CAPITOLO 1
1.1
INTRODUZIONE
2
1.2
LA LEGGE DI COULOMB PER L’ELETTROSTATICA
2
1.3
CARICA E CORRENTE ELETTRICA
4
1.3.1 CONVENZIONE DI SEGNO PER LE CORRENTI
1.4
TENSIONE ELETTRICA
1.4.1 CONVENZIONE DI SEGNO PER LA TENSIONE
4
4
5
1.5
ESEMPIO SULLE DIREZIONI DI RIFERIMENTO
6
1.6
LA LEGGE DI KIRCHHOFF DELLE CORRENTI (LKC)
7
1.7
LA LEGGE DI KIRCHHOFF DELLE TENSIONI (LKT)
9
1.8
CONCETTO DI ‘BLACK BOX’ O BIPOLO NEI CIRCUITI ELETTRICI
1.8.1 SCELTA APPROPRIATA DELLE VARIABILI TERMINALI DI UN BIPOLO
1.8.2 ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE VARIABILI TERMINALI Q(T) E ϕ(T)
1.9
CONVENZIONI DI SEGNO PER LE VARIABILI ASSOCIATE IN UN BIPOLO
12
13
14
15
1.10 LINEARITÀ E NON LINEARITÀ DI UN BIPOLO
16
1.11 TEMPO-VARIANZA E TEMPO-INVARIANZA DI UN BIPOLO
16
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
2
1.1
INTRODUZIONE
L’elettrostatica studia i dispositivi elettromagnetici considerati sia singolarmente, sia in
collegamento fra di loro (sistemi elettromagnetici). Esiste da più di un secolo uno
schema concettuale che consente di affrontare tutti i problemi riguardanti tali dispositivi. Esso è caratterizzato da un sistema di equazioni differenziali ed è stato sistematizzato per la prima volta da James Clerk Maxwell. Molto più recentemente, è stato messo
a punto un differente schema concettuale che, sotto opportune ipotesi, consente lo studio in modo più semplice di una buona parte dei dispositivi o dei sistemi elettromagnetici. A tale modello è attribuito il nome di circuito elettrico. Più precisamente, al
modello circuitale di un dispositivo elettromagnetico è dato il nome di elemento circuitale. È importante conoscere il campo di validità del modello circuitale. Occorre precisare che i dispositivi elettromagnetici sono sede di fenomeni elettromagnetici che possono essere descritti attraverso opportune grandezze fisiche (grandezze elettriche). Tali
grandezze possono avere variazioni lente o rapide nel tempo. Se L è la dimensione
massima del dispositivo elettromagnetico di interesse, il tempo di transito t di un’onda
elettromagnetica è espresso da t = L c , dove c è la velocità di propagazione nello spazio libero (velocità della luce). Se il tempo t è molto piccolo rispetto alla rapidità delle
variazioni temporali delle grandezze elettriche che interessano il dispositivo, allora
possiamo modellare il dispositivo elettromagnetico come elemento circuitale. In particolare, se nel dispositivo si hanno grandezze che variano periodicamente, la rapidità di
variazione può essere valutata attraverso il periodo T corrispondente alla frequenza
massima f. Considerato il dispositivo diremo che le variazioni sono lente se T >> t . In
pratica, considerata la lunghezza d’onda λ m corrispondente alla frequenza f m ;
λ m = c f m ; se λ m >> L si può ritenere che la propagazione della grandezza elettromagnetica avvenga istantaneamente da un punto all’altro del dispositivo. Questo equivale a dire che possono ritenersi trascurabili le dimensioni spaziali del dispositivo e
perciò che esso possa essere considerato come un elemento a parametri concentrati. Il dispositivo è rappresentato, per comodità, con un rettangolo, da cui emergono due o più
terminali filiformi. Non ha importanza, ovviamente, la dimensione del rettangolo e la
posizione e la lunghezza dei terminali. Una connessione di elementi circuitali a parametri concentrati prende il nome di circuito elettrico a parametri concentrati. I problemi per i
quali non sarà possibile adottare il modello circuitale, dovranno essere affrontati con
metodologie generali basate sulle equazioni di Maxwell. Per concludere, gli obiettivi
del Corso di Elettrotecnica consistono essenzialmente nel mettere a punto, privilegiando gli aspetti metodologici, modelli circuitali di dispositivi reali e nell’illustrare le più
importanti tecniche di analisi dei circuiti elettrici a parametri concentrati. Nel seguito,
per semplicità, si tratteranno i circuiti omettendo l’espressione “a parametri concentrati”.
1. 2
LA LEGGE DI COULOMB PER L’ELETTROSTATICA
La proprietà dell’ambra strofinata di attrarre pagliuzze ed altri corpi leggeri, nonché
quella della magnetite di attrarre corpi ferrosi, sono note fin dall’antichità. I primi tentativi scientifici per inquadrare i fenomeni elettrici in un contesto razionale sono stati
fatti ricorrendo, appunto, a corpi che, come l’ambra, potevano essere elettrizzati per
strofinio. Fu proprio grazie all’uso di tali corpi che Coulomb in Francia e Cavendish in
Inghilterra, indipendentemente, giunsero ad affermare quanto segue:
3
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
la forza che si stabilisce tra due corpi elettrizzati è sempre diretta secondo la congiungente i due corpi;
le azioni elettriche sono talvolta di tipo attrattivo e altre volte di tipo repulsivo.
Tuttavia è sempre vero che:
se due corpi elettrizzati sono entrambi attratti o entrambi respinti da un terzo corpo
elettrizzato, essi mostreranno tra loro un’azione repulsiva quando vengono avvicinati.
se invece due corpi elettrizzati esercitano azioni opposte su un terzo corpo elettrizzato,
essi mostreranno un’azione attrattiva quando vengono avvicinati.
Da ciò consegue che esistono soltanto due tipi di elettrizzazione che, convenzionalmente, sono indicati con il segno + (positivo) e con il segno – (negativo). Inoltre elettrizzazioni dello stesso tipo hanno effetto repulsivo, quelle di tipo diverso hanno effetto attrattivo.
L’intensità della forza elettrica che si stabilisce tra due cariche puntiformi a distanza
l’una dall’altra è data da:
F =k
q1 q 2
r2
(1.1)
con q1 e q 2 cariche puntiformi. Tale espressione della forza F rappresenta la ben nota
legge di Coulomb. Nel sistema MKS l’unità di carica è il Coulomb (C). Quindi il valore
di k è dato da:
N ⋅m2 
k = 8,9874 ⋅ 10 9 ≅ 9 ⋅ 10 9 

2
 C 
Nello sviluppo formale dell’elettrostatica si preferisce sostituire la costante k con la seguente espressione:
k=
1
4πε 0
dove ε 0 è detta costante dielettrica del vuoto ed è pari a:
ε0 =
1
= 8,8544 ⋅ 10 −12 N −1 ⋅ m − 2 ⋅ C 2
4πk
[
]
Successivamente, fu opera di Millikan scoprire che l’elettrone possiede la carica elettrica più piccola e non ulteriormente divisibile:
e = 1,6021 ⋅ 10 −19 [C]
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
4
Tutte le cariche in natura sono multiple della carica elementare e. La carica elettrica
non è quindi da considerarsi un fluido continuo, ma ha una struttura granulare o
quantizzata.
1.3
CARICA E CORRENTE ELETTRICA
Dal punto di vista del comportamento elettrico dobbiamo distinguere i corpi in conduttori ed isolanti. Nei primi la carica elettrica è mobile e può spostarsi da una posizione all’altra del corpo sotto l’azione di un campo elettrico: tale flusso di cariche prende il nome di corrente elettrica. Nei corpi isolanti, invece, la carica è vincolata a posizioni fisse nelle quali rimane praticamente immobile. Definiamo intensità I di una corrente elettrica la quantità di carica che attraversa una sezione retta S di un conduttore
nell’unità di tempo:
I=
∆q
∆t
Se il regime di flusso è variabile nel tempo, il valore istantaneo dell’intensità di corrente dovrà essere riferito ad un intervallo di tempo infinitesimo, nell’intorno dell’istante
considerato:
i = lim
∆t → 0
∆q dq
=
∆t dt
L’unità di misura nel sistema MKS è l’Ampère (A), definita come intensità di corrente
corrispondente al passaggio di un Coulomb in un secondo. Il simbolo adottato per la
corrente nelle formule è la lettera i: se la corrente è costante nel tempo o se ne vuole indicare il valore massimo od efficace si utilizza il carattere maiuscolo; trattando, invece,
correnti variabili nel tempo si adopera il carattere minuscolo.
1.3.1 Convenzione di segno per le correnti
Per quanto concerne il flusso di cariche in un mezzo conduttore si suole distinguere tra
corrente convenzionale e corrente effettiva: la prima è stata erroneamente attribuita al moto
di cariche positive e la seconda giustamente al moto di cariche negative poiché, quando
un conduttore è sottoposto all’azione di un campo elettrico, sono le cariche negative a
muoversi. Per poter definire univocamente la corrente non basta determinarne l’intensità
ma anche il verso di spostamento: per far ciò si fissa un sistema di riferimento elettrico e
si attribuisce alla corrente un segno positivo se si muove in senso concorde al riferimento
e un segno negativo se si muove in senso discorde al riferimento. A meno che non sia diversamente specificato, ci si riferirà sempre alla corrente convenzionale.
1.4
TENSIONE ELETTRICA
Si considerino due armature metalliche elettricamente neutre. Si voglia caricare positivamente quella superiore e negativamente quella inferiore, come in figura:
5
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
+++
A
–––
B
G
Fig. 1.1
Sarà quindi necessario separare le cariche di segno opposto: poiché la legge di Coulomb stabilisce che cariche eteronime si attraggono, è necessario collegare alle due armature una sorgente di energia (il generatore G) che fornisca il lavoro sufficiente alla
separazione delle cariche. Il lavoro per unità di carica è detto tensione. In altri termini,
indicata con dw l’energia fornita dal generatore (espressa in Joule) e con dq la carica
(in Coulomb) assunta da una delle due armature, si ha che la tensione v è definita da:
v=
dw
[V ]
dq
L’unità di misura delle tensioni è il Volt (V). Anche in questo caso si utilizzano le lettere minuscole se si tratta di tensioni variabili nel tempo e le maiuscole per le tensioni costanti, per i valori efficaci e per quelli massimi. Si noti che la tensione si manifesta tra le
due armature anche se queste non sono elettricamente collegate cioè anche se, come si
dice comunemente, il circuito è aperto. Si noti ancora che la tensione è una grandezza
definita sempre tra due punti. Quando perciò si paragoneranno la tensione di un punto
con quella di un secondo, si intende implicitamente confrontare la tensione tra il primo
punto ed un terzo punto generico di riferimento, con la tensione tra il secondo punto e
lo stesso riferimento. Così, per la figura di sopra, si dice che l’armatura carica positivamente è a tensione più alta di quella carica negativamente. Si osservi, inoltre, che se
si scambiano i collegamenti della sorgente si inverte il segno della carica sulle armature; proprio come nel caso della corrente si comprende, allora, che la tensione tra le due
armature è una quantità algebrica.
1.4.1 Convenzione di segno per la tensione
Per definire univocamente la tensione fra due terminali è necessario stabilire un riferimento associando ad un terminale il segno + ed all’altro il segno – : si intende così dire
che il primo ha una tensione maggiore del secondo nel senso precedentemente specificato. La tensione fra due terminali è perciò positiva se la polarità assegnata risponde alla situazione reale, ed è negativa in caso contrario. Si può allora scrivere (con riferimento alla fig. 1.1):
v = ( tensione al terminale +) − ( tensione al terminale −) = v a − v b = v ab = −v ba
Questa relazione evidenzia il carattere algebrico della tensione che può assumere valori
tanto positivi che negativi. La tensione definita come nella suddetta relazione è detta
tensione punto-punto (o nodo-nodo).
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
6
Nella formula precedente, la tensione v a rappresenta il lavoro speso dal campo elettrico per trasportare l’unità di carica positiva dal punto a all’infinito, la tensione - v b rappresenta, invece, il lavoro speso dal campo elettrico per trasportare l’unità di carica positiva dall’infinito al punto b. La tensione v ab , dunque, rappresenta il lavoro speso dal
campo elettrico per trasportare dal punto a al punto b l’unità di carica positiva.
1.5
ESEMPIO SULLE DIREZIONI DI RIFERIMENTO
Riepilogando quanto detto, per stabilire un sistema elettrico di riferimento, si attribuisce arbitrariamente una direzione di riferimento per ciascuna corrente tramite una freccia, ed una polarità di riferimento per ogni tensione tramite una coppia di segni (+) e
(-), come mostrato in figura per un elemento a tre terminali:
v2
+
1
+
–
i1
v1
2
–
Elemento
a 3 terminali
i3
3
Fig. 1.2
i2
Su ogni reoforo (filo metallico conduttore di corrente elettrica) si traccia una freccia detta direzione di riferimento della corrente. Essa ha il seguente significato: se, ad esempio, in
un certo istante t si ha:
i2 (t ) = 2 A
ciò significa che all’istante t una corrente di 2A entra nell’elemento a tre terminali dal
nodo 2. Se invece nell’istante t risultasse:
i 2 (t ) = −25 mA
ciò significa che nell’istante t una corrente di 25mA esce dall’elemento a tre terminali
attraverso il nodo 2. Il punto fondamentale è che la direzione di riferimento della corrente, insieme al segno di i (t ) , determina la direzione effettiva del flusso di cariche elettriche. Si assegnino ora i segni + e – a coppie di terminali, arbitrariamente: tali segni
indicano la direzione di riferimento delle tensioni. Se ad un certo istante t risulta:
v1 (t ) = 3 mV
ciò significa che all’istante t la tensione elettrica del terminale 1 è 3mV superiore alla
tensione elettrica del terminale 2; se invece si ha:
v 2 (t ) = −10 V
ciò significa che all’istante t la tensione elettrica del terminale 1 è 10V inferiore alla tensione elettrica del terminale 3.
7
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1.6
LA LEGGE DI KIRCHHOFF DELLE CORRENTI (LKC)
È stato già utilizzato nei paragrafi precedenti il termine nodo: esso rappresenta un
punto o una ristretta zona di capacità elettrostatica trascurabile in cui si ha la giunzione
di due o più conduttori filiformi (reofori) in un circuito elettrico. Una legge fisica fondamentale stabilisce la conservazione della carica elettrica: in nessun esperimento conosciuto si è mai verificata la creazione o la distruzione di carica elettrica netta. La legge di Kirchhoff delle correnti esprime tale legge nell’ambito dei circuiti concentrati. Egli stabilì quanto segue: in un qualsiasi nodo di un circuito non possono accumularsi cariche
elettriche. Se, quindi, in un tempo infinitesimo dt una carica dq entra in un nodo, una
carica uguale deve uscirne. Per ogni nodo si può allora concludere che:
la somma delle correnti in ingresso deve essere uguale istante per istante alla somma delle correnti in uscita.
Con riferimento alla figura 1.3 si può scrivere:
i1 (t ) + i2 (t ) = i3 (t )
(1.2)
i2 (t )
i3 (t )
i1 (t )
Fig. 1.3
D’altra parte, per quanto detto precedentemente, una corrente i (t ) che esce da un nodo
è uguale ad una corrente − i (t ) che entra nel nodo stesso: quindi la situazione rappresentata in figura 1.4 è analoga a quella della figura 1.3 e si può scrivere:
i1 (t ) + i2 (t ) − i3 (t ) = 0
(1.3)
i2 (t )
− i3 (t )
i1 (t )
Fig. 1.4
L’equazione (1.3), perfettamente equivalente alla (1.2), consente di esprimere la legge
di Kirchhoff delle correnti come segue:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
8
la somma algebrica delle correnti entranti in un nodo è istante per istante nulla. Cioè:
∑± i
k
(t ) = 0
(1.4)
k
dove il segno + vale per le correnti entranti e il segno – per quelle uscenti dal nodo.
Osserviamo ancora che una corrente che entra in un nodo può essere interpretata come
una corrente di segno opposto che esce dallo stesso nodo; quindi la situazione rappresentata in figura 1.5 è analoga alle due precedenti:
− i1 (t ) − i2 (t ) + i3 (t ) = 0
(1.5)
− i2 (t )
i3 (t )
− i1 (t )
Fig. 1.5
In questo caso la prima legge di Kirchhoff si esprime come segue:
la somma algebrica delle correnti uscenti da un nodo è istante per istante nulla.
La formulazione analitica generale è ancora quella della relazione (1.4) ma nella sommatoria si considerano positive le correnti uscenti e negative quelle entranti. Ora, definendo una superficie gaussiana come una qualsiasi superficie chiusa a due facce, la legge
di Kirchhoff per le correnti può essere così generalizzata:
per ogni superficie gaussiana Σ di un circuito concentrato qualsiasi, in un istante arbitrario t, la
somma algebrica di tutte le correnti che fuoriescono dalla (o entrano nella) superficie gaussiana
nell’istante t è uguale a zero.
9
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Ad esempio:
Σ3
Σ4
i6
i5
i2
Σ1
i4
–
+
i1
i3
i10
i7
i9
i8
i11
i12
Σ2
Fig. 1.6
Applicando, allora, la LKC si ha (ritenendo positive le correnti uscenti da una superficie):
Σ1 :i11 (t ) − i10 (t ) − i4 (t ) − i7 (t ) = 0
Σ 2 : − i12 (t ) − i3 (t ) − i11 (t ) − i8 (t ) − i9 (t ) = 0
Σ 3 :i1 (t ) + i4 (t ) + i5 (t ) + i6 (t ) = 0
Σ 4 : i3 (t ) + i8 (t ) + i9 (t ) + i11 (t ) − i4 (t ) − i5 (t ) − i6 (t ) = 0
Si osservi che il verso delle correnti è fissato arbitrariamente allorché comincia l’analisi
del circuito in esame. Poi, applicando la LKC, si ottengono delle equazioni algebriche lineari omogenee a coefficienti reali e costanti pari a 0, 1, e -1 le quali, una volta risolte,
forniscono i valori con segno di tutte le correnti del circuito: se una di queste risulta essere positiva significa che il verso fissato per essa nel circuito è quello esatto, altrimenti, se
tale corrente risulta essere negativa, vuol dire che si muove in verso opposto a quello fissato nel circuito. Quanto detto vale per tutte le correnti presenti nel circuito.
1.7
LA LEGGE DI KIRCHHOFF DELLE TENSIONI (LKT)
Si faccia riferimento all’esempio mostrato in figura 1.7: esso rappresenta un cammino
chiuso ossia un percorso che inizia da un nodo, passa attraverso elementi a due terminali, e termina nel nodo di partenza (sono state arbitrariamente fissate le polarità ai capi di ciascun elemento ed un verso di circolazione nel cammino). Valgono le seguenti
relazioni (per comodità si sottintende la dipendenza da t):
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
10
4
–
–
7
8
1
+
+
+
–
3
5
6
–
+
2
Fig. 1.7
v12 = v1 − v 2 = −v 21
v 23 = v 2 − v3 = −v32
v34 = v3 − v 4 = −v 43
v14 = v1 − v 4 = −v 41
Dove con v1 , v 2 , sono state indicate le tensioni ai terminali 1,2, e con v12 , sono state indicate le tensioni punto-punto. Definiamo ora le tensioni di lato in funzione delle tensioni punto-punto come la tensione nodo-nodo tra il nodo supposto a tensione maggiore (+) e il nodo a tensione minore (–):
v5 = v12
v6 = v 23
v7 = v34
v8 = v14
(Nota: nelle tensioni a secondo membro il primo pedice si riferisce sempre al polo positivo). Fissiamo un verso di percorrenza del cammino chiuso. Allora la legge di Kirchhoff delle tensioni si può così enunciare:
fissato un verso di percorrenza per un cammino chiuso in un circuito a parametri concentrati, la
somma algebrica delle tensioni di lato è nulla istante per istante:
∑± v
k
(t ) = 0
k
dove il segno + verrà preso se l’elemento k-esimo è attraversato dal (+) al (–), col segno –
se è attraversato dal (–) al (+) ovvero se il verso di riferimento scelto per il lato k-esimo
concorda con quello scelto per il cammino chiuso. Nell’esempio, in particolare, si avrà:
v5 (t ) + v 6 (t ) + v7 (t ) − v8 (t ) = 0
Tale enunciato è facilmente giustificabile se si tiene presente la definizione di tensione tra
due punti (vedi pag. 5) e che il lavoro compiuto dal campo elettrico per spostare l’unità
di carica lungo un cammino chiuso è nullo essendo il campo elettrico conservativo (il la-
11
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
voro per portare l’unità di carica dal nodo 1 al nodo 1 è nullo). Ricordando che tale lavoro si può esprimere in funzione delle tensioni punto-punto, si può allora scrivere:
v12 (t ) + v 23 (t ) + v34 (t ) + v 41 (t ) = 0 ⇔ v12 (t ) + v 23 (t ) + v34 (t ) − v14 (t ) = 0 ⇔
⇔ v5 (t ) + v 6 (t ) + v7 (t ) − v8 (t ) = 0
La legge di Kirchhoff per le tensioni può essere espressa in altri modi. Dato un qualsiasi
circuito concentrato, avente n nodi, è possibile scegliere arbitrariamente uno di essi come
nodo di riferimento per le tensioni. Rispetto al nodo di riferimento scelto si possono definire n-1 tensioni (che indicheremo con la lettera e), come illustrato in figura:
+
k
–
e1
n
e2 = v2 – vn
j
ek
+
e1 = v1 – vn
–
+
2
1
vkj
•••••
–
–
en-1
en-1 = vn-1 – vn
n-1
+
en = 0
Fig. 1.8
Si osservi che la tensione relativa al nodo n è nulla essendo tale nodo quello scelto
come riferimento. La LKT si può allora enunciare così:
per ogni circuito concentrato connesso, scelto un nodo di riferimento qualunque, in ogni istante
t, la tensione tra una generica coppia di nodi k e j è pari alla differenza delle corrispondenti tensioni nodali:
v k j (t ) = ek (t ) − e j (t )
infatti si ha:
vkj = vk – vj = vk – vn + vn – vj = ek – ej
Ovviamente si ha:
v j k (t ) = e j (t ) − ek (t ) = −v k j (t )
(1.6)
Quanto detto può essere verificato utilizzando il seguente circuito connesso a cinque nodi:
3
e3
D
C
e4
2
e2
A
1
e1
T
4
E
B
5
e5 = 0
Fig. 1.9
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
12
Tenendo presente la definizione di tensione punto-punto data a pagina 5, è facile mostrare che queste si possono esprimere in funzione delle tensioni nodali:
v12 = v1 − v 2 = (v1 − v5 ) − (v 2 − v5 ) = e1 − e2
che è proprio l’applicazione della LKT, nella forma vista alla pagina precedente, alla
coppia di nodi 1 e 2: in modo analogo si possono scrivere le seguenti sette equazioni:
v15 = e1 − e5 = e1
v12 = e1 − e2
v 23 = e2 − e3
v34 = e3 − e4
(1.7)
v 45 = e4 − e5 = e4
v 24 = e2 − e4
v52 = e5 − e2
Si definisce sequenza chiusa di nodi una sequenza che inizia e termina con lo stesso
nodo. Consideriamo ad esempio la sequenza 2-4-5-2 (si osservi che tale sequenza non è
un cammino chiuso secondo la definizione data a pagina 9); sommando le ultime tre
equazioni nella (1.7) si ha:
v 24 + v 45 + v52 = 0
Consideriamo poi la differente sequenza chiusa di nodi 1-2-3-4-5-1 (essa rappresenta
anche un cammino chiuso); sommando le prime 5 equazioni nella (1.7) ed applicando
la (1.6) si può scrivere:
v12 + v 23 + v34 + v 45 + v51 = 0
Si può allora enunciare la LKT in termini di sequenze chiuse di nodi:
per ogni circuito concentrato connesso, lungo una qualsiasi sequenza chiusa di nodi, in ogni istante t, la somma delle tensioni punto-punto (prese nello stesso ordine della sequenza di nodi) è
uguale a zero.
Nota: anche la LKT conduce sempre ad equazioni algebriche lineari omogenee a coefficienti reali e costanti pari a 0, 1 e -1.
1.8
CONCETTO DI ‘BLACK BOX’ O BIPOLO NEI CIRCUITI ELETTRICI
È stato già detto che un sistema elettromagnetico è ottenuto collegando tra loro dispositivi elettromagnetici. Per analizzarlo si considera un suo modello astratto costituito
da un’interconnessione di elementi circuitali che possono essere a due o più terminali
(si parla rispettivamente di bipoli e multipoli): i terminali, detti anche morsetti, rappresentano la ‘porta’ di accesso per l’alimentazione esterna e per lo scambio di energia con
gli altri elementi circuitali. Consideriamo, per il momento, solo dispositivi a due terminali. Poiché ciò che ci interessa studiare non è la costituzione fisica del componente ma
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
13
il suo comportamento elettrico con l’esterno, occorrerà determinare un modello (bipolo) che meglio simuli il comportamento ai morsetti del dispositivo in esame. Per questo
motivo tale dispositivo, in generale, è immaginato come una scatola ideale o ‘black box’
intendendo esprimere con ciò il concetto che l’interno della scatola è ‘oscuro’, nel senso
che quello che importa è il comportamento elettrico e ciò che si può fare connettendola
ad altri elementi. Precisato ciò, ci proponiamo ora di vedere quale sia l’elemento ideale
(bipolo) ovvero il modello circuitale che possa meglio caratterizzare il dispositivo. Fissate le due variabili terminali occorre verificare l’esistenza di un legame funzionale tra
le variabili terminali, ovvero che tutti i punti di funzionamento del bipolo giacciano su
una curva del piano (caratteristica) individuato dalla coppia di variabili prescelte.
1.8.1 Scelta appropriata delle variabili terminali di un bipolo
Le due grandezze che possono essere utilizzate per caratterizzare il comportamento ai
morsetti di un bipolo devono essere misurabili ed indipendenti tra loro. Sono facilmente
misurabili la corrente i (t ) , la tensione v(t ) ed inoltre le seguenti due grandezze:
t
la carica:
q (t ) = ∫ i (τ )dτ
ed il flusso:
ϕ (t ) = ∫ v (τ )dτ
−∞
t
−∞
Dovendo poi essere le due grandezze indipendenti tra loro si possono avere solo i seguenti quattro accoppiamenti:
1)
tensione-corrente: v − i
2)
tensione-carica:
v−q
3)
corrente-flusso:
i −ϕ
4)
carica-flusso:
q −ϕ
Assegnato un bipolo, sorge ora il problema di stabilire quale sia la coppia più idonea a
definirne la caratteristica: si tratta cioè di stabilire se tutti i punti di funzionamento possibili per il bipolo appartengono o meno ad una curva caratteristica rappresentabile nel
piano v − i o v − q o i − ϕ o nel piano q − ϕ . Se tale curva caratteristica è definita nel
piano v − i chiameremo il bipolo resistore; se la curva è definita nel piano v − q il bipolo si chiamerà condensatore; se è definita nel piano i − ϕ il bipolo si chiamerà induttore; se infine la curva è definita nel piano q − ϕ il bipolo si chiamerà memristore (nella pratica, però, è difficile trovare una ‘black box’ il cui comportamento ai morsetti possa essere rappresentato da un bipolo di questo tipo). Il problema è indubbiamente delicato ed un esempio potrà chiarire il concetto.
Esempio: si abbia un componente racchiuso in una ‘black box’ ed accessibile all’esterno mediante i suoi morsetti. Applichiamo alla ‘black box’ la seguente tensione: v(t ) = A sin(t ) .
Dopo una serie di misure si trova il seguente legame tra tensione e corrente:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
14
(*)
i = dv dt
In questo caso sembrerebbe che ci si possa riferire tanto al piano v − i che a quello
v − q (infatti l’andamento della corrente consente di determinare la carica): la scelta è
però univoca. Proviamo, infatti, a fare riferimento al piano v − i ; si ottiene:
v(t ) = A sin(t ) ⇒ i (t ) = A cos(t )
(1.8)
Si verifica facilmente che, mantenendo costante A e facendo variare t, i punti del piano
che soddisfano la (1.8) si trovano su una circonferenza con centro nell’origine degli assi
e raggio A; basta, infatti, elevare al quadrato entrambi i membri nelle due equazioni
della (1.8) e sommare membro a membro:
v 2 (t ) = A 2 sin 2 (t )
2
2
2
 ⊕ ⇒ v (t ) + i (t ) = A
2
2
2
i (t ) = A cos (t ) 
Osserviamo, però, che al variare di A i punti di funzionamento del bipolo si dispongono su una circonferenza diversa: si conclude che non possiamo rappresentare il dispositivo in esame con un resistore perché non esiste nel piano v − i una curva che contenga tutti i possibili punti di funzionamento, visto che questi sono sparsi in tutto il
piano. Vediamo ora cosa accade nel piano v − q . Si può scrivere:
q (t ) = ∫ i (t )dt = ∫
dv
dt = v (t ) = A sin(t )
dt
Si ha dunque: q = v , cioè al variare di t, tutti i punti di funzionamento del bipolo si
trovano sulla 1ª bisettrice del piano v − q . D’altra parte questo rimane vero anche al
variare di A: possiamo concludere, allora, che il bipolo che meglio simula il comportamento ai morsetti della ‘black-box’ in esame è il condensatore, poiché la curva caratteristica di tale componente è definita nel piano v − q .
1.8.2 Alcune considerazioni sulle variabili terminali q(t) e ϕ(t)
Dalla definizione di carica data a pagina 13 segue che:
t
t0
t
t
−∞
−∞
t0
t0
q (t ) = ∫ i (τ )dτ = ∫ i (τ )dτ + ∫ i (τ )dτ = q 0 + ∫ i (τ )dτ , con t 0 < t
(1.9)
Se l’analisi di un certo bipolo comincia dall’istante t 0 , il primo integrale nella seconda
uguaglianza della (1.9) rappresenta la storia precedente del bipolo (cioè prima
dell’istante considerato) e per questo motivo è detto carica iniziale. Sussiste la cosiddetta proprietà di costanza della carica:
se la forma d’onda della corrente i (t ) si mantiene limitata in un intervallo chiuso [t a , t b ] allora
la carica q (t ) è una funzione continua nell’intervallo aperto (t a , t b ) .
In particolare, per qualsiasi istante T tale che:
15
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t a < T < t b si ha: q(T− ) = q(T) = q(T+ )
Questo significa che anche se la corrente subisce nell’istante T una brusca variazione,
pur rimanendo limitata, la carica resta invece costante in un intorno immediato
dell’istante considerato. Per dimostrare tale proprietà basta semplicemente sostituire
t = T prima e t = T + dt poi nella (1.9) e sottrarre membro a membro:

T + dt

(
−
)
⇒
(*
*
*)
q
(
T
+
dt
)
−
q
(
T
)
=
i (τ )dτ

∫
T + dt
T
i (τ )dτ 
(**) q (T + dt ) = q0 + ∫
t0

T
(*) q (T ) = q0 + ∫ i (τ )dτ
t0
con t a < T < t b e t a < T + dt < t b . Essendo i (t ) limitata in [t a , t b ] si può scrivere:
∀t ∈ [t a , tb ] : i (t ) ≤ M , con M ∈ ℜ +
Segue che l’area sottesa dalla curva i (t ) da T a T + dt (ossia il valore dell’integrale a
secondo membro nella (***)) vale al più M ⋅ dt (in valore assoluto), che tende a zero
per dt che tende a zero: ciò significa che q (t ) è continua per t = T . Considerazioni analoghe si possono fare per il flusso:
t
t0
t
t
−∞
−∞
t0
t0
ϕ (t ) = ∫ v(τ )dτ = ∫ v(τ )dτ + ∫ v(τ )dτ = ϕ 0 + ∫ v (τ )dτ , con t0 < t
Similmente a quanto detto per la carica, il primo integrale nella seconda uguaglianza di
questa relazione prende il nome di flusso iniziale. Vale, inoltre, la cosiddetta proprietà
della costanza del flusso:
se la forma d’onda della tensione v(t ) si mantiene limitata in un intervallo chiuso [t a , t b ] allora
il flusso ϕ (t ) è una funzione continua nell’intervallo aperto (t a , t b ) .
In particolare, per qualsiasi istante T tale che
t a < T < t b si ha: ϕ(T− ) = ϕ(T) = ϕ(T+ )
Questo significa che anche se nell’istante T la tensione dovesse subire una brusca variazione, pur senza raggiungere valori infiniti, il flusso rimane costante in un intorno
immediato dell’istante considerato.
1.9
CONVENZIONI DI SEGNO PER LE VARIABILI ASSOCIATE IN UN BIPOLO
Nello studio dei bipoli è necessario stabilire una convenzione di segno per la tensione ed
una per la corrente. Vi sono quattro possibili riferimenti per queste due variabili:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
16
i
i
i
i
+
+
–
–
v
v
v
v
–
–
+
+
Fig. 1.10
Fig. 1.11
Fig. 1.12
Fig. 1.13
Non vi è nessuna ragione particolare che faccia preferire una configurazione alle altre. In
pratica, tuttavia, ci si riferisce a quella combinazione tra i versi assunti per le correnti e le
tensioni tale che la potenza positiva: p (t ) = i (t ) ⋅ v(t ) > 0 , corrisponda ad una potenza
entrante nel bipolo. I principi fondamentali dell’elettromagnetismo mostrano che questa
condizione è soddisfatta quando la corrente entra dal morsetto positivo del bipolo (figura
1.10): la convenzione di segno così stabilita prende il nome di convenzione degli utilizzatori; a meno che non sia precisato diversamente, nel seguito si adotterà sempre questa
convenzione. Accenniamo ad un’altra possibile convenzione di segno che è detta convenzione dei generatori. Essa consiste nel scegliere quella combinazione tra i versi assunti per tensioni e correnti tale che la potenza positiva: p (t ) = i (t ) ⋅ v(t ) > 0 corrisponda
ad una potenza uscente dal bipolo: questa condizione sarà soddisfatta quando la corrente esce dal morsetto positivo del bipolo (figura 1.11).
1.10 LINEARITÀ E NON LINEARITÀ DI UN BIPOLO
Si indichi, in generale, con ( y, u ) una coppia di variabili terminali e con y = T (u ) la relazione che definisce il comportamento del bipolo, ossia la sua caratteristica.
Risulta:
 Fissati u1 e u 2 , scelto α ∈ ℜ



 Un Bipolo 


 e posto : y1 = T (u1 ) e y 2 = T (u 2 )

è

⇔

risulta
:
(*)
y
=
T
(
u
+
u
)
=
T
(
u
)
+
T
(
u
)
=
y
+
y
1
2
1
2
1
2
 Lineare 






(**) y = T (αu ) = αT (u )


La relazione (*) esprime la condizione di additività mentre la relazione (**) esprime la
condizione di omogeneità. Se solo una di queste due condizioni non è soddisfatta il
bipolo si dice non-lineare.
1.11 TEMPO-VARIANZA E TEMPO-INVARIANZA DI UN BIPOLO
Un bipolo si dice stazionario o tempo-invariante se la sua caratteristica non varia nel tempo. In caso contrario si dice tempo-variante o non stazionario.
Per definire correttamente questa proprietà ed analizzarne le conseguenze, bisogna introdurre l’operatore traslazione Q che opera nel seguente modo:
17
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
se u (t ) è una variabile terminale del bipolo si avrà:
Q (u (t ) ) = u (t − a ), con a ∈ ℜ +
(1.10)
In altri termini l’operatore Q ritarda la variabile u (t ) di a secondi. Con queste premesse, un bipolo si dirà stazionario se e solo se:
y (t ) = T (u (t ) ) e contemporaneamente: y a = T (Q(u(t ))) = Q(T (u(t ))) = Q( y(t )) = y(t − a) .
Tale equazione esprime il fatto che se il segnale di ingresso u (t ) di un certo bipolo
è ritardato di a secondi; il segnale di uscita y (t ) rimane invariato nella sua forma
d’onda ma è anch’esso ritardato di a secondi.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
18
CAPITOLO 2
2.1
RESISTORI A DUE TERMINALI
19
2.2
CONDENSATORI
25
2.3
INDUTTORI
28
2.4
GENERATORI INDIPENDENTI
31
2.5
FORME D'ONDA CANONICHE PER I SEGNALI
33
2.6
CARATTERIZZAZIONE DEI BIPOLI DA UN PUNTO DI VISTA ENERGETICO
36
2.6.1 POTENZA ED ENERGIA NEI RESISTORI
2.6.2 POTENZA ED ENERGIA NEI CONDENSATORI
2.6.3 POTENZA ED ENERGIA NEGLI INDUTTORI
37
39
41
19
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
2.1
RESISTORI A DUE TERMINALI
Un bipolo il cui comportamento è definito da una caratteristica nel piano v − i è detto
resistore; in altri termini, un elemento a due terminali sarà definito resistore se la tensione e la corrente soddisfano la seguente relazione:
ℜ R = {(v, i ) : f (v, i ) = 0}
Se tale equazione può essere risolta rispetto ad i come funzione ad un sol valore di v,
ovvero:
i = g(v)
si dice che il resistore è controllato in tensione. Se invece tale equazione può essere risolta
rispetto a v come funzione ad un sol valore di i, ovvero:
v = h(i)
si dice che il resistore è controllato in corrente. Esiste la seguente classificazione dei resistori:
a)
resistori lineari tempo-invarianti: tali elementi sono detti lineari perché la loro
caratteristica nel piano v − i soddisfa le condizioni di additività ed omogeneità e
sono detti tempo-invarianti perché la loro caratteristica non cambia nel tempo
(vedi pagina 16). La caratteristica di un tale resistore è una retta passante per l'origine del piano v − i di equazione: v(t ) = R ⋅ i (t ) ovvero, con G = 1 R , si ha
i (t ) = G ⋅ v(t )
(2.1)
La (2.1) esprime la cosiddetta legge di Ohm: la costante R rappresenta la resistenza
del resistore lineare e si misura in ohm (Ω
Ω) mentre G è la conduttanza e si misura
in siemens (S).
In figura è rappresentato il simbolo di un resistore lineare con resistenza R e
la caratteristica di tale resistore tracciata nel piano v − i e nel piano i − v :
v
i
v
+
i
–
R
1
1
O
G v
O
R
i
Fig. 2.1
In definitiva il resistore lineare è un caso particolare di resistore in cui si ha:
f (v, i ) = v − R ⋅ i = 0 ovvero f (v, i ) = i − G ⋅ v = 0 , ossia la relazione tra tensione e
corrente è espressa da funzioni lineari. Il singolo numero R (ovvero G), cioè la
pendenza della caratteristica rispetto all'asse delle i (ovvero rispetto all'asse delle
v), specifica completamente il resistore lineare a due terminali. Esistono, infine,
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
20
due casi speciali di resistori lineari che meritano di essere particolarmente citati,
ossia il circuito aperto e il cortocircuito.
Un resistore a due terminali viene definito circuito aperto se, e solo se, la corrente
che lo attraversa è identicamente nulla, indipendentemente dalla tensione v, cioè:
f (v, i ) = i = 0 . La caratteristica di un circuito aperto coincide con l'asse v del piano v − i o del piano i − v , come mostrato in figura 2.2: essa ha pendenza infinita
nel piano i − v e pendenza nulla nel piano v − i :
v
i
R=∞
G=0
v
i
Fig. 2.2
Analogamente, un resistore a due terminali è definito cortocircuito se, e solo se,
la tensione ai suoi capi è identicamente nulla indipendentemente dalla corrente i
che lo attraversa, ossia f (v, i ) = v = 0 . La caratteristica di un cortocircuito coincide con l'asse i del piano v − i o del piano i − v ; come mostrato in figura 2.3: essa
ha pendenza nulla nel piano i − v e pendenza infinita nel piano v − i :
i
v
R=0
G=∞
i
v
Fig. 2.3
Confrontando le due figure precedenti si nota che la curva del circuito aperto in
un piano coincide con la curva del cortocircuito nell'altro piano. Per questa ragione, il circuito aperto viene definito come il duale del cortocircuito e viceversa.
Generalizzando al caso non lineare, si dice che un dato resistore è il duale di un
altro se la sua caratteristica nel piano v − i è rappresentata dalla stessa curva nel
piano i − v dell'altro resistore.
b)
resistori lineari tempo-varianti: l'esempio più comune che si può dare di un resistore lineare tempo-variante è quello di un resistore a tre morsetti uno dei quali costituisce un contatto mobile. Se si applica una tensione tra un contatto fisso e quello
mobile di cui si varia nel tempo la posizione rispetto ad un certo riferimento, il legame tra tensione e corrente è dato da: v(t ) = R (t ) ⋅ i (t ) ovvero i (t ) = G (t ) ⋅ v(t ) . Il
simbolo del resistore lineare tempo-variante è mostrato di seguito:
+
v(t)
i(t)
R(t)
–
21
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Fig. 2.4
Un esempio interessante di resistore lineare tempo-variante è quello di un interruttore che si apre e chiude periodicamente con periodo T. Nella figura seguente se ne illustrano il simbolo, le proprietà e la caratteristica nel piano v − i :
i
S(t)
+
i(t)
S(t)
v(t)
O
Aperto
Aperto
v
–
Chiuso
t
Chiuso
Quando l'interruttore è chiuso ( S = 0 ) la tensione è nulla e la caratteristica
v − i coincide con l'asse i, quando l'interruttore è aperto ( S = 1 ) la corrente è nulla e la caratteristica v − i coincide con l'asse v. Un interruttore reale ha un comportamento leggermente diverso in quanto, invece di essere un circuito aperto o
un cortocircuito, presenta una resistenza molto bassa ma non nulla quando è
chiuso ed una resistenza molto alta ma finita quando è aperto: le proprietà e la
caratteristica nel piano v − i di un interruttore reale sono riportate in figura:
i
R(t)
Pendenza 1/R0
R∞
R0
O
c)
Pendenza 1/R∞
v
t
resistori non lineari: sono bipoli la cui caratteristica nel piano v − i non soddisfa
le condizioni di additività e di omogeneità. Esaminiamo alcuni tra i più comuni
tipi di resistori non lineari.
Diodo a giunzione PN. Il simbolo e la caratteristica v − i sono mostrati in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
22
i
+
A
i
O
v
A
–
v
Is
B
Fig. 2.5
Applicando una tensione diretta, cioè tale che la tensione in A sia maggiore
di quella in B, la corrente cresce con la tensione secondo la legge:
 qv

i = I S ⋅ e kT − 1


(2.2)
dove: q è la carica dell'elettrone, k è la costante di Boltzmann, T è la temperatura assoluta in gradi Kelvin e I S è la cosiddetta corrente di saturazione inversa,
cioè la corrente che circola nel diodo quando esso è polarizzato inversamente
(ossia quando la tensione di B è maggiore di quella in A e quindi v < 0 ).
Dunque, invertendo la polarità della tensione ai capi del diodo, la corrente assume un valore molto piccolo pari a I S . Crescendo i valori della tensione inversa, la corrente assume un valore praticamente costante con la tensione, fin
quando non si raggiunge il punto di ‘turnover’ (punto A nella figura precedente) a partire dal quale la corrente aumenta molto rapidamente a tensione
costante. Infine osserviamo che la relazione (2.2) esprime la corrente in funzione della tensione: ciò significa che per un’arbitraria tensione v la corrente è
ben definita. Si dice allora che il diodo a giunzione PN è controllato in tensione.
Diodo ideale. Per definizione il diodo ideale è un resistore non lineare la cui caratteristica v − i è composta da due segmenti di linea retta nel piano v − i
(o nel piano i − v ), cioè l'asse v negativo e l'asse i positivo. La relazione che
caratterizza il diodo ideale è quindi la seguente:
ℜ ID = {(v, i ) : v ⋅ i = 0, con i = 0 per v < 0 e v = 0 per i > 0}
Il simbolo e la sua caratteristica sono mostrati in figura:
23
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
+
i
A
i
O
v
–
v
B
Fig. 2.6
Quindi se il diodo è polarizzato inversamente ( v < 0 ) la corrente è nulla,
ovvero il diodo si comporta come un circuito aperto; se il diodo è in conduzione ( i > 0 ) la tensione è nulla, per cui si comporta come un cortocircuito.
Ovviamente la potenza fornita ad un diodo ideale è identicamente nulla in
ogni istante: per questo motivo il diodo ideale rientra nella categoria degli
elementi circuitali non energetici. Si noti, infine, che il diodo ideale non è
controllato né in tensione né in corrente.
Diodo tunnel. Il simbolo e la caratteristica sono mostrati in figura:
i
+
A
i
i2
i2
v
O v1
–
v2
v
B
Fig. 2.7
La corrente i può essere espressa in funzione della tensione v così:
i = i (v)
(2.3)
Si nota allora che assegnato un certo valore della tensione, la corrente è ben
definita: si dice, quindi, che tale resistore è controllato in tensione.
Diodo shokley (tubo a scarica a bagliore). Il simbolo e la caratteristica sono mostrati in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
24
i
A
i
+
v
–
v
O
B
Fig. 2.8
La tensione v può essere espressa in funzione della corrente i così:
v = v (i )
(2.4)
Si nota allora che ad un certo valore della corrente corrisponde uno ed un
solo valore della tensione: si dice, quindi, che tale resistore è controllato in
corrente.
Concludiamo osservando che i resistori non lineari appena descritti hanno una
caratteristica non simmetrica rispetto all'origine del piano v − i ; questo comporta
il fatto che invertendo la polarità dei morsetti la loro caratteristica cambia: tali resistori sono detti non bilaterali. Per tale motivo è importante che il simbolo di un
resistore non lineare indichi il suo orientamento e quindi i resistori non lineari
non bilaterali sono generalmente rappresentati come segue:
+
v
i
Nota: l’estremità annerita della
scatola è collegata al morsetto a tensione più bassa.
–
Quando invece la caratteristica è simmetrica rispetto all'origine degli assi nel piano v − i si parla di resistori bilaterali che, in generale, sono rappresentati come
segue:
+
v
–
i
25
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Un esempio di resistore non lineare bilaterale è rappresentato dalle lampade ad incandescenza (vedi rappresentazione a sinistra) la cui caratteristica è la seguente:
+
i
A
i
O
v
–
v
B
Tutti i resistori lineari sono invece bilaterali.
2.2
CONDENSATORI
Un bipolo la cui carica q (t ) e tensione v(t ) appartengono, per qualsiasi istante t, ad
una curva del piano v − q è definito condensatore: tale curva è detta caratteristica v − q
del condensatore. Essa può essere rappresentata dall'equazione:
f e ( q, v) = 0
(2.5)
Se tale equazione può essere risolta rispetto a v come funzione ad un sol valore di q,
ovvero:
v = v (q)
(2.6)
si dice che il condensatore è controllato in carica.
Se invece l'equazione (2.5) può essere risolta rispetto a q come funzione ad un sol valore di v, ovvero:
q = q (v)
(2.7)
si dice che il condensatore è controllato in tensione.
Sussiste la seguente classificazione per i condensatori:
26
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
a)
condensatori lineari tempo-invarianti. Il loro simbolo e la loro caratteristica sono mostrati in figura:
+
q
i
C
v
C
1
v
O
–
Fig. 2.9
La caratteristica di tali condensatori è esprimibile mediante le seguenti relazioni:
q (t ) = C ⋅ v(t ) ovvero v(t ) = S ⋅ q (t )
(2.8)
La costante C nella suddetta relazione è detta capacità del condensatore e si misura, esprimendo la tensione in volt e la carica in coulomb, in farad [F], mentre la
costante S = 1 / C è detta elastanza. I legami tra le variabili circuitali tensione e
corrente sono i seguenti:
i (t ) =
dq (t )
dv(t )
=C
dt
dt
(2.9)
oppure
v(t ) =
t
1 t
1 t0
1 t
i(τ )dτ = ∫ i (τ )dτ + ∫ i(τ )dτ = v(t 0 ) + S ∫ i (τ )dτ
∫
−
∞
−
∞
t
t
0
C
C
C 0
(2.10)
con t 0 < t
Se si considera la (2.10) si osserva che:
•
per ottenere il valore della tensione al tempo t è necessario conoscere il valore
della tensione nell'istante iniziale t 0 oltre che l'andamento della corrente in
tutto l'intervallo (t 0 , t ) . Per questo motivo i condensatori sono detti elementi
dotati di memoria;
•
in un condensatore lineare tempo-invariante se la forma d'onda della corrente
i(t ) si mantiene limitata in un intervallo chiuso [t a , t b ] allora la forma d'onda
della tensione v(t ) ai capi del condensatore è una funzione continua nell'intervallo aperto
(t a , t b ) .
In particolare, per qualsiasi istante T tale che
t a < T < t b si ha:
v(T− ) = v(T ) = v(T+ )
27
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Questa è la cosiddetta proprietà di continuità della tensione del condensatore.
Tale risultato poteva essere anche previsto tenendo presente la (2.8) e la proprietà
di costanza della carica a pagina 13: infatti, per quest'ultima, si può scrivere, essendo il condensatore lineare:
q (T− ) = q (T ) = q (T+ ) ⇔ Cv (T− ) = Cv(T ) = Cv (T+ ) ⇔ v(T− ) = v(T ) = v(T+ )
b)
condensatori lineari tempo-varianti. Essi sono descritti nel piano v − q da una
relazione di questo tipo: q (t ) = C (t ) ⋅ v(t ) ; in altri termini, la pendenza della caratteristica varia nel tempo. Ciò si può ottenere, per esempio, modificando la distanza tra le armature del condensatore mediante un meccanismo a camme azionato da un motore, di modo che la capacità vari secondo una prescritta funzione
del tempo C (t ) . Un altro esempio è offerto dal condensatore ad armature mobili.
In questo caso C varia al variare nel tempo dell'entità delle superfici affacciate. Il
legame tensione-corrente è il seguente:
i (t ) =
dq (t )
dv(t )
dC (t )
= C (t )
+ v(t )
dt
dt
dt
La caratteristica di un condensatore lineare tempo-variante consiste in una famiglia
di rette, ciascuna valida per un dato istante di tempo, come mostrato in figura:
q
v
O
Fig. 2.10
c)
condensatori non lineari. Sono quelli per cui la caratteristica nel piano v − q non
soddisfa le condizioni di additività ed omogeneità: pertanto, tale caratteristica
non è una retta passante per l'origine degli assi nel piano v − q . Un esempio importante di tali condensatori è il tipo MOS (Metal Oxide Semiconductor) che ha
una caratteristica di questo tipo:
q
O
v
Fig. 2.11
Come si può osservare, tale condensatore è controllato sia in carica sia in tensione. Per quanto riguarda, in particolare, i condensatori controllati in tensione (vedi
la relazione (2.7) a pagina 22) si ha:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
28
i(t ) =
dq (t ) dq (v(t ) ) dq (v) dv(t )
dv(t )
=
=
⋅
= C (v )
dt
dt
dv
dt
dt
C (v ) è detta capacità incrementale. Si osservi, infine, che la maggior parte dei
condensatori non lineari sono anche non bilaterali, ossia hanno una caratteristica
non simmetrica rispetto all'origine degli assi nel piano v − q : questo comporta la
necessità di distinguere i morsetti ai fini dell'assegnazione delle polarità. Perciò
tali condensatori saranno rappresentati col seguente simbolo:
+
v
i
Nota: l’estremità annerita della
scatola è collegata al morsetto a tensione più bassa.
–
I condensatori non lineari e bilaterali sono invece rappresentati così:
+
i
v
–
Ovviamente un condensatore lineare è anche bilaterale.
2.3
INDUTTORI
Un bipolo il cui flusso ϕ (t ) e corrente i (t ) appartengono, per qualsiasi istante t, a
qualche curva del piano i − ϕ è definito induttore: tale curva è detta caratteristica i − ϕ
dell'induttore. Essa può essere rappresentata dall'equazione:
f L (ϕ , i ) = 0
(2.11)
Se tale equazione può essere risolta rispetto ad i come funzione ad un sol valore di ϕ,
ovvero:
i = i (ϕ )
(2.12)
29
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
si dice che l'induttore è controllato in flusso. Se invece l'equazione (2.11) può essere risolta rispetto a ϕ come funzione ad un sol valore della corrente i, ovvero:
ϕ = ϕ (i )
(2.13)
si dice che l'induttore è controllato in corrente. Sussiste la seguente classificazione per gli
induttori:
a)
induttori lineari tempo-invarianti. Il loro simbolo e la loro caratteristica sono
mostrati in figura:
+
ϕ
i
L
v
1
L
O
i
–
Fig. 2.12
La caratteristica di tali induttori è esprimibile mediante le seguenti relazioni:
ϕ (t ) = L ⋅ i (t ) ovvero i (t ) = Γ ⋅ ϕ (t )
(2.14)
La costante L nella suddetta relazione è detta induttanza e si misura in Henry (H)
se ϕ è espresso in Weber (Wb) ed i in Ampere (A), mentre la costante Γ = 1 L si
chiama induttanza reciproca o inertanza. I legami tra le variabili circuitali tensione e corrente sono i seguenti:
v(t ) =
dϕ (t )
di(t )
=L
dt
dt
(2.15)
oppure
i (t ) =
t
1 t
1 t0
1 t
v(τ )dτ = ∫ v(τ )dτ + ∫ v(τ )dτ = i(t 0 ) + Γ ∫ v(τ )dτ
∫
t0
L −∞
L −∞
L t0
(2.16)
Se si considera la (2.16) si osserva che:
•
per ottenere il valore della corrente all'istante t è necessario conoscere il valore della corrente nell'istante iniziale t 0 oltre che l'andamento della tensione in
tutto l'intervallo (t 0 , t ) . Per questo motivo gli induttori sono detti elementi dotati di memoria;
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
30
•
in un induttore lineare tempo-invariante, se la forma d'onda della tensione
v(t ) si mantiene limitata in un intervallo chiuso [t a , t b ] , allora la forma d'onda della corrente i (t ) attraverso l'induttore è una funzione continua nell'in-
(t a , t b ) . In particolare,
t a < τ < t b si ha: i(τ − ) = i(τ ) = i (τ + ) .
tervallo aperto
per qualsiasi istante τ, tale che
Questa è la cosiddetta proprietà di continuità della corrente di un induttore. Tale risultato poteva essere anche previsto tenendo presente la (2.14) e la proprietà
di costanza del flusso a pag. 18: infatti, per quest'ultima, possiamo scrivere, essendo l'induttore lineare:
ϕ (τ − ) = ϕ (τ ) = ϕ (τ + ) ⇔ Li(τ − ) = Li (τ ) = Li(τ + ) ⇔ i (τ − ) = i(τ ) = i(τ + )
b)
induttori lineari tempo-varianti. Essi sono descritti nel piano i − ϕ da una relazione di questo tipo: ϕ (t ) = L(t ) ⋅ i (t ) ; in altri termini, la pendenza della caratteristica
varia nel tempo. Ciò si può ottenere, per esempio, immaginando un induttore come un filo conduttore avvolto a spire intorno ad un toroide costituito da un certo
materiale e facendo variare il numero di spire dell'avvolgimento per mezzo di un
contatto strisciante azionato da un motore, di modo che l'induttanza vari secondo
una prescritta funzione del tempo L (t ) . Il legame tensione-corrente è il seguente:
v(t ) =
dϕ (t )
di (t )
dL(t )
= L(t )
+ i(t )
dt
dt
dt
(2.17)
La caratteristica di un induttore lineare tempo-variante consiste in una famiglia di
rette, ciascuna valida per un dato istante di tempo, come mostrato in figura:
ϕ
O
c)
i
induttori non lineari. Sono quelli per cui la caratteristica nel piano i − ϕ non soddisfa le condizioni di additività ed omogeneità: pertanto tale caratteristica non è una
retta passante per l'origine degli assi. Per quanto riguarda, in particolare, gli induttori controllati in corrente (vedi la relazione (2.17) della pagina precedente) si ha:
v(t ) =
dϕ (t ) dϕ (i(t )) dϕ (i) di(t )
di(t )
=
=
= L(i )
dt
dt
di
dt
dt
L (i ) è detta induttanza incrementale. Si osservi, infine, che la maggior parte degli induttori non lineari sono anche non bilaterali, ossia hanno una caratteristica
31
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
non simmetrica rispetto all'origine degli assi nel piano i − ϕ ; questo comporta la
necessità di distinguere i morsetti ai fini dell'assegnazione delle polarità.
Perciò tali induttori saranno rappresentati col seguente simbolo:
+
i
Nota: l’estremità annerita della
scatola è collegata al morsetto a tensione più bassa.
v
–
Per gli induttori non lineari bilaterali si utilizza, in generale, lo stesso simbolo
della figura precedente senza però annerire l'estremità inferiore. Gli induttori lineari sono, ovviamente, bilaterali.
2.4
GENERATORI INDIPENDENTI
Nella teoria dei circuiti i generatori indipendenti hanno lo stesso ruolo delle forze esterne in meccanica: essi consentono infatti di simulare il funzionamento delle sorgenti
di eccitazione presenti in un qualsiasi circuito fisico. Per semplicità ometteremo l'aggettivo ‘indipendente’. Tali generatori, detti ideali perché non esistono in realtà componenti
fisici con le caratteristiche indicate, sono di due tipi:
•
generatori di tensione. Un bipolo è detto generatore di tensione se la tensione ai suoi
morsetti è sempre uguale ad un'assegnata forma d'onda v s (t ) indipendentemente
dal flusso di corrente che lo attraversa. Le forme d'onda comunemente utilizzate
comprendono il generatore di tensione continua, in cui v s (t ) è pari ad una costante
E per ogni t , la sinusoide, l'onda quadra, e così via. Il simbolo per un generatore
di tensione con forma d'onda v s (t ) è mostrato in figura 2.13, dove i segni + e – specificano le polarità, mentre il simbolo per un generatore di tensione continua è mostrato in figura 2.14, con E > 0 :
i
vs(t) +
–
+
v(t)
i
E
La sbarretta più
lunga indica il
polo positivo.
–
Fig. 2.13
Fig. 2.14
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
32
Per ogni istante t , il generatore di tensione può essere rappresentato dalla relazione:
ℜ vs = {(v, i) : v = v s (t ) per − ∞ < i < ∞}
(2.18)
Di conseguenza, un generatore indipendente di tensione è un resistore a due terminali. Se v s (t ) = cost = E allora la sua caratteristica nel piano v − i è una retta parallela all'asse i : ciò è illustrato nella seguente figura.
i
E
O
v
Da tale figura si osserva che il generatore di tensione è un resistore non lineare
controllato in corrente. Esso è non lineare perché la linea retta non attraversa l'origine. Per v s (t ) = 0 , la caratteristica coincide con quella del cortocircuito. Nella figura di sotto è mostrato un generatore di tensione collegato ad un circuito esterno
qualsiasi:
i
vs(t) +
–
+
v(t)
–
Circuito
Esterno
i’
Il significato fisico della definizione di generatore indipendente di tensione sta nel
fatto che la tensione ai capi del generatore viene mantenuta uguale all'assegnata
forma d'onda v s (t ) indipendentemente dal circuito esterno. La natura di quest'ultimo influenza soltanto il flusso di corrente i attraverso il generatore. Ciò accade
perché un generatore ideale di tensione ha resistenza interna nulla, a differenza di
una batteria reale che ha una resistenza finita diversa da zero.
•
generatori di corrente. Un generatore di corrente è un bipolo la cui corrente è pari ad
una forma d'onda assegnata i s (t ) , indipendentemente dalla tensione ai suoi morsetti. Un generatore indipendente di corrente è rappresentato simbolicamente nella
seguente figura, dove la freccia indica la direzione positiva della corrente, ovvero
i s (t ) > 0 significa che la corrente attraversa il generatore dal terminale 1 al terminale 2. Nella stessa figura è mostrata anche la caratteristica v-i per un generatore di
corrente espressa dalla relazione:
33
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
ℜ is = {(v, i) : i = i s (t ) per − ∞ < v < ∞}
1
i
i(t)
+
is(t)
(2.19)
J
v
v
O
–
2
is
+
–
is(t)
v
v’
+
–
Circuito
Esterno
In termini di piano v − i un generatore di corrente, se la sua forma d'onda è costante
ed uguale a J, è rappresentato da una linea retta parallela all'asse v. Esso costituisce
un resistore non lineare controllato in tensione. Per i s (t ) = 0 , la caratteristica coincide con l'asse v: quindi un generatore indipendente di corrente diventa un circuito
aperto (resistenza infinita) quando la corrente è nulla. Nella seguente figura è mostrato un generatore di corrente collegato ad un circuito esterno arbitrario:
Il significato della definizione di generatore di corrente è che la corrente del generatore mantiene la forma d'onda i s (t ) assegnata mentre la tensione ai suoi capi è
determinata dal circuito esterno.
N.B.: In realtà il generatore di tensione è un resistore non lineare con resistenza
nulla ed il generatore di corrente è un resistore non lineare con resistenza di
valore infinito.
2.5
FORME D'ONDA CANONICHE PER I SEGNALI
Vengono elencate di seguito le principali forme d'onda mediante le quali è possibile
esprimere un segnale di ingresso o uscita ai capi di un circuito. Esse sono tutte funzioni
della variabile 'tempo' t :
•
FUNZIONE COSTANTE: f (t ) = k .
f(t)
k
O
t
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
34
•
FUNZIONE SINUSOIDALE: f (t ) = A cos(ωt + ϕ ) . In particolare si ha:
2π
è detta frequenza angolare o pulsazione (T è il periodo mentre
T
f è la frequenza pari all’inverso del periodo); ϕ è la fase.
ω = 2πf =
•
0 se t < 0
1 se t > 0
FUNZIONE GRADINO UNITARIO: u (t ) = 
u(t)
1
t
O
Fig. 2.15
•
PULSE FUNCTION (Impulso di durata finita):
P∆ (t )
0 se t < 0
1

