parimenti costituisce una momento dell’unità organica e le è necessario, Così vero e falso non sono momenti che si escludono a vicenda ma il falso è un momento ineliminabile della verità. LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO Premessa Hegel esamina il divenire in due diversi modi: a) Fenomenologia dello spirito: descrive il processo attraverso cui la verità si sviluppa, per cui dalla coscienza comune si giunge alla scienza filosofica, in cui al filosofia rivela l’Assoluto attraverso varie figure. Quando la filosofia giunge a prendere coscienza di sé come assoluto il processo è compiuto ed è possibile esaminare nella verità tutta la realtà. Abbiamo così il b) Sistema (Enciclopedia delle scienze filosofiche): Esamina la struttura dell’Assoluto dal punto di vista di cui al Fenomenologia ci ha descritto il guadagno. L’uomo, nel momento in cui filosofa, si innalza al di sopra della coscienza comune e la sua coscienza si eleva all’altezza della pura ragione raggiungendo il punto di vista dell’Assoluto. “La Ragione diviene speculazione filosofica perché si innalza a se stessa e all’Assoluto”. La filosofia perciò: 1) Ha l’Assoluto come oggetto 2) Ha l’Assoluto come soggetto, in quanto è l’Assoluto-che-si-conosce (si autoconosce attraverso il filosofo. L’Assoluto non è solo il fine a cui tende la fenomenologia, è anche il motore che eleva la coscienza. La Fenomenologia, “grande romanzo di formazione filosofica” è lo studio della via che conduce al coscienza finita all’Assoluto infinito ed è lo studio del manifestarsi o dell’apparire dello Spirito stesso nelle sue differenti tappe (FIGURE). Inoltre sono presenti due piani, quello della via percorsa dallo Spirito e quella della coscienza individuale, poiché “il singolo deve ripercorrere i gradi di formazione dello Spirito universale”. Le principali tappe della storia della civiltà, sono: 1) COSCIENZA (oggetto esterno) 2) AUTOCOSCIENZA (soggetto) 3) RAGIONE (autocoscienza come Soggetto assoluto) La figura del servo-padrone L’autocoscienza necessita di altre autocoscienze in grado di darle la CERTEZZA di essere tale: l’uomo è tale solo se riesce a farsi “riconoscere” da un’altra autocoscienza. Non nell’amore (cfr. giovane Hegel romantico) a cui mancavano la serietà, il dolore, la pazienza e il travaglio del negativo”. Il riconoscimento deve passare attraverso un conflitto che porta alla subordinazione dell’uno all’altro nel rapporto servo-padrone. Il padrone rischiando la vita e vincendo ha tolto la libertà al servo, che vi ha rinunciato per avere salva la vita. Tuttavia si svolge una inversione di ruoli: il signore finisce per rendersi dipendente dal servo; quest’ultimo, attraverso il lavoro, finisce per rendersi indipendente. Nel lavoro infatti il servo imprime alle cose una forma, affermando la propria indipendenza e autonomia. La coscienza infelice (Può essere considerata la sintesi della fenomenologia e in un certo senso anche dell’hegelismo). E’ la figura che segna il passaggio dall’autocoscienza alla ragione, indicando una separazione radicale fra l’uomo e Dio, che si esprime nella coscienza religiosa: Dio sfugge. Ebraismo: Dio trascendente Cristianità: Dio incarnato, cioè pretesa di cogliere l’Assoluto in una presenza particolare e sensibile. Ma questa pretesa è destinata al fallimento e a rigenerare l’infelicità della coscienza. I crociati che cercano il Santo Sepolcro lo trovano vuoto. Dio sfugge nuovamente. Dopo il medioevo gradualmente a coscienza, nel suo vano sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere, lei stessa, Dio, ovvero l’Universale o il soggetto assoluto. Ciò avviene nel Rinascimento e nell’età moderna. La coscienza diventa cioè ragione guadagnando il punto di vista definitivo. IL SISTEMA Nella Enciclopedia delle scienze filosofiche troviamo l’esposizione sistematica di tutti i momenti costitutivi dell’Assoluto nel loro ordine necessario. Il sistema ci mostra l’Assoluto visto da quel punto di vista che la fenomenologia ha guadagnato. L’esposizione segue il ritmo triadico di tesi, antitesi, sintesi. TESI (IDEA IN SE’) Struttura ideale dell’Assoluto considerata a parte dal suo porsi nell’esistenza effettiva (LOGICA) ANTITESI (IDEA FUORI DI SE’) SINTESI (IDEA CHE RITORNA A SE) L’Assoluto si pone come un fatto, quindi come un’idea che si aliena nella natura, assumendo le dimensioni del fatto. (FILOSOFIA DELLA NATURA). L’Assoluto, dopo aver riconosciuto come un proprio momento la stessa natura, costituisce la concretezza della storia in tutte le sue manifestazioni (politiche, artistiche, filosofiche). Il sistema procede verso una concretezza crescente. Ogni momento infatti si rivela ancora astratto per qualche lato, sinché non sorge una nuova opposizione e il movimento continua. L’Idea si concretizza, a partire dalla sua posizione astratta, passando attraverso tutti i momenti. Questo passaggio è la vita stessa dell’Assoluto. