e se mi chiamano dopo il pap test

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A cura di:
U.O.C. Screening Oncologici della ASL Roma C, Via Monza, 2
Servizio di Patologia Cervico - Vaginale e Vulvare Ospedale S. Eugenio
……
E SE MI CHIAMANO
DOPO IL PAP TEST?
tel. 06.51006600 - fax 06.51006630
e-mail [email protected]
aggiornato gennaio 2014
informazioni sui percorsi
di approfondimento diagnostico
e di cura
1 PERCHE’ FARE IL PAP TEST?
Questo depliant è rivolto alle donne invitate ad eseguire approfondimenti
diagnostici dopo un Pap test risultato anormale.
Le informazioni contenute hanno lo scopo di illustrare il percorso diagnostico
terapeutico proposto alla donna dallo specialista ginecologo che rimane
comunque a disposizione per fornire spiegazioni, chiarire dubbi e valutare
insieme le ipotesi di accertamenti o terapie eventualmente necessarie.
Il programma di screening prevede che tutti gli accertamenti diagnostici, le
eventuali cure ed i successivi controlli siano gratuiti.
Con il Pap test si possono evidenziare possibili alterazioni cellulari delle cellule del
collo dell’utero. Quando questo accade, è necessaria l’esecuzione di ulteriori
accertamenti. Le alterazioni cellulari rilevate dal Pap test sono legate alla presenza
del Papillomavirus (HPV: Human Papilloma Virus), una infezione molto frequente che
la maggior parte delle donne contrae almeno una volta nella vita, ma che solo in rari
casi determina delle lesioni che possono evolvere in tumori (per ulteriori informazioni
sull’HPV vedi il punto 7a).
2. CHE COSA E’ UN PAP TEST ANORMALE?
Il Pap test risulta “anormale” quando la lettura del vetrino al microscopio mostra la
presenza di alterazioni cellulari che vengono descritte nella risposta secondo la
seguente classificazione internazionale Bethesda 2001 attualmente in uso:
a. ASC-US (Cellule Squamose Atipiche di Significato non determinato)
Con questo termine si indica la presenza di cellule che hanno un aspetto atipico,
ma non riferibile con certezza ad una causa specifica. Quasi mai, infatti, queste
alterazioni sono attribuibili a uno stato pre-tumorale, spesso invece possono
essere dovute a un processo infiammatorio, alla naturale condizione di menopausa
e in alcuni casi alla presenza di HPV. Per escludere la presenza di questo virus in
caso di Pap test con ASC-US, si esegue pertanto il test HPV. Solo le donne con
test positivo per HPV ad alto rischio (vedi il punto 7a) sono invitate ad eseguire
una colposcopia. Questa procedura è conosciuta come “triage degli ASC-US”. Se il
test HPV risulterà negativo (cioè non sarà stata rilevata presenza del DNA virale
nelle cellule del collo dell’utero) si verrà invitate a fare un Pap test di screening
dopo tre anni.
L’esecuzione del test HPV è molto simile a quella del Pap test.
b. ASC-H (Cellule Squamose Atipiche, non si può escludere HSIL)
E’ una risposta relativamente rara. Si riferisce ad alterazioni cellulari suggestiveù
per una lesione di alto grado, quantitativamente e qualitativamente insufficienti
per una definitiva interpretazione. La donna viene invitata perciò ad eseguire
ulteriori accertamenti.
c. AGC (Cellule Ghiandolari Atipiche).
E’ una risposta piuttosto rara che indica la presenza di alterazioni delle cellule
ghiandolari che rivestono il canale cervicale o la cavità uterina. Al fine di
determinare il tipo dell’alterazione è necessario eseguire ulteriori accertamenti.
d. LSIL (Lesione Squamose Intraepiteliale di Basso grado): include HPV /
displasia lieve / CIN 1.
Rappresenta la situazione più frequente di anormalità citologica. Con LSIL si
indicano lievi cambiamenti della forma e della dimensione delle cellule del
rivestimento esterno del collo dell’utero. La donna a cui viene riscontrato questo
tipo di lesione viene invitata ad eseguire ulteriori accertamenti.
e. HSIL (Lesione Squamosa Intraepiteliale di Alto grado): include displasia
moderata / CIN 2, displasia grave / CIN 3 e carcinoma in situ / CIS.
