C ONSORZIO INTERUNIVERSITARIO
DI RICERCA IN CHIMICA DEI
METALLI NEI SISTEMI BIOLOGICI
Attività scientifica
svolta dalle Unità
di Ricerca
2008
PRESENTAZIONE
3
PRESENTAZIONE
Le conoscenze scientifiche e tecnologiche e la disponibilità di risorse umane qualificate
costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in
posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non
subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di
servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei
processi di crescita economica, culturale e sociale.
Si parla comunemente di “economia della conoscenza e dell'apprendimento” e di “sistemi
nazionali di innovazione” per indicare una nuova fase di sviluppo in cui non è più possibile tenere
separata la funzione di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici da quella di
un loro impiego per il soddisfacimento di una domanda diffusa generata dalle complesse esigenze
della società moderna.
In questo contesto il Consorzio Interuniversitario di Ricerca in Chimica dei Metalli nei
Sistemi Biologici (C.I.R.C.M.S.B.), con sede legale a Bari e 21 Università consorziate, promuove e
coordina le proprie ricerche con l‟obiettivo di formare e valorizzare i ricercatori ed i risultati da essi
ottenuti con la consapevolezza del valore strategico della ricerca come vantaggio competitivo nella
Società della Conoscenza e nella convinzione che le infrastrutture di ricerca e alta formazione siano
leve strategiche per il rilancio dell‟economia nazionale.
A tale scopo le attività del C.I.R.C.M.S.B. si articolano in macro aree di ricerca scientifica e
tecnologica a carattere interdisciplinare, che riguardano i settori delle biotecnologie, dei farmaci, dei
materiali e dell’ambiente. Tali aree di intervento attualmente oggetto di ricerca del Consorzio si
articolano nelle seguenti tematiche:
a) Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari: la Risonanza Magnetica per
Imaging;
b) Metallo-proteine come catalizzatori biologici;
c) Biomineralizzazione e biocristallografia;
d) Biosensori e biostrumentazione;
e) Nuovi farmaci inorganici in oncologia;
f) Radiofarmaci nella diagnostica e radioterapia tumorale;
g) Ioni metallici nelle patologie degenerative croniche.
Il C.I.R.C.M.S.B. è presente in tutta Italia attraverso una rete di Unità Locali di Ricerca, al fine
di favorire una diffusione capillare delle proprie competenze su tutto il territorio nazionale ed
agevolare i contatti e le collaborazioni con enti ed industrie locali.
Quello di seguito riportato è un riassunto dei risultati acquisiti nell‟anno 2008 da ciascuna
delle Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B.
A tutti coloro che vi hanno partecipato va rivolto il mio più profondo e sentito
ringraziamento.
Prof. Giovanni Natile
5
INDICE
7
UNITÀ DI RICERCA
Bari
Pag. 13
Bologna
Pag. 21
Camerino
Pag. 33
Catania
Pag. 37
Ferrara
Pag. 45
Firenze
Pag. 53
Insubria
Pag. 59
Messina
Pag. 61
Napoli
Pag. 63
Padova
Pag. 67
Palermo
Pag. 83
Parma
Pag. 87
Pavia
Pag. 91
Piemonte Orientale
Pag. 95
Politecnica delle Marche
Pag. 101
Roma “La Sapienza”
Pag. 103
Roma “Tor Vergata”
Pag. 107
Salento
Pag. 109
Siena
Pag. 117
Torino
Pag. 119
Trieste
Pag. 121
Pubblicazioni e Brevetti
Pag. 125
Strumentazione Disponibile
Pag. 159
Personale Afferente
Pag. 171
9
ATTIVITA’ DI RICERCA
11
UNITA’ DI RICERCA DI BARI
Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Natile
L'attività scientifica dell‟unità di ricerca di Bari ha riguardato le seguenti tematiche:
1) Sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali;
2) Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino;
3) Meccanismi di trasporto di farmaci a base di platino.
1) Sintesi e caratterizzazione di complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali
L'uso di leganti appositamente selezionati per fungere da carrier molecolari in grado di consentire
un trasporto ed un accumulo di farmaco antitumorale in cellule e organi bersaglio oppure attività
farmacologiche sinergiche è una importante tematica di ricerca dell'U.R. di Bari.
In questo contesto è stata condotta la sintesi e la caratterizzazione di complessi dinucleari di
platino(II) con un legante analogo del risedronato, un bisfosfonato contenente azoto
commercialmente utilizzato nel trattamento delle patologie che presentano fenomeni ipercalcemici.
Poiché i bisfosfonati contenenti azoto hanno anche dimostrato di possedere essi stessi proprietà
antitumorali, il complesso di platino preparato (Figura 1) incorpora nella stessa molecola due
residui potenzialmente attivi (il legante bisfosfonato ed il centro metallico) inoltre i nuovi composti
dovrebbero essere dotati di un elevato tropismo per i tumori o le metastasi ossee a causa della
presenza del residuo bisfosfonico.
Figura 1
Il legante è stato sintetizzato e caratterizzato allo stato solido mediante cristallografia a raggi-X
dopo essere stato cristallizzato mediante la tecnica sol-gel. Il complesso dinucleare possiede una
struttura con il legante a ponte fra due residui di platino in una conformazione definita a W.
Sempre nell‟ambito di composti di platino con gruppi fosfonici, l'U.R. di Bari ha esteso un
precedente
studio
effettuato
su
complessi
di
platino(II)
con
legante
dietil[(metilsulfinil)metil]fosfonato (smp), e.g. [PtCl2(S,O-smp)], ad altro estere fosfonico, il
dietilamminometilfosfonato (amp) (Figura 2). La reazione fra l'anione tetracloroplatinato(II) e l'amp
ha portato alla formazione di un mono- e di un bis-addotto in cui il legante amp agisce da legante
monodentato N-coordinato al metallo. Dalla reazione non è stata isolata nessuna specie stabile
contenente il legante in forma bidentata.
Figura 2
13
Inoltre, partendo da una soluzione in solvente organico del complesso cis-[PtCl2(N-amp)2] (2 in
Figura 2) è stato possibile osservare, solo in presenza di luce, l'interconversione nel corrispondente
complesso a geometria trans (3). Tale trasformazione sembra aver luogo attraverso uno stato di
transizione tetraedrico e non richiedere rottura di legami di coordinazione.
L'Unità di Ricerca di Bari si è anche interessata alla sintesi di complessi di platino con leganti non
classici. Ad esempio è stata preparata una libreria di sei complessi di platino(II) con leganti 1,2bis(amminometil)carbobiciclici (Figura 3). Questi complessi sono stati progettati con l'intento di
introdurre maggiore flessibilità ed ingombro sterico nei complessi mediante l'uso del legante carrier
biciclico e di valutare le proprietà antiproliferative e le relazioni struttura-attività, confrontandole
con complessi analoghi quali ad esempio quelli con il legante 1,2-diamminocicloesano.
Figura 3.
Gli studi di citotossicità sono stati condotti su linee cellulari cancerose sia sensibili (A2780) che
resistenti (A2780R) al cisplatino. E' stata riscontrata un'eccellente citotossicità per la maggior parte
dei complessi, i quali hanno presentato Fattori di Resistenza migliori del cisplatino nei confronti
della linea A2780R. Il bersaglio finale di questi complessi è risultato il DNA, come dimostrato da
studi delle cinetiche di binding, variazione della temperatura di melting, valutazione dell'angolo di
unwinding del DNA superavvolto, valutazione dei cross-link formati e studi di mappazione della
replicazione. Inoltre è stata anche studiata la cinetica della reazione con il glutatione per cercare di
comprendere le ragioni del superamento della cisplatino-resistenza.
Sono stati anche preparati complessi aventi geomtria cis e trans con due leganti ammidinici o con
un legante ammidinico ed un legante amminico di formula generale cis- e trans-[PtCl2{(Z)HN=C(NH2)CH3}2] (1, Figura 4) e cis- e trans-[PtCl2(NH3){(Z)-HN=C(NH2)CH3}] (2). I
complessi, preparati a partire dai corrispondenti complessi nitrilici per mezzo di una reazione di
amminolisi condotta in tetraidrofurano, sono stati caratterizzati mediante analisi elementare, ESIMS ed NMR.
Figura 4
Le ammidine sono isosteri degli imminoeteri e delle chetimmine. Queste ultime, se presenti in
complessi di platino a geometria trans, conferiscono al complesso un'elevata attività antitumorale.
Inoltre, rispetto ai complessi con imminoeteri, i complessi 1 e 2 presentano un'esclusiva preferenza
per la configurazione Z dei leganti ammidinici.
14
L'attività inibitoria della proliferazione cellulare di questi complessi è stata misurata sulla linea
A2780 (sensibile al cisplatino) e sulla linea A2780cisR che presenta resistenza acquisita al
cisplatino. I risultati ottenuti indicano che il fattore di resistenza è più basso per i complessi
ammidinici a geometria cis rispetto al cisplatino ma più alto rispetto ai corrispondenti complessi
ammidinici a geometria trans.
Sempre nell'ambito dei complessi a geometria trans, l'U.R. di Bari ha condotto uno studio per
valutare
la
citotossicità
e
la
mutagenicità
del
complesso
trans,trans,trans[PtCl2(CH3COO)2(NH3)(1-adamantilammina)] [trans-adamplatin(IV), B in Figura 5] e del suo
analogo ridotto trans-[PtCl2(NH3)(1-adamantilammina)] [trans-adamplatin(II), A].
Figura 5
I due complessi sono dotati di una elevata lipofilicità e sono risultati essere in grado di aggirare la
resistenza (sia intrinseca che acquisita) al cisplatino. Un aspetto interessante emerso da questo
studio è che il complesso B è risultato notevolmente meno mutagenico del cisplatino. Questo
aspetto risulta correlato con la lipofilicità dei complessi A e B: infatti l'accumulo dei complessi con
1-adamantilammina nelle cellule A2780 è risultato maggiore rispetto al cisplatino. I risultati ottenuti
dimostrano anche che il complesso A presenta un binding al DNA molto differente dal transplatino
(isomero del cisplatino non dotato di attività antitumorale). Inoltre, il complesso A è in grado di
resistere alla disattivazione provocata da agenti platinofilici intracellulari quali ad esempio il
glutatione.
2) Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino.
L'interazione complesso-DNA è universalmente riconosciuta come fondamentale nel meccanismo
d'azione del cisplatino. Per questo motivo l'U.R. di Bari è da tempo impegnata nello studio della
stereochimica degli addotti formati da complessi di Pt con DNA o con molecole che lo possano
mimare (ad esempio nucleot(s)idi e polinucleotidi). Un nuovo legante recentemente utilizzato è la
( )Sparteina, un alcaloide contenente quattro cicli fusi e quattro centri di asimmetria di
configurazione 6R, 7S, 9S, e 11S sui quattro atomi di carbonio terziari (Figura 6).
Figura 6
Questo alcaloide, nella configurazione cis, può fungere da agente chelante N-donatore bidentato nei
confronti di un centro metallico, generando un notevole ingombro sterico in grado di estendersi
sopra e sotto il piano di coordinazione. Ciò è stato confermato dalla struttura a raggi X del
complesso di platino(II) [PtCl2{( )Sparteina} (Figura 7).
Figura 7
15
Il complesso, inoltre, è apparso un substrato ideale per indagini sulla stereochimica degli addotti
con nucleotidi e con il DNA. Infatti, l'orientazione di una nucleobase coordinata al metallo può
essere identificata con precisione misurando l'intensità dei cross-peak NOE fra i protoni della
sparteina rivolti verso il centro metallico ed un opportuno protone della base coordinata (ad esempio
il protone H8 della guanina o dell'adenina).
In un altro lavoro, l'Unità di Ricerca di Bari è stata impegnata nello studio strutturale e biochimico
degli addotti formati col DNA dal farmaco a base di platino(II) di terza generazione Ossaliplatino.
E' stato dimostrato che: 1) il ripiegamento, lo srotolamento e la destabilizzazione termica del DNA,
causati dai cross-link formati dall'ossaliplatino sono maggiori rispetto a quelli causati dal cisplatino;
2) l'affinità delle proteine HMGB per il cross-link interstrand formato dall'ossaliplatino è
notevolmente più bassa di quella mostrata per il cisplatino; 3) la chiralità del legante carrier 1,2diamminocicloesano può influenzare alcune proprietà strutturali fondamentali. Quest'ultimo aspetto
risulta molto importante poiché è stato dimostrato che, in generale, i cross-link interstrand formati
dai vari composti di platino aventi importanza biologica determinano una maggiore citotossicità
rispetto sia agli addotti monofunzionali sia ad altre lesioni del DNA di tipo intrastrand. Per questa
ragione è stato ipotizzato che le proprietà caratteristiche dell'addotto interstrand formato
dall'ossaliplatino possano essere, almeno in parte, responsabili delle caratteristiche antitumorali
uniche presentate da questo farmaco (uso nel trattamento del cancro colon-rettale in associazione
con leucovorina e fluorouracile).
Oltre all'ossaliplatino, l'U.R. di Bari ha condotto indagini su un altro complesso di platino noto in
letteratura per le sue peculiari caratteristiche antitumorali (es. attività in linee tumorali cisplatino ed
ossaliplatino resistenti): [PtCl2(cis-1,4-DACH)] (DACH = diamminocicloesano, Figura 8).
Figura 8
Nel complesso [PtCl2(cis-1,4-DACH)] l'angolo N-Pt-N (97°) risulta più largo rispetto al medesimo
angolo presente in altri complessi di Pt con leganti bidentati diamminici o nel cisplatino (91°). Era
stato ipotizzato che questa caratteristica avrebbe potuto rallentare la rotazione delle guanine intorno
al legame Pt-N7 in addotti (cis-1,4-DACH)PtG2 a tal punto da consentire l'osservazione dei
differenti conformeri possibili (Figura 9).
Figura 9
Questa previsione è stata confermata e, abbassando la temperatura fino a 238 K, è stato possibile
osservare i diversi conformeri dell'addotto (cis-1,4-DACH)Pt(5′-GMP)2 (GMP = guanosina
monofosfato, Figura 10).
16
Figura 10
Questo esperimento rappresenta il primo caso in cui tali conformeri sono stati risolti per un derivato
di platino con una diammina primaria e con guanosine non legate fra loro ed è, fino ad ora, il
modello più vicino in assoluto all'addotto formato dal cisplatino.
Dal momento che l‟ingombro sterico dei leganti sembra assumere un ruolo importante nel conferire
attività antitumorale ai complessi di platino a geometria trans,l'U.R. di Bari ha condotto uno studio
cinetico sulle reazioni di complessi citotossici contenenti leganti imminoetere a geometria trans ed
oligonucleotidi. Tale studio è stato effettuato utilizzando tecniche di spettroscopia NMR mono e
bidimensionale ed in particolare esperimenti [1H, 15N] HMQC. I risultati ottenuti per i due isomeri
con un solo imminoetere, trans-[PtCl2(NH3){E/Z-HN=C(OMe)Me}] (trans-E e trans-Z) sono stati
confrontati con quelli ottenuti con il complesso bis-imminoetereo trans-[PtCl2{EHN=C(OMe)Me}2] (trans-EE). In studi precedenti quest'ultimo complesso, aveva mostrato
un'inaspettata bassissima reattività nei confronti della coppia GG centrale di un dodecanucleotide a
doppia elica. Al contrario si è visto che i complessi trans-E e trans-Z, i quali risultano dotati di un
minore ingombro sterico, sono in grado di reagire con la coppia interna GG del duplex [5'd(G1G2T3A4C5C6G7G8 T9A10C11C12)]2 piuttosto che con la coppia GG terminale più esposta al
solvente. La velocità di platinazione dei siti G-terminali è quasi un ordine di grandezza più elevata
per l'oligomero che per il monomero GMP, utilizzato come termine di confronto. In questo lavoro
sono stati anche studiati: 1) il ruolo del legante e la sua influenza nel determinare il tipo di addotto
formato con l'oligonucleotide, 2) la velocità di formazione di addotti anche con altre biomolecole
diverse dal DNA.
3) Meccanismi di trasporto di farmaci a base di platino.
Le vie naturali di trasporto degli ioni rame, che sono essenziali per lo svolgimento di numerose
funzioni cellulari, rappresentano importanti canali di ingresso e uscita dei farmaci antitumorali a
base di platino, tra cui il cisplatino, il carboplatino e l‟ossaliplatino. Inoltre la resistenza a
trattamenti chemioterapici in alcune forme di tumore è stata correlata ad un‟alterazione dei livelli di
espressione di alcune proteine trasportatrici di ioni rame.
Ottimi leganti del platino sono gli aminoacidi contenenti zolfo, ovvero la metionina e la cisteina.
Questi due tipi di aminoacidi sono ottimi leganti anche per lo ione rame nello stato di ossidazione
+1, cioè nella sua forma ridotta, che è la forma in cui esso viene importato nelle cellule da Ctr1 ed
esportato dal citoplasma attraverso le Cu-ATPasi di Menkes e Wilson. La Ctr1 e le Cu-ATPasi
presentano sequenze che contengono la ripetizione di motivi aminoacidici ricchi, rispettivamente, di
metionine e di cisteine, e tali sequenza sono conservati in proteine omologhe appartenenti a
organismi viventi diversi. Tali motivi aminoacidici rappresentano potenziali siti di legame per i
complessi di platino e, a causa della forte reattività dei leganti S-donatori, possono inattivare i
farmaci antitumorali.
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L'Unità di Ricerca di Bari ha studiato l‟interazione di vari complessi di Pt(II) e Pt(IV) con
l‟octapeptide MTGMKGMS (Mets7), molto simile al settimo motivo metioninico della Ctr1 di
lievito (MSGMSGM).
