I CAMPI FLEGREI-INTRODUZIONE L'ampia area dei Campi Flegrei descrive già con il nome, che deriva dal greco e significa campi ardenti, la sua caratteristica principale. Tutta la zona, infatti, è vulcanica, ma con una struttura piuttosto singolare, almeno per chi si aspetta un vulcano con la forma di cono troncato. Al contrario, qui si trova una superficie ribassata, ampia circa 12x15 km, che forma un semicerchio bordato da numerosi coni e crateri vulcanici, prevalentemente formatisi ognuno nel corso di una sola eruzione. Le aree vulcaniche di questo tipo sono chiamate, in vulcanologia, Caldera, con forma più o meno rotonda e sprofondate rispetto al territorio circostante. Le caldere si formano dopo violente eruzioni, nel corso delle quali sono emessi rapidamente volumi di magma tali da causare collassi, a profondità di decine di km, che si propagano fino alla superficie. Può accadere anche che nuovi accumuli/svuotamenti di magma e di gas (che da questo si liberano) in profondità al di sotto del fondo della caldera, nella Camera Magmatica, o anche variazioni di calore che influiscono sul volume dell'acqua contenuta nel sottosuolo molto poroso, possono rigonfiare/sgonfiare il fondo della caldera senza dar luogo ad eruzioni, ma provocando movimenti del suolo che prendono il nome di Bradisismo. Questo fenomeno (il cui nome deriva dal greco e significa lento movimento del suolo, in contrapposizione con il movimento veloce che si realizza nel corso di un terremoto) consiste in un periodico abbassamento (bradisismo negativo) o innalzamento (bradisismo positivo) del livello del suolo, relativamente lento sulla scala dei tempi umani (normalmente è nell'ordine di 1 cm per anno) ma molto veloce rispetto ai tempi geologici. Esso non è spesso avvertibile in se stesso, ma riconoscibile visivamente lungo la riva del mare, mostrando la progressiva emersione o sommersione di edifici, coste, territori. I CAMPI FLEGREI-STORIA ERUTTIVA I Campi Flegrei sono un campo vulcanico all’interno del quale sono stati attivi numerosi centri eruttivi differenti. Tali eruzioni sono connesse ad alcuni episodi di sprofondamento che, sovrapponendosi, hanno generato una caldera complessa che rappresenta la struttura più evidente del Distretto Vulcanico Flegreo. Quest'ultimo comprende non solo i Campi Flegrei, parte della città di Napoli (BagnoliFuorigrotta), le isole vulcaniche di Procida ed Ischia, e la parte nord-occidentale del Golfo di Napoli. L’attività vulcanica del Distretto Flegreo, è connessa agli eventi tettonici distensivi che hanno determinato la formazione della depressione, compresa tra il Monte Massico a nord e la penisola sorrentina a sud, che prende il nome di Graben della Piana Campana. L’età di inizio del vulcanismo nell’area flegrea non è precisamente noto: sequenze di lave e Piroclasti di circa 2 milioni di anni di età sono state incontrate in perforazione tra Villa Literno e Parete, in affioramento i prodotti vulcanici più antichi hanno un’età di circa 60.000 anni e sono costituiti principalmente da depositi di Piroclasti e da resti di duomi lavici. Come si evince dalla figura a lato, che riproduce un cronogramma dell'attività vulcanica dei campi Flegrei, l'attività vulcanica dei Campi Flegrei iniziò intorno a 60000 anni fa in corrispondenza dell'odierna area di Cuma. Eruzioni, per quanto improvvise e devastanti, avevano tempi diversi da quelli umani e, tra un evento e l'altro, intere generazioni potevano prosperare, costruendo le basi per lo sviluppo di un'area destinata a diventare il centro vitale del Mediterraneo. I prodotti vulcanici creavano alterne condizioni di vita e, pur cancellando ogni cosa al loro passaggio, diventavano poi terreni eccezionalmente fertili che si coprivano di folta vegetazione. Questa era una circostanza determinante quando il sostentamento derivava esclusivamente dalle risorse