P∆ (t ) =  se 0 < t < ∆
∆
0 se t > ∆
Area
Unitaria
1
∆
t
∆
O
Fig. 2.16
È facile verificare che l'impulso di durata finita si può ottenere come differenza di
due gradini opportuni:
1
∆
1
u (t )
∆
–
t
O
1
∆
1
u (t − ∆ )
∆
O
∆
O
∆
t
Oppure
1
∆
O
1
u (t )
∆
+
t
1
t
35
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Da questa figura si osserva che l'impulso di durata finita ∆ può essere scritto nel
seguente modo:
P∆ (t ) =
•
u (t ) − u (t − ∆)
∆
FUNZIONE IMPULSO (o di DIRAC). Per ∆ che tende a zero, l'altezza dell'impulso
di durata finita di figura 2.16 tende ad infinito in t = 0 ed è nulla altrove, mentre
l'area sotto l'impulso rimane invariata cioè pari ad 1. In definitiva un segnale illimitato si definisce impulso se soddisfa le seguenti proprietà:
a)
singolare per t = 0
per t ≠ 0
0
δ (t ) = 
b)
ε
∫ ε δ (t )dt = 1 per ogni ε > 0
−
Esso viene indicato simbolicamente come in figura:
δ (t )
t
O
Fig. 2.17
Dalla figura 2.16 osservo che se ∆ tende a zero l'impulso di durata finita tende alla
funzione di Dirac. D'altra parte sussistono le seguenti relazioni:
δ (t ) = lim P∆ (t ) =
∆ →0
•
t
du (t )
⇒ u (t ) = ∫ δ (τ )dτ
−∞
dt
FUNZIONE RAMPA UNITARIA: r (t ) = t ⋅ u (t ) .
(2.20)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
36
La sua rappresentazione è la seguente:
Fig. 2.18
Si osserva che:
t
dr (t )
= u (t ) ⇒ r (t ) = ∫ u (τ )dτ
−∞
dt
(2.21)
Tenendo presente le relazioni (2.20) e (2.21) si ha il seguente schema di passaggio
da una funzione all'altra:
derivazione
2.6
u(t)
integrazione
δ(t)
r(t)
CARATTERIZZAZIONE DEI BIPOLI DA UN PUNTO DI VISTA ENERGETICO
Consideriamo un qualsiasi bipolo in cui sia adottata la convenzione degli utilizzatori
per il segno della coppia di variabili tensione-corrente:
i(t)
+
v(t)
–
Per quanto detto a pag. 16, con tale scelta, una potenza p (t ) = v(t ) ⋅ i (t ) positiva corrisponde ad una potenza entrante nel bipolo: generalmente, però, essendo la potenza un
indice di trasferimento energetico, possiamo fare riferimento all'energia scambiata dal
bipolo con l'esterno. L'energia associata ad un bipolo nell'intervallo di tempo infinitesimo dt può essere valutata come: dw = p (t ) dt . Se p è positiva, essa rappresenta l'energia entrante nel bipolo. Possiamo allora facilmente ricavare l'energia entrante nel
bipolo in un intervallo di osservazione (t 0 , t1 ) :
37
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t1
t1
t0
t0
w(t0 , t1 ) = ∫ p (t )dt = ∫ v (t ) ⋅ i(t )dt
(2.22)
Questa quantità è evidentemente dipendente dall'intervallo di tempo considerato; per
poter però confrontare due bipoli da un punto di vista energetico occorre fare riferimento ad un indice di trasferimento che non dipenda dall'intervallo scelto. Posto
t 0 = 0 e considerando t1 tendente ad infinito, si definisce potenza media:
Pm = lim
t1 →∞
t1 v (t ) ⋅ i (t )
w(0, t1 )
= lim ∫
dt
0
t
→
∞
1
t1
t1
(2.23)
Essa può essere considerata come un indice di trasferimento definitivo di energia.
N.B. Nel caso di grandezze periodiche risulta: Pm = W0,T T ove T è il periodo del
prodotto v ⋅ i . Utilizzando la (2.22) e la (2.23) analizzeremo il comportamento energetico dei bipoli precedentemente definiti.
2.6.1 Potenza ed energia nei resistori
Come già detto in precedenza, i resistori non lineari possono essere classificati, in base
alla caratteristica, in resistori controllati in tensione, controllati in corrente e controllati
in tensione e corrente. Valutiamo potenza istantanea PE (t ) , energia WR (t 0 , t1 ) e potenza media PMR per ciascuno di essi.
•
Resistori controllati sia in tensione sia in corrente:
i
I
O
v = v (i)
Q
oppure
E
v
i = i (v )
Fig. 2.19
Possiamo allora scrivere quanto segue:
t1 v (t ) ⋅ i (v (t ))

 t1 v(t ) ⋅ i(v(t ))dt
lim
dt
t1 → +∞ ∫ 0
t1
v (t ) ⋅ i (v (t ))
 ∫ t0

p R (t ) = 
wR (t 0 , t1 ) =  t
PmR = 
1
i(t ) ⋅ v (i(t ))
∫ i (t ) ⋅ v(i (t ))dt
 lim t1 i (t ) ⋅ v (i (t )) dt
 t0
t1 → +∞ ∫ 0
t1
•
Resistori controllati in tensione:
i
I
Q
i = i (v )
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
38
Fig 2.20
Possiamo allora scrivere:
t1
wR (t 0 , t1 ) = ∫ v(t ) ⋅ i (v(t ))dt
p R (t ) = v(t ) ⋅ i (v(t ))
•
t0
PmR = lim
t1 → +∞
∫
t1
0
v(t ) ⋅ i(v(t ))
dt
t1
Resistori controllati in corrente:
i
Q
I
v = v (i )
O
v
Fig. 2.21
Possiamo allora scrivere:
p R (t ) = i (t ) ⋅ v(i (t ))
t1
wR (t 0 , t1 ) = ∫ i(t ) ⋅ v(i(t ))dt
t0
PmR = lim
t1 → +∞
∫
t1
0
i(t ) ⋅ v(i(t ))
dt
t1
Si noti che, assegnato un generico istante t e quindi un punto Q di coordinate (v(t ), i (t ) )
sulla caratteristica, la potenza istantanea è rappresentata dalle aree rettangolari nelle figure 2.19, 2.20, 2.21. Inoltre, dalle relazioni precedentemente scritte si osserva che per
ricavare la potenza media così come l'energia nell'intervallo (t 0 , t1 ) è necessario conoscere non solo la caratteristica nel piano v − i del resistore ma anche l'andamento della
corrente o della tensione nel tempo. La potenza media può assumere, in generale, valori positivi e negativi. Poiché stiamo supponendo di riferirci alla convenzione degli utilizzatori, se la potenza media risulta essere positiva, essa indica che dell'energia è fornita al bipolo dal resto del circuito ossia dell'energia sta entrando nel bipolo dai suoi
morsetti: tale energia non viene più restituita dal bipolo al circuito esterno. Un caso significativo è, per esempio, quello dei resistori lineari per i quali si può scrivere:
p (t ) = v(t ) ⋅ i(t ) = R ⋅ i 2 (t ) = G ⋅ v 2 (t )
(2.24)
39
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Essendo G o R positivi, si ha che in questi resistori lineari la potenza istantanea, ed anche quella media, saranno positive significando con ciò che tali resistori non potranno
cedere energia al resto del circuito ma solo assorbirla. In conclusione diciamo che tutti
quei resistori, lineari o non lineari, che sono caratterizzati da una potenza istantanea
maggiore o uguale a zero in ogni istante t sono chiamati resistori passivi, in quanto
possono solo assorbire energia dal circuito esterno: è facile verificare che in questo caso
la caratteristica giace tutta nel primo e nel terzo quadrante del piano v − i (assi eventualmente inclusi). D'altra parte, tutti quei resistori per i quali la potenza assume, anche
se in un solo istante, un valore negativo sono detti resistori attivi in quanto possono fornire energia al circuito esterno (per maggiore chiarezza si veda la definizione di passività di un elemento circuito fornita di seguito al paragrafo 2.6.4).
Consideriamo, ad esempio, il caso di un generatore ideale di tensione la cui caratteristica è nel piano v − i :
i
i
O
O
v
v
Il tratto di caratteristica situato nel secondo o quarto quadrante corrisponde a punti di
funzionamento per i quali p (t ) < 0 , ossia il generatore eroga potenza; mentre il tratto
di caratteristica nel primo o terzo quadrante corrisponde a punti di funzionamento per
i quali questo bipolo si comporta come un utilizzatore perfetto assorbendo energia dai
morsetti. Un discorso analogo vale per il generatore di corrente.
2.6.2 Potenza ed energia nei condensatori
Anche per i condensatori non lineari vale la seguente classificazione in base al tipo di
caratteristica: condensatori controllati in tensione, controllati in carica e controllati in
tensione e carica. Prendiamo in esame, in particolare, gli ultimi due:
q
q
q ( t1 )
q ( t1 )
v = v(q)
q = q (v )
v = v(q )
q (t 0 )
O
v
q (t 0 )
O
Fig. 2.22
v
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
40
Per tali condensatori, controllati nella carica, la potenza istantanea può essere scritta
come:
p C (t ) = i(t ) ⋅ v(q (t ))
e quindi l'energia utilizzata nell'intervallo (t 0 , t1 ) è ottenibile come:
t1
t1
q ( t1 )
 dq (t ) 
wC (t 0 , t1 ) = ∫ v(t ) ⋅ i (t ) dt = ∫ v (q (t )) ⋅ 
dt = ∫
v( q ) dq

t0
t0
q ( t0 )
 dt 
(2.25)
Nel caso particolare di un condensatore lineare, per il quale si può scrivere:
v = (1 C ) ⋅ q , la relazione (2.25) diventa:
wC (t 0 , t1 ) =
1 q (t1 )
1 2
C
q (t1 ) − q 2 (t 0 ) = v 2 (t1 ) − v 2 (t 0 )
qdq =
∫
C q ( t0 )
2C
2
[
]
[
]
(2.26)
Queste due relazioni mostrano che l'energia assorbita nell'intervallo (t 0 , t1 ) è pari all'area tracciata nella figura 2.22 della pagina precedente: in altri termini per determinare
l'energia sono necessarie e sufficienti le seguenti informazioni: la caratteristica v − q , il
valore della carica all'istante t 0 , il valore della carica all'istante t1 . L'energia non dipende, quindi, né dalla forma d'onda della tensione né dalla forma d'onda della carica cioè
non dipendono dalla funzione del tempo. Se i valori della carica in t 0 e t1 coincidono
allora l'energia scambiata in questo intervallo di tempo è nulla. Infine, se si considera la
potenza media in un condensatore controllato nella carica si ha:
wC (0, t1 )
1 q (t1 )
= lim ⋅ ∫
v (q )dq
q ( 0)
t1 → +∞
t1 → +∞ t
t1
1
PmC = lim
(2.27)
Tale limite è analiticamente indeterminato ma da un punto di vista fisico è pari a zero
in quanto la carica q (t ) è sempre limitata in valore e quindi l'area sottesa dalla curva
v = v(q ) in figura 2.22 è sempre finita (ossia il valore dell'integrale che compare nella
relazione (2.27) è finito): poiché la quantità 1 t1 tende a zero ne segue che anche il valore del limite, nelle ipotesi suddette, sarà nullo. Si conclude perciò che la potenza media
di un condensatore controllato nella carica è zero: in altri termini, un condensatore controllato nella carica non dissipa energia. Infatti l'energia che entra in un tale bipolo viene accumulata e può essere eventualmente restituita al resto del circuito: per questo
motivo si dice che il condensatore è un elemento conservativo. Un discorso analogo
vale per i condensatori controllati in tensione ma essendo più complesso non lo tratteremo.
41
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
2.6.3 Potenza ed energia negli induttori
Anche per gli induttori non lineari vale la seguente classificazione in base al tipo di caratteristica: induttori controllati in corrente, controllati nel flusso e controllati in corrente e flusso. Prendiamo in esame, in particolare, gli ultimi due:
ϕ
ϕ
ϕ ( t1 )
ϕ ( t1 )
ϕ = ϕ (i )
i = i (ϕ )
i = i (ϕ )
ϕ (t0 )
O
i
ϕ (t 0 )
i
O
Fig. 2.23
Per tali induttori controllati in flusso la potenza istantanea può essere scritta come:
p I (t ) = v (t ) ⋅ i(t ) = v (t ) ⋅ i(ϕ (t ))
(2.28)
Di conseguenza, l'energia utilizzata nell'intervallo (t 0 , t1 ) vale:
t1
t1
ϕ ( t1 )
 dϕ (t ) 
wI (t 0 , t1 ) = ∫ i (t ) ⋅ v(t )dt = ∫ i(ϕ (t )) ⋅ 
dt
=
∫ ϕ (t0 ) i(ϕ )dϕ
t0
t0
 dt 
(2.29)
Se l'induttore è lineare e quindi: i = (1 L ) ⋅ ϕ , si ha:
wI (t 0 , t1 ) =
1 t1
1 2
L
ϕdϕ =
ϕ (t1 ) − ϕ 2 (t 0 ) = i 2 (t1 ) − i 2 (t 0 )
∫
L t0
2L
2
[
]
[
]
(2.30)
La relazione (2.29) evidenzia che l'energia in gioco nell'intervallo (t 0 , t1 ) è pari all'area
mostrata in figura 2.23: inoltre si deduce che per valutare tale energia sono necessarie e
sufficienti le seguenti tre informazioni: la caratteristica nel piano i − ϕ , il valore del
flusso concatenato nell'istante t 0 e il valore del flusso concatenato nell'istante t1 . La potenza media per un induttore controllato nel flusso vale:
p mI = lim
t1 →+∞
wI (0, t1 )
1
= lim
t
→
+∞
1
t1
t1
ϕ ( t1 )
∫ϕ
(t0 )
i (ϕ )dϕ
Anche in questo caso, il valore di tale limite è analiticamente indeterminato ma da un
punto di vista fisico lo si può ritenere nullo poiché l'integrale avrà sicuramente un valore finito (in quanto la funzione ϕ (t ) assume valori limitati in qualsiasi istante e perciò l'area mostrata in figura 2.23 è sicuramente finita) e la quantità 1 t1 tende a zero. In
conclusione, la potenza media per un induttore controllato nel flusso è nulla: cioè tali
induttori possono assorbire energia senza dissiparla ma, eventualmente, la restituisco-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
42
no al resto del circuito. Per questo motivo sono detti anch'essi elementi conservativi.
Un discorso analogo vale anche per gli induttori controllati in corrente, ma essendo più
complesso non lo tratteremo.
2.6.4 Passività ed attività
La definizione di passività ed attività di un elemento circuitale è relativa alla capacità
di fornire energia dell’elemento stesso.
Considerato un bipolo e assunta per la tensione e la corrente ai suoi morsetti la convenzione dell’utilizzatore esso è detto passivo se per tutte le possibili coppie tensionecorrente v(t), i(t) ai suoi terminali, l’energia in esso immagazzinata è non negativa, per
ogni istante di tempo t1 (la definizione è estendibile anche ad elementi a più morsetti).
In termini matematici questo può essere espresso dalla condizione (2.31):
t1
w(− ∞, t 1 ) = w( −∞, t 0 ) + ∫ t v(t ) ⋅ i (t )dt ≥ 0
(2.31)
0
dove il termine w( −∞, t 0 ) indica l’energia immagazzinata nel bipolo all’istante t0, supponendo che il bipolo sia inizialmente scarico, questo è rappresentato dal considerare
come istante iniziale per il calcolo dell’energia t = - ∞.
In altre parole, affinché un bipolo sia passivo deve accadere che, comunque si scelga
l’istante di tempo t1, l’energia complessivamente immagazzinata in esso deve essere
maggiore o al più uguale a zero. La distinzione fra l’energia immagazzinata nel bipolo
fino all’istante t0 e quella immagazzinata da questo istante in poi ci fa comprendere che
può accadere che ci sia un intervallo di tempo nel quale il bipolo considerato può fornire energia, ma questa non potrà essere superiore a quella che gli è stata fornita
dall’esterno in altro intervallo di tempo, che nel nostro caso è fissato tra ]- ∞, t0], un esempio di un tale comportamento si può avere con i condensatori che possono assorbire energia, ma che possono anche fornirla al resto del circuito, essi sono comunque elementi passivi poiché non possono mai fornire un’energia superiore a quella che hanno ricevuto in precedenza. Ovviamente per la definizione di passività di un elemento
la (2.31) deve valere qualsiasi sia l’istante di tempo t0.
Un elemento circuitale si dice attivo se esso non è passivo. Perciò sarà attivo un
elemento per il quale accade che non è verficata la (2.31) anche per un solo istante o per
una sola coppia tensione corrente ai suoi morsetti. Infine un bipolo si dice strettamente
passivo se per tutte le possibili coppie tensione-corrente v(t), i(t) non nulle ai suoi terminali, l’energia in esso immagazzinata è sempre maggiore di zero.
A questo punto è immediato comprendere come ad esempio un condensatore sia un
elemento passivo, infatti ricordando la (2.26)
wC (t 0 , t1 ) =
1 q (t1 )
1 2
C
qdq =
q (t1 ) − q 2 (t 0 ) = v 2 (t1 ) − v 2 (t 0 )
∫
q
(
t
)
0
C
2C
2
[
]
[
e considerando che la (2.31) può essere scritta come:
w(− ∞, t1 ) = w(−∞, t 0 ) + w(t 0 , t1 ) ≥ 0
(2.32)
]
43
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
se si considera il condensatore scarico in t0 si ha w( −∞, t 0 ) =0, e v(t0)=0, per cui la (2.32)
1
si riduce a: w(− ∞, t1 ) = Cv 2 (t1 ) ≥ 0 che è sempre vera se C è maggiore di zero, il che ac2
cade sempre se si considerano degli elementi discreti (capacità negative possono essere
ottenute con opportuni circuiti elettronici).
Notiamo, infine, come un resistore non-lineare possa essere attivo. Consideriamo il resistore non lineare la cui caratteristica è data da: v(t) = i(t) + i2(t) e calcoliamo l’energia
da esso assorbita tra due generici istanti di tempo t0 e t1, attraverso la (2.31) essa è data
da:
t
(
)
w(− ∞, t1 ) = w(−∞, t 0 ) + ∫ t 1 i (t ) + i 2 (t ) ⋅ i (t )dt =
0
1 2t1 1 3t1 1 2t0 1 3t0
e − e − e + e
2
3
2
3
considerando che w(−∞, t 0 ) =0 si nota che per t1 >ln (1.5) e t0 ≤ ln (1.5) otteniamo
w(−∞, t1 ) < 0. Viene così confermato il risultato già esposto a pagina 36 per cui un resistore lineare o no è passivo se e solo se la sua caratteristica giace tutta nel primo e nel
terzo quadrante del piano v − i includendo anche gli assi.
Conviene chiarire il concetto di sorgente ed utilizzatore. Ovviamente daremo il nome
di sorgente a quel dispositivo che, nell’istante considerato, sta fornendo energia al resto
del circuito. Evidentemente individueremo come utilizzatore un dispositivo che, in un
determinato istante di tempo, riceve energia.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
44
CAPITOLO 3
3.1
BIPOLI EQUIVALENTI
41
3.2
COLLEGAMENTO IN SERIE DI RESISTORI
42
3.3
COLLEGAMENTO IN PARALLELO DI RESISTORI
49
3.4
COLLEGAMENTO SERIE-PARALLELO DI RESISTORI
56
3.5
TRASFORMAZIONE DI UN TRIANGOLO DI RESISTENZE IN UNA STELLA DI
RESISTENZE EQUIVALENTE AL TRIANGOLO
60
3.6
CONNESSIONE IN SERIE E PARALLELO DI CONDENSATORI LINEARI
75
3.7
CONNESSIONE IN SERIE E PARALLELO DI INDUTTORI LINEARI
63
3.8
ESEMPI DI CIRCUITI EQUIVALENTI
65
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
3.1
BIPOLI EQUIVALENTI
45
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
46
Consideriamo due generici bipoli:
Essi si diranno equivalenti se, istante per istante, le loro variabili terminali assumono
rispettivamente lo stesso valore, cioè si ha:
v 1 (t) = v 2 (t),
∀t
i 1 (t) = i 2 (t),
∀t
Osservo che nella definizione data non c'è nessun riferimento alla natura dei bipoli: si
parla, infatti, di equivalenza agli effetti esterni. Quanto detto per i bipoli può essere esteso anche ai circuiti. Consideriamo, per il momento, circuiti nei quali gli scambi energetici con l'esterno avvengono mediante due terminali che rappresentano la 'porta' del
circuito: la tensione e la corrente su tali terminali prendono il nome di variabili di por-
ta.
Tali circuiti si diranno equivalenti se, istante per istante, le variabili di porta corrispondenti assumono lo stesso valore, cioè:
v 1 (t) = v 2 (t) e i 1 (t) = i 2 (t), ∀t
47
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Definiamo caratteristica d'ingresso di un circuito (detta anche DPC o Driving Point
Characteristic) il legame funzionale tra le grandezze di porta tensione e corrente. Il
nome deriva dall'osservazione che la caratteristica é costituita da punti su cui si porta a
lavorare il circuito una volta che sia stato eccitato. Possiamo allora affermare che due
circuiti sono equivalenti se hanno la stessa DPC.
Nei prossimi paragrafi vedremo come ricavare la caratteristica d'ingresso di circuiti costituiti da resistori a due terminali collegati in serie o in parallelo o in serie-parallelo: tali
circuiti vengono definiti brevemente circuiti monoporta resistivi.
3.2
COLLEGAMENTO IN SERIE DI RESISTORI
Si consideri il circuito di fig.3.3 in cui due resistori non lineari sono collegati al nodo 2; i
nodi 1 e 3 sono connessi al resto del circuito denotato con N.
Guardando verso destra dai nodi 1 e 3 si ha un circuito formato dal collegamento in serie di due resistori non lineari; ai fini presenti, la natura del circuito N è irrilevante. Si
vuole ottenere la caratteristica d'ingresso del circuito con tensione di porta v e corrente
di porta i. Si supponga che entrambi i resistori siano controllati in corrente, cioè:
v1 = v1(i1) e
v2 = v2(i2)
(3.1)
Esse costituiscono le caratteristiche dei resistori. Successivamente applichiamo la LKC
ai nodi 1 e 2 ottenendo:
1) i − i 1 = 0 ⇔ i = i 1
2) i 1 − i 2 = 0 ⇔ i 1 = i 2 da cui segue : i = i = i
1
2
(3.2)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
48
Applicando poi la LKT alla sequenza chiusa di nodi 1-2-3-1 si ha:
v1 + v2 − v = 0 ⇔ v = v1 + v2
(3.3)
Combinando ora le equazioni (3.1),(3.2) e (3.3) si può scrivere:
v = v1(i) + v2(i)
(3.4)
che rappresenta la caratteristica v-i del circuito in esame. Essa definisce la caratteristica
d'ingresso di un resistore controllato in corrente di caratteristica:
v = v(i)
(3.5a)
in cui risulta:
v (i) = v1(i) + v2 (i) ∀ i
(3.5b)
In definitiva il circuito resistivo monoporta costituito da due resistori non lineari controllati in corrente e collegati in serie è equivalente ad un resistore non lineare con caratteristica data dalle equazioni (3.5a) e (3.5b). Un esempio particolare del caso appena
discusso si ha collegando in serie un resistore lineare ed un generatore ideale di tensione continua, che possono entrambi essere considerati come resistori controllati in corrente.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
49
Le equazioni caratteristiche dei due componenti sono:
v 1 = E e v 2 = Ri 2
(3.6)
Come nel caso precedente, applicando la LKC ai nodi 1 e 2 si ottiene:
i = i1 = i2
(3.7a)
mentre applicando la LKT alla sequenza chiusa di nodi 1-2-3-1 si ha:
v = v1 + v2
(3.7b)
che, per le equazioni (3.6), si può scrivere: v = E + Ri (*).
In altri termini, il circuito monoporta costituito dal collegamento in serie di un resistore
lineare e di un generatore ideale di tensione continua è equivalente ad un resistore non
50
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
lineare con caratteristica data dalla (*) e rappresentata in fig.3.5:
Il monoporta appena esaminato è il modello di una batteria reale con resistenza interna R. Consideriamo ora una batteria collegata in serie ad un diodo ideale: poiché un
diodo ideale non è un resistore controllato in corrente, non possiamo sommare direttamente le tensioni come nei due casi precedenti.
La batteria è controllata sia in tensione sia in corrente:
v1 = E + Ri1.
Il diodo ideale, invece, non è controllato né in tensione né in corrente; tuttavia, osservo
che:
1) v 2 = 0 con i 2 > 0
2) i 2 = 0 con v 2 < 0
51
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Considero, allora, indipendentemente, ciascun segmento della caratteristica del diodo
ideale:
1) ponendo i2>0 la tensione ai morsetti del diodo ideale è nulla; quindi possiamo scrivere quanto segue:
L.K.C.
i = i1 = i2
L.K.T.
v = v 1 + v 2 ⇒ v = v 1 = E + Ri 1 ⇒ v = E + Ri
(*)
Ricordando, dunque, la limitazione posta, la caratteristica d'ingresso del bipolo sarà
così rappresentata:
2) Ponendo, invece, v2<0 si ha una corrente nulla ai morsetti del diodo e si può scrivere
quanto segue:
L.K.C.
i = i1 = i 2 = 0
L.K.T.
v = v1 + v 2 = E + v 2
(Nota: essendo v2<0 allora v è sicuramente minore di E). In questo caso la caratteristica
52
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
del bipolo è così rappresentata:
Mettendo insieme le figure 3.7 e 3.8 si ottiene la caratteristica d'ingresso del bipolo in
esame:
Consideriamo ora il caso di n generatori ideali di tensione collegati in serie come in figura:
Poiché i generatori di tensione possono essere considerati come resistori controllati in
corrente, non si deve far altro che sommarne le tensioni per ottenere un bipolo equivalente. Infatti, applicando la LKC si ottiene, come nei casi precedenti:
i = i1= i2=...= in.
53
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Mentre applicando la LKT alla sequenza chiusa di nodi 1-2-..-n-1 si ha:
n
v = v 1 + v 2 + ... + v n ⇔ v = v s1 + v s2 + ... + v sn ⇔ v = v s con v s =
∑v
sk
(3.8)
k =1
In definitiva, il circuito in esame è equivalente ad un solo generatore ideale di tensione
la cui tensione è pari alla somma algebrica delle n tensioni dei generatori collegati in
serie, come espresso nella (3.8). Consideriamo ora il caso di n generatori ideali di corrente collegati in serie, come mostrato in figura:
Dalla LKC si ricava in modo analogo ai casi precedenti:
i = i 1 = i 2 = ... = i n ⇔ i = i s1 = i s2 = ... = i sn = i s
(3.9)
Questa relazione mostra che gli n generatori indipendenti di corrente devono avere tutti la stessa corrente, cioè il collegamento in serie di tali generatori ha senso solo se le
correnti sono tutte uguali (altrimenti verrebbe violata la LKC) e quindi il bipolo equivalente è un generatore di corrente con caratteristica i=is.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
54
Consideriamo il caso di n resistori lineari collegati in serie:
Si può scrivere inoltre:
L.K.C.
i = i1 = i 2 = ... = i n
L.K.T.
v = v1 + v 2 + ... + v n
(3.10)
Mettendo insieme le relazioni (3.10) e quelle di lato si ottiene:
55
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
n
v = v 1 + v 2 + .. + v n = (R 1 + R 2 + .. + R n )i ⇔ v = Ri con R = ∑ R k
(3.11)
k =1
In conclusione, il circuito in esame è equivalente ad un solo resistore lineare con resistenza R pari alla somma delle resistenze dei resistori collegati in serie. Inoltre, tenendo
conto delle caratteristiche, della LKC e della (3.11) cioè i=v/R, possiamo scrivere:
vk = Rki k = Rki = v
Rk
R
= v n k , K = 1..n
R
Rp
∑
(3.12)
p =1
Tale relazione è nota come regola del partitore di tensione.
Consideriamo, infine, il seguente circuito costituito da un resistore lineare ed uno non
lineare controllato in tensione e collegati tra loro in serie e le cui caratteristiche sono
mostrate in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
56
Le caratteristiche per i due resistori sono:
v1 = R1i1 e i2 = i2 (v2)
(*)
Poiché non è possibile risolvere il problema analiticamente, come nei casi precedenti, in
quanto il secondo resistore non è controllato in corrente posso pensare di risolverlo
graficamente sommando punto per punto le due tensioni v1 e v2, come in figura:
Ottengo così la caratteristica d'ingresso del circuito in esame nel piano v-i. Osserviamo
che la caratteristica risultante non è controllata né in tensione né in corrente.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
57
Riepilogo del collegamento in serie. I concetti chiave impiegati per ottenere la caratteristica d'ingresso di un bipolo formato dal collegamento in serie di resistori a due terminali sono:
1) la LKC impone che tutte le correnti che attraversano i componenti siano uguali alla
corrente di porta;
2) la LKT richiede l'uguaglianza tra la tensione di porta e la somma delle tensioni ai
terminali dei resistori;
3) se ciascun resistore è controllato in corrente, la caratteristica risultante del circuito è
quella di un resistore ancora controllato in corrente.
3.3
Collegamento in parallelo di resistori
Si consideri il circuito di fig.3.15 in cui due resistori non lineari sono collegati in parallelo nei nodi 1 e 2 al resto del circuito denotato con N:
Ai fini presenti la natura del circuito N è irrilevante. Si vuole ottenere la caratteristica
d'ingresso del circuito con tensione di porta v e corrente di porta i.
Si supponga che entrambi i resistori siano controllati in tensione, cioè:
i1 = i1 (v1)
e
i2 = i2 (v2)
(3.13)
Esse costituiscono le caratteristiche. Applicando la LKT alla coppia di nodi 1-2 si ha:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
58
v = v1 = v2
(3.14)
Successivamente applichiamo la LKC al nodo 1 ottenendo:
i – i1 – i2 = 0 ⇔ i = i1 + i2
(3.15)
Combinando ora le equazioni (3.13),(3.14) e (3.15) si può scrivere:
i = i1(v) + i2 (v)
(3.16)
che rappresenta la caratteristica v-i del circuito in esame. Essa afferma che la caratteristica d'ingresso del circuito è ancora quella di un resistore controllato in tensione:
i = i(v).
(3.16a)
in cui risulta:
i(v) = i1(v) + i2(v)
∀v
(3.16b)
In definitiva un circuito resistivo costituito da due resistori non lineari controllati in
tensione e collegati in parallelo è equivalente ad un resistore non lineare con caratteristica data dalle equazioni (3.16a) e (3.16b). Un esempio particolare del caso appena discusso si ha collegando in parallelo un resistore lineare ed un generatore ideale di corrente costante, che possono entrambi essere considerati come resistori controllati in
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
59
tensione.
Le equazioni di lato sono:
i1 = I s
e i 2 = Gv 2
(3.17)
Come nel caso precedente, applicando la LKT alla coppia di nodi 1-2 si ottiene:
v = v1 = v 2
(3.17a)
mentre applicando la LKC al nodo 1 si ha:
i = i1 + i 2
(3.17b)
che, per le equazioni (3.17) e (3.17a), si può scrivere come:
i = I s + Gv
(*)
In altri termini, il circuito costituito dal collegamento in parallelo di un resistore lineare
e di un generatore ideale di corrente costante è equivalente ad un resistore non lineare
con caratteristica data dalla (*) e rappresentata in fig.3.17.
60
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Riferiamoci a tale esempio per chiarire ulteriormente il concetto di bipolo equivalente. Si
ricordi che due circuiti resistivi monoporta sono detti equivalenti se hanno le stesse caratteristiche d'ingresso. Posto R'=1/G moltiplico entrambi i membri dell'equazione (*)
precedente ed ottengo:
R' i = R' Gv + R' i s ⇒ R' i = v + R' i s
Posto E'=R'is, l'equazione precedente si può scrivere:
v = R' i − E' (3.18)
Tale equazione può essere rappresentata dal collegamento in serie di un resistore lineare di resistenza R' con un generatore indipendente di tensione E' disposti come in figu-
ra:
Come si può facilmente osservare, la caratteristica sopra riportata coincide esattamente
con quella mostrata in fig.3.17 e quindi il circuito di fig.3.16a e quello di fig.3.16 sono
equivalenti. Consideriamo ora il collegamento in parallelo di un resistore lineare con
61
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
un generatore indipendente di corrente ed un diodo ideale come mostrato in fig.3.18:
poiché un diodo ideale non è un resistore controllato in tensione, non possiamo sommare direttamente le correnti come nei due casi precedenti.
Si noti che la caratteristica del diodo ideale nella figura di sopra con il diodo invertito è
l'immagine speculare rispetto all'origine di quella rappresentata in fig.3.6.
Il diodo ideale non è controllato né in tensione né in corrente; tuttavia, osservo che:
1) i d = 0 con v d > 0
2) v d = 0 con i d < 0
Considero, allora, indipendentemente ciascun segmento della caratteristica del diodo
ideale:
1) ponendo vd>0 la corrente ai morsetti del diodo ideale è nulla; quindi possiamo scrivere quanto segue:
L.K.T.
v = v 1 = v 2 = vd
L.K.C.
i = i 1 + i 2 + i d = i 1 + i 2 ⇒ i = Gv 1 + i s ⇒ i = Gv + i s
(*)
Ricordando, dunque, la limitazione posta, la caratteristica d'ingresso del circuito sarà
una semiretta con pendenza G che ha origine nel punto di coordinate (0,is):
2) Ponendo, invece, id < 0 si ha una tensione nulla ai morsetti del diodo e si può scrivere quanto segue:
62
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L.K.T. v = v1 = v2 = vd = 0
L.K.C. i = i1 + i2 + id = Gv1 + is + id = is + id (**)
(Nota: essendo id < 0 allora i è sicuramente minore di is). In questo caso la caratteristica
del circuito è così rappresentata:
Mettendo insieme le figure 3.19 e 3.20 si ottiene la caratteristica d'ingresso del circuito
in esame:
(Nota: confrontando tale figura con fig.3.9 si osserva che le due caratteristiche sono
simmetriche rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante se si conviene di porre
E=is e R=G ).
63
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Consideriamo ora il caso di n generatori ideali di tensione collegati in parallelo come in
figura:
Applicando la LKT si ottiene, come nei casi precedenti:
v = v 1 = v 2 = ..... = v n ⇔ v = v s1 = v s2 = .... = v sn . = v s
(3.19)
Da ciò segue che per collegare in parallelo n generatori indipendenti di tensione è necessario che essi abbiano tutti la stessa tensione, altrimenti si violerebbe la LKT. Il circuito in esame e' equivalente ad un generatore di tensione di caratteristica v = vs.
Consideriamo ora il caso di n generatori ideali di corrente collegati in parallelo, come
mostrato in figura:
Dalla LKC si ricava in modo analogo ai casi precedenti:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
64
n
i = i 1 + i 2 + ... + i n ⇔ i = i s1 + i s2 + ... + i sn ⇔ i = i s con i s =
∑i
sk
(3.20)
k =1
Da ciò si deduce che il circuito in esame è equivalente ad un solo generatore indipendente di corrente attraversato ai suoi morsetti da una corrente pari alla somma delle
correnti degli n generatori in parallelo.
Consideriamo il caso di n resistori lineari collegati in parallelo:
Si può scrivere inoltre:
L.K.T. v = v1 = v2 =...= vn
L.K.C. i = i1 + i2 +...+ in
(3.21)
Mettendo insieme le relazioni (3.21) e quelle di lato si ottiene:
n
i = i 1 + i 2 + .. + i n = (G 1 + G 2 + .. + G n )v ⇔ i = Gv con G =
∑G
k
(3.22)
k =1
In conclusione, il circuito in esame è equivalente ad un solo resistore lineare con conduttanza G pari alla somma delle conduttanze dei resistori collegati in parallelo. Inoltre, tenendo conto delle relazioni di lato, della LKT e della (3.22) cioè v=i/G, possiamo
scrivere:
65
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i k = Gk vk = Gk v = i
Gk
G
= i n k , K = 1..n
G
Gp
∑
(3.23)
p=1
Tale relazione è nota come regola del partitore di corrente.
Riepilogo del collegamento in parallelo. I concetti chiave impiegati per ottenere la caratteristica d'ingresso di un bipolo formato dal collegamento in parallelo di resistori a
due terminali sono:
1) la LKT impone l'uguaglianza di tutte le tensioni ai terminali dei componenti;
2) la LKC richiede che la corrente di porta i sia uguale alla somma delle correnti che
attraversano i resistori;
3) se ciascun resistore è controllato in tensione, la caratteristica risultante del circuito è quella di un resistore ancora controllato in tensione.
Enunciamo ora il concetto di DUALITÀ. E' interessante confrontare i due insiemi di
equazioni: dalla (3.1) alla (3.5) per il collegamento in serie e dalla (3.13) alla (3.16) per il
collegamento in parallelo: se sostituiamo tra loro v ed i in un insieme di equazioni si ottiene esattamente l'altro insieme. In maggior dettaglio, ridisegniamo i due circuiti del
collegamento in serie e in parallelo di due resistori non lineari ed indichiamoli, rispettivamente, con N e N':
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
66
Innanzitutto, si noti che scambiando reciprocamente tutte le v e le i in un'equazione, si
ottiene l'altra. Ciò tuttavia richiede che le funzioni:
v 1 (⋅) , i 1 (⋅)
e
v 2 (⋅) , i 2 (⋅)
siano rispettivamente identiche. Successivamente si confrontino le equazioni (3.2) e
(3.3) con le equazioni (3.14) e (3.15): mentre l'equazione (3.2) rappresenta la LKC applicata al collegamento in serie dei due resistori non lineari in N, l'equazione (3.14) rappresenta la LKT applicata al collegamento in parallelo dei due resistori non lineari in
N'; analogamente l'equazione (3.3) è la LKT espressa dalla somma delle due tensioni v1
e v2 in N, mentre l'equazione (3.15) è la LKC espressa dalla somma delle due correnti in
N'. Infine le equazioni (3.5a) e (3.5b) specificano la caratteristica d'ingresso del bipolo
ottenuto dal collegamento in serie di due resistori non lineari controllati in corrente
come quella di un solo resistore non lineare ancora controllato in corrente, mentre le
equazioni (3.16a) e (3.16b) specificano la caratteristica d'ingresso di un bipolo ottenuto
dal collegamento in parallelo di due resistori non lineari controllati in tensione come
quella di un resistore non lineare ancora controllato in tensione. Nella seguente tabella
1 sono elencati due insiemi di termini S e S' incontrati e che vengono definiti duali uno
rispetto all'altro. In particolare, le variabili, le relazioni, i parametri e le leggi della prima colonna sono i duali di quelli della seconda colonna relativi alla stessa riga. Impiegando tali termini si può definire un circuito duale:
Due circuiti N e N' sono definiti duali l'uno rispetto all'altro se le equazioni che descrivono il
circuito N sono identiche a quelle che descrivono il circuito N', dopo aver sostituito per N ogni
termine in S col corrispondente termine duale in S'.
Successivamente si estenderà l'insieme dei termini duali, man mano che ci si addentrerà nei dettagli della teoria dei circuiti.
67
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
S
S’
Tensione di lato
Corrente di lato
Resistore controllato in corrente
Resistore controllato in tensione
Resistenza
Conduttanza
Circuito aperto
Cortocircuito
Generatore di tensione indipendente
Generatore di corrente indipendente
Connessione serie
Connessione in parallelo
LKT
LKC
Tensione di porta
Corrente di porta
Tabella 1
Si può, infine, facilmente verificare che se due circuiti sono duali le loro caratteristiche
d'ingresso nel piano v-i sono simmetriche rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante: si confrontino, ad esempio, la figura (3.5) con la figura (3.17) e la figura (3.9) con
la figura (3.21).
3.4
Collegamento serie-parallelo di resistori
Estendiamo ora i concetti introdotti nei precedenti due paragrafi ai collegamenti serieparallelo di resistori a due terminali. Prendiamo in esame due esempi:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
68
1) si consideri il seguente circuito in cui due resistori non lineari in parallelo sono collegati in serie ad un terzo resistore non lineare, come mostrato in figura:
Il problema consiste nel determinare il resistore costituente il bipolo equivalente. Applicheremo il metodo della riduzione progressiva a partire dalla destra del circuito: occorre quindi determinare dapprima il bipolo equivalente del collegamento in parallelo
dei due resistori R1 e R2, come mostrato in figura. Supponiamo che i due resistori non
lineari siano entrambi controllati in tensione: valgono allora le seguenti relazioni:
i 1 = i 1 (v 1 )
e
i 2 = i 2 (v 2 )
L.K.T. : v p = v 1 = v 2
(3.24)
L.K.C. : i p = i 1 + i 2 = i 1 (v 1 ) + i 2 (v 2 ) = i 1 (v p ) + i 2 (v p )
Dunque i due resistori in parallelo sono equivalenti ad un unico resistore non lineare
ancora controllato in tensione definito da:
ip = ip (vp) con ip(vp) = i1(vp) + i2 (vp)
69
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il circuito iniziale viene allora così ridotto:
Il passo successivo è l'ottenimento del collegamento in serie dei due resistori rimasti. Si
assuma che la caratteristica di R3 sia controllata in corrente e specificata da:
v 3 = v 3 (i 3 )
(*)
Per poter procedere al collegamento in serie occorre che anche l'altro resistore sia controllato in corrente (altrimenti sarà necessario ricorrere al metodo grafico): ciò richiede
di calcolare la seguente funzione inversa:
v p = i p −1 (i p ) = v p (i p )
(**)
A questo punto, utilizzando la (*) e (**), si può scrivere:
L.K.C. : i = i 3 = i p
(3.25)
L.K.T. : v = v 3 + v p = v 3 (i 3 ) + v p (i p ) = v 3 (i) + v p (i)
In conclusione, il circuito iniziale è equivalente ad un solo resistore non lineare controllato in corrente e definito da:
v = v(i) con v(i) = v3(i) + vp(i)
(3.26)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
70
Nel presente problema, un passo fondamentale consiste nella determinazione della
funzione inversa: si tratta quindi di stabilire se tale inversa esiste. In caso negativo la
caratteristica non può essere scritta come nella (3.26) perché non c'è controllo in corrente. Un semplice criterio che garantisce l'esistenza dell'inversa è che la caratteristica v-i
sia monotona strettamente crescente. Qualora questo non dovesse verificarsi la caratteristica del bipolo illustrato in fig.3.25 potrà essere sempre rappresentata parametricamente nel seguente modo:
i = i p (v p )

v = v 3 (i) + v p
2) Si consideri ora il circuito mostrato in figura costituito da 5 resistori lineari collegati
in serie-parallelo (sono anche scritte le caratteristiche per ciascuno di essi):
Come nel caso precedente, occorre determinare il bipolo equivalente al circuito assegnato e per far ciò inizieremo a ridurre tale circuito a partire dall'estremità destra, come
mostrato nella figura di sopra. I due resistori di conduttanze, rispettivamente, G1 e G2
sono collegati in parallelo e quindi si può scrivere per essi:
i 1 = G1v1 e i 2 = G2 v2
con G 1 = 1 R 1 , G 2 = 1 R 2
L.K.T. :
vp = v1 = v2
L.K.C. :
i p = i 1 + i 2 = G 1 v 1 + G 2 v 2 = (G 1 + G 2 )v p
Di conseguenza possiamo sostituire tali due resistori con un unico resistore definito da:
i p = Gpvp
con G p = G 1 + G 2
71
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il circuito diventa:
Considero ora i due resistori collegati in serie nel nodo 3. Per essi si può scrivere:
v3 = R3i 3
e vp = R pi p
con R p = 1 G p
L.K.C. : i s = i 3 = i p
L.K.T. : v s = v 3 + v p = R 3 i 3 + R p i p = (R 3 + R p )i s
Dunque i due resistori collegati in serie possono essere sostituiti da un solo resistore
definito da:
vs = Rsi s
con R s = R 3 + R p
Il circuito allora diventa:
Per i due resistori collegati in parallelo si può scrivere:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
72
i 4 = G4v4
e
i s = Gsvs
con G s = 1 R s
L.K.T. : v q = v 4 = v s
L.K.C. : i q = i 4 + i s = G 4 v 4 + G s v s = (G 4 + G s )v q
Tali due resistori possono quindi essere sostituiti da un solo resistore definito da:
i q = Gq vq
con G q = G 4 + G s
Il circuito allora viene ulteriormente semplificato come segue:
Per i due resistori collegati in serie al nodo 2 valgono le seguenti relazioni:
v5 = R5i 5
e
vq = Rqi q
con R q = 1 G q
L.K.T. : i = i 5 = i q
L.K.C. : v = v 5 + v q = R 5 i 5 + R q i q = (R 5 + R q )i
Possiamo quindi concludere che il bipolo equivalente del circuito monoporta di partenza è costituito da un unico resistore lineare definito dalla caratteristica:
v = R⋅i
con R = R 5 + R q
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
3.5
73
Trasformazione di un triangolo di resistenze in una stella di
resistenze equivalente al triangolo
Si prenda in esame la fig. 3.31:
In fig. 3.31a è rappresentato un triangolo di resistenze mentre in fig. 3.31b è rappresentata una stella di resistenze. Si vuole determinare la stella di resistenze equivalente agli
effetti esterni al triangolo. Si noti che se nel triangolo fisso una certa coppia di morsetti,
per esempio la coppia 1-2, vedo la resistenza R12, compresa tra questi due morsetti, in
parallelo con la serie costituita dalle due resistenze R13 e R23; considerazioni analoghe
valgono per le altre due coppie di morsetti 1-3 e 2-3. Se ora si considera la stella di resistenze e la coppia di morsetti 1-2, la resistenza vista da questa coppia é pari alla serie di
R10 e R20. Analoghe considerazioni si possono fare per le coppie 2-3 e 3-1. La stella e il
triangolo sono fra loro equivalenti se risulta che, comunque si scelga una coppia di
morsetti nel triangolo, il resistore visto da tale coppia deve coincidere con il resistore
nella stella visto dalla corrispondente coppia di morsetti( naturalmente vale anche il
discorso inverso a partire dalla stella): in altri termini, devono avere la stessa D.P.C. i
resistori visti dalla stessa coppia di morsetti nelle due configurazioni, a triangolo e a
stella.
Allora per la coppia di morsetti 1-2 si può scrivere:
1) P (R 12 , (R 13 + R 23 )) = R 10 + R 20
Analogamente, per la coppia di morsetti 2-3 scriveremo:
2) P (R 23 , (R 13 + R 12 )) = R 20 + R 30
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
74
Ed infine, per la coppia di morsetti 1-3, si ha:
3) P (R 13 , (R 12 + R 23 )) = R 30 + R 10
(Nota: il simbolo P indica il collegamento in parallelo).
Tenendo presente che nel collegamento in parallelo la conduttanza equivalente è pari
alla somma delle conduttanze in parallelo e che nel collegamento in serie la resistenza
equivalente è pari alla somma delle resistenze in serie, le relazioni 1),2) e 3) possono essere scritte nel seguente modo:
 1
+

R
R 13
12

 1
+

 R 23 R 13
 1
+

 R 13 R 12
R (R + R 23 )
1
1
=
⇔ 12 13
= R 10 + R 20 (1)
+ R 23 R 10 + R 20
R 12 + R 13 + R 23
R (R + R 12 )
1
1
=
⇔ 23 13
= R 20 + R 30 (2)
+ R 12 R 20 + R 30
R 12 + R 13 + R 23
R (R + R 23 )
1
1
=
⇔ 13 12
= R 30 + R 10 (3)
+ R 23 R 30 + R 10
R 12 + R 13 + R 23
3.27
Questo rappresenta un sistema di tre equazioni nelle tre incognite R10, R20, R30.
Nelle 3.27, sottraendo dalla 1) la 2) si ottiene:
R 10 − R 30 =
R 12 R 13 − R 23 R 13
R 12 + R 13 + R 23
(*)
Sommando ora la 3) alla (*) si ha:
2R 10 =
2R 12 R 13
R 12 R 13
⇔ R 10 =
R 12 + R 13 + R 23
R 12 + R 13 + R 23
Sostituisco la (**) nella 3) ed ottengo:
(**)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
R 30 =
R 12
R 13 R 23
+ R 13 + R 23
75
(* * *)
Infine, sostituisco la (***) nella 2) e si ha:
R 20 =
R 12
R 12 R 23
+ R 13 + R 23
(* * **)
Riepilogando, si può scrivere:
R 10 =
R 12
R 12 R 13
R 12 R 23
R 13 R 23
R 20 =
R 30 =
+ R 13 + R 23
R 12 + R 13 + R 23
R 12 + R 13 + R 23
Come si può osservare da quest'ultima relazione, la resistenza del raggio della stella
che converge in un certo nodo n è pari al prodotto delle resistenze nel triangolo che
convergono nello stesso nodo n diviso la somma di tutte le resistenze del triangolo.
Se invece è nota la configurazione a stella e si vuole ricavare il triangolo equivalente si
procede in modo analogo sostituendo le conduttanze alle resistenze (grazie alla proprietà di dualità). Si ricavano allora le conduttanze per il triangolo in funzione delle
conduttanze nella stella come segue:
G 12 =
3.6
G 10
G 10 G 20
G 20 G 30
G 10 G 30
G 23 =
G 13 =
+ G 20 + G 30
G 10 + G 20 + G 30
G 10 + G 20 + G 30
Connessione in serie e parallelo di condensatori lineari
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
76
Consideriamo il seguente circuito monoporta formato da n condensatori lineari collegati in serie. Si vuole determinare la sua D.P.C.:
Per ciascun condensatore valgono le seguenti relazioni:
i k (t ) = C k
dv k (t )
,
dt
1
v k (t ) =
Ck
t
con k = 1,2,..., n
1
i k (τ )d τ =
Ck
−∞
∫
0
1
i k (τ )d τ +
Ck
−∞
∫
(*)
t
∫i
t
k
∫
(τ )d τ = v k ( 0) + S k i k (τ )d τ ,
0
0
con k = 1,2,..., n (Nota : S k = 1 C k )
(**)
Essendo il collegamento in serie, si può scrivere:
L.K.C. :
i(t) = i1 (t) = i 2 (t) = ... = i n (t)
L.K.T. :
v(t) = ∑ v k (t) ⇒ v(t) = ∑ v k (0) + ∑ S k ∫ i k (τ )dττ , (3.28)
n
n
n
t
k =1
k =1
k =1
0
Osservo che per t=0 si ha nella (3.28):
n
v (0) = ∑ v k (0) e quindi, tenendo presente la LKC, la (3.28) diventa :
k =1
t
n
0
k =1
v (t ) = v (0) + S ∫ i (τ )dτ , dove si è posto S = ∑ S k
(3.29)
77
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Possiamo allora concludere che il circuito monoporta iniziale è equivalente ad un solo
condensatore lineare con tensione iniziale ed elastanza date rispettivamente da:
n
v(0) =
∑v
n
e S=
k (0)
k =1
∑S
k
k =1
Consideriamo ora il seguente circuito in cui ci sono n condensatori lineari collegati in
parallelo:
Anche in questo caso per ciascun condensatore valgono le relazioni (*) e (**) scritte alla
pagina precedente. D'altra parte risulta quanto segue:
L.K.T. : v(t) = v 1 (t) = v 2 (t) = .... = v n (t), ∀t.
Per t = 0 si ha : v(0) = v1 (0) = v 2 (0) = ... = v n (0)
Da ciò si conclude che se gli n condensatori lineari sono collegati in parallelo, le loro
tensioni iniziali devono essere necessariamente uguali altrimenti sarebbe violata la
LKT. Se tale condizione è soddisfatta si può ancora scrivere, tenendo conto della LKT:
n
L.K.C. : i(t) =
∑
n
i k (t) =
k =1
∑
k =1
Ck
dv k (t)
=
dt
n
∑C
k =1
k
dv(t)
dv(t)
=C
,
dt
dt
n
con C =
∑C
k
(*).
k =1
Questa relazione esprime il fatto che, nell'ipotesi che le tensioni iniziali dei condensatori siano tutte uguali tra loro e pari ad un certo valore vo, il circuito iniziale sarà allora
equivalente ad un solo condensatore lineare con tensione iniziale sempre pari a vo e
capacità data dalla (*).
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
78
3.7
Connessione in serie e parallelo di induttori lineari
Consideriamo il seguente circuito monoporta formato da n induttori lineari collegati in
parallelo.
Si vuole determinare la sua D.P.C.. Per ciascun induttore valgono le seguenti relazioni:
vk (t ) = Lk
i k (t ) =
1
Lk
dik (t )
,
dt
t
con k = 1,2,..., n
∫ vk (τ )dτ =
−∞
1
Lk
0
∫ vk (τ )dτ +
−∞
(*)
t
t
1
vk (τ )dτ = ik (0) + Γk ∫ vk (τ )dτ ,
Lk ∫0
0
con k = 1,2,..., n (Nota : Γk = 1 Lk )
(**)
Essendo il collegamento in parallelo, si può scrivere:
L .K .T . :
v (t ) = v 1 (t ) = v 2 (t ) = ... = v n (t )
L .K .C . :
i (t ) =
n
∑
k =1
i k (t ) ⇒ i (t ) =
n
∑
k =1
Osservo che per t=0 si ha nella (3.30):
n
i k ( 0) +
t
∑ ∫
Γk v k (τ )d τ , (3.30)
k =1
0
79
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
n
i ( 0) =
∑i
k
( 0)
e quindi, tenendo presente la LKT, la (3.30) diventa :
k =1
t
n
0
k =1
i (t ) = i (0) + Γ ∫v (τ )d τ , dove si è posto Γ = ∑ Γk
(3.31)
Possiamo allora concludere che il circuito monoporta iniziale è equivalente ad un solo
induttore lineare con corrente iniziale ed induttanza reciproca date rispettivamente da:
n
i(0) =
∑
k =1
n
i k (0) e Γ =
∑Γ
k
k =1
Consideriamo ora il seguente circuito in cui ci sono n induttori lineari collegati in serie:
Anche in questo caso per ciascun induttore valgono le relazioni (*) e (**) scritte precedentemente per il collegamento in parallelo. D'altra parte risulta quanto segue:
L.K.C. : i(t) = i 1 (t) = i 2 (t) = .... = i n (t), ∀t.
Per t = 0 si ha : i(0) = i 1 (0) = i 2 (0) = ... = i n (0)
Da ciò si conclude che se gli n induttori lineari sono collegati in serie, le loro correnti iniziali devono essere necessariamente uguali altrimenti sarebbe violata la LKC. Se tale
condizione è soddisfatta si può ancora scrivere, tenendo conto della LKC:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
80
n
L.K.T. : v(t) =
∑
n
v k (t) =
k =1
∑
k =1
Lk
n
di k (t)
di(t)
di(t)
=
Lk
=L
,
dt
dt
dt
k =1
∑
n
con L =
∑L
k
(*).
k =1
Questa relazione esprime il fatto che, nell'ipotesi che le correnti iniziali degli induttori
siano tutte uguali tra loro e pari ad un certo valore i0, il circuito iniziale sarà allora equivalente ad un solo induttore lineare con corrente iniziale sempre pari a i0 ed induttanza data dalla (*).
3.8
Esempi di circuiti equivalenti
Supponiamo di avere un circuito monoporta costituito da un solo condensatore lineare
di capacità C carico, cioè con una tensione iniziale non nulla, come mostrato in figura:
81
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per il condensatore valgono le seguenti relazioni:
i (t ) = C
v (t ) =
1
C
dv (t )
dt
(3.32)
t
∫
i (τ )d τ = v c (0) +
−∞
1
C
t
∫ i (τ )d τ
(3.33)
0
Il primo addendo della (3.32) rappresenta, come sappiamo, la tensione iniziale nel condensatore ed essendo un termine costante possiamo indicarlo con Vo. Mentre il secondo addendo della (3.33) può essere interpretato come la tensione che si avrebbe ai morsetti del condensatore se esso fosse inizialmente scarico, cioè con tensione iniziale nulla; se indico tale termine con vc(t) la (3.33) diventa:
v(t) = V0 + v c (t)
(3.34)
Questa equazione è suscettibile della seguente interpretazione circuitale. Considero il
circuito mostrato in figura:
Valgono, dunque, queste relazioni:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
82
t
e
v g = V0
1
vc (t ) = ∫ ic (τ )dτ
C0
L.K .C. : i (t ) = ig (t ) = ic (t )
t
1
L.K .T . : v(t ) = v g (t ) + vc (t ) = V0 +v c (t ) = V0 + ∫ i(τ )dτ
C0
(*)
Confrontando la relazione (*) con la (3.34) possiamo concludere che un condensatore
lineare di capacità C e con tensione iniziale diversa da zero è equivalente ad un circuito
monoporta costituito dal collegamento in serie di un generatore di tensione costante
pari alla tensione iniziale del condensatore con un condensatore lineare avente la stessa
capacità C ma con tensione iniziale nulla.
Supponiamo ora di avere un circuito monoporta costituito da un solo induttore lineare
di induttanza L carico, cioè con una corrente iniziale non nulla, come mostrato in figu-
ra:
Per l'induttore valgono le seguenti relazioni:
v (t ) = L
di (t )
dt
t
(3.35)
t
1
1
i (t ) =
v (τ )d τ = i L ( 0) +
v (τ )d τ
L −∞
L 0
∫
∫
(3.36)
Il primo addendo della (3.36) rappresenta, come sappiamo, la corrente iniziale nell'induttore ed essendo un termine costante possiamo indicarlo con Io. Mentre il secondo
addendo della (3.36) può essere interpretato come la corrente che si avrebbe ai morsetti
dell'induttore se esso fosse inizialmente scarico, cioè con corrente iniziale nulla; se indico tale termine con iL(t) la (3.36) diventa:
83
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i(t) = I 0 + i L (t)
(3.37)
Questa equazione è suscettibile della seguente interpretazione circuitale. Considero il
circuito mostrato in figura:
Valgono, dunque, queste relazioni:
t
ip = I0
e
iL (t ) =
1
v L (τ )dτ
L ∫0
L.K .T . : v(t ) = v p (t ) = vL (t )
t
L.K .C. : i (t ) = i p (t ) + iL (t ) = I 0 +i L (t ) = I 0 +
1
v(τ ) dτ
L ∫0
(*)
Confrontando la relazione (*) con la (3.37) possiamo concludere che un induttore lineare di induttanza L e con corrente iniziale diversa da zero è equivalente ad un circuito
monoporta costituito dal collegamento in parallelo di un generatore di corrente costante pari alla corrente iniziale dell'induttore con un induttore lineare avente la stessa induttanza L ma con corrente iniziale nulla.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
84
CAPITOLO 4
4.1
DETERMINAZIONE DEI PUNTI DI LAVORO: METODO DELLA CARATTERISTICA
DI CARICO
68
4.2
LINEARIZZAZIONE A TRATTI
75
4.3
RESISTORI CONCAVI E CONVESSI
76
4.4
SINTESI DELLA CARATTERISTICA DEL DIODO TUNNEL
79
4.5
ANALISI PER PICCOLI SEGNALI
101
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
4.1
85
DETERMINAZIONE DEI PUNTI DI LAVORO: METODO DELLA CARATTERISTICA DI
CARICO
Assegnato un circuito qualunque si è interessati a determinarne una soluzione mediante la quale sia poi possibile ricavare tutte le tensioni e correnti di lato. Per alcuni circuiti
la soluzione è unica: ad esempio, si può dimostrare che ciò è vero nel caso di un circuito formato da resistori lineari tempo-invarianti a due terminali e un generatore indipendente di corrente o di tensione costanti. Per altri circuiti può esistere un'unica soluzione, soluzioni multiple o addirittura nessuna soluzione: ciò accade, in particolare, per
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
86
circuiti con componenti non lineari. Le soluzioni si possono ricavare con metodi analitici, numerici e grafici. Precisiamo che un circuito sarà definito lineare se contiene solo
elementi circuitali lineari e generatori indipendenti. E' importante capire il ruolo svolto
da tali generatori: essi sono considerati come ingressi per il circuito e di conseguenza la
soluzione è considerata come risposta a tali ingressi. Le soluzioni per un circuito con ingressi in continua (cioè con generatori indipendenti costanti) sono definite punti di lavoro: il termine analisi in continua si riferisce alla determinazione dei punti di lavoro.
Un metodo frequentemente utilizzato per l'analisi in continua di circuiti resistivi è detto metodo della caratteristica di carico o LOAD LINE. Per applicarlo occorre che:
1) il circuito resistivo abbia sorgenti indipendenti costanti
2) sia possibile individuare due sezioni del circuito con una porta in comune
Vediamo in cosa consiste il metodo. Assegnato un qualsiasi circuito resistivo, si individuino in esso due sezioni collegate tra loro mediante una sola porta, come mostrato in
figura:
Ogni sezione è costituita da un'interconnessione di resistori: non si fa alcuna ipotesi
sulla linearità degli elementi circuitali presenti in ciascuna sezione che, quindi, possono
essere anche non lineari. Attribuiamo alla sezione A il nome di carico: è consigliabile
che il carico abbia una caratteristica alla porta di facile determinazione e rappresentazione nel piano v-i; per questo motivo, se possibile, si fa in modo di racchiudere nel carico gli elementi circuitali lineari e i generatori di tensione o corrente (necessariamente
costanti per l'ipotesi di lavoro in continua). Si assuma che i due monoporta A e B siano
specificati dalle seguenti caratteristiche d'ingresso in termini della propria tensione e
corrente di porta:
fa (v a , i a ) = 0
e
fb (v b , i b ) = 0
(4.1)
Occorre ora scrivere soltanto le equazioni relative alle leggi di Kirchhoff per definire l'interconnessione di porta ai due nodi 1 e 2:
87
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L.K.T. va = vb
(4.2)
L.K.C. ib = - ia
(4.3)
Posto ora:
i = i b = −i a
e
v = va = v b
(4.4)
le due equazioni (4.1) si possono scrivere in termini di v ed i come:
fa (v,− i) = 0

fb (v, i) = 0
(4.5)
Le soluzioni di tale sistema rappresentano i punti di lavoro cercati. Graficamente il
punto o i punti di lavoro cercati sono dati dall'intersezione delle due curve nel piano vi rappresentative delle due equazioni. La caratteristica alla porta del carico fa(v,-i)
prende il nome di caratteristica di carico: essa si ottiene ribaltando la caratteristica d'ingresso del monoporta A rispetto all'asse delle tensioni. Vediamo subito alcuni esempi:
1) si consideri il seguente circuito resistivo:
Valgono le seguenti relazioni:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
88
ia = −J
e
i b = Gv b
(*)
L.K.T. : v = v a = v b
L.K.C. : i = i b = − i a
(**)
Si ottiene allora il sistema di due equazioni nelle incognite i e v che risolto fornisce la
soluzione del circuito:
i = J
J
⇒ P , J 

i
=
Gv
G 

(* * *)
Il circuito ammette quindi un unico punto di lavoro,che abbiamo indicato con P, che
fornisce la corrente e la tensione alla porta 1-2 mediante le quali è facile poi ricavare le
correnti e le tensioni di lato sfruttando le relazioni (*) e (**): il circuito è quindi completamente risolto. Graficamente si ha:
(Si noti che la 'load line' è simmetrica della caratteristica d'ingresso del carico rispetto
all'asse delle tensioni.)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
89
2) Si consideri il seguente circuito:
Riportando nel piano v-i la caratteristica del diodo tunnel e quella del generatore di
corrente ribaltata rispetto all'asse delle tensioni (come previsto dal sistema 4.5) si ha:
Dal grafico si osserva che se il generatore ha una corrente il cui valore è compreso tra J1
e J2 il circuito in esame avrà tre punti di lavoro distinti.
3) Si consideri il seguente circuito:
90
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Riportando nel piano v-i la caratteristica del diodo reale polarizzato inversamente e
quella del generatore di corrente ribaltata rispetto all'asse delle tensioni (come previsto
dal sistema 4.5) si ha:
Dal grafico si osserva che se il generatore ha una corrente il cui valore è superiore a Js il
circuito in esame non avrà alcun punto di lavoro.
4) Si consideri il seguente circuito:
Si può scrivere quanto segue:
v a = Ri a + E : D . P . C . del carico

fb (v b , i b ) = 0 : D . P . C . del bipolo collegato al carico .
Effettuando le sostituzioni (4.4) di pag. 72 si ottiene:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v = −Ri + E

fb (v, i) = 0
91
(*)
Supponendo di conoscere la rappresentazione grafica nel piano v-i del diodo reale polarizzato direttamente, il punto di lavoro del circuito in esame viene ricavato come intersezione di tale curva con la retta di carico la cui equazione è la prima nel sistema (*)
appena scritto:
5) Si consideri, infine, il seguente circuito:
(Nota: per comodità non sono state scritte le tensioni di lato, che comunque in seguito
si indicheranno con la lettera v seguita dallo stesso pedice della corrente di lato corrispondente.)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
92
La caratteristica d'ingresso del carico è facilmente determinabile:
va = R7 i a + E
(*)
La caratteristica d'ingresso del monoporta collegato al carico si ricava dopo aver effettuato le seguenti sostituzioni equivalenti:
93
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Quindi la caratteristica del monoporta collegato al carico è:
vb = Rei b
(**)
Applicando ora le sostituzioni (4.4) di pag.72 alla (*) e (**) si ha:
 ReE
v = − R 7 i + E
E
⇒ P 
,

=
v
R
i
R
+
R
R
e

7
e + R7
 e

 ≡ P (v, i )

Quindi il circuito ha un solo punto di lavoro P le cui coordinate (v,i) sono state ricavate: ora, in funzione di tali valori, è possibile ottenere tutte le correnti e tensioni di lato.
In particolare per i resistori che si trovano nel bipolo collegato al carico valgono le seguenti relazioni:
(Dal circuito di fig. 4.14 si ha :
v5 = v ⇒ i5 =
(Inoltre : v's = v ⇒ i's = v's = v
R's R's
Dal circuito di fig. 4.13 si ha : i's = i'p = i 6
v
R5
(4.6)
(4.7)
(
(4.8)
(da cui si ottiene : v 6 = R 6 i 6 = R 6 i's e v'p = R'p i'p = R'p i's
(Dal circuito di fig. 4.12 si ha : v'p = v 4 = v s
(4.9)
(4.10)
v'p
v 4 v'p
v
=
e is = s =
R4 R4
Rs Rs
Dal circuito di fig. 4.11 si ha : i s = i 3 = i p
(da cui si ottiene : i 4 =
(
(4.11)
(4.12)
(da cui si ottiene : v 3 = R 3 i 3 = R 3 i s e v p = R p i p = R p i s
(4.13)
Osservando, infine, il circuito di fig. 4.10 si ricava:
G2

i 2 = G + G i 3 ⇒ v 2 = R 2 i 2
1
2

G
1
i 1 =
i 3 ⇒ v 1 = R 1i 1
G1 + G2

partitore di corrente al parallelo
tra R 1 e R 2
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
94
4.2
LINEARIZZAZIONE A TRATTI
Il metodo della linearizzazione a tratti è molto utile nello studio di circuiti con resistori
non lineari. Caratteristiche nel piano v-i non lineari possono essere approssimate con
segmenti in modo tale da poterne facilmente determinare la rappresentazione analitica.
Verranno ora presentati due modelli ideali 'lineari a tratti' utilizzati come elementi base
per la sintesi di modelli più complessi.
4.3
RESISTORI CONCAVI E CONVESSI
Sussiste, in generale, la seguente definizione: una funzione f(x) si dice concava se comunque si fissino due valori della variabile indipendente x e un numero reale a
compreso tra 0 e 1 (inclusi) risulti:
f [ax 1 + (1 − a )x 2 ] ≤ af (x 1 ) + (1 − a )f (x 2 ) , ∀x 1 , x 2 ∈ ℜ e 0 ≤ a ≤ 1
In altri termini, il tratto di curva relativo alla funzione f(x) nell'intervallo [x1,x2] deve
trovarsi al di sotto della secante la curva nei punti di ascissa x1 e x2.
Se nella relazione precedente si sostituisce il segno di minore o uguale con quello di
maggiore o uguale si ottiene la definizione di funzione convessa.
Si definisce resistore concavo un bipolo la cui caratteristica nel piano v-i è mostrata in
figura insieme alla sua rappresentazione circuitale:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
95
Si osserva allora che il resistore concavo è controllato in tensione ed è individuato
completamente da due parametri: G ossia la pendenza della semiretta rispetto all'asse
della tensione, E che è detta tensione di break. E' facile verificare che la rappresentazione
analitica della caratteristica di un resistore concavo è data da:
i=
G
[(v − E) + v − E ]
2
(*)
Infatti, consideriamo la seguente figura dove è diagrammata, nel caso (a), la funzione
i=(G/2)(v-E) e, nel caso (b), la stessa funzione ma considerata nel suo valore assoluto;
fissando il valore di tensione e sommando i valori di corrente corrispondenti per le due
funzioni si ottiene proprio la caratteristica di un resistore concavo con tensione di
break pari ad E e conduttanza pari a G:
Si può inoltre facilmente verificare che un circuito equivalente a tale resistore concavo
96
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
è quello rappresentato di seguito:
Tale equivalenza sussiste, però, solo nel caso in cui sia G>0. Infatti se risulta G<0 la caratteristica del resistore concavo diventa:
e come possiamo osservare è ancora controllata in tensione. Se invece nel circuito di
fig. 4.17 il resistore ha una conduttanza G<0 allora la sua caratteristica d'ingresso sarà
la seguente:
e come si osserva tale caratteristica, oltre ad essere diversa da quella di fig. 4.18, non è
neanche controllata in tensione.
Si definisce, invece, resistore convesso un bipolo la cui caratteristica nel piano v-i è
mostrata in figura insieme alla sua rappresentazione circuitale:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
97
Si osserva allora che il resistore convesso è controllato in corrente ed è individuato
completamente da due parametri: R ossia la pendenza della semiretta rispetto all'asse
della corrente, J che è detta corrente di break. E' facile verificare che la rappresentazione
analitica della caratteristica di un resistore convesso è data da:
v=
R
[(i − J ) + i − J ]
2
(**)
Infatti, consideriamo la seguente figura dove è diagrammata, nel caso (a), la funzione
v=(R/2)(i-J) e, nel caso (b), la stessa funzione ma considerata nel suo valore assoluto;
fissando il valore di corrente e sommando i valori di tensione corrispondenti per le due
funzioni si ottiene proprio la caratteristica di un resistore convesso con corrente di
break pari ad J e resistenza pari a R:
Si può facilmente verificare che un circuito equivalente ad un resistore convesso è il seguente:
98
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Tale equivalenza sussiste, però, solo nel caso in cui sia R>0. Infatti se risulta R<0 la caratteristica del resistore convesso diventa:
e come possiamo osservare è ancora controllata in corrente. Se invece nel circuito di fig.
4.21 il resistore ha una resistenza R<0 allora la sua caratteristica d'ingresso sarà la se-
guente:
e come si osserva tale caratteristica, oltre ad essere diversa da quella di fig. 4.22, non è
neanche controllata in corrente.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
4.4
99
Sintesi della caratteristica del diodo tunnel
In generale, il processo di sintesi consiste nell'esaminare una caratteristica assegnata e
ricavare da essa un modello circuitale costituito da determinati elementi collegati in
modo opportuno e tale che la sua caratteristica d'ingresso coincida proprio con la caratteristica assegnata: si tratta, quindi, del processo inverso dell'analisi di un circuito nel
quale si cerca, invece, di determinare la caratteristica d'ingresso del circuito in esame.
Consideriamo, come esempio, la sintesi della caratteristica del diodo tunnel: essa è mostrata nella figura seguente insieme alla sua rappresentazione linearizzata a tratti:
Dalla figura si osserva che è possibile individuare tre campi, o regioni, di funzionamento, ciascuno caratterizzato dalla pendenza del segmento di approssimazione, che
sarà nota a priori insieme alle due tensioni E1 e E2:
regione 1 : G = G a
per v ≤ E 1
regione 2 : G = G b
regione 3 : G = G c
per E 1 ≤ v ≤ E 2
per v > E 2
100
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Allora, partendo da sinistra verso destra, possiamo decomporre la caratteristica linearizzata nella somma di tre componenti, come mostrato in fig. 4.25: una retta passante
per l'origine con pendenza G0; la caratteristica di un resistore concavo con tensione di
break pari a E1 e pendenza negativa pari a G1; la caratteristica di un resistore concavo
con tensione di break pari a E2 e pendenza positiva pari a G2:
In tal modo possiamo affermare che un circuito avente una D.P.C. simile alla caratteri-
stica linearizzata del diodo tunnel è il seguente:
Perché esso corrisponda esattamente alla caratteristica linearizzata del diodo tunnel, i
parametri devono evidentemente soddisfare le seguenti relazioni:
regione 1 : G 0 = G a
regione 2 : G 0 + G 1 = G b
regione 3 : G 0 + G 1 + G 2 = G c
Risolto tale sistema di tre equazioni in tre incognite si ottiene:
G0 = Ga
G1 = G b − Ga
G2 = Gc − Gb
101
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Possiamo, inoltre, facilmente ricavare la rappresentazione analitica della D.P.C. del circuito di fig. 4.26 (uguale a quella della caratteristica linearizzata del diodo tunnel) osservando che i tre resistori sono collegati in parallelo e quindi è sufficiente sommare le
tre correnti come previsto dalla L.K.C. :
G1
[(v − E 1 ) + v − E 1 ] , i 2 = G 2 [(v − E 2 ) + v − E 2 ]
2
2
da cui si ottiene :
i 0 = G0 v , i 1 =
i = i0 + i1 + i2 = −
G1E 1 G 2 E 2 
G
G
G
G
−
+  G 0 + 1 + 2  v +  1 v − E 1 + 2 v − E 2  (*)
2
2
2
2 
2

 2

La relazione appena ottenuta può porsi nella forma:
i = a 0 + a 1 v + (b 1 v − E 1 + b 2 v − E 2 )
(**)
Le relazioni precedenti possono essere facilmente estese al caso in cui la caratteristica
linearizzata possieda n punti di break. Si può, infatti, scrivere:
n
i = a + bv +
∑c
i
v − Ei
i =1
dove Ei rappresentano le tensioni di break e i coefficienti a,b e ci vanno opportunatamente determinati in funzione delle pendenze dei vari tratti della caratteristica.
4.5
ANALISI PER PICCOLI SEGNALI
L’analisi di circuiti nei quali siano inseriti elementi non lineari è piuttosto complessa.
Una tecnica particolare, di grande importanza nel campo dell’ingegneria, che consente
di risolvere questo tipo di circuiti, è l’analisi per piccoli segnali di un sistema non lineare. Questa è un’analisi di variazione del punto di lavoro in seguito all’applicazione di un
nuovo segnale. Per illustrare i concetti dell’analisi per piccoli segnali facciamo riferimento ad un semplice circuito.
102
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si consideri il circuito mostrato in figura:
Si supponga che esso sia progettato in modo tale da avere un unico punto di lavoro P e
precisamente esso si trovi nel tratto di curva in cui la pendenza è negativa, come mostrato di seguito:
Il circuito di fig. 4.27 è detto circuito di polarizzazione perché porta il diodo tunnel a
funzionare in uno specifico punto di lavoro. Alla tensione costante E di polarizzazione
si può sovrapporre una tensione tempo-variante vs(t), che nel circuito di fig. 4.29 è for-
nita dal generatore di tensione vs(t), e che soddisfi la condizione v s (t ) << E per qualunque t, ossia stiamo supponendo che la tensione tempo variante sia in valore assoluto molto più piccola della tensione di polarizzazione E in ogni istante di tempo.
103
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Ad esempio vs(t) può essere una sinusoide la cui ampiezza è molto più piccola del valore E della tensione di polarizzazione. In altre parole la tensione vs(t) rappresenta il
segnale processato dal circuito quando il diodo è portato nella condizione di funzionamento individuata dal punto P. In conseguenza dell’applicazione del segnale vs(t) si
hanno degli scostamenti dal punto di lavoro iniziale, il problema che vogliamo risolvere è valutare la tensione vd(t) e la corrente id(t) per il diodo in questa condizione.
E' interessante, quindi, vedere come possa essere calcolato il nuovo punto di lavoro in
cui si porta il sistema.
Al variare della forma d'onda vs(t) nel tempo, possiamo pensare che la load line si sposti parallelamente a sé stessa, poiché adesso la tensione che determina la load-line è
data da E+vs(t). In questo modo il nuovo punto di lavoro può essere ottenuto graficamente come intersezione della caratteristica del diodo tunnel con la linea di carico 'mobile', individuando il punto Q come nuovo punto di lavoro:
Si può procedere analiticamente come segue. Supponiamo che la caratteristica del diodo tunnel sia esprimibile in questo modo:
i d = g(v d )
(4.14)
Dal circuito di fig.4.27 si ricava poi la seguente relazione:
v d − E − Ri R = 0 ⇒ v d = E + Ri R ⇒ v d = E − Ri d
essendo : i d = − i R
(4.15)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
104
Per definizione di punto di lavoro, e precisamente essendo questo un punto comune alla caratteristica del diodo tunnel ed alla retta di carico, si ha che le sue coordinate devono essere tali da soddisfare entrambe le relazioni (4.14) e (4.15), cioè:
v d = v p
Posto : P(v p , i p ) si ha : 
⇒
i d = i p = −i R
i p = g (v p )
(4.16)
v p = E − Ri p
(4.17)
Ora, in seguito all'inserimento del generatore vs(t) che viene detto generatore di piccolo segnale, si avrà uno scostamento dal punto di lavoro iniziale P tale da portare il sistema in un nuovo punto di lavoro Q le cui coordinate possono essere così scritte:
V = v p + v 1
Q(V, I ) con 
I = i p + i 1
(4.18)
(Nota: i1 e v1 rappresentano le variazioni, rispettivamente, di corrente e di tensione).
Esaminando il circuito di fig.4.29 si osserva che:
i d = g (v d )
(4.19)
v d − E − Ri R − v s (t) = 0 ⇒ v d = E + Ri R + v s (t) ⇒ v d = E + v s (t) − Ri d
(4.20)
essendo : i d = − i R
Per quanto detto prima, il nuovo punto di lavoro deve soddisfare entrambe le relazioni
(4.19) e (4.20):
v d = V
Posto : Q(V, I ) si ha : 
⇒
i d = I = − i R
I = g (V ) ⇒ i p + i 1 = g v p + v 1
(
) (
)
V = E + v (t) − RI ⇒ (v + v ) = E + v (t) − R (i
s
p
1
s
(4.21)
p
+ i1
)
(4.22)
Effettuando ora lo sviluppo in serie di Taylor della funzione g(.) di punto iniziale vp e
fermandosi ai primi due termini essendo i successivi trascurabili (infatti, per l'ipotesi di
piccolo segnale, lo scostamento v1 della tensione dalla tensione del punto di lavoro P è
piccolo e diventa trascurabile per potenze maggiori o uguali alla seconda), la relazione
(4.21) diventa:
105
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(
)
I = (i p + i 1 ) = g v p + v 1 = g(v p ) + v 1
∂g
∂v v p
(4.23)
D'altra parte, tenendo presente la relazione (4.16), si ha nella (4.23):
i 1 = v1
∂g
1
= g' v 1 ⇒ v 1 = r' i 1 con r' =
∂v v p
g'
(4.24)
La quantità determinata dalla derivata calcolata nel punto di lavoro vP ed indicata con
g' è detta conduttanza per piccoli segnali del diodo nell'intorno del punto di lavoro P, mentre
il suo inverso r' è detta resistenza per piccoli segnali del diodo nell'intorno del punto di lavoro
P.
A questo punto, tenendo presente le relazioni (4.17) e (4.24), possiamo scrivere la relazione (4.22) come segue:
(
)
v p + v 1 = E + v s (t) − R i p + i 1 ⇒ v 1 = v s (t) − Ri 1 ⇒
v s (t) = r' i 1 + Ri 1
(**)
Tale equazione può essere considerata rappresentativa del seguente circuito detto circuito equivalente per piccoli segnali intorno al punto di lavoro P; si tratta di un circuito lineare poiché i due resistori sono lineari, infatti r' ha valore costante come R:
Evidentemente, si ricava:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
106
v s (t)
v (t)
e
v 1 = r' i 1 = r' s
R + r'
R + r'
e, quindi, le coordinate del nuovo punto di lavoro Q sono :
i1 =
V = v p + v 1 = v p + r'
v s (t)
v (t)
e I = ip + i1 = ip + s
R + r'
R + r'
Si noti che la resistenza r', nel caso particolare in esame, è negativa cosicché nel circuito
di fig. 4.31 è presente un resistore lineare attivo.
Quindi, attraverso il circuito di fig. 4.31 si può ricavare molto facilmente il valore delle
variazioni di tensione e corrente introdotte dal generatore di piccolo segnale rispetto al
punto di lavoro originario e poi, attraverso queste, valutare la tensione vd(t) e la corrente id(t) per il diodo in questa nuova condizione di funzionamento.
Infine notiamo che geometricamente, l'approssimazione contenuta nell'equazione
(4.23) corrisponde alla sostituzione della caratteristica non lineare del diodo con la tangente ad essa nel punto di lavoro iniziale P. Tale approssimazione sarà tanto più valida
quanto più la tangente si avvicina alla curva rappresentante la caratteristica del diodo
tunnel e quindi quanto più è 'piccolo' il segnale vs(t). Si comprende ora, quindi, cosa si
intende per piccolo segnale, nel senso che l’approssimazione fatta è valida fino a che si
può confondere la tangente nel punto P con la caratteristica del diodo tunnel e cioè fino
a che l’errore che si commette con questo tipo di approssimazione è tollerabile per il
circuito che di volta in volta si prenderà in esame. I segnale vs(t) si potrà prendere tanto
più grande quanto più la caratteristica del diodo sarà sufficientemente vicina alla tangente nel punto di lavoro da rientrare nei limiti di errore accettabili.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
107
CAPITOLO 5
5.1
ELEMENTI A PIÙ TERMINALI
108
5.2
ESEMPIO DI RESISTORE BIPORTA
115
5.3
RAPPRESENTAZIONE GEOMETRICA DEI BIPORTA RESISTIVI E SIGNIFICATO
FISICO DEI PARAMETRI DELLE CARATTERISTICHE
119
5.4
GENERATORI PILOTATI LINEARI
125
5.5
GIRATORI
129
5.6
INDUTTORI BIPORTA
132
5.7
TRASFORMATORE IDEALE
143
5.8
CONDENSATORI BIPORTA
146
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
108
5.1
ELEMENTI A PIÙ TERMINALI
Gli elementi circuitali che rappresentano modelli astratti di dispositivi fisici a più terminali sono chiamati, in generale, multipoli. Un elemento ad n morsetti si chiamerà npolo e quindi si avranno dei tripoli, quadripoli etc. a seconda che i terminali accessibili
siano tre, quattro etc. Anche per i dispositivi a più terminali, così come abbiamo fatto
per quelli a due terminali, non ci interesserà analizzare da un punto di vista fisico o costruttivo la loro struttura interna bensì ci interesserà conoscere il comportamento elettrico di tali dispositivi con l'esterno, ossia il loro comportamento ai morsetti. A tal fine
è più comodo sostituire il dispositivo fisico multiterminale con un suo modello astrat-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
109
to, cioè un multipolo, avente ai morsetti lo stesso comportamento elettrico del dispositivo in esame. A questo punto, così come nel caso dei bipoli, occorre definire le variabili terminali mediante le quali sia possibile descrivere il comportamento ai morsetti di
un multipolo e determinare una relazione funzionale che le leghi tra loro e che, se raffigurata nello spazio individuato da tali variabili, determini il luogo geometrico contenente tutti i punti di funzionamento del multipolo: tale relazione funzionale è detta caratteristica del multipolo. Per quanto riguarda la scelta delle variabili terminali, esse
devono soddisfare le seguenti due proprietà:
1) devono essere misurabili;
2) devono essere indipendenti tra loro.
Consideriamo allora, per semplicità, un tripolo e scegliamo come variabili terminali la
tensione e la corrente che sicuramente soddisfano la prima proprietà; possiamo defini-
re tre tensioni e tre correnti come mostrato in figura:
Se applichiamo la LKT alla sequenza chiusa di nodi 1-2-3-1 si ha:
v 12 + v 23 + v 31 = 0
(5.1)
Questo significa che solo due tensioni sono fra loro indipendenti perché, note queste
due, l'altra può essere ricavata dalla relazione (5.1). Analogamente se applichiamo la
LKC alla superficie gaussiana tratteggiata si ha:
i1 + i2 + i 3 = 0
(5.2)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
110
Questo significa che solo due correnti sono fra loro indipendenti perché, note queste
due, l'altra può essere ricavata dalla relazione (5.2). In definitiva occorreranno solo due
tensioni e due correnti (o, come vedremo fra poco, due coppie di variabili terminali
opportune) per descrivere il comportamento ai morsetti del tripolo considerato. Generalizzando, per un n-poli, serviranno n-1 coppie di variabili terminali. Se assumiamo
un morsetto come riferimento, possiamo individuare come (n-1) correnti indipendenti
quelle associate (entranti) agli altri morsetti. Allo scopo di rappresentare in modo conciso solo le correnti indipendenti conviene introdurre un vettore i ad n-1 componenti,
definito come segue:
i = [i1, i2,..., in-1]T
il vettore i prende il nome di "corrente del multipolo".
Analogamente, se j ed l sono due morsetti del multipolo diversi da quello di riferimento, la legge di Kirchhoff per le tensioni pone:
vjl = vj – vl
dove con vk (k = 1,2,...,n-1) si é indicata la tensione del nodo k rispetto al nodo di riferimento. Tutte le possibili tensioni fra coppie di morsetti possono essere quindi espresse in termini delle tensioni vk, fra il k-esimo morsetto ed il morsetto di riferimento. Per
un n-polo, queste tensioni sono n-1 e definiscono il vettore v "tensione del multipolo":
v = [v1, v2,..., vn-1]T
Una grandezza fisica importantissima é la potenza elettromagnetica p entrante nel multipolo. Questa potenza esiste perché sicuramente nel multipolo hanno luogo fenomeni
energetici; p, inoltre, avrà carattere conservativo. Come già per il bipolo, si dimostra
che la potenza elettromagnetica p entrante in un multipolo é:
p = v1i1 + v2i2 +...+ vn-1in-1
= vTi,
dove vT indica un vettore riga. Con le stesse convezioni di segno utilizzate per il calcolo
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
111
delle precedenti quantità, la quantità -vTi si chiamerà potenza uscente dal multipolo.
Oltre a tensione e corrente che definiscono un n-polo resistivo, si possono scegliere come variabili terminali anche tensione e carica oppure corrente e flusso, in tal modo si otterranno n-poli capacitivi o induttivi, rispettivamente. Un gran numero di multipoli
hanno un numero pari di morsetti organizzati a coppie in modo tale che la corrente entrante in un morsetto é uguale alla corrente uscente dall'altro. Ogni coppia di morsetti
per le quali é valida tale proprietà costituisce una "porta".
n
vn
n'
2
v2
.
.
.
.
i2
2'
1
v1
in
i1
1'
fig. 5.1 bis
In fig. 5.1 bis é riportata un generico multiporta con n porte. Su ogni porta si possono
definire una tensione ed una corrente. Se non indicato diversamente, le convenzioni di
segno che si utilizzano sulle porte sono quelle degli utilizzatori. Le correnti di porta individuano anche tutte le correnti ai morsetti del multipolo. Si presti, però, attenzione al
fatto che le tensioni di porta non consentono di determinare le tensioni presenti tra un
morsetto di una porta ed un morsetto di un'altra porta. Tuttavia, poiché nella pratica
queste tensioni non interessano, si può ritenere che le variabili di porta individuino tutte le grandezze elettriche relative al multiporta. Si noti che non é detto che un N-polo
(anche se N é pari) possa essere ricondotto ad un n-porta (n = N/2), mentre è sicuramente vero il contrario. In realtà, quando tutti gli N morsetti (N pari) sono, a coppie,
chiusi su bipoli, i morsetti del multipolo si presentano organizzati in porte. In questo
caso si parla di n-porta non intrinseco, in quanto il funzionamento da multiporta é garantito solo dalla particolare configurazione dei collegamenti con l'esterno (se le connessioni cambiano, non è detto che il multipolo si comporti ancora da multiporta). Si
definiscono, invece, multiporta intrinseci quei multipoli che sempre funzionano come
112
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
multiporta, comunque i morsetti siano collegati con l'esterno (od eventualmente tra di
loro). Si noti, infine, che, come già detto, in alcuni casi é possibile considerare per un
multipolo un morsetto come riferimento. Quando tale dispositivo é connesso all'esterno attraverso bipoli collegati tra ciascun morsetto e quello di riferimento, si ottengono
comunque delle porte, ciascuna definita dalla tensione tra la coppia di morsetti e la
corrente entrante nel morsetto. In tal caso si parlerà di multiporta con terminale comune (o grounded). Per esempio, possiamo considerare nel tripolo di fig. 5.1 un nodo come riferimento (per esempio il nodo 3) e disegnare quindi il tripolo in questo modo:
Possiamo allora introdurre le variabili v1 e v2 , i1 ed i2. Possiamo anche pensare di sostituire il nodo di riferimento con un collegamento non resistivo (reoforo) ottenendo così:
Possiamo allora schematizzare un tripolo nel seguente modo:
Questa rappresentazione chiarisce per quale motivo un tripolo può anche essere definito come elemento biporta o doppio bipolo. Si dimostra, infine, che per definire completamente il comportamento elettrico di un multipolo ai suoi morsetti occorrono N1relazioni funzionali tra le N-1 coppie di variabili terminali scelte:
113
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
f1 (x 1 , x 2 ,...., x n −1 , y 1 , y 2 ,...., y n −1 ) = 0
f (x , x ,...., x , y , y ,...., y ) = 0
2 1 2
n −1
1
2
n −1

