Contenuto lezione del 14/01/2017

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L’istituto Comprensivo “Marano IC Darmon”
e
La CFC Comunità Famiglie Camaldoli
dal
Progetto Scuola Viva
Modulo “ Scuola e territorio: Valori condivisi”
PRESENTANO
Segni di risveglio ai Campi Flegrei il vulcano più grande di Europa
Uno dei 3 peggiori supervulcani al mondo
preoccupa i ricercatori
PARLIAMONE
Sabato 14 gennaio 2017 alle ore 9.30
Sede Centrale della scuola in Via Soffritto, con annessa passeggiata al riesame della cresta
nord orientale del vulcano di Quarto, visibile in strada
QUARTO MIGLIO
Il territorio comunale corrisponde pressoché alla cosiddetta "Piana di Quarto": una depressione del sottosuolo a forma ellittica,
contornata da una cinta collinare e dovuta a una forte attività vulcanica altamente esplosiva.
Quello di Quarto è il più grande cratere spento dei Campi Flegrei.
Il comune di Quarto giace nell'omonima piana, la cui formazione rientra nell'attività vulcanica flegrea del passato.
La Piana di Quarto è cinta a sud e a Est da resti di edifici vulcanici recenti, a nord e a nord-est dai resti dell'antica caldera
originatasi in seguito all'eruzione dell'Ignimbrite Campana; a ovest invece vi sono estesi depositi di tufo giallo ampiamente
sfruttato con cave per l'estrazione di materiale da costruzione.
Teorie sulla formazione della Piana di Quarto
Circa la sua formazione geologica e datazione gli studiosi hanno pareri contrastanti:


secondo lo studioso Giuseppe De Lorenzo (che suddivise la formazione geologica flegrea in tre periodi) l'origine della Piana di
Quarto risalirebbe al 3° Periodo Flegreo (circa 11.000 anni fa) caratterizzato da eruzioni ed esplosioni subaeree di materiale
frammentario: ovvero, dopo un'esplosione che squarciò la precedente compagine di tufo giallo, si sarebbe creato un cratere
contornato dal materiale eruttato.
completamente differente l'ipotesi del vulcanologo Alfredo Rittmann secondo il quale l'origine della Piana di Quarto sarebbe da
ricondursi a uno sprofondamento vulcano-tettonico di una vasta superficie di tufo giallo
avvenuto in seguito a una forte attività esplosiva con l'emissione dei prodotti del 2° Periodo
Flegreo (tra 36.000 e 11.000 anni fa) e a un successivo riempimento di depositi quaternari
indifferenziati: piroclastiti sottili rimaneggiate, depositatesi in ambiente lacustre e
alluvionale.
La caldera Flegrea
Tra i vulcani italiani e mondiali il più noto è senz’altro il Vesuvio, vuoi per le eruzioni storiche sulle città romane di Pompei ed Ercolano, vuoi
per la pericolosità estrema che una sua esplosione potrebbe avere dato il gran numero di abitanti che vive alle sue falde. La certezza matematica di
una sua futura eruzione fa nascere persino dei dubbi sulla professionalità di certi scienziatoni giapponesi che sembrano aver scoperto l’acqua calda
annunciando questo evento, sottolineando altresì che non è prevedibile a livello temporale. Si sa che il Vesuvio erutterà e si sa che non è possibile
sapere quando! E’ come dire che in Italia in futuro ci sarà un grande terremoto ma non si può sapere con precisione quando! Tutto ciò non
costituisce un’informazione sensibile, è come dire “Domani all’alba nascerà il sole”.Perché un’informazione sia sensibile, deve essere caratterizzata
da un alto grado di improbabilità.
Poco ad ovest del Vesuvio, a meno di 15km dalle sue falde una serie di rilievi collinari con una massima elevazione di 460m sul livello del mare
nasconde un pericolo ben più grave. Si tratta dell’area vulcanica dei Campi Flegrei conosciuta per i fenomeni di sollevamento del
suolo (bradisismo) che affliggono da sempre il comune di Pozzuoli e venuta prepotentemente alla ribalta negli anni 80, precisamente tra l’82 e l’84
per una crisi sismica che mise in ginocchio tutta l’area causando l’evacuazione di migliaia di persone. Ebbene il Vulcano Flegreo è uno dei dieci
supervulcani esistenti al mondo. Sono solo 10 e in questi 10 non rientrano ne il Vesuvio, ne il Pinatubo o il Krakatoa, ne il Tambora, il Kilauea, il
Monte Pelee o il monte Saint Elen che sono responsabili delle peggiori catastrofi della storia dell’uomo. Un supervulcano è molto peggio, un
supervulcano è una struttura la cui eruzione può modificare radicalmente il paesaggio per decine o centinaia di chilometri e condizionare
pesantemente il clima a livello mondiale per diversi anni, con effetti cataclismatici sulla vita stessa del pianeta e dell’uomo.
