La dieta a Zona

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La Dieta a “Zona”
(Che cosa è)
La dieta zona è stata messa a punto dal biochimico americano Barry Sears che, dal 1990, cura
l'alimentazione di importanti atleti americani, primatisti mondiali e ori olimpici, nei campi dell'atletica
leggera e del nuoto. Proprio attraverso l'ambiente sportivo la zona è arrivata anche in Italia, col proposito
di espandersi ad un pubblico più vasto.
(Come funziona)
Come altre diete, anche la zona prova a superare la convinzione che l'unico modo per perdere peso sia
quella di introdurre meno calorie di quante se ne consumino. In particolare essa si basa sull'ipotesi che
sia possibile creare, tramite l'alimentazione, una situazione favorevole al dimagrimento. Secondo il dottor
Sears questa condizione sarebbe costituita da un particolare rapporto tra l'insulina e il suo ormone
antagonista, il glucagone. Il nome di dieta zona deriverebbe proprio dal fatto che la condizione favorevole
al dimagramento si realizzerebbe facendo rientrare il rapporto tra i due ormoni in un determinato
intervallo o zona. In sostanza, ciò che è fondamentale nella dieta zona è la risposta ormonale indotta
dall'alimentazione,
risposta
che
varia
a
seconda
dell'alimento
introdotto.
Bilanciando opportunamente a ogni pasto i costituenti alimentari si garantisce il raggiungimento della
condizione favorevole al dimagramento. Gli alimenti che più si prestano al raggiungimento della zona
corretta per il dimagramento sono i cibi ricchi di proteine e i cibi ricchi di carboidrati non raffinati.
Contrariamente ad altre diete iperproteiche, la dieta zona non proibisce il consumo di carboidrati, nè ne
limita drasticamente l'assunzione: semplicemente la regola. Ciò che chiede, infatti, è di rinunciare alle
grosse porzioni di pasta, pane e riso e di privilegiare l'assunzione di frutta e verdura.
Quella che ne deriva, può pertanto essere considerata una via di mezzo tra le diete ipoproteiche
americane degli anni 70/80 (Atkins, Scarsdale…) e quella equilibrata mediterranea.
(La dieta in pratica)
La dieta zona non impone nessun tipo di rinuncia (pasta, riso, pane, polenta, patate e banane sono da
limitare e non da abolire), ma solo un'adeguata consapevolezza della propria alimentazione.
Chiede, sostanzialmente, che ognuno dei 5 pasti (colazione, spuntino del mattino, pranzo, spuntino del
pomeriggio e cena) venga pensato ricordando la regola 40/30/30, ovvero il rapporto tra le calorie
derivanti da carboidrati, proteine e grassi del pasto. In pratica ogni pasto deve presentare lo stesso tipo
di impostazione e contenere tutti i tipi di nutrienti. In tal senso, ovviamente, la dieta zona va contro i
principi di altre diete importanti, quali la dieta dissociata, la cronodieta.
(Considerazioni nutrizionali)
Da un punto di vista nutrizionale, la dieta zona può essere considerata una dieta mediterranea
sbilanciata, perché prevede una sensibile riduzione dei carboidrati (specie quelli raffinati quali pasta, pane
e riso) e una discreta presenza di proteine e grassi (senza arrivare agli eccessi delle diete iperproteiche).
L'abbondante consumo di frutta e verdura può favorire le funzioni fisiologiche del ricambio, un buon
movimento intestinale e una ricchezza in vitamine e sali minerali.
(Per chi si e per chi no)
La dieta zona, presentando una discrepanza non eccessivamente marcata dal punto di vista nutrizionale
rispetto alla dieta mediterranea (considerata come la dieta bilanciata per eccellenza), può essere
considerata sostanzialmente innocua, purchè effettuata per tempi brevi. Alla lunga, infatti, la presenza di
troppe proteine e grassi rispetto ai carboidrati potrebbe creare qualche problema, prevalentemente a
carico dei reni. Poiché l'origine della dieta zona sono i campi sportivi ci sembra opportuno sottolineare la
sua utilizzabilità in quest'ambito. Non ci sentiamo invece di consigliarla a chi non pratica sport, dato che
l'eccessiva quantità proteica non avrebbe nessuna utilità.
(Considerazioni generali)
È una dieta nuova, che propone uno schema dietetico e un rapporto tra i costituenti assolutamente
innovativo. Poiché si ritiene che tale rapporto debba essere molto più alto per carboidrati (55%) e
nettamente meno per i grassi (20%), riteniamo che al momento la zona debba essere inserita tra le diete
da guardare con prudenza. Un secondo aspetto da tenere presente nel giudizio riguarda la sua
praticabilità. Anche considerando la variante italiana, molto più mediterranea, risulta sempre un pò
distante dal gusto locale e quindi, forse, poco praticabile sulla lunga distanza. A meno che non si intenda
variare definitivamente il proprio modo di alimentarsi.
(tratto da www.sanihelp.it)
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