....................................................
fn −1 (x 1 , x 2 ,...., x n −1 , y 1 , y 2 ,...., y n −1 ) = 0
(5.3)
(Nota: con x e y indichiamo le due variabili terminali che possono essere scelte tra le
seguenti coppie:
- tensione, corrente;
- tensione, carica;
- corrente, flusso ).
Per un doppio bipolo o biporta saranno sufficienti solo due relazioni funzionali tra le
due coppie di variabili terminali scelte:
f1 (x 1 , x 2 , y 1 , y 2 ) = 0

f2 (x 1 , x 2 , y 1 , y 2 ) = 0
(5.4)
Le relazioni (5.3) e (5.4) rappresentano rispettivamente la caratteristica di un multipolo
e di un tripolo: in particolare, la caratteristica di un tripolo descrive una superficie bidimensionale nello spazio a quattro dimensioni individuato dalle quattro variabili
terminali scelte per definire il tripolo stesso. Ovviamente se sono verificate particolari
condizioni sulle (5.4), ovvero se le relazioni sono lineari allora é possibile scrivere le
(5.4) nella forma:
y 1 = f1 (x 1 , x 2 )

y 2 = f2 (x 1 , x 2 )
(5.4 bis)
In seguito considereremo solo doppi bipoli ma quanto diremo è facilmente estendibile
anche ai multiporta. Sussiste ora la seguente distinzione nell'ambito dei doppi bipoli:
•
se la caratteristica di un biporta o doppio bipolo è espressa da due relazioni funzionali di questo tipo:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
114
f1 (v 1 , v 2 , i 1 , i 2 ) = 0

f2 (v 1 , v 2 , i 1 , i 2 ) = 0
(5.5)
allora si parlerà di resistore biporta o doppio bipolo resistivo.
•
se la caratteristica di un biporta o doppio bipolo è espressa da due relazioni funzionali di questo tipo:
f1 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0

f2 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0
(5.6)
allora si parlerà di condensatore biporta.
•
se la caratteristica di un biporta o doppio bipolo è espressa da due relazioni funzionali di questo tipo:
f 1 (ϕ1 , ϕ 2 , i 1 , i 2 ) = 0

f 2 (ϕ1 , ϕ 2 , i 1 , i 2 ) = 0
(5.7)
allora si parlerà di induttore biporta. Prima di passare all'esame dei resistori biporta
osserviamo che, quando ci si occupa di doppi bipoli, spesso è necessario distinguere le
porte, per cui una di esse è definita 'porta 1' mentre l'altra 'porta 2' come mostrato in
fig. 5.4: per tradizione, con 'porta 1' ci si riferisce spesso alla porta d'ingresso e con 'porta
2' alla porta di uscita.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
5.2
115
ESEMPIO DI RESISTORE BIPORTA
Si consideri un doppio bipolo resistivo costituito da tre resistori lineari come mostrato
in fig. 5.5; si applichino al doppio bipolo due generatori indipendenti di corrente come
indicato:
Valgono le seguenti relazioni:
Relazioni di lato :
v R1 = R 1 i R1
v R2 = R 2 i R2
v R3 = R 3 i R3
L.K.C. :
nodo 1 : i 1 = i R1
nodo 2 : i 2 = i R2
nodo 3 : i R3 = i R1 + i R2
L.K.T. :
sequenza chiusa di nodi 1 - 3 - 4 - 1 : v 1 = v R1 + v R3
sequenza chiusa di nodi 2 - 3 - 4 - 2 : v 2 = v R2 + v R3
Combinando insieme tutte queste relazioni si ottiene:
v 1 = R 1i R1 + R 3 i R3 = R 1 i 1 + R 3 (i 1 + i 2 )
v 2 = R 2 i R2 + R 3 i R3 = R 2 i 2 + R 3 (i 1 + i 2 )
che possono essere riscritte nel seguente modo:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
116
v 1 = (R 1 + R 3 )i 1 + R 3 i 2

v 2 = R 3 i 1 + (R 2 + R 3 )i 2
(*)
Per quanto detto nel paragrafo precedente, la (*) rappresenta la caratteristica del resistore biporta in esame.
In termini del vettore tensione di porta e del vettore corrente di porta possiamo porre
le equazioni precedenti in forma matriciale come:
v1 
R 1 + R 3
v =   = R⋅i = 
v
 2
 R3
R 3  i 1 
⋅
R 2 + R 3  i 2 
(5.8)
in cui:
R 1 + R 3
R=
 R3
R3 
R 2 + R 3 
(5.8a)
è definita matrice di resistenza del doppio bipolo resistivo lineare. Il resistore è lineare
in quanto il vettore delle tensioni è espresso come funzione lineare del vettore delle
correnti. L'equazione (5.8) fornisce la rappresentazione controllata in corrente del resistore
biporta lineare poiché le tensioni sono espresse come funzioni delle correnti, ossia le
correnti sono le variabili indipendenti mentre le tensioni sono quelle dipendenti. Naturalmente esiste anche la rappresentazione controllata in tensione:
i = G⋅v
con G = R −1 =
R 2 + R 3
1
⋅
det(R)  − R 3
(5.9)
− R3 
R 1 + R 3 
(5.9a)
La matrice G è definita matrice di conduttanza del doppio bipolo resistivo lineare.
Oltre alle due rappresentazioni appena introdotte, ne esistono altre quattro che caratte-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
117
rizzano il doppio bipolo resistivo tramite quattro variabili scalari v1,v2,i1,i2 e due equazioni. Le sei possibili rappresentazioni di un resistore biporta sono di seguito riassunte:
1) Tipo rappresentazione : controllata in corrente.
Variabili indipendenti : i1 , i 2
Variabili dipendenti :
Equazioni scalari :
v1 , v 2
v 1 = r11i 1 + r12 i 2

v 2 = r21i1 + r22 i 2
Equazione vettoriale :
v = R ⋅i
2) Tipo rappresentazione : controllata in tensione.
Variabili indipendenti : v1 , v 2
Variabili dipendenti :
Equazioni scalari :
i1 , i 2
i1 = g 11 v 1 + g 12 v 2

i 2 = g 21 v 1 + g 22 v 2
Equazione vettoriale :
i = G⋅v
3) Tipo rappresentazione : ibrida 1.
Variabili indipendenti : i 1 , v 2
Variabili dipendenti :
Equazioni scalari :
v1 , i 2
 v1 = h 11i1 + h 12 v 2

i 2 = h 21i1 + h 22 v 2
Equazione vettoriale :
 v1 
 i1 
 i  = H ⋅ v 
 2
 2
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
118
4) Tipo rappresentazione : ibrida 2.
Variabili indipendenti : v 1 , i 2
Variabili dipendenti : i 1 , v 2
Equazioni scalari :
i 1 = h' 11 v 1 + h'12 i 2

v 2 = h' 21 v 1 + h' 22 i 2
 i1 
v 1 
Equazione vettoriale :   = H'⋅ 
v 2 
 i2 
5) Tipo rappresentazione : trasmissione 1.
Variabili indipendenti : v 2 , i 2
Variabili dipendenti : v 1 , i 1
Equazioni scalari :
v 1 = t 11 v 2 − t 12 i 2

i 1 = t 21 v 2 − t 22 i 2
v 1 
 v2 
Equazione vettoriale :   = T ⋅ 

 i1 
− i 2 
6) Tipo rappresentazione : trasmissione 2.
Variabili indipendenti : v 1 , i 1
Variabili dipendenti : v 2 , i 2
Equazioni scalari :
v 2 = t'11 v 1 + t'12 i 1

− i 2 = t' 21 v 1 + t' 22 i 1
 v2 
v 1 
Equazione vettoriale : 
 = T'⋅ i 
− i 2 
 1
Analogamente a quanto accade per le prime due rappresentazioni si ha, nell'ipotesi che
H e T siano non singolari:
H' = H −1
e
T' = T −1
H e H' sono definite matrici ibride, essendo le variabili dipendenti una tensione ed una
corrente e così pure le variabili indipendenti. Gli stessi parametri hanno natura diversa:
h11 è dimensionalmente un resistenza, h22 una conduttanza, h12 ed h21 sono parametri
adimensionali. T e T' sono definite matrici di trasmissione poiché mettono in relazione le
variabili corrispondenti ad una porta con quelle corrispondenti all'altra ed il doppio
bipolo si comporta da mezzo di trasmissione. E' facile ricavare le relazioni che consentono di passare da un tipo di rappresentazione ad un altro fra i 6 possibili. A titolo d'esempio, vediamo come passare alla rappresentazione ibrida 1 nota la rappresentazione
controllata in corrente: si tratta cioè di esprimere la matrice H in funzione degli elementi
della matrice R. Come si può osservare dalle relazioni scritte precedentemente, la rappresentazione ibrida 1 richiede di esprimere v1 e i2 in funzione di i1 e v2; allora è sufficiente, nella seconda equazione della rappresentazione controllata in corrente, ricavare
i2 in funzione di i1 e v2, e sostituire nella prima equazione come segue:
119
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica

 r

1
v 1 = r11 i 1 + r12  − 21 i 1 +
v 2 

v 1 = r11 i 1 + r12 i 2
r22

 r22
⇒
⇒

r
1
v 2 = r21 i 1 + r22 i 2
i = − 21 i +
v2
1
 2
r22
r22



r21
r
r − r21 r
r12 i 1 + 12 v 2
v 1 =  r11 −
 11 r 12
r
r

22
22


22
⇒
H
=


r21
r
1
 −
i = − 21 i +
v2
1
r22

 2
r22
r22
r12 
r22 
1

r22 
Osserviamo, infine, che non é detto che un resistore biporta lineare ammetta tutte e sei
le rappresentazioni precedentemente considerate. Vedremo in seguito che vi sono resistori che ne ammettono solo alcune.
5.3
RAPPRESENTAZIONE GEOMETRICA DEI BIPORTA RESISTIVI E SIGNIFICATO FISICO DEI
PARAMETRI DELLE CARATTERISTICHE
Rappresentazione controllata in corrente. E' stato definito il resistore lineare a due
terminali come quello avente per caratteristica una linea retta passante per l'origine nel
piano v-i. Per i doppi bipoli resistivi si hanno quattro variabili e due equazioni, ovvero
la rappresentazione controllata in corrente è:
v 1 = r11 i 1 + r12 i 2

v 2 = r21i 1 + r22 i 2
(5.10)
Queste due equazioni individuano una superficie bidimensionale nello spazio a quattro dimensioni individuato dalle quattro variabili i1,v1,i2,v2. Naturalmente ciò è difficile
da visualizzare. Comunque se si considera un'equazione per volta è possibile fornire
una rappresentazione tramite due famiglie di rette negli appropriati piani v-i. Si consideri il tracciamento, nel piano v1-i1 delle linee rette:
v 1 = r11i 1 + r12 i 2
(*)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
120
dove i2 è considerato come parametro variabile a cui sono assegnati successivamente più
valori:
i2 = 0,±1,±2,...
Il risultato è una famiglia di linee rette con pendenza uguale a 1/r11 come mostrato in
figura a):
Analogamente in figura b) sono tracciate, nel piano v2-i2, le rette :
v 2 = r21 i 1 + r22 i 2
(**)
in cui si è impiegato i1 come parametro. Queste due famiglie di linee rette parallele definiscono la rappresentazione controllata in corrente del doppio bipolo resistivo lineare
descritto dalle (5.10). Dalla prima delle equazioni (5.10), si possono dare le seguenti interpretazioni fisiche:
r11 =
v1
i 1 i =0
2
e
r12 =
v1
i 2 i =0
1
(5.11)
121
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
r11 è definita resistenza d'ingresso alla porta 1 quando la porta 2 è mantenuta nella condizione
di circuito aperto, mentre r12 è definita resistenza di trasferimento inversa quando la porta 1 è
mantenuta nella condizione di circuito aperto. In figura sono mostrate le interpretazioni fisiche di questi due parametri:
Il primo dei due parametri rappresenta la resistenza alla porta 1 quando questa viene
alimentata da un generatore di corrente pari a i1 mantenendo la porta 2 in circuito aperto, mentre il secondo parametro è il rapporto tra la tensione alla porta 1, mantenuta
in circuito aperto, e la corrente alla porta 2 alimentata da un generatore di corrente pari
a i2 ( da quanto detto, si osserva che nelle espressioni 5.11 il denominatore dei due rapporti indica l'alimentazione ad una delle due porte ). In modo analogo, dalla seconda
equazione delle (5.10) si ha:
r21 =
v2
i 1 i =0
2
e
r22 =
v2
i 2 i =0
1
(5.12)
Il primo parametro nella relazione (5.12) prende il nome di resistenza di trasferimento diretta quando la porta 2 è mantenuta nella condizione di circuito aperto, mentre il secondo parametro è detto resistenza d'ingresso alla porta 2 quando la porta 1 è mantenuta nella condizione di circuito aperto. Le interpretazioni fisiche di questi due parametri sono le seguenti:
(Nota: dalle definizioni date possiamo concludere che si parla di resistenza di trasferimento diretta o inversa a seconda che sia alimentata la porta 1 o la porta 2).
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
122
Rappresentazione controllata in tensione. E' semplice, per mezzo di una trattazione
duale, fornire le corrispondenti interpretazioni per la rappresentazione controllata in
tensione:
i 1 = g 11 v 1 + g 12 v 2

i 2 = g 21 v 1 + g 22 v 2
(5.13)
Dalla prima equazione si può scrivere:
g 11 =
i1
v 1 v =0
2
e
g 12 =
i1
v 2 v =0
1
(5.14)
Il primo parametro nella relazione (5.14) prende il nome di conduttanza d'ingresso alla
porta 1 quando la porta 2 è mantenuta in cortocircuito, mentre il secondo parametro è detto
conduttanza di trasferimento inversa quando la porta 1 è mantenuta in cortocircuito. Analogamente dalla seconda equazione delle (5.13) si ha:
g 21 =
i2
v 1 v =0
2
e
g 22 =
i2
v 2 v =0
1
(5.15)
Il primo parametro nella relazione (5.15) prende il nome di conduttanza di trasferimento
diretta quando la porta 2 è mantenuta in cortocircuito, mentre il secondo parametro è detto
conduttanza d'ingresso alla porta 2 quando la porta 1 è mantenuta in cortocircuito. Per ciascuno dei quattro parametri si hanno quindi le seguenti interpretazioni fisiche:
123
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Come si osserva dalla figura, le conduttanze di ingresso ad una porta sono il rapporto
tra la corrente e la tensione relative a quella porta quando l'altra porta è mantenuta in
cortocircuito; mentre si parla di conduttanza di trasferimento diretta o inversa a seconda che sia alimentata la porta 1 o la porta 2 ( in questo caso l'alimentazione è rappresentata da un generatore di tensione).
Rappresentazione ibrida. Le due equazioni per la rappresentazione ibrida 1 sono:
v 1 = h 11 i 1 + h 12 v 2

i 2 = h 21 i 1 + h 22 v 2
(5.16)
Seguendo la stessa trattazione dei due casi precedenti si può scrivere:
h 11 =
v1
i 1 v =0
2
e
h 12 =
v1
v 2 i =0
1
(5.17)
h 21 =
i2
i 1 v =0
2
e
h 22 =
i2
v 2 i =0
1
(5.18)
Nella relazione (5.17) il primo parametro prende il nome di resistenza d'ingresso alla porta 1 quando la porta 2 è in cortocircuito, mentre il secondo parametro è detto rapporto di
trasferimento di tensione inverso quando la porta 1 è mantenuta nella condizione di circuito aperto. Nella relazione (5.18) il primo parametro prende il nome di rapporto di trasferimento di corrente diretto quando la porta 2 è in cortocircuito, mentre il secondo parametro è detto conduttanza d'ingresso alla porta 2 quando la porta 1 è mantenuta nella condizione di circuito aperto. Seguono ora, per ciascuno dei quattro parametri, le interpretazioni fisiche:
124
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per la rappresentazione ibrida 2 valgono considerazioni analoghe.
Rappresentazione trasmissione. Le due equazioni della rappresentazione trasmissione
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
125
1 sono:
v 1 = t 11 v 2 − t 12 i 2

i 1 = t 21 v 2 − t 22 i 2
(5.19)
Dalla prima equazione delle (5.19) si può scrivere:
t 11 =
v1
v 2 i =0
2
(5.20)
La sua interpretazione fisica sarebbe la seguente:
Tale interpretazione, tuttavia, non ha senso da un punto di vista fisico perché, sebbene
un generatore di tensione ammette, in generale, qualsiasi valore di corrente e quindi
anche quella nulla (si tenga presente, infatti, la sua caratteristica nel piano v-i), ciò rimane vero solo se si considera il generatore come un elemento circuitale a sé stante
cioè non collegato ad un qualsiasi altro elemento: in tal caso il generatore non può essere attraversato da una corrente nulla. Le stesse conclusioni valgono per tutti gli altri
parametri della rappresentazione trasmissione 1 e anche per quelli della rappresentazione trasmissione 2.
5.4
GENERATORI PILOTATI LINEARI
Sinora si sono incontrati generatori di tensione e di corrente indipendenti: questi sono
utilizzati come ingressi di un circuito. Ora introdurremo altri tipi di generatori detti pilotati o controllati, o dipendenti. Sono questi dei biporta resistivi lineari e tempoinvarianti (ideali) e sono estremamente utili per il modellamento circuitale di dispositi-
126
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
vi fisici. É tipico, ad esempio, rappresentare una retroazione in un dispositivo fisico con
un generatore pilotato nel suo modello circuitale. Un generatore pilotato è un resistore
biporta costituito da due lati: un lato primario che può essere un circuito aperto od un
cortocircuito, ed un lato secondario che può essere un generatore di corrente o di tensione dipendente; inoltre, la forma d'onda della tensione o della corrente nel lato secondario è pilotata (controllata) dalla tensione o dalla corrente nel lato primario. Quindi esistono quattro tipi di generatori pilotati a seconda che il lato primario sia un circuito aperto o un cortocircuito e a seconda che nel lato secondario ci sia un generatore di
corrente o di tensione. I quattro tipi di generatori pilotati sono mostrati in figura:
Essi sono il generatore di tensione pilotato in corrente (CCVS), il generatore di corrente pilotato in tensione (VCCS), il generatore di corrente pilotato in corrente (CCCS), il generatore di
tensione pilotato in tensione (VCVS). Si noti che i generatori pilotati sono denotati con un
simbolo a forma di rombo per distinguerli dai generatori indipendenti. Essendo dei resistori biporta, ciascun generatore pilotato è caratterizzato da due equazioni lineari:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
127
v = 0
 v   0 0  i 1 
1) CCVS :  1
⇔  1 = 
⋅ 
v 2  rm 0 i 2 
v 2 = rm i1
i = 0
 i   0 0  v 1 
⇔  1 = 
2) VCCS :  1
⋅ 
i 2  g m 0  v 2 
i 2 = g m v 1
v = 0
 v   0 0  i 1 
⇔  1 = 
3) CCCS :  1
⋅ 
 i 2  α 0  v 2 
i 2 = αi1
i = 0
 i   0 0  v 1 
⇔ 1=
4) VCVS :  1
⋅ 
 v 2   µ 0  i 2 
v 2 = µv 1
Come si osserva dalle relazioni appena scritte, la prima è una rappresentazione controllata in corrente, la seconda controllata in tensione, la terza è una rappresentazione
ibrida 1 mentre la quarta è una rappresentazione ibrida 2. Valgono inoltre le seguenti
definizioni:
rm = transresistenza
g m = transconduttanza
α = rapporto di trasferimento di corrente
µ = rapporto di trasferimento di tensione
Tali grandezze sono tutte costanti, quindi i quattro generatori pilotati costituiscono
doppi bipoli resistivi lineari tempo-invarianti. Si osservi, infine, quanto segue: la rappresentazione che caratterizza il generatore CCVS, come già detto, è controllata in corrente ma la matrice di resistenza è singolare e perciò la sua inversa non esiste; è anche
facile dimostrare che non esiste alcuna delle rappresentazioni ibride. Si possono fare
analoghe considerazioni per gli altri tre generatori pilotati. Analogamente si può dimostrare che anche gli altri tre generatori pilotati non ammettono tutte le rappresentazioni
dei biporta resistivi.
Circuiti equivalenti del doppio bipolo resistivo lineare.
I generatori pilotati sono impiegati per ottenere rappresentazioni circuitali equivalenti
dei doppi bipoli resistivi. Si consideri, ad esempio, la rappresentazione controllata in
corrente di un resistore biporta lineare:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
128
v 1 = r11 i 1 + r12 i 2

v 2 = r21 i 1 + r22 i 2
(*)
(**)
L'equazione (*) esprime un equilibrio di tensioni, quindi può essere interpretata come il
collegamento in serie di un resistore lineare di resistenza r11 con un generatore di tensione pilotato dalla corrente i2 alla porta 2; analogamente l'equazione (**) può essere interpretata come il collegamento in serie di un resistore lineare di resistenza r22 con un
generatore di tensione pilotato dalla corrente i1 alla porta 1. Quindi il doppio bipolo in
esame può essere rappresentato con il seguente circuito equivalente:
(Questa rappresentazione equivalente di un resistore biporta è molto utilizzata nell'analisi di un circuito mediante il metodo delle maglie).
Supponiamo ora che del resistore biporta sia nota la rappresentazione controllata in
tensione:
i 1 = g 11 v 1 + g 12 v 2

i 2 = g 21 v 1 + g 22 v 2
(*)
(**)
L'equazione (*) esprime un equilibrio di correnti, quindi può essere interpretata come il
collegamento in parallelo di un resistore lineare di conduttanza g11 con un generatore
di corrente pilotato dalla tensione v2 alla porta 2; analogamente l'equazione (**) può essere interpretata come il collegamento in parallelo di un resistore lineare di conduttanza g22 con un generatore di corrente pilotato dalla tensione v1 alla porta 1. Quindi il
doppio bipolo in esame può essere rappresentato con il seguente circuito equivalente:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
129
(Questa rappresentazione equivalente di un resistore biporta è molto utilizzata nell'analisi di un circuito mediante il metodo nodale).Supponiamo ora che del resistore biporta sia nota la rappresentazione ibrida 1:
v 1 = h 11 i 1 + h 12 v 2

i 2 = h 21i 1 + h 22 v 2
(*)
(**)
L'equazione (*) esprime un equilibrio di tensioni, quindi può essere interpretata come il
collegamento in serie di un resistore lineare di resistenza h11 con un generatore di tensione pilotato dalla tensione v2 alla porta 2. L'equazione (**) esprime, invece, un equilibrio di correnti e quindi può essere interpretata come il collegamento in parallelo di un
resistore lineare di conduttanza h22 con un generatore di corrente pilotato dalla corrente i1 alla porta 1. Quindi il doppio bipolo in esame può essere rappresentato con il seguente circuito equivalente:
Per la rappresentazione ibrida 2 si segue un procedimento analogo.
5.5
GIRATORI
Il giratore è un doppio bipolo resistivo lineare tempo-invariante definito dalle seguenti
equazioni:
i 1 = Gv 2

i 2 = −Gv 1
(5.21)
(5.22)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
130
dove la costante G è detta conduttanza di girazione. In forma vettoriale si ha la rappresentazione controllata in tensione:
 i 1   0 G  v 1 
i  =  − G 0  ⋅  v 
 2 
  2
(5.23)
Il simbolo per un giratore è mostrato in figura:
Il giratore gode delle seguenti proprietà:
1) è un elemento non energetico, cioè la potenza fornita al doppio bipolo è identicamente nulla in ogni istante. Infatti la potenza entrante nel doppio bipolo vale:
p(t) = v 1 (t)i 1 (t) + v 2 (t)i 2 (t) = v 1 (t)i 1 (t) +
i 1 (t)
(− Gv 1 (t)) = 0
G
2) se si collega alla porta 2 di un giratore un resistore lineare di resistenza RL, la porta 1
si comporta come un resistore lineare di resistenza pari a:
GL
1
con G L =
2
G
RL
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
131
Infatti valgono le seguenti relazioni:
Tenendo conto anche delle relazioni (5.21) e (5.22) si può scrivere:
v1 = −
i 2 i L GL
G
G i
G
=
=
v L = L v 2 = L 1 = L2 i 1
G G
G
G
G G G
il che conferma quanto detto prima;
3) se si collega alla porta 2 di un giratore un condensatore di capacità C espressa in Farad, la porta 1 si comporta come un induttore di induttanza espressa in Henry pari a:
C
G2
dove G è il rapporto di girazione.
Infatti valgono le seguenti relazioni:
Tenendo conto anche delle relazioni (5.21) e (5.22) si può scrivere:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
132
v1 = −
i 2 i C C dv C C dv 2
C di
=
=
=
= 2 1
G G G dt
G dt
G dt
il che conferma quanto detto sopra. Altrettanto facilmente si può dimostrare che se collega alla porta 2 un induttore di induttanza L [H], la porta 1 si comporta come un condensatore di capacità G2L [F]. Se G=1 avrò in ingresso un induttore di induttanza C [H]
ovvero un condensatore di capacità L [F].
4) se si collega alla porta 2 di un giratore un resistore non lineare controllato in corrente, la porta 1 si comporta come un resistore non lineare controllato in tensione.
Valgono, infatti, le seguenti relazioni:
Ponendo, per comodità, G=1S e tenendo conto delle relazioni (5.21) e (5.22)
si può scrivere:
i 1 = Gv 2 = v 2 = v L = f(i L ) = f( − i 2 ) = f(Gv 1 ) = f(v 1 )
il che conferma quanto detto sopra. Altrettanto facilmente si può dimostrare che se si
collega alla porta 2 di un giratore un resistore non lineare controllato in tensione, la
porta 1 si comporta come un resistore non lineare controllato in corrente.
5.6
INDUTTORI BIPORTA
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
133
Abbiamo già definito un induttore biporta come un elemento la cui caratteristica è espressa dalle seguenti due equazioni:
fa (i 1 , i 2 ,ϕ 1 ,ϕ 2 ) = 0

fb (i 1 , i 2 ,ϕ 1 ,ϕ 2 ) = 0
Cercheremo ora di ricavare i legami funzionali tra le due coppie di correnti e flussi partendo da un particolare caso fisico. A tale scopo consideriamo un toroide intorno a cui
sia disposto un avvolgimento costituito da N1 spire di materiale conduttore, come mostrato in figura:
Riterremo, inoltre, soddisfatte le seguenti ipotesi di lavoro:
•
•
•
•
il toro deve avere una sezione retta S costante e circolare;
il toro e' costituito da materiale con permeabilità magnetica µ costante;
le spire dell'avvolgimento devono essere disposte in modo serrato tra loro e a simmetria radiale, cioè ogni piano che seca radialmente il toro deve contenere solo due
spire;
il toro deve avere una struttura filiforme, ossia deve risultare:
d2 − d1 ≈ 0
Tutte queste ipotesi garantiscono che le linee di flusso del campo magnetico generato
dalla corrente che viene fatta scorrere nell'avvolgimento siano contenute all'interno del
toroide; tale campo magnetico sarà diretto tangenzialmente ad ogni circonferenza con
centro in O e con diametro compreso tra d1 e d2 (il verso del vettore campo magnetico
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
134
dipenderà dal verso di scorrimento della corrente e può essere determinato con la regola della mano destra) ed inoltre sarà costante in modulo lungo tutto il toroide, avendo
supposto che quest'ultimo abbia una struttura filiforme. Considero, allora, un cammino
medio C (come mostrato in figura) di diametro:
d=
d1 + d2
2
e applico il teorema di Ampere a tale cammino chiuso, ottenendo:
∫H
1
⋅ dl = N 1 i 1 ⇔ H 1πd = N 1 i 1 ⇒ H 1 =
C
N 1i 1
πd
(5.24)
ove H1 rappresenta il campo magnetico dovuto ad i1 mentre N1i1 rappresenta il numero
di concatenamenti di i1 con C.
Posso allora ricavare il campo induzione magnetica come segue:
B 1 = µH 1 =
µN 1
i1
πd
(5.25)
e quindi l'espressione del flusso del campo magnetico generato dalla corrente i1 e concatenato ad una generica spira dell'avvolgimento di sezione S. Tale flusso, nella generica sezione S del toro, varrà:
ϕ 1 = ∫ B1 ⋅ d s = B 1 S =
S
µS
N 1i 1
πd
che possiamo scrivere come:
1 µS
=
(5.26)
ℜ πd
( Λ è detta permeanza mentre ℜ è la riluttanza magnetica )
ϕ 1 = ΛN 1i1
con Λ =
Poniamo ora un secondo avvolgimento sul toroide ( in figura è disegnato separato dal
135
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
primo ma in realtà i due avvolgimenti sono da considerarsi sovrapposti):
In maniera analoga a quanto fatto per il primo avvolgimento, otterremo che il flusso
del campo magnetico generato dalla corrente i2 attraverso una generica sezione S del
toroide è pari a:
ϕ 2 = ΛN 2 i 2
(5.27)
(Nota: tale flusso viene calcolato considerando unicamente il secondo avvolgimento).
Immaginiamo ora di far passare una corrente i1 diversa da zero nel primo avvolgimento e di mantenere il secondo avvolgimento in condizione di circuito aperto; possiamo
così ricavare il flusso del campo magnetico generato dalla corrente i1 e concatenato, rispettivamente, al primo e al secondo avvolgimento come segue:
Φ = N 1ϕ 1 = ΛN 12 i 1
i 1 ≠ 0
⇒  11

i 2 = 0
Φ 21 = N 2ϕ 1 = ΛN 1 N 2 i 1
(5.28)
Immaginiamo ora di far passare una corrente i2 diversa da zero nel secondo avvolgimento e di mantenere il primo avvolgimento in condizione di circuito aperto; possiamo
così ricavare il flusso del campo magnetico generato dalla corrente i2 e concatenato, rispettivamente, al primo e al secondo avvolgimento come segue:
i 1 = 0 Φ 12 = N 1ϕ 2 = ΛN 1 N 2 i 2
⇒

2
i 2 ≠ 0 Φ 22 = N 2ϕ 2 = ΛN 2 i 2
(5.29)
Immaginiamo ora di far passare una corrente i1 diversa da zero nel primo avvolgimento ed una corrente i2 diversa da zero nel secondo avvolgimento; possiamo così ricavare
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
136
il flusso del campo magnetico generato dalla corrente i1 e dalla corrente i2 concatenato,
rispettivamente, al primo e al secondo avvolgimento come segue:
2
i 1 ≠ 0 Φ 1 = Φ 11 + Φ 12 = ΛN 1 i 1 + ΛN 1 N 2 i 2
⇒

2
i 2 ≠ 0 Φ 2 = Φ 21 + Φ 22 = ΛN 1 N 2 i 1 + ΛN 2 i 2
(5.30)
Abbiamo applicato il principio di sovrapposizione: ciò è possibile in quanto il sistema
studiato è lineare.
Facendo ora le seguenti posizioni:
L 11 = ΛN 12 : autoinduttanza del primo avvolgimento;
L 22 = ΛN 22 : autoinduttanza del secondo avvolgimento;
M = ΛN 1 N 2 : mutua induttanza;
il sistema (5.30) si può scrivere come:
Φ 1 = L 11 i 1 + Mi 2
(5.31), e in forma matriciale :

Φ 2 = Mi 1 + L 22 i 2
 Φ 1  L 11
Φ= =
Φ 2   M
M  i 1 
⋅
= L⋅i
L 22  i 2 
Come si può osservare, le due equazioni (5.31) rappresentano la caratteristica di un induttore biporta; la matrice L è detta matrice induttanza. La rappresentazione circuitale
di un induttore biporta è la seguente:
137
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si ricavano facilmente le relazioni tra tensioni e correnti di porta:
dΦ 1
di
di

v =
= L 11 1 + M 2
 1
dt
dt
dt

d
Φ
di
di
2
1
v 2 =
=M
+ L 22 2
dt
dt
dt

mediante le quali si può ottenere la seguente interpretazione circuitale equivalente di
un induttore biporta:
Oppure, supponendo che i due induttori accoppiati siano inizialmente scarichi (cioè
con corrente iniziale nulla), si può scrivere:
 i1 
 L22
1
i  = det( L) ⋅ − M
 2

t

v1 (τ )dτ 

∫
− M 0
 = Γ11
⋅ t

  Γ0
L11  
v
(
τ
)
d
τ
∫ 2

0

t

v1 (τ )dτ 

∫
Γ0   0

⋅

Γ22   t
 ∫ v2 (τ )dτ 
0

dove si è posto:
 Γ11
Γ = L−1 = 
 Γ0
Γ0 
L 22
L 11
M
, con Γ11 =
Γ22 =
Γ0 = −
Γ22 
det(L)
det(L)
det(L)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
138
ove Γ indica la matrice delle inertanze.
Mediante queste relazioni otteniamo, invece, la seguente ulteriore interpretazione circuitale equivalente di un induttore biporta:
Prendiamo ora in esame l'induttore biporta da un punto di vista energetico. Supponiamo che all'istante t=0 le correnti sui due induttori accoppiati siano nulle, cioè:
i 1 (0) = 0
i 2 (0) = 0
e
Dalle relazioni (5.31) che esprimono la caratteristica di un induttore biporta, si ottiene:
Φ 1 (0) = 0
e
Φ 2 (0) = 0
Essendo nulli i flussi, assumiamo questa condizione come quella cui corrisponde energia magnetica immagazzinata dal biporta (all'istante t=0) uguale a zero.
A partire da questa condizione ricaviamo ora l'energia fornita all'induttore biporta in
un intervallo di tempo infinitesimo dt:
p(t) = v 1 (t)i 1 (t) + v 2 (t)i 2 (t) ⇒
dw(t) = p(t)dt = i 1 (t)v 1 (t)dt + i 2 (t)v 2 (t)dt = i 1 (t)dΦ 1 (t) + i 2 (t)dΦ 2 (t) ⇒
1
1
dw(t) = i 1d(L 11 i 1 + Mi 2 ) + i 2 d(Mi 1 + L 22 i 2 ) ⇒ dw = d L 11 i 21 + Mi 1i 2 + L 22 i 22 
2
2

Integrando quest'ultima relazione tra gli estremi 0 e t e tenendo presente che, per ipo-
139
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
tesi, l'energia magnetica nell'istante 0 è nulla, si può scrivere:
1
1
w(t) =  L 11 i 12 + Mi 1 i 2 + L 22 i 22 
2
2

(5.32)
La relazione (5.32) esprime l'energia fornita all'induttore biporta nell'istante t: osserviamo che tale energia fornita all'induttore è esattamente pari a quella immagazzinata
dallo stesso induttore biporta ed è sempre una quantità maggiore o al massimo uguale
a zero, perché non essendoci nell'induttore biporta altri morsetti (escludendo, ovviamente, le coppie di terminali che definiscono le due porte) attraverso i quali esso possa
scambiare energia con i sistemi interagenti in maniera reversibile, né generatori, si avrà
che tale energia potrà, al limite, essere restituita completamente al resto del circuito collegato all'induttore biporta (in tal caso: W(t)=0) ma quest'ultimo non potrà mai cedere
all'esterno una quantità di energia superiore a quella che riceve. Di conseguenza, osservando che l'espressione (5.32) può essere posta in forma matriciale come segue:
W=
1
[i
2 1
L 11
i 2 ]⋅ 
M
M  i 1  1 T
⋅
= i Li ≥ 0
L 22  i 2  2
se ne deduce che l'energia magnetica immagazzinata dall'induttore può essere considerata una forma quadratica semidefinita positiva e quindi tutti i minori principali estratti della matrice L risulteranno essere non negativi, ossia:
L11 ≥ 0
L 22 ≥ 0
(5.33)
Det (L ) = L11L 22 − M 2 ≥ 0 ⇒ M 2 ≤ L11L 22
Dall'ultima relazione, si osserva che la mutua induttanza M può assumere anche valori
negativi e quindi sorge il problema di determinare il segno di M. Prima di far ciò, è opportuno introdurre il seguente parametro:
k=
M
L 11 L 22
⇒ M = k L 11 L 22 con 0 ≤ k ≤ 1
(5.34)
140
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
k è detto coefficiente di accoppiamento: se è uguale a zero i due induttori non sono
accoppiati, se è uguale a 1 l'accoppiamento è perfetto ed M assume il suo valore massimo. Per quanto riguarda ora la determinazione del segno di M è possibile verificare
che tale segno dipende dal senso di avvolgimento delle spire intorno al materiale magnetico. Consideriamo, ad esempio, il toroide rappresentato in fig. 5.10 e supponiamo,
per comodità, che le correnti nei due avvolgimenti siano costanti (si tenga presente che
quanto diremo ora si basa sull'ipotesi implicita di far riferimento alla convenzione degli utilizzatori):
Come si può verificare applicando la regola della mano destra, il flusso del campo magnetico generato dalla corrente del primo avvolgimento è diretto in senso orario e poiché anche il flusso del campo magnetico generato dalla corrente nel secondo avvolgimento ha la stessa direzione, possiamo concludere che quest'ultimo rafforza il primo.
Se invece invertiamo il verso della corrente sul secondo avvolgimento, cioè consideriamo una corrente sempre entrante ma pari a -I2, il flusso del campo magnetico generato da tale corrente sarà diretto in senso antiorario e quindi si oppone al flusso del
campo magnetico generato dalla corrente nel primo avvolgimento. Si può allora ritenere che l'energia magnetica nel primo caso sarà maggiore di quella nel secondo caso,
cioè:
1
1
L 11 I 12 + MI 1 I 2 + L 22 I 22
2
2
1
1
2
2)W(I 1 , − I 2 ) = L 11 I 1 − MI 1 I 2 + L 22 I 22
2
2
W(I 1 , I 2 ) > W(I 1 , − I 2 ) ⇒ MI 1 I 2 > − MI 1 I 2
1)W(I 1 , I 2 ) =
Evidentemente, affinché quest'ultima relazione sia soddisfatta M deve essere positivo.
Immaginiamo ora di cambiare il senso del secondo avvolgimento, come mostrato in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
141
Come si può verificare applicando la regola della mano destra, il flusso del campo magnetico generato dalla corrente del primo avvolgimento è diretto in senso orario mentre il flusso del campo magnetico generato dalla corrente nel secondo avvolgimento è
diretto in senso antiorario; possiamo, quindi, concludere che quest'ultimo si oppone al
primo. Se invece invertiamo il verso della corrente sul secondo avvolgimento, cioè consideriamo una corrente sempre entrante ma pari a -I2, il flusso del campo magnetico
generato da tale corrente sarà diretto in senso orario e perciò rafforza il flusso del campo magnetico generato dalla corrente nel primo avvolgimento. Si può allora ritenere
che l'energia magnetica nel secondo caso sarà maggiore di quella nel primo caso, cioè:
1
1
1
1
L 11 I 21 + MI 1I 2 + L 22 I 22 2)W(I 1 ,− I 2 ) = L 11 I 12 − MI 1 I 2 + L 22 I 22
2
2
2
2
W(I 1 ,− I 2 ) > W(I 1 , I 2 ) ⇒ - MI 1 I 2 > MI 1 I 2
1)W(I 1 , I 2 ) =
Evidentemente, affinché quest'ultima relazione sia soddisfatta M deve essere negativo.
Abbiamo così verificato che effettivamente il segno di M dipende dal senso di avvolgimento delle spire intorno al materiale magnetico. In pratica si tiene conto del senso di
avvolgimento delle spire contrassegnando una delle estremità di ciascun avvolgimento. Viene poi utilizzata la seguente convenzione:
se le correnti nei due induttori accoppiati entrano o escono contemporaneamente dai
due contrassegni allora si avrà M>0:
Se invece la corrente in un induttore entra (esce) e la corrente del secondo induttore accoppiato esce (entra) dal contrassegno, sarà M<0:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
142
Induttori a tre porte. La generalizzazione di quanto detto sinora al caso di un induttore
a tre porte (o anche ad n porte) è banale. Esso sarà costituito da tre avvolgimenti sovrapposti (che comunque disegneremo separatamente) come mostrato in figura:
La sua caratteristica può essere posta in forma matriciale come segue:
Φ 1   L 11
Φ  =  M
 2   12
Φ 3  M 13
M 12
L 22
M 23
M 13   i 1 
M 23  ⋅ i 2 
L 33  i 3 
(5.35)
In questo caso per determinare il segno dei tre coefficienti di mutua induttanza bisognerà osservare l'andamento delle correnti sulle tre porte prese due a due, ossia applicare la suddetta convenzione alle porte 1 e 2 per trovare il segno di M12, alle porte 2 e 3
per trovare il segno di M23 e alle porte 1 e 3 per trovare il segno di M13.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
5.7
143
TRASFORMATORE IDEALE
Un dispositivo fisico molto importante è il trasformatore reale, che viene generalmente
utilizzato per variare opportunamente tensione e corrente in uscita rispetto alla tensione e corrente in ingresso a parità di potenza trasmessa. Per studiarlo si fa riferimento
ad un suo modello astratto che chiameremo trasformatore ideale e che si basa su queste
ipotesi semplificative:
1) non ci sono flussi dispersi;
2) non ci sono perdite ( in particolare, non ci sono correnti parassite né perdite per isteresi ed inoltre i due avvolgimenti avranno resistenza nulla);
3) il materiale magnetico è costituito da una permeabilità infinita e la sua struttura sia
filiforme.
Per le ipotesi fatte, possiamo ritenere che le linee di flusso del campo magnetico generato dalle correnti nei due avvolgimenti siano contenute tutte all'interno della struttura
e che tale campo sia costante lungo ogni cammino chiuso scelto all'interno di tale struttura. Inoltre, non essendoci flussi dispersi, possiamo ritenere che il flusso del campo
magnetico risultante attraverso una generica sezione S del trasformatore ideale sia costante per ogni sezione. Si può scrivere allora:
Φ 1 = N 1ϕ : flusso totale concatenato al primo avvolgimento

Φ 2 = N 2ϕ : flusso totale concatenato al secondo avvolgimento
Tenendo poi presente che le resistenze dei due avvolgimenti sono nulle (e quindi non
si hanno su di essi cadute di tensione) si ottiene:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
144
dΦ 1
dϕ

v =
= N1
v
N
 1
dt
dt
⇒ 1 = 1 =n

v2 N2
 v 2 = dΦ 2 = N 2 dϕ

dt
dt
(5.36)
n è detto rapporto di trasformazione ed evidentemente può essere un numero maggiore o
minore di 1. Se ora applico il teorema di Ampere al cammino medio Γ di lunghezza L
ottengo:
∫ H ⋅ dl = N i
1 1
+ N 2 i 2 ⇒ HL = N 1i 1 + N 2 i 2 , che posso scrivere come :
BS
L
µS
HL = N 1 i 1 + N 2 i 2 ⇒
L = N 1i 1 + N 2 i 2 ⇒
ϕ = N 1i 1 + N 2 i 2 ⇒
µS
µS
µS
ℜϕ = N 1 i 1 + N 2 i 2 (5.37) , con ℜ =
L
µS
riluttanza magnetica.
D'altra parte, essendo per ipotesi µ infinita, si ha:
N 1i 1 + N 2 i 2 = 0 ⇒
i2
N
= − 1 = −n
i1
N2
(5.38)
le equazioni (5.36) e (5.38) definiscono il comportamento del trasformatore ideale.
Notate che mettendo insieme la (5.36) e (5.38) si ottiene:
v 1 = nv 2
v 1   0 n   i 1 
⇔  =

⋅ 
i 2 = − ni 1
 i 2  − n 0  v 2 
(5.39)
Mediante la (5.39) si ottiene la seguente interpretazione circuitale equivalente del trasformatore ideale:
i1
i2
+
v1
–
+
–
nv2
+
–n i 1
v2
–
Le relazioni (5.39) definiscono la rappresentazione ibrida 1 di un resistore biporta: que-
145
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
sto, dunque, ci consente di considerare un trasformatore ideale come un particolare resistore biporta (si osservi che è possibile ricavare la rappresentazione ibrida 2 e le due
trasmissioni ma non la rappresentazione controllata in corrente né quella controllata in
tensione).
Il
simbolo
circuitale
di
un
trasformatore
ideale
è:
Il trasformatore ideale gode delle seguenti proprietà:
1) così come il giratore, è un elemento non energetico ovvero e' trasparente rispetto alla
potenza; infatti si ha:
p(t) = v 1 (t)i 1 (t) + v 2 (t)i 2 (t) = v 1 (t)i 1 (t) +
v 1 (t)
(− ni 1 (t)) = 0
n
2) se colleghiamo alla porta 2 un resistore di resistenza R, la porta 1 si comporta come
un resistore di resistenza pari a:
n 2 R dove n è il rapporto di trasformaz ione
Infatti, tenendo conto delle (5.39) e delle relazioni scritte sopra, si ha:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
146
v 1 = nv 2 = nv R = nRi R = nR (− i 2 ) = nR(ni 1 ) = n 2 Ri 1
il che conferma quanto detto;
3) se colleghiamo alla porta 1 un resistore di resistenza R, la porta 2 si comporta come
un resistore di resistenza pari a:
R
dove n è il rapporto di trasformazione
n2
Infatti, tenendo conto delle (5.39) e delle relazioni scritte sopra, si ha:
v2 =
v 1 v R Ri R R(− i 1 ) R  i 2  R
=
=
=
=   = 2 i2
n
n
n
n
nn  n
il che conferma quanto detto.
5.8
CONDENSATORI BIPORTA
Sono elementi ideali a tre terminali la cui caratteristica è esprimibile mediante le seguenti due equazioni:
f1 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0

f2 (v 1 , v 2 , q 1 , q 2 ) = 0
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dato il loro scarso utilizzo non ci soffermeremo ulteriormente su di essi.
147
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
148
CAPITOLO 6
6.1
ANALISI DEI CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI DINAMICI
149
6.2
IL PROBLEMA DELLA VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI INIZIALI
176
6.3
CONDIZIONI FINALI NEGLI ELEMENTI
188
6.4
CIRCUITI DEL SECONDO ORDINE
189
6.5
APPROCCIO AI CIRCUITI CON IL METODO DELLE VARIABILI DI STATO
208
6.6
RISPOSTA ALL'IMPULSO
222
6.7
METODO GENERALE PER LA DETERMINAZIONE DI UN IMPULSO DI TENSIONE
O DI CORRENTE IN UN CIRCUITO
234
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
149
6.1 ANALISI DEI CIRCUITI LINEARI TEMPO-INVARIANTI DINAMICI
Consideriamo un qualsiasi circuito lineare (nel quale cioè siano presenti elementi lineari e generatori indipendenti), tempo-invariante e dinamico (in cui, cioè, sia presente almeno un condensatore o un induttore). Supponiamo, per comodità (ma tale ipotesi non è restrittiva), che ci sia
un solo ingresso, ad esempio un generatore di tensione o di corrente, la cui forma d'onda, supposta limitata con le sue derivate, sarà indicata con x(t), mentre indichiamo con y(t) una qualsiasi risposta del circuito all'ingresso considerato (sono risposte del circuito, ad es., tutte le correnti e tensioni di lato). Se il circuito soddisfa le suddette caratteristiche, ossia è un circuito di-
150
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
namico, lineare e tempo-invariante, allora tra l'ingresso x(t) scelto e la risposta y(t) considerata
sussiste una relazione di questo tipo:
a0
d n y(t)
d n −1 y(t)
dy(t)
d m x(t)
+ a1
+ .... + a n −1
+ a n y(t) = b 0
+ .... + b m x(t) (6.1)
n
n −1
dt
dt
dt
dt m
Si tratta di un'equazione differenziale di ordine n lineare e a coefficienti costanti: il secondo membro nell'equazione (6.1) rappresenta il termine noto. La linearità di tale equazione differenziale riflette il fatto che stiamo considerando un circuito lineare mentre la presenza di coefficienti costanti nell'equazione è connesso alla tempo-invarianza
del circuito in esame.
L’ordine dell’equazione differenziale (6.1) dipende dall’ordine del circuito per cui essa
è scritta. Infatti, se il circuito è di ordine n anche l’equazione (6.1) sarà di ordine n.
Un circuito dinamico si definisce di ordine n se esso contiene n elementi circuitali conservativi indipendenti.
Un elemento conservativo è detto indipendente se la variabile che viene usata per esprimere l’energia che è contenuta in esso non può essere ottenuta come combinazione
lineare delle corrispondenti variabili di alcuni degli elementi conservativi dello stesso
presenti nel circuito.
Per fissare le idee se si considera un condensatore esso sarà indipendente se la sua tensione non può essere espressa da una combinazione lineare delle tensioni di tutti o di
alcuni degli altri condensatori presenti nel circuito in esame. E’ facile comprendere che
ciò avviene se esiste una maglia fatta tutta di condensatori oppure di condensatori e
generatori di tensione (maglia capacitiva). In modo duale un induttore sarà indipendente se la sua corrente non può essere espressa da una combinazione lineare delle
correnti di tutti o di alcuni degli altri induttori presenti nel circuito in esame. Anche in
questo caso si comprende subito che la condizione perché più induttori siano dipendenti è che ci sia una equazione che leghi le correnti degli induttori, questo accade se
nel circuito esiste un insieme di taglio (vedi cap. VI par. 7.2) costituito solo da induttori
e/o generatori di corrente (insieme di taglio induttivo). In altre parole si può dire che
se nel circuito è possibile individuare una gaussiana che tagli solo lati del circuito costituiti da induttori ed al più generatori di corrente, la legge di equilibrio delle correnti
che si può scrivere a questa gaussiana costituisce un vincolo per le correnti degli induttori, implicando che ciascuno di essi può essere considerato non indipendente rispetto
agli altri.
In virtù di queste considerazioni si può affermare che l’ordine di un circuito dinamico (n) può essere individuato dalla differenza tra il numero totale degli elementi
conservativi (c) presenti nel circuito sottratto del numero di maglie indipendenti
(mc) che contengono solo condensatori e/o generatori di tensione e del numero di insiemi di taglio indipendenti (it) che contengono solo induttori e/o generatori di corrente, n = c - mc –it .
151
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Ad esempio l’ordine del circuito seguente è 3, infatti, il numero degli elementi conservativi è c = 5, il numero di maglie costituite da condensatori e generatori di tensione è mc = 1 (si può scrivere l’equazione vc2 = vc3, in questo caso la maglia è costituita da soli condensatori ed è priva di generatori di tensione), mentre il numero di
insiemi di taglio costituiti da generatori di corrente ed induttori è it = 1 (si può scrivere l’equazione J = iL1 + iL2).
L'integrale generale dell'equazione (6.1) è esprimibile come segue:
y(t) = y h (t) + y s (t)
(6.2)
dove yh(t) è l'integrale dell'equazione omogenea associata all'equazione (6.1) mentre
ys(t) è l'integrale particolare dell'equazione completa. Per ricavare yh(t) si considera,
come ben noto, l'equazione caratteristica relativa all'omogenea associata all'equazione
(6.1); tale equazione caratteristica è un'equazione algebrica di grado n ed ammette perciò n soluzioni che indicheremo con s1, s2,..., sn e che chiameremo autovalori o frequenze naturali del circuito. Nel caso particolare in cui tali frequenze naturali siano distinte,
l'integrale dell'equazione omogenea yh(t) è dato da:
y h (t) = k 1e s1t + k 2 e s2t + ..... + k n e sn t
(*)
Le costanti ki possono essere determinate una volta note le n condizioni iniziali del circuito in esame. Per quanto riguarda l'integrale particolare ys(t) (che può essere determinato, ad esempio, con il metodo dei 'coefficienti indeterminati') è possibile dimostrare che, essendo l'equazione differenziale lineare e a coefficienti costanti, tale funzione
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
152
ys(t) sarà dello stesso tipo dell'ingresso x(t), cioè se l'ingresso è una funzione costante
tale sarà anche la funzione ys(t); se l'ingresso è una funzione sinusoidale tale sarà anche
la funzione ys(t), ecc. Diamo ora la seguente definizione: un circuito dinamico lineare e
tempo-invariante è detto asintoticamente stabile se tutte le sue frequenze naturali hanno una
parte reale negativa (ossia giacciono nel semipiano sinistro aperto del piano complesso). In tal
caso si verifica che:
lim y h (t) = 0
t →+∞
e
lim y(t) = y s (t)
(6.3)
t → +∞
Per tale motivo yh (t) è detta risposta transitoria mentre ys (t) è detta risposta a regime
(steady state). Da quanto detto appare evidente che fisicamente la risposta è effetto di
due cause: le condizioni iniziali e l'ingresso. Nei circuiti lineari tempo-invarianti e asintoticamente stabili al trascorrere del tempo il transitorio si esaurisce e rimane solo la risposta a regime. Tale risposta avrà una forma d'onda strettamente legata a quella dell'ingresso. Se l'ingresso non è presente e sono presenti le condizioni iniziali, allora y(t)
coincide con yh(t) e la risposta è detta a ingresso zero.
Esempi di circuiti lineari tempo-invarianti del primo ordine.
1) Scarica di un induttore. Si consideri il circuito in figura, supposto in condizioni di
regime:
Quando l'interruttore si trova nella posizione 1, il generatore di tensione costante è collegato alla serie formata dal resistore e dall'induttore ai quali elementi eroga energia.
Supponiamo che all'istante t=0 l'interruttore venga portato nella posizione 2: in tal modo il generatore di tensione sarà escluso dal circuito ma comunque il circuito è sede di
correnti che circoleranno grazie all'energia immagazzinata nell'induttore sino all'istante
t=0, quando era in funzione il generatore di tensione.
Ci proponiamo di determinare l'andamento nel tempo della corrente sull'induttore.
Valgono allora le seguenti relazioni:
153
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v R = Ri R

Relazioni di lato : 
di L
v L = L dt
L.K.C. : i R = i L
(6.4)
(6.5)
L.K.T. : v R + v L = 0
(6.6)
Posto:
i = i R = i L la (6.6) si scrive come :
L
di
di R
+ Ri = 0 ⇒
+ i=0
dt
dt L
(6.7)
La relazione (6.7) rappresenta l'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti
del primo ordine relativa al circuito in esame: come possiamo osservare si tratta di un'equazione omogenea (infatti il termine noto è nullo) in accordo col fatto che nel circuito non sono presenti ingressi. Per ricavare l'integrale generale dell'equazione (6.7)
risolviamo l'equazione caratteristica ad essa associata:
L⋅s + R = 0 ⇒ s = −
R
L
(6.8)
Si noti che R/L ha dimensioni pari a [s-1] cioè ha le dimensioni della frequenza. Da qui
deriva l'uso della denominazione di frequenza naturale. Il circuito ha, dunque, una sola
frequenza naturale data dalla (6.8) e, come si osserva, si tratta di un valore reale e negativo: conseguentemente il circuito in esame è asintoticamente stabile. In conclusione:
 −Rt 
i(t) = i h (t) = k  e L 


(6.9)
Per determinare il valore della costante K occorre trovare una condizione iniziale e
precisamente il valore della corrente i(t) nell'istante 0+ ossia nell'istante immediatamente successivo a t=0. Per far ciò cominceremo analizzando il circuito negli istanti precedenti a t=0 ed in particolare cercheremo di calcolare il valore della corrente i(t) nell'i-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
154
stante 0- . Per t<0 il circuito è così rappresentato:
Tenendo presente quanto detto alla pagina precedente, essendo il circuito asintoticamente stabile avremo che, a regime, le correnti di lato (ma pure tutte le tensioni di lato)
devono seguire l'ingresso e poiché il generatore di tensione è costante anch'esse saranno tali, cioè costanti. Otteniamo, allora, quanto segue:
L.K.C. : i R = i L = I
(6.10)
L.K.T. : v R + v L = v g ⇒ v R + v L = E
v R = Ri R = RI
vL = L
(6.11)
(6.12)
di L
dI
=L
= 0 , essendo I costante.
dt
dt
(6.13)
cioè l'induttore si comporta come un cortocircuito. Dunque, la (6.11) si scrive:
RI = E ⇒ I =
E
R
(6.14)
da cui possiamo concludere che:
i L (0_) = i R (0_) = i(0_) = I =
E
R
(6.15)
A questo punto, poiché nell'istante t=0 si ha ai capi dell'induttore una variazione di
tensione istantanea ma comunque limitata (essendo il generatore di tensione costante),
sfruttando il principio della continuità della corrente su un induttore (par. 2.3) possiamo affermare che:
i(0_) = i(0 + ) = i(0) = I =
E
R
(6.16)
Possiamo allora ricavare definitivamente l'integrale generale dell'equazione (6.7) come
segue:
155
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica

 −Rt 
e L 
i(t)
=
i
(t)
=
k

h


 −Rt 


 ⇒ i(t) = E  e L 


R 
E


i(0)
=

R
(6.17)
La quantità L/R ha le dimensioni di un tempo (infatti, a parte il segno, è pari al reciproco della frequenza naturale s) ed è detta costante di tempo: viene indicata con Ts.
La relazione (6.17) rappresenta l'andamento nel tempo della corrente ai capi dell'induttore (ed
anche di quella ai capi del resistore visto che sono uguali per la L.K.C.); possiamo ora facilmente
ricavare le tensioni di lato che sono date da:
 −Rt 
v R (t) = Ri(t) = E e L 


v L (t) = L
(6.18)
 −Rt 
di(t)
= − v R (t) = −E e L 
dt


(6.19)
Le relazioni (6.17)-(6.18)-(6.19) possono essere così diagrammate:
E' facile verificare che il punto P ottenuto dall'intersezione con l'asse dei tempi delle
tangenti alle tre curve rispettivamente nei punti di coordinate (0,E/R) , (0,E) e (0,-E) ha
un'ascissa esattamente pari alla costante di tempo Ts=L/R. Osserviamo, inoltre, quanto
segue: sino a quando t<0, cioè prima che l'interruttore passi nella posizione 2, l'induttore ha immagazzinato un'energia magnetica pari a:
1 2 1
1 E
LI = L[i(0 − )]2 = L 
2
2
2 R
2
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
156
la quale, nel momento in cui l'interruttore viene chiuso portandolo nella posizione 2,
sarà a poco a poco dissipata nel resistore: tale scambio energetico si manifesta con la
presenza di una corrente. La velocità di dissipazione dell'energia magnetica è regolata
proprio dalla costante di tempo: se L aumenta allora l'energia immagazzinata nell'induttore aumenterà (a parità di R) e quindi viene impiegato più tempo affinché essa si
dissipi completamente nel resistore (infatti Ts=L/R sarà maggiore). Viceversa, se L diminuisce sempre a parità di R diminuirà l'energia immagazzinata nell'induttore e
quindi anche il tempo necessario affinché essa si dissipi completamente nel resistore.
Considerazioni analoghe si possono fare aumentando o diminuendo R a parità di L. Se
R'> R avremo che Ts diminuisce con conseguente diminuzione del tempo impiegato
perché l'energia accumulata nell'induttore si dissipi sul resistore, mentre se R''< R avremo che Ts aumenta con conseguente aumento del tempo impiegato perché l'energia
accumulata nell'induttore si dissipi sul resistore. Facciamo un'ultima considerazione:
posto I=E/R calcoliamo il valore della corrente i(t) in un istante t pari proprio alla costante di tempo Ts; si ottiene, ricordando che e=2,718:
 − R Ts 
i(Ts ) = I e L  = I e −1 ≈ 0.37I


( )
cioè dopo una costante di tempo la corrente i(t) si riduce a circa il 37% della corrente iniziale I. Vediamo cosa succede dopo quattro costanti di tempo:
 − R 4Ts 
i(4Ts ) = I e L  = I e − 4 ≈ 0.02I


( )
cioè dopo quattro costanti di tempo la corrente i(t) si riduce al 2% circa della corrente
iniziale I. Tenendo presente, però, che con un comune strumento di misura si commette un errore di circa il 2% sulla rilevazione del valore esatto, si può concludere che, anche se teoricamente il regime transitorio ha durata infinita (perché, in teoria, la corrente
i(t) si esaurisce completamente solo per t che tende ad infinito), in realtà dopo t=4Ts
non si è più in grado di apprezzare in maniera attendibile il valore della grandezza.
Pertanto, si può ritenere che il transitorio abbia una durata di circa quattro costanti di
tempo.
Ts, nella pratica, può assumere valori che vanno da qualche µs alle frazioni di secondo.
157
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
2) Scarica di un condensatore. Si consideri il circuito in figura:
Quando l'interruttore si trova nella posizione 1, il generatore di tensione costante è collegato alla serie formata dal resistore e dal condensatore ai quali elementi eroga energia. Supponiamo che all'istante t=0 l'interruttore venga portato nella posizione 2: in tal
modo il generatore di tensione sarà escluso dal circuito ma comunque è presente una
corrente che circola grazie all'energia immagazzinata nel condensatore sino all'istante
t=0, quando era in funzione il generatore di tensione. Ci proponiamo di determinare
l'andamento della tensione sul condensatore. Valgono allora le seguenti relazioni:
v R = Ri R

Relazioni di lato : 
dv C
i C = C dt
L.K.C. : i R = i C
(6.20)
(6.21)
L.K.T. : v R + v C = 0
(6.22)
Posto:
v = v C = − v R la (6.22) si scrive come :
Ri R + v = 0 ⇒ Ri C + v = 0 ⇒ RC
dv
dv v
+v=0⇒C + =0
dt
dt R
(6.23)
La relazione (6.23) rappresenta l'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti
del primo ordine relativa al circuito in esame: come possiamo osservare si tratta di un'equazione omogenea (infatti il termine noto è nullo) in accordo col fatto che nel circuito non ci sono ingressi. Per ricavare l'integrale generale dell'equazione (6.23) risolviamo l'equazione caratteristica ad essa associata:
C⋅s +
1
1
=0 ⇒ s=−
R
RC
(6.24)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
158
Il circuito ha, dunque, una sola frequenza naturale data dalla (6.24) e, come si osserva,
si tratta di un valore reale e negativo: ciò consente di affermare che il circuito in esame
è asintoticamente stabile. In conclusione:
 − 1 t
v(t) = v h (t) = k  e RC 


(6.25)
Per determinare il valore della costante K occorre trovare una condizione iniziale e
precisamente il valore della tensione v(t) nell'istante 0+ ossia nell'istante immediatamente successivo a t=0. Per far ciò cominceremo analizzando il circuito negli istanti
precedenti a t=0 ed in particolare cercheremo di calcolare il valore della tensione v(t)
nell'istante 0- . Per t<0 il circuito è così rappresentato:
Tenendo presente quanto detto precedentemente, essendo il circuito asintoticamente
stabile avremo che, a regime, le tensioni di lato (ma pure tutte le correnti di lato) devono seguire l'ingresso e poiché il generatore di tensione è costante anch'esse saranno tali,
cioè costanti. Otteniamo, allora, quanto segue:
Posto v C = V = cost. si ha :
L.K.C. : i R = i C
(6.26)
L.K.T. : v R + v C = v g ⇒ v R + v C = E
v R = Ri R = Ri C = RC
(6.27)
dv C
dV
= RC
= 0 , essendo V costante (6.28)
dt
dt
e quindi I=0 (vR=RI), il condensatore si comporta in questo caso come un circuito aperto.
Dunque, la (6.27) si scrive:
159
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
vC = E ⇒ V = E
(6.29)
da cui possiamo concludere che:
v C (0_) = v(0_) = V = E
(6.30)
A questo punto, poiché nell'istante t=0 si ha ai capi del condensatore una variazione di
corrente istantanea ma comunque limitata (essendo il generatore di tensione costante),
sfruttando il principio della continuità della tensione su un condensatore lineare e
tempo invariante (vedi paragrafo 2.2) possiamo affermare che:
v(0_) = v(0 + ) = v(0) = V = E
(6.31)
Possiamo allora ricavare definitivamente l'integrale generale dell'equazione (6.23) come segue:

 − 1 t
 − 1 t
v(t) = v h (t) = k  e RC 
 e RC 
v(t)
E
⇒
=








v(0)
V
E
=
=

(6.32)
La quantità RC ha le dimensioni di un tempo (infatti, a parte il segno, è pari al reciproco della frequenza naturale s) ed è detta costante di tempo: viene indicata con Ts. La relazione (6.32) rappresenta l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore;
possiamo ora facilmente ricavare le altre grandezze di lato che sono date da:
 − 1 t
v R (t) = − v C (t) = − v(t) = − E e RC 


i C (t) = C
1
dv(t)
v (t)
E − t
= i R (t) = R = −  e RC 

dt
R
R 

(6.33)
(6.34)
Le relazioni (6.32), (6.33) e (6.34) possono essere così diagrammate:
160
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
E' facile verificare che il punto P ottenuto dall'intersezione con l'asse dei tempi delle
tangenti alle tre curve rispettivamente nei punti di coordinate (0,-E/R) , (0,E) e (0,-E) ha
un'ascissa esattamente pari alla costante di tempo Ts=RC.
Osserviamo, inoltre, quanto segue: sino a quando t<0, cioè prima che l'interruttore passi nella posizione 2, il condensatore ha immagazzinato un'energia elettrica pari a:
1
1
1
CV 2 = C[v(0 − )]2 = CE 2
2
2
2
la quale, nel momento in cui l'interruttore viene chiuso portandolo nella posizione 2,
sarà a poco a poco dissipata nel resistore: tale scambio energetico avviene mediante
passaggio di corrente. La velocità di dissipazione dell'energia elettrica è regolata proprio dalla costante di tempo: se C aumenta allora l'energia immagazzinata nel condensatore aumenterà (a parità di R) e quindi viene impiegato più tempo affinché essa si
dissipi completamente nel resistore (infatti Ts=CR sarà maggiore). Viceversa, se C diminuisce, sempre a parità di R, diminuirà l'energia immagazzinata nel condensatore e
quindi anche il tempo necessario affinché essa si dissipi completamente nel resistore.
Valgono anche le stesse considerazioni fatte nel caso della scarica di un induttore a
proposito della durata reale del regime transitorio.
3) Carica di un induttore.
Dai grafici che riportano l'andamento nel tempo delle correnti e tensioni di lato, sia nel
caso della scarica di un induttore sia in quello della scarica di un condensatore, si osserva che, per t tendente ad infinito, tali grandezze tendono tutte a zero: questo è in accordo col fatto che, essendo i due circuiti esaminati asintoticamente stabili, a regime
(cioè per t che tende ad infinito), tutte le uscite del circuito (ossia correnti e tensioni di
lato) devono seguire l'ingresso e poiché questo è nullo (infatti il generatore di tensione
viene escluso, in entrambi i processi di scarica, dal resto del circuito all'istante t=0) si
avrà che anche le uscite saranno tutte nulle. Inoltre nei due casi precedenti, essendo
161
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
nullo l'ingresso, la causa di una evoluzione dinamica delle tensioni e delle correnti era
rappresentata esclusivamente dalle condizioni iniziali, rispettivamente, sull'induttore e
sul condensatore. Considereremo ora un caso in cui nel circuito sia presente un ingres-
so non nullo. Si prenda in esame il seguente circuito:
Per t<0, quando l'interruttore si trova nella posizione 2, il circuito è completamente inerte: infatti, essendo escluso il generatore di tensione dal resto del circuito, non si ha
alcuna circolazione di corrente. Di conseguenza è lecito supporre che:
i L (0− ) = 0
(*)
D'altra parte, nell'istante t=0 quando il tasto del commutatore viene portato nella posizione 1, il circuito diventa sede di corrente grazie all'inserimento del generatore di tensione costante. In particolare, ai capi dell'induttore si avrà una variazione istantanea
ma comunque limitata della tensione: sfruttando, allora, il principio di continuità della
corrente su un induttore (vedi par. 2.3) possiamo scrivere:
i L (0 − ) = i L (0 + ) = i L (0) = 0
(**)
Proponiamoci ora di determinare l'andamento della corrente sull'induttore per t>0.
Valgono le seguenti relazioni:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
162

v g = E

Relazioni di lato : v R = Ri R

di
v L = L L
dt

L.K.C. : i R = i L
(6.36)
(6.37)
L.K.T. : v R + v L = v g
(6.38)
Posto ora:
i = i L = i R la (6.38) si può scrivere come :
Ri R + L
di L
di
= E ⇒ Ri + L = E
dt
dt
(6.39)
L'espressione (6.39) rappresenta l'equazione differenziale del primo ordine lineare a
coefficienti costanti associata al circuito in esame: si tratta, evidentemente, di un'equazione completa il cui termine noto è una costante, in accordo col fatto che è presente nel
circuito un ingresso costituito dal generatore di tensione costante. Di conseguenza, l'integrale generale della (6.39) sarà di questo tipo:
i(t) = i h (t) + i s (t)
(6.40)
L'integrale particolare is(t) deve seguire l'ingresso (essendo il circuito lineare e tempoinvariante) e poiché quest'ultimo è costante tale sarà anche is(t). Posso porre allora:
is(t)=A e per determinare il valore di A è sufficiente sostituire is(t) nell'equazione (6.39):
RA + L
dA
E
= E ⇒ RA = E ⇒ A =
dt
R
(6.41)
Quindi ottengo: is(t)=E/R. Per trovare poi ih(t) devo risolvere l'equazione omogenea associata all'equazione (6.39) che è data da:
Ri + L
di
=0
dt
(6.42)
163
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dall'equazione caratteristica relativa alla (6.42) si ricava facilmente l'unica frequenza
naturale del circuito pari a: s = -R/L (si noti che è negativa, quindi il circuito è asintoticamente stabile) e da questa si ottiene poi l'integrale generale dell'equazione omogenea
dato da:
 −Rt 
i h (t) = k  e L 


(6.43)
Per ricavare il valore della costante k sfrutteremo la condizione iniziale (**) come segue:

 −Rt  E
i(t) = i h (t) + i s (t) = k  e L  +
E
E


 R ⇒ i(0) = 0 = k + R ⇒ k = − R (6.44)

i(0 + ) = i L (0 + ) = 0
In definitiva, l'integrale generale dell'equazione (6.39) diventa:
− t
E 
1 − e L  = i L (t) = i R (t)

R

R
i(t) =
(6.45)
Possiamo facilmente ricavare anche l'andamento nel tempo della tensione ai capi dell'induttore e del resistore come segue:
R

− t
v R (t) = Ri R (t) = Ri(t) = E 1 − e L 


 −Rt 
di L (t)
di(t)
v L (t) = L
=L
= E e L 
dt
dt


(6.46)
(6.47)
ovvero vL = vg-vR = E-E+Ee-(R/L)t da cui vL=Ee-(R/L)t .
164
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Riportiamo ora su opportuni diagrammi le funzioni espresse dalle relazioni (6.45), (6.46) e
(6.47) come segue:
Dal primo grafico si osserva l'andamento della corrente i(t) nel tempo: per t tendente
ad infinito essa tende al valore costante E/R in accordo col fatto che, essendo il circuito
asintoticamente stabile, a regime ogni uscita deve seguire l'ingresso che in questo caso
è proprio un generatore di tensione costante. Considerazioni analoghe valgono per gli
altri due grafici: in particolare, dal terzo grafico notiamo, che per t tendente ad infinito,
la tensione ai capi dell'induttore tende a zero: questo risultato è in perfetto accordo con
quanto accadeva nel processo di scarica di un induttore, una volta raggiunta una condizione di regime stazionario per t<0 (l'induttore si comporta come un cortocircuito).
4) Carica di un condensatore.
165
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Si prenda in esame il seguente circuito:
Per t<0, quando l'interruttore si trova nella posizione 2, il circuito è completamente inerte: infatti, essendo escluso il generatore di tensione dal resto del circuito, non si ha alcuna circolazione di corrente. Di conseguenza è lecito supporre che:
v C (0 − ) = 0
(*)
D'altra parte, nell'istante t=0 quando l'interruttore viene portato nella posizione 1, il
circuito diventa sede di corrente grazie all'inserimento del generatore di tensione costante. In particolare, ai capi del condensatore si avrà una variazione istantanea ma
comunque limitata della corrente: sfruttando, allora, il principio di continuità della tensione su un condensatore (vedi par. 2.2) possiamo scrivere:
v C (0 − ) = v C (0 + ) = v C (0) = 0
(**)
Proponiamoci ora di determinare l'andamento della tensione sul condensatore per t>0.
Valgono le seguenti relazioni:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
166

v g = E

Relazioni di lato : v R = Ri R

dv
i C = C C
dt

L.K.C. : i R = i C
L.K.T. : v R + v C = v g
(6.48)
(6.49)
(6.50)
Posto ora:
v = v C la (6.50) si può scrivere come :
Ri R + v = E ⇒ Ri C + v = E ⇒ RC
dv
+v=E
dt
(6.51)
L'espressione (6.51) rappresenta l'equazione differenziale del primo ordine lineare a
coefficienti costanti associata al circuito in esame: si tratta, evidentemente, di un'equazione completa il cui termine noto è una costante, in accordo col fatto che è presente nel
circuito un ingresso costituito dal generatore di tensione costante. Di conseguenza, l'integrale generale della (6.51) sarà di questo tipo:
v(t) = v h (t) + v s (t)
(6.52)
L'integrale particolare vs(t) deve seguire l'ingresso (essendo il circuito lineare e tempoinvariante) e poichè quest'ultimo è costante tale sarà anche vs(t). Posso porre allora:
vs(t)=A e per determinare il valore di A è sufficiente sostituire vs(t) nell'equazione
(6.51):
RC
dA
+A =E⇒A =E
dt
(6.53)
Quindi ottengo: vs(t)=E. Per trovare poi vh(t) devo risolvere l'equazione omogenea
associata all'equazione (6.51) che è data da:
167
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
RC
dv
dv
1
+v=0⇒
+
v=0
dt
dt RC
(6.54)
Dall'equazione caratteristica relativa alla (6.54) si ricava facilmente l'unica frequenza
naturale del circuito pari a: s = -1/RC (si noti che è negativa, quindi il circuito è asintoticamente stabile) e da questa si ottiene poi l'integrale generale dell'equazione omogenea dato da:
 − 1 t
v h (t) = k  e RC 


(6.55)
Per ricavare il valore della costante k sfrutteremo la condizione iniziale (**) come segue:

 − 1 t
v(t) = v h (t) + v s (t) = k  e RC  + E
⇒ v(0) = 0 = k + E ⇒ k = − E (6.56)




v(0 + ) = v C (0 + ) = 0
In definitiva, l'integrale generale dell'equazione (6.51) diventa:
1

−
t
v(t) = E 1 − e RC  = v C (t)


(6.57)
Possiamo facilmente ricavare anche l'andamento nel tempo della tensione ai capi del
resistore e della corrente ai capi del condensatore e del resistore come segue:
i C (t) = C
1
dv C (t)
dv(t) E  − RC t 
 = i R (t)
=C
=  e

dt
dt
R

 − 1 t
v R (t) = Ri R (t) = Ri C (t) = E e RC 




(6.58)
(6.59)
Riportiamo ora su opportuni diagrammi le funzioni espresse dalle relazioni (6.57)(6.58) e (6.59) come segue:
168
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dal primo grafico si osserva l'andamento della corrente sul condensatore (uguale a
quella sul resistore) nel tempo: per t tendente ad infinito essa tende a zero in accordo
con quanto accadeva nel processo di scarica di un condensatore, una volta raggiunta
una condizione di regime stazionario per t<0. Mentre dal terzo grafico si osserva l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore e si nota che essa tende al
valore costante E per t tendente ad infinito: questo è in accordo col fatto che, essendo il
circuito asintoticamente stabile, a regime ogni uscita deve seguire l'ingresso che in questo caso è proprio un generatore di tensione costante. Negli esempi considerati sinora
abbiamo visto che inserendo o disinserendo all'istante t=0 il generatore di tensione dal
resto del circuito si viene a creare un regime dinamico. Vedremo ora come questo stesso risultato può essere ottenuto modificando i parametri strutturali di un circuito e
mantenendo, però, invariata la sorgente. Si faccia riferimento al circuito mostrato in fi-
169
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
gura:
Per t<0, quando l'interruttore è sollevato, il resistore con resistenza R2 è collegato al resto del circuito nel quale si instaura, sino all'istante immediatamente precedente a t=0,
un regime stazionario in cui ogni corrente o tensione di lato assume un valore costante,
in accordo col fatto che, essendo il circuito asintoticamente stabile (come verificheremo
fra poco), ogni uscita deve seguire l'ingresso (che in questo caso è rappresentato proprio da un generatore di tensione costante). All'istante t=0 l'interruttore viene abbassato escludendo, in tal modo, il secondo resistore dal resto del circuito: questa variazione
strutturale del circuito produce, come ora osserveremo, un regime dinamico. Proponiamoci di determinare come risposta del circuito l'andamento nel tempo della corrente ai capi dell'induttore: per far ciò ricaviamo prima la condizione iniziale, ossia il valore della corrente sull'induttore nell'istante t=0-. Possiamo scrivere le seguenti relazioni:
v g = E

v 1 = R 1i 1
Relazioni di lato : v 2 = R 2 i 2

v L = L di L

dt
L.K.C. : i L = i 1 = i 2 = − i g
(6.60)
(6.61)
L.K.T. : v L + v 1 + v 2 = v g
(6.62)
Tenendo presente quanto detto prima e cioè che per t<0 il circuito raggiunge un regime
stazionario, possiamo porre:
i L = cost. = I da cui segue : v L = L
dI
=0
dt
(6.63)
Allora la (6.62) diventa:
R 1i 1 + R 2 i 2 = E ⇒ R 1I + R 2 I = E ⇒ I =
In definitiva si ottiene che:
E
R1 + R 2
(6.64)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
170
i L (0 − ) = I =
E
R1 + R2
(*)
Abbassando l'interruttore nell'istante t=0 si avrà una variazione istantanea di tensione ai capi
dell'induttore ma comunque limitata (essendo limitato il generatore di tensione); invocando, allora, il principio di continuità della corrente su un induttore (vedi pag. 29) possiamo scrivere:
i L (0 + ) = i L (0 − ) = I =
E
R1 + R2
(**)
Esaminando ora il circuito per t>0 e tenendo presente che il secondo resistore viene sostituito da un corto circuito (quindi: v2 = 0 ), applicando la LKT si ha:
di
+ R 1i = E
dt
dove si è posto : i L = i 1 = i
vL + v1 = vg ⇒ L
(6.65)
L'equazione (6.65) rappresenta l'equazione differenziale del primo ordine lineare e a
coefficienti costanti associata al circuito in esame: si tratta di un'equazione completa in
accordo col fatto che nel circuito è presente un ingresso. L'integrale generale è dato da:
i(t) = i h (t) + i s (t)
Essendo il circuito lineare e tempo-invariante, l'integrale particolare is(t) deve seguire
l'ingresso e poiché quest'ultimo è proprio un generatore di tensione costante ne segue
che anche is(t) sarà costante; posso porre allora: is(t)=A. Il valore della costante A si determina sostituendo is(t) nell'equazione (6.65) come segue:
L
dA
E
+ R 1A = E ⇒ R 1A = E ⇒ A =
dt
R1
Per quanto riguarda, invece, l'integrale generale dell'equazione omogenea associata all'equazione (6.65) esso si ricava in modo analogo a quanto fatto nei casi precedenti una
171
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
volta calcolata l'unica frequenza naturale del circuito pari a: s = - R1/L (Il fatto che sia
negativa ci garantisce che il circuito in esame è asintoticamente stabile):
 − R1 t 
i h (t) = k  e L 


Il valore della costante k si ricava sfruttando la condizione iniziale (**) ed ottenendo così:

 − R1 t  E
e L  +
i(t)
k
=


 R
− ER 2
E
E

1


⇒ i(0) =
=k+
⇒k=

R1 + R2
R1
R 1 (R 1 + R 2 )
E
i(0 ) =
 +
R1 + R2

In conclusione, l'integrale generale dell'equazione (6.65) sarà:
i(t) =
E
R1
R

− 1t 
 1 − R2 e L 


R1 + R2


(6.66)
Possiamo rappresentare l'andamento di i(t) nel tempo come segue:
Poiché la corrente varia nel tempo possiamo affermare che effettivamente nel circuito si
viene a creare un regime dinamico in seguito alla variazione parametrica apportata. In
generale, comunque, non è detto che ciò debba accadere: infatti se nel circuito precedente sostituiamo l'induttore con un condensatore è facile verificare che la variazione
parametrica apportata sul secondo resistore non crea nessun regime dinamico e la tensione ai capi del condensatore rimane costante nel tempo e pari ad E, cioè alla tensione
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
172
del generatore.
5) Circuito con ingresso di tipo sinusoidale.
Sia dato il seguente circuito:
Supponiamo che la forma d'onda del generatore di corrente sia di questo tipo:
i 0 (t) = I 0 cos(ωt + ϕ 0 )
(6.67)
Per t<0, in regime stazionario, il generatore di corrente è in corto perché l'interruttore è
abbassato e quindi risulta: vc(0-) = 0. Vogliamo determinare l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore per t>0. Poiché quando viene aperto l'interruttore
nell'istante t=0 si ha una variazione istantanea ma comunque limitata della corrente sul
condensatore ( perché I0 è costante e il coseno è una funzione limitata), invocando il
principio di continuità della tensione su un condensatore, si può scrivere:
v C (0 − ) = v C (0 + ) = 0
(*)
Per t>0 valgono poi le seguenti relazioni:
173
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
vR

i R = R

dv

Relazioni di lato : i C = C C
dt

i
=
i
g
0

L.K.T. : v C = v R = − v g
L.K.C. : i g = i C + i R
(6.68)
(6.69)
(6.70)
Posto ora : v = v C la (6.70) si scrive come :
C
dv v
dv v
+ = i 0 (t) ⇒ C
+ = I 0 cos(ωt + ϕ 0 )
dt R
dt R
(6.71)
La relazione (6.71) rappresenta l'equazione differenziale associata al circuito in esame.
Il suo integrale generale sarà di questo tipo:
v(t) = v h (t) + v s (t)
Essendo il circuito lineare e tempo-invariante, l'integrale particolare vs(t) deve seguire
l'ingresso e poiché quest'ultimo è di tipo sinusoidale tale sarà anche la funzione vs(t)
che avrà la stessa pulsazione ω dell'ingresso:
v s (t) = Vs cos(ωt + ϕ s )
Per determinare i valori dell'ampiezza e della costante di fase occorre sostituire vs(t)
nell'equazione (6.71), ottenendo:
dv s (t) v s (t)
+
= I 0 cos(ωt + ϕ 0 ) , da cui si ottiene :
dt
R
V
− CVsωsen (ωt + ϕ s ) + s cos(ωt + ϕ s ) = I 0 cos(ωt + ϕ 0 ) ⇒
R
V
− CVsω [sen (ωt )cosϕ s + cos(ωt )senϕ s ] + s [cos(ωt )cosϕ s − sen (ωt )senϕ s ] =
R
= I 0 [cos(ωt )cosϕ 0 − sen (ωt )senϕ 0 ]
(6.72)
C
Applicando ora il principio d'identità ai due membri dell'equazione (6.72) si ricava il
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
174
seguente sistema di due equazioni in due incognite:
Vs

− CVsωsenϕ s + R cosϕ s = I 0 cosϕ 0

CVsωcosϕ s + Vs senϕ s = I 0 senϕ 0

R
(6.73)
Per ricavare Vs possiamo quadrare entrambi i membri in ciascuna equazione e poi
sommare membro a membro ottenendo:
C 2 Vs2ω 2 +
Vs2
= I o2 ⇒ Vs =
R2
I0
(6.74)
1
C ω + 2
R
2
2
Per ricavare, invece, l'angolo di fase basta dividere membro a membro le due equazioni
del sistema (6.73) ottenendo:
senϕ s
CωR + tanϕ s
R
= tanϕ 0 ⇔
= tanϕ 0 ⇔
cosϕ s
−
C
Rtan
+
1
ω
ϕ
s
− Cωsenϕ s +
R
tanϕ 0 − tanϕ s
CωR + tanϕ s = − CωRtanϕ s tanϕ 0 + tanϕ 0 ⇔ CωR =
⇔
(1 + tanϕ s tanϕ 0 )
CωR = tan (ϕ 0 − ϕ s ) ⇔ ϕ 0 − ϕ s = arctg (CωR ) ⇔
Cωcosϕ s +
ϕ s = ϕ 0 − arctg (CωR )
(6.75)
A questo punto l'integrale particolare dell'equazione (6.71) è completamente definito;
per quanto riguarda, invece, l'integrale generale dell'equazione omogenea associata,
esso è dato da:
 − 1 t
v h (t) = k  e RC 


175
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per determinare il valore della costante k utilizziamo la condizione iniziale vista alla pagina
precedente, ottenendo:

 − 1 t
v(t) = k  e RC  + Vs cos(ωt + ϕ s )
⇒ v(0) = 0 = k + Vs cosϕ s ⇒ k = − Vs cosϕ s




v(0) = 0
L'integrale generale dell'equazione (6.71) è allora:
 − 1 t
v(t) = − Vs cosϕ s  e RC  + Vs cos(ωt + ϕ s )




(6.76)
Rappresentando v(t) in funzione del tempo si ha:
Come si può osservare dal grafico, a regime la risposta v(t) tende all'integrale particolare vs(t), essendo il circuito asintoticamente stabile. Osserviamo, infine, quanto segue:
sinora, negli esempi fatti, per inserire o disinserire delle sorgenti come generatori di
tensione o di corrente costanti sono stati utilizzati degli interruttori che venivano abbassati o sollevati all'istante t=0. Gli stessi risultati, però, possono essere ottenuti usando dei generatori permanentemente inseriti nel circuito ma che si basano su forme
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
176
d'onda a gradino. Ad esempio, considerando il circuito relativo alla carica di un induttore, esso può essere così realizzato:
Risulta, inoltre:
0 , t < 0
v s (t) = Eu(t) = 
E , t > 0
Utilizzando tale forma d'onda è come se si inserisse un generatore di tensione costante
e pari ad E a partire dall'istante t=0. Naturalmente, tenendo presente che l'uscita deve
comunque seguire l'ingresso, poiché il circuito è asintoticamente stabile, avremo che la
corrente ai capi dell'induttore sarà così espressa:
− t
Eu(t) 
1 − e L 


R 

R
i(t) = i L (t) =
Qualora si volesse inserire il generatore di tensione costante E a partire da un generico
istante to si dovrà utilizzare in ingresso la seguente forma d'onda:
0 , t < t 0
v s (t) = Eu(t − t 0 ) = 
E , t > t 0
In tal caso, sfruttando le proprietà di linearità e tempo-invarianza del circuito, possiamo esprimere la risposta (ossia la corrente ai capi dell'induttore) come segue:
− (t − t 0 ) 
Eu(t − t 0 ) 
1 − e L



R


R
i(t) = i L (t) =
6.2
IL PROBLEMA DELLA VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI INIZIALI
Ci sono molte ragioni che giustificano il nostro studio delle condizioni iniziali. La più
importante, a questo punto, è che le condizioni iniziali devono essere note per poter
valutare le costanti arbitrarie che compaiono nell'integrale generale di un'equazione
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
177
differenziale. I vantaggi che si ottengono da tale conoscenza sono: informazioni sul
comportamento degli elementi del circuito nell'istante in cui si agisce sull'interruttore
(per esempio, per inserire o disinserire una sorgente); informazioni sul valore iniziale
della derivata prima o delle derivate successive di una certa risposta, utili per prevedere l'andamento della stessa risposta e poter così verificare che vi sia corrispondenza con
la soluzione ottenuta matematicamente. Le condizioni iniziali in un circuito dipendono
dalla storia passata del circuito negli istanti precedenti a t=0 e dalla struttura del circuito negli istanti successivi a t=0, dopo che si è agito sull'interruttore. Possiamo ottenere
informazioni relative alla storia passata del circuito solo facendo riferimento agli elementi dotati di memoria, cioè i condensatori e gli induttori: per quanto riguarda i condensatori ci interesserà conoscere la tensione ai loro morsetti nell'istante t=0- mentre,
per gli induttori, ci interesserà conoscere il valore della corrente ai loro morsetti nello
stesso istante di tempo. Nell'istante t=0+ potranno apparire nel circuito diversi valori di
corrente e tensione in seguito alla tensione iniziale sul condensatore o alla corrente iniziale sull'induttore o, ancora, a causa della natura delle sorgenti di tensione o corrente
che vengono utilizzate. Il problema della valutazione delle condizioni iniziali consiste
nel valutare tutte le tensioni e correnti e loro derivate nell'istante t=0+.
E' possibile stabilire un'equivalenza tra alcuni elementi circuitali in termini di condizioni iniziali; vediamo come:
a) Il RESISTORE: in un resistore ideale, la corrente e la tensione sono legati tra loro
dalla legge di Ohm: v=Ri. Da ciò si evince che se la corrente attraverso un resistore varia istantaneamente, la tensione ai capi del resistore segue tale variazione di corrente
secondo un fattore di proporzione pari a R; si avrà una situazione analoga se ai capi del
resistore si applica una variazione istantanea di tensione. Di conseguenza, se in un circuito è presente, nell'istante t=0-, un resistore esso rimarrà invariato nel circuito equiva-
lente relativo all'istante t=0+, come mostrato in figura:
b) L' INDUTTORE: supponiamo di avere un induttore inizialmente scarico, come mostrato in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
178
Se nell'istante t=0, quando viene abbassato l'interruttore, alimentiamo con una sorgente
di tensione limitata l'induttore allora, come abbiamo già visto negli esempi precedenti,
si può affermare che:
i L (0 + ) = 0
e quindi l'elemento equivalente ad un induttore scarico per t=0+ è rappresentato da un
circuito aperto:
Se l'induttore, nell'istante t=0-, è carico ossia è percorso da una corrente costante I0,
possiamo applicare quanto detto per l'induttore scarico nel seguente modo:
In definitiva, un induttore percorso inizialmente da una corrente costante Io è equivalente nell'istante t=0+ ad un generatore di corrente pari proprio a Io.
c) Il CONDENSATORE: supponiamo di avere un condensatore inizialmente scarico,
come mostrato in figura:
179
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Se nell'istante t=0, quando viene sollevato l'interruttore, alimentiamo con una sorgente
di corrente limitata il condensatore allora, come abbiamo già visto negli esempi precedenti, si può affermare che:
v C (0 + ) = 0
Quindi l'elemento equivalente ad un condensatore scarico per t=0+ è rappresentato da
un cortocircuito:
Se il condensatore, nell'istante t=0-, è carico ossia ha ai suoi capi una tensione costante
Vo, possiamo applicare quanto detto per il condensatore scarico nel seguente modo:
In definitiva, un condensatore che ha inizialmente una tensione costante Vo è equivalente nell'istante t=0+ ad un generatore di tensione pari proprio a Vo. Ribadiamo che le
corrispondenze indicate valgono esclusivamente per la valutazione delle condizioni i-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
180
niziali e per variazioni limitate di tensioni e corrente, rispettivamente.
Applichiamo ora le equivalenze appena ricavate al seguente esempio:
Vogliamo valutare, ad esempio, i1 (0+) ed i2 (0+). Supponiamo, per comodità, che il condensatore e l'induttore siano inizialmente scarichi, cioè:
v C (0 − ) = 0
e
i L (0 − ) = 0
Possiamo facilmente ricavare il circuito equivalente a quello di fig. 6.17 per t=0+ come
segue:
In questo modo si ottengono banalmente i valori di tensioni e correnti per t=0+:
i 2 (0 + ) = 0 ⇒
v 1 (0 + ) = E ⇒
v 2 (0 + ) = 0
E
i 1 (0 + ) =
R1
181
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Se il condensatore e l'induttore fossero inizialmente carichi sarebbe sufficiente sostituire, nel circuito equivalente a t=0+, rispettivamente, il cortocircuito con un generatore di
tensione costante pari alla tensione iniziale sul condensatore ed il circuito aperto con
un generatore di corrente costante pari alla corrente iniziale sull'induttore e ricavare di
conseguenza tutte le condizioni iniziali. Tuttavia, ci sono due eccezioni a quanto detto
sinora: le precedenti equivalenze per t=0+ perdono di significato quando ci sono cammini chiusi (maglie) contenenti condensatori e generatori di tensione o quando in un
nodo convergono induttori e generatori di corrente.
Consideriamo allora questi due casi. Si supponga si studiare il seguente circuito:
Se dovessimo applicare le equivalenze per t=0+ viste alla pagina precedente dovremmo
sostituire i due condensatori inizialmente scarichi con due cortocircuiti e ciò significa
supporre che:
v 1 (0 + ) = 0
e
v 2 (0 + ) = 0
Ma è facile verificare che questo non è in accordo con la L.K.T. Infatti posso scrivere:
v 1 (t) + v 2 (t) = v g (t) = E, ∀t ≥ 0. In particolare, per t = 0 + si ha :
v 1 (0 + ) + v 2 (0 + ) = v g (0 + ) = E
Da quest'ultima relazione si deduce, evidentemente, che:
v 1 (0 + ) ≠ v 1 (0 − )
e
v 2 (0 + ) ≠ v 2 (0 − )
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
182
Tali variazioni istantanee di tensione ai capi di ciascun condensatore possono essere
giustificate dal fatto che nel momento in cui viene abbassato l'interruttore, nell'istante
t=0, si genera un impulso di corrente: essendo tale corrente illimitata non è più possibile ricorrere alle equivalenze mostrate in fig. 6.15 in quanto esse valgono solo nel caso in
cui ci sia ai capi del condensatore una corrente limitata. D'altra parte, tale impulso di
corrente, che è lo stesso su entrambi i condensatori, essendo questi ultimi collegati in
serie, nell'esempio considerato, farà accumulare sulle armature di ciascun condensatore una stessa carica q pari a:
0+
∫
q = i(t)dt con i(t) = i 1 (t) = i 2 (t).
Si può scrivere dunque :
0−
v 1 (0 + ) =
q
C1
e
v 2 (0 + ) =
q
C2
Questa carica non può assumere valori arbitrari ma solo quello per cui è soddisfatta la
L.K.T. e cioè tale che:
q
q
E
+
=E⇒q =
1
1
C1 C 2
+
C1 C2
Possiamo ora ricavare definitivamente le condizioni iniziali come segue:
v 1 (0 + ) =
1
E
1
E
e v 2 (0 + ) =
C1 1 + 1
C2 1 + 1
C1 C2
C1 C2
Una situazione analoga si viene a creare anche nel caso in cui i due condensatori (o an-
183
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
che uno solo di essi) siano inizialmente carichi, come mostrato in figura:
(Nota: si immagini che la tensione iniziale sui condensatori sia determinata da eventuali sorgenti collegate ai due condensatori sino all'istante t=0 le quali non sono state tracciate per non
appesantire troppo il disegno). Applicando le equivalenze per t=0+ bisognerà sostituire i due
condensatori carichi con due generatori di tensione costanti e pari, rispettivamente, alle tensioni
iniziali sui due condensatori, per cui il circuito di fig. 6.20 diventa:
Dalla figura si osserva che, applicando la L.K.T. relativamente all'istante t=0+ si ha: V01
+ V02 = E, la quale relazione non è soddisfatta in generale essendo arbitrarie le tensioni
iniziali sui due condensatori. Allora bisogna concludere che:
v 1 (0 + ) ≠ v 1 (0 − )
v 2 (0 + ) ≠ v 2 (0 − )
e
e queste variazioni istantanee di tensione ai capi di ciascun condensatore possono essere giustificate dal fatto che nel momento in cui viene abbassato l'interruttore, nell'istante t=0, si genera
un impulso di corrente: essendo tale corrente illimitata non è più possibile ricorrere alle equivalenze mostrate in fig. 6.16 in quanto esse valgono solo nel caso in cui ci sia ai capi del condensatore una corrente limitata. D'altra parte, tale impulso di corrente, che è lo stesso su entrambi i
condensatori, essendo questi ultimi collegati in serie, farà accumulare sulle armature di ciascun
condensatore una stessa carica q pari a:
0+
∫
q = i(t)dt con i(t) = i 1 (t) = i 2 (t).
Si può scrivere dunque :
0−
v 1 (0 + ) = v 1 (0 − ) +
v 1 (0 + ) = v 1 (0 − ) +
1
C1
0+
∫ i(t)dt
ovvero :
0−
q
q
= V01 +
C1
C1
e analogamente v 2 (0 + ) = v 2 (0 − ) +
q
q
= V02 +
C2
C2
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
184
Si noti che in questo caso, l'impulso di corrente sarà dovuto alla presenza dei tre generatori di tensione. Questa carica non può assumere valori arbitrari ma solo quello per
cui è soddisfatta la L.K.T. relativamente all'istante t=0+ e cioè tale che:
v 1 (0 + ) + v 2 (0 + ) = V01 +
q
q
E − V01 − V02
+ V02 +
=E⇒q =
1
1
C1
C2
+
C1 C2
Possiamo ora ricavare definitivamente le condizioni iniziali come segue:
v 1 (0 + ) = V01 +
1 E − V01 − V02
1 E − V01 − V02
e v 2 (0 + ) = V02 +
1
1
1
1
C1
C2
+
+
C1 C2
C1 C2
Osserviamo, infine, che per evitare l'impulso di corrente è sufficiente collegare in serie ai condensatori un resistore in modo da limitare la corrente. Consideriamo ora il secondo caso e cioè
quello in cui esista un nodo nel quale convergono induttori e generatori di corrente. Ad esempio,
si prenda in esame il seguente circuito:
Se dovessimo applicare le equivalenze per t=0+ mostrate in fig. 6.13 dovremmo sostituire i due induttori inizialmente scarichi con due circuiti aperti e ciò significa supporre
che:
i 1 (0 + ) = 0
e
i 2 (0 + ) = 0
Ma è facile verificare che questo non è in accordo con la L.K.C. Infatti posso scrivere:
185
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i 1 (t) + i 2 (t) = i g (t) = J, ∀t ≥ 0. In particolare, per t = 0+ si ha :
i 1 (0 + ) + i 2 (0 + ) = i g (0 + ) = J
Da quest'ultima relazione si deduce, evidentemente, che:
i 1 (0 + ) ≠ i 1 (0 − )
e
i 2 (0 + ) ≠ i 2 (0 − )
Tale variazione istantanea di corrente ai capi di ciascun induttore può essere giustificata dal fatto che nel momento in cui viene sollevato l'interruttore, nell'istante t=0, si genera un impulso
di tensione: essendo tale tensione illimitata non è più possibile ricorrere alle equivalenze mostrate in fig. 6.13 in quanto esse valgono solo nel caso in cui ci sia ai capi dell'induttore una tensione limitata. D'altra parte, tale impulso di tensione, che è lo stesso su entrambi gli induttori essendo questi ultimi collegati in parallelo, originerà su ciascun induttore uno stesso flusso ϕ pari
a:
0+
ϕ = ∫ v(t)dt con v(t) = v 1 (t) = v 2 (t).
Si può scrivere dunque :
0−
i 1 (0 + ) =
ϕ
L1
e
i 2 (0 + ) =
ϕ
L2
Questo flusso non può assumere valori arbitrari ma solo quello per cui è soddisfatta la
L.K.C. e cioè tale che:
ϕ
L1
+
ϕ
L2
= J ⇒ϕ =
J
1
1
+
L1 L2
Possiamo ora ricavare definitivamente le condizioni iniziali come segue:
i 1 (0 + ) =
1
J
1
J
e i 2 (0 + ) =
L1 1 + 1
L2 1 + 1
L1 L2
L1 L2
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
186
Una situazione analoga si viene a creare anche nel caso in cui i due induttori (o anche
uno solo di essi) siano inizialmente carichi, come mostrato in figura:
(Nota: si immagini che la corrente iniziale sugli induttori sia determinata da eventuali
sorgenti collegate ai due induttori sino all'istante t=0 le quali non sono state tracciate
per non appesantire troppo il disegno).
Applicando le equivalenze per t=0+ bisognerà sostituire i due induttori carichi con due
generatori di corrente costanti e pari, rispettivamente, alle correnti iniziali sui due in-
duttori, per cui il circuito di fig. 6.23 diventa:
Dalla figura si osserva che, applicando la L.K.C. relativamente all'istante t=0+ si ha: J01
+ J02 = J, la quale relazione non è vera in generale essendo arbitrarie le correnti iniziali
sui due induttori. Allora bisogna concludere che:
i 1 (0 + ) ≠ i 1 (0 − )
e
i 2 (0 + ) ≠ i 2 (0 − )
e queste variazioni istantanee di corrente ai capi di ciascun induttore possono essere giustificate
dal fatto che nel momento in cui viene sollevato l'interruttore, nell'istante t=0, si genera un im-
187
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
pulso di tensione: essendo tale tensione illimitata non è più possibile ricorrere alle equivalenze
mostrate in fig. 6.14 in quanto esse valgono solo nel caso in cui ci sia ai capi dell'induttore una
tensione limitata. D'altra parte, tale impulso di tensione, che è lo stesso su entrambi gli induttori, essendo questi ultimi collegati in parallelo, darà origine su ciascun induttore ad uno stesso
flusso ϕ pari a:
0+
ϕ = ∫ v(t)dt con v(t) = v 1 (t) = v 2 (t).
Si può scrivere dunque :
0−
i 1 (0 + ) = i 1 (0 − ) +
ϕ
L1
= J 01 +
ϕ
L1
e i 2 (0 + ) = i 2 (0 − ) +
ϕ
L2
= J 02 +
ϕ
L2
La tensione V sarà dovuta questa volta ad un generatore di corrente equivalente che
deriva dalla somma algebrica di J, J01 e J02. Questo flusso non può assumere valori arbitrari ma solo quello per cui è soddisfatta la L.K.C. relativamente all'istante t=0+ e cioè
tale che:
i 1 (0 + ) + i 2 (0 + ) = J 01 +
ϕ
L1
+ J 02 +
ϕ
L2
= J ⇒ϕ =
J − J 01 − J 02
1
1
+
L1 L2
Possiamo ora ricavare definitivamente le condizioni iniziali come segue:
i 1 (0 + ) = J 01 +
1 J − J 01 − J 02
1 J − J 01 − J 02
e i 2 (0 + ) = J 02 +
1
1
L1
L2 1 + 1
+
L1 L2
L1 L2
Osserviamo, infine, che per evitare l'impulso di tensione è sufficiente collegare in parallelo agli induttori un resistore in modo da limitare la tensione.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
188
6.3
CONDIZIONI FINALI NEGLI ELEMENTI
Anche per determinare le condizioni finali negli elementi, ossia quelle corrispondenti
ad un istante t infinito quando cioè viene raggiunta una condizione di regime stazionario, è possibile sfruttare le seguenti equivalenze le quali si basano tutte sull'ipotesi che
le correnti e le tensioni siano costanti:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
189
Queste equivalenze possono essere sfruttate, per esempio, per determinare i valori di
tensione e corrente nell'istante t=0- purché nel circuito si instauri, per t<0, un regime
stazionario.
6.4
CIRCUITI DEL SECONDO ORDINE
Si consideri il seguente circuito:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
190
Si noti che non ci sono ingressi e le condizioni iniziali sono assegnate come dati del
problema. Si vuole determinare:
i L (t) , ∀t ≥ 0.
Valgono le seguenti relazioni:

i R = Gv R , con G = 1 R

dv

Relazioni di lato : i C = C C
(6.77)
dt

di L

v L = L dt
L.K.T. : v R = v C = v L
(6.78)
L.K.C. : i R + i C + i L = 0
(6.79)
Utilizzando le relazioni (6.77) e (6.78) possiamo scrivere la (6.79) come segue:
dv C
dv
+ i L = 0 ⇒ Gv L + C L + i L = 0 ⇒
dt
dt
di L
d2iL
d 2 i L G di L
1
GL
+ CL 2 + i L = 0 ⇒
+
+
iL = 0
2
dt
C dt CL
dt
dt
Gv R + C
(6.80)
La (6.80) rappresenta l'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti del secondo ordine
relativa al circuito in esame: si osserva che essa è omogenea in accordo col fatto che gli ingressi
sono nulli. Poniamo ora:
α=
G
2C
ω0 =
: fattore di smorzamento
1
: pulsazione di risonanza
LC
Vedremo che questi due parametri caratterizzano il comportamento dinamico del circuito, ovvero il tipo di risposta. L'equazione (6.80) si può riscrivere come:
191
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
d2i L
di
+ 2α L + ω o2 i L = 0
2
dt
dt
(6.81)
Per risolvere tale equazione differenziale ci serviranno due condizioni iniziali relative
alla corrente sull'induttore; la prima è assegnata:
i L (0 + ) = J 0
(*)
La seconda si ricava sfruttando la relazione di lato sull'induttore:
di L (t) v L (t) v C (t) di L (0 + ) v C (0 + ) V0
=
=
⇒
=
=
dt
L
L
dt
L
L
(**)
A questo punto per determinare l'integrale generale dell'equazione(6.81) occorre risolvere l'equazione caratteristica ad essa associata:
s 2 + 2αs + ω o2 = 0 , che ammette le seguenti radici :
s 1 2 = −α ± α 2 − ω o2
E' necessario ora distinguere questi quattro casi possibili:
1) α>ω0 condizione di sovrasmorzamento
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e distinte ed inoltre sono
entrambe negative per cui il circuito è asintoticamente stabile. L'integrale generale dell'equazione (6.81) sarà:
i L (t) = i Lh (t) = k 1e s1t + k 2 e s2t
(6.82)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
192
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali (*) e (**) ottenendo:
i L (0 + ) = J 0 = k 1 + k 2

, che risolto dà :
 di L (0 + ) V0
 dt = L = k 1 s 1 + k 2 s 2
1  V0
1  V0


k1 =
− s2 J0  e k 2 =
+ s1 J 0 

−
s1 − s2  L
s1 − s2  L


Sostituendo tali valori nella (6.82) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un andamento di questo tipo:
Come si osserva dal grafico, a regime, la corrente sull'induttore tende ad annullarsi in
accordo col fatto che, essendo il circuito lineare, tempo-invariante e asintoticamente
stabile, ogni risposta deve seguire l'ingresso che in questo caso è nullo. Ciò vale anche
per tutte le correnti e tensioni di lato il cui andamento nel tempo può essere facilmente
ricavato sfruttando le relazioni di lato.
2) α=ω0 condizione di smorzamento critico
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e coincidenti nel
valore -α; poiché, inoltre, tale valore è negativo avremo che il circuito è asintoticamente
stabile. L'integrale generale dell'equazione (6.81) è dato da:
i L (t) = k 1 e −αt + k 2 te −αt = e −αt (k 1 + k 2 t )
(6.83)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
193
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali (*) e (**) ottenendo:
i L (0 + ) = J 0 = k 1

, che risolto dà :
 di L (0 + ) V0
 dt = L = −αk 1 + k 2
V
k 1 = J 0 e k 2 = 0 + αJ 0
L
Sostituendo tali valori nella (6.83) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un
andamento che è simile a quello del caso precedente ma lo smorzamento avviene in
modo più lento.
3) α<ω0 condizione di sottosmorzamento
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono complesse e coniugate (poiché la
loro parte reale è negativa il circuito è asintoticamente stabile). Si pone:
ω d = ω o2 − α 2 e quindi : s 1 2 = −α ± jω d
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
194
Ricaviamo ora l'integrale generale della (6.81) come segue:
i L (t) = k 1 e s1t + k 2 e s2t = k 1 e −αt e jωdt + k 2 e −αt e − jωdt ⇒
i L (t) = e −αt [k 1 (cos(ω d t ) + jsen (ω d t )) + k 2 (cos (ω d t ) − jsen (ω d t ))] ⇒
i (t) = e −αt [(k + k )cos(ω t ) + j(k − k )sen (ω t )]
L
1
2
d
1
2
d
Ricordiamo che, essendo le radici s1 ed s2 complesse e coniugate, anche i loro residui k1
e k2 sono complessi e coniugati (vedi fig. 6.28a)
Im
k1 = a + jb
k2 = a – jb
x
k1
ρ
b
ϕ
0
a
Re
x
Pertanto si avrà:
k1 + k2 = 2a = 2ρ
ρcosϕ
ϕ
k1 – k2 = 2jb = 2jρ
ρsenϕ
ϕ
conseguentemente si ottiene:
fig. 6.28a
k2
195
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
j(k1 – k2) = - 2ρsenϕ
e andando a sostituire si ha:
αt(cosϕ
iL(t) = 2ρ
ρe-α
ϕcosω
ωdt - senϕ
ϕsenω
ωdt)
ovvero:
αt cos(ω
iL(t) = ke-α
ωdt + ϕ)
(6.84)
avendo posto k = 2ρ
ρ. Per trovare il valore delle costanti k e ϕ si utilizzano le condizioni
iniziali (*) e (**) ottenendo:
i L (0 + ) = J 0 = kcosϕ

 di L (0 + ) V0
 dt = L = −αkcosϕ − kω d senϕ
che risolto dà :
 V0
J
α 
 e k = 0 =
+
LJ
cos
ω
ω
ϕ
d 
 0 d
ϕ = − arctg 
J0

 V0
α 

cos arctg 
+
 LJ 0ω d ω d 

Sostituendo tali valori nella (6.84) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un
andamento oscillatorio con ampiezza decrescente. I minimi e i massimi giacciono sulle
due esponenziali che costituiscono l'inviluppo della risposta (vedi fig. 6.29):
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
196
4) α=0 condizione di perdite nulle
In tal caso si ha:
ωd = ω0 e
s 1 2 = ± jω 0
Come si osserva le due frequenze naturali sono complesse e coniugate ma la loro parte
reale è nulla, cioè sono disposte sull'asse immaginario del piano complesso: ne segue
che il circuito non è asintoticamente stabile. L'andamento nel tempo della corrente sull'induttore si ricava dalle relazioni ottenute nel caso precedente ponendo α=0 e ωd=ω0:
i L (t) = kcos(ω 0 t − ϕ )
(6.85)
con:
 V0
ϕ = −arctg 
 LJ 0ω 0

J
 e k = 0 =
cosϕ

J0

 V0
cos arctg 
 LJ 0ω 0




197
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Come si osserva dalla relazione (6.85) la corrente sull'induttore ha un andamento sinusoidale nel tempo e quindi non si annulla al tendere di t ad infinito (infatti il circuito
non è asintoticamente stabile avendosi una oscillazione permanente). Da un punto di
vista fisico, accade che nel circuito si può ritenere nulla la conduttanza G e quindi il
condensatore e l'induttore si scambiano vicendevolmente l'energia accumulata per t<0.
Consideriamo ora lo stesso circuito nell'ipotesi, però, che ci sia un ingresso diverso da
zero; si vuole determinare l'andamento nel tempo della corrente sull'induttore:
Per t<0 il generatore di corrente è escluso dal resto del circuito e perciò si può scrivere:
i L (0 − ) = 0
e
v C (0 − ) = 0
Poiché nell'istante t=0, quando viene modificata la posizione degli interruttori, si ha
una variazione istantanea ma limitata di corrente ai capi del condensatore possiamo ritenere che (applicando le equivalenze per t=0+):
i L (0 + ) = i L (0 − ) = 0
e
v C (0 + ) = v C (0 − ) = 0
(*)
Valgono ora le seguenti relazioni:
i R = Gv R , con G = 1 R

dv
i C = C C

dt
Relazioni di lato : 
di
v L = L L
dt

i g = − J 0

L.K.T. : v R = v C = v L = v g
L.K.C. : i R + i C + i L = J 0
(6.86)
(6.87)
(6.88)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
198
Utilizzando le relazioni (6.86) e (6.87) possiamo scrivere la (6.88) come segue:
dv C
dv
+ i L = J 0 ⇒ Gv L + C L + i L = J 0 ⇒
dt
dt
di L
d2i L
d 2 i L G di L
J
1
+ CL 2 + i L = J 0 ⇒
+
+
GL
iL = 0
2
dt
C dt CL
CL
dt
dt
Gv R + C
(6.89)
La (6.89) rappresenta l'equazione differenziale lineare a coefficienti costanti del secondo ordine
relativa al circuito in esame: si osserva che essa ha un termine noto costante in accordo col fatto
che è presente in ingresso un generatore di corrente costante. Poniamo ora:
α=
G
2C
ω0 =
: fattore di smorzamento
1
: pulsazione di risonanza
LC
Allora l'equazione (6.89) si scrive come:
d2i L
di
+ 2α L + ω o2 i L = ω o2 J 0
2
dt
dt
(6.90)
Per risolvere tale equazione differenziale ci serviranno due condizioni iniziali relative
alla corrente sull'induttore; la prima è assegnata:
i L (0 + ) = 0
La seconda si ricava sfruttando la relazione di lato sull'induttore:
di L (t) v L (t) v C (t) di L (0 + ) v C (0 + )
=
=
⇒
=
=0
dt
L
L
dt
L
199
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
A questo punto l'integrale generale dell'equazione (6.90) è dato da:
i L (t) = i Lh (t) + i Ls (t)
(6.91)
Essendo il circuito lineare e tempo-invariante l'integrale particolare deve seguire l'ingresso e quindi sarà anch'esso costante:
i Ls (t) = cost. = A
Per determinare il valore di A si sostituisce l'integrale particolare nell'equazione (6.90)
e si ottiene:
ω o2 A = ω o2 J 0 ⇒ A = J 0
Ora per ricavare l'integrale generale dell'equazione (6.90) bisogna prima calcolare l'integrale generale dell'equazione omogenea ad essa associata che coincide, come si può
osservare, con quella esaminata nel caso precedente relativamente al circuito con ingresso nullo. L'equazione caratteristica è la seguente:
s 2 + 2αs + ω o2 = 0 , che ammette le seguenti radici :
s 1 2 = −α ± α 2 − ω o2
E' necessario ora distinguere i quattro casi visti prima:
1) α > ω 0 : condizione di sovrasmorz amento.
200
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e distinte ed inoltre sono
entrambe negative per cui il circuito è asintoticamente stabile. L'integrale generale dell'equazione (6.90) sarà:
i L (t) = i Lh (t) + i Ls (t) = k 1 e s1t + k 2 e s2t + J 0
(6.92)
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali già ricavate ottenendo:
i L (0 + ) = 0 = k 1 + k 2 + J 0

, che risolto dà :
 di L (0 + )
 dt = 0 = k 1 s 1 + k 2 s 2
− s1 J 0
s J
k1 = 2 0
e k2 =
s1 − s2
s1 − s2
Sostituendo tali valori nella (6.92) e diagrammando in funzione del tempo si ottiene un
andamento di questo tipo:
Come si osserva dal grafico, a regime, la corrente sull'induttore tende al valore costante
J0 in accordo col fatto che, essendo il circuito lineare, tempo-invariante e asintoticamente stabile, ogni risposta deve seguire l'ingresso che in questo caso è un generatore di
corrente costante. Ciò vale anche per tutte le correnti e tensioni di lato il cui andamento
201
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
nel tempo può essere facilmente ricavato sfruttando le relazioni di lato.
2) α = ω 0 : condizione di smorzamento critico.
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono entrambe reali e coincidenti nel valore -α;
poiché, inoltre, tale valore è negativo avremo che il circuito è asintoticamente stabile. L'integrale
generale dell'equazione (6.81) è dato da:
i L (t) = k 1 e −αt + k 2 te −αt + J 0 = e −αt (k 1 + k 2 t ) + J 0
(6.93)
Per trovare il valore delle due costanti sfruttiamo le condizioni iniziali già ricavate ottenendo:
i L (0 + ) = 0 = k 1 + J 0

, che risolto dà :
 di L (0 + )
 dt = 0 = −αk 1 + k 2
k 1 = − J 0 e k 2 = −αJ 0
3) α < ω 0 : condizione di sottosmorzamento.
In tal caso le due frequenze naturali del circuito sono complesse e coniugate (poiché la loro parte
reale è negativa il circuito è asintoticamente stabile). Si pone:
ω d = ω o2 − α 2 e quindi : s 1 2 = −α ± jω d
Tali valori possono essere rappresentati nel piano complesso come segue:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
202
Possiamo scrivere dunque:
i L (t) = i Lh (t) + i Ls (t) = k 1 e s1t + k 2 e s2t + J 0
(6.94)
Essendo le frequenze naturali s1 ed s2 complesse e coniugate, tali saranno anche i corrispondenti residui. Sulla base dei risultati ottenuti per il caso sottosmorzato ad ingresso
nullo, potremo allora scrivere:
iL(t) = ke-αt cos(ωdt + ϕ)+ J0
(6.95)
dove, ovviamente, k e ϕ dovranno essere ricavate utilizzando le condizioni iniziali. Essendo:
di L (t )
= − kαe −αt cos(ω d t + ϕ ) − ke −αtω d sen (ω d t + ϕ )
dt
otterremo:
iL(0+) = kcosϕ
ϕ +J0 = 0
di L (0 + )
= −kαcosϕ − kω d senϕ
dt
ovvero:
ϕ = −arctg
α
ωd
e
k=
-J 0
=
cosϕ
-J 0

α
cos arctg
ω
d




203
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Diagrammando in funzione del tempo si ottiene un andamento di questo tipo:
4) α = 0: condizione di perdite nulle.
ωd = ω0
e s 1 2 = ± jω 0
Come si osserva le due frequenze naturali del circuito sono complesse e coniugate e
hanno una parte reale nulla, cioè sono disposte sull'asse immaginario del piano complesso: quindi il circuito non è asintoticamente stabile. L'andamento nel tempo della
corrente sull'induttore si ricava dalla relazione trovata nel caso precedente ponendo
però ωd=ω0,α=0 e ϕ=0:
i L (t) = − J 0 cos (ω 0 t ) + J 0
(6.96)
Tale funzione ha un andamento di tipo sinusoidale e quindi la corrente sull'induttore
non si annulla per t tendente ad infinito. Definiamo ora il seguente parametro:
Q=
ω0
: fattore di qualitá o di risonanza parallelo
2α
Nei due circuiti appena esaminati Q è detto fattore di qualità parallelo e vale:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
204
1
ω
1 C
Q = 0 = LC =
2α 2 G
G L
2C
Daremo in seguito un'interpretazione fisica di tale parametro. É facile dimostrare che é
possibile utilizzare il fattore di qualità per classificare le quattro condizioni di funzionamento appena esaminate. In particolare:
1
: condizione di sovrasmorzamento.
2
1
Q = : condizione di smorzamento critico.
2
1
Q > : condizione di sottosmorzamento.
2
Q = +∞ : condizione di perdite nulle.
Q<
Considereremo ora altri due esempi di risposta in ingresso nullo e risposta con ingresso diverso da zero nel caso però di un collegamento di tipo serie. Verranno riportate
solo le relazioni fondamentali senza illustrare il procedimento di calcolo essendo questo simile a quello svolto nei casi precedenti. Si prenda in esame il seguente circuito:
Vogliamo determinare l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore.
Combinando le seguenti relazioni:
205
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica

v R = Ri R

dv C

i C = C
dt

di L

v L = L dt
L.K.C. i R = i L = i C
L.K.T. v L + v C + v R = 0
si determina l'equazione differenziale del secondo ordine lineare a coefficienti costanti
relativa al circuito in esame:
d2vC
dv C
R
+ 2α
+ ω o2 v C = 0 con α =
e ω0 =
dt
2L
dt 2
v C (0 + ) = E

 dv C (0 + ) i C (0 + ) i L (0 + )
=
=
=0
 dt
C
C
1
LC
Le frequenze naturali del circuito sono le due radici dell'equazione caratteristica e cioè:
s 1 2 = −α ± α 2 − ω o2
Si distinguono i seguenti quattro casi:
1) α > ω 0 : condizione di sovrasmorzamento.
− Es 2
Es 1
v C (t) = k 1 e s1t + k 2 e s2t con k 1 =
e k2 =
s1 − s2
s1 − s2
2) α = ω 0 : condizione di smorzamento critico.
s = −α ⇒ v (t) = Ee −αt (1 + αt )
12
C
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
206
3) α < ω 0 : condizione di sottosmorzamento.
s 1 2 = −α ± jω d
con ω d = ω o2 − α 2
v C (t) = ke −αt cos (ω d t + ϕ ) con ϕ = −arctg
E
α
e k=−
cosϕ
ωd
4) α = 0 : condizione di perdite nulle.
ω d = ω 0 ⇒ s 1 2 = ± jω 0
v C (t) = E cos(ω 0 t )
Consideriamo ora il caso analogo ma con un ingresso diverso da zero:
Vogliamo determinare l'andamento nel tempo della tensione ai capi del
condensatore. Combinando le seguenti relazioni:
v g = E

v R = Ri R

dv
i C = C C
dt


di L
v L = L
dt

L.K.C. i R = i L = i C
L.K.T. v L + v C + v R = E
si determina l'equazione differenziale del secondo ordine lineare a coefficienti costanti
relativa al circuito in esame:
207
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
d2vC
dv C
R
+ 2α
+ ω o2 v C = ω o2 E con α =
e ω0 =
2
dt
2L
dt
v C (0 + ) = 0

 dv C (0 + ) i C (0 + ) i L (0 + )
=
=
=0
 dt
C
C
1
LC
L'integrale generale della suddetta equazione si scrive come:
v C (t) = v Ch (t) + v Cs (t) con v Cs (t) = cost. = E
Le frequenze naturali del circuito sono le due radici dell'equazione caratteristica e cioè:
s 1 2 = −α ± α 2 − ω o2
Si distinguono i seguenti quattro casi:
1) α > ω 0 : condizione di sovrasmorzamento.
Es 2
− Es 1
v C (t) = k 1e s1t + k 2 e s2t + E con k 1 =
e k2 =
s1 − s2
s1 − s2
2) α = ω 0 : condizione di smorzamento critico.
s = −α ⇒ v (t) = − Ee −αt − αEte −αt + E
12
C
3) α < ω 0 : condizione di sottosmorzamento.
s 1 2 = −α ± jω d
con ω d = ω o2 − α 2
v C (t) = ke −αt cos (ω d t + ϕ ) + E con ϕ = −arctg
−E
α
e k=
ωd
cosϕ
4) α = 0 : condizione di perdite nulle.
ω d = ω 0 ⇒ s 1 2 = ± jω 0 ⇒ ϕ = 0
v C (t) = − E cos (ω 0 t ) + E
Per i due circuiti appena esaminati possiamo definire un fattore di qualità o fattore di
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
208
risonanza serie:
1
Q=
ω0
1 L
LC
=
=
R
R C
2α
2
2L
6.5
APPROCCIO AI CIRCUITI CON IL METODO DELLE VARIABILI DI STATO
Consideriamo il seguente circuito del secondo ordine di cui siano già assegnate le con-
dizioni iniziali:
Dalla conoscenza della corrente iniziale sull'induttore e della tensione iniziale sul condensatore cioè, in altri termini, dalla conoscenza del contenuto energetico immagazzinato nell'induttore e nel condensatore sino all'istante t=0, è stato possibile ricavare (vedi paragrafo 6.4) l'andamento di tutte le tensioni e correnti di lato, ossia qualsiasi risposta del circuito, non solo nell'istante iniziale t=0 ma anche in quelli successivi, cioè per
t>0. Possiamo allora, sulla base di questa osservazione, generalizzare la procedura come segue: supponiamo che in un circuito dinamico siano presenti p accumulatori (condensatori o induttori, ossia elementi in grado di immagazzinare energia) e che sia possibile individuare p variabili (una per ogni accumulatore) le quali ci consentano di conoscere il contenuto energetico dell'accumulatore a cui sono rispettivamente associate
in ogni istante t>0. Tali variabili sono dette variabili di stato e le indicheremo con:
209
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
x 1 (t) , x 2 (t) , ... , x p (t)
 x 1 (t)
 x (t)
2
 è detto vettore di stato .
mentre il vettore : x(t) = 
 ..... 


x p (t)
(Nota: in generale le variabili di stato "fisiche" conviene che siano scelte in modo tale
che il loro quadrato sia proporzionale al contenuto energetico dell'accumulatore a cui
sono associate: per questo motivo si sceglie la tensione per i condensatori e la corrente
per gli induttori). Possiamo a questo punto dare la definizione di stato di un circuito:
in assenza di ingressi, esso rappresenta il numero minimo di variabili di stato (ossia le variabili
scelte devono essere fra loro indipendenti) la cui conoscenza in un istante iniziale t0 mi permette
di ricavare le stesse variabili anche in quelli successivi a quello iniziale; se nel circuito sono presenti degli ingressi, lo stato del circuito viene definito allo stesso modo aggiungendo, però, che è
necessario conoscere gli ingressi non solo nell'istante iniziale ma anche in quelli relativi all'intervallo di osservazione considerato.
Mostreremo con l'aiuto di esempi che mediante l'uso delle variabili di stato si perviene alla
scrittura di un sistema di equazioni differenziali del primo ordine la cui soluzione porta alla conoscenza dell'andamento nel tempo delle stesse variabili di stato che consente di ricavare, successivamente, l'andamento nel tempo di tutte le correnti e tensioni di lato come combinazioni
lineari delle variabili di stato. Il metodo delle variabili di stato viene frequentemente utilizzato
perché consente una facile implementazione al calcolatore e si presta, in particolare, per l'analisi
di quei circuiti la cui soluzione porterebbe alla scrittura di un'equazione differenziale di ordine
elevato: con il metodo delle variabili di stato, invece, si perviene ad un sistema di n equazioni
differenziali tutte del primo ordine. Il metodo è poi particolarmente utile per la soluzione dei circuiti non lineari. Vediamo ora di applicare il metodo delle variabili di stato al circuito di fig.
6.34: scegliamo come variabili di stato la corrente sull'induttore e la tensione sul condensatore;
si tratta di ricavare due equazioni differenziali del primo ordine che coinvolgano tali variabili.
Sussistono le seguenti relazioni:

i R = Gv R con G = 1 R (6.97)

dv

Relazioni di lato : i C = C C
(6.98)
dt

di L

(6.99)
v L = L dt
L.K.T. : v R = v L = v C
(6.100)
L.K.C. : i R + i L + i C = 0
(6.101)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
210
Combinando le equazioni (6.99) e (6.100) si ottiene:
di L v C
=
dt
L
(*)
Mentre la seconda equazione differenziale è data da:
i R + i L + i C = 0 ⇒ Gv R + i L + C
dv C
dv
= 0 ⇒ Gv C + i L + C C = 0 ⇒
dt
dt
dv C
i
G
= − L − vC
dt
C C
(**)
Si ottiene allora il seguente sistema di due equazioni differenziali del primo ordine:
 di L v C
=
 dt
L

 dv C = − 1 i L − G v C
C
C
 dt
(6.102)
alle quali va associato lo stato iniziale: iL(0)=I0; vc(0)=V0. Posto ora:
x 1 (t) = i L (t)
e
x 2 (t) = v C (t)
possiamo scrivere il sistema (6.102) in forma matriciale come segue:
1 

 x 1   0
L   x1 
⇔
x = Ax
(6.103)
 x  =  1
G   x 2 
 2  −
− 
C
 C
 x 
x 
con x =  1  vettore delle derivate prime e x =  1  vettore di stato.
 x 2 
x 2 
211
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Al sistema (6.103) vanno poi aggiunte le condizioni iniziali:
 x 1 (0 + )  J 0 
x (0 ) =  V  ⇔ x(0 + ) = x 0
 2 +   0
 J0 
con x 0 =  
 V0 
(6.104)
La soluzione, in forma matriciale, del sistema (6.102) è la seguente:
x(t) = e At x 0 , dove e At è detta matrice di transizione di stato.
Tale soluzione è detta risposta libera del circuito perché non ci sono ingressi e, come si
può osservare, essa dipende esclusivamente dalle condizioni iniziali nel circuito. Possiamo esprimere la soluzione del sistema (6.102) senza ricorrere alla matrice di transizione di stato ma servendosi degli autovalori della matrice A. In generale, gli autovalori di una matrice A, che indicheremo col simbolo s, si ottengono come soluzione della
seguente equazione: det[A-sI]=0 , dove I è la matrice identica. Nel nostro caso si ha:
 −s

det[A − sI] = det 
1
−
 C
1 
L 
G 
− − s
C 
Nota.
E' facile verificare che gli autovalori della matrice A coincidono con le frequenze naturali precedentemente calcolate (vedi par. 6.4). Infatti:
det[A − sI] = s 2 +
posto α =
G
1
s+
=0
C
LC
1
G
e ω0 =
si ha: s2+2αs+ ω 02 = 0
2C
LC
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
212
da cui si ottiene: s 1/2 = −α ± α 2 − ω 02
che coincidono con le frequenze naturali del circuito. Supponiamo che i due autovalori
ottenuti siano tra loro distinti. Una volta determinati gli autovalori della matrice A, bisogna calcolare gli autovettori ad essi associati. Nel nostro caso, se indichiamo tali autovettori con:
η 11 
η 12 
η1 =   e η2 =  
η 21 
η 22 
essi sono i vettori non nulli che soddisfano la seguente equazione matriciale:
Aη i = s i η i ⇔ (A − s i I)η i = 0
con i=1,2
(*)
Per i=1 l'equazione matriciale (*) diventa:
1

− s 1η 11 + η 21 = 0

L
 1
G
− η 11 −  + s 1 η 21 = 0
C
C


Tenendo presente che bisogna escludere la soluzione banale di tale sistema omogeneo
di due equazioni in quanto gli autovettori sono sempre diversi dal vettore nullo ed osservando che il sistema ammette infinite soluzioni, possiamo scrivere dalla prima equazione:
η11 =
1
Ls1
η 21 , da cui segue che le soluzioni del sistema sono tutte
del tipo : (β , Ls1 β ). Posto allora β = 1 ottengo come soluzione :
η   1 
η 1 =  11  =  
η 21  Ls1 
213
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In modo del tutto analogo si ottiene:
η 12   1 
η2 =   =  
η 22  Ls 2 
A questo punto, avendo supposto che gli autovalori siano distinti, si può scrivere la soluzione del sistema (6.103), cioè il vettore di stato, come segue:
(
x(t) = k 1 e
s1t
)η + (k e )η
1
2
s2 t
2
(6.105)
Il valore delle costanti k1 e k2 si ricava utilizzando lo stato iniziale; si può poi verificare
la perfetta corrispondenza tra queste risposte (ossia la corrente sull'induttore e la tensione sul condensatore) ricavate con il metodo delle variabili di stato e le stesse ricavate
in precedenza. Consideriamo ora il caso in cui l'ingresso non sia nullo (supporremo,
comunque, che esso sia noto in tutto l'intervallo di osservazione e non solo nell'istante
iniziale). Si prenda in esame il seguente circuito:
Si tenga presente che ciascuno dei due interruttori disposti in parallelo, quando è abbassato, serve per escludere completamente dal resto del circuito il generatore di corrente ad esso corrispondente. Le condizioni iniziali si ricavano osservando il circuito
equivalente a t=0- in condizioni di regime stazionario e tenendo presente che nell'istante t=0 si ha una variazione istantanea ma limitata di corrente sul condensatore e di tensione sull'induttore:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
214
Consideriamo come variabili di stato, al solito, la corrente sull'induttore e la tensione
sul condensatore. Valgono le seguenti relazioni:
i g = J s

i R = Gv R

Relazioni di lato : i = C dv C
C
dt


di L
v L = L
dt

L.K.C. : i R + i C + i L = J s
L.K.T. : v R = v C = v L
(6.106)
(6.107)
(6.108)
(6.109)
(6.110)
(6.111)
Tenendo conto della (6.111) si possono scrivere la (6.109) e la (6.110) come segue:
 di L 1
 dt = L v C

 dv C = − 1 i L − G v C + J s
 dt
C
C
C
(6.112)
Posto ora:
x 1 (t) = i L (t)
e
x 2 (t) = v C (t)
215
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
possiamo scrivere il sistema (6.112) in forma matriciale come segue:
1 

0
x 1   0
L   x1  +  1  J
=
s
x   1
G  x 
 2  −
−   2   C 
C
 C
 x 
con x =  1 
x 2 
⇔
x = Ax + Bu
x 
vettore delle derivate prime e x =  1  vettore di stato.
x 2 
0
Inoltre B =  1  mentre u é scalare e pari a J s
 C 
Al sistema (6.112) vanno poi aggiunte le condizioni iniziali:
 x 1 (0 + )  J 0 
x (0 ) =  0  ⇔ x(0 + ) = x 0
 2 +   
J0 
con x 0 =  
0
(6.114)
Il vettore di stato x(t) può essere così determinato:
x − Ax = Bu(t) ⇔ e − At (x − Ax ) = e − At Bu(t) ⇔
d
dt
(e
− At
)
x(t) = e − At Bu(t) e quindi integrando tra 0 e t si ha :
t
e − At x(t) − x 0 = ∫ e − Aτ Bu(τ )dτ ⇒
0
At
t
x(t) = e x 0 + ∫ e A(t −τ ) Bu(τ )dτ
0
(6.113)
(6.115)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
216
Il primo addendo a secondo membro dell'equazione (6.115) rappresenta la risposta naturale del circuito perché dipende solo dalle condizioni iniziali, mentre il secondo addendo rappresenta la risposta forzata del circuito perché dipende solo dagli ingressi (nel
caso in esame l'ingresso è unico ed è costituito dal generatore di corrente costante). Si
tenga presente che la risposta libera e quella forzata non devono essere confuse con la
risposta transitoria e quella a regime.
Consideriamo ora il circuito serie mostrato in figura; valgono considerazioni analoghe
a quelle fatte finora:
Al solito, sceglieremo come variabili di stato la tensione sul condensatore e la corrente
sull'induttore. Si può scrivere:
v g = E

v R = Ri R

Relazioni di lato : i = C dv C
C
dt


di L
v L = L
dt

L.K.T. : v R + v C + v L = E
(6.116)
L.K.C. : i R = i C = i L
(6.121)
(6.117)
(6.118)
(6.119)
(6.120)
Tenendo conto della (6.121) si possono scrivere la (6.118) e la (6.120) come segue:
217
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
R
1
1
 di L
= − i L − vC + E
 dt
L
L
L

 dv C = 1 i L
C
 dt
(6.122)
Posto ora:
x 1 (t) = i L (t)
x 2 (t) = v C (t)
e
possiamo scrivere il sistema (6.122) in forma matriciale come segue:
 R
x 1  − L
x  =  1
 2 
 C
1
1
L   x1  +   E
 x  L
0   2   0 
−
⇔
x = Ax + Bu
(6.123)

x 1 
x1 
vettore delle derivate prime e x =   vettore di stato.

x 2 
x 2 
con x = 
1
Inoltre B =  L  mentre u é scalare e pari a E
0
 
Al sistema (6.122) vanno poi aggiunte le condizioni iniziali:
 x 1 (0 + ) 0
x (0 ) = 0 ⇔ x(0 + ) = 0
 2 +   
(6.124)
Il circuito presenterà allora solo la risposta forzata (cioè quella dipendente dall'ingresso
essendo nulle le condizioni iniziali) che è esprimibile come (vedi pagina precedente):
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
218
t
x(t) = ∫ e A (t −τ ) Bu(τ )dτ
(6.125)
0
Consideriamo, infine, un ultimo esempio dal quale sarà evidente come sia difficile, per
circuiti leggermente più complessi di quelli esaminati finora, determinare le equazioni
differenziali che coinvolgono le variabili di stato. Si faccia riferimento al circuito mo-
strato in figura:
Le relazioni di lato sono:
 vg = E
v =R i
1 1
 1
 v 2 = R 2 i 2

di L
 vL = L
dt

i C = C dv C

dt
(6.126)
(6.127)
(6.128)
(6.129)
(6.130)
Applicando la L.K.C. si ottiene:
i1 + i2 + iC = 0
i2 = iL
(6.131)
(6.132)
Mentre applicando la L.K.T. ai due percorsi chiusi evidenziati si ha:
v1 − vC = E
v2 + vL − vC = E
(6.133)
(6.134)
219
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalle relazioni (6.127),(6.131) e (6.132) posso scrivere:
v 1 = R 1 i 1 = −R 1 (i C + i L )
(6.135)
Dunque la relazione (6.133) si scrive come:
 dv

− R1  C C + i L  − vC = E
 dt

(*)
Mentre, tenendo presente la relazione (6.132), possiamo scrivere la relazione (6.134)
come segue:
R2i L + L
di L
− vC = E
dt
(**)
Riordinando le relazioni (*) e (**) si ottiene il sistema di due equazioni differenziali del
primo ordine avente come incognite le variabili di stato scelte:
R2
1
E
 di L
 dt = − L i L + L v C + L
 dv
1
1
E
 C = − iL −
vC −
 dt
C
CR 1
CR 1
Posto ora:
(6.136)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
220
x 1 (t) = i L (t)
e
x 2 (t) = v C (t)
possiamo scrivere il sistema (6.136) in forma matriciale come segue:
1 
 R2
 1 
−

 L 
x
x 1   L


L
1
E
(6.137)
+
⇔
x = Ax + Bu
x  =  1
1 
1  x  
 2  −
  2  −

−
CR 1 
 R 1C 
 C
 x 1 
x 
con x =   vettore delle derivate prime e x =  1  vettore di stato.
x 2 
 x 2 
 1 