E’ una risposta poco frequente.. Le cellule presentano in questo caso
significative modificazioni rispetto alla normalità. Anche in questo caso spesso si
rilevano alterazioni che fanno supporre la presenza di un virus HPV. La donna a cui
viene riscontrato questo tipo di lesione viene invitata ad eseguire ulteriori
accertamenti.
f. CELLULE TUMORALI MALIGNE
(Carcinoma a cellule squamose, adenocarcinoma endocervicale, endometriale,
extrauterino).
Questa diagnosi è molto rara e indica severi cambiamenti delle cellule della
superficie epiteliale del collo dell’utero. E’ comunque necessario
averne la
conferma con ulteriori accertamenti.
ESAMI DI APPROFONDIMENTO DOPO UN PAP TEST CON ALTERAZIONI
HPV TEST:
ASC-US
PAP TEST
CON ALTERAZIONI
RILEVA LA
PRESENZA DEL
VIRUS NELLE
CELLULE DEL
COLLO
DELL’UTERO.
SI ESEGUE
COME UN PAP
TEST
ASC-H
AGC
PAP TEST OGNI 3
ANNI
NEGATIVO
POSITIVO
COLPOSCOPIA:
IL COLLO DELL’UTERO VIENE
ESAMINATO ATTRAVERSO UNO
STRUMENTO OTTICO
(COLPOSCOPIO) CHE ILLUMINA E
INGRANDISCE FORTEMENTE
L’IMMAGINE
3. QUALI SONO GLI ESAMI DI APPROFONDIMENTO?
In tutti i casi precedentemente descritti, a eccezione di un Pap test con esito ASCUS, l’esame di approfondimento diagnostico è la colposcopia e, se necessario, un
prelievo mirato di tessuto (biopsia). La richiesta di altri accertamenti come
l’isteroscopia e/o l’ecografia pelvica avviene in casi particolari, per lo più nei casi di Pap
test con esito di AGC.
3.1 CHE COSA E’ LA COLPOSCOPIA?
La colposcopia è un esame semplice, indolore; si esegue mediante il colposcopio,
strumento dotato di lenti a vari ingrandimenti che consentono una migliore visione
di eventuali aree “anormali” della superficie del collo dell’utero.
Come si esegue?
La colposcopia si effettua nella medesima posizione assunta per l’effettuazione del
Pap test. Lo specialista evidenzia il collo dell’utero e le pareti vaginali con lo
speculum, quindi applica dapprima una soluzione di colore trasparente a base di
acido acetico e poi una soluzione di colore scuro a base di iodio. Successivamente
valuta la reazione di questi liquidi sui tessuti guardando attraverso le lenti di
ingrandimento del colposcopio.
ED EVENTUALE
LSIL
BIOPSIA:
HSIL
HSIL
CELLULE
TUMORALI
MALIGNE
PRELIEVO DI FRAMMENTI DI
TESSUTO DALLE AREE
ANORMALI DEL COLLO
DELL’UTERO CHE VERRANNO
SUCCESSIVAMENTE ESAMINATI
IN LABORATORIO
(ESAME ISTOLOGICO)
L’esame non provoca dolore; i liquidi usati possono, a volte, causare un lieve fastidio
o bruciore e determinare delle perdite di colore scuro nei giorni successivi
all’esame.
E’ necessario comunicare al ginecologo prima dell’esame un’eventuale allergia allo
iodio. Normalmente per l’esecuzione dell’esame sono necessari circa 10 minuti.
Quali cautele osservare prima dell’esame?
E’ opportuno non aver avuto rapporti sessuali nelle 24 ore precedenti l’esame,
inoltre il giorno dell’appuntamento non deve coincidere con il flusso mestruale.
Né la colposcopia, né i liquidi che si applicano interferiscono in alcun modo su una
eventuale gravidanza in corso o sulla salute del feto, anche in caso di più
ripetizioni
dell’esame.
Che risultato può dare la colposcopia?
a)
La colposcopia é negativa quando l’aspetto del collo dell’utero è normale anche se si
presenta infiammato o evidenzia carenze ormonali.
Qual è il percorso successivo?