del territorio e, nonostante le ripetute distruzioni, l'uomo si è sempre reinsediato in tempi relativamente brevi in questi luoghi. La storia geologica dei Campi Flegrei è stata dominata da due grandi eruzioni: l'eruzione dell’Ignimbrite Campana (IC-avvenuta 39.000 anni fa) e l'eruzione del Tufo Giallo Napoletano (TGN-avvenuta 15.000 anni fa). Tali eruzioni determinarono due episodi di sprofondamento che, sovrapponendosi, hanno generato una caldera complessa che rappresenta la struttura più evidente del sopracitato Distretto Vulcanico Flegreo. Dalla figura del cronogramma dell'attività vulcanica dei campi Flegrei, si nota che nel periodo successivo alle due grandi eruzioni, a partire da circa 9500 anni fa, l'intensa attività eruttiva è stata interrotta da lunghi periodi di quiescenza. L'eruzione dell'Ignimbrite (IC-39000 anni fa) Campana L'Ignimbrite Campana (IC) è il prodotto della maggiore eruzione esplosiva avvenuta nell'area mediterranea negli ultimi 200.000 anni. Tale eruzione, avvenuta in un centro ubicato nei Campi Flegrei, ha seppellito gran parte della Campania sotto una spessa coltre di tufi. Durante l’eruzione si formò una caldera che determinò lo sprofondamento di una vasta area che comprende i Campi Flegrei, parte della città di Napoli ed una parte delle baie di Napoli e Pozzuoli. L’eruzione è verosimilmente iniziata con una fase esplosiva Freatomagmatica di apertura del condotto, cui ha fatto seguito una fase Pliniana, con la formazione di una colonna eruttiva alta fino a 44 km, durante la quale venivano estratti i magmi presenti nel serbatoio o camera magmatica. L'eruzione ebbe fasi esplosive nel corso delle quali si formarono enormi flussi di pomici e ceneri che, spinti dai gas, scivolarono sul terreno e si allargarono fino agli Appennini e valicando rilievi alti oltre 1000 m. Questi prodotti col tempo si compattarono fino a diventare una roccia leggera e resistente, chiamata Tufo Grigio o, più propriamente, Ignimbrite Campana (IC), mostrata nella figura a fianco. Al termine di questa eruzione i due terzi della Campania apparivano ricoperti da una coltre di tufi spessa fino a 100 m, mentre enormi volumi di cenere vulcanica rimanevano sospesi nell’atmosfera causando, probabilmente, sconvolgimenti climatici estesi all’intero pianeta. Il volume di magma emesso nel corso dell'eruzione è stimato in circa 150 km 3 e corrisponde al volume collassato del fondo della caldera, con uno sprofondamento di circa 600m. Ancora non c'era il Vesuvio e forse nemmeno l'ampio vulcano del Monte Somma, i cui resti ora circondano il suo cono. Vulcanismo tra 39.000 e 15.000 anni Dopo l'eruzione dell'Ignimbrite Campana, l'attività vulcanica si distribuì su una zona che comprendeva, oltre ai Campi Flegrei, anche le aree di Procida e di Napoli. I centri eruttivi, che hanno generato principalmente attività esplosiva, erano ubicati all'interno della caldera dell'Ignimbrite Campana, sia nella parte attualmente emersa, sia nella parte che attualmente si trova sotto il livello del mare nel golfo di Napoli. In particolare a Torregaveta, Monticelli, Monte Echia, lungo il versante meridionale delle colline di San Martino e Capodimonte, e lungo i versanti nordoccidentale e sud-occidentale della collina di Posillipo. La collina di San Martino è una cupola lavica ricoperta da prodotti piroclastici. Anche i vulcani sommersi del Banco di Pentapalummo e del Banco di Miseno, che si trovano nella Baia di Pozzuoli, appartengono a questo periodo di attività. Tra Procida e Monte di Procida, dove ora vi sono due chilometri di mare, le eruzioni iniziarono circa 40.000 anni fa, in corrispondenza dell'isolotto di Vivara. Il territorio subiva continui e rapidi cambiamenti ad ogni eruzione. A questo si aggiungevano le lente variazioni del livello del mare, causate soprattutto dall'alternarsi di periodi interglaciali, climaticamente