I risultati di maggior rilievo, ottenuti attraverso lo studio di queste interazioni, sono i seguenti:
1) i complessi di Pt(IV) sono scarsamente reattivi nei confronti dei motivi metioninici, salvo previa
riduzione con ascorbato di Pt(IV) a Pt(II);
2) nel caso del cisplatino tutti i leganti originari sono sostituiti da gruppi leganti di Mets7, mentre
l‟isomero trans conserva le due ammoniache;
3) la spettroscopia NMR indica che il platino si lega allo zolfo delle metionine di Mets7 e causa uno
spostamento a campi bassi dei protoni ε-CH3 and γ-CH2 negli spettri 1H/13C HSQC (heteronuclear
single-quantum correlation). Inoltre gli spettri 1H/195Pt HMQC (heteronuclear multiple-quantum
correlation) confermano la coordinazione allo zolfo e la perdita delle ammoniache nel caso del
cisplatino, con conseguente shift upfield della risonanza del nucleo metallico ( 195Pt= − 4155 ppm)
in accordo con un intorno di coordinazione del tipo (N/O)S3;
4) il platino induce una variazione nella conformazione del peptide, che passa da una struttura
random coil ad una struttura di tipo -turn (Figura 11), come rivelano gli spettri di dicroismo
circolare;
5) nel caso del carboplatino la reazione con le metionine di Mets7 procede lentamente e dopo 24 ore
si ha la formazione di un addotto, rilevato attraverso spettrometria di massa elettrospray,
corrispondente alla specie [Mets7+Pt(1,1-ciclobutandicarbossilato)] in cui il platino ha ceduto le
due ammoniache;
6) nel caso dell‟ossaliplatino due metionine di Mets7 rimpiazzano il gruppo etandioato mentre il
legante 1,2-cicloesandiammina rimane saldamente legato al platino.
Figura 11
Modello strutturale dell‟addotto tra Mets7 e cisplatino.
Riassumendo: lo stato di ossidazione del platino, l‟isomeria geometrica dei composti di Pt(II), la
natura dei leganti, la stabilità degli anelli chelati ed il forte effetto trans dei leganti S-donatori sono
alla base del diverso comportamento delle diverse classi di composti.
Le differenze riscontrate nella reattività in vitro dei vari complessi di platino con i motivi
metioninici di Ctr1 possono riflettersi in una varietà di meccanismi d‟ingresso e di trasporto
cellulare, che hanno conseguenze sull‟attività antitumorale in vivo.
Dal momento che il cisplatino deve conservare le due molecole di ammoniaca per espletare la sua
attività antitumorale, abbiamo ipotizzato che, in seguito all‟interazione con le metionine del
dominio N-terminale di Ctr1, venga indotto un processo di invaginazione della membrana
plasmatica con formazione di vescicole endocitotiche che inglobano una porzione del liquido
extracellulare con le sostanze in esso contenute. Le vescicole potrebbero anche svolgere la funzione
di preservare il cisplatino in esse contenuto dalla chelazione di MT ed altri leganti presenti nel
citoplasma e trasportarlo direttamente a particolari distretti subcellulari e quindi al nucleo.
E' stato recentemente osservato che sia l'ubiquitina (Ub) (Liu J, Sitaram A, Burd CG, Traffic, 8,
1375-84, 2007) che il chaperone di Cu(I) Atox1 (Safaei R, Maktabi MH, Blair BG, Larson CA,
Howell SB, J. Inorg. Biochem., in press) sono coinvolti nel processo di endocitosi di Ctr1.
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Pertanto l'Unità di Ricerca di Bari ha intrapreso lo studio dell'interazione del cisplatino ed altri
metalli con queste due proteine:
1) Atox1 lega il cisplatino attraverso le cisteine del motivo CXXC, che è conservato nei domini
solubili delle Cu-ATPasi di Menkes e Wilson. In seguito al legame con le cisteine di Atox1, il
cisplatino perde i leganti cloruro ma non le ammoniache (a differenza di quanto accade nel caso
dell'interazione con le metionine di Ctr1);
2) Ub lega sia Cu(II) che diversi complessi di platino attraverso i residui Met1 e His68, come
dimostrano gli esperimenti NMR condotti sulla proteina marcata con 15N e 13C. Le strutture a raggi
X di Ub in presenza di Zn(II), Cd(II) e Hg(II), risolte in collaborazione con l'Unità di Bologna,
confermano che Met1 e His68 sono i due siti preferenziali di ancoraggio di ioni metallici presenti
sulla superficie di Ub (Figura 12). In particolare, Met1 si trova in prossimità di Lys63, che è
coinvolta in un processo chiamato poliubiquitinazione. La poliubiquitinazione consiste nella
concatenazione di molecole di Ub attraverso la formazione di un legame isopeptidico tra il gruppo
carbossilato C-terminale di una molecola di Ub e la catena laterale di una lisina di un‟altra
molecola. In particolare, la poliubiquitinazione su Lys63 regola dei processi cellulari, tra cui
l‟endocitosi di trasportatori ionici e permeasi di membrana ed il riparo del DNA, che sono
strettamente legati al trasporto e all‟azione citotossica di un chemioterapico a base metallica come il
cisplatino.
Figura 12
Siti metallici sulla superficie dell‟ubiquitina umana (hUB). Strutture a raggi X degli addotti Hg-hUb
(A); Zn-hUb (B) e Cd-hUb (C, D). Le distanze di legame sono riportate in Angstroms.
19
UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA
Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri
L‟ attività dell‟ Unità di Ricerca di Bologna si è sviluppata principalmente su otto linee di ricerca
nell‟ ambito della tematica “ biomineralizzazione e biocristallografia” oltre ad una attività di
divulgazione scientifica :
1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati
2) Interazione di fibre di crisotilo con sieroproteine e porfirine
3) Sintesi di Nanoparticelle
4) Sintesi, caratterizzazione ed utilizzo di meso fasi SBA-3
5) Cristallizzazione e struttura di proteine su superfici funzionalizzate
6) Studio dei processi di biomineralizzazione
7) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d‟ interesse ambientale
8) Storia della chimica
9) Contratti e convenzioni con l‟Industria
1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati
I materiali sintetici possono risultare biomimetici per composizione, struttura, morfologia e
struttura chimico-fisica superficiale ed “in bulk”. Mimando la natura si possono sintetizzare
biomateriali che risultano reattivi verso i tessuti biologici ed in grado di rilasciare molecole
bioattive mediante una cinetica controllata dalle caratteristiche del materiale e
dall’”environment” biologico in cui essi vengono situati .
In questo ambito, una delle linee di ricerca dell’unità operativa di Bologna è focalizzata sulla
sintesi di biomateriali inorganici e polimerici nanostrutturati che possono agire come
trasportatori di farmaci e come scaffolds ingegnerizzati alla crescita cellulare per l'ingegneria
tissutale. Per raggiungere questo obiettivo nel 2008 il lavoro dell’unità di Bologna si è
articolato in diversi punti:
a) sintesi di apatiti nanocristalline e xerogeli di silice nanostrutturati
b) funzionalizzazione superficiale di materiali inorganici nanostrutturati
c) uso di nanocristalli biomimetici di idrossiapatite per la rimineralizzazione dello smalto
dentale
d) conversione di Carbonati in Idrossiapatite per la produzione di scaffolds per l’ ingegneria
tissutale
e) coating proteici, inorganici e compositi
a) Sintesi di apatiti nanocristalline e xerogeli di silice nanostrutturati
Uno dei risultati raggiunti durante il 2008 è stata la sintesi di nuove apatiti nano-dimensionate
e geli di silice nanostrutturati che rappresentano due importanti classi di materiali biogenici.
Le apatiti sono i costituenti fisiologici delle ossa e dei denti, mentre la silice nanoporosa è
prodotta da organismi unicellulari che rappresentano una delle classi più importanti di
materiali biogenici. Oltre alle classiche sintesi in “batch” già ampiamente studiate durante gli
anni precedenti, sono state usate anche altre tecniche di cristallizzazione
1) cristallizzazione in fase gel (gel di metasilicato) (Figura 1a)
2) cristallizzazione in diffusione di vapore nel “Crystallisation mushroom” (Figura 1b).
3) cristallizzazione in micelle inverse
Queste tecniche permettono di ottenere cristalli molto piccoli quindi con alta reattività nei confronti
dell‟ambiente biologico e ideali per essere usati come agenti nucleanti.
1) cristallizzazione in fase gel (gel di metasilicato)
Con la prima tecnica si sono ottenuti cristalli di idrossiapatite, usando un sistema di diffusione di
una soluzione di cloruro di calcio attraverso un gel di silice trattao con acido fosforico a pH basico.
21
(Figura 1a).
1a
1b
Figura 1 Liesegang rings di fosfati di calcio ottenuti tramite diffusione di CaCl2 in un gel di
metasilicato a pH basico (a) e “Crystallisation Mushroom”(b)
2) cristallizzazione in diffusione di vapore nel “Crystallisation mushroom” (Figura 1b).
Con la seconda tecnica si sono ottenuti nanocristalli di idrossiapatite, usando la diffusione di vapori
di NH4HCO3 in modo da raggiungere lentamente il pH ideale per la precipitazione di idrossiapatite.
Per prima cosa sono state messe a punto le condizioni ottimali per ottenere nanocristalli all‟interno
del mushroom. In queste condizioni nella goccia si sono trovati cristalli di idrossiapatite
(morfologia aghiforme) e cristalli di ottacalcio fosfato (morfologia a piattina) (Figura 2a). Queste
ipotesi sono state confermate anche da analisi di diffrazione di elettroni.
3) cristallizzazione in micelle inverse
La terza delle tecniche “non convenzionali” utilizzate ha permesso di ottenere nanocristalli di calcio
fosfato utilizzando come “ microreattori” delle micelle inverse di acqua in isoottano. La figura 2b
mostra un esempio di nano “needle” ottenuti per reazione del sale di calcio di un tensioattivo
(CaAOT) con tampone fosfato (pH=9) in emulsione inversa
Figura 2 Immagini TEM di nanocristalli di idrossiapatite e di ottacalcio fosfato ottenuti tramite
diffusione di vapore (a) e mediante cristallizzazione in micelle inverse (b)
b) Funzionalizzazione superficiale di materiali inorganici nanostrutturati
Il passo successivo alla messa a punto in laboratorio di biomateriali è il conferimento ad essi
di bioattivà specifiche. Questo scopo può essere ottenuto con la sintesi di strutture composite
materiale-molecola funzionale, dove la molecola funzionale sia in grado di veicolare le
informazioni stimolanti specifiche risposte cellulari.
Sono state preparate nanoapatiti biomimetiche utilizzando come coreagenti amminoacidi con
diversi residui laterali (alanina, arginino, acido aspartico) e di conseguenza diversa carica. E’
22
stata dimostrata la possibilità di trasformare la morfologia dell’apatite da plate-like a needle
like, nonché di modularne le proprietà e la carica superficiale. (Fig3)
Figura 3 Immagine TEM rappresentativa dello switch della morfologia di nanocristalli
apatitici da plate like a needle like medianate l’uso di amminoacidi polari
Convenzionalmente la somministrazione di principi attivi nell’organismo avviene ad intervalli
regolari per via orale o endovenosa. Gli svantaggi che ne derivano sono che l’agente
terapeutico circoli in tutto l’organismo e venga spesso degradato prima di raggiungere il sito
di azione e che la sua concentrazione raggiunga livelli superiori alla quantità terapeutica e
vicini a quella tossica. Al contrario, i sistemi per il rilascio controllato realizzano l’obiettivo di
rilasciare la molecola bioattiva vicino al sito di azione al momento giusto e in quantità
terapeutica corretta.
Il lavoro di ricerca si è indirizzato verso la sintesi di apatiti nanocristalline funzionalizzate con
molecole di antitumorale che possano esser rilasciate con cinetica controllata nel sito
dell’impianto, con lo scopo di ottenere materiali ibridi aventi potenzialità nel trattamento
dell’osteosarcoma. In particolare sono stati realizzati compositi d’apatite e complessi di
platino con leganti bisfosfonici (Fig.4) (sintetizzati dall’unità di Bari).
O
H2
N
O
P
Pt
N
H2
H2
N
O
Pt
O
P
O
N
H2
O
Figura 4 Di(ethylendiaminoplatino)medronate (DPM) (a) e (b) Pt2(en)2(AHBP-H)](HSO4)
Misure di IC50, effettuate sulle molecole rilasciate dai materiali ibridi, hanno permesso di
evidenziare come queste ultime presentavano un’attività citotossica uguale o addirittura
maggiore rispetto a quella posseduta inizialmente dalle molecole. Si è dimostrata dunque
l’idoneità dei nanocristalli apatici a supportare e rilasciare le molecole di cui sopra, senza
alterarne o addirittura esaltandone le proprietà biologiche.
Le nanoparticelle metalliche, ed in particolare quelle di oro, hanno elevate potenzialità in
campo diagnostico e terapeutico.
La particolare capacità d’interazione con la luce delle nanoparticelle di oro conferisce loro
delle straordinarie proprietà ottiche, che le rende di gran lunga più efficaci dei coloranti
convenzionalmente usati in biologia molecolare e nanomedicina. La coniugazione delle
nanoparticelle a leganti che possano esser targettati su marker tumorali permette di
23
utilizzarle per l’imaging molecolare e la diagnosi del tumore.
D’altro canto le nanoparticelle di oro convertono la luce fortemente assorbita in calore
localizzato, che può essere utilizzato per una terapia “laser photothermal” localizzata.
Data la possibilità di utilizzare le nanoparticelle già di per sè come agenti antitumorali, la
progettazione di materiali biomimetici/nano-particelle ha un elevatissimo potenziale nel
trattamento localizzato dei tumori.
Il trattamento dei tumori mediante nanoparticelle, infatti, diviene più complicato nel caso del
trattamento dei tumori ossei, dove dopo la rimozione chirurgica del tessuto malato si rende
necessaria la sua sostituzione con un bone-filler. E’ inoltre indispensabile procedere ad un
successivo trattamento antitumorale per evitarne la ricorrenza. La preparazione di materiali
osseosostitutivi funzionalizzati con nanoparticelle è un metodo innovativo per raggiungere
ambedue gli scopi.
La coniugazione di nanoparticelle di metalli nobili a nanocristalli di idrossiapatite dovrebbe
consentire di ottenere un materiale multifunzionale, che unisca alle ben note proprietà
bioattive delle nano-apatiti, la responsività ottica delle nanoparticelle utile per il trattamento
localizzato e non invasivo dei tumori.
In un primo approccio, nanoparticelle di oro ed argento, cappate con differenti leganti sono
state legate superficialmente a nanocristalli di apatite. (fig 5(a))
Alternativamente, si è utilizzata la tecnica di cristallizzazione in micelle inverse, laddove la
micella di acqua ha rappresentato il sito di nucleazione di tali nanomateriali. Questa sorta di
“constrained environment “ ha permesso di controllare la dimensione, la forma e
l’organizzazione strutturale non soltanto dei singoli componenti (ovvero della nanoapatite e
delle nanoparticelle), ma anche del composito HA-nanoparticella risultante (fig5(b)).
Figura 5 Immagine TEM di nanocompositi HA-nanoparticelle, ottenuti mediante interazione
in fase acquosa (a) e mediante cristallizzazione in micelle inverse (b).
c) Uso di nanocristalli biomimetici di idrossiapatite per la rimineralizzazione dello smalto dentale
Le carie dentali e l'erosione sono le patologie più comuni e più diffuse nel mondo; sono entrambe
dovute all'azione degli acidi che favoriscono la solubilizzazione della struttura minerale dei denti.
La causa principale della parziale dissoluzione dell'enamel è imputabile alla solubilità
dell'idrossiapatite (HA) che è favorita a pH bassi. Al contrario di altri tessuti remineralizzati, quali
ad esempio l'osso, l'enamel non è in grado di autoripararsi, per mancanza di cellule, quando viene
intaccato ed eroso da specifiche patologie, come le carie, la demineralizzazione, l'abrasione o
fratture (Figura 6a). L'unica metodologia per riparare l'enamel danneggiato è quella di sostituirlo
con materiale di natura sintetica. Lo scopo di questo studio è quello di caratterizzare l'effetto della
nano-CHA sulla remineralizzazione dell'enamel umano.
Campioni di enamel (3x3mm) sono stati tagliati con dischi a lame diamantate da premolari estratti
per ragioni ortodontiche e trattati con nanocristalli di idrossiapatite.
I difrattogrammi registrati sui campioni trattati con nanocristalli di HA mostrano un' allargamento
dei segnali tipico della CHA sintetica, che rivela la sua presenza sulla superficie dell'enamel. La
24
struttura interprismatica e prismatica dell'enamel risulta completamente ricoperta da uno strato
apatitico omogeneo
I risultati hanno sottolineato che la CHA nanometrica produce un coating resistente sulla superficie
dell'enamel demineralizzato.
Figura 6:
Micrografia SEM(Original magnification: 4000X) di enamel demineralizzato (a) ed enamel
sottoposto a trattamento con nanocristalli di idrossiapatite (b)
La realizzazione di scaffolds porosi di idrossiapatite (HA) è attualmente una delle maggiori
richieste in campo medico poiché per molti aspetti risulta essere la risposta adatta a quelle che sono
le necessità nel campo dell'ingegneria tissutale.
d) Conversione di Carbonati in Idrossiapatite per la produzione di scaffolds per l’ ingegneria
tissutale
La realizzazione di scaffolds porosi di idrossiapatite (HA) è attualmente una delle maggiori
richieste in campo medico poiché per molti aspetti risulta essere la risposta adatta a quelle che sono
le necessità nel campo dell'ingegneria tissutale. Diverse tecniche sono state impiegate per la
realizzazione di scaffolds porosi, come ad esempio l'utilizzo di agenti porosi, ma oltre a richiedere
l'impiego di apparecchiature molto costose, sono risultate essere tecniche che non permettono di
avere un sufficiente controllo della porosità interna dello scaffold. La trasformazione idrotermale
(HT) dell'aragonite (CaCO3) dei coralli che provengono dall'Oceano Pacifico in HA è stata di
grande interesse a partire dal 1970 perchè permetteva di ottenere scaffolds porosi, con una
composizione e una microstruttura del tutto simile a quella della componente minerale dell'osso
naturale. Tuttavia lo sfruttamento dei coralli presentava un problema legato alla conservazione
ambientale: il problema è stato superato utilizzando l'osso di seppia che ha le medesime proprietà
chimiche e cristallografiche del corallo ma non è una specie protetta bensì un materiale di risulta
nella lavorazione ittica.
In questo studio ci si è preposti di sviluppare e caratterizzare nuovi scaffolds per l'ingegneria
tissutale dell'osso a partire da materiali di derivazione biologica. E' stata poi indagata la loro
biocompatibilità allestendo colture cellulari utilizzando gli scaffolds oggetti di studio e
comparandoli a biomateriali di riferimento come il titanio nelle sue varie preparazioni, ampiamente
usati in campo biomedico.
La conversione dell‟aragonite dell'osso di seppia in idrossiapatite, attraverso la sintesi idrotermale, è
stata confermata tramite XRD (Figura 7).