Inoltre B =  L1  mentre u é scalare e pari a E
−

 R 1C 
Nel sistema (6.136) vanno poi aggiunte le condizioni iniziali:
 x 1 (0 + )  0
x (0 ) = 0 ⇔ x (0 + ) = 0
 2 +   
(6.138)
Il circuito presenterà allora solo la risposta forzata (cioè quella dipendente dall'ingresso
essendo nulle le condizioni iniziali) che è esprimibile come:
t
∫
x(t) = e A (t −τ ) Bu(τ )dτ
(6.139)
0
Nota: abbiamo visto finora due metodi che ci consentono di descrivere la dinamica di
un circuito, il primo mediante una sola equazione differenziale scalare di ordine n (generalmente n è uguale a 2) il secondo mediante un sistema di n equazioni differenziali
del primo ordine. I due metodi sono comunque equivalenti ed è sempre possibile passare dal sistema di equazioni differenziali all'equazione differenziale scalare ad esso
associata (il passaggio inverso è possibile ma richiede l'introduzione delle cosiddette
variabili di fase). Ad esempio, nel caso in cui n=2 si ha:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
 x 1 = a 11 x 1 + a 12 x 2 + u 1

x 2 = a 21 x 1 + a 22 x 2 + u 2
(*)
(**)
derivando la prima equazione rispetto al tempo si ottiene:
x1 = a 11 x 1 + a 12 x 2 + x 1
e sostituendo la (*) e la (**) si ha:
x1 = a 11 (a 11 x 1 + a 12 x 2 + u 1 ) + a 12 (a 21 x 1 + a 22 x 2 + u 2 ) + u 1 (* * *)
Possiamo riscrivere la (***) come segue:
(
)
2 + a a x + a x (a + a ) + a u + a u + u
x1 = a 11
12 21 1
12 2
11
22
11 1
12 2
1
Dalla (*) si ricava però:
a 12 x 2 = x 1 − a 11 x 1 − u 1
che sostituita nella relazione precedente dà:
2
x1 = (a 11
+ a 12 a 21 ) x 1 + (x 1 − a 11 x 1 − u 1 )(a 11 + a 22 ) + a 11 u 1 + a 12 u 2 + u 1 ⇒
x1 − (a 11 + a 22 ) x 1 − (a 12 a 21 − a 11a 22 ) x 1 + a 22 u 1 − a 12 u 2 − u 1 = 0
221
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
222
Quest'ultima relazione rappresenta l'equazione differenziale del secondo ordine associata al sistema di due equazioni differenziali in esame.
6.6
RISPOSTA ALL'IMPULSO
Nel seguente paragrafo analizzeremo tre metodi attraverso i quali sarà possibile determinare la risposta di un circuito ad un ingresso rappresentato da una corrente o tensione impulsiva; per comodità, considereremo solo circuiti dinamici del primo ordine,
ovviamente lineari e tempo-invarianti. Ad esempio, si prenda in esame il circuito mo-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
223
strato in figura:
L'ingresso è costituito da un generatore di corrente impulsiva. Si vuole determinare
l'andamento nel tempo della tensione sul condensatore. Possiamo utilizzare i seguenti
tre metodi:
1) Metodo per approssimazione: esso consiste nel sostituire il generatore di corrente
impulsivo con un generatore di corrente la cui forma d'onda è rappresentata da un impulso di durata finita; una volta calcolata la risposta del circuito a tale ingresso possiamo facilmente determinare la risposta all'impulso facendo tendere a zero l'intervallo di
tempo durante il quale è applicato il segnale. L'impulso di durata finita ha il seguente
andamento nel tempo:
Da un punto di vista qualitativo possiamo affermare quanto segue: per t<0 l'ingresso è
nullo, la tensione iniziale sul condensatore è nulla e quindi il circuito è completamente
inerte. Nell'istante t=0+ si ha una variazione istantanea, ma comunque limitata, di corrente ai capi del condensatore la cui tensione rimane, quindi, costante e pari al valore
che aveva nell'istante t=0- cioè zero; in altri termini, nell'istante t=0+ il condensatore si
comporta come un cortocircuito. Di conseguenza, la corrente del generatore scorre esclusivamente nel condensatore provocando, gradualmente, l'instaurarsi di una certa
carica sulle sue armature; questo a sua volta, determina un progressivo aumento della
tensione sul condensatore e quindi anche sul resistore, visto che i due elementi sono in
parallelo. In tal modo, però, la corrente fornita dal generatore passa anche attraverso il
resistore e perciò la tensione sul condensatore aumenterà sempre più lentamente. Infine, a partire dall'istante t = ∆, viene escluso il generatore di corrente e quindi comincia
il processo di scarica del condensatore: cioè avremo circolazione di corrente sino a
quando si esaurisce l'energia elettrica immagazzinata nel condensatore sino all'istante t
= ∆. Intuitivamente, l'andamento nel tempo della tensione ai capi del condensatore può
essere così schematizzato:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
224
Analizziamo ora il circuito da un punto analitico; applicando la L.K.C. otteniamo la seguente equazione:
v R (t)
dv (t)
+ C C = p ∆ (t) ⇔
R
dt
v C (t)
dv C (t)
dv C (t) v C (t) 1
+C
= p ∆ (t) ⇔
+
= p ∆ (t) (6.140)
R
dt
dt
CR
C
i R (t) + i C (t) = i s (t) ⇔
E' necessario distinguere i seguenti due intervalli di tempo:
per t ∈ ]0, ∆[ la (6.140) diventa :
dv C1 v C1
1
+
=
dt
RC C∆
(*)
L'integrale generale di questa equazione è dato da:
v C1 (t) = v C1h (t) + v C1s (t)
L'integrale particolare è costante, essendo tale l'ingresso, e può essere ricavato nel seguente modo:
posto : v C1s (t) = A = cost. e sostituendo nella (*) si ha :
A
1
R
=
⇔ A = v C1s (t) = . Si ottiene allora :
CR C∆
∆
v C1 (t) = v C1h (t) + v C1s (t) = ke
−
t
RC
+
R
∆
225
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il valore della costante k si ricava imponendo la condizione iniziale:
v C1 (0 + ) = 0 = k +
R
R
⇔ k=−
∆
∆
In definitiva si ottiene:
v C1 (t) =
t

−
R 
RC  per t ∈ ]0, ∆[
1
−
e


∆

(**)
Tenendo presente che per ricavare la risposta all'impulso dovremo far tendere ∆ a zero,
è lecito considerare ∆ molto piccolo e quindi, essendo anche t < ∆, è possibile sviluppare in serie la seguente quantità:
e
−
t
RC
2
=1−
3
t
1 t 
1 t 
t
+ 
 − 
 + .... ≈ 1 −
RC 2  RC 
6  RC 
RC
Di conseguenza si ottiene:
v C1 (t) =
R
t 
t
, per t ∈ ]0, ∆[
1 − 1 +
=
∆
RC  C∆
(6.141)
Questo può essere interpretato come il contributo alla tensione sul condensatore nel caso di ingresso diverso da zero e stato nullo. Si noti che la pendenza dell'andamento della tensione sul condensatore, nell'intervallo ]0,∆[, è 1/∆C: tale valore è molto grande
poiché ∆ è molto piccolo. Se ora consideriamo, invece, gli istanti di tempo per t>∆ possiamo ricavare il contributo alla tensione sul condensatore nel caso di ingresso nullo e
stato diverso da zero come integrale generale della seguente equazione differenziale:
dv C2 v C2
+
= 0 (*) , per t > ∆
dt
RC
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
226
Tenendo conto che la precedente equazione vale solo per istanti di tempo successivi all'istante t=∆, il suo integrale generale sarà esprimibile mediante una relazione di questo
tipo:
v C2 (t) = v C2h (t) = ke
−
(t − ∆ )
RC u(t
− ∆)
Per trovare il valore della costante k sfrutteremo la seguente condizione iniziale:
v C2 ( ∆ + ) = v C2 ( ∆ − ) = v C1 ( ∆ ) =
∆

−
R 
RC 
1
−
e


∆

La prima uguaglianza deriva dal fatto che la tensione sul condensatore non presenta
discontinuità istantanee poiché la corrente rimane sempre limitata. Sviluppiamo in serie la seguente quantità:
e
−
∆
RC
2
= 1−
3
∆
1 ∆ 
1 ∆ 
∆
+ 
 − 
 + .... ≈ 1 −
RC 2  RC 
6  RC 
RC
Di conseguenza si ottiene:
v C 2 (∆ + ) ≈
R
∆  1
1
, e quindi si ha :v C 2 ( ∆ + ) = = k
1 − 1 +
=
∆
RC  C
C
In definitiva, l'integrale generale della (*) è dato da:
1 −
v C2 (t) = v C2h (t) = e
C
(t − ∆ )
RC
u(t − ∆)
(6.142)
Concludendo, la tensione sul condensatore, quando in ingresso è presente un impulso
di durata finita, è data da:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
227
 t
per t ∈ [0, ∆ ]
 ∆C
v C (t) = 
( 6.143)
(t − ∆ )
 1 e − RC
per t > ∆
 C
Per ricavare la tensione sul condensatore quando in ingresso è presente un impulso è
sufficiente far tendere ∆ a zero ottenendo:
∆ → 0 allora : v C1 (t) =
1  essendo t e ∆ entrambi infinitesimi 


C  del primo ordine

∆ → 0 allora : v C2 (t) =
1 − RC
e
u(t)
C
t
Osservando che la prima di queste due relazioni corrisponde esattamente al valore che
la seconda di esse assume per t=0 si ha che:
t
v C (t) =
1 − RC
e
u(t)
C
(6.144)
Intuitivamente, possiamo immaginare l'impulso come costituito da un fronte di salita e
da uno di discesa: durante il primo si ha una variazione istantanea della tensione sul
condensatore sino al valore 1/C a cui segue, nel fronte di discesa, il processo di scarica
dello stesso condensatore dovuto sia alla scomparsa dell'impulso sia alla presenza dell'elemento resistivo.
2) Metodo di derivazione: esso consiste nel calcolare la risposta del circuito (in questo
caso la tensione sul condensatore) quando in ingresso è presente un gradino unitario;
una volta calcolata tale risposta, diciamola s(t), sarà sufficiente derivarla rispetto al
tempo per ottenere la stessa risposta del circuito ma con un ingresso rappresentato da
una corrente impulsiva (ciò è vero se si tiene presente che l'impulso è ricavabile derivando rispetto al tempo il gradino e che il circuito è lineare e tempo-invariante). Allora,
supponendo che l'ingresso sia un gradino, l'equazione differenziale associata al circuito
è la seguente:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
228
dv c v c
1
+
= u(t)
dt RC C
(6.145)
il cui integrale generale è del tipo:
v c (t) = ke
−
t
RC u(t) +
v Cs (t)
L'integrale particolare deve seguire l'ingresso ed essendo questo costante possiamo
porre:
v C S (t) = A = cost
che sostituita nella (6.145) dà:
u(t)
A
=
⇒ v C S (t) = A = R
RC
C
Per ricavare poi il valore della costante k occorre imporre la condizione iniziale e cioè:
v C (0 + ) = 0 = k + Ru(t) ⇔ k = − R
e quindi l’integrale generale della (6.145) si scrive come:
t


−
v C (t) = s(t) = R 1 − e RC  u(t)




Da quanto detto, la risposta del circuito all'impulso, diciamola h(t), sarà espressa come:
229
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
h(t) =
t


 1 − t 
−
ds(t)
= R 1 − e RC δ (t) + R
e RC  u(t)


 RC

dt




(6.147)
Il primo addendo a secondo membro della (6.147) è nullo in quanto, per t diverso da
zero, si annulla l'impulso mentre, per t=0, si annulla la quantità tra parentesi. In conclusione, la risposta del circuito all'impulso è data da:
t
h(t) =
1 − RC
e
u(t)
C
(6.148)
(Nota: si osservi l'analogia con la relazione (6.144)).
3) Metodo dell'equilibrio delle funzioni singolari. L'equazione differenziale associata
al circuito di fig.1 quando in ingresso è presente un impulso è la seguente:
dv C v C
1
+
= δ (t)
dt
RC C
(6.149)
Poiché il secondo membro di tale equazione differenziale è sempre nullo per t diverso
da zero, l'integrale generale della (6.149) coincide con quello dell'equazione omogenea
associata, cioè:
v C (t) = ke
−
t
RC u(t)
(*)
Per determinare il valore della costante k basta sostituire la (*) nella relazione (6.149)
come segue:
t
−
t
t
−
k − RC
k − RC
1
e
u(t) + ke RC δ (t) +
e
u(t) = δ (t) ⇔
RC
RC
C
ke
−
t
RC
δ (t) =
1
δ (t) (**)
C
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
230
Osservando ora che il primo membro della (**) ha valore non nullo solo per t uguale a
zero (in quanto per t diverso da zero l'impulso si annulla), possiamo scrivere la suddetta relazione come segue:
kδ (t) =
1
1
δ (t) ⇔ k =
C
C
1
e quindi : v C (t) =
1 − RC t
e
u(t)
C
Si nota che tale risultato coincide con quelli determinati nei due casi precedenti. Si con-
sideri ora il seguente circuito:
Si vuole determinare l'andamento nel tempo della corrente i(t). Analizziamo prima il
circuito da un punto di vista qualitativo: per t<0 il circuito è completamente inerte in
quanto sia l'ingresso sia la tensione iniziale sul condensatore sono nulle. Nell'istante
t=0 viene applicato l'impulso di tensione: intuitivamente tale impulso può stabilirsi ai
capi del resistore o ai capi del condensatore o di entrambi. In realtà, è facile dimostrare
che l'impulso di tensione agisce solo ai capi del resistore perché nell'istante t=0 il condensatore continua a comportarsi come un cortocircuito: infatti, la tensione sul condensatore può subire una variazione istantanea solo se su di esso agisce un impulso di corrente e non di tensione come in questo caso. D'altra parte, se ai capi del resistore, nell'istante t=0, si stabilisce un impulso di tensione questo determinerà una corrente impulsiva pari a: i(t)=δ(t)/R. Questa corrente è la stessa che scorre anche nel condensatore determinando così una variazione istantanea di tensione data da:
0
0
1 +
1 +
1
v C (0 + ) = v C (0 − ) +
i(t)dt =
δ (t)dt =
(*)
C0
CR 0
CR
∫
∫
−
−
231
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Essendo tale tensione positiva, in t=0+, le armature del condensatore saranno polarizzate come indicato in fig. 6.43 e quindi ci sarà una corrente i1(t) che scorre in verso antiorario, cioè in verso opposto alla corrente i(t); allora, per t>0 il circuito diventa:
Evidentemente la corrente i1(t) può essere ricavata come segue (basta risolvere l'equazione differenziale associata al circuito per t>0):
i 1 (t) = ke
−
t
RC
u(t)
Il valore della costante k si ricava imponendo la condizione iniziale:
t
v R (0 + ) v C (0 + )
1
1 −
=
= 2 ⇒ i 1 (t) = 2 e RC u(t)
R
R
R C
R C
t
−
δ (t)
δ (t)
1
e quindi : i(t) =
− i 1 (t) =
− 2 e RC u(t) (*)
R
R
R C
i 1 (0 + ) = k =
Il primo addendo a secondo membro della (*) rappresenta il contributo alla risposta i(t)
a stato nullo ed ingresso diverso da zero mentre il secondo addendo rappresenta il contributo alla risposta i(t) ad ingresso nullo e stato diverso da zero (si tenga presente che
quest'ultimo vale solo per t>0). Vediamo ora di ricavare lo stesso risultato per via analitica usando il metodo dell'equilibrio delle funzioni singolari. Applicando la L.K.T. al
circuito di fig. 6.42 si ottiene:
1t
∫ i(τ )dτ = δ (t) (6.150) , da cui derivando si ottiene :
C0
di(t)
δ ' (t)
1
+
i(t) =
(6.151)
dt
CR
R
Ri(t) +
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
232
Note:
•
•
nella relazione (6.150) si tenga presente che la tensione iniziale sul condensatore è
stata supposta nulla;
nella relazione (6.151) compare, a secondo membro, la derivata prima dell'impulso
che, generalmente, prende il nome di doppietto.
Di seguito sono indicate le proprietà che lo definiscono:
ε
δ ' (t) = 0 ∀t ≠ 0 e
∫ε δ ' (t)dt = δ (t) ∀ε > 0
−
Da quanto detto si deduce che il secondo membro dell'equazione (6.151) è sempre nullo per t diverso da zero e, quindi, l'integrale generale della (6.151) coincide con quello
dell'equazione omogenea associata, cioè:
i(t) = ke
−
t
RC u(t)
In realtà, la risposta appena determinata non è completa e questo lo si deduce dal fatto
che sostituendo tale espressione nell'equazione (6.151) non è possibile equilibrare il
doppietto che compare a secondo membro. Quando si presentano situazioni di questo
genere basta semplicemente aggiungere alla risposta dell'equazione omogenea associata tanti termini di tipo impulsivo quanti sono necessari per equilibrare la derivata dell'impulso (eventualmente anche di ordine superiore al primo) che compare nell'equazione differenziale completa. Nel caso in esame, allora, la risposta i(t) sarà scritta come:
i(t) = ke
−
t
RC u(t) + A
δ (t)
Per ricavare il valore delle costanti k e A basta sostituire la precedente espressione nell'equazione (6.151) ottenendo:
233
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
t
−
t
t
−
k − RC
k − RC
A
1
e
u(t) + ke RC δ (t) + Aδ '(t) +
e
u(t) +
δ (t) = δ '(t) ⇔
RC
RC
RC
R
ke
−
t
RC
δ (t) + Aδ '(t) +
A
1
δ (t) = δ '(t) (**)
RC
R
Osservando ora che il primo addendo nel primo membro della (**) ha valore non nullo
solo per t uguale a zero (in quanto per t diverso da zero l'impulso si annulla), possiamo
scrivere la suddetta relazione come segue:
A
1
δ (t) = δ '(t) , da cui si ricava :
RC
R
1

= 0 k = − 2

R C
⇒
1
A =
R

kδ (t) + Aδ '(t) +
A

k+

RC

A = 1
R

In definitiva, si ottiene:
t
i(t) = −
1 − RC
1
e
u(t) + δ (t)
2
R
R C
(Si noti l'analogia con la relazione (*) alla pagina precedente).
Osserviamo, infine, quanto segue: l'analisi qualitativa del circuito di fig. 6.42 può essere
svolta anche in modo differente da quello seguito precedentemente e cioè basandosi
sul cosiddetto principio di non amplificazione della tensione e della corrente: esso
afferma che:
in un circuito dinamico lineare, eventualmente anche tempo-variante, se l'alimentazione è dovuta solo a generatori indipendenti costanti o a condizioni iniziali non nulle sugli
elementi conservativi, allora in nessun lato del circuito si può avere un valore di tensione o corrente superiore a quello dell'alimentazione.
Allora, tenendo presente ciò e prendendo in esame il circuito di fig. 6.42, possiamo affermare che l'impulso di tensione in ingresso non può applicarsi ai capi del condensa-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
234
tore perché, in tal caso, si avrebbe sul condensatore un doppietto di corrente che, a sua
volta, si stabilirebbe ai capi del resistore originando un doppietto di tensione: questo,
però, è in contrasto col suddetto principio di non amplificazione e quindi possiamo
concludere che l'impulso di tensione in ingresso si applica ai capi del resistore. L'analisi
qualitativa procede poi in modo analogo a quanto fatto in precedenza.
6.7
METODO
GENERALE PER LA DETERMINAZIONE DI UN IMPULSO DI TENSIONE O DI
CORRENTE IN UN CIRCUITO
Dai vari esempi trattati nei paragrafi precedenti possiamo concludere che, in generale,
le variabili di stato di un circuito, ossia le tensioni sui condensatori e le correnti sugli
induttori, possono subire variazioni istantanee in t=0 se si verificano le seguenti due
condizioni: nel circuito sono presenti generatori indipendenti con forme d'onda impulsive oppure nel circuito stesso si originano correnti impulsive (sostenute da generatori
di tensione) o tensioni impulsive (sostenute da generatori di corrente). E' facile verificare che condizione necessaria affinché ciò avvenga è che si formino nel circuito, a partire
dall'istante t=0+, maglie costituite solo da generatori di tensione e condensatori o insiemi di taglio costituiti solo da generatori di corrente ed induttori.
Consideriamo a titolo di esempio il seguente circuito:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
235
Se si suppone che il circuito sia in condizione di regime, possiamo facilmente ricavare
le condizioni iniziali sugli elementi conservativi esaminando il circuito equivalente per
t=0- :
Esaminiamo ora il circuito di fig. 6.44 con lo scopo di stabilire se può crearsi un impulso di corrente: se ciò fosse vero ai capi di ciascun induttore si avrebbe un doppietto di tensione ma questo
sarebbe in contrasto col principio di non amplificazione enunciato nel paragrafo precedente; inoltre, se circolasse un impulso di corrente, ai capi di ogni resistore avremmo un impulso di
tensione e ciò sarebbe ancora in contrasto col suddetto principio. In definitiva, ai fini dell'impulso di corrente, sia gli induttori sia i resistori si comportano come circuiti aperti (naturalmente
questo vale anche per i generatori indipendenti di corrente costanti) mentre rimangono inalterati solo i generatori indipendenti di tensione ed i condensatori. Però, affinché tale impulso di corrente possa scorrere nel circuito è necessario che i condensatori ed i generatori di tensione formino una maglia: questa è, quindi, condizione necessaria affinché nel circuito si formi un impulso di corrente; diventa anche condizione sufficiente se la somma algebrica delle tensioni dei
generatori indipendenti e delle tensioni iniziali sui condensatori è diversa da zero. In tal caso,
infatti, bisogna ammettere l'esistenza di un impulso di corrente che faccia variare istantaneamente in t=0 le tensioni iniziali sui condensatori in modo che sia sempre soddisfatta la L.K.T.
applicata alla maglia (vedi pag. 136-137). Ad esempio, il circuito equivalente a quello di fig.
6.44 ai fini dell'impulso di corrente è il seguente:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
236
che possiamo così semplificare:
(Nota: i due condensatori in fig. a sono entrambi scarichi e quindi si comportano come
cortocircuiti). Essendo la tensione vs diversa da zero, si avrà un impulso di corrente sostenuto da tale tensione e diretto come mostrato in fig. b), e cioè dal morsetto positivo a
quello negativo, che farà depositare una stessa carica q sulle armature dei due condensatori in modo tale che:
q q
+ =E ⇒q =
C C
q E
= vδ 2 = =
C 2
vδ 1 + vδ 2 = E ⇔
Quindi : vδ 1
∫
0+
0_
i δ (t)dt =
CE
2
Osservando ora il circuito di fig. a) possiamo scrivere:
E
2
E E
= E− =
2 2
v C1 (0 + ) = v C1 (0 − ) − v δ 1 = − vδ 1 = −
v C2 (0 + ) = v C2 (0 − ) − vδ 2
Sono state così ricavate le tensioni iniziali sui due condensatori nel circuito in esame. E'
possibile ora svolgere un discorso duale per quanto riguarda la determinazione delle
correnti iniziali sui due induttori presenti nel circuito. Esaminiamo il circuito di fig.6.44
con lo scopo di stabilire se può crearsi un impulso di tensione: se ciò fosse vero ai capi
di ciascun condensatore si avrebbe un doppietto di corrente che circolerebbe anche nei
resistori determinando, ai loro capi, dei doppietti di tensione; ma questo sarebbe in
contrasto col principio di non amplificazione enunciato nel paragrafo precedente. In
definitiva, ai fini dell'impulso di tensione, sia i condensatori sia i resistori si comportano come cortocircuiti (naturalmente questo vale anche per i generatori
indipendenti di tensione costanti) mentre rimangono inalterati solo i generatori indi-
237
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
pendenti di corrente e gli induttori. Però, affinché tale impulso di tensione possa sussistere nel circuito è necessario che gli induttori ed i generatori di corrente formino un
insieme di taglio, ossia convergano in un unico nodo: questa è, quindi, condizione necessaria affinché nel circuito si formi un impulso di tensione; diventa anche condizione
sufficiente se la somma algebrica delle correnti dei generatori indipendenti e delle correnti iniziali sugli induttori è diversa da zero. In tal caso, infatti, bisogna ammettere l'esistenza di un impulso di tensione che faccia variare istantaneamente in t=0 le correnti
iniziali sugli induttori in modo che sia sempre soddisfatta la L.K.C. applicata all'insieme di taglio. Ad esempio, il circuito equivalente a quello di fig. 6.44 ai fini dell'impulso
di tensione è il seguente:
che possiamo così semplificare:
(Nota: i due induttori in fig. a sono entrambi scarichi e quindi si comportano come circuiti aperti; in fig. b essi sono stati collegati a massa in quanto la tensione ai nodi 1 e 2 è
la stessa). Essendo la corrente E/R diversa da zero, si avrà un impulso di tensione sostenuto da tale corrente e diretto come mostrato in fig. b) che originerà uno stesso flusso ϕ sui due induttori in modo tale che:
E
ϕ ϕ E
⇔ + =
⇒ϕ =
R
L L R
ϕ
E
Quindi : i δ 1 = i δ 2 = =
L 2R
iδ 1 + iδ 2 =
∫
0+
0_
v δ (t)dt =
LE
2R
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
238
Osservando ora il circuito di fig. a) possiamo scrivere:
E E
E
−
=
R 2R 2R
E
= iδ 2 =
2R
i L1 (0 + ) = i L1 (0 − ) − i δ 1 =
i L2 (0 + ) = i L2 (0 − ) + i δ 2
Sono state così ricavate le correnti iniziali sui due induttori nel circuito in esame.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
239
CAPITOLO 7
7.1
ANALISI DEI CIRCUITI COMPLESSI
240
7.2
GRAFI, ALBERI, INSIEMI DI TAGLIO E MAGLIE FONDAMENTALI
242
7.3
MATRICE DI INCIDENZA
254
7.4
TEOREMA DI TELLEGEN
256
7.5
METODO GENERALE PER LA RICERCA DELLE EQUAZIONI DI UN CIRCUITI
IN TERMINI DI VARIABILI DI STATO
257
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
240
7.1
ANALISI DEI CIRCUITI COMPLESSI
Un qualsiasi circuito costituito esclusivamente da componenti lineari e da generatori
indipendenti è detto circuito lineare. I metodi che ora introdurremo per l'analisi dei
circuiti complessi o reti valgono sia per circuiti lineari che non lineari. Supponiamo, per
il momento, di considerare circuiti costituiti da soli bipoli. E' opportuno, inoltre, precisare il significato di alcuni termini: per lato di un circuito intendiamo ogni singolo bipolo presente nel circuito. Un nodo è invece un punto che congiunge almeno due lati
del circuito: in particolare, il grado di un nodo è il numero di lati che convergono nel nodo. Una maglia è un cammino chiuso di lati del circuito che gode delle seguenti proprietà: i suoi lati devono essere attraversati una sola volta e ciascun nodo incontrato
lungo il cammino deve connettere esattamente due lati del cammino chiuso. Lo studio
di un qualsiasi circuito comporta la determinazione di tutte le correnti e tensioni di lato: gli strumenti a disposizione sono le relazioni di lato, che sono equazioni fra loro
indipendenti ed in numero pari ai lati del circuito in esame, le equazioni di equilibrio
delle correnti, che si ricavano applicando la L.K.C. ai nodi del circuito o a determinate
superfici gaussiane e le equazioni di equilibrio delle tensioni, che si ricavano applicando la L.K.T. alle maglie del circuito. Se il circuito in esame ha b lati occorre determinare 2b incognite che sono tutte le correnti e tensioni di lato: servono allora 2b equazioni in tali incognite linearmente indipendenti. Una metà di esse è fornita proprio dalle relazioni di lato; le altre b equazioni vanno ricercate tra quelle di equilibrio delle correnti e quelle di equilibrio delle tensioni. Osserviamo, anzitutto, che le equazioni ricavate applicando la L.K.C. e la L.K.T. non tengono conto della natura dei bipoli che costituiscono il circuito ma di come questi sono connessi tra loro ossia, in altri termini,
della topologia del circuito. Di conseguenza, agli effetti dell'applicazione delle leggi di
Kirchhoff posso pensare di sostituire un generico bipolo con un segmento orientato,
che chiameremo semplicemente lato, compreso tra due vertici di estremità che chiameremo, ancora per semplicità, nodi:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
241
La freccia sul lato k denota il verso della corrente nel bipolo ad esso associato mentre si
conviene che il nodo, nel lato k, posto dalla parte della coda della freccia corrisponde al
nodo nel bipolo a tensione maggiore. Se ogni elemento a due terminali è sostituito da
un segmento orientato, l'insieme di segmenti così ottenuti, connessi allo stesso modo in
cui sono collegati gli elementi del circuito di partenza, costituiscono il grafo orientato o,
semplicemente, il digrafo associato al circuito in esame.
In figura è dato un esempio di costruzione di un grafo orientato associato a un circuito.
Si noti che i segmenti orientati sono stati numerati per stabilire la corrispondenza con
gli elementi del circuito cui si riferiscono. I vertici del grafo corrispondono ai nodi del
circuito con identica numerazione. La cosa interessante è che si possono applicare le
leggi di Kirchhoff direttamente sulla base del grafo orientato. Applicando, infatti, la
L.K.C. ai quattro nodi del grafo orientato (considerando positive le correnti uscenti) si
ha:
nodo 1 : i 1 + i 3 − i 6 = 0
nodo 2 : − i 1 + i 2 + i 4 = 0
nodo 3 : − i 2 + i 5 + i 6 = 0
nodo 4 : − i 3 − i 4 − i 5 = 0
E' possibile verificare immediatamente che queste quattro equazioni non sono fra loro
indipendenti. La loro somma è, infatti, nulla. Analogamente, applichiamo la L.K.T. ad
alcune maglie del grafo (considerando come verso di percorrenza delle maglie quello
orario) e si ha:
maglia 1 - 4 - 3 : v 1 + v 4 − v 3 = 0
maglia 2 - 5 - 4 : v 2 + v 5 − v 4 = 0
maglia 1 - 6 - 2 : − v 6 − v 2 − v 1 = 0
maglia 6 - 5 - 3 : v 5 − v 3 − v 6 = 0
maglia 1 - 2 - 5 - 3 : v 1 + v 2 + v 5 − v 3 = 0
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
242
Anche queste equazioni non sono tutte indipendenti come si può verificare osservando
che la quarta di esse è ottenuta dalla somma delle prime tre e la quinta è combinazione
delle prime due. Gli esempi considerati evidenziano la necessità di mettere a punto
una procedura sistematica che consenta di conoscere quante e quali sono, tra le equazioni di equilibrio delle correnti e delle tensioni, quelle indipendenti. Risulta essere di
grande aiuto a tale scopo l'introduzione di alcune nozioni relative alla teoria dei grafi
orientati. Nel seguito ometteremo, per semplicità, la parola orientato e parleremo semplicemente di grafo.
7.2 GRAFI, ALBERI, INSIEMI DI TAGLIO E MAGLIE FONDAMENTALI
Si definisce grafo un insieme di lati e nodi con la proprietà che ciascuna estremità di
ogni lato deve terminare in un nodo. Un nodo isolato è un grafo (degenere). Dato un
grafo G, si definisce sub-grafo di G ogni sottoinsieme di lati e nodi di G disposti nello
stesso modo del grafo di partenza. In particolare, un sub-grafo può essere ottenuto rimuovendo dal grafo iniziale dei lati e/o dei nodi. Si tenga presente che rimuovere un
lato non significa rimuovere anche i nodi terminali del lato stesso ma significa cancellare il segmento che unisce i nodi, lasciando i nodi. Per esempio, il sub-grafo di fig. b) è
ottenuto rimuovendo i lati 1,2 e 6 dal grafo di fig. a) :
Un grafo si dice connesso se, comunque si scelga una coppia di nodi, esiste almeno un
cammino lungo i lati del grafo che congiunga i due nodi (per convenzione un nodo isolato è un grafo connesso). Se un grafo non è connesso esso sarà costituito da almeno
due parti separate. Inoltre, un grafo connesso si dirà completo se comunque si scelga
un nodo questo è collegato a tutti gli altri nodi del grafo mediante un solo lato (ovviamente un grafo completo è anche connesso): un esempio di grafo completo è quello
mostrato in fig. a).
Si definisce albero di un grafo G connesso un sub-grafo di G che soddisfi le seguenti
condizioni:
•
deve essere connesso;
•
deve contenere tutti i nodi di G;
•
non deve contenere maglie.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
243
Nel caso del grafo di fig. a) esempi di alberi sono:
I lati di un albero sono detti rami mentre i lati del grafo di partenza che non fanno parte dell'albero sono detti corde e formano il coalbero (nella figura precedente le corde sono tratteggiate). Nel caso in cui il grafo di partenza sia completo in esso si possono individuare nn-2 alberi, dove n indica il numero di nodi del grafo. Sussiste il seguente:
Teorema
Dato un grafo connesso con n nodi e b lati, ogni albero del grafo avrà esattamente n-1 rami e
quindi ogni coalbero avrà b-n+1 corde.
Definizione di insieme di taglio: dato un grafo connesso, un suo insieme di taglio è un
insieme di lati del grafo stesso tali che:
(a) la rimozione dal grafo iniziale di tutti i lati dell'insieme di taglio conduce ad un subgrafo costituito da esattamente due parti separate (cioè non connesso);
(b) la rimozione dal grafo iniziale di tutti i lati dell'insieme di taglio tranne uno qualsiasi conduce ad un subgrafo ancora connesso.
Per individuare gli insiemi di taglio si possono utilizzare le superfici gaussiane: i lati
del grafo tagliati dalla superficie una sola volta costituiscono un insieme di taglio. Se,
ad esempio, consideriamo nuovamente il grafo di fig. a), quello che si ottiene rimuovendo i lati attraversati rispettivamente dalle due superfici gaussiane indicate è mostrato di seguito:
244
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Poiché in entrambi i casi sono soddisfatte le condizioni imposte nella definizione data
alla pagina precedente possiamo concludere che gli insiemi di lati {6,2,5} e {6,1,4,5}
formano due insiemi di taglio. Osserviamo ancora che l'insieme di lati {6,2,5,3} non
rappresenta un insieme di taglio perché non è soddisfatta la condizione (b) nella definizione data: infatti rimuovendo tutti i lati dell'insieme tranne il lato 3 non si ottiene un
grafo connesso. E' ovvio che i lati che incidono un nodo costituiscono un insieme di taglio. Basta considerare, infatti, la gaussiana che circonda il nodo.
Si supponga, a questo punto, di scegliere un albero arbitrario in un grafo connesso assegnato: si individuino poi gli insiemi di taglio tali che ognuno di essi sia formato da
corde e da un solo ramo d'albero (quest'ultimo, peraltro, deve essere caratteristico di
un solo insieme di taglio, cioè non deve essere contenuto negli altri insiemi di taglio
trovati): questi sono detti insiemi di taglio fondamentali relativi all'albero scelto. Ad esempio, per l'albero mostrato in figura si ha:
Evidentemente, gli insiemi di taglio fondamentali relativi ad un albero in un grafo
connesso sono pari al numero di rami dell'albero, cioè n-1 (dove n è il numero di nodi).
Definizione di maglia fondamentale: dato un grafo connesso e scelto un albero, una
maglia fondamentale è costituita da una sola corda del coalbero e da tanti rami dell'albero quanti sono necessari per completarla.
Ad esempio, per l'albero mostrato in figura si ha:
(Nota: i numeri sottolineati individuano le corde caratteristiche della corrispondente
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
245
maglia fondamentale). Evidentemente, le maglie fondamentali relative ad un albero in
un grafo connesso sono pari al numero delle corde del coalbero, cioè b-n+1 (dove b è il
numero di lati ed n è il numero di nodi).
Enunciamo ora i seguenti due teoremi di notevole importanza.
Teorema 1
Dato un circuito a cui sia associato un grafo connesso con n nodi e b lati, il numero delle equazioni di equilibrio delle correnti fra loro indipendenti è pari a n-1.
Dim.: la tesi può essere asserita dimostrando queste due affermazioni:
1) il numero di equazioni di equilibrio delle correnti linearmente indipendenti è al
massimo n-1;
2) il numero di equazioni di equilibrio delle correnti linearmente indipendenti è al
minimo n-1.
Consideriamo, ad es., il seguente grafo connesso (il discorso ha comunque validità generale):
Applico la L.K.C. a ciascun nodo del grafo ottenendo così n equazioni (nel caso particolare n=4) di equilibrio che esprimono dei vincoli tra le correnti di lato. E' facile però verificare che tali n equazioni sono fra loro dipendenti: basta, infatti, sommarle membro a
membro per ottenere un'identità del tipo: 0=0. Ciò si può dedurre dal fatto che, considerando una generica coppia di nodi del grafo, come quella mostrata in fig. b alla pagina precedente, la corrente di lato ik risulta essere uscente dal nodo i ed entrante nel
nodo j: di conseguenza, nelle due equazioni di Kirchhoff delle correnti, una relativa al
nodo i e l'altra relativa al nodo j, tale corrente di lato comparirà con segni opposti e
quindi si annullerà quando le due equazioni verranno sommate; considerazioni analoghe valgono per tutte le correnti di lato e ciò conferma quanto appena detto. Tuttavia,
in generale, è possibile scrivere equazioni di equilibrio per le correnti considerando
delle superfici gaussiane che attraversano il grafo in esame: anche in questo caso, però,
le equazioni che si ottengono risultano essere fra loro dipendenti per il fatto che una
qualsiasi equazione di equilibrio per le correnti ricavata facendo riferimento ad una
superficie gaussiana si può sempre ottenere come somma delle equazioni derivanti
dall'applicazione della L.K.C. ai nodi racchiusi nella gaussiana in esame.
246
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Ad esempio, per il grafo di fig. a alla pagina precedente, possiamo applicare la L.K.C.
alla superficie gaussiana tracciata e ai nodi 2 e 3 ottenendo:
Σ : i1 − i4 − i5 − i6 = 0
(2 ) : i 1 − i 2 − i 4 = 0
(3 ) : i 2 − i 5 − i 6 = 0
( Nota : si sono scelte positive le correnti entranti )
Si osserva allora che la prima delle equazioni precedenti è ottenibile dalla somma delle
ultime due in accordo con quanto appena detto. Da tutto ciò si può concludere che il
numero di equazioni di equilibrio per le correnti fra loro indipendenti è al massimo n-1
(perché n di queste equazioni sono sicuramente fra loro dipendenti). La prima affermazione è così dimostrata; per dimostrare la seconda, basta osservare che, scelto un
qualsiasi albero nel grafo in esame, ed individuato in esso gli insiemi di taglio fondamentali (che sono in numero pari a n-1) mediante opportune superfici gaussiane, le
equazioni di equilibrio per le correnti che si ottengono applicando la L.K.C. a tali superfici sono sicuramente fra loro indipendenti (infatti, ricordando la definizione di insieme di taglio fondamentale, in ciascuna di tali equazioni di equilibrio comparirà una
corrente di lato, corrispondente al ramo d'albero che individua l'insieme di taglio fondamentale in esame, che non è presente nelle altre equazioni: quindi, sommando tali
equazioni di equilibrio, non si annullano tutte le correnti, come invece accadeva nel caso precedente). Poiché le equazioni di equilibrio per le correnti che si possono scrivere
facendo riferimento agli insiemi di taglio fondamentali sono proprio n-1, possiamo
concludere che le equazioni di equilibrio per le correnti fra loro indipendenti sono al
minimo n-1. La seconda affermazione è così dimostrata e quindi la tesi è vera. Il teorema appena dimostrato non solo ci indica il numero di equazioni di equilibrio per le
correnti fra loro indipendenti che si possono scrivere in un qualsiasi circuito ma ci dà
anche informazioni su come ottenerle e cioè applicando la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano gli insiemi di taglio fondamentali relativi ad un certo albero nel
grafo orientato associato al circuito in esame.
Teorema 2
Dato un circuito a cui sia associato un grafo connesso con n nodi e b lati, il numero delle equazioni di equilibrio delle tensioni fra loro indipendenti è pari a b-n+1.
Dim.: la tesi può essere asserita dimostrando queste due affermazioni:
1) il numero di equazioni di equilibrio delle tensioni linearmente indipendenti è al massimo bn+1;
2) il numero di equazioni di equilibrio delle tensioni linearmente indipendenti è al minimo bn+1.
Diamo per vera la prima affermazione e verifichiamo che è vera anche la seconda affermazione. Ciò si deduce osservando che, scelto un qualsiasi albero nel grafo in esame, ed individuato in esso le maglie fondamentali (che sono in numero pari a b-n+1), le
equazioni di equilibrio per le tensioni che si ottengono applicando la L.K.T. a tali maglie sono sicuramente fra loro indipendenti (infatti, ricordando la definizione di maglia
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
247
fondamentale, in ciascuna di tali equazioni di equilibrio comparirà una tensione di lato, corrispondente alla corda del coalbero che individua la maglia fondamentale in esame, che non è presente nelle altre equazioni: quindi, sommando tali equazioni di equilibrio, non si annullano tutte le tensioni di lato il che conferma che queste equazioni
sono linearmente indipendenti). Poiché le equazioni di equilibrio per le tensioni che si
possono scrivere facendo riferimento alle maglie fondamentali sono proprio b-n+1,
possiamo concludere che le equazioni di equilibrio per le tensioni fra loro indipendenti
sono al minimo b-n+1. La seconda affermazione è così dimostrata e quindi la tesi è vera. Il teorema appena dimostrato non solo ci indica il numero di equazioni di equilibrio
per le tensioni fra loro indipendenti che si possono scrivere in un qualsiasi circuito ma
ci dà anche informazioni su come ottenerle e cioè applicando la L.K.T. alle maglie fondamentali relative ad un certo albero nel grafo orientato associato al circuito in esame.
In conclusione, dato un qualsiasi circuito con n nodi e b lati e nell'ipotesi che il grafo
orientato ad esso associato sia connesso abbiamo visto che per risolverlo occorre determinare 2b incognite che sono tutte le correnti e tensioni di lato: si è detto anche che
per far ciò è necessario scrivere un sistema di 2b equazioni linearmente indipendenti.
Ora sappiamo che, una volta scelto un qualsiasi albero nel grafo associato al circuito (si
noti che tale scelta conviene che sia identica sia per l'applicazione della L.K.C. sia per
l'applicazione della L.K.T.) le suddette equazioni fra loro indipendenti sono date da:
•
b equazioni di lato;
•
n-1 equazioni di equilibrio per le correnti (ricavate facendo riferimento agli insiemi di taglio fondamentali);
•
b-n+1 equazioni di equilibrio per le tensioni (ricavate facendo riferimento alle
maglie fondamentali).
Vediamo ora alcuni esempi. Si consideri il circuito resistivo lineare mostrato in figura:
Tracciamo ora il grafo orientato associato al circuito e, scelto un albero, ne individuiamo gli insiemi di taglio fondamentali e le maglie fondamentali come mostrato in figura:
248
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Applichiamo la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano i tre insiemi di taglio
fondamentali relativi all'albero scelto (scegliamo positive le correnti uscenti):
Σ1 : i 1 − i 2 − i 6 = 0
Σ2 : i 2 + i 4 − i 5 = 0
Σ3 : − i1 − i 3 + i 5 = 0
Applichiamo ora la L.K.T. alle tre maglie fondamentali relative all'albero scelto (seguendo i versi di percorrenza indicati):
1 − 3 − 6 : v1 − v3 + v6 = 0
2 − 4 − 6 : v2 − v6 − v 4 = 0
5 − 4 − 3 : v3 + v4 + v5 = 0
Mettendo insieme le sei equazioni di lato e le sei equazioni appena ottenute applicando
la L.K.C. e la L.K.T. si ottiene un sistema di dodici equazioni in dodici incognite che risolto fornisce tutte le tensioni e correnti di lato: in questo caso il sistema è sicuramente
determinato, cioè ammette un'unica soluzione, in accordo con quanto detto nel paragrafo 4.1. Consideriamo ora un circuito resistivo non lineare:
(Nota: k e x sono costanti assegnate).
Tracciamo ora il grafo orientato associato al circuito e, scelto un albero, ne individuiamo gli insiemi di taglio fondamentali e le maglie fondamentali come mostrato in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
249
Applichiamo la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano i due insiemi di taglio
fondamentali relativi all'albero scelto (scegliamo positive le correnti uscenti):
Σ1 : i 1 + i 3 = 0
Σ2 : − i1 + i 2 + i 4 = 0
Applichiamo ora la L.K.T. alle due maglie fondamentali relative all'albero scelto (seguendo i versi di percorrenza indicati):
1 − 2 − 3 : − v1 − v2 + v 3 = 0
4 − 2 : v2 − v 4 = 0
Mettendo insieme le quattro equazioni di lato e le quattro equazioni appena ottenute
applicando la L.K.C. e la L.K.T. si ottiene un sistema di otto equazioni in otto incognite
che risolto fornisce tutte le tensioni e correnti di lato: si tenga presente, comunque, che
in generale non è detto che esista la soluzione. Nel caso appena trattato, il sistema di
equazioni che si ottiene è non lineare a causa della presenza della funzione esponenziale e può essere risolto utilizzando il metodo di Newton-Raphson. Può essere risolto anche con il metodo della caratteristica di carico. Consideriamo ora un esempio di circuito dinamico:
Supponiamo siano note le condizioni iniziali; valgono le seguenti relazioni di lato:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
250
v1 = L1
di 1
dt
v4 = R 4i 4
v7 = R7 i 7
v2 = L2
di 2
dt
v5 = E5
v3 = L3
v6 =
1
C6
di 3
dt
t
∫ i (τ )dτ
6
−∞
v8 = R8i 8
Scegliamo ora un albero nel grafo orientato associato al circuito:
Applichiamo ora la L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano i cinque insiemi di
taglio fondamentali relativi all'albero scelto:
Σ1 : i 3 − i 5 − i 7 = 0
Σ2 : − i 4 + i 5 + i 8 = 0
Σ3 : i 1 − i 7 = 0
Σ4 : − i6 + i7 − i8 = 0
Σ5 : − i 2 + i 8 = 0
Applichiamo poi la L.K.T. alle tre maglie fondamentali indicate:
7 − 1 − 3 − 6 : v1 + v 3 + v6 + v7 = 0
8 − 2 − 4 − 6 : v2 + v 4 − v6 + v8 = 0
5 − 3 − 4 : v3 + v4 + v5 = 0
Mettendo insieme le otto equazioni appena ricavate con le otto relazioni di lato si ottiene un sistema di tipo integro-differenziale con sedici equazioni in sedici incognite (cioè
tutte le correnti e tensioni di lato) che può essere risolto con opportuni metodi numerici
tra cui quello di Eulero. La rappresentazione tramite grafi orientati che abbiamo sinora
visto per circuiti con elementi a due terminali può essere facilmente estesa anche al caso in cui siano presenti nel circuito elementi multiterminali. Come è stato già messo in
evidenza in precedenza, in un elemento a tre terminali è possibile, una volta fissato un
nodo di riferimento, individuare una coppia di tensioni ed una coppia di correnti fra
loro indipendenti. Di conseguenza, il grafo orientato associato ad un elemento a tre
terminali sarà sempre costituito da due lati e tre nodi, come mostrato in figura, con frec-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
251
ce entranti nel nodo comune:
(Nota: il nodo 3 è stato scelto come riferimento). In tal modo potremo continuare a parlare di tensioni e correnti di lato anche con elementi a tre terminali. Ovviamente, per
un elemento a tre terminali esistono contemporaneamente tre possibili grafi orientati
associati a seconda del nodo di riferimento scelto. La generalizzazione di quanto detto
ad un elemento ad n terminali è banale; infatti, il grafo orientato associato a tale elemento avrà n-1 lati ed n nodi come mostrato in figura (si è scelto il nodo n come riferimento), con frecce entranti nel nodo comune:
Per quanto riguarda, invece, la rappresentazione mediante grafo orientato di un doppio bipolo basta semplicemente generalizzare quella di un solo bipolo, come mostrato
in figura:
Si osserva allora che il grafo associato ad un doppio bipolo è costituito da quattro nodi
e due lati ed è diverso dal grafo associato ad un generico elemento a quattro terminali
che, invece, avrà, per quanto detto prima, quattro nodi e tre lati (in quanto ci sono tre
tensioni e tre correnti di lato, mentre nel doppio bipolo avremo due tensioni e due correnti di lato corrispondenti alle tensioni e correnti di porta). Si può estendere il concetto
di biporta a quello di multiporta; per esempio, il grafo orientato associato ad un triplo
biporta è mostrato di seguito:
252
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Osserviamo ora quanto segue: il grafo orientato associato ad un doppio bipolo consta
di due lati non connessi. Ciò comporta che le tensioni e le correnti di porta sulle varie
coppie di terminali non sono correlate tra loro per motivi di connessione (cioè topologici) ma sono accoppiate a causa dei fenomeni fisici interni all'elemento. Di conseguenza, circuiti che contengono doppi bipoli o, in generale, multiporta, possono avere grafi
orientati associati non connessi. Per evitare tale problema è possibile collegare le due
parti separate del grafo tramite un lato: in tal modo non si altera nessuna tensione o
corrente di lato nel circuito originale. Ciò si può verificare semplicemente applicando
la L.K.C. ad una superficie gaussiana che avvolga una delle due parti separate nel gra-
fo in esame e che tagli il lato k di giunzione, come mostrato in figura:
Ovviamente, la corrente ik risulta essere uguale a zero: ma allora il lato k si comporta
come un circuito aperto il che implica che il comportamento del resto del circuito non
viene alterato. Ma si può fare di più: poiché le tensioni sono misurate tra nodi, una volta scelto un nodo di riferimento per ciascuna parte separata del grafo in esame, è possibile saldare insieme tali nodi (che saranno entrambi caratterizzati da una tensione nodale nulla) ottenendo un riferimento comune. Il grafo così ottenuto è detto grafo articolato. In definitiva, possiamo affermare che dato un qualsiasi circuito, il grafo ad esso
associato può essere ritenuto, agli effetti dell'applicazione delle leggi di Kirchhoff,
sempre connesso. In questo modo, la trattazione fatta per i circuiti con elementi bipolari rimane ancora valida. Si noti che se si considera l'insieme di lati tagliato dalla gaussiana che circonda il nodo di articolazione, questo insieme non costituisce un insieme
di taglio.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
253
Ad esempio, nel caso della figura precedente si ottiene il seguente grafo articolato scegliendo i nodi 3 e 5 come nodi di riferimento per ciascuna parte separata:
A titolo d'esempio, consideriamo il seguente circuito contenente un resistore a tre terminali di cui è nota la caratteristica espressa mediante il controllo in corrente:
Le altre relazioni di lato sono:
v3 = R 3i 3 v4 = R 4i 4
v 5 = E v6 = R6i 6
Per quanto detto nelle pagine precedenti, il grafo orientato associato al circuito è il seguente:
Possiamo allora scrivere le altre equazioni che insieme alle relazioni di lato consentono
di determinare tutte le correnti e tensioni di lato:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
254
Σ1 : i 3 + i 5 = 0
Σ2 : i1 − i 3 = 0
Σ3 : i 2 + i 4 − i 6 = 0
3 − 1 − 5 : - v1 − v 3 + v5 = 0
4 − 2 : v2 − v 4 = 0
6 − 2 : v2 + v6 = 0
(Nota: per la L.K.T. il verso di percorrenza delle maglie fondamentali è quello antiorario).
7.3
MATRICE DI INCIDENZA
Si supponga che ad un certo circuito sia associato il seguente grafo orientato connesso:
Applichiamo ora la L.K.C. a ciascuno dei quattro nodi con l'ipotesi di considerare positive le correnti uscenti da un nodo:
nodo 1 : i 1 + i 2 − i 6 = 0
nodo 2 : - i 1 − i 3 + i 4 = 0
nodo 3 : - i 2 + i 3 + i 5 = 0
nodo 4 : - i 4 − i 5 + i 6 = 0
Queste equazioni possono essere poste in forma matriciale come segue:
i1 
1
0
0
0 − 1  i 2 
1
 
− 1 0 − 1 1
0
0  i 3 

⋅
= 0 ⇔ Aa ⋅ i = 0
0
1
0  i 4 
 0 −1 1
0
0
0 − 1 − 1 1   i 5 

 
i6 
(7.1)
La matrice Aa è detta matrice di incidenza e fornisce un'informazione globale sulla topologia del circuito; il vettore i è il vettore delle correnti. Si osserva che la matrice di incidenza ha un numero di righe pari al numero di nodi nel circuito in esame ed un numero di colonne pari al numero di lati nel circuito; si tenga, inoltre, presente che essa è
255
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
stata scritta con l'ipotesi di considerare positive le correnti uscenti da ogni nodo. Se il
grafo è connesso, si può facilmente ricavare la matrice d'incidenza ispezionando il grafo in esame, senza cioè dover scrivere le equazioni di equilibrio delle correnti applicando la L.K.C. ad ogni nodo del circuito. Infatti, il generico elemento aik della matrice
di incidenza è così definito:
1 , se il lato k esce dal nodo i.

a ik = − 1 , se il lato k entra nel nodo i.
0 , se il lato k non tocca il nodo i.

La precedente regola vale nell'ipotesi di considerare positive le correnti uscenti. Da
quanto è stato detto nei paragrafi precedenti, le righe della matrice di incidenza (che
sono pari ad n, cioè al numero di nodi) sono fra loro linearmente dipendenti, perché è
stato dimostrato che il numero di equazioni di equilibrio per le correnti fra loro indipendenti è pari a n-1 (nell'ipotesi in cui il grafo associato al circuito sia connesso). D'altra parte è possibile anche verificare che, eliminando una qualsiasi riga nella matrice di
incidenza, le righe rimanenti saranno fra loro linearmente indipendenti, cioè la matrice
che si ottiene avrà rango massimo. Allora se nel circuito in esame si sceglie un nodo
qualunque come riferimento (cioè si attribuisce ad esso una tensione nodale nulla) la
matrice che si ottiene eliminando dalla matrice di incidenza la riga corrispondente al
nodo scelto prende il nome di matrice di incidenza ridotta associata al nodo scelto
come riferimento e la si indica semplicemente con A (si ricorda che le righe di tale matrice sono linearmente indipendenti). Ad esempio, nel caso del grafo di fig. 7.3, scegliendo come riferimento il nodo 4, si ha la seguente matrice di incidenza ridotta:
i 1 
i 
2
1
1
0
0
0
1
−

  
i

− 1 0 − 1 1 0 0  ⋅ 3  = 0 ⇔ A ⋅ i = 0

 i 
 0 − 1 1 0 1 0   4 
i 5 
 
i 6 
(7.2)
Inoltre, avendo scelto il nodo 4 come riferimento, possiamo esprimere le tensioni di lato in funzione delle tre tensioni nodali come segue (si faccia sempre riferimento al grafo di fig. 7.3 alla pagina precedente):
v 1 = e 1 − e 2
v1   1 − 1 0 
v = e − e
v   1
0 − 1
1
3
 2
 2 
 e 
v 3 = e 3 − e 2
v 3   0 − 1 1   1 
⇔  =

 ⋅ e ⇔ v = M ⋅ e (7.3)
1
0   2
v 4 = e 2
v 4   0
e 
v 5 = e 3
v 5   0
0
1   3

  

0
v 6 = − e 1
 v 6  − 1 0
(Nota: il vettore v è il vettore delle tensioni di lato mentre il vettore e è il vettore delle
tensioni nodali).
Confrontando la matrice A con la matrice M si osserva che:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
256
M = A T , e quindi la (7.3) diventa : v − A T e = 0 (7.4)
(Ovviamente anche la matrice M, essendo la matrice trasposta di A, sarà di rango massimo). In definitiva, assegnato un qualsiasi circuito il cui grafo orientato sia connesso e
scelto in tale circuito un nodo di riferimento, ricavando la matrice di incidenza ridotta
corrispondente posso facilmente scrivere, in forma matriciale, tutte le equazioni di equilibrio per le correnti e le tensioni fra loro indipendenti come segue:
(*)
A ⋅ i = 0

T
(**)
v − A e = 0
7.4
TEOREMA DI TELLEGEN
Si consideri un circuito arbitrario a cui sia associato un grafo orientato connesso con b
lati ed n nodi. Si indichi poi con:
(
i = i 1 , i 2 ,..., i b
)T
un qualsiasi insieme di correnti di lato che soddisfino tutti i vincoli imposti dalla L.K.C.
per G e con:
v = (v 1 , v 2 ,...., v b )T
un qualsiasi insieme di tensioni di lato che soddisfino tutti i vincoli imposti dalla L.K.T.
per G.
b
Allora risulta che:
∑v
kik
= 0 ⇔ vT ⋅ i = 0
(7.5)
k =1
Dim.: si fissi nel circuito in esame un nodo qualsiasi come riferimento e si costruisca la
matrice di incidenza ridotta A corrispondente. Poiché, per ipotesi, si è supposto che il
vettore i e il vettore v sopra indicati soddisfino entrambi i vincoli imposti dalla L.K.C. e
dalla L.K.T. rispettivamente, possiamo scrivere (per quanto detto nel paragrafo precedente):
A ⋅ i = 0

T
v = A e
Sfruttando queste relazioni si ottiene:
(
vT ⋅ i = ATe
)
T
⋅ i = e T ⋅ (A ⋅ i) = 0
(C.V.D.)
257
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Osservazioni:
•
si supponga che i' e i'', v' e v'' siano vettori, rispettivamente, di correnti e tensioni
valutati in istanti di tempo differenti che soddisfino le ipotesi del teorema di Tellegen con riferimento ad uno stesso grafo. Poiché il suddetto teorema non impone alcuna condizione sull'istante di tempo in cui si valutano i due vettori di tensione e
corrente, possiamo scrivere:
v' T ⋅i' = 0 v' T ⋅i' ' = 0 v'' T ⋅i' = 0
•
v'' T ⋅i'' = 0
si fissi un certo istante t e si misurino tutte le tensioni di lato vk(t) e le correnti di lato ik(t), con K=1,2,...,b. Ovviamente, i vettori v(t) e i(t) soddisfano rispettivamente la
L.K.T. e la L.K.C. e quindi per il teorema di Tellegen si ha:
b
∑v
k (t)i k (t) =
0
⇔
v(t) T ⋅ i(t) = 0
(*)
k =1
Ora, poiché si impiegano le direzioni di riferimento associate relative alla convenzione
degli utilizzatori, il prodotto vk(t)*ik(t) rappresenta la potenza fornita al lato k dal resto
del circuito nell'istante t considerato; in altri termini, tale prodotto rappresenta la 'rapidità' con cui l'energia viene ceduta al lato k, nell'istante t, dal resto del circuito. Allora
la relazione (*) indica che la somma delle potenze fornite ai singoli lati del circuito nell'istante t è nulla. Supponiamo, infine, che il circuito abbia α generatori indipendenti e
supponiamo di numerare i lati a partire dai generatori indipendenti. Si porti, ora, nella
(*) a primo membro gli addendi che si riferiscono ai generatori:
α
−
∑
k =1
b
v sk (t) i sk (t) =
∑v
k (t) i k (t)
(**)
k =α + 1
Possiamo allora affermare che la somma delle potenze fornite dai generatori indipendenti é uguale alla somma delle potenze entranti in tutti gli altri lati della rete. Questo
vale per ogni t. Poiché la (*) e la (**) sono vere per qualsiasi istante t, possiamo concludere che la suddetta relazione esprime la conservazione dell'energia per circuiti concentrati
(essa è quindi, in ultima analisi, una conseguenza delle leggi di Kirchhoff).
7.5
METODO GENERALE PER LA RICERCA DELLE EQUAZIONI DI UN CIRCUITI IN TERMINI
DI VARIABILI DI STATO
Il metodo che ora esamineremo è valido per qualsiasi circuito ma lo applicheremo, in
particolare, a circuiti lineari tempo-invarianti. Consideriamo, a titolo d'esempio, il seguente circuito:
258
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In generale, i passi da seguire per una facile ricerca delle equazioni in termini di variabili di stato sono i seguenti:
1. tracciare il grafo orientato associato al circuito in esame;
2. individuare un albero i cui rami corrispondano ai lati nel circuito contenenti i condensatori; se ci sono altri rami questi devono corrispondere ai lati del circuito che
contengono, nell'ordine, generatori indipendenti o dipendenti di tensione e resistori, non devono, comunque, essere presi come rami dell'albero i lati del circuito contenenti induttori o generatori indipendenti o dipendenti di corrente. Un albero siffatto è detto albero proprio;
3. scelta delle variabili di stato;
4. applicazione della L.K.C. alle superfici gaussiane che individuano gli insiemi di taglio fondamentali i cui rami caratteristici corrispondono ai lati nel circuito contenenti i condensatori
5. applicazione della L.K.T. a quelle maglie fondamentali identificate da corde contenenti induttori per il completamento della scrittura delle equazioni di stato.
Vediamo di applicare questi passi nel caso del circuito precedente; il grafo orientato ad esso associato è il seguente:
A fianco è indicato l'albero proprio. Le variabili di stato da determinare sono le tensioni
259
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
sui due condensatori e la corrente sull'induttore, cioè: v1(t),v2(t) e i3(t). Applico ora la
L.K.C. alle due superfici gaussiane indicate in figura, come previsto dal passo 4):
Σ1 : i 3 + i 2 + i 6 = 0
(7.6)
Σ2 : i1 + i 3 + i 4 = 0
(7.7)
Il nostro scopo è quello di scrivere un sistema di tre equazioni differenziali del primo
ordine in cui le incognite siano proprio le variabili di stato scelte. Posso allora scrivere
la (7.6) come segue:
i 3 + C2
dv 2
+ i s6 = 0 ⇔
dt
i
i
dv 2
= − 3 − s6
dt
C2 C2
(*)
Abbiamo così ottenuto una delle tre equazioni differenziali che stiamo cercando. Per
ottenere la seconda scriviamo la (7.7) come segue:
C1
dv 1
dv 1
+ i3 + i4 = 0 ⇔ C1
= −i 3 − i 4
dt
dt
(7.8)
Per ricavare la corrente i4 applico la L.K.T. alla maglia fondamentale basata sulla corda
4 che contiene il resistore (il verso di percorrenza è quello antiorario):
4 −1− 5:
v 4 + v 5 − v 1 = 0 ⇔ R 4 i 4 + v s5 − v 1 = 0 ⇔ i 4 =
v 1 v s5
−
(7.9)
R4 R4
Quindi la (7.8) diventa:
C1
v
dv 1
v 
dv 1
i
v
1
= − i 3 −  1 − s5  ⇔
=−
v 1 − 3 + s5
dt
R
R
dt
C
R
C
C
4 
1 4
1
1R 4
 4
(**)
La terza equazione differenziale la ricavo applicando la L.K.T. alla maglia fondamentale basata sulla corda 3 che contiene l'induttore (verso antiorario):
3 − 2 − 5 − 1 : v 3 − v 2 + v 5 − v1 = 0 ⇔ L 3
di 3 v 1 v 2 v s5
=
+
−
dt L 3 L 3 L 3
di 3
− v 2 + v s5 − v 1 = 0
dt
(* * *)
Il sistema di tre equazioni differenziali del primo ordine avente come incognite le variabili di stato scelte è allora il seguente:
 dv 1
i
v
v
= − 1 − 3 + s5

dt
R
C
C
R
4 1
1
4C1

 dv 2
i
i
= − 3 − s6

C2 C2
 dt
 di 3 v 1 v 2 v s5
=
+
−

 dt L 3 L 3 L 3
che può essere posto in forma matriciale come segue:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
260
 dv 1   −
 dt  
 dv  
 2=
 dt  
 di 3  
 dt  

1
R 4 C1
0
0
0
1
L3
1
L3
 1
1 

C 1   v 1   R 4 C 1
1    
−
⋅ v2 +
0
C2    


i
  3  1
0 
−

 L 3
−

0 

1   v s5 
−
⋅
C 2   i s6 

0 

A tale sistema vanno poi aggiunte le condizioni iniziali sui due condensatori e sull'induttore che abbiamo supposto essere note. E' possibile dimostrare che condizione necessaria e sufficiente affinché esista un albero proprio è che non ci siano maglie di soli
condensatori o insiemi di taglio di soli induttori.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
261
CAPITOLO 8
8.1
METODO DELLO SPARSE TABLEAU
262
8.2
TEOREMA DI SOVRAPPOSIZIONE PER CIRCUITI LINEARI RESISTIVI
266
8.3
IL TEOREMA DI THEVENIN
271
8.4
IL TEOREMA DI NORTON
274
8.5
ULTERIORI OSSERVAZIONI SUI TEOREMI DI THEVENIN E NORTON
277
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
262
8.1
METODO DELLO SPARSE TABLEAU
Si tratta di un metodo generale per la risoluzione di un qualsiasi tipo di circuito. Ecco i
passi da seguire per l'applicazione di tale metodo:
1. scelta nel circuito assegnato del nodo di riferimento (datum node);
2. tracciamento del grafo orientato associato al circuito;
3. scrittura in forma matriciale delle equazioni di equilibrio delle correnti e delle tensioni mediante la matrice di incidenza ridotta relativa al nodo di riferimento scelto;
4. scrittura in forma matriciale delle relazioni di lato.
Una volta svolti tali passi si perviene ad un'equazione in forma matriciale, detta equazione di tableau, che risolta mediante opportuni metodi matematici consente di ricavare tutte le correnti di lato, le tensioni di lato e le tensioni nodali. Vediamo subito un esempio considerando un circuito resistivo lineare e tempo-invariante:
263
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Il nodo scelto come riferimento è il nodo 4; il grafo orientato associato al circuito è mostrato di seguito:
Scriviamo la matrice di incidenza ridotta relativa al nodo scelto come riferimento:
1
0
1

A = 0 − 1 1
 0
0
0
equilibrio per le
A ⋅i = 0
0
1
−1
0 
0  da cui si ottengono
− 1 
le due equazioni
di
correnti e le tensioni in forma matriciale :
(*) con i = [i 1 , i 2 , i 3 , i 4 , i 5 ]T
v − A T e = 0 (**) con v = [v 1 , v 2 , v 3 , v 4 , v 5 ]T e e = [e 1 , e 2 , e 3 ]T
Scriviamo ora le relazioni di lato come segue:
v1 = vs1
v2 – R2 i2 = 0
v3 – R3 i3 = 0
v4 – R4 i4 = 0
i 5 – g5 v2 = 0
Nello scrivere tali relazioni si adottano le seguenti convenzioni:
•
nelle equazioni relative ai generatori indipendenti le forme d'onda devono essere
lasciate a secondo membro, preferibilmente con il segno +;
•
tutte le altre equazioni di lato devono essere poste in forma omogenea e nel caso di
circuiti dinamici si deve evitare di far comparire degli integrali o delle frazioni(e'
preferibile).
Le relazioni di lato sopra scritte possono allora essere poste in forma matriciale come
segue:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
264
0
1
0
1

0
0
0
0

0 − g 5
0 0 0  v 1  0
0




0 0 0 v2
0 − R2
   
1 0 0 ⋅  v 3  + 0
0




0 1 0  v 4  0
0
0 0 0  v 5  0
0
0
0
0
0
− R3
0
0
− R4
0
0
0  i 1   v s1 
0  i 2   0 
    
0 ⋅  i 3  =  0 
0 i 4   0 
1  i 5   0 
o, in forma più compatta, nel seguente modo:
M ⋅ v(t) + N ⋅ i(t) = u s (t)
(* * *)
Si osservi che nel caso appena esaminato il vettore degli ingressi è stato indicato con
us(t). Per quanto riguarda le matrici M e N esse non dipendono dal tempo solo nel caso
di circuiti tempo-invarianti, mentre per circuiti tempo-varianti la relazione (***) deve
essere scritta più esattamente come segue:
M(t) ⋅ v(t) + N(t) ⋅ i(t) = u s (t)
(* * **)
In definitiva, abbiamo ottenuto le seguenti tre equazioni in forma matriciale:
A ⋅ i = 0
0 A   e(t)  0 
 0


T
T
⇔ − A
I 0  ⋅  v(t) =  0  ⇔
v − A ⋅ e = 0
M ⋅ v + N ⋅ i = u
 0
M N   i(t)   u s 
s

T ⋅ W(t) = u(t) (8.1) : equazione di tableau.
T è detta matrice di tableau ed è una matrice quadrata di ordine pari a [(n-1)+2b]. Nel
caso di circuiti tempo-varianti l'equazione (8.1) diventa:
T(t)W(t) = u(t)
(8.2)
L'equazione di tableau, risolta mediante opportuni metodi matematici, consente di ottenere tutte le correnti e tensioni di lato ed anche le tensioni nodali nel circuito in esame. Consegue banalmente da quanto detto il seguente teorema noto come:
Teorema di esistenza ed unicità per circuiti resistivi lineari tempo-invarianti.
Un circuito resistivo lineare tempo-invariante ammette un'unica soluzione se, e solo se:
det[T]≠0
cioè la matrice di tableau è non singolare (e quindi invertibile).
Teorema di esistenza ed unicità per circuiti resistivi lineari tempo-varianti.
Un circuito resistivo lineare tempo-variante ammette un'unica soluzione in ogni istante se, e
solo se:
det[T(t 0 )] ≠ 0
per ogni t0
265
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
cioè la matrice di tableau è non singolare (invertibile) ∀ t0.
Vediamo ora l'applicazione del metodo di tableau per un circuito dinamico quale quello mostrato in figura insieme al grafo orientato ad esso associato:
Il nodo scelto come riferimento è il nodo 4; la matrice di incidenza ridotta relativa a tale
nodo è la seguente:
− 1 1 0 0 0
A =  0 − 1 1 1 0  da cui si ottengono le due equazioni di
 0
0 0 − 1 1
equilibrio per le correnti e le tensioni in forma matriciale :
(*) con i = [i 1 , i 2 , i 3 , i 4 , i 5 ]T
A⋅i = 0
v − A T e = 0 (**) con v = [v 1 , v 2 , v 3 , v 4 , v 5 ]T e e = [e 1 , e 2 , e 3 ]T
Le relazioni di lato sono:
-v1 = vs1
v2 -L *Di2 = 0
v3 -R i3 = 0
i4 - C *Dv4 = 0
i5 + α5 i2 = 0
(con D si é indicato l'operatore di derivazione rispetto al tempo). Pongo ora in forma
matriciale le precedenti relazioni di lato (il punto sopra la variabile indica la derivazione rispetto al tempo):
0
0

0

0
0
0
0
0
0
0 0
0 0
0 0
0 −C
0 0
0
0  v 1  − 1
0  v 2   0
0 ⋅  v 3  +  0
   
0  v 4   0
0  v 5   0
0  v1 
0  v 2 
0 ⋅  v 3  +
  
0  v 4 
0 0 0 0  v 5 
0
1
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
266
0 0
0 − L

+ 0 0

0 0
0 0
0 0 0  i 1  0 0
 
0 0 0 i 2  0 0
0 0 0 ⋅ i 3  + 0 0
   
0 0 0 i 4  0 0
0 0 0 i 5  0 α 5
0
0
0 0  i 1   v s1 
0 0 i 2   0 
− R 0 0 ⋅ i 3  =  0 
    
0 1 0 i 4   0 
0 0 1 i 5   0 
In forma compatta posso scrivere:
(M 0 D + M 1 )v + (N 0 D + N 1 )i = u s
(* * *)
In definitiva, abbiamo ottenuto le seguenti tre equazioni in forma matriciale alle quali,
ovviamente, vanno aggiunte le condizioni iniziali, che abbiamo supposto note, e cioè le
tensioni iniziali dei condensatori e la corrente iniziale dell'induttore:
A ⋅ i = 0

T
v − A ⋅ e = 0
(M D + M ) ⋅ v + (N D + N ) ⋅ i = u
1
0
1
s
 0
 0
⇔  − A T
 0
0
I
M 0D + M 1
⇔
  e(t)   0 
 ⋅  v(t) =  0  ⇔ T ⋅ W(t) = u(t)
0
 