simili a quello odierno, a epoche glaciali in cui le calotte polari si espandevano fino a latitudini ora temperate. Durante l'ultima fase di espansione dei ghiacciai, circa 18.000 anni fa, il mare raggiunse picchi di 85 metri al di sotto dell'attuale e la linea di costa poteva essere spostata al largo di 2-3 km nella parte meridionale del golfo di Napoli e forse tra i 5-10 km in corrispondenza dei Campi Flegrei, in modo che la penisola Sorrentina risultava riunita a Capri, e si estendeva a Nord in maniera continua fino all'isola d'Ischia. Il ritorno a condizioni climatiche più miti e il progressivo sciogliersi dei ghiacciai, ripristinarono l'afflusso al Mediterraneo di grossi corsi d'acqua. Favorito anche dai movimenti della crosta terrestre, il livello del mare tornò lentamente intorno alla posizione odierna. Il Tufo Giallo Napoletano (TGN-15.000 anni fa) Intorno a 12.000-15.000 anni fa, un evento di dimensioni catastrofiche sconvolse nuovamente la regione. Seppure di volume inferiore (40 km 3 di prodotti, distribuiti su un'area di circa 350 km 2) rispetto all'Ignimbrite Campana, l'eruzione deve aver modificato profondamente la morfologia e l'ambiente di tutta l'area, modellando il Golfo di Napoli più o meno nella forma che conserva tutt'ora. E' probabile che proprio la rapida emissione della grande quantità di magma avvenuta nel corso dell'eruzione del Tufo Giallo abbia causato, o accentuato, lo sprofondamento della parte centrale dei Campi Flegrei. Le rocce che racchiudevano il serbatoio magmatico, in parte lasciato vuoto dall'eruzione, si fratturarono e collassarono, innescando ribassamenti in profondità che si propagarono fino alla superficie. Sebbene nel corso dell'eruzione incominciò a verificarsi un collasso calderico, il bordo della caldera non è visibile in affioramento. La sola evidenza morfologica, visibile nella parte continentale della caldera, è data dal versante occidentale ad alto angolo della collina di Posillipo, che probabilmente, rappresenta l'evoluzione morfologica di una scarpata di faglia prodottasi durante il collasso calderico. Anche in questo caso, forse non si trattò di un solo evento, ma di una successione di diverse esplosioni che provocarono ondate di flussi di cenere. I prodotti coprirono tutta l'area dove ora sorge Napoli, formando i rilievi della collina di Posillipo e del Vomero e, con il tempo, diventarono una roccia compatta (come mostrato nella figura a fianco in una parete rocciosa tra Napoli e Nisida), chiamata Tufo Giallo Napoletano (TGN). Il volume di magma emesso nel corso dell'eruzione è stimato in circa 54 km3 e corrisponde al volume collassato del fondo della caldera, con uno sprofondamento di circa 600m. L'eruzione fece tabula rasa di ogni forma di vita, ma nello stesso tempo creò i presupposti per la straordinaria avventura di una regione che l'attività vulcanica rendeva invivibile e che poi, in tempi relativamente brevi, restituiva più generosa di prima. Le terre devastate dalle eruzioni furono occupate in successione da vari popoli che si contesero un territorio tanto fragile quanto ricco di risorse. Non sorprende, però, che l'uomo sia tornato nel cuore dei Campi Flegrei molto tempo dopo l'eruzione del Tufo Giallo, nell'area compresa tra Monte di Procida (mostrato nella figura a fianco) e le colline di Posillipo, rimasta dopo la formazione della caldera al di sotto del livello del mare. Il golfo di Pozzuoli, i promontori e le insenature odierni, si delineeranno solo in seguito ad una serie di eruzioni lungo i bordi della depressione. Vulcanismo più recente di 15.000 anni Il vulcanismo più recente del Tufo Giallo Napoletano è concentrato in tre epoche di intensa attività, alternate a lunghi periodi di quiescenza. Negli ultimi 10.000 anni le eruzioni si sono concentrate lungo un anello non più ampio di 4-5 km che demarca il bordo del