Figura 7 XRD di osso di seppia naturale (a) e dopo trattamento idrotermale (b)
25
I risultati sperimentali dimostrano che l'aragonite costituente l'osso di seppia è stata completamente
convertita in idrossiapatite, mantenendo la tipica struttura a camere interconnesse (Figura 8).
Figura 8 Micrografie SEM di osso di seppia naturale a) e dopo trattamento idrotermale b)
Magnification 500x
e) Coating proteici, inorganici e compositi
Sono state effettuate ricerche sull‟ottenimento di coating proteici (ad es. di collageno), apatitici o
compositi mediante tecniche di deposizione elettrochimica ed elettrospinning. I parametri del
processo di deposizione e gli elettrodi possono essere opportunamente scelti in modo da
sincronizzare il processo di autoassemblaggio delle fibre di collageno durante la formazione dei
cristalli di idrossiapatite. I risultati inoltre stabiliscono nuove metodiche di sperimentazione per
studiare i meccanismi di biomineralizzazione del collageno nei tessuti biologici.
La deposizione elettrochimica ha inoltre permesso di ottenere layers nanostrutturati di carbonato
idrossiapatite attivati superficialmente con eparina Figura 9. E‟
stato dimostrato come la coagulazione del sangue risulti esser
significativamente ritardata sul coating di nanopatite
funzionalizzato con eparina rispetto a quanto avviene sul coating
non funzionalizzato. Ciò apre nuove prospettive nella
realizzazione di device con potenzialità antitrombogeniche.
Figura 9 Coating di idrossiapatite funzionalizzata con eparina
ottenuto mediante deposizione elettrochimica su lamina di titanio
2) Interazione di fibre di crisotilo con sieroproteine e porfirine
Negli ultimi anni, l‟interesse per i nanotubi è stato esteso a molti materiali inorganici, conduttori,
semiconduttori e isolanti che possono avere applicazioni come materiali tecnologici, in catalisi,
elettronica o come drug delivery. Il crisotilo sintetico con formula (Mg3Si2O5(OH)4) è un silicato
stechiometrico avente una fase nanostrutturata tubolare e può essere mescolato per formare blende
con altri materiali inorganici e polimerici per generare composti avanzati ed innovativi, senza tutte
le complicazioni dovute alla tossicità tipica del crisotilo naturale.
Studio dell’assorbimento dell’HSA sul crisotilo
L‟adsorbimento di proteine su superfici inorganiche è un fenomeno fondamentale dalle molte
applicazioni la cui importanza è stata ampiamente sottolineata in numerosi articoli. Nel campo dei
biomateriali l‟interesse verso questa interazione è dovuto principalmente alla tendenza delle
proteine a depositarsi sulle superfici dei materiali impiantati ed al grande ruolo giocato da questo
deposito proteico nella successiva interazione con le cellule. L‟interazione di questo “biofilm” è
strettamente correlata con le particolari proprietà delle superfici così come con le caratteristiche
delle proteine presenti all‟interfaccia con l‟impianto. La risposta cellulare, che determina la
biocompatibilità del materiale, è strettamente correlata alle proprietà delle proteine ed al loro
comportamento all‟interfaccia materiale - tessuto biologico, che quindi devono essere chiariti.
Nel campo delle nanotecnologie l‟interazione delle proteine con le superfici inorganiche guida la
costruzione di sensori, attivatori ed altri componenti funzionali: anche in questo ambito una
conoscenza dettagliata dei meccanismi di questa interazione risulta particolarmente utile.
26
Per quanto riguarda l‟impatto di materiali estranei sui processi biologici, la conoscenza di tale
interazione è essenziale al fine di capire i meccanismi con cui si manifestano eventuali tossicità e
cancerogenicità, poiché le proprietà ad esse correlate sono fortemente influenzate dall‟adsorbimento
sulla superficie di molecole e macromolecole, come proteine, lipidi di membrana e acidi nucleici.
Le modifiche della struttura secondaria dell'albumina sierica umana (HSA) indotte dalla superficie
dei nano tubi di crisotilo sono state studiate sia attraverso il calcolo di dinamica molecolare (MD)
sia attraverso esperimenti di spettroscopia infrarossa (FTIR), rivestendo i nanocristalli di crisotilo
sintetico con diverse quantità di HSA. Le MD simulazioni sono state ottenute minimizzando
l‟energia di interazione nel mezzo dielettrico, considerando separatamente la geometria dei sub
domini.
conformazione di partenza dei sub-domini dell‟albumina
“Ionic self assembly” tra porfirine e nano tubi di crisotilo
Nanotubi sintetici di crisotilo sono stati utilizzati come matrice inorganica nanostrutturata per
l‟organizzazione di cromofori funzionali, come ad esempio porfirine e i rispettivi derivati acidi e
metallici, per ottenere strutture ibride organico/inorganico con potenziali applicazioni nel campo dei
materiali fotonici, nell‟ottica non lineare e come sensori. E‟stato possibile ottenere l‟assorbimento
di diversi derivati di tetra-(4-sulfonatofenil)porfirine (TPPS) aventi carica negativa sul crisotilo, che
esibisce una carica positiva superficiale, in un determinato range di pH, come determinato dalle
misure effettuate del potenziale Z. Diversi nanocompositi ibridi sono stati preparati mediante
gocciolamento di soluzioni acquose concentrate (650 M) dei differenti cromofori organici in una
sospensione acquosa di nanotubi. Se gli esperimenti vengono condotti ad un valore di pH neutro, la
base libera TPPS si assorbe spontaneamente sulla superficie del solido bianco fino alla
neutralizzazione della carica. Sono stati sintetizzati anche dei composti metallo-derivati (CuII, ZnII,
MnIII) che sono stati fatti assorbire sulla matrice inorganica, consentendo di avere così una più
grande varietà di proprietà ottiche, che sono stati caratterizzati mediante le tecniche di
spettrofometria UV-Vis, spettroscopia di fluorescenza e risonanza di light-scattering (RLS). I
composti ibridi crisotilo-porfirina hanno mostrato una risposta reversibile alla presenza di vapori
acidi o molecole sulla superficie, con la fomazione degli aggregati-J dopo un sostanziale
riarrangiamento delle molecole cromoforiche sulla superficie, per un possibile utilizzo di tali
composti come sensori. L‟approccio ionico di auto assemblaggio è stato anche utilizzato per
preparare dispersioni colloidali stabili di nanotubi in solventi clorurati mediante l‟aggiunta di
tensioattivi anionici (SDS). I dati di light-scattering dinamico (polarizzato e non polarizzato),
analizzato con l‟utilizzo di un modello rigido per le particelle, hanno portato ad una lunghezza
media 0.55 ± 0.05 µm e un diametro di circa 40 nm, in grande accordo con le misure di microscopia
elettronica a trasmissione (TEM) e di light-scattering, prova di una grande dispersione dei nanotubi
in soluzione. Questi colloidi possono quindi interagire con la TPPS anche in solvente organico,
27
portando ad aggregati H-supportati e ad aggregati-J, questi ultimi aventi una estinzione ridotta e
caratteristiche RLS che sono molto simili a quelli normalmente osservati per aggregati TPPS non
supportati in acqua e che sembrano essere promettenti nelle applicazioni dell‟ottica non lineare.
3) Sintesi di Nanoparticelle
Per la prima volta sono state sintetizzate nanoparticelle di rame protette dal 3 - (6-mercaptohexyl)
tiofene (Cu T6SH) da fase unica, utilizzando una miscela di riducenti come NaBH4/LiCl in
diglyme, evitando così la dissoluzione dei sali di rame in acqua. I nanoclusters sintetizzati sono stati
caratterizzati mediante il microscopio elettronico a trasmissione (TEM) mostrando una morfologia
sferica costante con dimensione di 5-6 nm di diametro.
30 nm
Immagine TEM a) di nano particelle di Cu T6SH sintetizzate mediante (Li diglyme) BH4 come
agente riducente e b) il relativo istogramma di distribuzione delle nano particelle.
Dopo la loro sintesi e per un periodo di sei mesi conservato in CH2Cl2 a bassa temperatura, non
sono stati osservati ne fenomeni aggregativi ne alterazioni morfologiche e dimensionali
significativi. L‟ UV-Vis condotto sulle nanoparticelle di Cu T6SH rivela la mancanza della banda
plasmonica di superficie, normalmente osservata per i nano-cluster di Cu a circa 556-570 nm, ma
mostra solo una larga banda centrata a 293 nm, probabilmente a causa della breve (C6) catena
alchilica dell‟anello tiofene ordinata sulla superficie del nucleo di Cu.
Spettro UV-Vis delle nano
particelle Cu T6SH sospese
in CH2Cl2
A differenza delle nano particelle protette con l‟anello tiofenico a lunga catena, come
precedentemente osservato, i risultati TEM e UV-Vis sottolineano la mancanza di aggregazione
irreversibile per le nanoparticelle metalliche protette con il tiofene a catena corta. La conseguenza
di una catena corta intorno al nucleo metallico e l‟assenza di aggregazione irreversibile delle nano
particelle potrebbero migliorare le loro proprietà ottiche ed elettroniche.
28
4) Sintesi caratterizzazione ed utilizzo di meso fasi SBA-3
SBA-3 è una famiglia di mesofasi di silice ottenute in condizioni acide. Il gruppo di Bologna ha
studiato la capacità degli ioni alcalino ed alcalino terrosi di modificare le caratteristiche di tali
mesofasi. Si è dimostrato come gli ioni con una maggiore densità di carica siano in grado di ridurre
le dimensioni dei pori nella struttura della mesofase. Tale diminuzione nella struttura dei pori, a
parità dello spessore della parete degli stessi, ha aumentato notevolmente l‟area superficiale di
queste mesofasi. Si è inoltre visto come queste mesofasi siano maggiormente resistenti ai
trattamenti termici senza subire una contrazione o un collasso della loro struttura. Tali mesofasi
hanno notevoli applicazioni catalitiche. Alcune di esse, insieme ad altre ottenute in condizioni
basiche in presenza di titanio sono state utilizzate come catalizzatori eterogenei per l‟ eliminazione
di acidi grassi, utilizzando dimetil-carbonato. Questi catalizzatori hanno notevolmente aumentato la
resa di reazione e reso possibile lo studio di acidi grassi in un processo continuo mediante la tecnica
della pirolsi.
Figura 1. Diffrattogramma ed immagine al
microscopio elettronico a scansione di una
mesofase SBA-3 sintetizzata in presenza di una
concentrazione di litio 3 volte superiore a
quella di silicio.
5) Cristallizzazione e struttura di proteine su superfici funzionalizzate
Il successo nella determinazione della struttura cristallina di una macromolecola biologica,
mediante diffrazione a raggi X, è fortemente correlato alla possibilità di ottenere cristalli singoli
d‟alta qualità. Per questa ragione molti studi sono stati indirizzati allo sviluppo e progettazione di
nuove tecniche di cristallizzazione.
Gli esperimenti di cristallizzazione sulle superfici di polistirene e di mica, sono stati effettuati con la
tecnica della goccia pendente a diffusione di vapore, utilizzando varie proteine modello. I risultati
ottenuti mostrano come il tempo di induzione e la concentrazione iniziale di proteina per la
nucleazione dei cristalli diminuiscano passando dal vetrino siliconato, utilizzato come riferimento,
alle superfici con contenuto crescente di gruppi ionizzabili. Questi risultati forniscono utili
informazioni sul meccanismo d‟interazione tra macromolecole biologiche e superfici, utilizzabili
nella progettazione di nuove superfici potenzialmente in grado di controllare la crescita dei cristalli
di macromolecole biologiche.
L‟ubiquitina è una piccola proteina di 76 amminoacidi (MW 8565 Da) presente in tutti gli eucarioti
con sequenza estremamente conservata. L‟ubiquitina è coinvolta nella degradazione proteica
intracellulare e in altri processi quali la sintesi proteica, la tolleranza al danneggiamento del DNA, il
traffico proteico e la risposta infiammatoria. Si è visto che nei processi neurodegenerativi nelle
cellule si ha un accumulo di aggregati di tale proteina anche se il meccanismo molecolare che porta
a tale accumulo è attualmente ancora sconosciuto. Si ritiene che l‟aggregazione proteica sia favorita
dalla presenza di ioni metallici come il Cu(II) e lo Zn (II) i cui livelli aumentano nelle cellule
celebrali di pazienti affetti da Parkinson e Alzhaimer, due delle più comuni malattie
neurodegenerative. La forma umana dell‟ubiquitina (hUb) è stata cristallizzata presso il laboratorio
di strutturistica di Bologna in presenza degli ioni metallici del 12 gruppo (Zn, Cd, Hg) a diverse
concentrazioni. Lo Zn è un elemento coinvolto in numerosi processi biologici, mentre Cd e Hg sono
ioni tossici in grado di legarsi alle proteine compromettendone la funzione. La caratterizzazione dei
29
siti di legame di tali ioni potrebbe aiutare a comprendere i meccanismi alla base dei processi di
aggregazione dell‟ubiquitina. La risoluzione della struttura degli addotti proteina-metallo ha
evidenziato un sito preferenziale di ancoraggio per i metalli, rappresentato dall‟His68.
Studi cristallografici sono stati effettuati anche su polipeptidi sintetici in grado di formare strutture
fibrose. Tali studi hanno dimostrato come alcune strutture fibrose possano essere stabilizzate da un
singolo legame ad idrogeno tra le catene peptidiche. Inoltre si è dimostrato come variando le
condizioni di cristallizzazione si possa cambiare l‟aggregazione dei peptici, passando da una
struttura fibrosa ad una struttura tipo cristallo singolo.
Figura 2. Sovrapposizione delle strutture dei tre
addotti metallo-proteina. L‟addotto Zn-hUb è
rappresentato in verde, quello Cd-hUb in blue e
quello Hg-hUb in oro. Gli ioni metallici sono
rappresentati come sfere di diversi colori: lo Zn(II)
in marrone, il Cd(II) in azzurro e lo Hg(II) in
viola.
6) Studio dei processi di biomineralizzazione
E‟ stata studiata la cristallizzazione di carbonato di calcio in presenza di polisaccaridi. In questo
lavoro viene messa in evidenza l'influenza di polisaccaridi, destrani (cationici, anionici e non ionici)
e amido solubile, sulla precipitazione di carbonato di calcio da un sistema omogeneo in cui i
reagenti sono idrossido di calcio e acido carbonico. Questi additivi modificano la morfologia e le
dimensioni delle particelle come pure la loro composizione. La precipitazione di carbonato di calcio
nel sistema modello (senza additivi) provoca la formazione di calcite e vaterite, e una fase amorfa
precursore, nella fase iniziale del processo di precipitazione. Questa fase amorfa si trasforma in
vaterite e / o di calcite, e la vaterite in calcite, diventando questa ultima fase quella finale di
precipitazione. La dimensione media delle particelle di calcite così formata è di circa 16 m La
calcite è l'unico in fase solida nel sistema. Con l'aggiunta di destrani non ionici in questo sistema, la
dimensione delle particelle di calcite diminuisce a circa 8 m. In presenza di destrano anionico la
cinetica del processo di precipitazione viene
fortemente alterata. I risultati mostrano che
l'adsorbimento di destrano anionico inibisce la
crescita di cristalli di carbonato di calcio. Tra
tutti gli additivi utilizzati, il destrano anionico è
quello che altera maggiormente la morfologia
di calcite e vaterite. I destrani cationici
rallentano la crescita e processi di
trasformazione, ma la loro influenza sulla
Figura 3. Immagini SEM di cristalli di calcite e vaterite
morfologia dei cristallo è nulla. Allo stesso
cresciuti in presenza di diverse concentrazioni di amido
solubile. (a): 10 ppm, (b) 100 ppm.
modo, l'aggiunta di amido solubile non ha
alcun effetto sulla morfologia di una calcite o
vaterite alle concentrazioni utilizzate in questo lavoro.
E‟ stata anche studiata la mineralizzazione di fosfati di calcio su substrati di “pure helical collagen”
in “simulated body fluid. In questa ricerca è stato utilizzato del collagene di origine equina privo
delle regioni terminali disordinate, i telopeptidi, e delle regioni polisaccaridiche. Questo collageno,
in cui sono presenti solo le regioni elicoidali, mostra delle proprietà diverse rispetto al collageno
nativo e soprattutto ha una migliore biocompatibilità verso i tessuti biologici. Nella ricerca questo
30
collageno è stato utilizzato a diversi stadi di aggregazione, gel, film e film deformati
uniassialmente, e sono state investigate le sue capacità mineralizzanti di fosfati di calcio in
“simulated body fluid”. La ricerca ha mostrato come questo collagene sia in grado di favorire la
mineralizzazione dei fosfati di calcio, principalmente idrossiapatite, solo quando presente in uno
stato di gel, ossia prima del processo di fibrillazione che porta alla formazione di films. Sui films la
deposizione della fase minerale sembra essere controllata da processi diffusivi, senza che vi sia una
induzione della mineralizzazione da parte del substrato.
7) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d’ interesse ambientale
In questo anno si è continuata l‟ attività sulla caratterizzazione chimico- strutturale di particelle e
fibre nano-micrometriche presenti nel particolato atmosferico che possono rappresentare un rischio
per la salute umana. In particolare si è studiato la componente nanoparticellare di TiO2 e quella
fibrosa di asbesto presente in pietre ofiolitiche utilizzate nelle massicciate ferroviarie della Regione
Emilia-Romagna. Per quanto riguarda la tossicità delle fibre asbestosi è stato valutato il ruolo del Fe
nel sostituire il Mg nella struttura serpentinica delle fibre di amianto ed è stata messa in evidenza
una diversa stabilità delle fibre in funzione del grado di inserimento del Fe nella struttura del
crisotilo.
8) storia della chimica
Industria chimica e salvaguardia dell'ambiente
L'industria chimica nacque alla fine del secolo XVIII, quando Nicolas Leblanc e Michel Dizé
misero a punto un processo per ottenere la soda (carbonato di sodio) dal sale marino. Il brevetto fu
attribuito al solo Leblanc il 25 settembre 1790. Il processo comprendeva due fasi. Nella prima, il
sale veniva fatto reagire a caldo con acido solforico. Si otteneva solfato di sodio e si sviluppava
acido cloridrico gassoso. Il solfato, mescolato con calcare e carbone, veniva riscaldato, producendo
soda insieme a solfuro di calcio. Inizialmente, l'acido cloridrico veniva scaricato direttamente
nell'atmosfera. Ben presto, i gravi danni sulla vegetazione, le persone e gli edifici divennero
evidenti. Agli inizi degli anni '60, i proprietari terrieri e l'opinione pubblica costrinsero la camera
dei Lord a intervenire con apposita legge. Così, nel 1863 fu approvata l'Alkali Act. Si stabiliva che
almeno il 95% dell'acido prodotto venisse condensato.
