Le istituzioni in Grecia
Durante il Medioevo ellenico c’è una netta distinzione tra le famiglie aristocratiche – proprietari
di grandi appezzamenti terrieri – e il demos (l’insieme dei pastori, contadini, artigiani).
Il potere era detenuto dal re che governava riunendo periodicamente il consiglio dei guerrieri.
Tra il IX e l’VIII sec. a.C. i nobili presero il potere sottraendo importanza al re.
Tra l’VIII e il VI sec. a.C. diverse esigenze spingono i villaggi agricolo-pastorali a riunirsi dando
vita alle poleis: difendersi da attacchi esterni, partecipare collettivamente a cerimonie religiose,
organizzare la vita economica in modo più efficiente e produttivo, amministrare la giustizia e
gestire la vita politica.
Tradurre la parola POLIS con città può portare a considerazioni sbagliate. Infatti era possibile che
gli abitanti della polis vivessero in un centro urbano, ma anche che vivessero sparsi in piccoli
villaggi. La polis erano i suoi cittadini. Non Atene (ad esempio), ma gli ateniesi.
Centrale nell’ordinamento della polis era la terra: ciascun cittadino, per essere definito tale, doveva
in genere possedere un lotto di terra all’interno del territorio della polis.
La polis nasce dalla scelta dei cittadini di mettere in comune una parte delle prerogative
precedentemente appannaggio delle famiglie più influenti: il potere militare, il potere politico,
l’amministrazione della giustizia…
La storia delle poleis dell’età arcaica (VIII-VI sec. a.C.) è caratterizzata dallo scontro sociale e
politico fra nobili e demos. Infatti per acquistare sementi o attrezzi necessari per lavorare i campi,
frequentemente i piccoli proprietari erano costretti ad indebitarsi con i nobili. Quando non
riuscivano a pagare i debiti diventavano schiavi dei loro creditori (schiavitù per debiti).
Tale situazione si aggravò a causa di un aumento di popolazione che si verificò tra l’VIII e il VI sec.
a.C. Molti greci allora furono costretti ad abbandonare la loro patria per dirigersi prima verso
Occidente (Italia meridionale, Francia, Spagna, Africa settentrionale), poi verso Oriente (Egeo
settentrionale, mar Nero). Si parla in questo caso di seconda colonizzazione (la prima aveva avuto
luogo dopo l’invasione dei dori): la cultura greca si diffonde vastamente nel bacino del
Mediterraneo.
Le nuove poleis nate dalla colonizzazione conservavano profondi legami con la madrepatria. Presto
si instaurò una fitta rete di scambi commerciali tra le poleis greche e le colonie: queste esportavano
prodotti che in Grecia scarseggiavano (come il grano) e importavano vino, olio e prodotti
artigianali.
Nel demos si formò così una nuova classe benestante di mercanti e artigiani che incominciò a
premere sull’aristocrazia per ottenere diritti politici, alleata con i contadini che chiedevano
l’abolizione della schiavitù per debiti.
Queste lotte trovarono una prima soluzione nella figura dei legislatori: tra il VII e il VI sec. in
molte poleis della Grecia e della Magna Grecia si affidò a un uomo, in genere a un aristocratico di
riconosciuta autorevolezza, il compito di redigere leggi alle quali dovevano attenersi sia il demos
che l’aristocrazia. Si afferma così il diritto scritto. E’ un momento importante, perché la legge
scritta, diversamente da quella orale, poteva essere conosciuta da tutti e sottoposta a controllo.
La democrazia ad Atene
Dall’oligarchia alla timocrazia
Anche Atene, a partire dalla metà dell’X sec., passò gradualmente da un regime monarchico a un
regime aristocratico (dal potere del re a quello delle grandi famiglie aristocratiche).
Alla fine del VII sec. il potere era detenuto da nove arconti che svolgevano le funzioni politicoreligiose prima svolte dal re. Esaurito il loro mandato gli arconti entravano a far parte
dell’Areopago, il tribunale supremo della città.
Durante la fase di legislatori fu importante la personalità di Solone che nel 594 introdusse
importanti riforme:
- abolì la schiavitù per debiti;
- obbligò i nobili a restituire le terre ai contadini debitori;
- divise la popolazione in quattro classi sulla base del reddito. L’ultima classe (i teti) era
rappresentata dai nullatenenti. Solo i membri delle prime tre classi avevano diritto di voto e
dovevano prestare servizio nell’esercito. Solo i membri delle prime due potevano essere
eletti alle cariche politiche. Anche i teti potevano invece partecipare alle assemblee
pubbliche.
La forma di governo istituita da Solone prende il nome di timocrazia, termine che indica come
l’esercizio del potere derivasse dalla ricchezza.
Le riforme di Clistene
Successivamente le istituzioni ateniesi vengono perfezionate, nel 510 a.C. da Clistene che si ritiene
essere il fondatore della democrazia ateniese.
Clistene divide il territorio dell’Attica (la regione in cui gravita Atene) in tre parti: territorio della
costa, della pianura e della montagna. Ogni parte è divisa in 10 demi (circoscrizioni). Un demos di
costa più uno di montagna più uno di pianura formava una delle 10 tribù in cui venne divisa Atene
da Clistene. I cittadini venivano così suddivisi in base alla loro residenza, non più in base alla loro
ricchezza.