ribassamento causato dall'eruzione del Tufo Giallo. Si tratta di eruzioni di modesto volume (circa 1 km3 di prodotti o meno ciascuna), quasi tutte esplosive, intervallate da almeno due lunghi periodi di quiescenza, tra 8200 e 4800 anni fa e tra 3800 anni fa e il 1538, anno dell'ultima eruzione dei Campi Flegrei. Secondo gli studi più recenti, nella prima epoca (periodo tra 15.000 e 9.500 anni fa) hanno avuto luogo 34 eruzioni esplosive, con una media di una eruzione ogni 70 anni. Nella seconda epoca (periodo tra 8.600 e 8.200 anni fa) si sono verificate 6 eruzioni esplosive, con una media di una eruzione ogni 65 anni. Nel corso della prima fase di stasi, l'evento geologico più importante avvenuto nell'area è stato il sollevamento della costa, ancora evidente in un blocco lungo 5 km tra La Solfatara e Monte Nuovo. Questo terrazzo marino (visibile in località La Starza, come mostrato nella figura a fianco) si trova attualmente circa 40 m sopra il livello del mare e reca nella parete verticale le tracce di tre antichi livelli di spiaggia, l'ultimo datato a 4500 anni fa. La terza epoca (periodo tra 4.800 e 3.800 anni fa) è stata caratterizzata da un numero rilevante di eruzioni nei Campi Flegrei ,16 eruzioni esplosive e 4 eruzioni effusive, che si sono succedute con una frequenza media di una eruzione ogni 50 anni, avvenute dai crateri di Fondi di Baia, Agnano-Monte Spina, Solfatara, Monte Olibano, Astroni, Averno e Senga. Il vulcanismo attivo in questo periodo ha generato numerosi edifici vulcanici, molti dei quali ancora ben conservati ed esposti nei Campi Flegrei. L'ultima eruzione è stata quella del Monte Nuovo nel 1538 dopo un periodo di quiescenza durato circa 3.000 anni ed è tra le eruzioni di minore intensità avvenute ai Campi Flegrei. L'eruzione di monte Nuovo fu preceduta da un ciclico sollevamento ed abbassamento dell'area e da una serie di forti e frequenti terremoti; Il rigonfiamento in superficie indicava un aumento di pressione nel sottosuolo, causato dalla risalita di magma che sarebbe sfociato nell'eruzione di Monte Nuovo. Le scosse durarono fino al 27 settembre del 1538 e, due giorni dopo, preceduta dall'apertura di fratture, dalla formazione di nuove sorgenti di acqua e dall'arretramento del mare, cominciò l'eruzione. La bocca eruttiva si aprì alla una di notte del 29 settembre sulla sponda orientale del lago di Averno, dove sorgeva un piccolo il borgo (borgo di Tripergole). Dopo una settimana, il 6 ottobre l'eruzione era finita e una montagnola, alta circa 130 m, era cresciuta intorno alla bocca eruttiva. I CAMPI FLEGREI-BRADISISMO Dopo quella di Monte Nuovo, nei Campi Flegrei non sono avvenute altre eruzioni, ma il suolo ha continuato a muoversi verso l'alto o verso il basso. Il fenomeno, chiamato bradisismo, un termine che deriva dal greco e significa lento movimento del suolo, era già noto ai Romani. Il luogo, più di ogni altro, testimonianza nei secoli del bradisismo flegreo è il macellum (mercato di epoca romana meglio conosciuto con il nome di Tempio di Serapide, riportato nella figura a fianco) situato in prossimità del Porto di Pozzuoli. Le rovine di tale costruzione (che risale alla fine del I sec.d.C) sono state di grande utilità per la ricostruzione dell'andamento del bradisismo grazie ai fori prodotti dai litodomi (i cosiddetti datteri di mare, ovvero molluschi marini che vivono in ambiente costiero al limite tra l'alta e la bassa marea) sulle colonne (come si evidenzia dalla figura a fianco, particolare) che, a partire dal IV sec. d.C. in poi, testimoniano le variazioni del suolo rispetto al livello marino. I segni lasciati da questi organismi marini e presenti sulle colonne ancora verticali arrivano a circa 10 metri di altezza e indicano un abbassamento del suolo di altrettanti metri, dall'epoca di costruzione fino alla massima sommersione, probabilmente