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO Spirito soggettivo E’ la finitudine che appare dentro lo Spirito. E’ lo spirito individuale, considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla natura. ‐ Antropologia: studia l’anima come naturale, senziente e reale, studia cioè lo spirito nel suo rapporto colo corpo, con la natura. ‐ Fenomenologia: studia lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione. ‐ Psicologia, che studia lo spirito in senso stretto, nelle sue attività fondamentali, cioè come conoscenza, attività pratica e volere libero. Lo spirito libero è volontà di libertà, che trova la sua realizzazione solo nella sfera dello spirito oggettivo. Spirito oggettivo La volontà dello spirito libero si realizza in forme concrete e storiche. Esso non si lascia dominare dall'estrinseca necessità naturale ma si esprime nella sfera della cultura. Lo spirito oggettivo è sovraindividuale e storico. E' soggetto della storia ed ha uno sviluppo storico. E' lo spirito umano visto come collettività nelle sue istituzioni fondamentali. "è un elemento della vita in cui noi tutti ci troviamo e al di fuori del quale non abbiamo alcuna esistenza, è per così dire l'aria spirituale che respiriamo. Si tratta della sfera spirituale in cui nascita, educazione e circostanza storica ci pongono e ci lasciano crescere: quel quid universale che nella cultura, nei costumi, nella lingua, nelle forme del pensiero, nei pregiudizi e nelle valutazioni predominanti conosciamo come potenza superindividuale e tuttavia reale, nei cui confronti il singolo si presenta quasi senza potere e senza difesa, poiché penetra, porta e caratterizza la sua essenza come quella di tutti gli altri. Questo quid meraviglioso è un medium attraverso cui vediamo, comprendiamo, giudichiamo, analizziamo trattiamo ogni cosa. E tuttavia è nello stesso tempo ben più che un medium: è qualcosa che da struttura, forma e guida, esistendo in noi stessi... E' qualcosa di totale, di comprensivo, di sviluppantesi unitariamente , una realtà con ordinamento e leggi proprie. Non ha spazio in nessuna coscienza singola; tuttavia si tratta di un elemento specificamente spirituale, essenzialmente differente da ogni dimensione cosale, materiale. E con ciò è assolutamente reale, dotato di tutto quel che appartiene alla realtà: nascita nel tempo, crescita, sviluppo, culmine e decadenza. Gli individui sono i suoi portatori. Ma la sua realtà non è quella degli individui, come la sua vita e la sua durata sono diverse dalla loro vita e dalla loro durata. Continua a sussistere nell'avvicendarsi degli individui, è una realtà spirituale, un essere sui generis, spirito oggettivo" (Nicolai Hartmann). I momenti dialettici dello spirito oggettivo sono : diritto, moralità, eticità. 1. DIRITTO Riguarda l’esistenza esterna della libertà delle persone concepite come puri soggetti astratti del diritto. E’ la forma astratta dello spirito oggettivo, che prescinde dalla pratica ed è ancora estranea agli individuai. Il diritto considera perciò i rapporti fra gli individuai astrattamente: ‐ il rapporto di proprietà fra l’individuo e la cosa ‐ il rapporto fra le volontà individuali nel contratto ‐ in quanto diritto penale restaura l’ordine razionale là dove un torto o un delitto l’ha violato. Si articola perciò in diritto, delitto, pena. La pena ha lo scopo di reinserire nell’ordine giuridico la persona del reo che con il suo comportamento se ne era allontanato. 