Le ricerche hanno riguardato la genesi della legge e la cooperazione fra scienza, industria e pubblica
amministrazione che ne resero possibile l'applicazione.
Origini della fotometria quantitativa
Nella determinazione analitica dei metalli, specialmente a livello di tracce, si ricorre sovente alle
tecniche spettrofotometriche. L'equazione che mette in relazione l'assorbanza con la concentrazione
viene generalmente attribuita a Lambert-Beer o, addirittura, soltanto a Beer. Così facendo non si
tiene conto della storia della fotometria. Sarebbe preferibile, in accordo con la IUPAC,
l'attribuzione a Beer-Lambert-Bouguer, come alcuni già fanno.
Le ricerche, con il ricorso a fonti originali, hanno evidenziato il contributo di Pierre Bouguer (16981758) alla nascita della fotometria, quello dei suoi precursori, nonchè gli apporti specifici di Johann
Heinrich Lambert (1728 – 1777) e August Beer (1825 –1863).
9) Contratti e convenzioni con l’ Industria
Presso il Laboratorio di Strutturistica Chimica Ambientale e Biologica (LEBSC) localizzato nel
Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”dell’Università degli Studi di Bologna e costituente la
Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. dell’ Ateneo Bolognese, si è svolta nel 2008 l’ attività di
ricerca prevista da alcuni contratti tra C.I.R.C.M.S.B e Industria.
E‟ stato rinnovato il contratto C.I.R.C.M.S.B – GHIMAS S.p.A. attività coerente con le ricerche
riportate al punto1c,e). In questo anno di attività è stata realizzata la sintesi di Idrossiapatiti
biomimetiche nanocristalline con proprietà chimico-fisiche superficiali tali da rendere i cristalli
altamente bioreattivi, rendendoli particolarmente idonei alla formazione di scaffolds per l‟
ingegneria tissutale. Sono state ottimizzate le sintesi di tipo sol-gel, utilizzando soluzioni acquose
fortemente diluite ed operando in condizioni costanti di temperatura e pressione nell‟intervallo
fisiologico per tempi di reazione variabili da alcune ore ad una settimana. Sono state definite le
31
condizioni di reazione ottimali quali concentrazione dei reagenti, velocità di neutralizzazione acidobase, velocità di miscelazione dei reagenti, temperatura ed atmosfera di reazione, tempo di
maturazione e crescita cristallina nelle acque madri di reazione. I parametri di sintesi definiti hanno
permesso di ottimizzare le caratteristiche strutturali, morfologiche, dimensionali e superficiali dei
nanocristalli sintetizzati tali da renderli particolarmente idonei alla preparazione di scaffolds
inorganici biomimetici per la crescita di cellule staminali.
Sono state inoltre effettuate ricerche sull‟ottenimento di coating apatitici mediante tecniche di
deposizione elettrochimica su impianti di titanio per l‟ odontoiatria. I parametri del processo di
elettrodeposizione sono stati opportunamente scelti in modo da ottimizzare il processo di
formazione dei cristalli di idrossiapatite sulla superficie metallica in modo da renderla bioattiva all‟
interfaccia con il tessuto osseo.
E’ stato rinnovato il contratto C.I.R.C.M.S.B – COSWELL S.p.A. sulla cui base è stata condotta
una attività di ricerca coerente con parte delle ricerche riportate al punto 1c), riguardanti la sintesi e
caratterizzazione di Idrossiapatiti attive nei processi riparativi delle superfici dentali smalto e
dentina. I risultati sono stati pubblicati su riviste internazionali specializzate nel settore. Questi
risultati sono stati utilizzati dall’ industria coinvolta per la produzione e commercializzazione di
una pasta dentifricia innovativa (BIOREPAIR®)
Sono state inoltre messe a punto sintesi di sospensioni di particelle apatitiche nanometriche in grado
di modificare l’ idrofilicità superficiale. I risultati che hanno permesso il deposito di due brevetti
internazionali sono stati utilizzati per la messa a punto di un nuovo processo industriale di sintesi in
grado di produrre una fase apatitica nanostrutturata attiva e particolarmente aggressiva nei
confronti dello sporco da rimuovere su superfici lavabili, dando vita a due nuovi prodotti
industriali(VIM ®crema e VIM® trigger)
Si è continuata l’ attività prevista dal contratto C.I.R.C.M.S.B-ARPA di Reggio Emilia, di durata
biennale, iniziata nel 2007. Si sono condotte analisi coerenti con le ricerche riportate ai punti 2 e 7)
per l’identificazione di fibre di amianto in pietre ofiolitiche presenti nelle massicciate ferroviarie
delle stazioni dell’Emilia-Romagna. Scopo dell’attività è stato quello di rilevare in campioni
opportunamente selezionati di pietre di massicciata ferroviaria, attraverso analisi al microscopio
ottico ed elettronico a scansione, l’indice di rilascio di eventuali fibre di amianto e mettere i risultati
in relazione con i valori specificati dai termini di legge. Nel corso del 2008 sono stati analizzati
presso il LEBSC oltre 600 campioni di pietre, provenienti da varie stazioni ferroviarie, tra cui
Parma, Piacenza, Castel Maggiore e San Benedetto Val di Sembro.
E’ stato stipulato un contratto C.I.R.C.M.S.B- PECTROL per lo studio di nuovi sistemi di
rivelazione di molecole di alcool etilico aerodisperso, mediante l’ utilizzo di nanotecnologie. Infatti
le ricerche al punto1) sono in grado di suggerire matrici inorganiche nanostrutturate caratterizzate
da una elevata area superficiale che potrebbero consentire la realizzazione di etilometri usa e getta
di nuova concezione ed elevate prestazioni senza l’ uso di sali di Cromo.
E’ stata porta avanti l’ attività prevista dal contratto C.I.R.C.M.S.B- PROBIO per la realizzazione di
filler sottocutanei di idrossiapatite biomimetica nanostrutturata rivolti alla chirurgia estetica. Le
ricerche condotte sulla base di questo contratto utilizzano le esperienze acquisite negli studi citati al
punto 1).
32
UNITA’ DI RICERCA DI CAMERINO
Direttore Scientifico: Prof. Alfredo Burini
L‟unità operativa di Camerino si è occupata principalmente delle seguenti tematiche:
1) Sintesi, caratterizzazione e applicazioni radiofarmaceutiche (PET e microPET) di nuovi
complessi marcati con 64-Cu, funzionalizzati con leganti biologicamente attivi.
2) Sintesi, caratterizzazione e studio delle proprietà antitumorali in vitro di complessi
idrosolubili di Cu(I).
3) Sintesi di derivati metallici di Sn(IV), Cu(I), Ag(I) e Au(I) con leganti appartenenti alla
classe degli scorpionati.
Nell‟ambito della prima tematica di ricerca, sono stati sintetizzati e caratterizzati quattro nuovi
complessi di rame(I) con leganti monofosfinici idrosolubili ed i corrispondenti complessi marcati
[64Cu(thp)4]+ (1), [64Cu(PTA)4]+ (2), [HC(CO2)(pzMe2)264Cu(thp)2] (3) e [HC(CO2)(tz)264Cu(thp)2]
(4) (thp = tris(hydroxymethyl)phosphine (thp), TPA = 1,3,5-triaza-7-phosphaadamantane). I
potenziali radiofarmaci sono stati ottenuti con una resa ed una purezza radiochimica elevate (>98%)
senza ricorrere ad ulteriori processi di purificazione (Fig. 1).
Fig. 1. Strutture dei complessi 64Cu, 1-4.
Per i 4 complessi marcati sono stati misurati i valori di logP e della stabilità nel siero ed è stato
investigato l‟uptake in vitro in colture cellulari EMT-6. Il complesso 3 ha mostrato la più alta
stabilità nel siero con ~33% del complesso ancora intatto dopo 1 ora di incubazione. Il complesso 2
invece ha mostrato una rapida velocità di uptake nelle cellule EMT-6 cells con un uptake >8.5%
uptake dopo 2 ore di incubazione (Fig. 2).
10.0
2
% Uptake
8.0
6.0
4.0
4
2.0
1
3
0.0
0
20
40
60
80
100
120
Time (min)
33
Fig. 2. Cell uptake behavior of complexes 1-4
into EMT-6 mammary carcinoma cells. Error
bars not seen are within symbols.
Il complesso 1, che può essere considerato un building-block per la sintesi di nuovi radiofarmaci, è
stato ulteriormente investigato attraverso studi di biodistribuzione e PET/CT su topi con il tumore
EMT-6 (Fig. 3-5).
2h
1h
24 h
axial
Scale
Off-Scale
High
coronal
Low
Fig. 3. The images shown are 1 mm slices, with the animal in the supine position, and the slices
shown are through the center of the tumor volume. Selected axial and coronal images obtained
using co-registration techniques demonstrating the uptake of 1 at 1, 2 and 24 h post injection in a
mouse with an EMT-6 tumor (arrow) implanted on the flank.
L‟uptake sul tumore EMT-6 risulta maggiore dopo 1 ora di incubazione (7.71 ± 2.17 %ID/g) e
decresce lentamente dopo 24 h (4h, 4.90 ± 0.78 %ID/g; 24 h, 3.74 ± 0.73 %ID/g).
45.0
5
1 hour
Tumor
4 hour
40.0
Muscle
24 hour
Liver
4
35.0
Kidney
Heart
3
25.0
SUV
%ID/g
30.0
20.0
2
15.0
10.0
1
5.0
0.0
0
blood
lung liver(all) spleen kidney muscle heart
brain
bone
tumor
Organ
0
5
10
15
20
25
Time (h)
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 4. Biodistribution was carried out on 16-18 g female BALB/c mice implanted with EMT-6
cells subcutaneously into the left flank. Tumors were allowed to grow for 14 days (approx 0.3 – 0.7
cm3), at which time the animals received 0.20 MBq (~5 μCi) of complex 1 in 100 μL of saline via
lateral tail vein injection. Mice were examined at 3 time points (n = 4 per group at 1, 4 and 24
hours).
Fig. 5. Standard uptake values (SUVs) of 1 in selected organs in EMT-6 tumor bearing mice over
24 h (n = 4).
Nell‟ambito della seconda tematica di ricerca, scopo dell‟unità operativa di Camerino è stato quello
di ottenere complessi di rame(I), con leganti fosfinici idrosolubili, che presentino una attività
antitumorale paragonabile o superiore a quella del cis-platino e una selettività verso i tumori
34
resistenti ai principali chemioterapici antineoplastici, tale da essere vantaggiosamente impiegati
come agenti antitumorali nel trattamento di malattie tumorali di per sé ed anche in associazione con
farmaci antitumorali già impiegati in terapia.
In particolare i complessi monocationici e idrofilici di Cu(I) [Cu(thp)4]+ (5) e [Cu(bhpe)2]+ (6) (thp
= tris(hydroxymethyl)phosphine; bhpe = 1,2-bis[bis(hydroxymethyl)phosphino]ethane) sono stati
ottenuti a partire dal precursore metallico [Cu(CH3CN)4](PF6) (Fig. 6).
Fig. 6. Molecular structure of copper complexes 5 and 6.
I complessi 5 e 6 sono stati caratterizzati sia in soluzione che allo stato solido e testati per le loro
proprietà citotossiche nei confronti di un‟ampia serie di linee cellulari tumorali umane. Sulla base
dei valori di IC50 il complesso 5 ha mostrato un‟attività antitumorale in vitro di circa un ordine di
grandezza superiore rispetto a quella mostrata dal cis-platino (Tabella 1).
Tabella 1. Cytotoxic activitya
IC50 (µM) ± S.D.
Compound
[Cu(thp)4][PF6]
5
HL60
A549
MCF-7
Daudi
0.60±0.02
9.11±2.71
11.08±0.52 6.94±0.18
HepG2
A375
CaCo2
HCT-15
HeLa
1.26±0.10
4.58±2.41
1.08±0.12
2.00±0.03
8.21±1.50
[Cu(bhpe)2][PF6]
47.40±2.92 57.60±2.19 49.71±2.03 65.5±1.22
6
78.23±1.11 68.21±1.23 52.50±0.81 57.36±1.31 62.41±1.33
thp
68.63±2.44 72.91±2.44 64.23±4.29 >100
98.71±3.63 88.70±3.88 >100
bhpe
83.72±3.23 >100
>100
>100
71.71±1.64 73.21±1.22 84.11±2.22 91.71±4.01 >100
KPF6
>100
>100
>100
>100
Cisplatin
15.91±1.51 29.21±1.92 19.04±1.51 23.97±2.51 21.50±1.41 20.33±1.33 35.42±1.40 25.34±1.31 10.50±1.51
>100
>100
>100
>100
>100
>100
>100
a
S.D.= standard deviation; N.D.= not detectable; IC50 values were calculated by probit analysis (P <
0.05, 2 test). Cells (5-8·104·mL-1) were treated for 48 h with increasing concentrations of tested
compounds. Cytotoxicity was assessed by MTT test.
Studi biologici approfonditi (Chemosensitivity tests, multidrug resistance phenotypes, short-term
proliferation assays) suggeriscono che il complesso 5 agisce con un meccanismo d‟azione differente
rispetto al cisplatino e che il danno lisosomiale rappresenta il primo evento cellulare associato con
la sua attività citotossica. Analisi citometriche indicano che il complesso 5 è in grado di inibire la
crescita delle cellule tumorali attraverso un arresto del ciclo cellulare G2/M en meccanismo
parapoptotico (Fig. 7 e 8).
35
Fig. 7
Fig. 8
Figura 7. Cell cycle analysis of 2008 cells. Panels A-H represent different time points (3, 12, 24,
and 48 h, respectively) of control cells (left) and cells treated with IC50 concentrations of complex 5
(right).
Figura 8. Forward scattering vs side scattering as a function of time in 2008 cells untreated (left)
and treated with IC50 concentrations of complex 5 (right). Panels A-H represent different time
points (3, 12, 24, and 48 h, respectively).
36
UNITA’ DI RICERCA DI CATANIA
Direttore Scientifico: Prof. Raffaele Pietro Bonomo
Complessi di rame(II) con le proteine di interesse(Amilina (IAPP), alfa-cristallina, A beta
Amiloide, Alfa-sinucleina, Insulisina, Proteina prionica).
Le molecole studiate sono: Amilina (IAPP), alfa-cristallina, A beta Amiloide, Alfa-sinucleina,
Insulisina, Proteina prionica. Inoltre sono state investigate alcuni inibitori della fibrillogenesi quali
beta-sheet breaker e loro glicoconiugati. Sono state effettuate le sintesi di frammenti peptidici
presenti nel dominio N-terminale del prione umano, del peptide ß-amiloide e frammenti relativi alla
proteina amilina caratterizzandone anche la complessazione con ioni metallici. Per quanto riguarda
gli studi relativi alla proteina prione sono stati studiati i seguenti frammenti: HuPrP(76-114) e
HuPrP(59-91). Il frammento HuPrP(59-91) è stato anche modificato legando una catena di
Polietilenglicole (PEG) all'estremità N-terminale della catena polipeptidica, al fine di aumentare la
solubilità dei relativi complessi con il rame (II) e permettere uno studio potenziometrico. I peptidi
sono stati caratterizzati da un punto di vista conformazionale presso il CNR-IBB facendo uso di
tecniche spettroscopiche quali il dicroismo circolare (CD) ed NMR. Allo stesso tempo sono stati
intrapresi, gli studi potenziomentrici e spettroscopici dei complessi del rame(II) formati con questi
peptidi. I primi risultati indicano che, a differenza dei precedenti studi condotti su altri frammenti
correlati, è presente un chiaro fenomeno di cooperatività nel frammnento HuPrP(59-91), mentre lo
stesso appare solamente accennato nel frammento HuPrP(76-114). In relazione agli studi in corso
sui peptidi correlati al b-amiloide, la coniugazione del frammento peptidico Ab(1-16) con una
catena di polietilenglicole (PEG), ha reso possibile l'esecuzione di misure potenziometriche in
soluzione acquosa, in eccesso di ioni metallici ed a concentrazioni relativamente elevate. I leganti
studiati nell'ambito del progetto sono stati i seguenti: Aß(1-4), Aß(1-6), AcAß(1-6), AcAß(816)Y10A, Aß(1-16), Aß(1-16Y10A), Aß(1-16)-PEG. Lo studio di questi leganti ha reso possibile
ottenere informazioni sulle capacità di legame dell'intero peptide [Aß(1-16) e Aß(1-16)PEG], i suoi
frammenti N-terminali [Aß(1-4), Aß(1-6) e Ac-Aß(1-16)] ed anche sul ruolo dei residui adiacenti di
istidina [Aß(8-16)] e tirosina [Aß(1-16)Y10A ]. I risultati ottenuti indicano che la regione Nterminale comprendente i residui 1-16 è in grado di legare fino a 4 ioni rameici. Inoltre l'analisi dei
dati potenziometrici e spettroscopici indica che i complessi polinucleari sono presenti anche a pH
fisiologico ed il gruppo ammino terminale può essere considerato come il sito a più alta affinità per
il rame(II). Analoghi studi sono stati condotti con lo ione zinco dove per la prima volta è stato
possibile ottenere un quadro dettagliato delle specie complesse esistenti a diversi pH ed a diversi
rapporti metallo legante. I risultati indicano che il frammento peptidico Ab(1-16)-PEG riesce a
coordinare sino a tre ioni zinco. Inoltre l'analisi dei dati potenziometrici ed NMR suggeriscono che
il sito a più alta affinità per lo zinco è localizzato fra le istidine in posizione 13 e 14 a valori di pH
leggermente acidi, mentre il gruppo ammino terminale diventa competitivo a valori di pH
fisiologici. Gli studi precedentemente intrapresi sul frammento dell'amilina umana hIAPP17-29
sono stati approfonditi tramite esperimenti di light-scattering dinamico che hanno permesso di
monitorare le cinetiche e i meccanismi di aggregazione di questo peptide omologo alla sequenza
umana e confrontarlo con le proprietà del frammento murino rIAPP17-29. Più in particolare è stato
valutato il ruolo del pH nel processo di aggregazione del frammento hIAPP17-29 individuando
nella protonazione dell'istidina 18 un fattore critico nel determinare i meccanismi di aggregazione
del frammento in soluzione acquosa. Inoltre, studi spettroscopici finalizzati alla caratterizzazione
del polimorfismo conformazionale del frammento, sono stati condotti su suoi derivati coniugati con
PEG che presentano una solubilità più elevata dei frammenti non-peghilati. Sono stati sintetizzati e
caratterizzati nuovi derivati peptidici appartenenti alla classe dei "beta-sheet breaker" ottenuti
legando covalentemente una molecola di trealosio al pentapeptide LPFFD. Il trealosio dovrebbe
garantire: a) una maggiore stabilità nei confronti della degradazione enzimatica, proprietà che
presentano molti peptidi glicosilati; b) promuovere il trasporto attraverso la barriera ematoencefalica, grazie ad un trasportatore specifico; c) possedere un'attività anti-fibrillogenica potenziata
dal sinergismo delle componenti glucidica e peptidica. Tutti i peptidi sintetizzati sono stati
37
caratterizzati mediante spettrometria ESI-MS. Gli studi CD in differenti condizioni sperimentali
(pH, TFE, SDS) hanno permesso di valutare le preferenze conformazionali di ciascun sistema
peptidico. I risultati indicano che la presenza del trealosio non influisce in maniera determinante
sulle proprietà conformazionali della catena peptidica, tuttavia gli spettri Cd suggeriscono che il
trealosio promuove la strutturazione della catena polipeptidic in un ambiente più idrofobico. Un
aspetto interessante emerge dagli esperimenti di stabilità nei fluidi biologici. I dati in nostro
possesso indicano che la coniugazione del peptide LPFFD con il trealosio conferisce un'aumentata
stabilità nei confronti della degradazione proteolitica in omogenati di cervello di ratto. Tutti i
sistemi sintetizzati sono stati testati in relazione alla loro capacità di inibire la fibrillogenesi del
peptide Abeta(1-42) nonchè della sua attività citotossica in colture primarie di neuroni corticali di
ratto. Le misure di attività antifibrillogenica sono state condotte in differenti tamponi (PBS o Netilmorfolina (NEM) cloridrato, pH 7.4) utilizzando il saggio di fluorescenza con ThT, mentre la
morfologia delle fibrille è stata studiata mediante indagini AFM. I saggi di fluorescenza, condotti in
NEM, indicano che i coniugati sono in grado di interferire con il processo di fibrillogenesi
dell'Ab(1-42). Le indagini AFM sono in accordo con i dati di fluorescenza evidenziando che la coincubazione con i glicoderivati statisticamente riduce la grandezza e lo spessore delle fibrille. Non è
stato possibile riprodurre questi risultati in tampone fosfato dove non si evidenzia alcuna attività
antifibrillogenica. Inoltre gli esperimenti di citotossicità eseguiti in tampone PBS non hanno messo
in evidenza una significativa inibizione di tossicità da Ab(1-42). E' stata studiata l'interazione
dell'IDE (Insulin-Degrading Enzyme) con diverse molecole substrato al variare delle condizioni
sperimentali. In particolare, è stato possibile dimostrare che alte concentrazioni di Ubiquitina
alterano drammaticamente la capacità dell'IDE di interagire e degradare molecole di Insulina.