avvenuta in epoca medioevale. Dopo di che il suolo riprese a sollevarsi e, poco prima dell'eruzione di Monte Nuovo del 1538, il Tempio di Serapide era sicuramente tutto al di sopra del livello marino. Sulla base di misure effettuate a partire dall'inizio del 1800, sappiamo che il livello del Tempio di Serapide si è abbassato in maniera regolare con una velocità media di circa 1 cm per anno fino al 1970. In quell'anno iniziava una fase di bradisismo positivo (innalzamento), accompagnata da una serie di terremoti di bassa energia intervallati da eventi più forti. Nei periodi di tempo compresi tra il 1970-72 ed il 1982-84 gli abitanti dell’area flegrea, e di Pozzuoli in particolare, sono stati testimoni e vittime di un fenomeno di sollevamento del suolo che, in pochi mesi, ha portato quest’ultimo ad un livello, complessivamente, di circa 3.5 m più alto (come evidenziato nella figura a a fianco). Il rigonfiamento aveva una forma a cupola, con il massimo in Via Napoli a Pozzuoli, e diminuiva in maniera regolare, fino ad annullarsi alla periferia dei Campi Flegrei. In occasione di queste crisi si è avuta una intensa attività sismica. In particolare l'ultima crisi è stata accompagnata da oltre 10.000 terremoti, spesso in sciami. In questi periodi di rapida deformazione del suolo si è osservato anche un incremento dell'attività idrotermale nella zona della Solfatara, in cui si trova un esteso campo di fumarole. Dopo il 1984 nell'area flegrea è iniziato un processo di lento abbassamento del suolo, con episodi minori di sollevamento. Le scosse sismiche e la deformazione del suolo, portarono allo sgombero dell'intero Rione Terra. Il nucleo antico di Pozzuoli non verrà più rioccupato e diventerà un luogo fantasma fino a pochi anni fa, quando sono iniziati lavori di recupero e di valorizzazione. Bradisismo-Situazione Attuale Lo stato di attività dell'area vulcanica dei Campi Flegrei è controllato attraverso strumenti per il monitoraggio di parametri Geofisici e Geochimici. Tali strumenti, installati in vari punti dei Campi Flegrei, permettono il monitoraggio continuo della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle emissioni di gas dal suolo e dalle fumarole. Parametri Geofisici -sismicità: L'area dei Campi Flegrei è sede di una modesta sismicità che si presenta generalmente a sciami. La sismicità nei periodi di più intensa deformazione del suolo aumenta considerevolmente sia come Magnitudo degli eventi che come frequenza di accadimento dei terremoti o degli sciami sismici. Dal 2000 a oggi si sono avuti oltre 10 sciami sismici ed alcuni eventi individuali. Tutti questi terremoti hanno avuto Magnidudo molto bassa, generalmente < 1. La maggior parte degli eventi localizzati ricade nell’area Solfatara-Agnano ed in prossimità di Monte Nuovo (come evidenziato nella figura). -deformazioni del suolo: Nell’area flegrea, le misure delle maggiori deformazioni verticali del suolo, come rilevate tramite stazione GPS localizzata al Rione Terra a Pozzuoli, evidenziano un progressivo sollevamento. Nelle seguenti figure, dove le variazioni di quota (millimetri, sull'asse verticale) sono riportate in funzione del tempo (anni, riportati sull'asse orizzontale), si evidenzia un periodo di stasi tra il 20042006, ed un sollevamento complessivo di circa 18 cm tra il 2005 ed l'inizio del 2013. In particolare, come riportato nella figura che mostra l'andamento della quota dal 01 gennaio 2012 al 5 Marzo 2013, si nota una generale tendenza al sollevamento con un’accelerazione del fenomeno nel periodo da giugno ad agosto 2012 e dall’inizio di dicembre 2012. Il sollevamento complessivo da gennaio 2012 è di circa 9.5 cm. -emissioni di gas: Le osservazioni geochimiche nell’area flegrea consistono in misure, in corrispondenza dell'area craterica della Solfatara di Pozzuoli della zona dei Pisciarelli, dei valori di temperatura