  
N 0 D + N 1   i(t)   u s 
A
NOTA : nei paragrafi seguenti saranno enunciati e dimostrati alcuni teoremi generali
sui circuiti resistivi lineari ( si ricordi che un circuito lineare resistivo può contenere, oltre a
resistori lineari a due terminali e generatori indipendenti di tensione o corrente, qualsiasi resistore lineare multiterminale o multiporta come, ad esempio, trasformatori ideali, giratori e tutti
i quattro tipi di generatori pilotati lineari). Tali teoremi risultano validi se, e solo se, come
vedremo, il circuito in esame è univocamente risolubile o, in altri termini, se, e solo se, la
matrice di tableau T associata al circuito è non singolare (cioè il suo determinante deve
essere non nullo). Sebbene enunciati, per semplicità, solo per circuiti tempo-invarianti
essi rimangono validi anche per circuiti tempo-varianti, supponendo semplicemente che
tutti i parametri varino nel tempo.
8.2
TEOREMA DI SOVRAPPOSIZIONE PER CIRCUITI LINEARI RESISTIVI
Sia assegnato un circuito resistivo lineare tempo-invariante arbitrario che sia univocamente risolubile, cioè deve ammettere un'unica soluzione (ciò è vero se la matrice di
tableau associata a tale circuito è non singolare) e che contenga α generatori indipendenti di tensione e β generatori indipendenti di corrente le cui forme d'onda siano date
da:
v s1 (t), v s2 (t),....., v sα (t) e
i s1 (t), i s2 (t),......, i sβ (t)
267
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
In queste ipotesi, qualsiasi risposta del circuito, cioè una tensione di lato o una corrente
di lato o una tensione nodale, può essere espressa come segue:
y j (t) = H 1 v s1 (t) + H 2 v s2 (t) + ... + Hα v sα (t) + K 1 i s1 (t) + K 2 i s2 (t) + ... + K β i sβ (t)
(8.3)
dove i coefficienti Hi e Ki sono costanti che dipendono solo dai parametri circuitali relativi al circuito in esame e dalla scelta della variabile d'uscita, ma non dagli ingressi, cioè
dalle forme d'onda dei generatori indipendenti.
Osservazione: gli addendi che compaiono nel secondo membro della relazione (8.3)
sono suscettibili di questa interpretazione:
i termini del tipo yvk(t) = Hkvsk (t) possono essere considerati come la risposta del circuito
quando tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito sono esclusi tranne quello la cui
forma d'onda è vsk(t); analogamente i termini del tipo yik(t)=Kkisk (t) possono essere considerati come la risposta del circuito quando tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito sono esclusi tranne quello la cui forma d'onda è isk(t).
Allora la relazione (8.3) afferma che la risposta del circuito dovuta a tutti i generatori
indipendenti presenti nel circuito può essere pensata come la somma di α+β contributi
ognuno dei quali rappresenta la risposta del circuito dovuta a ciascun generatore indipendente agente da solo, cioè con tutti gli altri generatori indipendenti di tensione sostituiti da cortocircuiti, e tutti gli altri generatori indipendenti di corrente sostituiti da
circuiti aperti. In altri termini, possiamo scrivere:
β
α
y j (t) =
∑
y vk (t) +
k =1
∑
β
α
y ik (t) =
k =1
∑
H k v sk (t) +
k =1
∑K
k i sk (t)
(8.4)
k =1
DIM.: poiché il circuito in esame è, in particolare, lineare e tempo-invariante possiamo
scrivere per esso la seguente equazione di tableau:
T*W(t)=u(t)
dove la matrice T è la matrice di tableau ed è una matrice quadrata reale costante di
ordine pari a [(n-1)+2b]. Inoltre, avendo supposto, per ipotesi, che il circuito ammetta
un'unica soluzione possiamo affermare che la matrice T è non singolare (vedi il teorema di esistenza ed unicità enunciato nel paragrafo precedente) e quindi esiste la sua
inversa. Di conseguenza l'unica soluzione del circuito è data da:
w(t) = T-1.u(t)
(*)
dove il vettore u(t) può essere così schematizzato:
u(t)=[00...0 00...0 00...0 vs1(t)...vsα(t) is1(t)...isβ(t)]T
n-1 zeri
b zeri
b-α-β lati
generatori
generatori
non conten.
di tensione
di corrente
gener.indip.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
268
Nella scrittura di tale vettore u(t) si è assunto, senza perdita di generalità, che tutti i
generatori indipendenti presenti nel circuito siano indicati per ultimi, nell'ordine sopra
specificato (per maggiore chiarezza si può fare riferimento ai due circuiti esaminati nel
paragrafo precedente ed osservare, in particolare, come, tra le relazioni di lato, quelle
che non comportano la presenza di un termine nullo nel vettore u(t) sono soltanto le relazioni che si riferiscono ai generatori indipendenti). Ora, poichè ciascun componente
di w(t) si ottiene, come mostra la precedente relazione (*), moltiplicando la corrispondente riga della matrice inversa di T con il vettore u(t), segue che ciascuna risposta del
circuito (ossia, in altri termini, ciascun elemento del vettore w(t)) è data da un'espressione della forma dell'equazione (8.3). Inoltre, essendo la matrice inversa di T una matrice costante non comprendente alcun termine relativo ai generatori indipendenti presenti nel circuito, tali risultano anche i coefficienti Hk e Kk. Vediamo ora alcune applicazioni del teorema di sovrapposizione. Si consideri, ad esempio, il seguente circuito:
Si vogliono determinare, sfruttando il teorema di sovrapposizione, la corrente e la tensione ai capi del resistore di resistenza R2. Per far ciò occorre ricavare i contributi a queste due risposte del circuito (cioè a i2 e v2) dovuti, rispettivamente, al solo generatore di
tensione ed al solo generatore di corrente. Cominciamo, allora, eliminando dal circuito
il generatore di tensione (ossia lo sostituiamo con un cortocircuito), ottenendo:
Posso applicare un partitore di corrente al parallelo tra R1 e R2 e si ottiene:
G2
J
e quindi : v i2 = R 2 i i2 =
G1 + G2
G1 + G2
1
1
con : G 2 =
e G1 =
R2
R1
i i2 = J
(*)
Abbiamo così ottenuto i contributi, rispettivamente, alla corrente i2 ed alla tensione v2
dovuti al solo generatore di corrente. Ora escludiamo dal circuito il generatore di corrente (cioè lo sostituiamo con un circuito aperto) ottenendo:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
269
Allora posso applicare un partitore di tensione alla serie tra R1 e R2 ottenendo quanto
segue:
v v2 = E
R2
v
E
e quindi : i v2 = v2 =
(**)
R2 R1 + R2
R1 + R2
Abbiamo così ottenuto i contributi, rispettivamente, alla tensione v2 ed alla corrente i2
dovuti al solo generatore di tensione. A questo punto possiamo sfruttare il teorema di
sovrapposizione ed ottenere:
G2
E
+
G1 + G2 R1 + R 2
R2
J
=
+E
G1 + G2
R1 + R2
i 2 = i i2 + i v2 = J
v 2 = v i2 + v v2
Si consideri ora il seguente circuito:
Si vuole valutare la corrente i2 mediante il teorema di sovrapposizione. Determiniamo,
allora, il contributo a tale risposta dovuto al solo generatore di tensione (ossia sostituiamo il generatore di corrente con un circuito aperto), ottenendo:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
270
Anzitutto si ha:
i v2 = i v1 (8.5) , essendo : i 3 = 0 .
Applicando poi la L.K.T. al cammino chiuso indicato in figura si ha:
v v1 + rm1 i 3 + rm2 i v1 = E ⇔ Ri v1 + rm2 i v1 = E ⇔ i v1 =
e quindi dalla (1) : i v2 =
E
R + rm2
E
(8.6)
R + rm2
(8.7)
Dobbiamo ora determinare il contributo alla corrente i2 dovuto al solo generatore di
corrente e quindi escludiamo dal circuito il generatore di tensione sostituendolo con un
cortocircuito ed ottenendo:
Applicando la L.K.C. al nodo A si ottiene:
i i1 + i 3 − i i2 = 0 ⇔ i i2 = i i1 + J
(8.8)
Applicando poi la L.K.T. al cammino chiuso indicato in figura si ha:
271
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
v i1 + rm1i 3 + rm2 i i1 = 0 ⇔ Ri i1 + rm1J + rm2 i i1 = 0 ⇔ i i1 = −
rm1J
R + rm2
(8.9)
Infine, sostituendo la (8.9) nella (8.8) si ha :

  R + rm2 − rm1 
r

i i2 = i i1 + J = J1 − m1  = J
 R + rm2   R + rm2 
(8.10)
In definitiva, possiamo scrivere la corrente i2 come combinazione lineare degli ingressi
presenti nel circuito nel seguente modo:
i 2 = i v2 + i i2 =
 R + rm2 − rm1
1
E + 
R + rm2
 R + rm2

 J

(8.11)
(Nota: nei due esempi appena trattati si è supposto implicitamente che fosse soddisfatta l'ipotesi prevista dal teorema di sovrapposizione e cioè che sia unica la soluzione del
circuito: in generale, bisognerebbe verificare ciò calcolando il determinante della matrice di tableau associata al circuito in esame e constatando che sia diverso da zero).
8.3
IL TEOREMA DI THEVENIN
Sia assegnato un circuito accessibile da due morsetti (monoporta) resistivo lineare
tempo-invariante che sia anche ben definito intendendo con ciò che tale circuito non deve contenere alcun elemento accoppiato, elettricamente o non elettricamente, con qualche variabile fisica esterna al circuito in esame (al massimo possono dipendere dalle variabili di porta). Inoltre, si supponga che sia soddisfatta la seguente condizione di unicità della soluzione: il circuito che si ottiene collegando un generatore di corrente con forma d'onda i(t) alla porta del circuito iniziale deve ammettere un'unica soluzione per
ogni valore di corrente i(t). In tali ipotesi, si ha che il circuito monoporta assegnato è
equivalente al seguente circuito mostrato in figura:
RTH = resistenza equivalente di Thevenin rappresenta la resistenza di ingresso del circuito iniziale passivato, cioè dopo che siano esclusi tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito.
VTH = tensione alla porta quando essa è posta in circuito aperto.
272
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Nota: escludere i generatori indipendenti significa sostituire i generatori di tensione
con cortocircuiti e quelli di corrente con circuiti aperti).
Prima di dimostrare il teorema osserviamo quanto segue:
1. l'importanza fondamentale del teorema appena enunciato (e di quello che vedremo
nel paragrafo successivo) sta nel fatto che esso consente di sostituire qualsiasi parte
di una rete che sia assimilabile ad un monoporta resistivo lineare con due soli elementi circuitali, senza influenzare la soluzione della restante parte del circuito; e'
importante notare che la restante parte del circuito può anche essere non lineare e
che le due parti del circuito abbiano una porta in comune.
2. dall'enunciato del teorema si deduce che l'equivalente di Thevenin di un certo circuito monoporta lineare resistivo tempo-invariante esiste se, e solo se, è soddisfatta
la condizione di unicità della soluzione sopra esposta. In generale, occorrerebbe,
quindi, verificare che la matrice di tableau del circuito che si ottiene collegando un
generatore di corrente i(t) alla porta del circuito assegnato sia non singolare, e questo deve risultare per ogni valore di corrente i(t). Poiché tale verifica può essere
molto laboriosa è preferibile stabilire l'effettiva esistenza dell'equivalente di Thevenin del circuito in esame calcolando il valore della resistenza equivalente di Thevenin, cioè RTH. Infatti se il valore di tale resistenza è finito sicuramente esiste l'equivalente di Thevenin del circuito assegnato; in particolare, nel caso limite in cui RTH
=0 allora l'equivalente di Thevenin coincide col solo generatore di tensione VTH
(vedi fig. a) che, comunque, è sempre pilotabile in corrente. Se invece RTH assume
un valore infinito allora non esiste l'equivalente di Thevenin del circuito in esame
(dalla fig. b si osserva che collegando alla porta un generatore di corrente con forma d'onda i(t) verrebbe violata la L.K.C. per ogni valore di corrente):
DIM.: occorre dimostrare che i due circuiti rappresentati nella figura seguente sono equivalenti:
273
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per far ciò verificheremo che hanno la stessa caratteristica d'ingresso o D.P.C. Per il secondo circuito mostrato in fig. 8.2 la D.P.C. si ricava facilmente ed è data da:
v(t) = RTH i(t) + vTH
(*)
Il primo circuito mostrato in fig. 8.2 rappresenta, invece, il circuito assegnato che, per
ipotesi, deve essere resistivo, lineare, tempo-invariante e ben definito: in particolare,
per la prima affermazione, esso potrà contenere, oltre che ad elementi resistivi lineari a
due o più terminali, anche generatori indipendenti di tensione e corrente.
Allora indicheremo con α il numero di generatori indipendenti di tensione e con β il
numero di generatori indipendenti di corrente presenti nel circuito, come mostrato in
fig.2. Suppongo ora di collegare alla porta del circuito in esame un generatore di corrente con forma d'onda i(t), ottenendo il seguente circuito:
Poiché sono soddisfatte tutte le ipotesi del teorema di sovrapposizione posso esprimere
la risposta v(t) del circuito in fig. 8.3 (cioè la tensione ai morsetti 1-2) come combinazione lineare degli ingressi presenti nel circuito, ossia:
β
v(t) = K 0 i(t) +
∑
k =1
α
K k i sk (t) +
∑H
k v sk (t)
(8.12)
k =1
Nota : v sk (t) è la forma d' onda del generatore di tensione k - esimo
mentre i sk (t) è la forma d' onda del generatore di corrente k - esimo.
Supponiamo ora che: i(t)=0 , per ogni t (condizione di circuito aperto ai morsetti 1-2). Dalla (8.12) segue dunque:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
274
β
v ' (t) = v TH =
∑
α
K k i sk (t) +
k =1
∑H
k v sk (t)
(8.13)
k =1
Per ricavare, invece, il contributo alla tensione v(t) dovuto al solo generatore di corrente con forma d'onda i(t) occorre passivare il circuito iniziale sostituendo i generatori di
tensione in esso presenti con dei cortocircuiti ed i generatori di corrente con dei circuiti
aperti; allora, dalla (8.12), si ottiene:
v′′(t) = K 0 i(t)
da cui segue
K0 =
v ′′(t)
= R TH
i(t)
(8.14)
(per come é stata definita la resistenza di Thevenin). Sostituendo allora la (8.13) e la
(8.14) nella relazione (8.12) si ottiene:
v(t) = R TH i(t) + v TH
(**)
Di conseguenza, confrontando la (*) con la (**), possiamo concludere che i due circuiti
di fig. 8.2 alla pagina precedente hanno la stessa D.P.C. e quindi il teorema è dimostrato.
8.4
IL TEOREMA DI NORTON
Sia assegnato un circuito monoporta resistivo lineare tempo-invariante che sia anche
ben definito intendendo con ciò che tale circuito non deve contenere alcun elemento
accoppiato, elettricamente o non elettricamente, con qualche variabile fisica esterna al
circuito in esame (al massimo possono riferirsi alle variabili di porta). Inoltre, si supponga che sia soddisfatta la seguente condizione di unicità della soluzione: il circuito che
si ottiene collegando un generatore di tensione con forma d'onda v(t) alla porta del circuito iniziale deve ammettere un'unica soluzione per ogni valore di tensione v(t). In tali
ipotesi, si ha che il circuito monoporta assegnato è equivalente al seguente circuito mostrato in figura:
GN = conduttanza equivalente di Norton rappresenta la conduttanza di ingresso del
circuito iniziale passivato, cioè dopo che siano esclusi tutti i generatori indipendenti
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
275
presenti nel circuito.
IN = corrente di porta diretta dal morsetto 1 al morsetto 2 nel circuito iniziale quando
questi due morsetti vengono posti in cortocircuito.
(Nota: escludere i generatori indipendenti significa sostituire i generatori di tensione
con cortocircuiti e quelli di corrente con circuiti aperti).
Prima di dimostrare il teorema osserviamo quanto segue:
Osservazione: dall'enunciato si deduce che l'equivalente di Norton di un certo circuito
monoporta lineare resistivo tempo-invariante esiste se, e solo se, è soddisfatta la condizione di unicità della soluzione sopra esposta. In generale, occorrerebbe, quindi, verificare che la matrice di tableau del circuito che si ottiene collegando un generatore di tensione v(t) alla porta del circuito assegnato sia non singolare, e questo deve risultare per
ogni valore di tensione v(t). Poiché tale verifica può essere molto laboriosa è preferibile
stabilire l'effettiva esistenza dell'equivalente di Norton del circuito in esame calcolando
il valore della conduttanza equivalente di Norton, cioè GN. Infatti se il valore di tale
conduttanza è finito sicuramente esiste l'equivalente di Norton del circuito assegnato;
in particolare, nel caso limite in cui GN=0 allora l'equivalente di Norton coincide col solo generatore di corrente (vedi fig. a) che è, comunque, sempre pilotabile in tensione. Se
invece GN assume un valore infinito allora non esiste l'equivalente di Norton del circuito in esame (dalla fig. b si osserva che collegando alla porta un generatore di tensione
con forma d'onda v(t) verrebbe violata la L.K.T. per ogni valore di tensione):
DIM.: occorre dimostrare che i due circuiti rappresentati nella figura seguente sono equivalenti:
Per far ciò verificheremo che hanno la stessa caratteristica d'ingresso o D.P.C. Per il secondo circuito mostrato in fig. 8.5 la D.P.C. si ricava facilmente ed è data da:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
276
i(t) = G N v(t) − i N
(*)
Il primo circuito mostrato in fig. 8.5 rappresenta, invece, il circuito assegnato che, per
ipotesi, deve essere resistivo, lineare, tempo-invariante e ben definito: in particolare,
per la prima affermazione, esso potrà contenere, oltre che ad elementi resistivi lineari a
due o più terminali, anche generatori indipendenti di tensione e corrente. Allora indicheremo con α il numero di generatori indipendenti di tensione e con β il numero di
generatori indipendenti di corrente presenti nel circuito, come mostrato in fig. 8.5.
Suppongo ora di collegare alla porta del circuito in esame un generatore di tensione
con forma d'onda v(t), ottenendo il seguente circuito:
Poiché sono soddisfatte tutte le ipotesi del teorema di sovrapposizione posso esprimere
la risposta i(t) del circuito in fig. 8.6 (cioè la corrente entrante nel morsetto 1) come
combinazione lineare degli ingressi presenti nel circuito, ossia:
β
α
k =1
k =1
i(t) = H 0 v(t) + ∑ K k i sk (t) + ∑ H k v sk (t)
(8.15)
Nota : v sk (t) è la forma d' onda del generatore di tensione k - esimo
mentre i sk (t) è la forma d' onda del generatore di corrente k - esimo.
Supponiamo ora che: v(t)=0 , per ogni t (condizione di cortocircuito ai morsetti 1-2). Dalla
(8.15) segue dunque:
β
α
k =1
k =1
i ′(t) = −i N = ∑ K k i sk (t) + ∑ H k v sk (t)
(8.16)
Per ricavare, invece, il contributo alla corrente i(t) dovuto al solo generatore di tensione
con forma d'onda v(t) occorre passivare il circuito iniziale sostituendo i generatori di
tensione in esso presenti con dei cortocircuiti ed i generatori di corrente con dei circuiti
aperti; allora, dalla (8.15), si ottiene:
i ′′(t) = H 0 v(t)
da cui segue:
H0 =
i ′′(t)
v(t)
= GN
(8.17)
(per come è stata definita la conduttanza di Norton).
Sostituendo allora la (8.16) e la (8.17) nella relazione (8.15) si ottiene:
277
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
i(t) = G N v(t) − i N
(**)
Di conseguenza, confrontando la (*) con la (**), possiamo concludere che i due circuiti
di fig.4 alla pagina precedente hanno la stessa D.P.C. e quindi il teorema è dimostrato.
8.5 ULTERIORI OSSERVAZIONI SUI TEOREMI DI THEVENIN E NORTON
Per quanto detto nei due paragrafi precedenti, un generico circuito lineare resistivo
tempo-invariante soddisfacente le ipotesi previste, rispettivamente, dal teorema di Thevenin e Norton ammette i seguenti due circuiti equivalenti come mostrato in figura:
E' possibile individuare delle relazioni tra i parametri caratteristici del circuito equivalente di Thevenin e quelli del circuito equivalente di Norton. Infatti dal circuito di fig.
b) si ha:
i(t) = G N v(t) − i N
(*)
Mentre dal circuito di fig. c) possiamo scrivere:
v(t) = R TH i(t) + v TH , che possiamo scrivere come :
v(t)
v
v
1
= i(t) + TH ⇔ i(t) =
v(t) − TH
R TH
R TH
R TH
R TH
(**)
Confrontando quest'ultima relazione con la (*) ed imponendo la loro uguaglianza (infatti, essendo i circuiti equivalenti tra loro devono avere la stessa D.P.C.), si ottiene:
GN =
1
(8.18) e
R TH
iN =
v TH
(8.19)
R TH
Da ciò possiamo concludere, tenendo presente quanto detto nel paragrafo precedente,
che condizione necessaria e sufficiente affinché esistano entrambi i circuiti equivalenti
di Thevenin e Norton è che la resistenza di Thevenin oppure, analogamente, la conduttanza di Norton, abbiano valore finito e diverso da zero; se, invece, la resistenza di
Thevenin fosse uguale a zero esisterebbe il circuito equivalente di Thevenin (costituito
dal solo generatore di tensione) ma non esisterebbe il circuito equivalente di Norton
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
278
(infatti la conduttanza di Norton sarebbe infinita); in modo simile, se la conduttanza di
Norton fosse nulla esisterebbe il circuito equivalente di Norton (costituito dal solo generatore di corrente) ma non esisterebbe il circuito equivalente di Thevenin (infatti, la
resistenza di Thevenin sarebbe infinita). Vediamo ora alcuni esempi (si suppone siano
verificate le ipotesi previste dai teoremi di Thevenin e Norton). Si consideri il seguente
circuito:
Vogliamo calcolare l'equivalente di Thevenin e l'equivalente di Norton. Per calcolare la
tensione equivalente di Thevenin dobbiamo considerare il circuito a vuoto, cioè porre:
i(t)=0. In tal caso i due resistori sono collegati in serie e posso, dunque, applicare un
partitore di tensione come segue:
v TH (t) = v(t) = v 2 (t) = E
R2
R1 + R2
Per calcolare, invece, la resistenza equivalente di Thevenin è sufficiente considerare lo
stesso circuito ma passivato, cioè sostituendo il generatore di tensione con un cortocircuito come segue:
Osservando che i due resistori sono collegati in parallelo ottengo:
G TH =
i(t)
R + R2
1
1
1
=
= G1 + G2 =
+
= 1
v(t) circuito R TH
R1 R2
R1R 2
passivo
e quindi : R TH =
R 1R 2
R1 + R2
Per quanto riguarda, invece, il circuito equivalente di Norton, facendo sempre riferimento al circuito di fig. 8.8, si ricava:
279
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
GN =
i(t)
1
1 R1 + R2
= G1 + G2 =
+
=
v(t) circuito
R1 R2
R 1R 2
passivo
Possiamo poi calcolare la corrente equivalente di Norton cortocircuitando i morsetti 1 e
2 nel circuito di fig. 8.7 come segue:
Si ha allora:
v2 = 0 ⇒ i 2 = 0
L.K.T. : v 1 + E = 0 ⇔ R 1 i 1 + E = 0 ⇔ i 1 = −
E
E
, da cui : i N = −i 1 =
R1
R1
Consideriamo ora il seguente circuito di cui si vuole determinare l'equivalente di Thevenin:
Cominciamo col valutare la resistenza equivalente di Thevenin; per far ciò occorre passivare il circuito sostituendo il generatore di tensione con un cortocircuito:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
280
Possiamo scrivere:
R TH =
v(t)
i(t) circuito
(*)
passivo
Valgono, inoltre, le seguenti relazioni :
v(t) = R 2 i 2 (t) + µv 1 (t) ⇔ v(t) = R 2 i(t) + µv 1 (t)
(8.20)
v 1 (t) + µv 1 (t) = 0 ⇔ (1 + µ )v 1 (t) = 0 ⇔ v 1 (t) = 0 (8.21)
Sostituendo la (8.21) nella (8.20) si ha :
v(t) = R 2 i(t) ⇒ R TH =
v(t)
= R2
i(t) circuito
passivo
Per calcolare, infine, la tensione equivalente di Thevenin occorre considerare il circuito
iniziale di fig. 8.10 a vuoto, cioè con: i(t)=0. In tal caso valgono le seguenti relazioni:
i 2 (t) = 0 ⇒ v 2 (t) = 0
L.K.T. : v1 + µv 1 = E ⇔ v1 =
E
1+ µ
E quindi : v TH (t) = v(t) = µv1 (t) = E
µ
1+ µ
Come ultimo esempio, si consideri il seguente circuito:
Applicando la L.K.C. al nodo A si ottiene:
i − i0 + i0 = 0 ⇔ i = 0
(*)
Mentre, applicando la L.K.T. alla maglia indicata si ha:
R 1i + v 0 − v 0 = v ⇔ v = v 0 − v 0 = 0
(**)
Di conseguenza, la caratteristica d'ingresso di tale bipolo è costituita da un solo punto,
cioè l'origine degli assi nel piano v-i. Questo bipolo prende il nome di cortocircuito virtuale e caratterizza la porta d'ingresso di un amplificatore operazionale. Poiché la caratteristica d'ingresso per i bipoli equivalenti di Thevenin e Norton è costituita da una
281
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
linea retta, ne consegue che l'annullatore non ammette né il bipolo equivalente di Thevenin nè quello di Norton. Infatti, per tale bipolo, sono violate in entrambi i casi le
condizioni di unicità della soluzione previste, rispettivamente, dai teoremi di Thevenin
e Norton. Si osservi che l'annullatore può essere pilotato unicamente da un generatore
di tensione da 0[V] o da un generatore di corrente da 0[A].
8.5
TEOREMA DI SOVRAPPOSIZIONE PER CIRCUITI DINAMICI LINEARI
Sia assegnato un generico circuito dinamico lineare,tempo-invariante, che sia univocamente risolubile, cioè che ammetta un'unica soluzione. Si supponga che in esso siano
presenti, a partire dall'istante t=0, α generatori indipendenti di tensione e β generatori
indipendenti di corrente le cui forme d'onda siano date, rispettivamente, da:
v
s1
(t), v
s2
(t),...., v
sα
(t) e i
s1
(t), i
s2
(t),...., i
sβ
(t)
Indicata con y(t) una generica risposta del circuito (cioè una corrente o tensione di lato
od una tensione nodale) e nell'ipotesi che siano nulle tutte le condizioni iniziali, si ha
che tale risposta può essere scritta come somma di α+β termini ognuno dei quali rappresenta il contributo alla risposta y(t) dovuto ad ogni singolo generatore indipendente
agente da solo nel circuito, cioè dopo che siano stati azzerati tutti gli altri generatori
indipendenti (ovvero, i generatori di tensione sostituiti con cortocircuiti ed i generatori
di corrente sostituiti con circuiti aperti):
β
α
y(t) =
∑
yvk(t) +
k=1
∑y
ik (t)
(*)
k=1
dove:
yvk(t) rappresenta la risposta del circuito con condizioni iniziali nulle, osservata all'istante t, quando tutti i generatori indipendenti, tranne quello con forma d'onda vsk(t),
sono azzerati; yih(t) rappresenta la risposta del circuito con condizioni iniziali nulle, osservata all'istante t, quando tutti i generatori indipendenti, tranne quello con forma
d'onda isk(t), sono azzerati.
COROLLARIO:
nelle stesse ipotesi del teorema precedente, supponendo però che le condizioni iniziali
siano diverse da zero, una qualsiasi risposta y(t) del circuito può essere scritta come:
y(t) = y0(t) + yg(t)
282
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dove:
yg(t) rappresenta la risposta del circuito con condizioni iniziali nulle, osservata all'istante t, dovuta ai soli generatori indipendenti presenti nel circuito; y0(t) rappresenta la
risposta del circuito dovuta alla sola presenza delle condizioni iniziali (escludendo,
cioè, tutti i generatori indipendenti).
Tale corollario è facilmente dimostrabile se si tiene presente che una condizione iniziale
non nulla su un condensatore equivale ad un generatore di tensione in serie allo stesso
condensatore ma scarico (cioè con tensione iniziale nulla) così come una condizione iniziale non nulla su un induttore equivale ad un generatore di corrente in parallelo allo
stesso induttore ma scarico, cioè con corrente iniziale nulla.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
283
CAPITOLO 9
9.1
CIRCUITI IN REGIME SINUSOIDALE: GENERALITÀ
284
9.2
NOMENCLATURA DELLE GRANDEZZE SINUSOIDALI
286
9.3
NUMERI COMPLESSI.
288
9.4
RAPPRESENTAZIONE DELLE GRANDEZZE SINUSOIDALI MEDIANTE
NUMERI COMPLESSI.
CONCETTO DI FASORE
9.5
IL METODO DEI FASORI O METODO SIMBOLICO
9.6
APPLICAZIONE DEL METODO DEI FASORI. IMPEDENZA E AMMETTENZA
291
295
DI UN CIRCUITO
297
9.7
EQUAZIONI DI KIRCHHOFF IN TERMINI DI FASORI
300
9.8
APPLICAZIONE DEL METODO SIMBOLICO A CIRCUITI ELEMENTARI
304
9.10 TEOREMA DI BOUCHEROT (ADDITIVITÀ DELLE POTENZE)
321
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
284
9.11 RIFASAMENTO
325
9.12 RISONANZA ED ANTIRISONANZA
329
9.13 APPLICAZIONE DEL METODO DEI FASORI A CIRCUITI COMPLESSI
335
9.14 TEOREMI DI THEVENIN E NORTON PER CIRCUITI IN REGIME SINUSOIDALE
340
9.15 CENNI SUGLI STRUMENTI DI MISURA ELETTRODINAMICI
347
9.1
CIRCUITI IN REGIME SINUSOIDALE: GENERALITÀ
Nell'analisi dei circuiti dinamici lineari tempo-invarianti con ingressi limitati è stato evidenziato come una qualsiasi risposta del circuito, cioè una corrente o tensione di lato,
può essere espressa, in generale, come somma di due termini nel seguente modo:
y(t) = y h (t) + y s (t)
(*)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
285
dove il primo addendo a secondo membro rappresenta l'integrale generale dell'equazione differenziale omogenea associata all'equazione differenziale che governa la dinamica del circuito in esame, mentre il secondo addendo ne rappresenta un integrale
particolare; è stato anche detto che se il circuito è lineare e tempo-invariante l'integrale
particolare ha un andamento dello stesso tipo dell'ingresso, o degli ingressi se sono più
di uno e tutti dello stesso tipo. Nel caso in cui il circuito dovesse risultare anche asintoticamente stabile allora ogni risposta del circuito, a regime (cioè una volta esaurita la
fase transitoria), tende a seguire l'integrale particolare assumendo quindi lo stesso andamento nel tempo degli ingressi presenti nel circuito: in queste ipotesi, ha senso definire yh(t) come risposta transitoria del circuito e ys(t) come risposta a regime. Considereremo d'ora in avanti per questo capitolo solo circuiti dinamici lineari tempoinvarianti ed asintoticamente stabili; per essi si possono distinguere quattro tipi di regime intendendo con questo termine la fase successiva a quella transitoria:
•
•
•
•
regime stazionario: tutte le correnti e tensioni di lato sono costanti nel tempo (si
verifica se gli ingressi sono costanti);
regime sinusoidale: tutte le correnti e tensioni di lato hanno un andamento nel
tempo sinusoidale ed isofrequenziale con l'ingresso (se ci sono più ingressi sinusoidali, questi devono avere tutti la stessa frequenza angolare);
regime periodico: tutte le correnti e tensioni di lato hanno un andamento periodico
con lo stesso periodo dell'ingresso (se ci sono più ingressi, questi devono avere tutti
lo stesso periodo):y(t)=y(t+nT) , dove T è il periodo ed n è un numero intero;
regime variabile: quando non si verifica una delle precedenti condizioni di regime
(ad esempio, nel caso in cui si abbiano ingressi di tipo sinusoidale ma con diverse
pulsazioni).
Nei paragrafi successivi sarà affrontato lo studio dei soli circuiti in regime sinusoidale:
tale scelta è stata dettata, oltre che dalla notevole frequenza con cui è possibile incontrare questo tipo di circuiti nelle varie applicazioni pratiche, anche dal fatto che l'analisi
di un circuito in regime stazionario o periodico (e talvolta anche variabile) può essere
sempre ricondotta all'analisi di un circuito in regime sinusoidale. Infatti, nel primo caso, un circuito in regime stazionario può sempre essere considerato come un circuito in
regime sinusoidale con ingressi aventi tutti frequenza angolare nulla; nel caso, invece,
di un circuito in regime periodico ci si può ricondurre ad un regime sinusoidale utilizzando il principio di sovrapposizione. A titolo d'esempio, supponiamo che il circuito
abbia un solo ingresso di tipo periodico di periodo T e che questo soddisfi le seguenti
condizioni (di Dirichlet):
1. l'ingresso x(t) deve avere un numero finito di discontinuità in un periodo;
2. deve essere una funzione monotona nei tratti di continuità;
3. il valor medio dell'ingresso in un periodo deve essere finito, cioè è sempre possibile
trovare un numero M positivo tale che:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
286
x0 =
1
T
t0 +T
∫ x(t)dt < M
t0
In tali ipotesi, l'ingresso si può espandere in serie di Fourier nel seguente modo:
x(t) = x 0 + x 1 cos(ωt + ϕ 1 ) + x 2 cos(2ωt + ϕ 2 ) + x 3 cos(3ωt + ϕ 3 ) + ... con ω =
2π
T
dove x0 è il valore medio nel periodo, il secondo addendo prende il nome di armonica
fondamentale e i rimanenti prendono il nome di armoniche superiori. A questo punto è
sufficiente calcolare le risposte del circuito ai singoli ingressi rappresentati dalle armoniche che compaiono a secondo membro della precedente espressione (che come si può
osservare sono funzioni sinusoidali tranne la prima che è costante) e ricavare la risposta finale del circuito all'ingresso periodico come somma delle suddette risposte secondo quanto previsto dal teorema di sovrapposizione. Prima di intraprendere lo studio
dei circuiti in regime sinusoidale seguono alcuni paragrafi introduttivi e di riepilogo di
alcune definizioni e concetti utili relativi ai numeri complessi e alle grandezze sinusoidali.
9.2
NOMENCLATURA DELLE GRANDEZZE SINUSOIDALI
Si dice che una generica grandezza y(t) ha un andamento periodico nel tempo se risulta: y(t)=y(t+nT), dove T è il periodo ed n è un numero intero; una grandezza periodica
si dice poi alternata se il suo valor medio in un periodo è nullo, cioè:
1
y0 =
T
t0 +T
∫ y(t)dt = 0
t0
In particolare, sono forme d'onda periodiche alternate le funzioni sinusoidali esprimibili mediante una relazione del tipo:
y(t) = y M cos(ωt + α )
Per una grandezza periodica alternata si definisce valor medio in un semiperiodo riferito
287
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
alla semionda positiva la quantità:
2
Ym =
T
t0 +
T
2
∫ y(t)dt
(9.1)
t0
Nel caso di una funzione sinusoidale con fase nulla (α=0) si ha:
Ym =
2
T
t0 +
T
2
2
t0 +
T
2
∫ y(t)dt = T ∫ y
t0
ωt)dt =
M cos(
t0
2
T
5
T
4
∫y
ωt)dt =
M cos(
3
T
4
4y M 2y M
=
= 0,636y M
ωT
π
Nota. Per ricavare il valore di t0 si é imposto che:
cos(ωt ) = 0
⇔
t0 =
3π 3πT
3
=
= T
2ω
4π
4
si ricordi che si fa riferimento alla semionda positiva (in modo da ottenere un valore
diverso da zero) come mostrato nella seguente figura:
Si definisce, inoltre, valor efficace di una grandezza periodica alternata y(t) la quantità:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
288
Y=
1
T
t 0 +T
∫y
2
(t)dt (**) , dove l’istante t0 è del tutto arbitrario data la supposta perio-
t0
dicità di y(t) e quindi di y2(t).
La suddetta definizione vale, in particolare, anche per le grandezze sinusoidali. In tal
caso, risulta anzitutto, per le formule di bisezione:
y 2 (t) = y 2M cos 2 (ωt + α ) =
y 2M y 2M
+
cos2(ωt + α )
2
2
(9.2)
Si osserva, allora, che il valor medio in un periodo del secondo addendo della (9.2) è
nullo trattandosi di una funzione sinusoidale con pulsazione doppia rispetto a quella
assegnata e quindi sostituendo la (9.2) nella (**) si ottiene:
Y =
1
T
t0 + T
y 2M
t0
2
∫
dt =
yM
2
⇔ Y =
yM
2
= 0,707 y M
(9.3)
Si definisce, infine, fattore di forma il rapporto tra il valore efficace e il valor medio in
un semiperiodo riferito alla semionda positiva di una grandezza periodica alternata.
Nel caso delle grandezze sinusoidali vale:
Kf =
Y
= 1.11
Ym
(9.4)
Tale valore è distintivo delle grandezze sinusoidali.
9.3
NUMERI COMPLESSI
289
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Saranno ora ripresi alcuni utili concetti relativi ai numeri complessi. Esistono diverse
rappresentazioni per un numero complesso z. Nella notazione cartesiana o rettangolare
esso viene espresso come: z = x + jy ,dove x è detta parte reale di z e si indica con Re(z),
y è detta parte immaginaria di z e si indica con Im(z), mentre j è l'unità immaginaria. Tale notazione è detta cartesiana in quanto suggerisce di associare al numero complesso z
il punto di coordinate (x,y) nel piano complesso:
La notazione trigonometrica di un numero complesso z si ricava dalla precedente osservando che:
x = ρcosθ
⇒ z = x + jy = ρcosθ + jρsenθ = ρ (cosθ + jsenθ )

y = ρsenθ
(9.5)
Nota : ρ = x 2 + y 2 è detto modulo di z
θ = arctg
y
è detto argomento di z (si ricordi di considerare y e x col loro segno).
x
Ricordando poi, dalla formula di Eulero, che:
e jθ = cosθ + jsenθ , si ha sostituendo nella (9.5) :
z = ρe jθ (9.6), che è detta notazione polare o, semplicemente, esponenziale.
(Nota: sia nella rappresentazione polare che in quella trigonometrica l'argomento deve
essere espresso in radianti).
Ancora più compatta è la notazione di Steinmetz :
z = ρ∠θ
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
290
che riporta soltanto il modulo e l'argomento di z (quest'ultimo deve essere espresso in
gradi). Quest'ultima notazione si presta bene ogni volta che bisogna eseguire prodotti e
rapporti di numeri complessi. Ad esempio:
z 1 = ρ 1∠θ 1
ρ
z
Dati : 
⇒ z 1 ⋅ z 2 = ρ 1 ρ 2 ∠θ 1 + θ 2 e 1 = 1 ∠θ 1 − θ 2
ρ
θ
z
=
∠
ρ
z
2
2
 2
2
2
A titolo d'esempio vengono ora riportate le rappresentazioni di alcuni numeri complessi:
z= j=e
j
π
2
= 1∠90°
z = 1 + j = 2e
z = −1 + j =
j
z = −j = e
−j
π
2
= 1∠ − 90°
π
4
= 2∠ 45°
3
j π
2e 4
z = 1 − j = 2e
−j
π
4
= 2 ∠135° z = −1 − j = 2 e
= 2 ∠ − 45°
3
−j π
4
= 2 ∠ − 135°
Dimostriamo, infine, una proprietà che sarà utilizzata in seguito secondo la quale, assegnato un numero complesso z, risulta che:
Re[ jz ]=-Im[ z ] (9.7)
Infatti, posto z = x + jy si ottiene:
jz = jx + j 2 y ⇔ jz = − y + jx , da cui segue la (9.7).
9.4
RAPPRESENTAZIONE DELLE GRANDEZZE SINUSOIDALI MEDIANTE
291
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
NUMERI COMPLESSI.
CONCETTO DI FASORE
Ricordando dall'Analisi la nota formula di Eulero per la quale:
[ ]
e jx = cosx + jsenx , possiamo scrivere in generale : cosx = Re e jx
Allora una qualsiasi grandezza sinusoidale può essere posta nella forma:
[
]
[
]
y(t) = y M cos(ωt + α ) = y M Re e j(ωt +α ) = Re y M e j(ωt +α ) ⇔
[
]
[
y(t) = Re 2Ye jα ⋅ e jωt = Re 2 Ye jωt
Y = Ye
jα
= Y∠α
]
(9.8), dove si è posto :
(9.9)
Il numero complesso definito dalla (9.9) prende il nome di fasore associato alla funzione sinusoidale y(t) e, come si osserva, ha il modulo pari al valore efficace di y(t) e l'argomento pari alla fase della funzione y(t). Da quanto detto si deduce che il fasore è l'elemento che distingue una generica grandezza sinusoidale da tutte le altre aventi la
stessa pulsazione ω. Possiamo dunque affermare, e lo dimostreremo in seguito, che in
un insieme di grandezze sinusoidali isofrequenziali (nella generica pulsazione ω) esiste
una corrispondenza biunivoca tra ogni elemento dell'insieme, cioè una funzione sinusoidale, e il corrispondente fasore definito dalla (9.9):
y(t)
↔
Y
Inoltre, tenendo presente che derivando rispetto al tempo, un numero qualsiasi di volte, una
funzione sinusoidale si ottengono ancora funzioni sinusoidali isofrequenziali con quella di partenza, si conclude che le derivate successive di una grandezza sinusoidale possono essere rappresentate anch'esse con fasori la cui determinazione è abbastanza immediata. Osserviamo, infine,
che un fasore, così come un qualsiasi altro numero complesso, può essere rappresentato nel piano di Gauss mediante un vettore, come mostrato in figura:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
292
Si noti che l'asse reale funge da riferimento per le fasi. Enunciamo ora, e dimostriamo, i
seguenti tre lemmi:
Lemma 1 (Linearità)
L'operatore parte reale Re(.) è lineare.
Per dimostrare ciò basta verificare che tale operatore soddisfa le proprietà di additività
ed omogeneità, ossia:
Re[z 1 + z 2 ] = Re[z 1 ] + Re[z 2 ](*)
z 1 = x 1 + jy 1
posto 
, si deve avere : 
(**)
z 2 = x 2 + jy 2
Re[az 1 ] = aRe[z 1 ]
( Nota : a è un numero reale qualsiasi ).
La (*) si dimostra banalmente come segue:
Re[z 1 + z 2 ] = Re[(x 1 + jy 1 ) + (x 2 + jy 2 )] = Re[(x 1 + x 2 ) + j(y 1 + y 2 )] =
= x 1 + x 2 = Re[z 1 ] + Re[z 2 ]
(C.V.D.)
In maniera analoga si dimostra la (**):
Re[az 1 ] = Re[a (x 1 + jy 1 )] = Re[ax 1 + jay 1 ] = ax 1 = aRe[z 1 ]
(C.V.D.)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
293
Lemma 2 (Commutatività)
L'operatore parte reale Re[.] è commutativo rispetto all'operazione di derivazione nel tempo.
In particolare, assegnata una certa funzione sinusoidale y(t) posta nella forma:
[
y (t ) = Re 2Y e
d
Re 2Y e
dt
[
jωt
jωt
]= y
M
cos(ωt + α ) deve risultare :
] = Redtd (

2Y e
jωt
)

É facile verificare questa proprietà. Infatti,
d
jωt  d
Re  2Y e
=
( y M cos(ωt + α )) = ωy M (− sen(ωt + α )) = ωy M cos(ωt + α + (π /2))
 dt

dt
d
jα jωt jπ /2 
jα jωt 
jωt 
jωt
= Re  2Yωe e
e
= Re  jω 2Ye e
= Re  2 jωY e
= Re   2Y e







dt

Osserviamo ora che:
y ′(t) =
d
dt
[
Re 2Y e
jωt
] = Re dtd ( 2Ye jωt ) = Re[ 2 jωYe jωt ]
cioè la derivata prima di y(t) è ancora una grandezza sinusoidale rappresentata dal fasore jω Y . In pratica il fasore rappresentativo di y' si ottiene moltiplicando per jω il fasore rappresentativo di y(t). E' facile dimostrare che il fasore rappresentativo di y'' si otterrà moltiplicando per jω il fasore rappresentativo di y'. Cioè derivare, nell'ambito dei
fasori, equivale a moltiplicare per jω. Avremo perciò:
y(t) ↔ Y
y ′(t) ↔ jω Y
y ′′ (t) ↔ (jω ) 2 Y = −ω 2 Y
y ′′′(t) ↔ (jω ) 3 Y = − jω 3 Y



Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
294
e così di seguito.
E' facile dimostrare che integrare, nell'ambito dei fasori, equivale a dividere per jω.
Lemma 3 (Unicità)
Due funzioni sinusoidali isofrequenziali sono uguali se, e solo se, sono uguali i fasori che le rappresentano.
cioè posto:
[
[
]
]
 y 1(t ) = Re 2Y1e jωt
si ha : y 1(t ) = y 2 (t ) , ∀t ⇔ Y1 = Y 2

 y 2 (t ) = Re 2Y 2e jωt
dim. ⇒) y 1 (t ) = y 2 (t ) , ∀t. In particolare per t = 0 si ha :
[
]
[
]
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
Re 2Y1 = Re 2Y 2 ⇔ 2 Re Y1 = 2 Re Y 2 ⇔ Re Y1 = Re Y 2

π
si ottiene : Re  2Y1e
2ω

Mentre per t =
[ ]
[ ]
j
π
2


 = Re  2Y 2e


[ ]
[ ]
j
π
2
(*)

⇔

[ ]
[ ]
⇔ 2 Re jY1 = 2 Re jY 2 ⇔ − Im Y1 = − Im Y 2 ⇔ Im Y1 = Im Y 2 (**)
Dalla (*) e (**) si deduce che i due fasori sono uguali avendo la stessa parte reale e la
stessa parte immaginaria.
dim. ⇐) Y1 = Y2 ⇔ 2Y1e
[
⇔ Re 2Y1e
jωt
] = Re[
2Y2e
jωt
jωt
= 2Y2e
jωt
⇔
]⇔ y (t ) = y (t )
1
2
Possiamo ora enunciare il cosiddetto teorema principale che è un'ovvia conseguenza
dei tre lemmi appena visti.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
295
Teorema principale
Una funzione ottenuta come combinazione lineare di funzioni sinusoidali isofrequenziali (eventualmente, comprendente anche le loro derivate) è ancora una funzione sinusoidale isofrequenziale con quelle di partenza.
Ad esempio, posto:
[
] y(t ) = Re[ 2Y e jωt ] z(t ) = Re[ 2Z e jωt ], si ha :
jω t
]− Re[ 2Ye jωt ]+ Re[ 2 jωZ e jωt ] =
s (t ) = x (t ) − y (t ) + z ' (t ) = Re [ 2 Xe
jωt
], da cui segue che s(t) e' una funzione sinusoidal e
= Re [ 2 ( X − Y + jωZ )e
x (t ) = Re 2 Xe
jω t
di frequenza ω rappresent ata dal fasore
S = X − Y + jω Z
9.5
Il metodo dei fasori o metodo simbolico
Ritorniamo ora all'argomento principale di questo capitolo e cioè lo studio dei circuiti
in regime sinusoidale. Riprendendo quanto detto nel primo paragrafo, nell'ipotesi di
linearità, tempo-invarianza ed asintotica stabilità del circuito in esame e nell'ipotesi che
le sorgenti presenti nel circuito siano sinusoidali ed isofrequenziali tra loro, si può ritenere che, a regime, tutte le tensioni e correnti di lato avranno un andamento sinusoidale nel tempo con la stessa frequenza angolare degli ingressi. Di conseguenza, la ricerca
delle risposte del circuito in esame (ossia correnti e tensioni di lato), delle quali si conosce già il tipo di funzione (sinusoidale) e la pulsazione (ω), si riduce alla determinazione dei corrispondenti valori efficaci e delle fasi cioè, in altri termini, dei fasori che rappresentano tali grandezze. E' chiaro che un tale tipo di ricerca, avendo come obiettivo
la determinazione di incognite numeriche e non di funzioni, deve potersi effettuare attraverso la soluzione di equazioni algebriche e non differenziali. Il metodo dei fasori
permette, appunto, di ricavare un sistema di equazioni algebriche aventi come incognite i fasori rappresentativi delle varie grandezze di lato, risolto il quale sono noti valori
efficaci e fasi di ciascuna di queste grandezze e, quindi, nel complesso, tutte le correnti
296
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
e tensioni di lato. I passi da seguire sono mostrati nel seguente schema:
Si scrivono, anzitutto, le relazioni di lato e le equazioni di Kirchhoff ai valori istantanei:
di tali equazioni siamo interessati a determinare i soli integrali particolari, cioè correnti
e tensioni di lato a regime.
Esclusa la determinazione diretta di tali incognite, richiedendo essa la soluzione di un
sistema di equazioni differenziali, si procede nel seguente modo:
passo 1)
trasformazione delle equazioni di Kirchhoff differenziali in equazioni di
Kirchhoff 'simboliche' (ciò vale anche per le relazioni di lato);
passo 2)
soluzione del sistema di equazioni simboliche e conseguente determinazione dei fasori rappresentativi delle varie correnti e tensioni di lato;
passo 2)
antitrasformazione, ossia passaggio dai fasori alle correnti e tensioni da
essi rappresentate, che sono le vere incognite del problema.
Vedremo fra poco alcune applicazioni di questo metodo; per il momento, limitiamoci
ad esporre qualche osservazione di carattere generale. Per quanto riguarda la fase di
'trasformazione', essa serve per dare al problema matematico un carattere puramente
algebrico anziché differenziale. Infatti, tale processo consente di dedurre dalle equazioni differenziali di Kirchhoff un sistema di equazioni algebriche lineari e a coefficienti complessi in cui le incognite sono ora i fasori rappresentativi delle correnti e tensioni
di lato. La linearità di tale sistema rende la sua soluzione (passo 2 del procedimento)
priva di difficoltà, a parte il maggior onere di calcolo (rispetto a sistemi lineari nel
campo reale) derivante dalla presenza di grandezze complesse. Infine, la fase di 'antitrasformazione' è immediata, a tal punto che spesso, restando sottintesa, non viene
neppure effettuata: essa consiste, infatti, nella banale sostituzione dell'ampiezza e della
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
297
fase (ormai note in seguito alla soluzione del suddetto sistema) di ciascuna corrente e
tensione di lato nell'espressione generica al fine di esplicitare, in forma definitiva, queste stesse grandezze. L'analisi ora effettuata del metodo simbolico può far pensare che
si tratti di un metodo alquanto laborioso; in realtà, vedremo che la fase di 'trasformazione' conduce ad un sistema di equazioni formalmente coincidenti con quelle di Kirchhoff discusse in regime stazionario, salvo la presenza di grandezze complesse in
luogo di quelle reali. Ciò semplifica notevolmente la tecnica operativa in quanto consente di scrivere direttamente le equazioni di Kirchhoff simboliche senza doverle dedurre ogni volta per 'trasformazione' dalle equazioni ai valori istantanei. In tal modo si
evita di fatto la prima fase del procedimento e poiché, come si è detto, anche la terza
può essere omessa, in pratica l'applicazione del metodo si riduce alla scrittura delle equazioni simboliche di lato e di Kirchhoff ed alla loro soluzione, in modo del tutto analogo a quello seguito per i circuiti in regime stazionario.
9.6
Applicazione del metodo dei fasori. Impedenza e ammettenza
di un circuito
Vedremo ora come applicare il metodo dei fasori ad un caso abbastanza semplice che ci
consentirà, tuttavia, di introdurre delle definizioni del tutto generali e che, una volta
discusso, renderà immediata la generalizzazione ad un caso qualsiasi. Consideriamo,
dunque, il seguente circuito monoporta alimentato, attraverso i morsetti A e B, da una
tensione sinusoidale v(t), in pulsazione ω, espressa da:
Dalle considerazioni fatte nei paragrafi precedenti, si può affermare che a regime, ossia
una volta esaurita la fase transitoria, tutte le variabili di lato avranno un andamento di
tipo sinusoidale ed anche isofrequenziale con la tensione di alimentazione. Proponiamoci, allora, di determinare l'andamento nel tempo, a regime, della corrente i(t): per
quanto detto nel paragrafo precedente ciò equivale a calcolare il valore efficace e la fase
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
298
di tale forma d'onda ossia, in altri termini, il fasore associato alla corrente i(t). Anzitutto, riportiamo le equazioni differenziali che descrivono la dinamica del circuito:


v R (t) = Ri R (t)

di (t)
Relazioni di lato : v L (t) = L L
dt

t

1
i C (τ )dτ
v C (t) =
C

−∞
∫
L.K.C. : i(t) = i R (t) = i L (t) = i C (t)
t
L.K.T. : v(t) = v R (t) + v C (t) + v L (t) = Ri(t) +
di(t)
1
i(τ )dτ + L
C −∞
dt
∫
Derivando rispetto al tempo quest'ultima equazione si ottiene:
L
d 2 i(t)
di(t) i(t) dv(t)
+R
+
=
2
dt
C
dt
dt
(9.10)
Ricordiamo che siamo interessati a valutare la corrente a regime. Si tratta di ricavare un integrale particolare dell'equazione (9.10), che rappresenta la soluzione del nostro problema. Piuttosto che risolverla direttamente utilizziamo il metodo dei fasori. Il primo passo consiste nella fase
di trasformazione. Possiamo scrivere:
[
v(t) = v M cos(ωt + α V ) = Re 2 Ve jωt
[
i(t) = I M cos(ωt + α i ) = Re 2 Ie jωt
]
]
con V =
con I =
IM
2
vM
2
∠α V = V∠α V
∠α i = I∠α i
(Nota: I e αi sono da determinare)
Sostituendo queste espressioni nell'equazione (9.10) si ricava, sfruttando il lemma 2:
[
L Re 2 ( jω )2 Ie
jωt
]+ RRe[
2 jωIe
jωt
]+ C1 Re[
jωt
2I e
] = Re[
2 jωV e
da cui sfruttando il lemma di linearità si ottiene :
1

Re  2  − ω 2L + jωR + Ie
C 
 
jωt

 = Re 2 jωV e

[
jωt
]
(9.11)
jωt
],
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
299
Per il teorema principale il primo ed il secondo membro della relazione (9.11) sono due
funzioni sinusoidali isofrequenziali e dovendo essere uguali, per il lemma 3 saranno
uguali anche i fasori che le rappresentano (per il lemma di unicità); si ottiene dunque:
1
j 


2
( jω ) L + jωR + C  ⋅ I = jωV ⇔ V =  jωL + R − ωC  ⋅ I ⇔

1 

V =  R + j  ωL −
 ⋅ I = zI (9.12) ,
ωC  


1 

dove : z = R + j  ωL −
 è detta impedenza in ingresso del circuito .
ωC 

Osserviamo che la (9.12) rappresenta già il risultato dell'operazione di 'trasformazione'
in quanto essa è un'equazione algebrica lineare di primo grado dalla quale è immediato ricavare l'unica incognita e cioè il fasore della corrente. Si noti, inoltre, che l'impedenza in ingresso non è un fasore (perché non è associato a nessuna forma d'onda) ma
è semplicemente un operatore complesso definito come il rapporto tra il fasore della
tensione e quello della corrente di porta nel circuito in esame: la sua parte reale è la resistenza R del ramo di circuito considerato mentre la sua parte immaginaria, a cui si dà
il nome di reattanza, dipende, oltre che dall'induttanza L e dalla capacità C del ramo in
questione, anche dalla pulsazione ω di alimentazione. Spesso l'impedenza si scrive nella forma:
z = R + jX , dove :
X = ωL −
1
ωC
rappresenta la reattanza sopra definita .
(L'impedenza si misura in ohm).
Infine definiamo ammettenza del monoporta considerato il reciproco della sua impedenza, e quindi:
y =
1
z
=
1
R + jX
R
2
R + X2
X
B=−
2
R + X2
G=
=
R
X
R − jX
=
−j
= G + jB , dove :
2
2
2
2
2
R +X
R +X
R + X2
è detta conduttanza
è detta suscettanza .
( Si noti che G ≠ 1 R ).
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
300
Il secondo passo consiste nella soluzione dell'equazione algebrica ottenuta, in questo
caso la (9.12), come segue:
V = z I ⇔ I =
V
z
=
V∠α v
z∠θ
=
1 

con z = R 2 +  ωL −

ωC 

V
z
∠(α v − θ ) ,
ωL −
2
e θ = arctg
1
ωC
R
L'ultimo passo consiste nell'antitrasformazione che si esegue facilmente come indicato:
[
i (t ) = Re 2Ie
jωt
] = Re
2
V
e
z
j (αv −θ )
e
jωt
 = v M cos(ωt + α − θ )
v

z
Si osservi, per concludere, che l'equazione (9.12) è analoga alla legge di Ohm in regime
stazionario salvo il fatto che essa mette in relazione non direttamente la tensione e la
corrente ma i fasori rappresentativi di tali grandezze; oltre a ciò la costante di proporzionalità è ora l'impedenza che corrisponde, nell'analogia citata, alla resistenza. Quanto
si è detto giustifica la denominazione della (9.12) come legge di Ohm simbolica relativa
ad un generico ramo di circuito. Applicazioni di tale legge saranno illustrate nel seguito, dopo l'estensione del metodo simbolico a circuiti comunque complessi (vedi paragrafo seguente).
9.7 Equazioni di Kirchhoff in termini di fasori
Il procedimento di trasformazione descritto nel semplice caso del paragrafo precedente
si estende in modo ovvio a qualsiasi equazione ai valori istantanei facente parte del sistema di equazioni che descrive il comportamento di un circuito qualsiasi. E' infatti
immediato riconoscere che la suddetta tecnica di trasformazione si applica, senza alcuna variante concettuale, alle equazioni di Kirchhoff.
Si supponga, ad esempio, di considerare la seguente porzione di rete in condizioni di
301
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
regime sinusoidale:
Applicando la L.K.C. al nodo contrassegnato si ottiene:
i 1 (t) + i 2 (t) − i 4 (t) = 0
che possiamo porre nella seguente forma:
[
Re 2I 1e
jωt
]+ Re[
2 I 2e
jωt
]− Re[
2 I 4e
jωt
]= 0
D'altra parte, sfruttando il lemma di linearità e poi quello di unicità si ottiene:
[
Re 2 (I 1 + I 2 − I 4 )e
jωt
]= 0 ⇒ I
1
+I2 −I4 =0,
dove I , I e I sono i fasori corrispondenti, rispettivamente, alle correnti i (t), i (t) e i (t).
1 2 4
1
2
4
Data la generalità del procedimento possiamo concludere che, in regime sinusoidale,
qualsiasi equazione di nodo può essere espressa direttamente in termini di fasori. Più
in generale, abbiamo visto che per un generico circuito connesso (con n nodi e b lati) la
L.K.C. afferma che: Ai(t)=0 per ogni t , dove A è la matrice di incidenza ridotta del circuito in esame, i cui elementi sono reali. Si può ripetere il precedente ragionamento e
mostrare che è possibile scrivere la L.K.C. direttamente in termini di fasori come segue:
A ⋅ I = 0 , dove I è il vettore colonna i cui elementi sono i fasori I1 , I 2 ,..., I b che rappresen tano, rispettivamente, le correnti di lato sinusoidali i1 (t), i 2 (t),...i b (t).
Applichiamo ora la L.K.T. considerando un verso orario di percorrenza della maglia:
v 2 (t) + v 3 (t) − v 1 (t) = 0
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
302
Sfruttando ancora una volta il lemma di linearità e quello di unicità si ottiene quanto
segue:
[
Re[ 2 (V
Re 2V 2e
2
jωt
]+ Re[
2V 3e
+V 3 −V 1 )e
jωt
jωt
]− Re[
] = 0 ⇒V
2
2V 1e
jωt
]= 0 ⇒
+V 3 −V 1 = 0 ,
dove V1 , V2 e V3 sono i fasori corrispondenti, rispettivamente, alle tensioni v 1 (t), v 2 (t) e v 3 (t).
In genere, la L.K.T. è espressa da:
v(t) − A T e(t) = 0 ∀t
che in termini di fasori diventa:
V − AT E = 0
dove E rappresenta il vettore colonna i cui elementi sono i fasori E 1 , E 2 , E 3 ,..., E n −1
corrispondenti alle tensioni nodali sinusoidali (rispetto al nodo scelto come riferimento), mentre V è il vettore colonna i cui elementi sono i fasori V 1 , V 2 ,..., V b corrispondenti alle tensioni di lato sinusoidali. (Si tenga presente che AT è una matrice ad elementi reali.
In definitiva, l'identità formale tra le equazioni di Kirchhoff in regime stazionario e
quelle simboliche per circuiti in corrente alternata (cioè in regime sinusoidale) consente
di convalidare le seguenti affermazioni: anzitutto, le equazioni simboliche di Kirchhoff
si possono scrivere direttamente senza dovere, ogni volta, procedere all'operazione di
'trasformazione' delle equazioni differenziali ai valori istantanei. Ciò equivale ad affermare che nel procedimento risolutivo di un circuito in corrente alternata si può omettere la prima fase del procedimento stesso e, pertanto, tenendo presente che anche
la fase di 'antitrasformazione' è di regola sottintesa, resta provato che il metodo si riduce alla semplice scrittura delle equazioni di Kirchhoff simboliche ed alla loro soluzione,
in perfetta analogia con quanto si fa in corrente continua. L'identità formale sopra evidenziata non si limita solo ai principi di Kirchhoff ma si estende ovviamente anche a
tutte le conseguenze dei principi stessi. Così, ad esempio, le regole di composizione
delle resistenze in serie e parallelo, dimostrate per circuiti in regime stazionario, mantengono intatta la loro validità anche in condizioni di regime sinusoidale purché si faccia riferimento alle impedenze (o alle ammettenze). Si supponga di avere un circuito
monoporta costituito da n elementi collegati in serie. In regime sinusoidale ogni elemento e' caratterizzato da una opportuna impedenza.
303
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Applicando le leggi di Kirchhoff si ha:
L.K.C. : I = I1 = I 2 = ... = I n
L.K.T. : V = V1 + V2 + ... + Vn = z 1 I1 + z 2 I 2 + ... + z n I n = (z 1 + z 2 + ... + z n )I ⇒
n
V = z I , con : z = ∑ z k
k =1
Vale anche la regola del partitore di tensione : Vi = V
z i
n
i = 1,.., n
∑ z k
k =1
L.K.T. : V = V1 = V2 = ... = Vn
L.K.C. : I = I1 + I 2 + ... + I n = y 1 V1 + y 2 V2 + ... + y n Vn = (y 1 + y 2 + ... + y n )V ⇒
n
I = y V , con : y = ∑ y k
k =1
Vale anche la regola del partitore di corrente : I i = V
y i
n
∑ y k
k =1
i = 1,.., n
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
304
Rimangono, inoltre, invariate le regole di trasformazione stella- triangolo e viceversa:
Trasformazione triangolo - stella :
z 10 =
z 12 z 13
z 12 z 23
z 13 z 23
; z 20 =
; z 30 =
z 12 + z 13 + z 23
z 12 + z 13 + z 23
z 12 + z 13 + z 23
Trasformazione stella - triangolo :
y 12 =
9.8
y 10 y 20
y 10 y 30
y 20 y 30
; y 13 =
; y 23 =
y 10 + y 20 + y 30
y 10 + y 20 + y 30
y 10 + y 20 + y 30
APPLICAZIONE DEL METODO SIMBOLICO A CIRCUITI ELEMENTARI
A chiarimento di quanto esposto nei paragrafi precedenti, consideriamo anzitutto tre
semplici circuiti per la soluzione di ciascuno dei quali è sufficiente l'applicazione della
legge di Ohm simbolica essendo costituiti da un solo ramo. Si suppone di alimentare
ciascun ramo con la stessa tensione v(t) espressa da:
v (t ) =V M cos(ωt ) , il cui fasore corrispondente sarà espresso da :
V =
VM
∠0° =V∠0° , dove V è il valore efficace della funzione v(t).
2
Come si può osservare dall'espressione di v(t) si è supposta nulla la fase della tensione
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
305
e, di conseguenza, il fasore rappresentativo della tensione si riduce ad un numero reale: questa ipotesi non è restrittiva poiché equivale a porre l'origine dei tempi t=0 nell'istante in cui la tensione raggiunge il suo valore massimo e ciò, pur essendo arbitrario, è
tuttavia lecito. In particolare questa scelta comporta il seguente vantaggio nella rappresentazione vettoriale dei numeri complessi e cioè, tenendo presente che il fasore della
tensione presenta solo la parte reale, ne segue che la sua rappresentazione nel piano
complesso sarà quella di un vettore poggiato sull'asse reale. Quindi nelle rappresentazioni vettoriali dei fasori relative agli esempi successivi si tralascerà di indicare gli assi
del piano di Gauss e si assumerà come riferimento proprio il fasore rappresentativo
della tensione. D'altra parte, la mancata indicazione del riferimento vuole anche evidenziare la sua inessenzialità, cioè quello che conta nella rappresentazione dei vettori è
l'indicazione della posizione reciproca dei vettori stessi non la posizione assoluta rispetto agli assi cartesiani, posizione che dipende dalla scelta dell'istante t=0 e che, come
tale, è del tutto arbitraria.
Consideriamo allora il seguente circuito:
Essendo nota la tensione di alimentazione occorre determinare l'andamento nel tempo
della corrente i(t): trattandosi, però, di un circuito in regime sinusoidale, per quanto
detto nel paragrafo 9.5, basterà calcolarne il fasore corrispondente (per questo motivo,
d'ora in avanti, indicheremo nei vari circuiti, al posto delle variabili terminali di ciascun elemento, i fasori ad esse associati). Sappiamo, infatti, che la corrente avrà un'espressione di questo tipo:
i (t ) = I M cos(ωt + α i ) , cha sarà completamente nota una volta calcolata l' ampiezza I M e la
I
fase α i , cioè, in altri termini, il fasore ad essa associato : I = I ∠α i = M ∠α i
2
Per far ciò basta semplicemente esprimere in termini fasoriali l'unica relazione di lato a
disposizione e cioè:
V = z r I , con z r = R ∠ 0 ° = R
(Nota: il valore dell'impedenza si può ricavare sia applicando il procedimento di tra-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
306
sformazione, sia dall'espressione generale tenendo conto che si tratta di un ramo puramente resistivo).
Si ricava allora facilmente:
I=
V
z r
=
V∠0°
R∠0°
=
V
R
∠0° ⇒ I =
IM
2
=
V
R
e αi = 0
(9.13)
Si osserva allora che per un circuito puramente resistivo la corrente è in fase con la
tensione. In figura sono stati riportati i vettori della tensione e della corrente:
Si noti che la corrente risulta in fase con la tensione. Per ricavare, infine, l'andamento
nel tempo della corrente basta effettuare un'operazione di antitrasformazione come segue:
[
i (t ) = Re 2I e
jωt
]=
2
V
V
cos(ωt ) = M cos(ωt )
R
R
(9.14)
Nella figura è mostrato l'andamento nel tempo delle due grandezze:
307
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Consideriamo ora il seguente circuito e seguiamo un procedimento analogo a quello
appena visto per determinare la corrente i(t):
Trasformando in termini fasoriali l'unica relazione di lato a disposizione si ottiene:
v (t ) = L
di (t )
dt
⇒ V = jωLI = z l I , con z l = ωLj = ωL∠90°
Si ricava allora : I =
V
z l
=
V∠0°
ωL∠90°
=
V
ωL
∠ − 90° (9.15), da cui segue che :
I
π
V
I= M =
e αi = −
2
2 ωL
Si osserva allora che per un circuito puramente induttivo la corrente è sfasata di 90°
in ritardo rispetto alla tensione. Nella figura successiva è mostrata la rappresentazione
vettoriale dei fasori associati:
Per ricavare, infine, l'andamento nel tempo della corrente basta effettuare un'operazione di antitrasformazione come segue:
[
i (t ) = Re 2I e
jωt
]=
2
V
π V
π
cos(ωt − ) = M cos(ωt − )
2
2
ωL
ωL
(9.16)
In figura è mostrato l'andamento nel tempo della corrente e della tensione:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
308
In pratica la corrente raggiunge il massimo con T/4 di ritardo rispetto alla tensione.
Consideriamo ora il seguente circuito e seguiamo un procedimento analogo a quello
appena visto per determinare la corrente i(t):
Trasformando in termini fasoriali l'unica relazione di lato a disposizione si ottiene:
i (t ) = C
dv (t )
dt
⇒ I = jωCV = y cV , con z c =
Si ricava allora : I =
I=
IM
2
V
z c
= ωCV e α i =
=
V∠0°
1 ωC ∠ − 90°
1
y c
=
1
jω C
=−
j
ωC
=
1
ωC
∠ − 90°
= ωCV∠90° (9.17), da cui segue :
π
2
Si osserva allora che per un circuito puramente capacitivo la corrente è sfasata di 90°
in anticipo rispetto alla tensione. Nella figura successiva è mostrata la rappresentazione vettoriale dei fasori associati:
309
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Per ricavare, infine, l'andamento nel tempo della corrente basta effettuare un'operazione di antitrasformazione come segue:
i (t ) = 2ωCV cos(ωt +
π
2
) = ωCV M cos(ωt +
π
2
)
(9.18)
In figura è mostrato l'andamento nel tempo della corrente e della tensione:
La corrente raggiunge il massimo con T/4 di anticipo sulla tensione.
Consideriamo ora il seguente circuito e seguiamo un procedimento analogo a quello
appena visto per determinare la corrente i(t):
Effettuando direttamente l'operazione di trasformazione si ottengono le seguenti rela-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
310
zioni in termini di fasori:
VR = z r I r , con z r = R
VL = z l I L , con z l = jωL
Relazioni di lato : 
L.K.C. : I = I R = I L
L.K.T. : V = VR + VL = (z r + z l )I = (R + jωL)I = z I , con z = R + jωL
2

2
z = R + (ωL )
Si ottiene allora : I =
=
= ∠ − θ con 
ωL
z
z∠θ
z
θ = arctg

R
V
V∠0°
V
Essendo θ positivo ne segue che, per un circuito ohmico-induttivo, la corrente è sfasata di θ°
in ritardo rispetto alla tensione.
L'andamento nel tempo della corrente è il seguente:
V
V
cos(ωt − θ ) = M cos(ωt − θ )
z
z
(Nota : θ deve essere espresso in radianti).
i (t ) = 2
(9.19)
Negli esempi sinora trattati si è assunto come fasore di riferimento quello della tensione; tuttavia data l'arbitrarietà con cui possiamo scegliere l'origine dei tempi t=0 possiamo fare in modo che essa coincida con l'istante in cui la corrente raggiunge il suo valore massimo: in tal modo avremo che la fase della corrente sarà nulla e quindi potremo considerare come fasore di riferimento non più quello della tensione bensì quello
della corrente. Il vantaggio offerto da tale scelta consiste nella possibilità di tracciare il
cosiddetto diagramma delle tensioni. Esso si ottiene semplicemente esprimendo i fasori delle varie tensioni di lato in funzione della corrente di porta (che ha fase nulla per
ipotesi) ed applicando poi la L.K.T. per ricavare la tensione di porta; ad esempio, per
quanto riguarda il circuito in esame si ha:
VR = z r I R = z r I = RI∠0° e VL = z 1 I L = z 1 I = ωL∠90°I∠0° = ωLI∠90°
avendo posto : I = I∠0°
Si ricava dunque il seguente diagramma vettoriale:
311
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Da tale diagramma si osserva che la tensione è in anticipo sulla corrente di θ° e quindi
la corrente è in ritardo sulla tensione della stessa quantità, come avevamo già visto attraverso la relazione (9.19) precedente. Consideriamo ora il seguente circuito e seguiamo un procedimento analogo a quello appena visto per determinare la corrente i(t):
Effettuando direttamente l'operazione di trasformazione si ottengono le seguenti rela-
zioni in termini di fasori:
VR = z r I r , con z r = R

Relazioni di lato : 
j
VC = z c I C , con z c = − ωC
L.K.C. : I = I R = I L
L.K.T. : V = VR + VL = (z r + z c )I = (R −
j
ωC
)I = z I , con z = R −
j
ωC
2

z = R 2 +  1 
V V∠0° V

 ωC 
Si ottiene allora : I =
=
= ∠ − θ con 
z
z∠θ
z

1 

θ = arctg − ωCR  < 0



Essendo θ negativo ne segue che, per un circuito ohmico-capacitivo, la corrente è sfasata di
θ° in anticipo rispetto alla tensione.
312
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
L'andamento nel tempo della corrente è il seguente:
V
V
cos(ωt − θ ) = M cos(ωt − θ )
(9.19)
z
z
(Nota : θ deve essere espresso in radianti e, in questo caso, è intrinsecamente negativo).
i (t ) = 2
Per il diagramma delle tensioni si ha:
VR = z r I R = z r I = RI∠0° e VC = z c I C = z c I =
1
I
∠ − 90°I∠0° =
∠ − 90°
ωC
ωC
avendo posto : I = I∠0°
Si ricava dunque il seguente diagramma vettoriale:
Da tale diagramma si osserva che la tensione è in ritardo sulla corrente di θ° e quindi la
corrente è in anticipo sulla tensione della stessa quantità, come avevamo già visto attraverso la relazione (9.19) precedente.
Consideriamo infine il seguente circuito e seguiamo un procedimento analogo a quello
appena visto per determinare la corrente i(t):
313
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Effettuando direttamente l'operazione di trasformazione si ottengono le seguenti relazioni in
termini di fasori:
V R = z r I r , con z r = R

