INCONTRO PUBBLICO CON LEONARDO BECCHETTI, ECONOMISTA Nel teatro del nostro Istituto c’era un pubblico numeroso venerdì 15 febbraio 2013 ad attendere l’economista Leonardo Becchetti. Non solo docenti, studenti ed autorità rappresentanti gli enti organizzatori della serata (l’Istituto d’istruzione “A. Degasperi”, la Biblioteca e la Cassa Rurale di Olle-Samone-Scurelle) ma anche tanta gente comune, attratta probabilmente dal titolo della serata “Economia della felicità”. Associare l’economia, “la scienza triste”, agli studi sulla felicità è un metodo d’indagine sicuramente trascurato dalla maggioranza degli economisti succedutisi in questi secoli di vita della scienza economica. Leonardo Becchetti è invece un autorevole esponente del filone di studi nato negli ultimi decenni che fa rientrare anche la felicità nell’oggetto di studio dell’economia. Ciò comporta l’adozione di un approccio multidisciplinare nello studio dei fenomeni economici che coinvolge altre discipline come la psicologia e la sociologia. Iniziando la conversazione dagli aspetti problematici della realtà, il professor Becchetti ha precisato che la crisi attuale presenta molte sfaccettature: è crisi economica, finanziaria ma anche ambientale e di felicità. La crisi economica ci è stata presentata con parole che non sono consuete: è il prezzo che noi popoli occidentali stiamo pagando per il fatto di esserci sviluppati da soli e non insieme agli altri. Questo ha consentito al costo del lavoro di posizionarsi su livelli molto differenti nei diversi paesi del mondo e come diretta conseguenza assistiamo ora impotenti al fenomeno per cui molte imprese in occidente de-localizzano per aprire nuovi stabilimenti negli stati in cui i lavoratori si pagano molto molto meno. In occidente dobbiamo quindi fare i conti con una disoccupazione preoccupante che risucchia nel vortice della povertà un numero sempre crescente di famiglie. La tabella del reddito pro-capite in Italia nel decennio 2000-2010 parla chiaro: decrescita (unico fra i 26 paesi europei presenti nell’elenco). L’economista ci ha poi ricordato come la crisi economica di questi anni sia diventata anche crisi finanziaria a causa del diffuso crescente ricorso alle pratiche dell’indebitamento per consentirci quegli acquisti che il reddito da solo non bastava più a garantire. E il settore della finanza ha assunto dimensioni e dinamiche spaventose. Il professor Becchetti lo ha paragonato ad un tubo rotto che posizionato al terzo piano di un edificio sta allagando tutta la casa. Intervenire a riparare il guasto richiederebbe misure drastiche decise nei consessi statali e internazionali (tassa sulle transazioni finanziarie, separazione tra banca commerciale e banca d’affari ...); i nostri politici, invece, sembrano non comprendere la gravità della situazione se di fronte a questo tubo rotto che sta allagando l’edificio reagiscono litigando fra loro su chi deve “passare lo straccio”.. Crisi economica e finanziaria dunque, ma non solo. Ad accentuare la gravità della situazione attuale contribuisce una preoccupante crisi ambientale. Casi come quelli dell’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria d’Europa, ci presentano ineluttabile l’esigenza di conciliare le ragioni del lavoro con quelle dell’ambiente e della salute dei cittadini. In ultima, ma non per importanza Leonardo Becchetti ha ricordato la crisi di senso della vita nelle nostre società, una crisi di felicità. Le società dei paesi ricchi non sono società felici perché le persone, spinte dalla pubblicità, si sono abituate a consumare molti beni di comfort, ma sono diventate povere di tempo, povere di beni relazionali. Il professor Becchetti ha messo al centro del discorso anche una riflessione critica sulla scienza economica, su alcuni assunti ritenuti fondamentali ma contestati dai fatti. Gli economisti si sono sbagliati anzitutto a considerare l’uomo come homo economicus, cioè come il perfetto calcolatore che basa ogni sua scelta su criteri razionali per massimizzare il proprio tornaconto. L’homo economicus è triste e socialmente dannoso. Nessuno, ha detto simpaticamente Becchetti, si augurerebbe di far uscire la propria figlia in compagnia dell’homo economicus. Esperimenti importanti hanno dimostrato che le persone non agiscono solo in questo modo, la psicologia insegna che ci sono altre cause alla base dei nostri comportamenti. Dunque l’homo economicus deve avere un suo spazio nella teoria economica ma non può occupare tutto lo spazio. Altro errore degli economisti è stato quello di considerare le imprese come soggetti rivolti esclusivamente alla massimizzazione del proprio profitto, per l’esclusiva soddisfazione dei propri azionisti. Ma la realtà ci ha mostrato l’esistenza di aziende economicamente sane preoccupate non solo ad accontentare i proprietari ma responsabili nei confronti dei consumatori, dei lavoratori e della comunità in cui sono inseriti. Dunque anche la teoria economica deve ragionare su un modello di impresa rivolta a massimizzare il benessere di tutti gli stakeholders (lavoratori, consumatori, comunità del territorio in cui l’azienda opera..). Gli economisti hanno anche sbagliato a misurare il benessere delle nazioni esclusivamente con i dati del Pil. Eppure gli ammonimenti su questo fronte non sono mancati. Il professore Becchetti ha infatti aperto la serata proprio facendo sentire il memorabile discorso pronunciato nel lontano 1968 da Robert Kennedy tre mesi prima di essere assassinato, discorso che nel finale riassumeva “[Il Pil] … misura tutto in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta ..” Dunque, ha commentato Becchetti, “la ricchezza delle nazioni” (titolo emblematico della celebre opera di Adam Smith, considerato il padre fondatore dell’economia) deve essere riscritta, non è più misurabile solo dal prodotto interno lordo. E infatti sono stati elaborati indicatori più complessi del benessere di una società che tengono conto per esempio anche della qualità dell’ambiente, della salute, del lavoro e della sua conciliazione con i tempi della famiglia. Le tradizioni ed i paradigmi della scienza economica hanno dunque bisogno di approcci ed idee nuove, che ora per fortuna non mancano. Anche a scuola, trattando di economia, ne terremo conto. Per concludere, non si può dimenticare, della lezione del professor Becchetti, un aspetto interessante che ha interpellato direttamente il pubblico presente. Noi tutti siamo coinvolti nelle questioni economiche o come attori o come destinatari delle azioni altrui. Per contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo, possiamo assumere un atteggiamento critico da risparmiatori, ad esempio depositando i nostri risparmi nelle banche etiche e anche da consumatori preferendo nei nostri acquisti i prodotti del commercio equo e solidale e più in generale i prodotti di quelle imprese che si sforzano di agire in maniera socialmente responsabile. In questo modo, facendo un parallelismo con l’ambito politico, avremmo esercitato un “Voto con il portafoglio”, avremo dato il nostro piccolo ma significativo contributo al miglioramento dell’economia, consapevoli, come sintetizza l’ultimo libro di Leonardo Becchetti, che “Il mercato siamo noi”.