e della composizione chimica delle Fumarole. A partire dal 2006, alle fumarole della Solfatara, va segnalata la continua e lenta crescita del rapporto CO2/H2O (biossido di carbonio /acqua) e dei valori di temperatura. Secondo le più recenti interpretazioni, tali cambiamenti possono essere compatibili con l'entrata nel sistema idrotermale (più superficiale e che alimenta i gas emessi dalle fumarole) di una nuova componente magmatica di gas proveniente da una zona più profonda d'accumulo di gas magmatici, probabilmente localizzata al di sopra della camera magmatica in un mezzo plastico e molto caldo. A partire dal 2000 questa sorgente di gas magmatici e' attiva e causa sismicità' e deformazioni. Anche se tale attività' molto probabilmente può limitarsi all'espulsione di grandi quantità' di gas ed energia termica, come osservato in altri vulcani e nella storia passata dei Campi Flegrei, il comportamento del sistema in futuro non e' al momento prevedibile. Bradisismo-Situazione Attuale-CFDDP (Campi Flegrei Deep Drilling Project) Allo scopo di studiare e monitorare la dinamica vulcanica dei Campi Flegrei e i meccanismi che generano il bradisismo (ovvero, i fenomeni di sollevamento ed abbassamento della caldera), è in corso un progetto internazionale di ricerca scientifica, denominato Campi Flegrei Deep Drilling Project (CFDDP), che prevede la perforazione del suolo dei Campi Flegrei. La prima perforazione, completata nel dicembre 2012, è stata eseguita nella zona di Bagnoli, riportata in figura , (sul bordo orientale della caldera), nell'ex area industriale dove sorgeva lo stabilimento ILVA di Bagnoli, portando alla formazione del primo “pozzo pilota”. Il pozzo pilota, profondo 502 m, servirà principalmente a studiare in dettaglio la stratigrafia e la storia eruttiva del bordo orientale della caldera, che è il meno noto per l'assenza di perforazioni precedenti di una certa profondità, ed anche l'area a più alto rischio per l'alta densità di popolazione. In seguito, il pozzo pilota servirà per alloggiare una sorta di 'Osservatorio Vulcanologico Profondo', con l'installazione di sensori tecnologicamente avanzati per la misura della temperatura, delle deformazioni del suolo e della sismicità, con una sensibilità molto più alta (di circa 1000 volte) rispetto a quanto ottenibile con la usuale strumentazione di superficie. Queste misure saranno di grande utilità per l'identificazione dei precursori di una possibile eruzione. Il progetto prevede una seconda perforazione, non ancora iniziata, per la formazione del “pozzo profondo”, che si spingerà fino a circa 3500m in profondità. Il pozzo profondo servirà invece essenzialmente a studiare i meccanismi di genesi dell'attività vulcanica e del bradisismo, attraverso la misura 'in loco' dei principali parametri geofisici e geochimici delle rocce profonde flegree. Inoltre, dalle misure della variazione di temperatura con la profondità nella parte più profonda, si ricaverà con notevole precisione la profondità della camera magmatica, che comunque resterà a diversi migliaia di metri di distanza dal pozzo stesso. L’obiettivo generale del progetto CFDDP è quello di utilizzare i risultati scientifici e i dati di monitoraggio ottenuti a favore dell'intera comunità scientifica e pubblica, per lo sviluppo e la sperimentazione di tecnologie di salvaguardia ambientale e sviluppo sostenibile. Queste includono la mitigazione del rischio vulcanico e dei rischi naturali, lo sviluppo di tecnologie avanzate per il monitoraggio ambientale e lo sviluppo di metodologie sostenibili ed ecocompatibili per l'utilizzo ottimale dell'energia geotermica. IL VULCANO SOLFATARA A circa 100 metri sopra il livello del mare, la Solfatara corre per 33 ettari nella sua caratteristica forma ovale con i due assi pari a 770 e 580 metri. Appartenente alla categoria dei cosiddetti Vulcani