D'altra parte, l'Insulina sembra avere un importante ruolo regolatore sull'interazione IDEUbiquitina, suggerendo l'ipotesi che essa abbia quindi una importante funzione regolatrice
sull'attività proteosomica dell'IDE. L'interazione IDE-Amiloide ß è stata studiata tramite diversi
approcci di spettrometria di massa (MALDI, AP MALDI e ESI) ed i risultati hanno identificato
nuovi siti di taglio dell'enzima su tali molecole. Il ruolo della Somatostatina è stato studiato tramite
diversi approcci sperimentali, dimostrando da un lato la capacità dell'IDE di degradare tale
molecola e, dall'altro, l'effetto della Somatostatina sull'interazione IDE-Amiloide ß. L'effetto dei
diversi fattori ambientali (concentrazione enzimatica, tempi di reazione, presenza di metalli, etc.)
sulla degradazione dell'Insulina da parte dell'IDE è stato accuratamente studiato tramite AP/MALDI
MS. Esperimenti effettuati nel caso del sistema IDE-Insulina hanno dimostrato la presenza di un
cambio conformazionale delle molecole di IDE ancorate sulla superficie durante l'interazione con le
molecole di insulina. La simulazione delle curve sperimentali ottenuta adottando il modello del
cambio conformazionale ha permesso di stimare alcuni dei parametri cinetici coinvolti con la
suddetta interazione. Sono stati investigati gli effetti della L- e D-carnosina sugli aggregati fibrillari
beta amiloidi di alpha-cristallina. In particolare è stato studiato il loro ruolo sulla tolleranza allo
stress termico , attività chaperone e stabilità termica dell' alpha-cristallina. Nel lavoro oggetto degli
ultimi due poster abbiamo osservato che, sia considerando come modello l'alpha-cristallina da sola
che il sistema più complesso di cristallini di ratto in organo-cultura, la presenza delle carnosine
previene la formazione di fibrille amiloidi, preserva l'attività chaperone dell'alpha-cristallina e
disassembla le fibrille già preformate, restituendo parte della trasparenza della lente.
Processi di riconoscimento molecolare.
Le porfirine sono tra le molecole più studiate dai chimici. Le ragioni di tale interesse dipendono non
solo dal fatto che esse svolgono un ruolo fondamentale in diversi sistemi biologici, ma anche dalla
facilità con cui esse possono essere studiate grazie alle peculiari proprietà spettroscopiche. Esse
presentano, infatti, proprietà spettroscopiche notevoli (quali l‟elevato coefficiente di estinzione
molare e l‟alta resa di emissione di fluorescenza) che possono essere facilmente modulate inserendo
sia diversi ioni metallici (al centro dell‟anello), sia diversi sostituenti (alla periferia, per esempio in
posizione meso-). In particolare, l‟introduzione di gruppi carichi in posizione meso- ha reso
possibile l‟ottenimento di porfirine solubili in acqua. E‟ importante sottolineare a questo punto che,
in funzione del numero e/o della disposizione dei vari gruppi carichi, le porfirine presentano in
acqua una naturale tendenza verso la auto-aggregazione. I gruppi carichi rendono, infatti, tali
38
molecole solubili in acqua, ma non idrofiliche. Del resto, la stessa struttura di queste molecole (un
ampia superficie planare, elettron-ricca) favorisce interazioni tipo van der Waals anche in solventi
meno polari dell‟acqua. Chiaramente le porfirine con un alto numero di cariche sono quelle che
restano monomeriche per un più ampio intervallo di concentrazione e forza ionica. In relazione a
ciò, vi era in letteratura la diffusa convinzione che l‟aggregazione su matrici di carica opposta a
quella delle porfirine fosse una prerogativa specifica di porfirine con una forte tendenza verso
l‟auto-aggregazione. poiché in acqua, in presenza di una matrice, sono guidate da specifici processi
di riconoscimento molecolare. Ciò è vero anche per porfirine tetra-cariche che non mostrano alcuna
tendenza ad auto-aggregare (in assenza di una specifica matrice) anche ad „alte‟ concentrazioni (104 M) e forze ioniche. La specificità di queste interazioni insieme alla inerente presenza di
cooperatività dei processi di aggregazione, indirizzerà la nostra ricerca verso settori applicativi
come quello dei sensori. Infatti, sia la specificità che la cooperatività sono dei requisiti essenziali
per ottenere, rispettivamente, una buona selettività ed una elevata sensibilità.
In particolare sono state studiate le interazioni tra le porfirine e templati di carica opposta la cui
funzione è quella di organizzare e modulare il numero di porfirine aggregate. I templati investigati
sono stati sinora biopolimeri chirali quali polipeptidi recanti in catena laterale gruppi ionizzabili al
variare del pH. La variazione della densità di carica sul polipeptide è stata sfruttata per modulare
con il pH il numero di porfirine aggregate. Questo ha consentito di ottenere tutta una serie di sensori
per pH, ioni metallici, DNA o RNA. Grazie alle peculiarità elettroniche e coordinative dei metalli
coordinati nel core della porfirina è stato inoltre dimostrato che è possibile controllare la geometria
di aggregazione. Comunque, sia in presenza che in assenza di templati non è stato ancora acquisito
il controllo sulle dimensioni degli aggregati. Infatti, l‟auto-aggregazione delle porfirine porta alla
formazione di specie in cui il rapporto stechiometrico non coincide con la reale stechiometria delle
specie che sono di dimensioni notevoli e variabili.
In questo progetto si propone il disegno, la formazione e la caratterizzazione in soluzione acquosa
di aggregati di porfirine aventi stechiometria determinata e modulabile utilizzando le interazioni
elettrostatiche tra cariche nette di segno opposto quale forze guida dei processi di self-assembly.
Questi complessi saranno progettati in maniera tale da renderli attivi verso processi di trasferimento
elettronico fotoattivati o per essere utilizzati come sensori. Il progetto prevede due approcci diversi,
uno in presenza e l‟altro in assenza di templati. Nel primo caso si propone l‟ottenimento di
aggregati di porfirine di carica opposta utilizzando metallo-porfirine penta-coordinate per limitare la
crescita dei complessi supramolecolari alle dimensioni desiderate. Infatti, a differenza delle
porfirine planari, i derivati pentacoordinati hanno una sola faccia disponibile all‟aggregazione e
quindi fungono da “stopper”. Nel secondo caso verranno studiati complessi calixarene-porfirina in
cui i calixareni esplichino una funzione di templato organizzatore per l‟ottenimento di aggregati a
stechiometria nota e modulabile. Infatti, dati preliminari indicano che i calixareni carbossilati
inducono l‟aggregazione di un numero discreto e modulabile di porfirine poiché il numero di siti
disponibili per la complessazione varia con il pH. L‟uso di queste molecole come templati presenta
anche altri vantaggi. Infatti: i) possono essere variamente funzionalizzate variando sia il numero che
la natura (cationica, anionica, chirale etc.) dei siti complessanti, consentendo il disegno di
specifiche specie supramolecolari, e ii) sono particolarmente adatti ad essere utilizzati quali sensori.
Si propongono anche una serie di esperimenti sulle interazioni tra porfirine e la forma sinistrorsa del
DNA, la forma Z. Dati preliminari mostrano infatti che alcune metallo-porfirine riconoscono la
forma B dalla forma Z
Caratterizzazione chimico-fisica di complessi di rame(II) con leganti correlati alle proteine
prione da mammiferi o uccelli e loro interazione con ossido di azoto
Lo studio della proteina prione (PrP) si inserisce nel contesto delle malattie provocate da modifiche
conformazionali delle proteine, e dei fattori ambientali che ne determinano l‟eziopatologia. Come
glicoproteina si trova principalmente sulla membrana plasmatica dei neuroni e delle cellule gliali
dei mammiferi. L‟isoforma conformazionale della PrPC, la proteina PrP(scrapie), è il fattore
responsabile delle encefalopatie spongiformi finora identificato. Il protein misfolding può essere
indotto da cambiamenti dell'omeostasi degli ioni metallici, dalla presenza di proteine chaperon
patologiche, da modifiche di pH e da stress ossidativi. E‟ stato dimostrato che la proteina prione ha
39
un ruolo come trasportatore del rame all‟interno della cellula (per endocitosi), e potrebbe avere
attività SOD-like, anche se questa evidenza è oggetto di grandi controversie in letteratura. La
regione N-terminale del prione umano, costituita dai residui 60-91, possiede quattro sequenze
octapeptidiche, altamente ripetitive, PHGGGWGQ. Studi spettroscopici hanno dimostrato che il
Cu(II) induce la formazione di strutture ordinate in questa regione; infatti, utilizzando peptidi
sintetici corrispondenti a tali sequenze, alcuni autori hanno dimostrato che il legarsi del Cu(II) a PrP
sia necessario a fare assumere la corretta conformazione che consente alla proteina di espletare la
sua funzione antiossidante. Allo scopo di comprendere il tipo di interazione tra metalli e le
specifiche sequenze della PrP, sono stati effettuati numerosi studi utilizzando frammenti peptidici
della proteina PrP, che possono essere considerati un modello semplificato, ma rappresentativo.
Determinare, quindi, la precisa coordinazione del rame(II) all'interno del dominio octarepeat è stato
un obiettivo primario per comprendere il ruolo della PrP come "copper protein". A tale scopo, sono
stati effettuati studi spettroscopici e spettrofotometrici dei complessi di Cu(II) con i peptidi AcHGGG-NH2 e Ac-PHGGGWGQ-NH2 , in soluzione acquosa, variando il pH da 4 a 11 per avere
una chiara conoscenza di tutte le specie che si formano in questo intervallo di pH, delle loro relative
percentuali, della loro stechiometria e delle loro caratterstiche geometriche. Successivamente, per
verificare la presenza di molecole d'acqua nella sfera di coordinazione, come riportato nella
struttura cristallografica del Cu-Ac-HGGGW-NH2 , sono stati effettuati studi di ESI-MS nei
complessi di rame a pH neutro e basico. Spettri EPR in banda X a temperatura ambiente e a bassa
temperatura hanno consentito di determinare il numero di atomi di azoto direttamente legati al rame
nel piano equatoriale. In particolare, a pH fisiologico, i complessi di rame(II) con i peptidi AcHGGG-NH2 ed Ac-PHGGGWGQ-NH2 danno luogo alla specie [Cu(L)H-2] (dove con L si indica
uno dei generici peptidi ed H-2 indica la deprotonazione di due atomi di azoto ammidici, in
conseguenza della complessazione), che presenta una geometria piramidale a base quadrata, con tre
atomi di azoto donatori nel piano equatoriale, provenienti dall‟imidazolo e dai gruppi ammidici, ed
un atomo di ossigeno carbonilico. Negli spettri EPR a bassa temperatura si è ottenuto sia un basso
valore di g|| che della costante di accoppiamento iperfine. Il basso valore della costante di
accoppiamento parallela implica una forte interazione apicale e, quindi, la presenza di un forte
legame con il rame lungo la direzione perpendicolare al piano equatoriale, mentre, la struttura
superiperfine a 7 righe, dovuta all'interazione dell'elettrone spaiato nell'orbitale dx2-y2, o dxy,
centrato sul rame, indica la presenza di tre atomi di azoto nel piano equatoriale. Questi fatti indicano
che la stereochimica del complesso si avvicina di più ad una piramide a base quadrata.
In una seconda fase, viste le elevate potenzialità dell‟ossido di azoto come probe per lo studio
strutturale e redox dei centri metallici, è stata valutata il tipo di interazione con NO da parte dei
complessi Cu- Ac-HGGG-NH2, Cu- Ac-PHGGGWGQ-NH2, come precedentemente fatto con
metalloproteine. In particolare, in questo studio sono state impiegate molecole di NO-donors che
rilasciano ossido di azoto in maniera controllata. Recenti evidenze, inoltre, hanno mostrato che la
PrP influenza l‟attività enzimatica della nNOS (neuronal nitric oxide synthase), l‟enzima deputato
alla sintesi dell‟ossido di azoto nei neuroni. E‟ stato dimostrato che la PrP e la nNOS sono
colocalizzate ed entrambe sono associate a microdomini membranosi ricchi in colesterolo, insolubili
nei detergenti, detti rafts. La nNOS è alterata negli encefali di topi infettati con la proteina scrapie, e
la riduzione della sua attività è dovuta all‟assenza della nNOS dalla sua consueta localizzazione di
membrana, a causa della sua dissociazione dai rafts. La nNOS solubile, infatti, è parzialmente
attiva; sembra, inoltre, che la PrP possa determinare la corretta localizzazione della nNOS o
comunque, che entrambe facciano parte dello stesso sistema funzionale, che può in qualche modo
essere responsabile dell‟attivazione di altre proteine, alcune delle quali capaci di indurre i sintomi
della scrapie. Questi risultati suggeriscono quindi un ruolo della PrP nella regolazione
dell‟efficienza catalitica della nNOS, mentre non è noto come l‟attività dell‟enzima neuronale, o del
suo prodotto NO, possa influenzare la stabilità delle diverse isoforme della PrP. In questo tipo di
misure, si realizzerebbe un modello mimetico della condizione in vivo in cui la presenza dei due
sistemi proteici, il prione e la nNOS, sono colocalizzati.
Sperimentalmente, in seguito all‟interazione del monossido di azoto con questi complessi si osserva
una notevole riduzione del Cu(II), che lascerebbe pensare ad un processo di electron transfer
mediato dalla formazione di un legame debole tra il rame e l‟NO (probabilmente nitrito, cioè la
40
forma ossidata), con successivo trasferimento dell‟elettrone al centro metallico. Gli shifts
spettroscopici osservati sia negli spettri visibili che nei parametri magnetici, suggeriscono
un‟espansione della sfera di coordinazione del rame(II) che cambia da una piramide a base quadrata
ad una geometria pseudo-ottaedrica. La formazione dell'addotto potrebbe coinvolgere la posizione
apicale libera. In presenza di ossigeno, gli spettri UV-Vis ed EPR (RT) dei due sistemi mostrano le
stesse caratteristiche del complesso originario. Comunque, non si può escludere la possibilità che lo
scambio elettronico avvenga anche a sfera esterna supponendo che la reazione non sia sotto un
controllo termodinamico, ma cinetico.
Molti sono gli studi effettuati sulle interazioni del rame con la proteina prione PrPC espressa nei
mammiferi, (topo, criceto e uomo), mentre sono pochi gli studi (e contrastanti fra di loro)
riguardanti la proteina prione delle specie volatili e la sua interazioni con lo ione rameico.
L‟omologia della sequenza con la proteina espressa nei mammiferi è solamente del 30 %, (44% nel
caso del pollo), ma comunque vi sono delle forti e significative analogie. Sono ambedue proteine Nglicosilate e possiedono, nella regione N-terminale, dei “repeats” [(PHGGGWGQ)6 per i
mammiferi e (PHNPGY)8 per i volatili].
La presenza del prione, ma la mancanza di malattie neurodegenerative nei volatili ha indotto a
studiare gli esarepeats della parte N-terminale, in modo da verificare se essi siano in grado di
complessare il rame e di paragonare i dati ottenuti con quelli dell‟octarepeat dei mammiferi per
avere informazioni sul ruolo fisiologico della proteina prione.