Non parliamo quindi di effetti locali ma di effetti globali. Gli apparati vulcanici più pericolosi ascrivibili a questa categoria sono solo
tre, Yellowstone negli Stati Uniti, il Lago Toba in Indonesia ed i Campi Flegrei in Italia. Insomma l’Italia nel suo piccolo ha anche un
supervulcano e dei peggiori! La caldera flegrea ha un raggio di 15km e nella sua ancora controversa storia geologica si riconoscono almeno due
catastrofiche eruzioni, la prima (eruzione dell’Ignimbrite campana) avvenuta circa 40mila anni fa con un’espulsione di materiale vulcanico
compresa tra i 200 ed i 250km cubi, si chilometri cubi! La seconda (eruzione del Tufo Giallo Napoletano) avvenuta circa 15mila anni fa con
un’espulsione di materiale vulcanico di circa 40 chilometri cubi. Tra le due enormi eruzioni e successivamente a quella del tufo giallo, tutta una
serie di eventi eruttivi minori hanno creato la struttura attuale dell’area.
L’ultima eruzione storica risale all’anno1538 quando in una settimana o poco più, dal fondo del mare in una piccola baia vicino Pozzuoli spuntò un
vulcano (Monte nuovo) che distrusse ogni cosa per un raggio di qualche chilometro. Ebbene non tutti sanno o forse ricordano eccetto gli abitanti
dell’area, che nella crisi sismica degli anni ‘80 si temette il peggio, gli sciami sismici arrivarono a toccare le 500 scosse di terremoto al giorno,
chiari sintomi di un’eruzione imminente! Senza contare poi gli eventi sismici di magnitudo superiore al 3.5 e persino al 4.0 (con punte massime
di 4.8) che a causa della scarsa profondità degli epicentri risultarono altamente lesivi per gli edifici provocando numerosi crolli. L’eruzione per
fortuna non ci fu, il sollevamento del suolo che nei due anni della crisi raggiunse quasi i 2 metri si arrestò nel 1985 e la cronaca eccetto casi rari di
piccoli sciami, da allora non si è mai occupata in modo particolare del gigante addormentato.
Solo di recente la comunità scientifica ha cominciato a preoccuparsi per i pericoli collegati aduna eventuale eruzione dei Campi Flegrei che
non coinvolgerebbe solo Napoli o la Campania, ma tutta l’Italia e persino l’intero pianeta a causa di un mutamento climatico globale causato dalle
abnormi emissioni di cenere vulcanica. E’ stato stimato che la probabilità che il vulcano flegreo erutti nei prossimi 100 anni è dell’1%, una
probabilità che rapportata al grado di pericolosità diventa elevatissima. Abbandonata persino l’indagine scientifica che si stava conducendo nell’area
attraverso carotaggi profondi, per paura di “risposte” impreviste del vulcano. Il Vesuvio rispetto ai Campi Flegrei' Un ragazzino con un sasso in
mano al confronto di un reggimento di soldati dei reparti speciali armati fino ai denti!
Il Monte Nuovo (anno 1538)
“Dobbiamo monitorarlo meglio" esortano i ricercatori dell'Ingv, dopo uno studio
scientifico che rivela segni di irrequietezza nella caldera abitata da 500mila
persone. Il suolo si sta sollevando, le emissioni di gas aumentano, così come le
temperature del sottosuolo. E il magma ha raggiunto la profondità di 3-4
chilometri
Campi Flegrei potrebbero raggiungere un punto critico. Il suolo si sta rigonfiando, il
magma sta risalendo e le temperature interne aumentano. Si tratta ancora di valori
minimi: nulla a che vedere con un’eruzione imminente. “Ma bisogna intensificare
l’attività di sorveglianza” esorta l’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia) dopo la pubblicazione di un suo studio su Nature
Communications.
La ricerca, coordinata da Giovanni Chiodini e condotta insieme alle università di Palermo, Roma Tre e Savoia in Francia, ha cercato di
fissare il possibile “punto critico” oltre il quale la risalita del magma e dei suoi gas renderebbe instabile tutto il sistema. “Raggiunte le
condizioni critiche – spiega Chiodini – il magma rilascia grandi quantità di vapore”. Risalendo verso la superficie, questo vapore
bollente indebolisce le rocce, aprendo due possibili scenari. Il primo è l’eruzione, il secondo (quello opposto) è un aumento della
viscosità del magma, e quindi la fine della sua risalita.
Resta dunque incerto cosa accadrà in uno dei supervulcani più pericolosi del mondo, che 39mila anni fa provocò l’eruzione
più potente del pianeta negli ultimi 200mila anni, ricoprì delle sue ceneri l’Europa fino a Mosca, bloccò i raggi del Sole
provocando un “inverno vulcanico” di due anni e secondo alcuni contribuì addirittura all’estinzione dei Neanderthal. Ma per
le 500mila persone che vivono nel bel mezzo della caldera, i segni di irrequietezza non sono da prendere sotto gamba. Tanto
che nel 2012 l’allerta è stata innalzata da verde a gialla (livello di attenzione).
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