Quiescenti (in una fase definita, non a caso, “solfatarica”), la Solfatara si colloca nel III Periodo Eruttivo Flegreo (terza epoca) e la sua formazione è avvenuta in un’ unica esplosione (monogenetico) 3.700-3.900 anni fa. Questo cratere è l’unico dei Campi Flegrei a “vantare” una colata lavica che, attraverso il monte Olibano e sotto le scarpate dell'attuale Accademia Aeronautica di Pozzuoli, si riversò direttamente a mare. I siti principali all'interno della Solfatara sono: La Grande Fumarola o Bocca Grande E' il nome della principale fumarola della Solfatara con temperatura del vapore acqueo di circa 160° C. Nell’interno di tale bocca i vapori acquei, arricchiti di vari minerali, subiscono il processo di brinamento, cioè passano direttamente dalla fase gassosa a quella solida a causa di una repentina diminuzione di temperatura e pressione, formando un grande varietà di composti chimici che si depongono sotto forma di patine, croste e cristalli. Tra questi il realgar (As 4S4), il cinabro (HgS) e l’orpimento (As2S3) che danno una colorazione giallo rossiccia alle rocce circostanti; è inoltre presente l’acido solfridrico (H2S), dal caratteristico odore di uova putride. Il Pozzo Il pozzo attualmente visibile venne costruito nei primi anni del ‘800 per estrarre allume (KAl(SO 4)2·12 H2O) dall’acqua emunta dalla sottostante falda. Ha una profondità di circa 10 metri e la sua falda varia nel tempo a seconda sia delle precipitazioni sia per l'effetto del bradisismo Tali acque risultano ricche di allume, ossidi dello zolfo, solfati di calcio, magnesio e altre sostanze. La Fangaia E' costituita da acque di origine piovana e acqua di condensazione dei vapori, che si mescolano con il materiale di tipo argilloso presente alla superficie del cratere. La composizione dei gas che fuoriescono dalla fangaia è molto varia (acido solfidrico H2S, monossido di diazoto N2O, acqua H2O, metano CH4, e altri); La composizione chimica dei gas indica una presumibile origine dei vapori a poche centinaia di metri sotto il suolo della Solfatara, ad una temperatura fra i 170° ed i 250° C. La composizione del liquido è altrettanto ricca (Boro B, Sodio Na, Magnesio Mg, Vanadio V, Arsenico As, Zinco Zn, Iodio I, Antimonio Sb, Rubidio Rb e altri). Le scure striature sulla superficie del fango sono costituite da colonie di batteri chiamati Sulfolobus solfataricus, resistenti a condizioni estreme di acidità e temperatura e riscontrate solo in tali luoghi. Le Stufe Sono due antiche grotte scavate nel fianco della montagna sul lato nord alla fine del ‘800 per realizzare sudatorii naturali e successivamente rivestite di muratura. Nelle vicinanze delle stufe è possibile ritrovare cristalli di zolfo S e una roccia biancastra detta “bianchetto” costituita prevalentemente di caolinite (Al2Si2O5(OH)4 ). I principali minerali (composti ed elementi) della Solfatara Nome (simbolo) Descrizione allume (KAl(SO4)2·12 H2O), composto caolinite (Al2Si2O5(OH)4 ), composto cinabro (HgS), composto orpimento (As2S3), composto realgar (As4S4), composto zolfo (S), elemento Immagine DIZIONARIETTO Caldera deriva dal collasso di parte dell'edificio vulcanico all'interno della camera magmatica una volta che questa si è svuotata del magma interno. Ciò che fa collassare il vulcano è l'intenso svuotamento della camera magmatica che, a causa della pressione persa dopo l'eruzione, non riesce più a sostenere l'edificio vulcanico. Nelle epoche successive, quando il vulcano rientra in attività, comincia a ricostruire l'edificio vulcanico all'interno della caldera. Spesso, data la loro geomorfologia concava, le caldere sono la sede di laghi formatisi dall'accumulo dell'acqua piovana che rimane intappolata all'interno della caldera. Camera magmatica rappresenta la zona all'interno di un vulcano in cui i magmi possono stazionare prima di essere eruttati in superficie