Relazioni di lato : V L = z l I L , con z l = jωL
V = z I , con z = − j ωC
c C
c
 C
L.K.C. : I = I R = I L = I C

1 

L.K.T. : V = VR + V L + VC = ( z r + z l + z c ) I =  R + j  ωL −
 I = zI ,
ωC 



2

 z = R 2 +  ωL − 1 

ωC 

con z = z∠θ e con 
1

ωL −
ωC
θ = arctg

R
Si ottiene allora : I =
V
z
=
V∠0°
z∠θ
=
V
z
∠ −θ
(9.20)
Escludendo, per il momento, il caso in cui la reattanza induttiva sia pari a quella capacitiva (è la condizione di risonanza che vedremo in seguito) gli altri due casi possibili
sono:
1)
ωL >
1
⇒θ > 0
ωC
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
314
Dalla (9.20) segue che la corrente è in ritardo sulla tensione di θ° cioè nel circuito prevale il fenomeno induttivo su quello capacitivo.
2)
ωL <
1
⇒θ < 0
ωC
Dalla (9.20) segue che la corrente è in anticipo sulla tensione di θ° cioè nel circuito prevale il fenomeno capacitivo su quello induttivo.
Questi due risultati possono anche essere evidenziati attraverso il diagramma delle
tensioni:
VR = z r I R = z r I = RI∠0°
VC = z c I C = z c I =
1
∠ − 90°I∠0° =
I
∠ − 90°
ωC
ωC
VL = z l I L = z l I = ωL∠90°I∠0° = ωLI∠90°
avendo posto : I = I∠0°
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
315
Si ottiene allora:
9.9 POTENZE IN REGIME SINUSOIDALE
In questo paragrafo tratteremo questioni energetiche relative ai circuiti in regime sinusoidale: a tal fine sarà necessario introdurre la definizione di nuove grandezze e discutere alcune loro proprietà. Si faccia riferimento ad un circuito monoporta in regime sinusoidale alimentato dalla tensione v(t); sia i(t) la corrente di porta:
Definiamo angolo di sfasamento tra tensione e corrente la differenza tra la fase della
tensione e quella della corrente, cioè:
ϕ = αv −αi
(9.21)
Nell' ipotesi di fase nulla per la tensione : α v = 0 (ipotesi che non è restrittiva per quanto
detto nel paragrafo precedente ) si ha che :
ϕ = −α i
(9.22)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
316
Di conseguenza la tensione e la corrente si possono esprimere nel seguente modo:
v (t ) = VM cos(ωt ) e i (t ) = I M cos(ωt − ϕ )
(9.23)
L' impedenza in ingresso è data allora da :
z =
V
I
d' altra parte :
= z∠θ
z = z∠θ =
V∠α v
I∠α i
=
V
V
V
∠(α v − α i ) = ∠ϕ = ∠ − α i
I
I
I
(9.24)
Deduciamo allora che l'angolo di sfasamento ϕ coincide con l'argomento dell'impedenza d'ingresso del circuito monoporta. Considerando ora l'espressione (9.23) della tensione e della corrente si ha:
i (t ) = I M cos(ωt − ϕ ) = I M cos(ωt ) cos ϕ + I M sen(ωt ) sen ϕ = i a (t ) + i r (t ) (9.25)
Il primo addendo nell'espressione (9.25) prende il nome di componente attiva della corrente istantanea mentre il secondo addendo prende il nome di componente reattiva della
corrente istantanea: si osserva che la componente attiva è in fase con la tensione istantanea mentre la componente reattiva è sfasata di 90° in ritardo rispetto alla tensione istantanea. La potenza istantanea si esprime sempre come prodotto della tensione e della corrente istantanea e quindi:
p(t) = v(t)i(t) = v(t)i a (t) + v(t)i r (t) = p a (t) + p r (t)
(9.26)
Dalla relazione (9.26) si osserva che anche la potenza istantanea si può scrivere come
somma di due termini: il primo di essi, a cui si dà il nome di potenza istantanea attiva
è, per definizione, il prodotto della tensione per la componente attiva della corrente istantanea, mentre il secondo, a cui si dà il nome di potenza istantanea reattiva è, per
definizione, il prodotto della tensione per la componente reattiva della corrente istantanea. Le loro espressioni si deducono facilmente dalla (9.25) e (9.26) come segue:
p a (t ) = v (t )i a (t ) = V M I M cos ϕ cos 2 (ωt )
p r (t ) = v (t )i r (t ) = V M I M sen ϕ sen(ωt ) cos(ωt ) =
(9.27)
VM I M
sen ϕ sen(2ωt ) (9.28)
2
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
317
Nell'ipotesi che - π/2 < ϕ < π/2 avremo che cosϕ> 0 e Pa(t)≥ 0. In figura è riportato
l'andamento nel tempo della potenza istantanea attiva e reattiva che può dedursi rispettivamente come prodotto delle curve della tensione e della componente attiva della
corrente e come prodotto delle curve della tensione e della componente reattiva della
corrente:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
318
Dalla fig. 9.10 si osserva chiaramente che la potenza istantanea attiva si mantiene sempre non negativa. Ciò si interpreta fisicamente affermando che essa corrisponde ad un
flusso unidirezionale di energia ossia che, in ogni istante, l'energia associata alla potenza istantanea attiva è fornita al circuito senza mai 'rifluire' dal circuito verso la rete esterna; in altri termini, tale energia, una volta assorbita dal circuito non può essere più
restituita. Dalla fig. 9.11 si osserva, invece, che la potenza istantanea reattiva è una funzione sinusoidale del tempo con pulsazione doppia rispetto a quella di alimentazione:
si deduce da ciò che essa alterna ad intervalli in cui è positiva, intervalli uguali in cui è
negativa e che, pertanto, l'energia ad essa associata (corrispondente alle aree colorate in
fig. 9.11) fluisce alternativamente dal circuito verso la rete esterna e viceversa, in ugual
misura nei due sensi, cosicché al termine di un qualsiasi numero intero di semiperiodi
(riferiti alla frequenza di alimentazione) risulta nulla l'energia complessivamente
scambiata dal circuito attraverso la porta in esame.
Per la valutazione dei fenomeni energetici associati a circuiti in regime sinusoidale e relativi ad intervalli di tempo sufficientemente lunghi rispetto al periodo T, occorrerà introdurre altre potenze ovviamente non più istantanee.
Si definisce, allora, potenza attiva P (o potenza media, o potenza reale) assorbita da un
circuito monoporta il valor medio in un periodo della potenza istantanea. In formule si ha:
T
T
T
T
1
1
1
1
P=
p(t)dt =
p a (t)dt +
p r (t)dt =
p a (t)dt
T0
T0
T0
T0
∫
∫
∫
∫
(9.29)
(Nota: l'integrale relativo alla potenza istantanea reattiva è nullo in quanto si tratta del
valor medio in un periodo di una funzione sinusoidale; lo si può verificare sostituendo
la relazione (9.28) nell'espressione del suddetto integrale). Dalla relazione (9.29) si osserva, dunque, che la potenza attiva può intendersi anche come valor medio in un periodo della potenza istantanea attiva. Sostituendo ora la relazione (9.27) nella (9.29) si
ottiene:
1
P =
T
T
T
T
cos( 2ωt )dt
V M I M cos ϕ  dt
1
2
p a (t )dt =
V M I M cos ϕ cos (ωt )dt =
+

T 0
T
2
0
0 2 0
T
∫
∫
∫
∫

=


T
=
V M I M cos ϕ dt V M I M cos ϕ
=
⇒ P =VI cos ϕ
T
2
2
0
∫
(9.30)
In definitiva, quindi, la potenza attiva si può valutare come prodotto del valore efficace
della tensione, del valore efficace della corrente e del coseno dell'angolo di sfasamento
tra tensione e corrente; quest'ultimo fattore del prodotto è di solito indicato come fattore
di potenza. Sotto il profilo tecnico l'importanza della potenza attiva appena definita è
319
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
legata al suo significato di valor medio: infatti generalmente si è interessati a conoscere
l'energia assorbita (o ceduta) da un circuito in intervalli di tempo molto grandi rispetto
al periodo T (il quale, spesso, è intorno a 0.02[s] corrispondente a f=50 [Hz]) e per far
ciò basta semplicemente moltiplicare la potenza attiva P per l'intervallo di tempo ∆t
che si considera (in realtà, questa operazione è corretta solo se ∆t è un multiplo intero
di T; in caso contrario, essendo in generale ∆t>>T, l'operazione si ritiene ancora valida
in quanto l'errore che si commette è molto piccolo). La potenza attiva si misura in watt
[W].
Si definisce potenza reattiva Q assorbita da un circuito monoporta il valor massimo della
potenza istantanea reattiva, cioè:
Q=
VM I M
senϕ = VIsenϕ
2
(9.31)
Sotto il profilo tecnico l'importanza della potenza reattiva Q deve ricercarsi nel fatto
che essa è un indice atto a rappresentare l'entità degli scambi energetici associati alla
potenza istantanea reattiva, scambi che pur non implicando un flusso di energia definitivamente assorbita (o ceduta) dal circuito, devono tuttavia essere considerati per alcune loro conseguenze che esamineremo in seguito (vedi rifasamento). La potenza reattiva si misura in VAR.
Si definisce potenza complessa:
N = V I ∗ , dove V è il fasore rappresentativo della tensione mentre
I ∗ è il coniugato del fasore rappresentativo della corrente.
Avendo supposto nulla la fase della tensione, la potenza complessa può anche scriversi
come segue:
N = V∠0°I∠ϕ = VI∠ϕ = VIcosϕ + jVIsenϕ = P + jQ
(9.32)
da cui si osserva che la parte reale della potenza complessa è proprio la potenza attiva
mentre la parte immaginaria è la potenza reattiva (l'unità di misura è VA).
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
320
Si definisce, infine, potenza apparente il modulo della potenza complessa ed è espressa da:
N = P 2 + Q 2 = VI
(9.33)
Calcoliamo, a titolo d'esempio, le potenze assorbite da una singola impedenza quale
quella mostrata di seguito:
Si può scrivere che:
N = V I * = z I ⋅ I * = z I 2 = RI 2 + jxI 2
da cui segue che
P=RI2 e
Q=xI2
(9.34)
Dalla prima relazione nella (9.34) si deduce che la potenza attiva assorbita da un'impedenza dipende, per una data corrente, dalla resistenza ossia dall'unico componente in
grado di assorbire definitivamente l'energia senza doverla poi restituire attraverso i
morsetti di alimentazione; dalla seconda relazione nella (9.34) si osserva, invece, che la
potenza reattiva, in quanto indice di un fenomeno di 'flusso' e 'riflusso' di energia, risulta dipendente dalla reattanza, ossia dal componente del circuito che è in grado di
immagazzinare energia sotto forma conservativa (elettrica nei condensatori, magnetica
negli induttori) e che, di conseguenza, è in grado di restituirla seguendo le alternanze
della corrente. Sempre facendo riferimento all'impedenza mostrata nella figura prece-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
321
dente nell'ipotesi che - π/2 < ϕ < π/2, osserviamo che se l'angolo di sfasamento ϕ tra
tensione e corrente risulta essere maggiore di zero, ossia l'impedenza è di tipo ohmicoinduttivo (infatti la corrente è in ritardo sulla tensione) allora la reattanza x dell'impedenza è positiva (infatti essa è pari a: x = ωL ) e tale sarà anche la potenza reattiva; se
invece l'angolo di sfasamento ϕ tra tensione e corrente è minore di zero, ossia l'impedenza è di tipo ohmico-capacitivo (infatti la corrente è in anticipo sulla tensione) allora
la reattanza x dell'impedenza è negativa (infatti essa è pari a: X = -1/ωC ) e tale sarà
anche la potenza reattiva. Possiamo, allora, tracciare per i due casi appena esaminati i
seguenti triangoli delle potenze:
9.10 TEOREMA DI BOUCHEROT (ADDITIVITÀ DELLE POTENZE)
Si consideri un circuito lineare tempo-invariante in regime sinusoidale pilotato da un
certo numero di generatori indipendenti, tutti sinusoidali di ugual pulsazione ω.
Teorema di Boucherot
La somma geometrica delle potenze complesse fornite da ciascun generatore indipendente al circuito è pari alla somma geometrica delle potenze complesse assorbite da tutti gli altri elementi
del circuito stesso.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
322
Quanto enunciato si estende ovviamente anche alla potenza attiva e reattiva.
Dim. Per semplicità supporremo che nel circuito in esame sia presente un solo generatore indipendente e, precisamente, un generatore di corrente come mostrato in figura
nella quale abbiamo numerato prima il lato contenente il generatore:
Sono state assegnate le direzioni di riferimento associate a tutti i lati del circuito e si
sono indicati i fasori delle tensioni e correnti di lato: naturalmente i primi soddisfano i
vincoli imposti dalla L.K.T. e i secondi i vincoli imposti dalla L.K.C.; in particolare si
può scrivere A I = 0. Poiché gli elementi della matrice di incidenza ridotta A sono reali,
se si considera il complesso coniugato della precedente equazione si ottiene:
A I∗ = 0
(9.35)
Da questa relazione si deduce che anche i fasori coniugati delle correnti soddisfano la
L.K.C. e quindi, sfruttando il teorema di Tellegen, si può scrivere:
b
∑V I
∗
k k
= 0 ( b è il numero di lati nel circuito), da cui segue:
k =1
b
− V I = ∑Vk I∗k
∗
1 1
(9.36)
k =2
Nella relazione (9.36) il termine che compare nel membro di sinistra è la potenza complessa fornita dal generatore di corrente al circuito, mentre la somma nel membro di
destra rappresenta la somma delle potenze complesse assorbite da ciascun lato del circuito. L'estensione al caso in cui esistano più generatori indipendenti è immediata.
323
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Un altro importante teorema riguardante la potenza attiva è il seguente.
Teorema del massimo trasferimento di potenza attiva
Si consideri il circuito in regime sinusoidale mostrato in figura:
La porzione di circuito alla sinistra dei morsetti è costituita da un'impedenza nota e da un generatore di tensione sinusoidale di cui, per comodità, si suppone nulla la fase (tale porzione di circuito può essere pensata come l'equivalente di Thevenin di un circuito comunque complesso): si
dimostra che l'impedenza da collegare ai morsetti A-B affinché il generatore possa trasferire ad
essa la massima potenza attiva è data da
.
.
zu = zs*
.
ossia è pari al coniugato dell'impedenza zs assegnata.
.
Dim.: si ponga zu = Ru + jxu. Indicato con I il valore efficace
.
della corrente che attraversa l'impedenza zu si ha che la potenza attiva da essa assorbita
vale P = RuI2 (9.37)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
324
D'altra parte risulta che:
I=
Vs
z s + z u
=
Vs
(R s + R u ) + j(x s + x u )
da cui si ottiene : P = R u I 2 =
⇒I=
Vs
(R s + R u ) 2 + (x s + x u ) 2
R u Vs2
(R s + R u ) 2 + (x s + x u ) 2
(9.38)
Da questa relazione si evince che la potenza attiva è funzione delle due variabili Ru e
xu: per determinare i valori di tali variabili affinché la potenza attiva assuma il suo valore massimo possiamo osservare che ponendo: xu=-xs(*) il denominatore nella relazione (9.38) diminuisce e quindi la potenza attiva si avvicina al suo valore massimo. Così
facendo, inoltre, la potenza attiva diventa funzione della sola variabile Ru e quindi è
possibile risolvere il nostro problema di massimo imponendo che la derivata della potenza attiva rispetto a tale variabile sia nulla:
dP
=0
dR u
⇔
Vs2 (R u + R s ) 2 − 2R u Vs2 (R u + R s )
=0
(R u + R s ) 4
R 2u + R s2 − 2R 2u = 0
⇔
⇔
Ru = Rs
abbiamo quindi trovato :
Ru = Rs

x u = − x s
⇒
z u = z *s
Quando è soddisfatta questa condizione, diciamo che il carico è adattato al generatore.
Sfruttando il risultato appena ottenuto calcoliamo quanto vale la massima potenza attiva dissipata sull’impedenza z ucome segue:
Pmax = R u I 2 =
R s Vs2
Vs2
=
4R s
4R 2s
Volendo, invece, calcolare la potenza attiva fornita dal generatore, possiamo sfruttare il
teorema di Boucherot ottenendo:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Pg = (R s + R u )I 2 = 2R s I 2 = 2R s
325
Vs2
V2
= s
2
4R s 2R s
Il rendimento del circuito è dato allora da:
η=
Pmax
= 0,5
Pg
Ciò significa che, in condizioni di adattamento cioè quando il generatore trasferisce sul
carico la massima potenza attiva, il 50% di essa viene dissipata.
9.11
RIFASAMENTO
Si è visto, trattando della potenza reattiva, che essa è indice di un flusso di energia diretto alternativamente dall'alimentatore al circuito e viceversa: a prima vista si potrebbe pensare che il suddetto indice non abbia alcun interesse tecnico in quanto ad esso
non è associato alcun trasferimento di energia definitivo; in realtà non è così, come adesso dimostreremo facendo riferimento ad una situazione pratica molto frequente. In
figura è rappresentato, in modo molto semplificato, lo schema del sistema attraverso il
quale si provvede a distribuire energia ad una determinata utenza:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
326
Esso è costituito da un generatore di tensione sinusoidale G che alimenta, attraverso
una linea di una certa lunghezza, un utilizzatore U che può essere costituito da una
porzione di circuito comunque complessa. In generale la lunghezza della linea è tale da
non poter trascurare la corrispondente impedenza cioè quella dovuta ai due conduttori
di cui è formata. Noi, però, in questa trattazione non ne terremo conto. Il discorso si
può facilmente estendere al caso di impedenza non nulla. Ricordiamo ora che vale la
seguente relazione per una generica sezione di linea:
N = VI = P 2 + Q 2
e Q = P ⋅ tgϕ
(Nota: la precedente relazione si ricava dal triangolo delle potenze, con ϕ angolo di sfasamento tra la tensione e corrente ai terminali dell’utilizzatore).
Possiamo osservare, dunque, che riducendo il valore efficace della corrente di linea a
parità di V e P si ha una riduzione della potenza apparente associata ad ogni sezione
della linea ed, in particolare, alla generazione (e ciò comporta un risparmio economico
essendo la potenza apparente un parametro di progettazione e dimensionamento) e
una riduzione della potenza attiva dissipata dall'eventuale impedenza di linea. Se vogliamo diminuire la I di linea, a parità di P e V, occorrerà agire su Q, cioè diminuire Q.
D'altra parte questo comporta una riduzione dell'angolo di sfasamento ϕ e quindi un
aumento del fattore di potenza cosϕ dello stesso utilizzatore. Si definisce allora rifasamento una qualsiasi operazione atta a diminuire l'angolo di sfasamento tra tensione e
corrente di linea a parità di V e P, e quindi a ridurre il valore efficace della corrente di
linea. Nel caso più frequente in cui l'utilizzatore sia di tipo ohmico-induttivo (ϕ>0), il
rifasamento si realizza disponendo in parallelo all'utilizzatore un condensatore di opportuna capacità C (nel caso in cui ϕ<0 si dispone in parallelo un induttore). Esaminiamo le conseguenze di tale operazione.
Nella figura seguente è mostrato il diagramma vettoriale dei fasori rappresentativi del-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
327
la tensione e delle correnti:
La presenza di un nuovo ramo induce a considerare ora tre correnti in luogo di una sola tra le quali sussiste la seguente relazione:
IL = IC + I
(*)
Dalla fig. b) si osserva, inoltre, che essendo la corrente nel condensatore sfasata di 90°
in anticipo sulla tensione, il valore efficace della corrente di linea può essere notevolmente ridotto (e con esso gli effetti negativi precedentemente descritti) con un'opportuna scelta della capacità del condensatore di rifasamento. Si noti che, oltre alla riduzione del valore efficace della corrente di linea, diminuisce anche il suo angolo di sfasamento ϕ' rispetto alla tensione, angolo il cui coseno rappresenta il fattore di potenza
della porzione di circuito costituita dal complesso utilizzatore-condensatore di rifasamento. Si pone allora il seguente problema: dato un utilizzatore di cui si conoscono V,P
e ϕ cioè tensione, potenza attiva ed angolo di sfasamento, calcolare il valore della capacità di rifasamento C tale che l'angolo di sfasamento della corrente di linea passi dal valore ϕ (quale si avrebbe in assenza del condensatore) ad un prefissato valore ϕ'. Per risolvere tale problema si osserva, anzitutto, che l'utilizzatore da solo assorbe una potenza reattiva Q data dall'espressione:
Q = Ptgϕ (9.39).
Mentre il complesso utilizzatore-condensatore di rifasamento assorbe una potenza attiva P ed
una potenza reattiva Q' esprimibile, tramite il teorema di Boucherot, come segue:
Q’=Q+Qc
(9.40)
Dove Qc rappresenta ovviamente la potenza reattiva relativa al condensatore.
Possiamo tracciare il seguente triangolo delle potenze:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
328
Anche per le potenze P e Q' sussiste un legame analogo alla relazione (9.39) della pagina precedente e pertanto si ha:
Q' = Ptgϕ ' ⇔ Q + Q c = Ptgϕ ' , da cui si ricava :
Q c = Ptgϕ '−Q = P(tgϕ '−tgϕ )
(**)
D' altra parte la potenza reattiva Q può anche esprimersi come segue :
c
1 2
1
Q c = x c I 2c = −
Ic = −
(ωCV) 2 = −ωCV 2 (* * *)
ωC
ωC
Dal confronto delle relazioni (**) e (* * *) si ottiene :
P
(tgϕ − tgϕ ')
C=
(9.41)
ωV 2
che fornisce il valore di capacità richiesto. Si parla di rifasamento completo quando il valore efficace della corrente di linea assume il suo valore minimo; ciò si realizza, in corrispondenza di una certa tensione V, quando la corrente nel condensatore è tale per cui
ϕ'=0. In tal caso la capacità del condensatore di rifasamento vale:
C0 =
Ptgϕ
ωV 2
(9.42)
In definitiva, collegando un condensatore di opportuna capacità C in parallelo all'utilizzatore si avrà che la potenza reattiva induttiva di cui esso necessita non sarà fornita
più interamente dall'alimentazione bensì una parte sarà resa disponibile dal condensatore che assorbendo potenza reattiva capacitiva è come se fornisse potenza reattiva induttiva (generatore di potenza reattiva induttiva).
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
9.12
329
RISONANZA ED ANTIRISONANZA
Consideriamo il seguente circuito costituito dai tre componenti fondamentali (resistore,
condensatore ed induttore) collegati in serie tra loro ed alimentato da una tensione sinusoidale il cui valore efficace è costante e la cui frequenza angolare ω può essere variata:
Nota: abbiamo preso la tensione come fasore di riferimento.
Si vuole ricavare l'espressione del valore efficace I della corrente di porta e dell'angolo
di sfasamento ϕ tra tensione e corrente in funzione della pulsazione di alimentazione
ω. Tenendo presente che l'impedenza in ingresso è data dall'espressione:
2

z = R 2 +  ωL − 1 

ωC 

1 

z = R + j ωL −
=
z
∠
con
θ


1
ωC 


ωL −
ωC
θ = arctg

R
si ottiene che:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
330
V
V

ω
I(
)
(*)
=
=

2
z

2 + ωL − 1 
R



V V∠0° V
ωC 

I= =
= ∠ − θ = I∠αi ⇒
z z∠θ z

1
ωL −

ωC (**)
ϕ(ω) = −α = θ = arctg
i

R
Si osserva facilmente che esiste un valore di ω tale da annullare la reattanza dell'impedenza in ingresso e cioè:
ωL −
1
ωC
= 0 ⇔ ω 2 LC − 1 = 0 ⇔ ω 2 =
1
⇔ ω0 =
LC
1
LC
(9.43)
ω0 prende il nome di pulsazione di risonanza.
In generale, dato un circuito monoporta, l'eventuale pulsazione di risonanza serie la
determineremo annullando la reattanza dell'impedenza di ingresso del circuito. Notiamo, in particolare, che in condizioni di risonanza, cioè quando la pulsazione di alimentazione è pari alla pulsazione di risonanza, l'impedenza del circuito presenta solo
la parte reale ossia il valore della resistenza R, l'angolo di sfasamento tra tensione e corrente di porta è nullo (di conseguenza anche la fase della corrente è nulla e perciò tensione e corrente sono in fase) e il valore efficace della corrente I assume il suo valore
massimo pari a V/R: in altri termini, in condizioni di risonanza, il circuito si comporta
all'ingresso come un resistore di resistenza R. Nella figura seguente è mostrato l'andamento del valore efficace della corrente in funzione della pulsazione con V=cost.:
Si noti che la curva, partendo da zero per ω=0, ritorna a zero per ω tendente ad infinito
attraverso un massimo in corrispondenza della pulsazione di risonanza. Inoltre è evidente che diminuendo progressivamente la resistenza R il valore efficace della corrente
aumenta e nel caso limite in cui R=0 diventa infinito. Nella figura seguente è mostrato,
invece, l'andamento in funzione di ω dell'angolo di sfasamento ϕ e della reattanza in
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
331
ingresso:
Dalla fig. 9.14 si osserva che lo sfasamento ϕ è funzione crescente di ω e si annulla in
corrispondenza della pulsazione di risonanza.
Per ω <ω0 risulta quindi ϕ < 0 (ossia la corrente in anticipo sulla tensione: circuito ohmico-capacitivo) mentre per ω >ω0 si ha ϕ > 0 (ossia la corrente in ritardo sulla tensione: circuito ohmico-induttivo).
Sempre dalla fig. 9.14 si osserva che per ω < ω0 la reattanza capacitiva prevale su quella
induttiva (ciò giustifica l'anticipo della corrente sulla tensione); per ω=ω0 le due reattanze si compensano e quindi, elidendosi, rendono l'impedenza z coincidente con la sola resistenza R; infine, per ω > ω0 la reattanza induttiva prevale su quella capacitiva (ciò
giustifica il ritardo della corrente sulla tensione).
Da quanto detto e andando a considerare il diagramma delle tensioni, appare evidente
che, in condizioni di risonanza, i fasori delle tensioni, rispettivamente, sul condensatore e sull'induttore sono uguali ed opposti mentre i loro valori efficaci sono uguali. Possiamo allora calcolare il seguente rapporto (vedi paragrafo 6.4):
VL ω 0 LI
=
=
V
RI
V
1 L 1 L
=
=Q= C
R
R
C
V
LC
dove Q é il cosiddetto fattore di qualità del circuito risonante serie che abbiamo già
incontrato (par. 6.4)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
332
Consideriamo ora il seguente circuito costituito da un condensatore ed un induttore
collegati in parallelo ed alimentati da una tensione sinusoidale avente una certa frequenza angolare ω:
Ci proponiamo di determinare l'espressione in funzione di ω del valore efficace I della
corrente in ingresso. Per far ciò valutiamo l'ammettenza in ingresso del circuito in esame come segue:
 y c = jωC
1 


 , da cui si ottiene :

j ⇒ y = y c + y l = j ωC −
ω
L
y
=
−


l

ωL
1 

I = y V ⇒ I(ω ) =  ωC −
(9.44)
V
ωL 

Anche in tal caso è facile verificare che esiste un valore di ω che annulla la suscettanza
dell'ammettenza di ingresso e precisamente esso è pari a:
ω0 =
1
LC
: pulsazione di antirisonanza .
In generale, volendo determinare la pulsazione di risonanza parallelo, si valuta l'ammettenza di ingresso del circuito monoporta e si determina il valore di ω, se esiste, che
annulla la suscettanza di tale ammettenza. Quando la pulsazione di alimentazione è
pari alla pulsazione di antirisonanza si dice che il circuito è in condizioni di antirisonanza. Nel caso in esame, si osserva che, in condizioni di antirisonanza, il valore efficace della corrente in ingresso è nullo; tuttavia, pur annullandosi la corrente di ingresso,
sono diverse da zero le correnti nei due rami del parallelo, infatti si ha:
333
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica

j
C
V = − jV
I L = y l V = −
ω0L
L

⇒ I L = −IC

C

I C = y c V = jω 0 CV = jV L
Poiché tali correnti sono uguali ed opposte, si può affermare che esiste, in antirisonanza, una corrente di circolazione confinata all'interno della maglia costituita dall'induttore e dal condensatore. L'esistenza di questa corrente che fluisce permanentemente
senza alcun apporto energetico dall'esterno è compatibile con il principio di conservazione dell'energia solo in quanto si suppongono ideali (ossia privi di resistenza e quindi di fenomeni dissipativi) il ramo induttivo e quello capacitivo del circuito. In tale ipotesi, la corrente all'interno del parallelo trova la sua giustificazione nello scambio energetico (che perdura indefinitamente dando origine ad un fenomeno periodico) fra il
condensatore (dove l'energia si conserva sotto forma di energia elettrica) e l'induttore
(dove l'energia si immagazzina sotto forma di energia magnetica). Supponiamo ora che
siano presenti nel circuito fenomeni dissipativi dovuti ad un resistore collegato in parallelo al condensatore e all'induttore come mostrato in figura:
In tal caso, è facile calcolare l'ammettenza in ingresso pari a:
 y c = jωC

j

⇒ y = y r + y c + y l = G +
 y l = −
ϖL

 y r = G = 1 R
1 


I = y V = G + jϖC −
 V
ϖL 




jϖC −
(9.45)
1 
 , da cui si ottiene :
ϖL 
334
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Risulta evidente, allora, che il valore della pulsazione di antirisonanza rimane lo stesso
di prima ma stavolta la corrente di porta, in condizioni di antirisonanza, non è nulla
bensì vale:
I = GV , ed è quindi in fase con la tensione .
In conclusione, è possibile anche in questo caso realizzare un fenomeno periodico nel
parallelo condensatore-induttore ma mentre nel caso precedente ciò avveniva senza
apporto energetico ora, invece, è necessario fornire energia dall'esterno in modo da
sopperire agli effetti dissipativi sul resistore. Osserviamo, infine, che essendo uguali i
valori efficaci delle correnti, rispettivamente, nell'induttore e nel condensatore possiamo calcolare il seguente rapporto (vedi paragrafo 6.4):
I C ω 0 CV 1 C
I
C
=
=
=R
=Q= L
I
GV
G L
L
I
dove Q é il cosiddetto fattore di qualitá parallelo (par. 6.4). A titolo d'esempio calco-
liamo la pulsazione di antirisonanza del circuito mostrato in figura:
Occorre, anzitutto, determinare l'ammettenza in ingresso del circuito e calcolare poi, se
esiste, il valore di ω che annulla la suscettanza (con ω indichiamo la pulsazione di alimentazione). Valgono le seguenti relazioni:
335
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
R L − jωL
1

z l = R L + jωL ⇒ y l = z = R 2 + ω 2 L2
l
L


j
, da cui si ottiene :

RC +
j
1
ω
C
z = R −
⇒ y c =
=
C
 c
1
ωC
z c
R C2 + 2 2

ω C

1

 − ωL
ωC
y = y l + y c = 2
+
+ j 2
+
1
1
 R L + ω 2 L2
R L + ω 2 L2
2
2
RC + 2 2
RC + 2 2

ω C
ω C

RL
RC






E' evidente, allora, che il valore di ω che annulla la suscettanza è pari a:
1
ωL
ωL
ωC
ωC
=
⇔ 2
=
⇔
2
2 2
2 2
1
RL + ω L
RL + ω L
1 + R 2Cω 2 C 2
R 2C + 2 2
ω C
2
2 2
L + LR Cω C = CR 2L + Cω 2 L2 ⇔ ω 2 LC (L − R 2C C ) = L − CR 2L ⇔
L − CR 2L
L − R 2C C
ω0 =
1
LC
9.13
APPLICAZIONE DEL METODO DEI FASORI A CIRCUITI COMPLESSI
La risoluzione di circuiti complessi in regime sinusoidale si effettua utilizzando le stesse tecniche viste nel capitolo precedente per circuiti con ingressi in continua; l'unica
differenza sostanziale consiste semplicemente nell'introduzione dei fasori (secondo le
regole viste nei paragrafi precedenti) al posto delle corrispondenti variabili di lato.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
336
Si consideri, a titolo d'esempio, il seguente circuito:
Supponiamo che i due generatori indipendenti di corrente siano isofrequenziali. Occorre, anzitutto, scegliere il fasore di riferimento in modo del tutto arbitrario. Normalmente si considera come riferimento la tensione o la corrente di un generatore indipendente. Se, per esempio, si ha:
I s1 = I s1 ∠30° [A] e
I s8 = I s8 ∠90° [A]
allora scegliendo I s1 come riferimento si ottiene :
I s1 = I s1 ∠0° [A] e
I s8 = I s8 ∠60° [A]
mentre scegliendo I s8 come riferimento si ottiene :
I s8 = I s8 ∠0° [A] e
I s1 = I s1∠ − 60° [A]
Si supponga di effettuare la prima scelta. Tracciamo ora il grafo orientato associato al
circuito in esame e scegliamo un albero:
Si fissi come verso di percorrenza delle maglie fondamentali quello antiorario e si considerino positive le correnti uscenti dalle superfici gaussiane che individuano gli insiemi di taglio fondamentali. Possiamo scrivere le seguenti relazioni:
337
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1 : V1 + V2 = 0

Σ 1 : − I 1 + I 2 + I 3 = 0
3 : − V2 + V3 + V5 = 0


L.K.C. : Σ 2 : − I 3 + I 4 + I 5 = 0
L.K.T. : 4 : V4 − V5 + V6 = 0


Σ 3 : − I 4 + I 6 + I 7 − I 8 = 0
7 : − V6 + V7 = 0
8 : − V6 − V8 = 0

A questo punto per determinare tutti i fasori delle correnti e tensioni di lato (e quindi,
mediante antitrasformazione, tutte le correnti e tensioni di lato) occorre utilizzare altre
otto equazioni che sono fornite dalle relazioni di lato (in tal modo si ottiene un sistema
di sedici equazioni in sedici incognite che, risolto, fornisce la risposta del circuito):
I 1 = I s1
V 2 = R 2I 2
V 3 = jωL 3I 3
V 4 = R 4I 4
V 5 = R 5I 5
I 6 = jωC 6V 6
V 7 = R 7I 7
I 8 = I s8
E' facile anche calcolare, sfruttando il teorema di Boucherot, la potenza attiva e reattiva
fornita dai due generatori di corrente:
P = R 2 I 22 + R 4 I 24 + R 5 I 25 + R 7 I 72 e Q = ωL 3 I 23 −
1 2
I
ωC 6 6
Si tenga presente, infine, quanto segue: se nel circuito sono presenti generatori indipendenti non isofrequenziali allora il circuito è in regime variabile. In tal caso, per determinare l'andamento nel tempo di una corrente o tensione di lato occorre sfruttare il
principio di sovrapposizione nel seguente modo: bisogna prima calcolare i fasori corrispondenti a tale variabile di lato ciascuno dei quali ottenuto considerando nel circuito,
singolarmente, i vari generatori indipendenti (è possibile, dunque, utilizzare le regole
viste sinora essendo il circuito in regime sinusoidale). Abbiamo così ricavato un certo
numero di fasori (pari al numero dei generatori presenti nel circuito) tutti associati alla
variabile di lato di cui vogliamo determinare l'andamento nel tempo ma ognuno dei
quali è stato ottenuto facendo agire nel circuito un solo generatore alla volta: di conseguenza, poiché ciascuno di questi fasori dipende dalla pulsazione del singolo generatore indipendente a cui è associato e poiché i generatori non hanno tutti la stessa pulsazione, ne segue che per calcolare l'andamento nel tempo della variabile di lato scelta è
necessario prima antitrasformare tali fasori e poi sommare le varie correnti così ottenute (sarebbe sbagliato, invece, sommare prima i fasori e poi antitrasformare in quanto tali fasori non si riferiscono allo stesso insieme di grandezze sinusoidali isofrequenziali).
Sempre nell'ipotesi in cui nel circuito siano presenti generatori indipendenti sinusoidali
e non isofrequenziali è possibile dimostrare che:
338
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
la potenza attiva fornita da tali generatori è pari alla somma delle potenze attive che ogni singolo generatore fornirebbe se agisse da solo nel circuito. La stessa cosa non è vera se il circuito è in
regime sinusoidale ovvero quando nel circuito sono presenti generatori isofrequenziali.
Vediamo ora un esempio di applicazione dell'analisi di tableau ad un circuito in regime
sinusoidale:
Scegliamo il nodo 3 come nodo di riferimento e tracciamo il grafo orientato associato al
circuito in esame:
La matrice di incidenza ridotta associata al circuito e relativa al nodo 3 è data da:
339
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
1 1 1 1 1 0
A=
 e quindi si può scrivere :
0 − 1 0 0 0 1
A ⋅ I = 0 , con I = I , I ,...., I T

1 2
6

T
V − A E = 0 , con V = V1 , V2 ,...., V6 T e E = E1 , E2 T
[
]
[
]
[
]
dove I è il vettore dei fasori delle correnti di lato, V è il vettore dei fasori delle tensioni di lato e E è il vettore dei fasori delle tensioni nodali. Rimangono ora da scrivere le
relazioni di lato:
− I1 = Is
V3 − jωLI 3 = 0
I 2 − GV2 = 0 (G = 1/R)
I 4 − jωCV4 = 0
I 5 − βI 3 = 0
V6 − αV2 = 0
che poste in forma matriciale diventano :
0 0
0 − G

0 0
0 0

0 0

0 − α
0
0
1
0
0
0
0 0  V1   − 1
0 0  V2   0


0
0 0  V3   0
⋅ +
− jωC 0 0  V4   0
0
0 0  V5   0
   
0
0 1  V6   0
0
0
0
1
0
0
0
0
0 0 0  I 1   I s 
0 0 0  I 2   0 

− jωL 0 0 0  I 3   0 
⋅ =  
0
1 0 0  I 4   0 
−β
0 1 0  I 5   0 
    
0
0 0 0  I 6   0 
0
0
ossia, in forma più compatta:
M ( jω )V + N ( jω )I = U s . Si ottiene, in definitiva :
A ⋅ I = 0
0
A  E   0 
 0

 

T
T
⇔ − A
I
0  ⋅ V  =  0 
V − A E = 0

 0
M ( jω ) N ( jω )  I  U s 
M ( jω ) ⋅V + N ( jω ) ⋅ I = U s
che possiamo scrivere come : T ( jω ) ⋅W = U
(*)
Si osservi che le matrici M(jω) e N(jω) si possono scrivere anche:
M(jω) = M0jω + M1; N(jω) = N0jω + N1
dove le matrici M0, M1, N0, ed N1 hanno elementi reali. Osservate che in luogo dell'ope-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
340
ratore D, relativo al caso generale dei circuiti dinamici, qui compare l'operatore jω. L'equazione (*) rappresenta il modello in termini di sparse tableau del circuito in esame:
risolta, tale equazione consente di ottenere i fasori di tutte le correnti e tensioni di lato
oltre che i fasori delle tensioni nodali; poi, per antitrasformazione, si ricava l'andamento nel tempo di tali variabili.Possiamo enunciare anche la seguente
Condizione di esistenza ed unicità della soluzione:
dato un circuito dinamico in regime sinusoidale pilotato da generatori indipendenti fra loro isofrequenziali con pulsazione ω si ha che tale circuito ammette un'unica soluzione se e solo se risulta:
det[T ( jω )] ≠ 0
9.14 Teoremi di Thevenin e Norton per circuiti in regime
sinusoidale
I teoremi di Thevenin e Norton visti per circuiti resistivi lineari con ingressi in continua
si possono estendere in maniera ovvia anche ai circuiti in regime sinusoidale:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
341
L'unica sostanziale differenza consiste nel fatto che, indicando con A il circuito monoporta da sostituire con un circuito equivalente secondo Thevenin o Norton ed indicando con B un qualsiasi circuito collegato ad A mediante la porta 1-2, si ha che, mentre
nel caso di circuiti resistivi non è stata fatta alcuna ipotesi sul circuito B, in questo caso,
essendo il circuito A in regime sinusoidale, tale deve essere anche il circuito B e ciò
comporta che questo circuito sia lineare, tempo-invariante ed asintoticamente stabile.
Supponendo, quindi, che tale ipotesi sia soddisfatta possiamo enunciare il seguente teorema:
un circuito C monoporta in regime sinusoidale, ben definito ed univocamente risolubile, può essere sostituito dal circuito equivalente secondo Thevenin costituito da un'impedenza collegata
in serie ad un generatore di tensione sinusoidale, isofrequenziale con le forme d'onda dei generatori presenti in C, in cui:
zTH : impedenza equivalente di Thevenin definita come impedenza
in ingresso del circuito C passivato (cioè dopo che siano stati
esclusi tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito).
VTH : fasore del generatore di tensione equivalente di Thevenin la cui
forma d' onda rappresenta la tensione in ingresso del circuito
iniziale C a vuoto, cioè quando la corrente di porta è nulla .
Lasciando inalterate tutte le ipotesi precedenti, possiamo sostituire tale circuito con l'equivalente secondo Norton costituito da un'ammettenza collegata in parallelo ad un generatore di corrente sinusoidale, isofrequenziale con le forme d'onda dei generatori presenti in C, in cui:
y N : ammettenza equivalente di Norton definita come ammettenza
in ingresso del circuito C passivato (cioè dopo che siano stati
esclusi tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito).
I N : fasore del generatore di corrente equivalente di Norton la cui
forma d' onda rappresenta la corrente in ingresso del circuito
iniziale C diretta dal morsetto 1 al morsetto 2 dopo aver
collegato tali morsetti in cortocircuito.
Dimostriamo il teorema di Thevenin (la dimostrazione per l'enunciato di Norton si
svolge in modo duale). Sia assegnato, allora, un circuito C generico in regime sinusoidale soddisfacente tutte le ipotesi previste dal teorema e supponiamo che tale circuito
contenga un certo numero di generatori indipendenti isofrequenziali fra loro. Si colleghi alla porta di tale circuito un'impedenza arbitraria (ciò non altera la generalità del
342
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
discorso: tale scelta è stata fatta solo per comodità ma avremmo potuto, in generale,
collegare un qualsiasi circuito, anche molto complesso, purché in regime sinusoidale),
come mostrato in figura:
Occorre, dunque, dimostrare che sostituendo il circuito C con il circuito equivalente secondo Thevenin il regime di correnti e tensioni ai capi dell'impedenza rimane invariato, cioè ai capi dell'impedenza ci sarà sempre la stessa corrente e la stessa tensione che
si hanno in presenza del circuito C. Supponiamo, allora, di collegare in serie all'impedenza un generatore di tensione sinusoidale, isofrequenziale con le forme d'onda dei
generatori presenti in C, e di scegliere opportunatamente la fase ed il valore efficace
della forma d'onda di tale generatore in modo che sia nullo il fasore della corrente che
attraversa l'impedenza, come mostrato in figura:
343
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Naturalmente, essendo variata la corrente che attraversa l'impedenza sarà diversa an*
che la tensione ai suoi capi: in particolare, essendo nulla la corrente si avrà: V = 0. Di
conseguenza applicando la L.K.T. alla sequenza chiusa di nodi 3-1-2-4-3 si ottiene:
V s = V 0 . D’altra parte risulta: V 0 = V TH per come è stata definita la tensione equivalente di Thevenin. In definitiva abbiamo trovato: V s = V TH (*). Facendo ora riferimento
al circuito di fig. 9.23, esprimiamo la corrente nell'impedenza applicando il principio di
sovrapposizione:
*
I = I '+ I
*
il primo termine I ' rappresenta il contributo alla corrente I quando nel circuito agisce il solo generatore di tensione V s , cioè quando nel circuito iniziale C è passivato;
*
mentre I è il contributo alla corrente I quando il solo generatore di tensione V s è
posto a zero (si osservi che I è proprio la corrente che attraversa l’impedenza nella
condizione iniziale di fig. 9.22).
D'altra parte risulta anche:
I * = I'+ I = 0 ⇔ I' = − I , da cui si ottiene la seguente rappresentazione circuitale tenendo
conto del significato attribuito alla corrente I' :
In fig.b) è stata invertita la polarità del generatore di tensione in modo che l’impedenza
.
z sia attraversata proprio dalla corrente I e la tensione ai suoi capi sia pari a V : cioè il
regime di corrente e tensione ai capi dell’impedenza è rimasto invariato rispetto alla
condizione iniziale mostrata in fig.9.22.Agli effetti dell'impedenza z il circuito ricavato
lascia invariate le grandezze di porta ed é quindi equivalente al circuito di partenza.
Osserviamo, infine, che il circuito iniziale passivato sarà comunque costituito da un
certo numero di impedenze collegate in vario modo: per cui è sempre possibile, mediante operazioni di equivalenza, sostituire tale circuito passivato con una sola impe-
344
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
denza che, per come è stata definita, coincide proprio con l'impedenza equivalente di
Thevenin. In definitiva, il circuito di fig.b) diventa:
La tesi è così dimostrata.
A titolo d'esempio proviamo a determinare il circuito equivalente secondo Thevenin
del seguente circuito caratterizzato dalla porta A-B:
Per calcolare l'impedenza equivalente di Thevenin dobbiamo considerare il circuito
passivo, che si ottiene da quello iniziale sostituendo i due generatori di tensione con
due cortocircuiti:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
345
Trasformando il triangolo 3-4-5 nella stella equivalente ed effettuando opportune equivalenze serie-parallelo, si ottiene:
Valgono, in particolare, le seguenti relazioni:

Stella : z 30 =

Serie :
{z 1s

= z 1 + z 30
Parallelo : z p =

z 3 z 4
z 4 z 5
z 3 z 5
; z 40 =
; z 50 =
z 3 + z 4 + z 5
z 3 + z 4 + z 5
z 3 + z 4 + z 5
z 2s = z 2 + z 50
z 1s z 2s
z 1s + z 2s
In definitiva, si ricava : z TH = z p + z 40
Ricaviamo la tensione di Thevenin usando il principio di sovrapposizione e sfruttando,
in parte, le operazioni di equivalenza appena eseguite. Considerando il contributo del
primo generatore di tensione il circuito diventa:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
346
Applicando un partitore di tensione si ottiene:
V1 = Vs1
z 2s
z 1s + z 2s
(*)
Considerando poi il contributo del secondo generatore di tensione il circuito diventa:
Applicando un partitore di tensione si ottiene:
V2 = Vs2
z 1s
z 1s + z 2s
(**)
Dunque, possiamo scrivere : VTH = V1 + V2
347
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
9.15
Cenni sugli strumenti di misura elettrodinamici
Considereremo solo strumenti di misura elettrodinamici sia per la loro importanza sotto il profilo tecnico sia perché questi strumenti possono essere usati sia in corrente continua sia in corrente alternata. Un apparecchio elettrodinamico è sostanzialmente costituito, qualunque ne sia la funzione, da due bobine (una fissa ed una mobile) e da una
molla che contrasta il movimento di quella mobile. Si facciano percorrere le due bobine
da due correnti, nel funzionamento di tale strumento, interverranno due coppie: la
prima, elettromagnetica, è proporzionale al prodotto delle correnti che scorrono nelle
due bobine; la seconda, elastica, è proporzionale alla deformazione della molla e quindi all'angolo α di deviazione dalla posizione di riposo della bobina mobile. Nell'ipotesi
che le correnti nelle due bobine siano costanti, si avrà che la bobina mobile (e con essa
l'indice dell'apparecchio che le è solidale) si muove sotto l'effetto della coppia elettromagnetica fino ad assumere quella particolare posizione angolare per la quale si realizza l'equilibrio tra la coppia elettromagnetica stessa e quella elastica ad essa opposta. In
condizioni di equilibrio varrà la relazione:
α = kI 1I 2 (*) , dove I 1 e I 2 sono le correnti nelle due bobine .
Da questa relazione si deduce che lo strumento misura, mediante l'angolo di deviazione del suo indice, il prodotto delle correnti nelle due bobine. In regime sinusoidale, essendo le due correnti variabili nel tempo tale sarà anche la coppia elettromagnetica: di
conseguenza, la bobina mobile non si arresta, teoricamente, in una determinata posizione (come accadeva nel caso precedente) ma oscilla intorno ad una posizione che sarebbe di equilibrio se si applicasse una coppia costante pari al valor medio in un periodo della coppia elettromagnetica istantanea. In pratica, però, l'inerzia della bobina mobile è sufficiente, di regola, a rendere inapprezzabile il fenomeno oscillatorio, cosicché
l'indice dell'apparecchio appare fermo ed indica l'angolo di deviazione medio corrispondente, come si è detto, alla coppia elettromagnetica media. In questo caso vale
quindi la relazione:
1T
∫ i 1 (t) ⋅ i 2 (t)dt = KI 1 I 2 cos θ (**)
T 0
dove I 1 e I 2 sono i valori efficaci delle due correnti e θ è l' angolo
α = k (i 1 (t) ⋅ i 2 (t) )medio = k
di sfasamento dell' una rispetto all' altra : θ = α i − α i
2
1
Le (*) e (**) sono le formule fondamentali su cui si basa il funzionamento degli stru-
348
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
menti elettrodinamici; a partire da esse mostreremo ora come sia possibile, mediante
opportuna disposizione delle bobine, far sì che l'apparecchio misuri una corrente, una
tensione o una potenza attiva.
Amperometro. Se si dispongono le due bobine di uno strumento elettrodinamico in serie tra loro e si inserisce lo strumento in serie con l'utilizzatore U di cui si vuol misurare
la corrente I, l'apparecchio stesso si comporta come un amperometro, ossia come un mi-
suratore di corrente:
Evidentemente, risulta:
 I = I1 = I 2
I = I1 = I 2 ⇒ 
ϑ = 0
di conseguenza la (**) diventa α=kI2 che mostra come la posizione dell'indice fornisca,
su una scala quadratica, il valore efficace della corrente da misurare. In corrente continua, la posizione dell'indice fornisce direttamente il valore della corrente. Si osservi, in
conclusione, che un amperometro deve avere, come requisito fondamentale, un'impedenza interna molto piccola in modo tale da non alterare il regime delle correnti preesistente nel circuito falsando così la misura.
Voltmetro. In un voltmetro elettrodinamico le due bobine sono disposte in serie ed inoltre il loro complesso è in serie con una resistenza di valore elevato; l'apparecchio è
inserito in parallelo all'utilizzatore U di cui si vuole misurare la tensione ai morsetti:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
349
Indicata con I la corrente assorbita dal voltmetro, si ha :
v
I v = I1 = I 2 ⇒ I v = I1 = I 2 e θ = 0
e quindi la (**) diventa : α = kI v2 .
Dalla legge di Ohm simbolica si ha che la corrente Iv=V/Zv è proporzionale alla tensione V e perciò la precedente relazione diventa: α=k’V2 dove la nuova costante k’ tiene
conto dell’impedenza del ramo voltmetrico.
Da ciò si deduce che la posizione dell'indice dell'apparecchio fornisce, su scala quadratica, il valore efficace della tensione da misurare; in corrente continua lo strumento misura l'effettivo valore della tensione ai capi dell'utilizzatore U. Osserviamo, infine, che
un voltmetro deve avere come requisito fondamentale un'impedenza interna molto elevata (a tal fine si inserisce in serie con le bobine la resistenza Rv) perché, se così non
fosse, il voltmetro assorbirebbe una corrente di valore non trascurabile e perturberebbe
il regime delle correnti e delle tensioni del circuito, cosicché il valore di tensione misurato non corrisponderebbe a quello effettivamente preesistente nel circuito stesso.
Wattmetro. Lo strumento elettrodinamico atto a misurare la potenza attiva assorbita da
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
350
un certo utilizzatore U è ottenuto disponendo le bobine come in figura:
La bobina 1 disposta in serie con U è detta bobina amperometrica mentre la bobina 2 disposta in parallelo ad U è detta bobina voltmetrica. Anche in questo caso l'inserzione dello strumento non deve introdurre una sensibile perturbazione nel circuito e pertanto la
bobina amperometrica deve essere di bassa impedenza mentre il ramo voltmetrico deve presentare un'elevata impedenza. Valgono, inoltre, le seguenti relazioni:
I1 = I e I 2 = I v ,dove I e IV rappresentano i valori efficaci, rispettivamente, della corrente nell’utilizzatore e della corrente nel ramo voltmetrico.
Quest'ultima, in particolare, è proporzionale, per la legge di Ohm simbolica, alla
tensione V ai capi del ramo voltmetrico e, quindi, la relazione (**) si scrive come:
α = k 'VI cosθ (* * *) , dove la nuova costante k' tiene conto anche dell' impedenza del
ramo voltmetrico .
Soffermando ora l'attenzione sull'angolo θ (angolo di sfasamento tra le correnti nelle
due bobine) si osserva che esso coincide con l'angolo ϕ di sfasamento tra I e V a patto
che si possa ritenere puramente resistiva l'impedenza del ramo voltmetrico. Infatti, in
tal caso la corrente nel ramo voltmetrico è in fase con la tensione V e valgono le seguenti relazioni:
α iv = α v ⇒ θ = α i2 − α i1 = α i − α i = α v − α i = ϕ
v
dove α v ,α i , α
iv
sono gli argomenti dei numeri complessi V , I , I v .
In definitiva, la (* * *) diventa :
α = k 'VI cos ϕ = k ' P
(Nota: quest'uguaglianza è valida perchè si è supposta piccola l'impedenza della bobina amperometrica e quindi trascurabile la caduta di tensione su di essa in modo da poter ritenere la tensione ai capi dell'utilizzatore pari a V). La precedente relazione mostra come l'indice dello strumento fornisca, su scala lineare, la misura della potenza richiesta.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
351
Si ricordi, infine, che nel wattmetro, la resistenza Rv deve avere valore elevato non solo
per limitare la corrente nel ramo voltmetrico ma anche per poter trascurare la reattanza
induttiva di questo stesso ramo in modo da poterlo considerare come un ramo puramente resistivo con le conseguenze prima descritte.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
352
CAPITOLO 10
10.1
ULTERIORI METODI PER LA SOLUZIONE DI CIRCUITI COMPLESSI
10.1.1
10.1.1
ANALISI NODALE
METODO DELLE MAGLIE O DELLE CORRENTI DI COALBERO
354
354
371
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
353
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
354
10.1
10.1.1
Ulteriori metodi per la soluzione di circuiti complessi
Analisi nodale
Tale metodo viene frequentemente utilizzato per la soluzione di circuiti resistivi lineari
e non lineari, tempo-invarianti e tempo-varianti ma può anche essere generalizzato a
circuiti dinamici o a circuiti in regime sinusoidale. Tuttavia l'analisi di nodo è applicabile ad una più ristretta gamma di circuiti rispetto al metodo dello sparse tableau che
invece è molto generale e può essere utilizzato per qualsiasi tipo di circuito: infatti l'analisi di nodo non consente lo studio di circuiti che contengano anche un solo elemento
non controllabile in tensione. D'altra parte l'analisi di nodo rientra nei cosiddetti metodi ridotti che consentono, cioè, di risolvere un circuito basandosi su un sistema di equazioni di ordine inferiore rispetto al numero di variabili di rete. Infatti per un circuito con n+1 nodi e b lati occorrerebbe un sistema di 2b equazioni che consentisse di determinare tutte le incognite del circuito e cioè le correnti e tensioni di lato (in numero
pari proprio a 2b); per di più, nel metodo dello sparse tableau, a fronte di una maggiore generalità nell'applicazione del metodo ai vari circuiti, si ha anche lo svantaggio di
scrivere un numero di equazioni ancora più alto, pari cioè a (2b+n), dove n è il numero
di nodi indipendenti nel circuito, in quanto le variabili da determinare non sono soltanto le correnti e tensioni di lato ma anche le tensioni nodali. L'analisi di nodo consiste,
invece, nella formulazione di un sistema di n equazioni che può essere posto nella seguente forma:
[Yn ] ⋅ [e] = [i s ]
(10.1)
dove [Yn ] è una matrice quadrata di ordine n ed è detta matrice delle ammettenze nodali; [e] è il vettore delle tensioni nodali, ovviamente di dimensione n; [i s ] è detto vettore delle sollecitazioni equivalenti in corrente i cui elementi sono, dimensionalmente, delle correnti (anche questo vettore è di ordine n). Una volta determinate le tensioni
nodali mediante la soluzione del suddetto sistema bisogna poi ricondursi alle tensioni
di lato sfruttando la relazione:
[v] = [A]T ⋅ [e]
dove A è la matrice di incidenza ridotta associata al circuito e, successivamente, ricavare le correnti di lato nell'ipotesi che tutti gli elementi del circuito siano controllati in
tensione. In questo consiste l'operazione di post-processing associata all'analisi nodale.
E' tuttavia necessaria una fase di pre-processing consistente, sostanzialmente, nell'esprimere tutte le correnti di lato in funzione delle tensioni nodali. L'analisi di un circuito mediante il metodo nodale può essere condotta in modo sistematico o, per circuiti
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
355
semplici, 'per ispezione': in entrambi i casi si deve giungere alla formulazione dell'equazione matriciale (10.1) vista prima solo che, nel metodo sistematico, per fare ciò, si
ricorrerà alla scrittura di tutte le equazioni di lato, delle L.K.C. e L.K.T. riferite ai cosiddetti lati classici del circuito che definiremo fra poco, mentre nel metodo 'per ispezione'
si arriverà direttamente alla scrittura della (10.1) mediante una semplice 'ispezione' del
circuito secondo opportune convenzioni.
Cominciamo col descrivere l'analisi nodale per via sistematica. Occorre a tale scopo definire il lato tipico di un circuito:
Esso è costituito da un elemento collegato in serie ad un generatore di tensione con un
generatore di corrente in parallelo. L'elemento indicato con zk rappresenta un resistore
di resistenza Rk nel caso in cui il circuito sia resistivo, un resistore, un condensatore o
un induttore nel caso di circuito con andamento dinamico ed un'impedenza nel caso di
circuito in regime sinusoidale (ovviamente, in tal caso tutte le variabili del circuito saranno espresse mediante i fasori corrispondenti). In generale, chiameremo tale elemento 'passivo' nel senso che non è un generatore. Naturalmente le forme d'onda dei due
generatori presenti nel lato classico possono essere entrambe nulle oppure una nulla e
l'altra diversa da zero: cioè il lato tipico può essere costituito dal solo elemento passivo
oppure dall'elemento passivo in serie al generatore di tensione oppure dall'elemento
passivo in parallelo al generatore di corrente oppure dall'intera struttura come mostrata in fig. 10.1. In altri termini, il lato tipico impone che nel circuito non possono essere
presenti generatori di tensione che non abbiano in serie un elemento passivo o generatori di corrente che non abbiano in parallelo un elemento passivo. Qualora nel circuito
in esame non siano soddisfatte tali condizioni bisogna ricondursi ad esse mediante operazioni di V-shift e I-shift: la prima consiste nello spostamento di generatori di tensione, la seconda nello spostamento di generatori di corrente senza che vengano altera-
356
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
te le tensioni e le correnti nei lati della rete (fatta eccezione per il lato attivo preso in
considerazione). Si supponga, ad esempio, di considerare il tratto di circuito mostrato
in fig. 10.2a:
Come si osserva, il generatore di tensione non ha in serie alcun elemento passivo: occorre, allora, spostarlo opportunatamente in modo tale, però, che il nuovo circuito sia
equivalente a quello iniziale. Inoltre, tenendo presente che un generatore di tensione
non impone vincoli sulla corrente, effettuando lo shift del generatore di tensione bisogna fare in modo che le relazioni imposte dalle L.K.T. nel circuito equivalente siano
uguali a quelle nel circuito iniziale. Si procede, dunque, sostituendo il generatore di
tensione con un cortocircuito; dopo di che, scelto uno dei due nodi tra i quali è collegato il generatore di tensione, per esempio il nodo A, si 'spinge' il generatore di tensione
nei lati che convergono in tale nodo, mantenendo invariata la sua polarità, come mostrato in fig. 10.2b. Sembrerebbe in tal modo di perdere informazioni sulla corrente nel
lato A-B: in realtà non è così perché, una volta risolto il circuito equivalente, posso
sempre determinare tale corrente applicando la L.K.C. al nodo B. Si supponga ora di
considerare il tratto di circuito mostrato in fig. 10.3a:
Come si osserva, il generatore di corrente non ha in parallelo alcun elemento passivo.
Occorre, allora, spostarlo opportunatamente. Inoltre, tenendo presente che un generatore di corrente non impone alcun vincolo sulla tensione, effettuando lo shift del generatore di corrente bisogna fare in modo che le relazioni imposte dalle L.K.C. del circuito equivalente siano uguali a quelle nel circuito iniziale. Si procede, dunque, sostituendo il generatore di corrente con un circuito aperto; dopodiché, si dispone in parallelo a
ciascun elemento appartenente ad un cammino tra A e B un generatore di corrente (con
la stessa forma d'onda J) e diretto in modo tale da rispettare il vincolo imposto dal generatore di corrente in fig. 10.3a: si ottiene, quindi, il circuito equivalente mostrato in
fig. 10.3b. Sembrerebbe in tal modo di perdere informazioni sulla tensione ai capi del
generatore di corrente in fig. 10.3a: in realtà non è così perché una volta risolto il circuito equivalente si può ottenere tale tensione come differenza di tensione tra i nodi A e B
nel circuito di fig. 10.3b. In definitiva, qualora il circuito in esame non soddisfi le ipotesi previste dal metodo nodale sistematico si operano trasformazioni V-shift ed I-shift in
modo da ottenere un circuito equivalente a quello iniziale ma formato da una connessione di soli lati tipici. Questi spostamenti di generatori possono portare a situazioni
357
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
particolari quali:
•
•
generatori di tensione in parallelo ad un generatore di corrente
generatori di corrente in serie ad un generatore di tensione
ma tali combinazioni sono state già studiate nel capitolo 3.
In particolare si è visto allora che:
•
•
un generatore di tensione in parallelo ad un elemento è equivalente ad un generatore di tensione (con la stessa forma d'onda);
un generatore di corrente in serie con un elemento e' equivalente ad un generatore
di corrente (con la stessa forma d'onda).
Precisato ciò, vediamo come sia possibile ricavare l'equazione matriciale (10.1) su cui si
basa il metodo nodale. Anzitutto, supponiamo, per comodità, che il circuito sia resistivo e lineare, quindi, il lato tipico diventa:
Per il generico lato k-esimo si può scrivere:
i k = J sk + G k (v k − E sk ) , con G k = 1 R k
(10.2)
Estendendo questa relazione a tutti i lati del circuito, che supponiamo siano in numero
pari a b, si ottiene:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
358
[i ] = [G b ]⋅ ([v] − [E s ]) + [J s ] (10.3)
con ovvio significato dei simboli. Inoltre, valgono le seguenti relazioni:
[v] = [A]T ⋅ [e]
(10.4)
e
[A] ⋅ [i ] = 0
(10.5)
Moltiplicando la (10.3) per la matrice di incidenza ridotta si ha:
[A]⋅ [i ] = [A] ⋅ [G b ]⋅ [v] − [A]⋅ [G b ]⋅ [E s ] + [A] ⋅ [J s ] da cui per la (10.5) si ha :
[A]⋅ [G b ]⋅ [v] − [A] ⋅ [G b ]⋅ [E s ] + [A]⋅ [J s ] = 0 e quindi sfruttando la (10.4) :
[A]⋅ [G b ]⋅ [A]T ⋅ [e] = [A]⋅ [G b ]⋅ [E s ] − [A] ⋅ [J s ]
(10.6)
Posto : [Yn ] = [A] ⋅ [G b ]⋅ [A]T e [i s ] = [A] ⋅ [G b ]⋅ [E s ] − [A] ⋅ [J s ] (10.7)
la (10.6) diventa : [Yn ] ⋅ [e] = [i s ] che coincide proprio con la (10.1) .
Si osserva, in particolare, che il vettore [is] può essere considerato come somma di due
vettori e cioè:
[A] ⋅ [G b ] ⋅ [E S ] i cui termini sono dimensionalmente delle correnti e rappresentano per
ogni nodo (individuato da una riga di A) la somma delle correnti dei generatori equivalenti secondo Norton dei generatori di tensione (ciascuno in serie ad un elemento
passivo) eventualmente presente nei lati (individuati dalle colonne di A) che convergono nel nodo in esame;
[A] ⋅ [J s ]
i cui termini sono ancora delle correnti e rappresentano, per ogni nodo, la
somma delle correnti dei generatori di corrente eventualmente presenti nei lati del circuito che convergono nel nodo in esame.
Per maggiore chiarezza, facendo riferimento al generico lato tipico, proviamo a determinare l'equivalente secondo Norton del generatore di tensione in serie al resistore
come mostrato in figura:
359
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dunque, si può scrivere:
i k = G k v k + J sk − G k E sk
(10.8)
Gli ultimi due addendi nella (10.8) rappresentano, rispettivamente, la forma d'onda del
generatore di corrente presente nel lato k e la forma d'onda del generatore di corrente
equivalente secondo Norton alla serie costituita dal generatore di tensione e dal resistore (di resistenza Rk) presenti nel lato classico. Estendendo questa osservazione a tutti
i lati del circuito in esame si comprende quanto detto prima a proposito dei due vettori
dalla cui somma si ottiene il vettore [is]. Per quanto riguarda, infine, i segni delle correnti che compaiono nel vettore [is] essi si deducono dalla relazione (10.6) e dalle convenzioni adottate nel lato tipico (perché è in base a queste che si è ottenuta l'equazione
matriciale (10.1)): ne segue che il generico elemento k-esimo del vettore [is] si ottiene
come somma algebrica delle correnti entranti nel nodo k ed intendendo come positive
proprio le correnti entranti. Quanto detto sinora può essere facilmente esteso anche a
circuiti con andamento dinamico nel tempo ed a circuiti in regime sinusoidale per i
quali l'equazione del modello nodale si scrive, rispettivamente, come:
[Yn (D)]⋅ [e] = [i s ]
(10.9) e
 Y. (jω ) ⋅ E = I
s
 n

[] [ ]
(10.10)
La relazione (10.9) mette in evidenza che nel caso di circuiti dinamici alcuni elementi
della matrice delle ammettenze di nodo potranno dipendere dal simbolo D che è l'operatore di derivazione rispetto al tempo. Se, infatti, immaginiamo di sostituire il resistore nel lato di fig. 10.4 con un condensatore o con un induttore potremo esprimere la
corrente che attraversa tale lato come:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
360
i k = CD(v k − E sk ) + J sk nel caso del condensatore e
ik =
1
(v k − E sk ) + J sk nel caso dell' induttore .
LD
Se, invece, il circuito è in regime sinusoidale la matrice [Yn] avrà come elementi delle
ammettenze che, in generale, sono espresse in funzione di jω (a meno che non siano
puramente resistive) ed al posto delle tensioni nodali e delle varie correnti ci saranno i
corrispondenti fasori. Consideriamo, ora, a titolo d'esempio il seguente circuito resisti-
vo ed applichiamo il metodo nodale per via sistematica:
Si osserva che il generatore di tensione non è in serie a nessun resistore ed il generatore
di corrente non è in parallelo a nessun resistore. Occorre, quindi, effettuare un'operazione di V-shift ed un'operazione di I-shift. Il circuito diventa:
361
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Abbiamo così ottenuto un circuito equivalente a quello iniziale ma più adatto per l'applicazione del metodo nodale. Su tale circuito (cioè quello di fig. 10.7) si sceglie un nodo come riferimento (generalmente quello di grado maggiore) e si fissano dei versi per
le correnti su ogni lato classico. Si osserva che sono presenti n=3 nodi indipendenti
(cioè i nodi 1,2 e 3) e b=6 lati. Cominciamo col scrivere la matrice di incidenza ridotta
associata al circuito in esame (ci riferiamo al grafo associato, fig. 10.7bis):
1
0
1 0 1 0

[A] = 0 0 0 − 1 − 1 1 
0 − 1 0 0
0 − 1
Per determinare la matrice delle conduttanze di lato bisogna considerare il circuito
passivo e scrivere le relazioni di lato in forma matriciale ottenendo:
G 1
0

0
[G b ] = 
0
0

0
0
0
0
0
G2
0
0
G3
0
0
0
0
0
0
0
0
G4
0
0
G5
0
0
0
0
0 
0 

0 

0 
0 

G6 
Possiamo, quindi, scrivere la matrice delle ammettenze nodali come:
[Yn ] = [A] ⋅ [G b ] ⋅ [A]
T
G 1 + G 3 + G 5
= 
− G5

0
− G5
G 4 + G 5 + G6
− G6

− G 6  (*)
G 2 + G 6 
0
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
362
Scriviamo ora i vettori delle sollecitazioni di lato:
 E 
− E


 0 
[E s ] =  
 0 
 0 


 0 
e
0 
0 
 
0 
[J s ] =  
J
0 
 
J
(Nota: si attribuisce un segno positivo a quei generatori di tensione o corrente disposti
nel circuito in modo concorde alla rappresentazione utilizzata nel lato). Otteniamo, così, il vettore delle sollecitazioni equivalente:
 G 1E   G 1 E 
[i s ] = [A] ⋅ [G b ] ⋅ [E s ] − [A] ⋅ [J s ] =  J − J  =  0  (**)
G 2 E + J  G 2 E + J 
Per come è fatta la matrice [Yn ] e il vettore [i s ] possiamo ricavare la seguente regola
generale che ci consente di ottenere l’equazione su base nodo di un certo circuito mediante una semplice “ispezione” del circuito stesso:
•
•
•
l'elemento diagonale di indice i nella matrice [Yn] è pari alla somma di tutte le conduttanze che convergono nel nodo i;
l'elemento extradiagonale di indici i e j nella matrice [Yn] è pari all'opposto della
somma delle conduttanze comprese tra i nodi i e j del circuito in esame;
l'elemento i-esimo del vettore [is] è pari alla somma algebrica delle correnti di tutti i
generatori che convergono nel nodo i (prendendo positive le correnti entranti), sia
che si tratti di generatori di corrente indipendenti presenti nel circuito sia che si
tratti di generatori di corrente ottenuti da equivalenze secondo Norton.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
363
Per poter, quindi, applicare il metodo nodale 'per ispezione' è necessario effettuare prima le equivalenze secondo Norton di tutti i generatori di tensione in serie a resistori; nel caso appena
esaminato si farà, dunque, riferimento al seguente circuito equivalente a quello di fig. 10.7:
Osservando tale circuito e sfruttando le regole suddette è facile ricavare direttamente
lo stesso risultato che abbiamo ottenuto per via sistematica. Qualora il circuito iniziale
sia costituito da soli resistori la matrice [Gb], detta matrice delle conduttanze di lato, è ovviamente diagonale e quindi la Yn e' simmetrica; se, invece, sono presenti dei generatori pilotati essa perde tale caratteristica: vediamo perché. Anzitutto, se nel circuito sono
presenti dei generatori pilotati questi devono essere necessariamente controllati in tensione per poter applicare il metodo nodale: inoltre, i generatori pilotati vengono trattati
allo stesso modo di quelli indipendenti e, quindi, se necessario, subiscono anch'essi operazioni di shift. Supponiamo, ad esempio, che nel circuito sia presente un lato di
questo tipo:
364
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
dove iy è la corrente che attraversa il lato y il quale, per comodità, supporremo sia costituito da un solo resistore con conduttanza Gy tale che: iy=Gyvy. Possiamo scrivere,
dunque:
v x = R x i x − ki y = R x i x − kG y v y , da cui si ottiene :
kG y
vx
= ix −
v y ⇔ i x = G x v x + kG x G y v y , con G x = 1 R x
Rx
Rx
Quest'ultima relazione contribuirà alla scrittura della matrice Gb con due termini: la
conduttanza Gx nel posto di riga x e colonna x e la conduttanza Gy nel posto di riga x e
colonna y: per questo motivo, in presenza di generatori pilotati la matrice Gb non può
essere diagonale. Poiché il metodo 'per ispezione' sarà quello che useremo più frequentemente vediamo come devono essere trattati, con tale metodo, i generatori pilotati facendo riferimento allo stesso circuito dell'esempio precedente a cui, però, è stato aggiunto un generatore di corrente pilotato dalla tensione ai capi del resistore di resistenza R2 come mostrato in figura:
Poiché le variabili del modello nodale sono le tensioni di nodo bisogna esprimere la
forma d'onda del generatore pilotato in funzione di esse (si ricordi, comunque, che per
l'applicazione del metodo nodale tali generatori devono essere controllabili in tensione). Nel caso in esame possiamo scrivere:
e 3 = E − v 2 ⇔ v 2 = E − e 3 , da cui si ottiene : i 7 = gv 2 = gE − ge 3 (*)
365
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
(Nota: in generale, quando si esprime la forma d'onda di un generatore pilotato in funzione delle tensioni nodali tale operazione si effettua sempre prima di realizzare nel
circuito eventuali equivalenze secondo Norton, perché in tal modo si potrebbero perdere delle informazioni; nel caso in esame, allora, la suddetta relazione (*) è stata ottenuta facendo riferimento al circuito di fig. 10.7 e non a quello di fig. 10.10). Di conseguenza, l'equazione del modello nodale diventa la seguente (si ricordino le regole citate precedentemente):
G1 + G 3 + G 5
[Yn ] ⋅ [e] = [i s ] ⇔  − G 5