2. MORALITA’ L’esteriorità e l’astrattezza del diritto vanno superate, ossia mediate e interiorizzate, e di qui nasce la moralità. Qui ciò che conta non sono più i rapporti esterni, bensì i propositi interiori: le intenzioni, la volontà buona. La moralità è la sfera della volontà soggettiva, quale si manifesta nell’azione. In questa sfera le cose esteriori sono indifferenti e ciò che conta è il giudizio morale, la mia volontà, la forma di universalità cui è ispirata la regola dell’agire. Per Kant il valore morale della volontà buona era il valore supremo, riesca essa o no ad assoggettare la volontà esterna: infatti per Kant la morale si fonda sul dover-essere. Ma per Hegel non è così, perché ciò che è, il reale, non può scostarsi da ciò che deve essere. Non basta che il bene sia voluto, occorre che sia anche realizzato, che avvenga nella realtà effettuale. Quindi il momento esteriore del diritto e quello interiore della moralità devono essere assunti in una sintesi superiore, in cui gli individui possano effettivamente attuare la sostanza etica del loro comportamento: questa sintesi è chiamata eticità. 3. ETICITA’ Essa supera la unilateralità della moralità mediante la realizzazione concreta della volontà. In essa il momento esteriore del diritto e quello interiore della moralità si uniscono in una superiore sintesi in cui gli individui possono attuare la sostanza etica del loto comportamento: è il bene realizzato e consapevole, in cui non c’è più scissione fra essere e dover-essere, fra intenzione e realtà e la moralità si attua come bene concreto, storicamente determinato nella vita di un popolo. L’eticità si realizza dialetticamente in tre momenti: Famiglia (realtà naturale) Società civile (realtà sociale) Stato (realtà storica) La famiglia Non è una mera unità biologia ma un’unità spirituale fondata sull’amore e la fiducia. Essa si articola nei tre momenti del matrimonio, del patrimonio e dell’educazione dei figli. Ma essa, entrando in rapporto con altre realtà della stessa specie, da luogo alla società civile. La società civile E’ l’insieme dei rapporti economici, legali, amministrativi e corporativi, cioè tutto l’insieme dell’attività pratica in cui le azioni individuali sono legate fra loro da leggi economiche naturali, da disposizioni legali e amministrative, nonché da forme volontarie di associazione. La società civile è mediazione dei bisogni. In questa sfera prevale la particolarità degli interessi. In questa sezione Hegel esamina i concetti di divisione del lavoro e di differenza fra le classi. Lo stato Solo lo stato supera il particolarismo dei bisogni esprimendo la sostanza dell’eticità. Lo stato è al di sopra della società civile. “lo stato è la sostanza etica consapevole di sé, la riunione del principi della famiglia e della società civile”. Lo stato è un soggetto di azione superiore agli individui: l’individuo può attuarsi spiritualmente come membro di una comunità statale che non si limiti a tutelarne i bisogni fondamentali, bensì rappresenti la consapevolezza del fine a cui va indirizzata l’azione comune. Lo stato hegeliano è perciò l’assoluto realizzato nella storia. Esso è stato etico, dotato di finalità proprie rispondenti allo spirito del popolo. La particolarità di ogni stato, legato ad una sua determinatezza storica, segna il suo limite. Lo stato trapassa nella storia universale. LA FILOSOFIA DELLA STORIA La storia nel sistema di Hegel la progressiva manifestazione dell’Assoluto; nella storia si realizza la coincidenza di ideale e razionale. La storia è razionalità: tutto va come deve andare. Certo, dal punto di vista degli individui, le cose spesso no vanno come dovrebbero. Ma la filosofia della storia non va pensata dal punto di vista degli individui, bensì dell’Assoluto. E allora ci si accorge che la storia si svolge secondo un disegno razionale. Abbiamo cioè la secolarizzazione dell’idea di Provvidenza, che diventa immanente alla storia e coincidente con la storia stessa. La Ragione di Hegel si serve degli uomini e delle loro passioni per attuare i suoi disegni. Gli uomini non ne sono consapevoli e credono di agire per soddisfare alle proprie passioni. Ma c’è una astuzia della ragione che riesce a cavare, dalle loro azioni indirizzate a scopi particolari, un risultato di valore universale, che rappresenta ogni volta una tappa necessaria dello sviluppo storico dell’assoluto. In ogni epoca della storia la progressiva consapevolezza dell’assoluto