Quando la colposcopia non evidenzia le alterazioni sospettate dal Pap test è
comunque necessario effettuare, a distanza di tempo, una ulteriore colposcopia e un
Pap test o un test HPV di controllo per confermare la reale assenza di alterazioni.
b)
La colposcopia è anormale quando si osservano aree alterate definite di grado 1 o
grado 2 a seconda dell’intensità dell’alterazione evidenziata.
Qual è il percorso successivo ?
Per giungere ad una diagnosi precisa si effettua, durante la colposcopia, una o più
Biopsie sulle aree del collo dell’utero che presentano le alterazioni più significative.
3.2 CHE COSA E’ LA BIOPSIA CERVICALE?
La biopsia cervicale consiste nel prelievo di uno o più frammenti di tessuto delle
aree anormali del collo dell’utero evidenziate dalla colposcopia, mediante l’utilizzo di
piccole pinze. I frammenti di tessuto prelevati sono inviati al laboratorio di anatomia
patologica per l’analisi istopatologica.
E’ un esame di solito non doloroso che non necessita di anestesia.
4. QUAL E’ IL PERCORSO SUCCESSIVO AGLI ESAMI DI
APPROFONDIMENTO?
Le donne che hanno eseguito la biopsia seguiranno un percorso determinato dal
risultato dell’esame istologico del frammento di tessuto prelevato.
a)
La biopsia è “negativa” (assenza di lesioni intraepiteliale o di malignità)
ossia non si riscontrano lesioni: in questo caso si evidenzia una discordanza
con gli esami effettuati in precedenza (Pap test e colposcopia).
Qual è il percorso successivo?
La donna viene invitata ad un controllo successivo per ripetere il Pap test o il
test HPV ed un’eventuale colposcopia con tempi diversi a seconda degli esiti
degli accertamenti precedenti alla biopsia (primo Pap test). Il controllo serve
per essere sicuri che il collo dell’utero sia effettivamente sano.
b) La biopsia evidenzia alterazioni da HPV o displasia cervicale o CIN
(Neoplasia Cervicale Intraepiteliale): queste lesioni sono potenzialmente
pre-tumorali perché hanno la possibilità di trasformarsi, nel tempo, in tumore
del collo dell’utero.
Per classificare i diversi stadi di gravità della displasia cervicale o CIN si
usano tre aggettivi a seconda dell’interessamento dell’epitelio che riveste il
collo dell’utero
Displasia lieve, o CIN 1, sei si osservano atipie a carico delle cellule epiteliali
dello strato profondo e presenza di alterazioni che interessano gli strati di
rivestimento superficiale;
Displasia moderata, o CIN 2, sei si osservano atipie a carico delle cellule
epiteliali degli strati profondo e medio dell’epitelio che riveste il collo
dell’utero;
Displasia grave o CIN3, carcinoma “in situ” o CIS se l’epitelio di
rivestimento del collo dell’utero è completamente sostituito da cellule
atipiche
Qual è il percorso successivo?
La displasia lieve o CIN 1 spesso persiste per mesi guarendo spontaneamente
nella maggior parte dei casi.
Le displasie moderate o CIN2 e gravi o CIN 3, se non curate, possono talvolta
persistere o evolvere verso il carcinoma.
E’ comunque importante sapere che l’eventuale trasformazione in tumore avviene
in un tempo ampio, misurabile in anni. Attualmente si consiglia di asportare in ogni
caso la zona con displasia moderata o grave per impedire l’eventuale trasformazione
in tumore, mentre, per le forme lievi, che con maggiore probabilità possono
regredire,
è opportuno avere un atteggiamento di attesa e di controllo nel tempo senza nessuna
terapia.
c) la biopsia evidenzia carcinoma invasivo ossia la lesione è presente, oltre che nel
rivestimento del collo dell’utero, anche più in profondità.
Qual è il percorso successivo?
Lo specialista propone alla donna il ricovero per i necessari interventi.
Esistono vari gradi di infiltrazione del tumore, ma sempre più spesso, grazie allo
screening e alla maggiore attenzione delle donne per la propria salute, i tumori del
collo dell’utero vengono scoperti in stadi iniziali (microinvasivi). In tali stadi è possibile
effettuare interventi meno aggressivi, che consentono a volte la conservazione
dell’utero e delle sue funzioni.