0
− G5
G 4 + G5 + G6
− G6
0
  e 1  G 1 E + i 7 
− G 6  ⋅ e 2  =  − i 7 
G 2 + G 6  e 3   G 2 E + J 
Si osservi come a secondo membro compaiono termini funzione delle variabili del modello (la tensione nodale e3). Riportando a primo membro tali espressioni si ottiene:
G 1
⇔ 

G 1
⇔ 

+ G3 + G5
− G5
− G5
G 4 + G5 + G6
− G6
0
+ G3 + G5
− G5
0
− G5
G 4 + G5 + G6
− G6
0
  e 1  G 1 E + g(e 3 − E)
− G 6  ⋅ e 2  =  − g(e 3 − E)  ⇔

G 2 + G 6  e 3  
G2 E + J
− g   e 1  G 1 E − gE
− G 6 + g  ⋅ e 2  =  gE 
G 2 + G 6  e 3   G 2 E + J 
Se la forma d'onda del generatore pilotato fosse del tipo:
i7=ki5
avremmo dovuto esprimere la corrente del lato 5 in funzione delle tensioni nodali come:
i7=ki5=kG5v5=kG5(e1-e2)
e quindi l’equazione del modello nodale sarebbe diventata:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
366
G 1 + G 3 + G 5 − kG 5
⇔ 
− G 5 + kG 5

0
− G 5 + kG 5
G 4 + G 5 + G 6 − kG 5
− G6
 e 1   G1E 
− G 6  ⋅ e 2  =  0 
G 2 + G 6  e 3  G 2 E + J
0
Se nel circuito iniziale fossero presenti generatori pilotati di tensione si procede in maniera analoga al caso precedente: si tenga presente, comunque, che essi devono sempre
trovarsi, nel circuito iniziale, in serie ad un resistore (o, in generale, ad un elemento
passivo) in modo tale da poter essere trattati allo stesso modo dei generatori indipendenti di tensione, cioè in modo tale da poter sostituire a questa serie il generatore di
corrente equivalente secondo Norton in parallelo allo stesso resistore. Vediamo ora un'applicazione del metodo nodale ad un circuito con andamento dinamico nel tempo:
Cominciamo osservando che il generatore di tensione pilotato deve essere shiftato in
quanto non è in serie ad alcun elemento passivo; otteniamo, allora, il seguente tratto di
circuito:
Tenendo presente che la corrente che attraversa il resistore di resistenza R3 è la stessa di
quella che attraversa il generatore pilotato di tensione (vedi fig. 10.12a), indicando con
v' la tensione del generatore pilotato, si può scrivere:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
367
v 3 = R 3 i 3
⇒ v'3 = v 3 + v' = (R 3 + kR 3 )i 3

v' = kv 3 = kR 3 i 3
da cui segue che la serie costituita dal resistore e generatore pilotato di tensione è equivalente ad un solo resistore di resistenza pari a:
R3+kR3
Come mostrato in fig. 10.12b. Il passo successivo consiste nella determinazione della
rappresentazione controllata in tensione dell'induttore biporta che è data, analiticamente, dalle seguenti relazioni (vedi pagg. 92-93):
i 1 (t) = Γ1 D −1 v 1 (t) + Γ0 D −1 v 2 (t)
, dove D −1 rappresenta l' operatore di

−1
−1
i 2 (t) = Γ0 D v 1 (t) + Γ2 D v 2 (t)
integrazione nel tempo, dove si sono supposte nulle le condizioni
iniziali sui due induttori e dove valgono le seguenti relazioni :
L2
L1
M
Γ1 =
Γ2 =
Γ0 = −
L 1L 2 − M 2
L1L 2 − M 2
L 1L 2 − M 2
Di conseguenza, il tratto di circuito in fig. 10.11 corrispondente all'induttore biporta sarà sostituito dalla seguente porzione di circuito equivalente:
368
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Tenendo presente, infine, quanto detto a pag. 56, possiamo sostituire la serie costituita
dal generatore di tensione con forma d'onda e(t) e dal condensatore (che supponiamo
inizialmente scarico) con il seguente circuito equivalente:
(Nota: D è l'operatore di derivazione rispetto al tempo).
In definitiva, il circuito di fig. 10.11 diventa:
(Si noti che è stato scelto il nodo 5 come riferimento; i valori delle correnti dei vari generatori sono stati già ricavati e non sono stati riportati in fig. 10.15 per comodità). Come ultima operazione esprimiamo le seguenti variabili in funzione delle tensioni nodali:
i 4 = C 4 Dv 4 = C 4 De 3

v 2 = e 2
v = e − e
1
2
 1
A questo punto possiamo applicare il metodo nodale 'per ispezione' ottenendo, come si
369
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
può verificare, la seguente equazione matriciale che rappresenta il modello su base nodo del circuito in esame:
1

 R + kR +
− C 2 D − Γ1 D −1 + Γ0 D −1
3
 3
 + Γ1D −1 + C 2 D
 − C D − Γ D −1 +
Γ2 D −1 + Γ1 D −1 +
2
1

 + Γ0 D −1
+ C 2 D − 2 Γ0 D −1


0
0





0


  e 1   C 2 De(t) 
 ⋅ e 2  =  − C 2 De(t)
0

   




e
0
G 5 + C 4 D +  3  

+ kC 4 D 


Le condizioni iniziali si ottengono facilmente. Innanzitutto è conveniente rappresentare
le correnti iniziali negli induttori attraverso generatori di corrente indipendenti (elementi controllati in tensione). Ricordando poi le proprietà delle variabili di stato, sarà
sempre possibile esprimere le tensioni nodali in t=0+ come combinazione lineare delle
variabili di stato e degli ingressi in t=0+.
Per concludere cerchiamo di dare un'interpretazione fisica agli elementi che costituiscono la matrice delle ammettenze nodali. Scriviamo in forma estesa l'equazione matriciale del modello nodale:
y 11 e 1 + y 12 e 2 + ... + y 1n e n = i 1
y e + y e + ... + y e = i
2n n
2
[Yn ] ⋅ [e] = [i s ] ⇔  21 1 22 2
.......................................
y n1 e 1 + y n2 e 2 + ... + y nn e n = i n
(*)
Anzitutto, osserviamo che gli elementi della matrice [Yn] si riferiscono alla rete passiva.
Inoltre, si può scrivere:
y ij =
ii
e j
e
k
=0 , k ≠ j
rapporto tra la variabile di nodo corrente entrante nel nodo i e la variabile di nodo tensione ej quando tutti gli altri nodi nel circuito tranne il nodo j, sono mantenuti a tensione nulla.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
370
Se, per esempio, prendiamo in esame il circuito di fig. 10.7 passivato:
Si ha dunque:
i 1 = i R1 + i R3 + i R5 =
y 11 =
e1 e1 e1
+
+
= (G 1 + G 3 + G 5 )e 1 , e quindi :
R1 R3 R5
i1
= G1 + G 3 + G 5
e 1 e =e =0
2
3
che coincide col valore trovato in precedenza. Un discorso analogo può essere fatto per
tutti gli altri elementi della matrice [Yn ] Per esempio:
y 21 =
i2
e 1 e =e =0
2
3
In questo caso i2 (corrente relativa al nodo 2 e positiva se entrante) è pari a:
i2= -iR4 –iR5 + iR6 = -(e4-e2)G4 -(e1-e2)G5 +(e2-e3)G6
e nelle condizioni circuitali di definizione (e2=e3=0) si ha:
y21=(-e1G5/e1)= -G5.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
371
Si noti, infine, come in realtà lo shift di un generatore di corrente non sia strettamente
necessario nel metodo nodale in quanto esso stesso è un elemento controllato in tensione. A tutti gli effetti lo si può considerare come un lato in più, di conduttanza nulla.
Pertanto, nulla cambia sia nel metodo sistematico che in quello per ispezione.
10.1.2
Metodo delle maglie o delle correnti di coalbero.
Il metodo delle maglie o delle correnti di coalbero è un metodo ridotto come quello
nodale e, quindi, come tale presenta gli stessi vantaggi e svantaggi di quest'ultimo:
cioè, da una parte non può essere applicato a qualsiasi tipo di circuito in quanto richiede che tutti gli elementi presenti nel circuito siano controllabili in corrente: infatti, eventuali generatori di corrente presenti nel circuito devono essere necessariamente collegati in parallelo ad un elemento passivo (intendendo con ciò un elemento che non è
un generatore, come, ad esempio, un resistore se il circuito è resistivo, oppure un condensatore od un induttore se il circuito è dinamico oppure, in generale, un'impedenza
se il circuito è in regime sinusoidale) in modo tale che sia possibile sostituire tale parallelo con un generatore di tensione equivalente secondo Thevenin in serie allo stesso elemento passivo. D'altra parte, così come l'analisi nodale, anche il metodo delle maglie
rientra nei cosiddetti metodi ridotti in quanto si basa sulla formulazione di un sistema
di (b-n) equazioni (dove b è il numero di lati ed n è il numero di nodi indipendenti) che
può essere posto nella forma:
[z m ]⋅ [ j] = [e s ] (**)
dove [z m ] è detta matrice delle impedenze di maglia ed è una matrice quadrata di or-
dine pari a m=b-n; [j] è il vettore delle correnti di coalbero mentre [e s ] è il vettore
delle sollecitazioni equivalenti in tensione e sono entrambi di ordine m=b-n. Gli elementi del vettore [e s ] sono dimensionalmente delle tensioni. Vediamo ora come sia
possibile ricavare l'equazione (**) sia per via sistematica, utilizzando cioè tutte le equazioni di lato e quelle derivanti dall'applicazione delle L.K.T. e L.K.C., sia per 'ispezione'
del circuito in esame. Naturalmente quando si utilizza il metodo sistematico bisognerà
sempre fare riferimento al lato tipico già definito nell'analisi nodale. Supponiamo, allo-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
372
ra, che il circuito in esame, dopo esser stato trasformato in uno equivalente mediante
operazioni di shift (se necessarie) abbia un grafo orientato ad esso associato di questo
tipo:
E' stato fissato un albero qualsiasi: i lati dell'albero sono pari a n e quindi quelli del coalbero sono pari a m = b-n: nel nostro caso, le corde sono tre (quelle tratteggiate) e ciascuna di esse individua una maglia fondamentale. Si osservi, inoltre, che per comodità
numeriamo prima le corde e poi i lati dell'albero. Fatto ciò, si scrive la cosiddetta matrice delle maglie, che denoteremo con [B]: essa ha un numero di righe pari al numero
dei lati di coalbero (m = b-n) ed un numero di colonne pari al numero dei lati (b). I suoi
elementi sono -1,0,1 e si determinano in base alla seguente regola:
anzitutto, per ogni maglia fondamentale si fissa un verso di percorrenza che è imposto da quello scelto sul lato di coalbero che individua la maglia stessa; dopodiché,
fissata una maglia (cioè una riga della matrice [B]) si attribuirà +1 a quei lati (cioè colonne di [B]) che si trovano nella maglia in esame e sono attraversati in senso concorde a quello di percorrenza della maglia, -1 a quei lati della maglia che sono attraversati in senso discorde a quello di percorrenza della maglia e 0 a quei lati che non
appartengono alla maglia in esame.
Allora, nel nostro caso si ha:
0
1 0 0 − 1 − 1 0 0

[B] = 0 1 0 0 − 1 0 1 − 1
0 0 1 − 1 0 1 − 1 0 
Questa matrice ci consente, dunque, di stabilire quali sono i lati che compongono le
maglie fondamentali ed il verso con cui vengono percorsi. Si osservi, inoltre, che tale
matrice [B] si può sempre suddividere in due sub-matrici, una associata al coalbero,
che è sempre unitaria, e l'altra associata all'albero.
Per come è stata definita la matrice [B] vale la seguente relazione:
[B]⋅ [v] = 0
(10.11)
che rappresenta proprio, in forma matriciale, la L.K.T. applicata alle maglie fondamentali. Considero ora la matrice trasposta di [B]: evidentemente, leggendo le righe di tale
matrice (ossia le colonne di [B]) posso stabilire, per ciascun lato del circuito, a quale
373
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
maglia fondamentale appartiene. Tenendo presente ciò, indico con:
[ j ] il vettore delle correnti di coalbero (dimensione pari a b-n)
e con
[ i ] il vettore delle correnti di lato (dimensione pari a b)
Evidentemente si ha:
i 1 = j1
i 2 = j2
i 3 = j3
(10.12)
D'altra parte osservo che ciascun ramo d'albero individua un insieme di taglio fondamentale: considerando, ad esempio, il ramo 4 nel grafo di fig. 10.17 esso individua l'insieme di taglio fondamentale formato dai lati (4-1-3). Applicando ora la L.K.C. alla superficie gaussiana che individua tale insieme di taglio ed attribuendo un segno positivo
alla corrente del ramo d'albero ed a quelle correnti di corda concordi con essa, si può
scrivere:
i 1 + i 3 + i 4 = 0 ⇔ j1 + j 3 + i 4 = 0 ⇔ i 4 = − j1 − j 3
(10.13)
Tenendo presente la (10.12) ed estendendo quanto detto per la (10.13) a tutti i lati dell'albero si verifica che:
[i ] = [B]T ⋅ [j]
(10.14)
In pratica la matrice trasposta di [B] consente di esprimere le correnti di lato come combinazione lineare delle correnti di coalbero. Consideriamo, infine, il lato tipico (vedi fig. 10.1) e ne diamo la rappresentazione controllata in corrente:
v k = z k (i k − J sk ) + E sk
(10.15) , che estesa a tutti i lati del circuito
diventa : [v] = [Z b ]⋅ ([i ] − [J s ]) + [E s ]
(10.16)
Premoltiplicando i due membri dell'equazione (10.16) per la matrice [B] si ottiene:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
374
[B]⋅ [v] = [B]⋅ [Z b ]⋅ [i ] − [B] ⋅ [Z b ]⋅ [J s ] + [B]⋅ [E s ] , da cui utilizzando
la (10.11) e la (10.14) si ottiene :
[B]⋅ [Z b ]⋅ [B]T ⋅ [j] − [B]⋅ [Z b ]⋅ [J s ] + [B] ⋅ [E s ] = 0 ⇔ [z m ]⋅ [j] = [e s ] (10.17) ,
dove si è posto : [z m ] = [B] ⋅ [Z b ]⋅ [B]T e [e s ] = [B] ⋅ [Z b ]⋅ [J s ] − [B] ⋅ [E s ]
In maniera analoga a quanto visto per il metodo nodale, il vettore delle sollecitazioni
equivalenti si ottiene come somma di due termini e cioè il vettore: [B] ⋅ [Z b ] ⋅ [J s ] i cui elementi rappresentano, per ogni maglia fondamenetale, la somma delle forme d’onda
dei generatori di tensione equivalenti secondo Thevenin presenti nella maglia stessa e
il vettore [B] ⋅ [E s ] i cui elementi rappresentano, per ogni maglia fondamentale, la
somma dei generatori di tensione indipendenti presenti nella maglia stessa.
Nel metodo per 'ispezione' l'equazione matriciale del modello su base maglia si ricava
seguendo questa semplice regola (nel caso di un circuito resistivo senza generatori pilotati):
•
•
•
l'elemento diagonale di indice i della matrice delle impedenze di maglia è pari alla
somma di tutte le resistenze presenti nella maglia fondamentale i-esima;
l'elemento extradiagonale della matrice delle impedenze di maglia di indici i e j è
pari alla somma algebrica delle resistenze comuni alle maglie i-esima e j-esima (saranno considerate positive quelle resistenze che vengono percorse nello stesso verso dalle correnti delle due maglie in esame);
l'elemento i-esimo del vettore delle sollecitazioni equivalenti è pari alla somma delle tensioni dei generatori di tensione presenti nella maglia i-esima, facendo riferimento non solo ai generatori di tensione effettivamente presenti nella maglia ma
anche a quelli che si ottengono sostituendo ad un resistore in parallelo ad un generatore di corrente l'equivalente secondo Thevenin costituito dallo stesso resistore e
da un generatore di tensione. Per quanto riguarda i segni delle tensioni di tali generatori essi saranno positivi se spingono corrente (dal polo positivo a quello negativo) in verso concorde a quello di percorrenza della maglia fondamentale in cui si
trovano (cioè in verso concorde alla corrente della corda che individua la suddetta
maglia); altrimenti saranno negativi.
375
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Supponendo, allora, che il circuito a cui è associato il grafo di fig. 10.17 sia il seguente:
possiamo scrivere l'equazione matriciale secondo il modello delle correnti di coalbero
come segue:
R 1 + R 4 + R 5

R5


R4
R5
R2 + R8 + R5 + R7
− R7
  j1   − E 1 
 ⋅ j  =  0 
− R7
  2 

R 3 + R 7 + R 4 + R 6   j 3   − E 6 
R4
Se nel circuito sono presenti generatori pilotati allora la matrice delle impedenze di
maglia non sarà più simmetrica e si procede in maniera analoga a quanto visto per l'analisi nodale; è ovvio, comunque, che tali generatori pilotati devono essere controllabili
in corrente in modo che sia sempre possibile esprimere le loro forme d'onda in funzione delle correnti di coalbero. Se, ad esempio, al posto del generatore di tensione E1 in
fig. 10.18 ci fosse un generatore pilotato con forma d’onda pari a kv8, occorrerà prima
esprimere tale forma d’onda in funzione delle correnti di coalbero come segue:
kv8=kR8i8=-kR8i2
dopodiché l’equazione del modello su base maglia diventa la seguente:
R 1 + R 4 + R 5

R5

R4

R 5 + kR 8
R2 + R8 + R5 + R7
− R7
R4
  j1   0 
 ⋅ j  =  0 
− R7
  2 

R 3 + R 7 + R 4 + R 6   j 3   − E 6 
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
376
Quanto detto per i circuiti resistivi si può anche estendere ai circuiti dinamici ed a
quelli in regime sinusoidale apportando le stesse modifiche viste nel caso dell'analisi
nodale. Come ultima osservazione, cerchiamo di dare un'interpretazione fisica agli elementi della matrice delle impedenze di maglia e per far ciò scriviamo l'equazione matriciale (**) alla base del modello delle correnti di coalbero in forma estesa:
[z m ] ⋅ [j] = [e s ]
z 11 j1 + z 12 j 2 + ... + z 1m j m = e 1
z j + z j + ... + z j = e
 21 1
22 2
2m m
2
⇔ 
, con m = b - n .
......................................
z m1 j 1 + z m2 j 2 + ... + z mm j m = e m
Notiamo, anzitutto, che gli elementi della matrice delle impedenze di maglia si riferiscono al circuito passivo e ciascuno di essi può essere ricavato come:
z ij =
ei
jj
.
i k =0 , k ≠ j
cioè come rapporto tra ei, ossia la somma delle cadute di tensione lungo la maglia fondamentale i-esima (da non confondere con la tensione del nodo i), e jj ossia la corrente
che attraversa il lato di coalbero j-esimo.
Ad esempio, facendo riferimento al circuito di fig. 10.18 passivato e tenendo presente
quanto appena detto si ha:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
377
e 1 = R 1 j 1 − R 5 i 5 − R 4 i 4 . D' altra parte risulta :
i 5 = − j 1 + i 8 = − j1 − j 2 = − j 1
z 11 =
e1
j1
=
j2 = j 3 = 0
e i 4 = i 5 + i 7 = i 5 = − j1 . Quindi si ha :
(R 1 + R 4 + R 5 )j1
j1
= R1 + R 4 + R 5
che coincide con il valore trovato in precedenza; lo stesso procedimento può essere ripetuto per tutti gli altri elementi della matrice delle impedenze di maglia.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
378
CAPITOLO 11
11.1 SISTEMI TRIFASE : DEFINIZIONI E PROPRIETÀ FONDAMENTALI
379
11.2 SCHEMA DI ALIMENTAZIONE DI UN SISTEMA TRIFASE
384
11.3 UTILIZZATORI TRIFASE
387
11.4 TEOREMA DI EQUIVALENZA
397
11.5 MISURA DELLA POTENZA NEI SISTEMI TRIFASE. INSERZIONE ARON
400
11.6 SISTEMI TRIFASE CON NEUTRO
404
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
11.1
SISTEMI TRIFASE :
379
DEFINIZIONI E PROPRIETÀ FONDAMENTALI
Il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica dai luoghi di produzione (ossia dalle
centrali) ai luoghi di utilizzazione avviene in massima parte per mezzo di linee elettriche a tre fili: tali linee, i generatori che le alimentano e gli utilizzatori ad esse collegati formano,
nel loro complesso, i cosiddetti sistemi trifase. Lo studio di tali sistemi potrebbe essere fatto rientrare in quello già svolto nel capitolo 9 in quanto i sistemi trifase altro non sono
che particolari circuiti in regime sinusoidale: tuttavia, data la loro importanza dal punto di vista tecnico, si è preferito trattarli a parte. In figura è mostrato lo schema di prin-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
380
cipio di una linea trifase che collega un complesso di generazione G ad un carico (costituito da un circuito comunque complesso) indicato con U:
Le correnti i1(t),i2(t),i3(t) sono dette correnti di linea e sono tali da soddisfare, in un generico istante t, la seguente relazione ottenuta applicando la L.K.C. alla superficie
gaussiana S:
i1(t)+i2(t)+i3(t)=0
(11.1)
Consideriamo ora una generica 'sezione' della linea (in figura è quella individuata da S)
intesa come intersezione fra un piano perpendicolare alla linea e la linea stessa. Possiamo definire la cosiddetta terna di tensioni concatenate come:
 v 12 (t) = v A1 (t) − v A2 (t)

v 23 (t) = v A2 (t) − v A3 (t)
 v (t) = v (t) − v (t)
A3
A1
 31
(11.2)
dove v A1 (t), v A2 (t) e v A 3 (t) indicano le tensioni corrispondenti ai tre punti della linea
appartenenti alla sezione S.
In altri termini, ciascuna tensione concatenata rappresenta la tensione fra due conduttori di linea in corrispondenza della sezione considerata. Naturalmente variando la sezione in esame, la terna delle tensioni concatenate cambia e ciò a causa delle cadute di
tensione sulla linea stessa; in seguito, però, supporremo di considerare nulle tali cadute
di tensione sulla linea in modo da poter ritenere costante la terna di tensioni concatenate su tutta la linea indipendentemente dalla sezione in esame. Sommando membro a
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
381
membro le relazioni (11.2) si ottiene:
v 12 (t) + v 23 (t) + v 31 (t) = 0
(11.3)
Sia la (11.1) sia la (11.3) sono equazioni ai valori istantanei nelle quali compaiono grandezze sinusoidali isofrequenziali; come tali, ad esse si può applicare il procedimento di
trasformazione tipico del metodo simbolico (vedi cap.9) giungendo così alle seguenti
relazioni in termini fasoriali:
I 1 + I 2 + I 3 = 0

V12 + V23 + V31 = 0
(11.4)
Tale rappresentazione fasoriale è suscettibile della seguente interpretazione geometrica
nel piano complesso: precisamente, facendo riferimento alla terna di tensioni concatenate, il fatto che la somma dei fasori ad esse corrispondenti sia nulla comporta che i
vettori rappresentativi di tali fasori, disegnati nel piano complesso, si disporranno a
triangolo, come mostrato in fig. 11.2a:
Si parla, allora, di triangolo delle tensioni concatenate. E' possibile anche, mantenendo fisso uno dei tre vettori e traslando parallelamente a se stessi gli altri due, ottenere la cosiddetta stella delle tensioni concatenate (che è mostrata in scala ridotta in fig. 11.2b). E' di
particolare interesse il caso in cui i valori efficaci delle tre tensioni concatenate siano
uguali fra loro, cioè:
V12 = V23 = V31 = V
Evidentemente, ne segue che il triangolo delle tensioni concatenate sarà un triangolo
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
382
equilatero e, con riferimento alla rappresentazione a stella, si avrà che ciascun vettore
sarà sfasato l'uno rispetto all'altro di 120°, come mostrato in figura:
Inoltre, fissato V12
V12 = V∠0°
come fasore di riferimento, si può scrivere :
V23 = V∠ − 120° = V∠240°
V31 = V∠120° = V∠ − 240°
Definendo poi l' operatore complesso α come segue :α = 1∠120° , la
terna di tensioni concatenate può essere scritta come :
V12 , V23 , V31 → V12 , α 2 V12 ,αV12
(*)
Quando si verifica questa condizione, cioè quando i valori efficaci delle tensioni concatenate sono uguali fra loro, si dice che la terna di tensioni concatenate è simmetrica; nel
383
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
caso appena esaminato si dice anche che è una terna di tensioni concatenate di sequenza diretta, questo perché se considero un qualsiasi vettore della terna nella stessa sequenza con cui è scritta nella relazione (*), tale vettore per sovrapporsi a quello che lo
precede deve ruotare di 120° in senso positivo (cioè antiorario). Esiste anche una terna
di tensioni concatenate simmetrica di sequenza inversa riportata in figura:
Si può scrivere allora:
V12 = V∠0°
V23 = V∠120° = V∠ − 240°
V31 = V∠ − 120° = V∠240°
da cui segue che la terna di tensioni concatenate può essere scritta come:
V12 , V23 , V31 → V12 ,αV12 , α 2 V12
(**)
Si osserva che, in questo caso, se considero un qualsiasi vettore della terna nella stessa
sequenza con cui è scritta nella relazione (**), tale vettore per sovrapporsi a quello che
lo precede deve ruotare di 120° in senso negativo (cioè orario).
Le stesse considerazioni fatte per la terna di tensioni concatenate si possono anche estendere alla terna delle correnti di linea per cui si può parlare di terna simmetrica delle
correnti di linea in sequenza diretta e terna simmetrica delle correnti di linea simmetrica in sequenza inversa.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
384
Per entrambe si avrà : I 1 = I 2 = I 3 = I , e scelto il fasore I 1 come riferimento possiamo
scrivere :
I 1 ,α 2 I 1 , αI 1 : sequenza diretta
I 1 ,αI 1 ,α 2 I 1 : sequenza inversa .
Le rappresentazioni a triangolo di tali terne sono così raffigurate:
mentre le rappresentazioni a stella sono mostrate di seguito:
11.2
SCHEMA DI ALIMENTAZIONE DI UN SISTEMA TRIFASE
385
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Da un punto di vista circuitale, il complesso di generazione G mostrato nello schema
generale di un sistema trifase in fig.1 può essere rappresentato, equivalentemente, da
tre generatori monofase distinti le cui forme d'onda, sinusoidali ed isofrequenziali,
hanno lo stesso valore efficace e sono sfasate l'una rispetto all'altra di 120°: in altri termini, i fasori associati alle forme d'onda di tali generatori formano una terna simmetrica in sequenza diretta. In realtà, si hanno due rappresentazioni equivalenti del complesso di generazione G a seconda che i tre generatori monofase siano disposti a stella
o a triangolo. Consideriamo dapprima il caso in cui i tre generatori siano collegati 'a
stella' come mostrato in figura:
Assumendo come riferimento il fasore
Eg1 possiamo scrivere :
Eg1 = E g ∠0° Eg2 = α 2 Eg1 Eg3 = α Eg1 , con E g1 = E g2 = E g3 = E g (*),
avendo affermato che Eg1 , Eg2 , Eg3 formano una terna simmetrica in sequenza diretta .
Applicando la L.K.T. si ottengono le seguenti relazioni:
(
)
 v 12 = Eg1 − Eg2 = Eg1 − α 2 Eg1 = 1 − α 2 Eg1

2
2
 v 23 = Eg2 − Eg3 = α Eg1 − αEg1 = α − α Eg1

 v 31 = Eg3 − Eg1 = αEg1 − Eg1 = (α − 1)Eg1
(
)
Tenendo presente queste relazioni e tenendo conto del fatto che E g1 , E g2 , E g3 formano
una terna simmetrica in sequenza diretta, è facile verificare che anche le tensioni conca-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
386
tenate formano una terna simmetrica in sequenza diretta: infatti, se disegniamo il
triangolo delle tensioni concatenate questo sarà sicuramente equilatero, come mostrato
in figura:
Ponendo : V12 = V23 = V31 = V e E g1 = E g2 = E g3 = E g , si può
scrivere, osservando il triangolo colorato, che :
V
V
3
= E g cos30° ⇔ =
E g ⇔ V = 3E g
2
2
2
(11.5)
Dalla figura precedente si osserva anche che le tensioni concatenate sono in anticipo di
30° sulle tensioni dei tre generatori e, quindi scegliendo E g1 come fasore di riferimento,
cioè ponendo: E g1 = E g ∠0° possiamo scrivere le tensioni concatenate come segue:
V12 = V∠ 30° = 3E g ∠ 30°
V23 = α 2 V12 = 3 E g ∠270°
V31 = αV12 = 3 E g ∠150°
(11.6)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
387
E’ sufficiente, perciò conoscere il valore di Eg per determinare la terna delle tensioni
concatenate. Consideriamo ora il caso in cui i tre generatori monofase distinti siano collegati a triangolo come mostrato in figura:
Evidentemente, si può scrivere:
V12 = Eg1
V23 = Eg2
V31 = Eg3
da cui si deduce, ricordando che E g1 , E g2 , E g3 formano una terna simmetrica in sequenza diretta, che anche le tensioni concatenate costituiscono una terna simmetrica in sequenza diretta.
In entrambi i casi sopra considerati si è visto come ad una terna simmetrica di tensioni
del generatore trifase corrisponda (a meno delle cadute interne) una terna simmetrica
di tensioni concatenate ai morsetti del generatore stesso e, quindi (a meno delle cadute
sulla linea), una terna simmetrica di tensioni concatenate in qualsiasi altra sezione di
linea. Si conclude che la simmetria e la sequenza delle tensioni concatenate dipende essenzialmente dalla simmetria e dalla sequenza delle forme d'onda del generatore trifase (essendo di solito modesta l'influenza delle cadute di tensione) e, poiché quest'ultima è di norma realizzata, faremo d'ora in poi l'ipotesi che i sistemi trifase siano alimentati, salvo precisazione contraria, con tensioni concatenate simmetriche di sequenza diretta.
11.3
UTILIZZATORI TRIFASE
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
388
Gli utilizzatori (o, come si suol dire, i 'carichi') di una linea trifase possono essere costituiti da porzioni di circuito comunque complesse; in relazione a ciò il calcolo delle correnti relative ad essi si può effettuare, note che siano le tensioni concatenate di alimentazione, con i metodi generali illustrati nel capitolo 9 inerente allo studio dei circuiti in
regime sinusoidale. E' tuttavia opportuno soffermarsi su due particolari utilizzatori di
uso assai frequente, costituiti entrambi da tre impedenze collegate, però, in modo diverso.
Triangolo di impedenze. Il primo di essi, rappresentato in fig.7, corrisponde al cosiddetto triangolo di impedenze:
Supponiamo sia nota la terna di tensioni concatenate (simmetrica ed in sequenza diretta) che alimenta il carico e supponiamo siano note le impedenze del triangolo:
V12 = V∠0 o
.
z 12 = z 12 ∠ϕ 1
(riferimento) V23 = V∠ − 120 o V31 = V∠ − 240 o
.
z 23 = z 23 ∠ϕ 2
.
z 31 = z 31 ∠ϕ 3
Evidentemente risulta:

V
V
∠ −ϕ1
I 12 = . 12 =

z 12 z 12

V23
V
∠ − 120 o − ϕ 2
 I 23 = . =
z
23

z 23

V31
V
∠ − 240 o − ϕ 3
 I 31 = . =
z
31
z 31

(11.7)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
389
Note le correnti interne al triangolo, quelle assorbite dalla linea si determinano facilmente facendo ricorso alla L.K.C. applicata ai nodi del triangolo:
I 1 = I 12 − I 31

I 2 = I 23 − I 12

I 3 = I 31 − I 23
(11.8)
Si noti che mentre
{I1 + I 2 + I 3 = 0
ciò, in generale, non è vero per le correnti nei lati del triangolo.
E' di particolare interesse il caso in cui le impedenze che costituiscono il triangolo siano
tra loro uguali, cioè si abbia:
.
.
.
.
z 12 = z 23 = z 31 = z = z∠ϕ
In tal caso diremo che il carico è equilibrato. In particolare, ricordando che le tensioni
concatenate formano una terna simmetrica in sequenza diretta, si deduce, dalle relazioni (11.7), che anche le correnti interne al triangolo formano una terna simmetrica in
sequenza diretta il cui valore efficace è pari a:
I Ω = I 12 = I 23 = I 31 =
V
z
(11.9)
In figura è indicata, nel piano complesso, la terna delle correnti interne al triangolo (si
suppone che sia ϕ>0) :
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
390
Dalla figura si osserva, tramite le relazioni (11.8), che anche la terna delle correnti di linea è simmetrica ed in sequenza diretta.
Di conseguenza, posto : I = I 1 = I 2 = I 3 si ricava facilmente che :
I
3
V
= I Ω cos30° =
I Ω ⇔ I = 3I Ω = 3
2
2
z
(11.10)
Sempre dalla fig.8 si nota che le correnti interne al triangolo sono sfasate di ϕ° in ritardo (avendo supposto ϕ > 0) rispetto alle tensioni concatenate mentre le correnti di linea
sono sfasate di 30° in ritardo rispetto alle correnti interne al triangolo delle impedenze.
Scegliendo, dunque, V12 come fasore di riferimento :V12 = V∠0° ,
V
∠(−ϕ − 30°)
z
I 3 = αI 1
si può scrivere : I 1 = 3I Ω ∠(−ϕ − 30°) = 3
Ovviamente risulta anche : I 2 = α 2 I 1
e
(11.11)
Per quanto riguarda la valutazione energetica, calcoliamo la potenza complessa assorbita dal carico nel caso generale in cui esso sia squilibrato, cioè le impedenze che costituiscono il triangolo
non sono tutte uguali fra loro; per il teorema di Boucherot, tale potenza può essere ricavata come
somma delle potenze complesse assorbite da ciascuna impedenza del triangolo:
391
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
*
*
*
N = N 12 + N 23 + N 31 = V12 I 12
+ V23 I 23
+ V31 I 31
= (nota : V12 = V∠0°)
= V∠0°I 12 ∠ϕ 1 + V∠( −120°)I 23 ∠(120° + ϕ 2 ) + V∠( −240°)I 31∠(240° + ϕ 3 ) ⇒
N = VI 12 ∠ϕ 1 + VI 23 ∠ϕ 2 + VI 31∠ϕ 3 (11.12) , da cui si ottiene anche :
P = VI 12 cosϕ 1 + VI 23 cosϕ 2 + VI 31 cosϕ 3
Q = VI 12 senϕ 1 + VI 23 senϕ 2 + VI 31 senϕ 3
(11.13)
(11.14)
Se il carico è equilibrato risulterà:
ϕ 1 = ϕ 2 = ϕ 3 = ϕ e I 12 = I 23 = I 31 = I Ω , per le quali, sostituendo nelle precedenti relazioni
(11.13) e (11.14) si ottiene :
P = 3VI Ω cosϕ
e Q = 3VI Ω senϕ
da cui, ricordando che : I Ω =
(11.15)
P = 3 VIcosϕ
I
, si ha : 
(11.16)
3
Q = 3 VIsenϕ
(Nota: si tenga presente che ϕ è sempre l'angolo di sfasamento tra la terna delle tensioni concatenate e quella delle correnti interne al triangolo delle impedenze; in altri termini, ϕ è l'argomento comune delle tre impedenze che formano il triangolo in esame).
Stella di impedenze. Lo schema di questo tipo di utilizzatore è mostrato in figura:
Potremmo descrivere il funzionamento di tale carico sfruttando le seguenti relazioni di
Kirchhoff:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
392
V = z. I − z. I
1 1
2 2
 12
.
.

(11.17)
V23 = z 2 I 2 − z 3 I 3

I 1 + I 2 + I 3 = 0

(Nota : non sarebbe stato corretto utilizzare come terza equazione la seguente :
.
.
V31 = z 3 I 3 − z 1 I 1 , perchè è combinazione lineare delle prime due equazioni) .
Si osserva, allora, che il sistema (11.17) fornisce le correnti incognite note che siano le
tensioni concatenate e le impedenze che costituiscono la stella. Tuttavia, conviene, soprattutto in vista di considerazioni future, determinare le correnti di linea per altra
strada. Si procede, allora, in questo modo; supponiamo sia assegnata la terna di tensioni concatenate simmetrica in sequenza diretta e la stella di impedenze:
V12 = V∠0° (riferimento) V23 = V∠ − 120°
.
z 1 = z 1 ∠ϕ 1
.
z 2 = z 2 ∠ϕ 2
V31 = V∠ − 240°
.
z 3 = z 3 ∠ϕ 3
Si introduce una nuova terna di tensioni, dette tensioni di fase, che coincidono con le
tensioni ai capi di ciascuna impedenza che costituisce la stella:
 E = V − V = z. I
1 1
A
O
 1
.

(11.18)
 E2 = VB − VO = z 2 I 2

.
 E 3 = VC − VO = z 3 I 3

dove VA , VB , VC sono le tensioni dei morsetti tramite i quali la stella è collegata alla linea
e VO è la tensione del punto O .
Applicando ora la L.K.T. si può scrivere:
V = z. I − z. I = E − E
1 1
2 2
1
2
 12
.
.

V23 = z 2 I 2 − z 3 I 3 = E 2 − E 3

.
.
V31 = z 3 I 3 − z 1 I 1 = E 3 − E1

(11.19)
Quest'ultime relazioni legano le tensioni concatenate alle tensioni di fase. Ci poniamo
ora il problema di ricavare le tensioni di fase.
393
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Dalle (11.19) si deduce l'esistenza di un punto C del piano complesso, tale che i vettori
che congiungono C con i vertici del triangolo delle tensioni concatenate sono proprio le
tensioni di fase della stella di impedenze considerata.
Di conseguenza il problema si sposta nella determinazione di tale punto C, detto anche
centro stella. Per far ciò si ricorre al vettore spostamento del centro stella che congiunge
il baricentro G del triangolo delle tensioni concatenate, detto centro teorico, con il punto
C, come mostrato in figura:
Evidentemente valgono le seguenti relazioni:
 E 1 = E'1 −E 0

E 2 = E'2 −E 0
E 3 = E' −E 0
3

(11.20)
dove E 0 è il vettore spostamento del centro stella e dove E'1 , E'2 , E' 3 è una particolare
terna di tensioni di fase, dette anche tensioni principali. Dalla fig.11.10 si osserva che
la terna delle tensioni principali è simmetrica ed in sequenza diretta (come la terna delle tensioni concatenate) ed è facile ricavare la terna delle tensioni principali noto che sia
il valore efficace V delle tensioni concatenate; infatti, si può scrivere:
V
3
= E' cos30° =
E' ⇔ V = 3 E'
2
2
E'1 = E'2 = E'3 = E' .
(11.21) , dove E' è il valore efficace delle tensioni principali :
Inoltre, sempre dalla fig.11.10, si nota che la terna delle tensioni principali è sfasata di
30° in ritardo rispetto a quella delle tensioni concatenate; dunque, tenendo conto della
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
394
(11.21) e del riferimento scelto, possiamo scrivere:
E '1 = E' ∠ − 30° =
V
∠ − 30°
3
E ' 2 = α 2 E '1
E ' 3 = α E '1
(11.22)
Avendo ottenuto le tensioni principali, possiamo ora ricavare il vettore spostamento
del centro stella nel seguente modo ( Teorema di Millman ); utilizzando le relazioni
(11.20) le correnti di linea si possono scrivere come:

.
I = E1 = y (E ' − E ) , con
1
0
1
 1 .
z1


E2 .

I 2 = . = y 2 (E'2 − E0 ) , con

z2


E3 .
I 3 = . = y 3 (E' 3 − E0 ) , con

z3
.
.
y1 = 1 z1
.
.
y2 = 1 z2
(11.23)
.
.
y3 = 1 z3
D'altra parte risulta:
.
.
.
I1 + I2 + I3 = 0 ⇔ y1 (E'1 −E0 ) + y2 (E'2 −E0 ) + y3 (E'3 −E0 ) = 0 ⇔
.
.
.
y1 E'1 + y2 E'2 +y3 E'3
E0 =
. . .
y1 + y2 + y3
(11.24)
In definitiva, noto il valore efficace delle tensioni concatenate e noti i valori delle ammettenze che costituiscono la stella, è possibile calcolare, attraverso la formula (11.24),
il vettore spostamento del centro stella e, quindi, determinare le correnti di linea sfruttando le relazioni (11.23).
Nel caso particolare in cui il carico sia equilibrato, cioè si abbia:
.
.
.
.
.
.
.
. 1
z 1 = z 2 = z 3 = z = z∠ϕ ° ⇔ y 1 = y 2 = y 3 = y =
.
z
allora è facile verificare che il vettore spostamento del centro stella è nullo; infatti, ricordando che le tensioni principali formano una terna simmetrica in sequenza diretta e,
quindi, la loro somma è nulla si ha:
⋅
E0 =
(
y E'1 + E'2 + E' 3
⋅
)=0
3y
Di conseguenza, dalle relazioni (11.20) si deduce che le tensioni di fase vengono a coin-
395
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
cidere con le tensioni principali (cioè il centro stella C coincide proprio col baricentro G
del triangolo delle tensioni concatenate) e, perciò, le correnti di linea formano una terna
simmetrica in sequenza diretta e si possono ricavare direttamente come:
E ' 1 E' ∠ − 30 °
V
=
=
∠( − 30 ° − ϕ )
.
z∠ ϕ
3z
z
V
I2 = α 2 I1 =
∠( − 150 ° − ϕ )
(11.25)
3z
V
I 3 = αI1 =
∠( − 270 ° − ϕ )
3z
I1 =
(Nota: si ricordi che le tensioni principali sono sfasate di 30° in ritardo rispetto alle tensioni concatenate).
Per quanto riguarda le considerazioni di tipo energetico, poniamoci nel caso di carico
squilibrato e valutiamo la potenza complessa fornita al carico, sfruttando il teorema di
Boucherot, come potenza assorbita dalle tre impedenze che costituiscono la stella:
N = N 1 + N 2 + N 3 = E1 I 1* + E 2 I 2* + E 3 I 3* = E 1 I 1 ∠ϕ 1 + E 2 I 2 ∠ϕ 2 + E 3 I 3 ∠ϕ 3 (*),
dove ϕ 1 ,ϕ 2 , ϕ 3 sono, rispettivamente, gli argomenti delle tre impedenze che formano la stella
di impedenze in esame . Di conseguenza, si ottiene :
P = E 1 I 1 cosϕ 1 + E 2 I 2 cosϕ 2 + E 3 I 3 cosϕ 3
Q = E 1 I 1 senϕ 1 + E 2 I 2 senϕ 2 + E 3 I 3 senϕ 3
(11.26)
(11.27)
D'altra parte, tenendo conto delle relazioni (11.18), la (*) si può anche scrivere come:
.
.
.
N = N 1 + N 2 + N 3 = E1 I 1* + E 2 I 2* + E 3 I 3* = z 1 I 1 I 1* + z 2 I 2 I 2* + z 3 I 3 I 3* ⇔
.
.
.
N = z 1 I 21 + z 2 I 22 + z 3 I 23
(**)
Di conseguenza, si ottiene :
. 
. 
. 
P = Rez 1  I 12 + Re z 2  I 22 + Re z 3  I 23
 
 
 
. 
. 
. 
Q = Im z 1  I 12 + Im z 2  I 22 + Im z 3  I 23
 
 
 
Nel caso di carico equilibrato si avrà:
(11.28)
(11.29)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
396
ϕ 1 = ϕ 2 = ϕ 3 = ϕ E 1 = E 2 = E 3 = E'
I1 = I2 = I 3 = I =
E'
V
=
z
3z
e quindi si ottiene, osservando le relazioni (11.26) e (11.27):
P=3E’Icosϕ= 3 VIcosϕ (11.30)
Q=3E’Isenϕ= 3 VIsenϕ (11.31)
Dove cosϕ prende il nome di fattore di potenza del carico.
V
e che ϕ rappresenta l’angolo di sfasamento tra tensioni
3
principali, e non quelle concatenate, e correnti assorbite dalla linea cioè, in altri termini,
è l’argomento comune delle tre impedenze che formano la stella in esame).
(Nota: si ricordi che E’=
Potenza istantanea per terne simmetriche e carichi equilibrati.
La potenza istantanea erogata da una terna simmetrica è pari a
p(t) = e1(t)*i1(t) + e2(t)*i2(t) + e3(t)*i3(t)
dove abbiamo indicato con ej (t) ed ij(t) (j=1,2,3) la tensione e la corrente istantanea per
ogni fase. Se il carico è equilibrato si ha:
p(t) = E M I M [cosωt ⋅ cos(ωt - ϕ ) + cos(ωt -
2π
2π
4π
4π
) ⋅ cos(ωt - ϕ ) + cos(ωt ) ⋅ cos(ωt - ϕ )]
3
3
3
3
da cui, con semplici passaggi, si ottiene
p(t) = 3EI cosϕ + Pf (t)
dove Pf(t) è la somma di tre grandezze di pulsazione doppia, ma sfasate di 120o tra lo-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
397
ro (potenza fluttuante). Risulta, quindi,
Pf(t) = 0 per cui:
p(t) = 3EI cosϕ = P
cioè la potenza istantanea di un sistema trifase simmetrico ed equilibrato è costante.
Essa coincide con la potenza media o reale P.
11.4
TEOREMA DI EQUIVALENZA
Sia assegnato un utilizzatore U qualsiasi (vedi fig. 11.11) tale che,
alimentato da un certo sistema di tensioni concatenate V12 , V23 , V31
assorba dalla linea un determinato sistema di correnti I 1 , I 2 , I 3 :
Una stella di impedenze si dirà equivalente all'utilizzatore U nella condizione di funzionamento assegnata quando, alimentata con lo stesso sistema di tensioni concatenate del
carico U, richiami dalla linea le medesime correnti del carico stesso. Si noti che l'equivalenza dipende dalla situazione di funzionamento considerata (caratterizzata dalle
tensioni concatenate e dalle correnti di linea) cosicché una stella che sia equivalente ad
U per un dato funzionamento, in genere non lo è più al variare di esso. Per definizione,
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
398
le impedenze di una stella equivalente devono, quindi, soddisfare il seguente sistema:
.
.

V12 = z 1 I 1 − z 2 I 2

.
.

V23 = z 2 I 2 − z 3 I 3

.
.
V = z 3 I − z 1 I
31
3
1


D'altra parte, come già detto nel paragrafo precedente, l'ultima equazione di tale sistema si ottiene come combinazione delle prime due e, quindi, non va considerata. Essendo le incognite in numero superiore alle equazioni, il sistema ammette infinite soluzioni, una generica delle quali può essere ricavata fissando arbitrariamente un'incognita,
⋅
ad esempio z1 , e ricavando le altre due in funzione di essa. Si osservi che, essendo l'incognita che si sceglie arbitraria nel modulo e nell'argomento, vi sono due gradi di libertà nella scelta iniziale e pertanto le stelle di impedenze equivalenti ad U, nel senso sopra precisato, costituiscono una duplice infinità.
Per individuare una fra le stelle equivalenti ad U si può procedere anche in modo leg⋅
germente diverso, dopo aver osservato che la scelta di un’impedenza, ad esempio z1 ,
equivale, essendo data la corrente, alla scelta della corrispondente tensione di fase
⋅
E 1 = z 1 I 1 e, quindi, del centro C del sistema di tensioni di fase relativo alla stella equivalente. Possiamo, perciò, affermare che ad ogni punto del piano é associata una stella
di impedenze equivalente ad U. In definitiva, la scelta arbitraria di C (che può farsi anch'essa con una duplice infinità di modi, trattandosi di un punto del piano complesso)
conduce a determinare un sistema di tensioni di fase, dal quale, dividendo ciascuna
tensione per la corrispondente corrente (nota), si deducono le impedenze costituenti
una stella equivalente ad U. La provata esistenza di una duplice infinità di stelle di impedenze equivalenti ad U, per una data situazione di funzionamento, è il contenuto del
cosiddetto teorema di equivalenza per i sistemi trifase. Si osservi che una stella di impedenze che sia equivalente ad un carico U nel senso appena chiarito, lo è certamente anche sotto il profilo energetico, vale a dire essa assorbe dalla linea trifase le stesse potenze di U. In conseguenza di ciò è possibile esprimere la potenza complessa richiesta da
U come somma delle potenze complesse assorbite dalle singole impedenze che formano una qualunque tra le infinite stelle equivalenti ad U. Si ha quindi:
N = E1 I 1* + E2 I 2* + E 3 I 3*
dove E 1 , E 2 , E 3 sono le tensioni ai capi di una generica stella equivalente e, per quanto
detto precedentemente, possono intendersi come le componenti di un qualsiasi sistema
di tensioni di fase corrispondente ad un centro C, scelto in modo del tutto arbitrario.
Possiamo, allora, concludere affermando che:
399
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
la potenza complessa assorbita da un utilizzatore U in una data condizione di funzionamento è
invariante rispetto alla scelta della stella di impedenze equivalente ad U.
Benché tale invarianza sia conseguenza ovvia del teorema di equivalenza, può essere
opportuno verificarla direttamente. A tal fine si considerino sul piano complesso due
generici centri C e C' e le corrispondenti terne di tensioni di fase, come mostrato in figura:
Evidentemente si può scrivere:
E '1 = E1 + Ecc'
E'2 = E2 + Ecc'
E '3 = E3 + Ecc'
(*) ,
dove Ecc' ha come estremi i centri considerati .
Dunque, la potenza complessa valutata facendo riferimento al centro C' è data da:
*
*
*
N' = E'1 I 1 + E'2 I 2 + E' 3 I 3 ( 1 )
mentre facendo riferimento al centro C la potenza complessa è data da:
*
*
*
N = E1 I 1 + E2 I 2 + E3 I 3
(2)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
400
(Si noti che le correnti sono le stesse perché l’equivalenza vale solo in corrispondenza
di una certa condizione di funzionamento e, quindi in corrispondenza di un determinato sistema di tensioni concatenate e di correnti di linea). Sostituendo ora le relazioni
(*) nella (1) e ricordando che la somma delle correnti di linea è nulla si ha:
N' = E'1 I 1* + E '2 I 2* + E' 3 I 3* = (E1 + Ecc' )I 1* + (E2 + Ecc' )I 2* + (E 3 + E cc' )I 3* ⇔
(
)
N' = E1 I 1* + E2 I 2* + E 3 I 3* + Ecc' I 1* + I 2* + I 3* = E1 I 1* + E2 I 2* + E 3 I 3* + Ecc' (I 1 + I 2 + I 3 )
*
⇔ N' = E1 I 1* + E2 I 2* + E 3 I 3* = N , che è quanto volevamo dimostrare .
L'invarianza, ovviamente, si applica sia a P che a Q.
11.5 MISURA DELLA POTENZA NEI SISTEMI TRIFASE. INSERZIONE ARON.
Abbiamo visto nel paragrafo precedente che, per il teorema di equivalenza, possiamo
valutare la potenza complessa assorbita da un certo utilizzatore come la potenza complessa assorbita da una qualsiasi fra le stelle di impedenze equivalenti all'utilizzatore in
esame per una determinata condizione di funzionamento. Quanto detto per la potenza
complessa vale anche per quella attiva e per quella reattiva. Perciò, scelta una stella di
impedenze equivalente all'utilizzatore in esame, cioè fissato arbitrariamente un centro
C del piano complesso, possiamo calcolare la potenza attiva come:
P=E1I1cosϕ1+ E2I2cosϕ2+ E3I3cosϕ3
(11.32)
Dove ϕ1,ϕ2,ϕ3 sono gli angoli di sfasamento delle tensioni E 1 , E 2 , E 3 costituenti la terna
di tensioni di fase relativa al centro C scelto rispetto alle corrispondenti correnti
I1 , I2 , I3 .
401
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
La relazione (11.32) ci suggerisce, allora, il seguente schema per la misura della potenza attiva
assorbita da un utilizzatore U:
E' facile osservare che il primo wattmetro misura proprio il primo addendo della relazione (11.32); infatti la sua bobina amperometrica è percorsa dalla corrente di linea I1
(a meno della corrente che scorre nella bobina voltmetrica che è trascurabile in quanto
supponiamo la resistenza R di valore elevato) e la tensione ai capi della bobina voltmetrica è pari proprio alla tensione di fase E 1 essendo inserita tra la linea 1 ed il centro
stella. Di conseguenza, ricordando che la lettura di un wattmetro è pari al prodotto scalare tra la corrente che scorre nella bobina amperometrica e la tensione ai capi della bobina voltmetrica si ha:
W1 = E1 ⋅ I 1 = E 1 I 1 cosϕ 1 . In maniera analoga si troverà :
W2 = E2 ⋅ I 2 = E 2 I 2 cosϕ 2
e W3 = E 3 ⋅ I 3 = E 3 I 3 cosϕ 3 ;
in definitiva, si ottiene : P = W1 + W2 + W3
(11.33)
In altri termini, è possibile misurare la potenza attiva assorbita da U come somma delle
letture dei tre wattmetri. Osserviamo che, nello schema di fig.11.13, la funzione della
stella di centro O è quella di rendere disponibile un sistema di tensioni di fase da applicare alle bobine voltmetriche dei wattmetri, sistema che può essere qualsiasi e che
pertanto non pone vincoli particolari alla stella suddetta. Approfittando dell'arbitrarietà del sistema di tensioni di fase che compare nella relazione (11.32), possiamo scegliere
tale sistema con il centro C coincidente con un vertice, ad esempio il vertice 2, del
triangolo delle tensioni concatenate, come mostrato in fig. 11.14a:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
402
In tal caso risulta:
E1 = V12
E2 = 0
E 3 = − V23 = V32
(11.34)
Di conseguenza, tenendo presente la relazioni (11.32), possiamo scrivere :
P = V12 ⋅ I 1 + V32 ⋅ I 3
(11.35)
(dove si è fatto uso del prodotto scalare per indicare il prodotto dei moduli dei vettori
per il coseno dell'angolo di sfasamento tra i vettori stessi). La relazione (11.35) suggerisce un metodo di misura della potenza attiva fondato sull'impiego di due soli wattmetri inseriti come in fig. 11.14b; Infatti si riconosce immediatamente (considerando quali
correnti interessano le bobine amperometriche e quali tensioni sono applicate alle bobine voltmetriche) che le letture indicate dai due wattmetri coincidono, rispettivamente, con il primo ed il secondo addendo della relazione (11.35), cosicché risulta:
P = Wa + Wb
(11.36)
In altri termini, con lo schema di misura adottato (noto come inserzione Aron) la potenza attiva assorbita da U si deduce come somma delle letture di due soli wattmetri.
403
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
Consideriamo il caso particolare in cui il carico sia equilibrato:
Si osserva che l' angolo di sfasamento tra V12 e I 1 è pari a (30° + ϕ ) mentre l' angolo di
sfasamento tra V32 e I 3 è pari a (30° - ϕ ); in conseguenza di ciò risulta che :
3
1
VIcosϕ − VIsenϕ
2
2
3
1
Wb = V32 ⋅ I 3 = VIcos(30° − ϕ ) =
VIcosϕ + VIsenϕ
2
2
Wa = V12 ⋅ I 1 = VIcos(30° + ϕ ) =
(*)
(**)
dove V è il valore efficace delle tensioni concatenate ed I è il valore efficace delle correnti di linea. Sommando membro a membro la (*) e la (**) si ottiene:
Wa + Wb = 3VIcosϕ = P
D' altra parte sottraendo la (*) dalla (**) si ricava :
Q
⇔ Q = 3 (Wb − Wa ) ,
Wb − Wa = VIsenϕ =
3
che consente di ottenere la potenza reattiva assorbita da U moltiplicando per 3 la
differenza fra le letture dei due wattmetri .
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
404
11.6
SISTEMI TRIFASE CON NEUTRO
Il loro schema è mostrato in figura:
Si tratta di un generatore trifase G, equivalente a tre generatori monofase disposti a
stella le cui forme d'onda costituiscono una terna simmetrica in sequenza diretta (vedi
paragrafo 11.2), che alimenta una linea trifase normale ed un quarto filo, il 'neutro', collegato al centro stella del generatore G. Per quanto riguarda le correnti di linea si deve
ora scrivere:
405
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
I1 + I2 + I 3 + In = 0
(11.37)
Per quanto riguarda, invece, le tensioni si ha a disposizione sia la terna delle tensioni
concatenate (definite sempre allo stesso modo: vedi paragrafo 11.1) che è simmetrica ed
in sequenza diretta (essendo tale la terna delle tensioni dei generatori) sia la terna delle
tensioni esistenti fra ciascuno dei tre conduttori di linea ed il neutro.
Dalla figura si osserva, però, che queste tensioni si identificano, a meno delle cadute,
con la terna simmetrica delle tensioni del generatore trifase ed il valore efficace di ciascuna di esse risulta espresso da:
Eg =
V
.
3
dove V è il valore efficace delle tensioni concatenate. Consideriamo, in particolare, il
caso di un utilizzatore costituito da una stella di impedenze il cui centro è collegato al
neutro, come mostrato nella precedente figura. Evidentemente possiamo scrivere (nell'ipotesi di considerare nulla l'impedenza del neutro):
E1 = E g1
E 2 = E g2
E 3 = E g3
(11.38)
Poichè E g1 , E g2 , E g3 formano una terna simmetrica in sequenza diretta tale sarà anche la
terna delle tensioni di fase che, quindi, viene a coincidere con la terna delle tensioni principali .
In altri termini, qualunque siano le impedenze della stella, il centro C del sistema delle
tensioni di fase coincide col baricentro del triangolo delle tensioni concatenate.
Di conseguenza le correnti sono date da:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
406
E g2
E g3
E
E1 E g1
E
=
I2 = 2 =
I3 = 3 =
(11.39)
.
.
.
.
.
.
z1
z1
z2
z2
z3
z3
(Si osservi che le correnti di linea non formano una terna simmetrica essendo, in generale,
I1 =
le impedenze diverse tra loro) . La corrente nel neutro si ricava dalla (1) :
I n = −(I1 + I 2 + I 3 ) (11.40)
Qualora il carico sia equilibrato, cioè si abbia :
.
.
.
.
z1 = z2 = z3 = z ,
allora risulta :
1
Eg1 + Eg2 + Eg3 = 0 ,
z
formano una terna simmetrica in sequenza diretta .
I n = −(I 1 + I 2 + I 3 ) = −
poichè Eg1 , Eg2 , Eg3
(
)
Da quanto esposto emerge che la funzione del neutro, nel caso dell'utilizzatore a stella,
è quella di stabilizzare il centro C del sistema di tensioni di fase nel baricentro del
triangolo delle tensioni concatenate; si evita in tal modo che, a causa del diverso valore
delle impedenze, si possano avere valori anche molto diversi (rispetto alle tensioni di
alimentazione) delle tensioni sulle impedenze stesse, ciò che potrebbe compromettere il
corretto funzionamento dell'utilizzatore. La sezione del neutro, secondo le norme CEI
64-8/5, viene scelta in questo modo: se la sezione del conduttore di fase è in rame ed è
Scu<=16 mm2, se il conduttore di fase è in alluminio ed è Sal<=25 mm2 allora, corrispondentemente, la sezione del neutro Sn deve essere uguale a quella del conduttore di fase.
Se Scu>16 mm2 o Sal>25 mm2 allora la sezione del neutro Sn può essere inferiore a quella
del conduttore di fase purché il conduttore scelto abbia una portata maggiore o uguale
al valore efficace della corrente del neutro (la portata è uguale al massimo valore ammissibile di corrente di un conduttore). In questo caso, però, la Sn non deve essere mai
inferiore a 16 mm2 o 25 mm2, rispettivamente.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
407
CAPITOLO 12
12.1
CIRCUITI MAGNETICI
408
12.2
ESEMPIO DI CIRCUITO MAGNETICO
414
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
408
12.1
CIRCUITI
MAGNETICI
Si definisce circuito magnetico una zona di spazio costituita da un tubo di flusso del vettore induzione magnetica. Vale la seguente legge della circuitazione magnetica: si
409
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
consideri un circuito magnetico elementare, costituito cioè da un solo tubo di flusso, ad
esempio un solenoide toroidale (come quello mostrato in figura) che, per comodità,
supporremo abbia una sezione costante S ed una struttura filiforme, in modo tale che
una qualsiasi linea chiusa individuata all'interno del tronco non si discosti apprezzabilmente dalla linea media. Inoltre supporremo gli avvolgimenti disposti in maniera
uniforme e a simmetria radiale su tutta la struttura in modo da trascurare (tranne casi
particolari) i flussi dispersi. Con queste ipotesi si può ritenere che le linee di flusso del
campo magnetico siano contenute tutte all'interno del toroide e che il campo magnetico
risulti qui costante.
Sussiste allora la seguente relazione (legge di Hopkinson):
∫ H ⋅d l = ∑ N i I i ⇔ H ⋅ l m = ∑ N i I i
i
Γ
(12.1) ,
i
dove H è il campo magnetico e N i è il numero di spire per ciascun
concatenamento . Tra l' altro, definita la riluttanza magnetica del tubo
l
di flusso come segue : ℜ = m ( µ = permeabilità magnetica del tubo) ,
µS
∑N i I i
sussiste la relazione : Φ = i
(12.2)
ℜ
dove Φ è il flusso del campo magnetico costante in ogni sezione del tubo. Mettendo insieme le relazioni (12.1) e (12.2) si ottiene:
∑N
i
iIi
= H ⋅ l m = ℜΦ (legge di Rowland)
(*)
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
410
e ℜΦ si misurano entrambe in [A ⋅ sp] e prendono il
m
nome di cadute di tensione magnetiche nel tubo di flusso .
Le quantità H ⋅ l
Si osserva, inoltre, che sussiste un'analogia (puramente formale) tra la relazione (12.2) e
la legge di Ohm per circuiti elettrici che può essere così generalizzata:
→ Φ [Wb] : flusso
I [A] : corrente
J A m 2  : densità di corrente → B Wb m 2  : induzione magnetica




E [V ] : forza elettro - motrice → NI [Asp] : forza magneto - motrice
→ ℜ H − 1  : riluttanza magnetica


RI [V ] : caduta di tensione → ℜΦ [Asp] : caduta di tensione
elettrica
magnetica
R [Ω] : resistenza
Nella tecnica corrente delle costruzioni elettromeccaniche il circuito magnetico è realizzato da una struttura ferro-magnetica ad alta permeabilità nella quale si possono individuare diversi tubi di flusso che chiameremo tronchi magnetici di materiale omogeneo,
di lunghezza media lmi, sezione costante Si e permeabilità magnetica µi. Per tali circuiti
magnetici, indicata con NI la forza magneto-motrice totale presente nel circuito, la relazione (*) si può scrivere come:
NI =
∑H l
i mi
i
=
∑ℜ Φ
i
i
(**)
i
dove la sommatoria è estesa a ciascuno dei tronchi magnetici presenti nel circuito in
esame. Diamo, infine, le seguenti definizioni: un tronco magnetico si dice passivo quando non è sede di una forza magneto-motrice, altrimenti si dice attivo.
Consideriamo un tronco passivo percorso da un flusso Φ;
si definisce tensione magnetica del tronco la seguente quantità:
θ AB = ℜΦ = HAB ⋅ l m (12.3), doveℜ è la riluttanzamagneticadel tronco.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
411
Si osservi l'analogia con un resistore lineare. Consideriamo un tronco attivo percorso
da un flusso Φ; si definisce tensione magnetica del tronco la seguente quantità:
θ AB = ℜΦ + NI = H AB ⋅ l m + NI
(12.4) , dove ℜ è la riluttanza magnetica del tronco.
Si osservino i segni associati alla forza magneto-motrice e al flusso, dove il verso della
forza magneto-motrice è dato dalla "regola del cavatappi" ed il verso del flusso è scelto
in maniera arbitraria. Il circuito elettrico analogo è mostrato di seguito:
Ovviamente, modificando il verso del flusso si ha:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
412
Da quanto detto ne consegue che i circuiti magnetici possono essere considerati come
vere e proprie reti magnetiche in cui possono esserci tronchi in parallelo, caratterizzati
da una stessa tensione magnetica e da flussi distinti, o tronchi in serie, caratterizzati
dallo stesso flusso ma da tensioni magnetiche diverse: ha senso, allora, parlare di nodo
come punto di confluenza di almeno tre tronchi e di maglia come poligono chiuso costituito da tronchi del circuito. Possiamo, inoltre, estendere ai circuiti magnetici le leggi di
Kirchhoff come segue:
1. la somma algebrica dei flussi magnetici che confluiscono in un nodo è nulla:
∑Φ
i
=0
(12.5)
i
2. la somma algebrica delle forze magneto-motrici agenti nei lati di una maglia uguaglia la somma delle cadute di tensione magnetiche:
∑N I = ∑H l
i i
i
i mi
i
=
∑ℜ Φ
i
i
(12.6)
i
Abbiamo, in questo modo, stabilito un'analogia formale tra reti elettriche e reti magnetiche estendendo le leggi valide per le prime alle seconde. Vi è, tuttavia, una differenza
sostanziale di comportamento tra i due tipi di rete in quanto, mentre le reti elettriche
sono costituite da elementi lineari, i circuiti magnetici sono costituiti da elementi non
lineari (in realtà si tratta di una generalizzazione puramente teorica poiché negli impianti elettrici si trovano frequentemente esempi di elementi non lineari così come è
possibile trovare circuiti magnetici con elementi lineari, costituiti cioè da materiale con
permeabilità magnetica costante). Questa differenza, in pratica, si traduce nel fatto che
le resistenze dei circuiti elettrici sono costanti ed indipendenti dalle correnti che vi si
stabiliscono (e quindi sono note anche quando le correnti sono incognite) mentre le riluttanze dei tronchi di circuito magnetico dipendono, ed in modo non lineare, dai valori dei flussi che vi si stabiliscono (e quindi sono incognite quando i flussi non sono no-
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
413
ti). Nelle strutture magnetiche semplici i problemi che si presentano sono sostanzialmente di due tipi:
a) problema diretto, cioè data la forza magneto-motrice applicata e le caratteristiche
strutturali e geometriche del circuito determinare il flusso che vi si stabilisce;
b) problema inverso, cioè date le caratteristiche strutturali e geometriche del circuito ed
il flusso che in esso si stabilisce determinare la forza magneto-motrice di eccitazione.
Data, in generale, l'impossibilità di scrivere le equazioni che traducano le caratteristiche di magnetizzazione dei tronchi di un circuito magnetico (equazioni che sarebbero
non lineari) non si possono adottare per le reti magnetiche metodi di risoluzione analitica. E' necessario, quindi, adottare dei metodi grafici che consistono nel disegnare, in
un piano cartesiano, le caratteristiche di magnetizzazione dei tronchi che formano la
rete magnetica in esame riportando sull'asse delle ordinate il flusso che attraversa il
tronco in funzione della tensione magnetica applicata ai capi del tronco che viene riportata sull'asse delle ascisse. Occorrerà, inoltre, fare riferimento alle curve di magnetizzazione relative al materiale di cui è costituito il tronco in esame le quali curve, come
è noto, riportano sull'asse delle ordinate il vettore B induzione magnetica e sull'asse
delle ascisse il vettore H campo magnetico. Si osservi che essendo B proporzionale al
flusso Φ a meno della sezione del tronco e H proporzionale alla tensione magnetica θ a
meno della lunghezza media del tronco, mediante opportune variazioni di scala, si può
considerare la curva di magnetizzazione del tronco come la sua caratteristica di magnetizzazione (per i tronchi passivi). Accenniamo, infine, all'eventuale presenza in un circuito magnetico di un traferro, ossia di una sezione, generalmente di spessore ridotto,
in cui sia presente il vuoto e, quindi, caratterizzato da una permeabilità magnetica costante e pari a:
µ 0 = 4π ⋅ 10 −7 [H m ] .
Di conseguenza, un traferro può essere considerato come un tronco magnetico lineare
per cui valgono le seguenti relazioni:
B = µ0H
e
θ t = H t l t = ℜt Φ t =
lt
Φ
µ0 S t t
Si osservi, inoltre, che in generale la permeabilità magnetica del vuoto è molto minore
della permeabilità magnetica di un qualsiasi materiale e, perciò, la caduta di tensione
nel traferro sarà molto maggiore rispetto alla caduta di tensione in un tronco magnetico costituito da un certo materiale.
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
414
12.2
ESEMPIO DI CIRCUITO MAGNETICO
Si determini la frequenza di risonanza del circuito magnetico mostrato in figura:
I dati sono i seguenti:
l (lunghezza di ciascun lato) = 1 [m ]
[ ]
S (sezione costante) = 10 −2 m 2
µ r = 103 ⇒ µ = µ r µ 0 = 4π ⋅ 10 −4 [H m ]
N 1 = N 3 = 100 [sp]
N 2 = 200 [sp]
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
415
Tracciamo, anzitutto, il circuito elettrico analogo al circuito magnetico in esame:
Calcoliamo subito le riluttanze magnetiche dei tre tronchi in cui può essere diviso il
circuito magnetico di fig.2.2 che sono date da:
R1 = R 3 =
3l
µS
e
R2 =
l
µS
Nel circuito di fig.12.2, Φ1 rappresenta il flusso del campo magnetico totale (cioè dovuto alle correnti che scorrono nei tre avvolgimenti, le quali correnti, tra l’altro, sono uguali fra loro essendo le tre bobine collegate in serie) concatenato ad una sola spira del
primo avvolgimento; le stesse considerazioni valgono per Φ2 e Φ3. I valori di questi
flussi possono essere determinati risolvendo il seguente sistema le cui equazioni si ottengono semplicemente applicando le leggi di Kirchhoff magnetiche al circuito di
fig.2.2:
N 1 I 1 + N 2 I 2 = R 1 Φ 1 + R 2 Φ 2
Φ 1 = aI
N I − N I = R Φ − R Φ
 3 3

2 2
3 3
2 2
che risolto dà : Φ 2 = bI

Φ
=
Φ
+
Φ
2
3
 1
Φ = cI
 3
I 1 = I 2 = I 3 = I
dove a, b e c sono costanti dipendenti dai parametri circuitali .
Si ricava allora:
Brucoli Acciani – Appunti di Elettrotecnica
416
Φ 1T

Φ 2T
Φ
 3T
Φ 1T

L 1 = I = aN 1
= N 1Φ 1

Φ

= N 2 Φ 2 ⇒ L 2 = 2T = bN 2
I
= N 3Φ 3 
Φ

3T
L 3 = I = cN 3
Otteniamo, dunque, l'induttanza equivalente alle tre bobine collegate in serie come:
L=L1+L2+L3
Di conseguenza, il circuito di fig. 12.1 si riduce ad un semplice circuito RLC serie la cui
frequenza di risonanza è pari a:
ω0=
1
LC
dove L è l’induttanza equivalente appena ricavata e C è la capacità del condensatore
che supponiamo nota.