o spostarsi più vicino alla superficie. Generalmente si tratta di una zona serbatoio, definita da rocce incassanti iniettate abbondantemente e fittamente da magma. La camera magmatica non coincide necessariamente con la zona sorgente del magma, di solito rappresenta uno spazio che il magma occupa in uno stadio intermedio della sua risalita verso la superficie. Fumarole Le fumarole sono piccole ma profonde fessure nel suolo da cui i gas vulcanici fuoriescono. Le temperature delle emissioni fumaroliche variano da circa 100°C fino a 900°C; a contatto con l’aria, per la diminuzione di temperatura, i gas condensano dando luogo a caratteristici fumi da cui deriva il nome del fenomeno. Le fumarole possono restare attive anche per decenni se si trovano sopra una fonte di calore o scomparire entro poche settimane o mesi se si trovano sopra un deposito vulcanico che si raffredda rapidamente. La composizione chimica dei gas vulcanici è molto varia. Sono presenti generalmente CO2, CO, SO2, H2S, HCL, HF sia come costituenti maggiori che minori. Vi sono poi, sotto forma di elementi in tracce, metalli pesanti e altri elementi estremamente tossici quali Pb, Cd, Pd, Hg, Tl, As ecc, nonché composti organici. Geochimici riferito ad una disciplina che studia la Terra e le sue componenti, osservando la loro evoluzione nello spazio e nel tempo, attraverso indagini sulla distribuzione e sul comportamento degli elementi e composti chimici. Geofisici Riferito ad una disciplina che in generale prevede l'applicazione di misure e metodi fisici allo studio delle proprietà fisiche del pianeta terra. Graben è un termine proveniente dalla letteratura scientifica tedesca che in geologia strutturale indica una fossa tettonica, ovvero una porzione di crosta terrestre sprofondata a causa di un sistema di faglie dirette (o normali) in regime tettonico distensivo. Freatomagm atica dal greco phréar-atos, pozzo+magmatico]. In geologia, di fenomeno magmatico accompagnato da esplosioni legate alla pressione esercitata dalla componente volatile costituita essenzialmente da vapore acqueo di origine freatica, originatosi per riscaldamento dell'acqua della falda da parte della massa magmatica fusa. Piroclasti deriva dal greco, pyr (fuoco) e klastó[s], (spezzato), e si intende l'insieme di tutti i frammenti in volo prodotti durante una eruzione vulcanica, non ancora caduti al suolo; Generalmente formano dei depositi i cui elementi non sono ancora cementati. Una volta giunti a terra i clasti sono considerati tefriti a meno che non rimangano abbastanza caldi per fondersi in rocce piroclastiche I piroclasti possono essere classificati anche a seconda delle loro dimensioni: bombe vulcaniche, lapilli e cenere vulcanica. Pliniana Le eruzioni sono prodotte da magma molto viscoso. Si formano frequentemente nubi ardenti, formate da gas e lava polverizzata. Sono eruzioni molto pericolose che si concludono generalmente con collasso parziale o totale dell'edificio vulcanico o con la fuoriuscita di un tappo di lava detto spina vulcanica o duomo. In alcuni casi si verificano entrambi i fenomeni. Gli apparati vulcanici che manifestano questo comportamento eruttivo sono caratterizzati dalla forma a cono. Queste eruzioni prendono il nome da Plinio il giovane che per primo descrisse questo tipo di eruzione osservando l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. (eruzione che sommerse di ceneri Pompei ed Ercolano). il Risorse Web: http://www.ov.ingv.it/ov/it/campi-flegrei.html vulcan.fis.uniroma3.it/italia/campania/ campi/right-left.html https://sites.google.com/site/cfddpproject www.solfatara.it/vulcano/it http://it.wikipedia.org http://www.catalogomultimediale.unina.it http://www.vincenzoboccardi.altervista.org (Boccardi, V., “Un viaggio al Forum Vulcani: La Solfatara di Pozzuoli”,Didattica Delle Scienze, 18-25, 231, La Scuola, aprile2004)