5. QUALI SONO LE MODALITA’ DI CURA PER LE DISPLASIE CERVICALI O
CIN?
In presenza di displasie cervicali, quando consigliato, il trattamento è attualmente di
tipo chirurgico, poiché non sono ancora disponibili farmaci appropriati.
Esistono due tipi di trattamento:
a) L’area anormale, visualizzata dalla colposcopia, è eliminata con tecniche che
sfruttano il calore, quali ad esempio la DiaTermoCoagulazione (DTC) e la
laservaporizzazione. Tali tecniche non permettono di eseguire l’esame istologico del
tessuto in quanto questo viene distrutto e, per tale ragione, vengono indicate come
“trattamenti distruttivi”.
b) L’area anormale, visualizzata dalla colposcopia, è asportata con ansa elettrica, laser
o bisturi. Queste tecniche permettono di eseguire l’esame istologico del tessuto
asportato e, per tale ragione, vengono denominate “trattamenti escissionali”.
Nella maggior parte dei casi di displasie cervicali, anche se si tratta di lesioni di grado
severo, è possibile effettuare l’intervento in ambulatorio ed in anestesia locale.
L’intervento in genere non è doloroso; l’anestesia locale, praticata sul collo dell’utero,
può provocare fastidio o lieve dolore all’atto dell’iniezione. L’intervento ha una breve
durata, circa 10 minuti; la donna può fare subito ritorno a casa e, solo in casi
rarissimi, è necessario il ricovero per controllare una perdita di sangue dalla zona
trattata. Solo in alcuni casi particolari gli interventi devono essere eseguiti in regime
di day surgery (ricovero di 1 giorno) ed in anestesia generale.
Che fare al ritorno a casa dopo l’intervento?
Nei giorni successivi all’intervento è normale la presenza di lievi perdite ematiche di
varia durata; molto raramente può insorgere una emorragia e possono anche
presentarsi crampi e dolore: in questi casi la donna deve rivolgersi al centro in cui ha
eseguito l’intervento.
La guarigione completa del collo uterino avviene in genere in poche settimane.
L’esercizio fisico pesante deve essere evitato nei primi giorni, mentre non c’è alcuna
controindicazione per il normale lavoro.
La vita sessuale può essere ripresa dopo la terza settimana e da questo periodo è
possibile immergersi in acqua (bagno in vasca, in piscina, in mare, immersione in
idromassaggio, ecc.).
6. CHE COSA SI DEVE FARE DOPO UN TRATTAMENTO CHIRURGICO?
Anche se la cura ha avuto successo, la lesione può ripresentarsi, con maggiore
probabilità nei casi di lesioni più gravi. Ciò si verifica raramente (7-10 % dei casi)
soprattutto nel primo anno dopo il trattamento ed in misura inferiore negli anni
successivi.
E’ pertanto molto importante sottoporsi a controlli periodici (Pap test/ test HPV e
colposcopia) per un periodo che varia da mesi ad alcuni anni, in rapporto al tipo di
lesione trattata e secondo quanto prevede il protocollo del programma di
screening.
E’ importante sapere che questi controlli sono finalizzati a prevenire il tumore
del collo dell’utero. Per eventuali altre problematiche ginecologiche, è necessaria
una visita specialistica, per la quale occorre rivolgersi ai consultori familiari o
agli ambulatori ospedalieri e territoriali.
7. QUALI SONO LE NOVITA’ PER LA DIAGNOSI E LA PREVENZIONE DEL
TUMORE DEL COLLO DELL’UTERO?
Certamente la novità più importante nel campo della prevenzione dei tumori negli ultimi
decenni è stata l’identificazione del virus HPV come causa necessaria del tumore del
collo dell’utero. A questa fondamentale scoperta vanno aggiunti: l’introduzione di
metodiche di prelievo e lettura alternative al Pap test tradizionale come il thin-prep
(preparato su strato sottile), che consente anche l’esecuzione dell’HPV test e infine, la
messa a punto del vaccino in grado di prevenire l’infezione dei tipi più comuni di HPV
a. CHE COSA E’ L’HPV?
L’HPV è il Papilloma virus umano. Ne sono stati identificati circa 100 tipi diversi, alcuni
dei quali causano infezioni del tratto ano-genitale.