Sono stati sintetizzati gli esapeptidi Ac-NPGYPH-NH2 (ESA), Ac-PHNPGY-NH2 (ESAPY), AcHNPGYP-NH2 (ESAHP), ed il dodecapeptide Ac-(PHNPGY)2-NH2 (DodecaPY)per studiare in
maggiore dettaglio come le differenti posizioni delle due unità di prolina possano influire sulla
conformazione dei peptidi stessi e sull‟intorno di coordinazione dello ione rameico. I rispettivi
complessi rameici sono stati caratterizzati mediante misure di potenziometria, spettroscopia
elettronica UV-Vis, dicroismo circolare ed EPR.
Poiché i primi dati spettroscopici hanno evidenziato che la tirosina nel caso del dodecapeptide possa
essere direttamente coinvolta nella coordinazione dello ione rameico sono stati sintetizzati i
corrispondenti frammenti sostituendo il residuo tirosinico con la fenilalanina, Ac-NPGFPH-NH2
(ESAF), Ac-PHNPGF-NH2 (ESAPF), Ac-HNPGFP-NH2 (ESAHF) ed i dodecapeptidi Ac(PHNPGF)2-NH2 (DodecaF), Ac-PHNPGFPHNPGY-NH2 (DodecaF1) e Ac-PHNPGYPHNPGFNH2 (DodecaF2). La speciazione è analoga da un punto di vista qualitativo, con piccole differenze
nelle costanti di stabilità delle specie 11-1 e 11-2, e non si hanno evidenze spettroscopiche di un
diretto coinvolgimento della tirosina nella di coordinazione al rame(II). Esiste una specie [CuL2]
non riscontrata per l‟octarepeat, che possiede una costante di formazione pari al doppio della specie
[CuL] dell‟octarepeat, segno che in questa specie il rame è coordinato da due anelli imidazoloici.
La speciazione dei complessi rameici coi dodecapeptidi indica notevoli differenze . Fino a pH 6 la
specie principale è quella in cui lo ione rameico è coordinato da due azoti imidazolici.
All‟aumentare del pH, nel dodecaPY si hanno le specie complesse Cu2LH-1 e Cu2LH-2. Gli spettri
elettronici e CD indicano la presenza di una banda a trasferimento di carica a circa 380 nm indice
della coordinazione diretta del tirosinato con lo ione rameico. Il dodecaF forma invece solo la
specie 11-1 in cui si ha la deprotonazione di un solo azoto ammidico. Sostituendo una sola tirosina
non si osservano specie complesse binucleari.
Meccanismi fotochimici di farmaci
I risultati ottenuti negli ultimi anni hanno permesso di ottenere ulteriori informazioni sui
meccanismi fotochimici, fotofisici e di fotosensibilizzazione di vari farmaci, come la Rufloxacina
(RFX), il Naprossene (NAP) e il Blu di Metilene (BM), indotti sulle proteine e sull‟aminoacido
isolato triptofano.
La RFX è usata come farmaco ad ampio spettro nelle terapie antibatteriche delle infezioni urinarie,
urogenitali, respiratorie ecc. Fa parte dei fluorochinoloni di terza generazione, definiti long-acting
per la loro emivita notevolmente prolungata (> 8 ore). In studi “in vitro” è stato in parte studiato il
suo meccanismo di fotodegradazione e sono stati parzialmente chiariti i meccanismi di
fotosensibilizzazione, sempre “in vitro”, nei riguardi di alcuni target biologici.
41
Il NAP appartiene alla classe dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS). I FANS sono
comunemente utilizzati nel trattamento del dolore e dell‟infiammazione di numerose malattie.
Questi farmaci, comunemente usati nei trattamenti di artriti, possono indurre reazioni allergiche
cutanee. Per determinare l‟origine di questi fenomeni, è stata studiata la fotosensibilizzazione di
target biologici indotta da FANS. Alcuni di questi composti sono stati ampiamente studiati in vitro
riguardo le loro proprietà di fotosensibilizzatori in presenza di substrati biologici. Diversi studi
sono stati fatti su DNA, proteine, eritrociti e componenti di membrane.
Il blu di metilene (BM) è molto utilizzato in campo biologico come colorante, la sua azione antimetaemoglobinica e di antidoto (cianuro) vengono sfruttate in medicina, così come antisettico e
disinfettante in campo veterinario. In combinazione alla luce visibile questo farmaco viene
utilizzato per la foto-inattivazione di molti virus (HIV, HBV, ecc.). In fotochimica, la sua relativa
stabilità alla luce lo rende un importante generatore di ossigeno singoletto, ET=142,1 kJ/mol con
ΦΔ= 0,60 in acqua. Infatti, questo colorante viene sfruttato in molte reazioni chimiche dove serve la
forma reattiva dell‟ossigeno. Riguardo la fotosensibilizzazione, il BM si considera un buon modello
di fotosensibilizzatore di tipo II. In letteratura si citano molti esempi sulla azione fotoindotta dal
BM, in questi lavori si riporta la fotoossidazione di diversi target come membrane, proteine e DNA;
sulla base di questi studi il BM è fototossico in vitro e potenzialmente fototossico in vivo.
Il triptofano è uno degli amminoacidi più studiati in campo fotochimico, assorbe nella regione
UVC-UVB ed è uno dei tre residui aminoacidici aromatici, insieme alla tirosina e alla fenilalanina,
responsabili dell‟assorbimento delle proteine nella zona ultravioletta. La sua struttura aromatica lo
rende particolarmente suscettibile a diverse modificazioni chimiche e in particolare alle
fotoossidazioni dalle quali si formano diversi prodotti. Alcuni prodotti di fotoossidazione, a loro
volta, sono in grado di agire da fotosensibilizzatori e quindi di generare delle specie nocive come
l‟anione superossido, l‟H2O2 (attraverso un meccanismo di tipo I) e l‟1O2 (attraverso un
meccanismo di tipo II). Se queste ossidazioni avvengono sui residui peptidici di importanti proteine
come enzimi e fattori di regolazione del DNA, si rivelano citotossiche.
In effetti tutte le molecole descritte in precedenza sono responsabili di manifestazioni fototossiche,
fotoallergiche in vivo e in vitro. In particolare, essi hanno proprietà fotosensibilizzanti verso vari
elementi biologici, quali acidi nucleici, membrane, proteine e aminoacidi. E‟ importante rilevare
che alcuni di questi farmaci sono responsabili anche di reazioni cutanee pericolose, mentre altri
possono essere considerati agenti di fotomutagenesi e fotocarcinogenesi. Le proprietà
fotosensibilizzanti vengono attribuite alla formazione dei ROS o specie reattive dell‟ossigeno, come
radicale idrossilico, anione superossido, perossido d‟idrogeno e ossigeno singoletto, responsabili di
modificazioni di macromolecole cellulari [1-5]. Questo tipo di modificazioni rappresentano una
delle classi maggiori di danno cellulare, con implicazione nei processi di varie malattie e
d‟invecchiamento.
La fotodegradazione di queste molecole può essere riassunta in due processi principali:
a)fotoionizzazione dallo stato di singoletto eccitato del farmaco
b)generazione di ossigeno singoletto dallo stato tripletto eccitato.
La scelta del Cu(II) a basse concentrazioni come agente di scavenging è suggerita dalla ricerca di un
efficente device fotoprotettivo nei sistemi farmaco-biomodelli. Si è visto, infatti, che il rame riesce
a modulare le vie fotochimiche coinvolte nella fotodegradazione di farmaci e la
fotosensibilizzazione su una base del DNA con la capacità di limitare la fotodegradazione e la
formazione dei prodotti diagnostici per le reazioni di tipo II (via ossigeno singoletto).
In questo contesto la scelta di ioni rameici, come agenti di scavenging, è ragionevole. L‟uso di ioni
metallici a basse concentrazioni può rappresentare un valido strumento per inibire gli effetti tossici
fotoindotti dal farmaco e lo ione Cu2+ esercita, appunto, una buona azione fotoprotettiva attraverso:
a) la riduzione della fotodegradazione dovuta all‟azione di scavenging degli elettroni solvatati
formatisi per fotoionizzazione del farmaco].
b) la diminuzione della fotoossidazione dei residui aminoacidici, quale l‟aminoacido triptofano,
attraverso un quenching del tripletto eccitato del farmaco via electron transfer .
Si è proceduto recentemente ad estendere gli studi sulla fotosensibilizzazione su biomodelli a
struttura proteica (enzimi di lievito), il che è risultato un buon approccio iniziale per studiare il
danno ossidativo e danno strutturale nelle proteine: è stato mostrato che il farmaco è capace di
42
indurre fotoossidazione sulle proteine. Inoltre è stato provato come il danno ossidativo o strutturale
sull‟enzima possa essere indice di disfunzione metabolica cellulare.
Gli effetti del rame (II) sulla fotosensibilizzazione dell‟ADH isolato di lievito indotta da RFX sono
differenti per ciò che riguarda l‟attività enzimatica in vitro ed in vivo.
Esperienze di fotosensibilizzazione su lievito hanno mostrato effetti contraddittori di questi ioni
sulla sopravvivenza cellulare. Questi risultati sono il frutto di un bilancio fra il meccanismo di
trasferimento elettronico dalla RFX al rame(II) e la qualità, la quantità e la posizione del rame
combinato al target oltre alle reazioni che il rame potrebbe innescare con le specie reattive prodotte
dall‟irradiazione della RFX. I risultati complessivi forniscono un modello estensivo in cui è
dimostrato come un oligoelemento bio-compatibile possa influenzare efficacemente non solo la
biodisponibilità di un farmaco ma anche il suo meccanismo molecolare di fotodegradazione e di
fotosensibilizzazione.
Progettazione di sistemi molecolari, film nanostrutturati e nanoparticelle a base metallica in
grado di sviluppare ossido di azoto (NO)
L‟attività scientifica svolta nell‟anno 2008 relativa a tematiche inerenti gli obiettivi del consorzio è
stata incentrata sulla progettazione e realizzazione di sistemi molecolari, film nanostrutturati e
nanoparticelle a base metallica in grado di sviluppare ossido di azoto (NO) sotto l‟esclusivo
controllo di stimoli di luce, dalle potenziali applicazioni nel campo delle terapie non invasive di tipo
mono e multimodale. Tali obiettivi trovano le loro radici sui recenti studi riguardanti le proprietà
dell‟NO che hanno evidenziato il suo ruolo fondamentale oltre che nella bioregolazione di
importanti funzioni come la neurotrasmissione, la vasodilatazione e secrezione ormonale, anche
nell‟inibire processi di tipo tumorale e ossidativi. In questo contesto le sostanze che rilasciano NO
sotto stimoli luminosi sono, ovviamente, molto più interessanti di quelli basati sulla spontanea
termolisi, data la possibilità di poter controllare il dosaggio di NO con estrema accuratezza
mediante le condizioni di illuminazione. Il primo sistema realizzato è rappresentato da un coniugato
molecolare multifunzionale idrosolubile in grado di rilasciare NO in prossimità del DNA, il
principale target riguardo l‟attività antitumorale di questo radicale libero. Il coniugato in oggetto è
costituito da un fotodonatore di NO, recentemente brevettato dal gruppo di ricerca , legato
covalentemente ad un‟unità antracenica, un tipico intercalante del DNA. Il sistema è stato
progettato in modo da potersi legare efficacemente al DNA, grazie alla presenza del cromoforo
antracenico, e di sviluppare NO in prossimità del biopolimero stesso. Inoltre, tale sistema offre il
vantaggio di permettere una notevole amplificazione della quantità di NO fotorilasciato grazie ad un
efficiente trasferimento di energia tra il gruppo antracenico e il fotodonatore di NO .
Un secondo sistema realizzato è quello rappresentato da film multistrato nanostrutturati per il
rilascio fotocontrollato di NO dalle potenziali applicazioni per via topica. A tale riguardo l‟NO
fotodonatore è stato funzionalizzato opportunamente in modo da conferirgli caratteristiche
anfifiliche. Il derivato ottenuto si è rivelato particolarmente adatto alla preparazione di multistrati
fotoattivi mediante la tecnica di deposizione Langmuir-Shaefer. Sono stati pertanto ottenuti film
sottili su substrati di quarzo in grado di generare NO sotto eccitazione di luce visibile che
presentano i seguenti importanti vantaggi in vista di applicazioni di tipo biomedico: i) grande
capacità di cattura della luce grazie all‟elevato numero di cromofori presenti, ii) possibilità di
modulare la riserva di NO mediante l‟accurato controllo del numero di strati, iii) soppressione dei
rilevanti effetti di quenching tipicamente osservato nel caso di superfici metalliche, iv) possibilità di
irradiare il sistema dal basso grazie al substrato di quarzo permettendone una più facile integrazione
con fibre ottiche. Il lavoro iniziato lo scorso anno e riguardante la preparazione di nanoparticelle di
platino idrosolubili fotoemettenti NO è stato opportunamente completato mediante dei test biologici
effettuati su cellule tumorali di tipo HeLa. E‟ stato dimostrato che le nanoparticelle fotoattive
esibiscono una eccellente biocompatibilità anche a concentrazioni molto elevate. In seguito ad
irradiamento con luce visibile, tali nanoparticelle sono in grado indurre un considerevole livello di
mortalità cellulare strettamente correlato alla loro concentrazione e al tempo di illuminazione.
Questi risultati si rivelano particolarmente promettenti in vista di applicazioni in vivo del sistema
ibrido realizzato. Al fine di permettere una loro facile localizzazione in un ambiente biologico, le
nanoparticelle di platino fotoattive sono state rese fluorescenti mediante l‟opportuna introduzione di
43
unità porfiriniche. E‟ stato dimostrato come le nanoparticelle bicromoforiche ottenute preservano
una buona solubilità in mezzo acquoso, continuano a rilasciare NO con buone rese quantiche in
seguito ad illuminazione ed esibiscono proprietà fluorescenti visibili ad occhio nudo .
L‟attenzione è stata infine focalizzata sulla progettazione e sintesi di nanoparticelle a base metallica
mirate ad applicazioni nel campo delle cosiddette terapie bimodali. In tale contesto, nanoparticelle
di oro o magnetite sono state decorate con l‟NO-fotodonatore in modo da accoppiare agli effetti
fotochimici derivanti dal rilascio di NO dalla superfice nanoparticellare, gli effetti foto-termici e
magneto-termici derivanti dal cuore della particella. Per la realizzazione delle nanoparticelle dagli
effetti foto-termici, si è sfruttata una elegante strategia che l‟UR di Catania ha recentemente messo a
punto e che ha permette di fabbricare nanoparticelle di oro idrosolubili funzionalizzate con
opportune unità fotoattivabili, mediante un approccio supramolecolare basato sull‟impiego di
ciclodestrine non funzionalizzate . Questi macrocicli, oltre che ad impartire all‟intero sistema una
buona solubilità in acqua, hanno l‟importante funzione di aumentare sensibilmente la sua
biocompatibilità .
Per quanto riguarda lo sviluppo di nanoparticelle con effetti foto-magnetotermici, l‟NOfotodonatore è stato opportunamente funzionalizzato con unità di tipo dopaminico terminali in
modo sia da permettere l‟efficace ancoraggio su nanoparticelle di magnetite che di aumentare la
loro biocompatibilità .
44
UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Paola Bergamini
L‟attività 2008 dell‟Unità di Ferrara ha riguardato tre tematiche:
1) Complessi di metalli di valore farmaceutico (Pt, Ru, Au e Re) con PTA (1,3,5-triaza-7fosfaadamantano) e suoi derivati.
(Responsabile: P. Bergamini)
2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione.
(Responsabile: M. Remelli)
3) Fotocatalisi biomimetica con Ferro-porfirine immobilizzate su matrici solide.
(Responsabile: A. Maldotti)
1) COMPLESSI DI METALLI DI VALORE FARMACEUTICO (Pt, Ru, Au e Re) CON PTA
(1,3,5-TRIAZA-7-FOSFAADAMANTANO) E SUOI DERIVATI
a) Progettazione e sintesi di nuovi leganti idrosolubili bis-PTA a catena lunga e studio della loro
chimica di coordinazione con Pt, Ru, Au
L‟interesse dei leganti idrosolubili per ioni metallici deriva dal possibile utilizzo dell‟acqua come
solvente nelle applicazioni dei loro composti di coordinazione, ad esempio in catalisi o nel campo
delle metal-based drugs.
Tra le fosfine idrosolubili, grande interesse sta suscitando il PTA (1,3,5-triaza-7-fosfaadamantano),
per le sue proprietà chimico-fisiche
N
N
N
P
PTA (1,3,5-triaza-7-fosfaadamantano)
E‟ stata dimostrata la biocompatibilità del PTA e diversi complessi di Ru, Cu, Au e Pt si trovano
oggi in vari stadi di sperimentazione come antitumorali.
Sono stati da noi progettati e sintetizzati leganti bidentati bis-PTA e, successivamente, analoghi
ammino-fosfinici, allo scopo di utilizzarli per la preparazione di complessi bi o polinucleari di
platino e rutenio, in cui l‟attività farmacologia potrebbe risultare potenziata rispetto ai
mononucleari, come è già stato dimostrato per complessi multinucleari di platino con diammine.
Non è mai stato verificato se lo stesso succeda con complessi polinucleari fosfinici.
In questo lavoro, la semplice reazione di alchilazione dell‟azoto del PTA viene sfruttata per
preparare difosfine di varia lunghezza e flessibilità che danno complessi di platino polinucleari con
distanze internucleari variabili. L‟idea è che tali complessi possano dar luogo ad interazioni
multiple col DNA, il cui effetto antiproliferativo potrebbe essere additivo.
Sebbene la N-alchilazione selettiva del PTA rappresenti una via sintetica generale e semplice per
ottenere una varietà di derivati, essa non è mai stata sfruttata per sintetizzare leganti bis-PTA dove
due molecole di PTA sono connesse da catene alchiliche di diverse lunghezze e differentemente
funzionalizzate.
Usando dei dialogenuri variamente funzionalizzati, ci siamo prefissi di ottenere dei leganti bidentati
che conservino alcune proprietà del PTA, come la idrosolubilità, e nei quali sia possibile modulare
la distanza tra i gruppi donatori, l‟ingombro sterico complessivo e la presenza di eteroatomi in
catena.
45
2X N
N
X
X
N
2 PTA
+
N
N
N
P
P
Facendo reagire diiodopropano, diiodopentano o diiodoottano con 2 equivalenti di PTA, sono state
sintetizzate, dopo tre ore di riflusso, tre difosfine nelle quali le due molecole di PTA sono connesse,
rispettivamente, da tre (1), cinque (2) o otto (3) atomi di carbonio.