si incarna nello spirito di un popolo determinato. Questo lo fa valere contro gli altri e in questa contesa solo lo Spirito che vive nella storia è giudice. I mezzi per l’affermazione di uno stato sull’altro possono essere pacifici o, più spesso, violenti. Abbiamo così la guerra, di cui Hegel fornisce una giustificazione. La guerra è un male per gli individui, ma non così per la vita dello Spirito, al quale impedisce di marcire, così come le onde rinnovano il mare. Hegel legge la storia passata come successione di forme statali sempre più vicine all’Assoluto: dal dominio dei popoli orientali, in cui uno solo era libero, si passò al mondo greco-latino, in cui molti erano liberi; poi, con l’avvento dei popoli germanici, in cui tutti sono liberi, la storia è entrata nella sua fase definitiva, nella quale l’assoluto prenderà corpo in una forma statale perfetta. A questa si avvicina, secondo lo Hegel, lo stato prussiano della Restaurazione. La storia politica dovrebbe dunque concludersi con lo stato prussiano e il predominio tedesco sul mondo così come la storia del pensiero dovrebbe concludersi con la filosofia di Hegel. Lo storicismo perfetto di Hegel intende il divenire come un progresso continuo in cui la forma successiva è per forza migliore di quella precedente. E’ evidente che la storia così concepita diventa un “tribunale” in cui chi prevale di fatto ha sempre ragione, col risultato di giustificare ogni cosa. Il male è cancellato, cos’ come è cancellata la responsabilità individuale. E le lacrime e il sangue dei vinti? Finiscono, per usare un’espressione di Lenin, nella “pattumiera della storia”, come un momento dialettico necessario ma destinato ad essere superato dal potere vincente. E il criterio di giudizio storico non sarà il bene e il male, ma l’essere “contro la storia” o “nel senso della storia”, cioè essere ultimamente dalla parte di chi vince, dalla parte del potere. Lo Spirito Assoluto Anche se Hegel fa dello stato un’incarnazione dell’Assoluto, la storia dello “spirito oggettivo” non conclude il sistema. Occorre ancora che lo spirito diventi consapevole di sé come spirito assoluto, esprimendosi nelle tre forme dell’arte, della religione, della filosofia. Qui “la ragione consapevole è libera per sé, e la necessità, la natura, la storia, non sono altro che gli strumenti della rivelazione dello spirito, vasi del suo onore”. Il sapere costituisce il termine ultimo e assoluto. A) ARTE: è il primo gradino attraverso cui lo spirito acquista coscienza di se stesso attraverso forme sensibili. L’assoluto si manifesta nel bello artistico. I tre momenti dialettici della storia dell’arte sono l’arte simbolica, l’arte classica e l’arte romantica. Nell’arte romantica l’artista prende coscienza della natura spirituale della bellezza. A questo punto l’assoluto, deposta l’esteriorità della cosa, si manifesta direttamente come spirito nella B) RELIGIONE: La religione più pura, o assoluta, è il cristianesimo, in cui Dio appare come puro spirito. “Nella religione assoluta lo spirito assoluto non manifesta più momenti astratti di sé, ma manifesta se medesimo”. Il cristianesimo è la religione più vicina alla filosofia e rappresenta nei suoi dogmi le verità più importanti della filosofia. Cristo, l’uomo-Dio, rappresenta l’identità di finito e infinito, la Trinità la triade dialettica dell’Idea. Tuttavia essa presenta pur sempre il limite della religione, cioè quello di presentare la verità assoluta velata in rappresentazioni. L’unico sbocco coerente di una religione che vuole purificarsi è perciò la C) FILOSOFIA, in cui l’Assoluto ha la forma adeguata della razionalità. La filosofia si svolge storicamente attraverso le filosofie. La storia della filosofia è perciò la progressiva manifestazione di un’unica filosofia assoluta che si rivela pienamente alla fine e che raccoglie, superandole, le verità delle singole filosofie. Nella filosofia sta il vertice, la pienezza e il significato della storia. Se nel reale è la razionalità stessa che si compie, la filosofia come considerazione Razionale della realtà non ha che da prendere coscienza della realtà. E’ come la nottola di Minerva che esce al tramonto, quando la realtà è già compiuta. “La filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero”.