I virus che provocano le infezioni genitali si distinguono in:
virus senza rischio di trasformazione tumorale (definiti a basso rischio)
responsabili dei condilomi piani o floridi (creste di gallo), piccole escrescenze
che possono localizzarsi a livello della cute e delle mucose dei genitali maschili e
femminili; i più frequenti tra questi sono i tipi 6 e 11,
virus ad alto rischio di trasformazione tumorale: piccolo gruppo di circa 13
tipi di virus, tra questi i più frequenti sono i tipi 16 e il 18 riscontrati nell’oltre
70% dei casi di carcinoma del collo dell’utero.
b. COME SI PRENDE L’INFEZIONE DA HPV?
E’ un infezione sessualmente trasmessa anche attraverso rapporti incompleti.
E’ stata documentata una trasmissione non sessuale che però si ritiene avere una
responsabilità marginale.
c. CHE COSA FA QUESTA INFEZIONE ?
E’ importante sottolineare che nella maggioranza dei casi non provoca alcuna alterazione
e si risolve da sola. Qualora determini delle alterazioni, oltre il 50% delle infezioni
infatti guarisce spontaneamente, senza lasciare esiti, in un anno; mentre l’80% in due
anni. Soltanto una minoranza delle donne, infatti, sviluppa una infezione persistente e
soltanto queste, in casi ancora più rari, possono sviluppare lesioni pre-tumorali. La
probabilità e la velocità con la quale le lesioni progrediscono dipendono dalla presenza o
meno di virus HPV ad alto rischio; è stato documentato che il fumo e l’infezione da HIV
(virus dell’immunodeficienza acquisita, AIDS) possano essere considerati come cofattori di rischio, in particolare l’HIV perché interagisce con lo stato di immunità
dell’individuo.
8. COSA CAMBIERA’ NELLA PREVENZIONE DEL TUMORE DEL COLLO
DELL’UTERO?
E’ importante sottolineare che nonostante le innovazioni sopra descritte, l’esecuzione
triennale del Pap test continua ad essere un esame efficace per la prevenzione del
tumore del collo dell’utero. Attualmente esiste un vaccino quadrivalente (attivo cioè
sull’HPV tipo 16 e 18 per l’alto rischio e tipo 6 e 11 senza rischio di trasformazione
tumorale, vedi il punto 7a) e un vaccino bivalente (attivo solo sull’HPV tipo 16 e 18).
Questi vaccini non prevengono quindi tutti i tumori del collo dell’utero poiché sono
attivi solo contro i 2 tipi di HPV ad alto rischio che causano il 70% dei tumori del
collo dell’utero.
Ambedue i vaccini vengono somministrati per via intramuscolare in 3 dosi ripartite in
un periodo di 6 mesi. La massima efficacia del vaccino viene raggiunta se
somministrato prima dell’inizio dell’attività sessuale, quindi prima che la donna
contragga il virus; per questo motivo la campagna vaccinale dal Ministero della Salute
prevede dal 2008 l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione (con lettera di invito)
a tutte le ragazze nel corso del 12° anno di vita.
Il vaccino è autorizzato nelle donne fino al compimento dei 45 anni per il vaccino
quadri valente e 55 anni per il vaccino bivalente. Nella Regione Lazio la vaccinazione
fino a 45 anni viene offerta ad un prezzo ridotto rispetto al prezzo di mercato nei
servizi vaccinali delle AASSLL.
Il vaccino può anche essere acquistato in farmacia dietro presentazione di
prescrizione medica.
Sempre con l’obiettivo di migliorare la prevenzione, da giugno 2008 l’HPV test viene
utilizzato
1) per selezionare quelle donne che, risultando positive all’ HPV test dopo un
intervento di conizzazione, necessitano di una maggiore attenzione nei controlli
successivi.
2) Per verificare la necessità di un trattamento nelle donne che hanno una lesione di
basso grado (CIN 1) che non regredisce spontaneamente.
9. E SE VOGLIO AVERE ULTERIORI INFORMAZIONI?
Può consultare i siti:
ASL Roma C: www.aslrmc.it > screening oncologici
Ministero della Salute: www.ccm-network.it/screening
www.osservatorionazionalescreening.it
www.gisci.it/documenti/documenti_gisci/100d_hpv_2011.pdf
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