Ogni tribù estraeva a sorte 50 cittadini che entravano a far parte della bulè (il consiglio dei 500) che
aveva il compito di redarre le leggi che l’ecclesìa (l’assemblea di tutti i cittadini) doveva discutere
ed approvare.
Per garantire a tutti i cittadini la possibilità di essere eletti alle cariche politiche, molte di queste
erano assegnate per sorteggio.
Quelle più delicate, che richiedevano competenze specifiche (come le capacità di comando militare)
erano però assegnate per elezione.
Clistene introdusse anche l’istituzione dell’ostracismo, una procedura che serviva per allontanare
per dieci anni dalla polis un cittadino ritenuto politicamente pericoloso.
Ogni anno l'assemblea ateniese votava per alzata di mano se era necessario il ricorso a un
ostracismo. In caso affermativo, due mesi più tardi si teneva una votazione pubblica in cui ogni
votante scriveva il nome della persona da esiliare su un coccio (greco óstrakon): se si contavano
almeno seimila voti validi, la persona doveva lasciare Atene entro dieci giorni. L'ostracismo non era
un marchio permanente: l'ostracizzato non perdeva né le proprietà né la cittadinanza e poteva essere
richiamato con un voto dell'assemblea.
Sparta
Sparta sorse dall’unione di diversi villaggi situati nella regione della Laconia, nel Peloponneso.
Le particolarità di Sparta, rispetto alle altre poleis greche sono le seguenti:
- la polis non aveva alcuna vocazione marinara (il porto più vicino si trovava a 35 km)
- Sparta possedeva vastissimi territori agricoli che garantivano l’autosufficienza alimentare e
non rendevano necessarie avventure coloniali o imprese commerciali.
I vasti possedimenti terrieri di Sparta derivavano dalle guerre condotte contro la vicina Messenia
(VIII-VII sec.) i cui abitanti vennero ridotti in schiavitù.
Proprio la necessità di tenere in schiavitù una massa di uomini assai più numerosa degli stessi
cittadini fu la causa della militarizzazione della società spartana.
La struttura sociale
La società spartana era divisa in tre classi:
- Gli spartiati detenevano i pieni diritti civili. Il loro numero (originariamente 9.000) va
drammaticamente diminuendo nei secoli. Ciascuno possedeva un appezzamento di terreno
(kleros) che forniva il necessario per vivere ed era curato dagli iloti. Dedicavano la vita
all’attività politica e militare.
- I perieci (coloro che abitano intorno) – vivevano in comunità a sé stanti, coltivavano la
terra e svolgevano attività artigianali e commerciali. Servivano nell’esercito accanto agli
spartiati, ma non avevano diritti politici. Mostrarono, in generale, assoluta fedeltà.
- Gli iloti – totalmente privi di diritti. Lo Stato si considerava permanentemente in guerra con
loro – appartenevano allo Stato e raramente potevano emanciparsi. Coltivavano le terre degli
spartiati, trattenendo metà circa del raccolto. Una parte degli iloti discendeva dai Messeni
sconfitti nelle guerre dell’VIII-VII sec. Erano in numero molto superiore agli spartiati.
L’ordinamento politico
Le istituzioni spartane erano costituite da:
- due re, che avevano un potere essenzialmente limitato alla sfera militare (erano i
comandanti dell’esercito)
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la gherusia (il consiglio degli anziani), composta da 28 membri (da 60 anni in su) più i due
re. Detiene i poteri legislativo e giudiziario.
L’eforato – (eforo = controllore). Era un collegio di 5 uomini, eletti fra tutti i cittadini con
un mandato di un anno. Detenevano poteri assai estesi (potevano controllare e censurare
l’operato degli stessi re).
L’appella (assemblea del popolo) ne fanno parte tutti i cittadini di pieno diritto (spartiati) –
eleggeva gli efori e la gherusia.
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Il sistema educativo spartano – (agoghè)
Dagli 8 anni i figli degli spartiati sopravissuti alla selezione naturale imposta dalla polis venivano
affidati allo stato e crescevano divisi in gruppi di età, sotto la supervisione di istruttori statali.
L’istruzione era principalmente fisica, volta a formare dei perfetti guerrieri: i bambini venivano
abituati a sopportare le privazioni, la fatica, a sviluppare il senso di competizione e l’obbedienza, a
sopportare la paura, etc.
Alla cultura in senso stretto, diversamente rispetto ad Atene, non veniva dedicato molto tempo.
Scarsissimo il tempo dedicato all’affinamento culturale.
Il percorso di formazione si concludeva con il compimento dei 30 anni, quando il cittadino
raggiungeva la pienezza dei diritti politici.
Esercito
Nell’esercito militavano gli spartiati dai 18 ai 60 anni.
A differenza delle altre poleis le uniformi e le armi erano fornite dallo Stato.
In confronto alle altre poleis, infatti, l’esercito spartano era altamente professionalizzato ed era
considerato invincibile (viene battuto per la prima volta nel 371 dai tebani).
Il problema maggiore era costituito dal numero: circa 10.000 nell’VIII sec., gli spartiati saranno
solo poche centinaia nel IV sec.