Titolo: Prevalenza dello stile di vita sedentario nella popolazione anziana. Abstract: La sedentarietà influisce sul buon funzionamento del sistema cardiovascolare, ormai il dato è certo come è certo che il camminare riduce il numero degli eventi cardiovascolari. Fonte: Fonte “Giornale di gerontologia 2007” Pochi mesi fa è stato pubblicato dal dott. Varo un lavoro sulla sedentarietà nella popolazione europea. Un primo metodo considerava sedentario il soggetto che consumava meno del 10% della spesa energetica totale del tempo libero in attività che richiedevano meno di 4 MET. Il camminare, per intenderci, richiede 4,5 MET. Probabilmente si tratta di una stima abbastanza oggettiva della sedentarietà. Il secondo metodo, meno oggettivo, considera il sedentario come un soggetto che non partecipa a nessuna attività, passando molto tempo seduto. Con il primo metodo, chiamato criterio LEE, la prevalenza di disabilità si assestava oltre il 50%, con punte in Italia del 60-70%. La popolazione più attiva è quella svedese e quella meno attiva quella del Portogallo. Quando si stratifica con questo metodo in decadi di età, si nota come la percentuale di prevalenza è sicuramente elevata nei soggetti con più di 65 anni. Quando si utilizza il secondo metodo la prevalenza di sedentarietà appare ridotta, con punte del 25% nel nostro Paese e addirittura del 5% in Svezia. Alla stessa maniera, stratificando in quartili di decadi di età, la sedentarietà, nei pazienti con età maggiore di 65 anni, raggiunge il 30%. Possiamo estrapolare un dato medio per cui potrebbe affermarsi tra il 30 ed il 40% negli Stati europei. Negli Stati Uniti la percentuale di prevalenza di sedentarietà nelle fasce più avanzate di età raggiunge valori del 60%, ricalcando il secondo metodo utilizzato dal Dott. Varo. Per l'importanza del fenomeno della sedentarietà sono state create delle schede di valutazione dell'attività fisica. In letteratura ne esistono 4 specifiche per il paziente anziano. Il nostro gruppo ha utilizzato la scala denominata PASE (Physical Activity Scale for the Elderly), una delle poche scale in cui la correlazione coi punteggi è strettamente legata al consumo di ossigeno. Gli item della scala prevedono, in alcuni casi, un'intensità di attività fisica non comune nel nostro Paese. La scala è stata somministrata ad un gruppo di pazienti afferenti presso l'Unità Coronarica del Policlinico Universitario di Napoli. C'è quindi, nel nostro caso, un problema di selezione della popolazione, in quanto si tratta soprattutto di cardiopatici. Il punteggio medio raggiunto era di 65/70 (contro 120 negli USA). Il lavoro dei campi, che rappresenta uno degli item più pesanti, è basso, probabilmente perché la nostra popolazione è di tipo urbano. Questo a testimonianza del fatto che qualsiasi scala deve essere personalizzata al tipo di popolazione che si va ad indagare. Questa scala verrà utilizzata anche per lo studio IVREA, il cui responsabile è il Prof. Scafato dell'ISS. Il Prof Ferrucci nel 1999 fece mostrò come l'aspettativa di vita, sia nei fumatori che nei non fumatori, fosse bassa nei pazienti sedentari. Uno studio inglese pubblicato su Lancet mostra come il gruppo dei soggetti inattivi ha una mortalità per tutte le cause che raggiunge quasi il 30%. In fine l'Honolulu Heart Program fa vedere che il numero degli eventi cardiovascolari si riduce col numero delle miglia percorse a piedi. Il precondizionamento ischemico, il cui equivalente clinico è rappresentato dall'angina preinfartuale, è in grado quasi di vaccinare il cuore verso l'evento patologico più prolungato, migliorandone la prognosi. Questo fenomeno si riduce con l'età. La presenza di angina nell'anziano perde il suo ruolo protettivo. Si nota comunque che i pazienti che svolgono attività fisica presentano una riduzione degli eventi in associazione alla presenza di angina preinfartuale. Nei pazienti sedentari questo fenomeno diviene addirittura predittivo di mortalità. P. Abete (Napoli)