2I N
N
N
N
CH2
N
n
1 n=3
2 n=5
3 n=8
N
P
P
Sono state inoltre sintetizzate le difosfine 4 e 5 dove uno o due atomi di ossigeno sono
rispettivamente presenti nella catena connettiva.
2I-
2IN
N
N
O
N
P
N
N
N
N
N
4
P
N
O
N
O
P
N
P
5
Sono stati poi sintetizzati i derivati aromatici 6, 7 e 8 a partire dai dibromoxileni orto, meta e para
rispettivamente: le reazioni di questi reagenti benzilici con due equivalenti di PTA procedono in
acetone con precipitazione praticamente quantitativa dei prodotti puri.
Infine, sono stati progettati e sintetizzati dei leganti misti 9, 10 e 11, con una funzionalità amminica
(HMTA) ad un‟estremità ed una fosfinica (PTA) all‟altra.
2BrN
N
N
N
N
N
P
N
2Br-
6= orto
7=meta
8=para
N
N
N
N
P
N
N
9= orto
10=meta
11=para
P
I leganti 1-11 sono stati caratterizzati mediante ES+ MS, 1H, 13C e 31P NMR, è stata determinata la
loro solubilità in acqua (25°C) e confrontata con i valori riportati per PTA, MePTA+ e dMePTA2+ .
Si è osservato che i leganti bis-PTA contenenti catene alifatiche (1, 2, 3) risultano essere meno
solubili in acqua del PTA e MePTA+. A parità di numero di atomi nella catena che connette le due
molecole di PTA, l‟introduzione di atomi di ossigeno non porta a variazioni considerevoli della
solubilità in acqua (confronto 4 con 2 e 5 con 3). Le solubilità delle difosfine derivate da xileni (6, 7
e 8) mostrano differenze notevoli tra i diversi isomeri: l‟orto è estremamente solubile, il meta è
solubile quanto il PTA e il para ha una solubilità molto ridotta. Le amminofosfine derivate da xileni
orto (9), meta (10) e para (11) sono meno solubili delle corrispondenti difosfine, ma il loro
andamento è confrontabile con quello osservato per i leganti 6, 7 e 8, essendo l‟orto il più solubile
dei tre. Tutti i leganti sono stabili in acqua per diversi giorni.
Sono poi state saggiate le proprietà coordinative di 1-11 con ioni metallici di valore farmaceutico,
principalmente il Pt(II), ma anche Au(I) e Ru(II).
La coordinazione dei leganti 1-11 al platino porta a diverse tipologie di prodotti: la formazione di
mononucleari chelati sia cis che trans è rara e si osserva solo coi leganti più corti, mentre molto più
comune è la formazione di dimeri ciclici cis e miscele di oligomeri a geometria cis o trans. Il tipo di
46
prodotto/i di ciascuna reazione dipende dalla natura del legante ma anche dal rapporto
stechiometrico metallo/legante e dal solvente di reazione.
Br -
N
N
P
P
N
N
Pt
N
N
Br
N
Br -
Br
Br -
N
N
N
P
P
Pt
N N
Br
Br
Br -
Esempio di dimero ciclico cis
La reazione dei derivati bis-PTA xilenici con un precursore di oro (I) nel rapporto 1:1 in acetone e
acqua porta ad un complesso mononucleare nel quale il fosforo di un PTA coordina il metallo
mentre l‟altro rimane libero, permettendo la trasformazione nel complesso binucleare dopo
l‟aggiunta di un secondo equivalente del complesso di oro. Inoltre la reazione tra 2 equivalenti del
complesso di oro mononucleare e K2PtCl4 porta alla formazione di un complesso eterotrinucleare
Au-Pt-Au.
Per testare le proprietà coordinative dei leganti xilenici nei confronti del rutenio, al complesso
[RuClCp(PPh3)2] (Cp = ciclopentadiene) è stato aggiunto il legante (1:1) in metanolo, in modo da
favorire la formazione di una specie mononucleare, in cui un‟estremità fosfinica del legante 8 è
coordinata al metallo mentre l‟altra è libera. Si è quindi sfruttato questo fosforo terminale per la
coordinazione al platino, ottenendo un composto eterotrinucleare Ru-Pt-Ru.
Br
Br
Pt
M
P
N
N
M
P
P
N
P
N
N
N
N
N
N
N
N
M=
N
-
-
AuCl,
Ru
Br
PPh 3
2Br
2Br
Sia i dimeri ciclici con due nuclei di platino, sia i complessi eterotrinucleari Pt/Au e Pt/Ru
presentano cariche positive multiple e quindi potrebbero avvicinarsi al DNA negativo grazie ad
un‟attrazione elettrostatica e stabilire addotti multipli, analogamente ai complessi bi e triplatino
testati da Farrell .
Inoltre, i complessi eteronucleari, affiancando metalli dotati di diversi meccanismi di azione
antitumorale, potrebbero costituire un‟opportunità molto innovativa per un‟aggressione
“multitasking” alle cellule tumorali.
b) Preparazione di nuovi complessi di Renio solubili in acqua contenenti PTA
I più comuni composti di Re(V) utilizzati nello lo studio della sua chimica di coordinazione sono
rappresentati dal nitruro-complesso [ReNCl2(PPh3)2] e dall‟osso-complesso [ReOCl3(PPh3)2].
Questi precursori però contengono PPh3 nella loro sfera di coordinazione ed è ben noto che aril o
alchilfosfine per la loro tossicità e assenza di solubilità in acqua rendono questi composti poco
adatti ad un loro impiego per scopi medici. La sostituzione di PPh3 con fosfine idrosolubili e
biocompatibili può costituire un importante obiettivo. La fosfina 1,3,5-triaza-7-phosphaadamantane
(PTA), per le sue particolari caratteristiche sembra soddisfare questi requisiti.
Sintesi e caratterizzazione dei complessi [ReNCl2(PTA)3] 1 and [ReO2Cl(PTA)3] 2
Il complesso 1 è ottenuto facilmente per semplice reazione di sostituzione di PPh3 con PTA usando
come precursore [ReNCl2(PPh3)2] in un rapporto metallo:legante di 1:4.
47
In modo del tutto analogo era possibile isolare il complesso [ReO2Cl(PTA)3] 2 ma usando un
rapporto metallo:legante di 1:6 per minimizzare la formazione di altre specie. I Complessi 1 and 2
sono stati ottenuti in forma cristallina e completamente caratterizzati oltre che da analisi
elementare e tecniche spettroscopiche, anche mediante indagini strutturali. Ambedue I composti
possiedono una elevata solubilità in acqua (S20°C 0.5gmL-1per 1 and S20°C 0.36gmL-1per 2).
Reattività di [ReNCl2(PTA)3] 1 and [ReO2Cl(PTA)3] 2 con NaEt2dtc
I leganti ditiocarbammati sono stati ampiamenti utilizzati nella chimica di coordinazione di vari
metalli di transizione perché il frammento M-S2CNR2 fragment (M=metallo) può presentare una
grande varietà di sostituenti organici determinando le proprietà del complesso finale; ad esempio
complessi nitrurici di Tc del tipo [TcN(S2CNR2)2] sono stati studiati nell‟imaging del miocardio.
Per queste ragioni per un preliminare studio della reattività di 1 e 2 è stato scelto come legante il
sale dietilditiocarbammato di sodio.
La reazione in soluzione acquosa di [ReNCl2(PTA)3], 1, con un equivalente di Na[Et2dtc] a
temperatura ambiente porta alla formazione di [ReNCl(Et2dtc)(PTA)2], 3, che presenta ancora una
buona solubilità in acqua per la presenza di due unità di PTA. La sua ricristallizzazione porta alla
formazione di una specie dinucleare di formula [Re2N2Cl3(Et2dtc)(PTA)4] 4.
Il complesso esa-coordinato [ReNCl(Et2dtc)2(PTA)] 5 poteva essere formato o da [ReNCl2(PTA)3]
1, o da [ReNCl(Et2dtc)(PTA)2] 3, con 2 o 1 equivalenti di legante.
Anche il complesso trans-diosso-rhenium(V) [ReO2Cl(PTA)3] 2 reagisce facilmente in soluzione
acquosa e a temperature ambiente con un eccesso di Na[Et2dtc], ma si isolava solo il noto composto
–oxo- [Re2O3(Et2dtc)4] 6.
E‟ possibile concludere che, sebbene le proprietà chimiche del complesso [ReNCl2(PTA)3] siano
molto simili a quelle di analoghi nitruro complessi contenenti alchilfosfine [ReNCl2(PR3)3], vale la
pena sottolineare che la sua solubilità in acqua, così come quella di [ReO2Cl(PTA)3], lo rende un
candidato interessante per sviluppare una nuova chimica del renio (e probabilmente anche del
tecnezio) per applicazioni dei suoi due radioisotopi Re-188/186 in medicina nucleare.
2) I METALLI IN MATRICI COMPLESSE: STUDIO DI EQUILIBRI DI COMPLESSOFORMAZIONE IN SOLUZIONE
Interazione tra ioni metallici e proteina prionica
È proseguito, nel corso dell‟anno 2008, lo studio degli equilibri in soluzione dello ione Cu(II) con
frammenti della proteina prionica (PrPC). Tale proteina è stata largamente studiata negli ultimi anni
in quanto coinvolta in alcune malattie neurodegenerative quali il morbo di Creutzfeldt-Jakob (CJD)
nell‟uomo, della BSE (encefalopatia spongiforme dei bovini, più nota come “morbo della mucca
pazza”) e della “scrapie” negli ovini [S. B. Prusiner, Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 95 (1998) 13363].
All‟insorgere della malattia la proteina normale viene convertita in una forma tossica, denominata
PrPSc, tramite un processo post-traslazionale in cui si ha una variazione della sua struttura
secondaria e terziaria. Questa transizione strutturale rende la proteina praticamente insolubile e
resistente alla proteolisi. Vi sono evidenze sperimentali che ioni metallici siano coinvolti in tale
trasformazione.
Il nostro gruppo di ricerca ha recentemente contribuito a dimostrare che gli ioni Cu2+ si legano alla
proteina prionica nella regione che comprende i residui His-96, His-111 nonché il dominio 60-91 in
cui sono presenti quattro ripetizioni della sequenza ottapeptidica PHGGGWGQ [Gaggelli et al., JACS,
127 (2005) 996; Berti et al., Chem. Eur. J., 13 (2007) 1991]. Tuttavia, i primi riscontri sperimentali hanno
rivelato che gli ioni Cu2+ possono coordinare in modi diversi, che dipendono essenzialmente sia
dalla posizione del residuo istidinico nella sequenza peptidica che dalla natura dei residui adiacenti.
Si è quindi proceduto a sintetizzare e studiare una nuova serie di oligopeptidi protetti, contenenti
istidina come residuo C- o N-terminale, in cui la coordinazione dello ione Cu2+ è costretta a
procedere in direzione N- o C-terminale, rispettivamente.
Infatti, l‟imidazolo agisce come sito di ancoraggio per il rame e a questo segue la coordinazione
degli azoti ammidici deprotonati della catena peptidica.
48
Quando la direzione di coordinazione è verso il sito C-terminale, si ha la formazione di un anello
chelato a sette termini {Nim, N-} di minore stabilità; quando invece la coordinazione è in direzione
N-terminale, si forma un anello chelato a sei termini, termodinamicamente più stabile (Fig. 2.1).
Figura 2.1 - Modi di coordinazione dello ione Cu2+ alla proteina prionica, in direzione N- o Cterminale.
Le misure NMR hanno dimostrato che entrambi i modi di coordinazione sono possibili per i peptidi
modello; le misure termodinamiche indicano che essi differiscono di poco dal punto di vista
energetico e che è proprio la natura degli aminoacidi adiacenti al sito di ancoraggio che può
risultare critica per indirizzare la coordinazione in direzione C- o N-terminale [Gralka et al., Dalton
Trans., (2008) 5207].
La sintesi dei peptidi è stata eseguita presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche
dell‟Università di Ferrara, gli studi potenziometrici, calorimetrici e spettrofotometrici sono stati
eseguiti presso i nostri laboratori, mentre le analisi spettroscopiche mediante tecniche EPR e CD
sono state compiute presso il laboratorio di Chimica Bioinorganica e Biomedica della Facoltà di
Chimica dell‟Università Wroclaw (Polonia) e le misure NMR ed ESI presso il Dipartimento di
Chimica dell‟Università di Siena.
Metallacrown
L‟architettura molecolare dei metallacrown ricalca
quella dei corrispondenti eteri corona, e si ottiene,
M
N
concettualmente, sostituendo gli atomi di carbonio dello
O
O
O
O
M
N
scheletro dei macrocicli organici con unità di
coordinazione metallo-eteroatomo. Così, ad esempio,
N
O
O
M
O
O
l‟analogo del 12-crown-4 (12-C-4) è il 12N
M
metallacrown-4 (12-MC-4) mostrato in Fig. 2.2. Come
Fig.
2.2
Etere
corona
12-C-4
e
nel caso dell‟etere corona, il 12-MC-4 è un macrociclo a
analogo metallacrown 12-MC-4.
12 membri; nella sua cavità sono presenti 4 atomi di
ossigeno ed è in grado di incapsulare uno ione metallico di dimensioni opportune: un 12-MC-4 di
rame, contiene solitamente nella cavità centrale ioni Cu2+.
R
O
O
M
H2N
N
M
N
H2N
O
M
O
M
-
-
Fig. 2.3 - Chelazione di tipo (O,O )-(NH2,N ) di
un - e di un β-ammino-idrossammato.
I metallacrown si formano, nelle adatte
condizioni sperimentali, in seguito ad un
processo di “self-assembling” di ioni metallici
e leganti. Nell‟ultimo decennio, sono stati
sintetizzati numerosi metallacrown di CuII [J.J.
Bodwin, V.L. Pecoraro, Coord. Chem. Rev., 216-217
(2001) 489-512; G. Mezei, C.M. Zaleski, V.L. Pecoraro,
Chem. Rev. 107 , (2007) 4933-5003], utilizzando
come leganti gli acidi ammino-idrossammici,
che possono agire da bis-chelanti a ponte (O,O-)-(NH2,N-) (Fig. 2). Per quanto riguarda in
49
particolare i 12-MC-4, essi sono stati preferenzialmente ottenuti con -ammino-ha, che, per la loro
geometria, formano i complessi più stabili. Tuttavia, è stato recentemente dimostrato che anche gli
- e i -ammino-ha sono in grado di dare questo tipo di complessi metallomacrociclici con lo ione
CuII [F. Dallavalle et al., Polyhedron, 20 (2001) 2697; M. Careri et al., J. Inorg. Biochem., 93 (2003) 174; M. Tegoni
et al., Dalton Trans., (2004) 1329; M. Tegoni et al., Chem. Eur. J., 13 (2007) 1300].
È continuata durante l‟anno che si è appena concluso la collaborazione con l‟Università di Parma su
questo argomento, con la realizzazione di un ampio studio termodinamico sugli equilibri di
protonazione e di formazione di complessi di Cu2+ con acidi α- e β-idrossammici, in soluzione
acquosa [Tegoni et al., Dalton Trans., (2008) 2693]. I parametri termodinamici ottenuti per la protonazione
di acidi glicil-, (S)-α-alanil-, (R,S)-valil-, (S)-leucil-, β-alanil- e (R)-aspartil-β-idrossammici sono
stati confrontati con quelli già pubblicati di acidi γ-idrossammici. I parametri entalpico/entropici
calcolati per i micro-equilibri di protonazione per questi tre tipi di leganti sono risultati i ottimo
accordo i dati di letteratura relativi ad ammine ed acidi idrossammici semplici. In presenza di ioni
Cu2+ si è osservata in ogni caso la formazione del complesso [Cu5L4H−4]2+, corrispondente al
metallacrown 12-MC-4. Tale complesso pentanucleare si forma in un intervallo di pH compreso tra
4 e 6 per gli α-amminoidrossammati e tra 4 e 11 per i β-amminoidrossammati; l‟ordine di stabilità è
β>>α>γ. Tale risultato è stato interpretato, in base ai dati termodinamici, con considerazioni
riguardanti la stabilità e la tensione dell‟anello chelato rispettivamente a 5,6 e 7 termini per gli α-, βe γ-idrossammati e ai contributi entropici dovuti prevalentemente ad effetti di
solvatazione/desolvatazione e neutralizzazione di carica. Inoltre è stato valutato, anche con l‟ausilio
di calcoli DFT, l‟effetto derivante dall‟uso di leganti racemi con la conseguente formazione di
diversi isomeri ottici e diastereoisomerici.
Potenziali farmaci chelanti del ferro da impiegare per una terapia orale
L‟identificazione di leganti orali efficaci per le patologie causate dall‟accumulo di ferro è oggetto di
ricerche in continua evoluzione. Questo dipende principalmente dal fatto che le molecole
comunemente impiegate sono rapidamente metabolizzate dall‟organismo: per controllare, a livello
ematico, la chelazione del ferro è necessaria una somministrazione di farmaci continua e a dosi
elevate. Tali terapie sono spesso mal sopportate. Inoltre, il costo, legato alla durata della terapia, è
un altro fattore rilevante, considerando soprattutto che le molte delle malattie legate all‟accumulo di
ferro sono ampiamente diffuse in aree del mondo povere. Il primo agente chelante approvato per
l‟uso clinico fu la desferossiammina (DFO). Questo farmaco fu introdotto nel 1962 e veniva
somministrato per mezzo di iniezioni intramuscolari. Tuttavia, fu solo verso la fine degli anni ‟70,
con l‟introduzione di infusioni sottocutanee per mezzo di pompe portatili, che la terapia chelante del
ferro con desferossiammina divenne efficace. Sono stato poi recentemente introdotti due nuovi
farmaci chelanti per uso orale, il Ferriprox (Deferiprone o L1, 1,2-Dimetil-3-idrossi-pirid-4-one) e
l‟Exjade (Deferasirox o ICL670, acido 4-[(3,5-Bis-(2-idrossifenil)-1,2,4) triazol-1-Yl] benzoico),
associati sempre a dosi elevate, alti costi e numerosi effetti collaterali.
O
OH
N
CH3
CH3
Deferiprone
(1,2-dimetil3idrossipiridin4-one)
Desferossiammina mesilato
50
ICL670
(acido
4-[(3,5-Bis-(2idrossifenil)-1,2,4)
triazol-1-Yl] benzoico)
È attiva da alcuni anni una collaborazione su questo argomento con l‟Università di Cagliari, che ha
portato recentemente alla pubblicazione di una review [Crisponi e Remelli, Coord. Chem. Rev., (2008)
1225] proprio sugli agenti chelanti per uso orale per il trattamento terapeutico di malattie da
accumulo di ferro e di una pubblicazione [Nurchi et al, J. Inorg. Biochem., (2008) 684] riguardante uno
studio di tipo potenziometrico, spettrofotometrico e calorimetrico sui complessi di ferro(III) e
rame(II) con deferiprone. Lo studio è stato condotto sia a 25 °C (per confronto con i dati disponibili
in letteratura) che a 37 °C (per riprodurre le condizioni in vivo) e a diverse forze ioniche. È stato
mostrato che, in particolari condizioni, il rame può competere col ferro: da una parte ciò può
limitare l‟azione del farmaco, dall‟altra il dosaggio deve essere adeguato ed accuratamente calibrato
in modo da non alterare il metabolismo del rame.
3) FOTOCATALISI BIOMIMETICA CON FERRO-PORFIRINE IMMOBILIZZATE SU
MATRICI SOLIDE
La catalisi biomimetica è un‟area di ricerca che si occupa della preparazione, caratterizzazione e
utilizzo di sistemi catalitici in grado di riprodurre l‟attività di siti attivi di metallo enzimi. I
principali obiettivi di questo tipo di indagini sono due: i) mettere a punto efficienti e selettivi
catalizzatori in grado di operare a temperatura ambiente e pressione atmosferica; ii) ottenere
informazioni utili per la comprensione di stadi di reazione del ciclo catalitico di sistemi enzimatici
naturali. La prima motivazione è particolarmente rilevante per realizzare nuovi processi di interesse
in sintesi applicata che siano, allo stesso tempo, economicamente vantaggiosi e rispettosi
dell‟ambiente.
I sistemi fotocatalitici da noi impiegati sono basati sull'uso di complessi Ferro-porfirinici. Questa
scelta è dovuta alla ben nota reattività fotochimica di questi composti: l‟irradiazione provoca un
trasferimento elettronico dal legante assiale al Fe(III) con conseguente riduzione dello stesso e
formazione di una specie radicalica. Il complesso nella sua forma ossidata può essere rigenerato
dall‟ossigeno che, in questo modo subisce un processo di attivazione riduttiva a ione superossido. Il
ciclo catalitico così ottenuto consente di indurre reazioni di ossidazione di numerosi substrati
organici in grado di coordinare la Ferro-porfirina in posizione assiale.
Nel corso dell‟ultimo anno la nostra attività di ricerca si è focalizzata sulla preparazione e
caratterizzazione di un sistema fotocatalitico costituito dal complesso Fe(III)-meso-tetrakis (2,6
diclorofenil) porfirina (FeTDCPP) supportato su un materiale mesoporoso del tipo MCM-41.
L‟attività fotocatalitica di questo sistema (MCM41-FeTDCPP) è stata studiata nell‟ossidazione
dell‟1,4 pentandiolo; il nostro interesse è focalizzato principalmente sull‟effetto della matrice solida
mesoporosa su efficienza e selettività di questo processo.
La FeTDCPP sintetizzata secondo procedure note di letteratura è stata successivamente modificata
nelle posizioni meta dei gruppi fenili al fine di ottenere una catena che terminasse con un gruppo
amino propil trietossisilano. I monomeri così ottenuti sono stati trattati con miscela di HF (48%) e
H2SO4 (98%) per ottenere monomeri con gruppi trifluorosilani. Il complesso così ottenuto è stato
aggiunto ad una sospensione di MCM-41 (o di silice amorfa) in metanolo. I gruppi SiF3 sono
convertiti in SiOH; ciò consente la formazione di un legame covalente tra la ferro porfirina e la
superficie dell‟MCM-41 (o della silice amorfa). Quest‟ultima operazione è stata ripetuta alcune
volte finché non si è fissata sulla superficie una quantità (in moli) di complesso analoga a quella
usata negli esperimenti in fase omogenea.
Le proprietà fotocatalitiche di MCM41-FeTDCPP sono state confrontate con quelle del complesso
in soluzione omogenea e quelle in cui la ferro porfirina era ancorata su silice amorfa (SiO2FeTDCPP). Questi tre sistemi sono stati irradiati ( > 350 nm, 120 minuti) in soluzioni di
acetonitrile contenente 1,4 pentandiolo (3% v/v) a temperatura ambiente e in presenza di 760 Torr
di ossigeno molecolare. I risultati più significativi sono riassunti in Tabella 1. Si può osservare che,
in tutti i casi, solo una delle funzionalità alcoliche del diolo subisce fotoossidazione: infatti 3acetil1propanolo e 4idrossi-pentanale sono i principali prodotti ottenuti dopo l‟irradiazione. La tabella
mostra anche che, probabilmente a causa di effetti di adsorbimento su siti specifici di superficie, il
materiale mesoporoso influenza la selettività del processo in maniera significativa, favorendo
l‟ossidazione del gruppo OH terminale con conseguente accumulo della 4-idrossipentanale. Inoltre,
51
MCM41-FeTDCPP risulta essere più efficiente sia di FeTDCPP sia di SiO2-FeTDCPP nella
formazione complessiva di idrossi-aldeide ed idrossi-chetone.
Abbiamo anche evidenze sperimentali che la matrice solida dei sistemi MCM41-FeTDCPP e SiO2FeTDCPP i) previene la formazione di specie oligomeriche che, invece, costituiscono un problema
quando l‟esperimento fotocatalitico viene condotto in soluzione; ii) aumenta notevolmente la
stabilità del complesso porfirinico; iii) lascia grande libertà nella scelta del mezzo di reazione
perché non si pone il problema di solubilizzare la Ferro-porfirina.
Tabella 1: prodotti principali nell‟ossidazione fotocatalitica di 1,4 pentandiolo.
O
OH
OH
4
Fotocatalizzatore
M x 10 (resa %)
M x 104 (resa CHO
%)
MCM41-FeTDCPP
5.2 (37)
8.7 (63)
FeTDCPP
omogenea)
6.9 (64)
3.9 (36)
2.3 (67)
1.1 (33)
(soluzione
SiO2-FeTDCPP
52
UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Messori
L‟attività scientifica dell‟Unità di Ricerca di Firenze del CIRCMSB, nel corso dell‟anno 2008,
condotta principalmente presso il Laboratorio Metalli in Medicina (lab METMED, Dip. Chimica,
Università di Firenze), si è focalizzata sulle seguenti tematiche:
Metallofarmaci Antitumorali
Metalli e Processi Neurodegenerativi
Composti Metallici per il trattamento della Malaria.
I maggiori risultati conseguiti nei vari ambiti di ricerca nel corso del 2008 e le relative pubblicazioni
scientifiche sono, di seguito, analiticamente descritti.
Metallofarmaci antitumorali
È questo il tema su cui si sono principalmente concentrate le attività di ricerca dell‟UR di Firenze.
Le attività svolte all‟interno di tale tematica, a loro volta, possono essere così suddivise:
1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali.
2. Studio di Composti Antitumorali a base di Rutenio.
3. Composti di Platino e Proteine.
4. Interazioni di Antitumorali Metallici con Proteine.
1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali
Presso il Laboratorio METMED è attiva, da oltre 10 anni, una linea di ricerca diretta a
valutare le proprietà chimiche e biologiche di numerosi composti dell‟oro come possibili agenti
antitumorali. I complessi di oro(III), isolettronici ed isostrutturali con i complessi di platino(II),
sono infatti interessanti candidati come possibili agenti antitumorali. Parimenti, anche alcuni
composti di oro(I) mostrano significative proprietà citotossiche, come già ampiamente
documentato, e meritano una particolare attenzione.
In anni recenti, abbiamo dimostrato che certi complessi di oro(III), opportunamente
sostituiti, mostrano una accettabile stabilità in ambiente fisiologico e sono, al contempo, dotati di
significative proprietà antitumorali in vitro. I risultati più significativi di questa linea di ricerca, da
noi ottenuti nel corso dell‟anno 2008, sono riportati di seguito.
- Estesa caratterizzazione chimica di complessi dinucleari di oro(III).
In collaborazione con un gruppo di chimici inorganici dell‟Università di Sassari (Prof.
Cinellu e Minghetti) abbiamo completato gli studi riguardanti una serie di complessi dinucleari di
oro(III) con leganti bipiridilici (AuOXO-1,6). I composti di interesse sono mostrati in figura 1.
But
N
N
O
Au
N
N
[PF6]2
Au
O
N
[PF6]2
Au
N
N
N
N
[PF6]2
Au
O
N
Me3CH2C
Auoxo4
[{(6-CH2CMe3bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
O
Me
R
O
Au
Me
N
N
O
N
[PF6]2
Au
Au
N
O
N
Auoxo3
[{(6-Mebipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
[{4,4'-But2(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
CH2CMe3
[PF6]2
Au
But
Auoxo2
N
O
Au
N
N
O
But
Auoxo1
[{(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
N
N
O
Au
N
Me
But
[PF6]2
Au
N
O
Me
R=2,6-Me2C6H3
Auoxo5
[{(6-Rbipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
N
O
Au
N
R
Me
Me
Auoxo6
[{(6,6'Me2bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2
53
Figura 1.
Rappresentazione
schematica
dei complessi
dinucleari
di Au(III).
Abbiamo condotto una estesa caratterizzazione delle proprietà strutturali e della reattività chimica di
questa famiglia di composti, al fine di stabilire alcune iniziali relazioni struttura/attività in grado di
spiegare le diverse proprietà biologiche osservate. Gli studi elettrochimici sono stati condotti in
collaborazione con il gruppo del Prof. Zanello dell‟Università di Siena. Parimenti sono stati
effettuati alcuni studi teorici in collaborazione con il Dr. Massimiliano Arca dell‟Università di
Cagliari. Il lavoro è stato adesso pubblicato su Inorganic Chemistry.
- Interazione di composti dell’oro con proteine.
Sempre nell‟ambito degli studi sui composti dell‟oro come agenti citotossici ed
antitumorali, abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “Gold(III) compounds as anticancer agents:
Relevance of gold-protein interactions for their mechanism of action” in collaborazione con i
gruppi di ricerca del Prof. Paul Dyson (EPFL, Losanna) e del Prof. Bernhard Keppler (Università di
Vienna). L‟articolo in questione approfondisce l‟analisi delle interazioni di alcuni composti dell‟oro
con proteine modello per meglio comprendere le modalità di interazione al livello molecolare. La
spettrometria di massa risulta essere una tecnica di particolare valore ed utilità a questo scopo.
-Auranofin e metabolismo osseo.
A latere degli studi sopra riportati è stato condotto uno studio specifico mirante a valutare
gli effetti del farmaco antiartritico a base di oro, auranofin, sul metabolismo osseo. Lo studio, dal
titolo “The influence of auranofin, a clinically established antiarthritic gold drug, on bone
metabolism: analysis of its effects on human multipotent adipose-derived stem cells, taken as a
model”, è stato condotto in collaborazione con un gruppo di ricerca francese operante presso
l‟Università di Nizza.
- Altri studi sui composti dell’oro.
Nel 2008 sono stati completati gli estesi studi di citotossicità su vari composti dell‟oro
precedentemente avviati in collaborazione con la ditta Oncotest (Freiburg, Germania). L‟analisi
degli importanti risultati ottenuti costituirà la base per future pubblicazioni scientifiche.
2. Studio dei Composti Antitumorali a base di Rutenio.
È noto che alcuni complessi di rutenio, in particolar modo certi complessi di rutenio(III),
mostrano promettenti attività antitumorali. Ad oggi, dopo i complessi di platino(II), i complessi di
rutenio sono fra i composti metallici più intensamente studiati come possibili agenti antitumorali e
forse anche i più promettenti. Da alcuni anni, l‟UR di Firenze sta valutando alcuni aspetti chimicobioinorganici di rappresentativi composti di rutenio, quali ad esempio NAMI-A e KP1019 (Figura
2).
-
H
-
N
H
N
N
Cl
Ru
Cl
Cl
Cl
HN
Cl
H N
+
Cl
Ru
N
O
NH
N
Cl
S
H+
N
Cl
NH
KP1019
NAMI A
Figura 2 Rappresentazione schematica di [ImH] [trans-RuCl4(Im)(DMSO)] (NAMI-A) e
[INdH][trans-RuCl4(Ind)2] (KP1019).
Nel corso del 2008 abbiamo proseguito queste attività con un certo successo ponendo
particolare attenzione ad una nuova famiglia di composti del rutenio, i cosiddetti RAPTA,
sviluppati dal prof. Paul Dyson presso l‟EPFL di Losanna.
54
Cl
Ru
N
P
Cl
N
Ru
O
N
P
O
O
N
Ru
O
N
H 3C
Ru
Cl
N
P
Cl
CH3
H 3C
Cl
N N
Ru
Cl P
R A P T A -T , 4
Cl
Ru
OH
N
N
Cl
N
Ru
Cl
OH
N
P
Cl
Ru
N
R A P T A -T B O H , 8
Ru
P
Cl
NH3
N
N
Cl
B F 4-
P
N
R A P T A -B I, 1 1
C l-
O
O
O
CH3
N
N
R A P T A -N H 3 , 1 0
O
N
H 3C
Ru
N N
OH
N
R A P T A -P e n ta O H , 9
+
Cl
N
P
Cl
N
C lCl
N
N
R A P T A -T B M e , 6
N
R A P T A -O H , 7
N
P
N
R A P T A -H , 5
P
Cl
Ru
Cl Cl
CH3
N
N
CH3
CH3
CH3
H 3C
CH3
H 3C
N
O
o xa lo -R A P T A , 3
ca rb o -R A P T A , 2
CH3
N
O
O
R A P T A -C , 1
N
P
O
N
O
Ru
Ru
Cl
Cl
Cl
N
P
N
N
Cl
N
P
N
N+ CH
3
R A P T A -M e + -C , 1 3
R A P T A -B C , 1 2
Figura 3. strutture chimiche dei complessi Rapta usati in questo studio.
In particolare, abbiamo considerato se due importanti famiglie di proteine, le tioredossina
reduttasi e le catepsine, potessero costituire dei significativi bersagli molecolari per questo tipo di
composti. Sono stati pertanto effettuati studi di enzimologia per valutare se e quanto i composti
RAPTA potessero inibire le reazioni catalizzate da queste proteine. È emerso che i composti
RAPTA sono potenti inibitori della catepsina B, una rappresentativa cisteina proteasi implicata nei
processi di invasione e metastasi. I dati enzimologici sono stati suffragati da studi di modeling
dell‟interazione fra composti RAPTA e catepsina, condotti in colalborazione con il prof. Nazzareno
Re, dell‟Università di Chieti. L‟articolo è stato recentemente pubblicato su JMedChem.
Figura 4. Docking del complesso 9 alla cat B. Illustrazione delle principali interazioni del
complesso con i residui presenti nelle vicinanze de sito attivo.
Un secondo studio, già pubblicato, si è focalizzato sull‟analisi delle interazioni di un
composto di tipo RAPTA (il RAPTA-C) con ubiquitina e glutatione. In particolare, è stato
osservato che il RAPTA-C forma addotti stabili con la proteina modello ubiquitina, che però
possono essere rimossi per aggiunta di glutatione. Queste osservazioni hanno importanti
implicazioni sul meccanismo di azione di tale composto nella cellula.
55
Inoltre, in un ulteriore lavoro, sono state valutate le interazioni dell‟albumina serica
bovina (BSA) con NAMI-A, un farmaco anticancro sperimentale di Ru(III); la formazione dei
rispettivi addotti NAMI-A/BSA è stata studiata tramite spettroscopia XAS (X-ray absorption
spectroscopy) al Sincrotrone di Soleil (Parigi) in collaborazione con la Prof. Congiu Castellano e la
Dr. Isabella Ascone.
3. Composti di Platino e Proteine
In collaborazione con il prof. Dan Gibson dell‟università di Gerusalemme abbiamo
condotto e completato uno studio dal titolo “Peculiar mechanistic and structural features of the
carboplatin-cytochrome c system revealed by ESI-MS analysis”. Questo studio si è avvalso
primariamente di tecniche di spettrometria di massa tipo ESI MS per studiare la reazione del
carboplatino con la proteina modello citocromo c. È stato possibile studiare in dettaglio il processo
di platinazione della proteina ed anche identificare la natura del frammento metallico legato alla
proteina ed i probabili siti di interazione.
4. Interazioni di antitumorali metallici con proteine.
Abbiamo messo a punto delle specifiche metodologie di indagine per valutare le
interazioni di complessi di platino(II), oro(III) e rutenio(III) con alcune proteine modello. La
procedura sperimentale si basa su prove di ultracentrifugazione abbinate a determinazioni
spettrofotometriche oppure ICP-OES. Successivamente gli addotti formati possono essere
caratterizzati mediante tecniche di spettrometria di massa e di cristallografia. Una descrizione
generale delle metodologie e dei risultati più significativi da noi ottenuti è fornita dal riferimento.
Figura 5 Spettro deconvoluto ottenuto tramite ESI MS di addotti formati tra Lisozima e Cisplatino
in rapporto 1:3, incubati per 48h a 37°C.
Metalli e processi neurodegenerativi.
Nel corso del 2008, in particolare grazie alle risorse forniteci dal progetto nazionale FIRB
sulle malattie neurodegenerative, coordinato dal prof. Enrico Rizzarelli, abbiamo potuto
incrementare ulteriormente gli sforzi della nostra ricerca in questo settore. In particolare, abbiamo
cercato di sviluppare nuove metodologie di indagine.
In breve, le metodologie che abbiamo ottimizzato e che stiamo utilizzando sono le seguenti:
-ESI MS per studiare le interazioni di metalli con beta amiloide (in collaborazione con Prof. Paolo
Zatta e con CISM).
-Metodi ICP OES per mappare la distribuzione dei metalli nel cervello in appropriati modelli murini
(in collaborazione con Prof. Casamenti e Prof. Udisti dell‟Università di Firenze).
-Metodi AFM per visualizzare la crescita di fibrille amiloidi e gli effetti di ioni metallici su detta
crescita (in collaborazione con Prof. Foresti e Dr. Innocenti, Dip Chimica, Università di Firenze).
Alcuni risultati, ottenuti con il metodo ESI MS, sono stati già pubblicati. In particolare, la
spettrometria ESI MS si è rivelata assai preziosa per la caratterizzazione dell‟addotto che si forma
fra lo ione alluminio ed il peptide Aβ (1-42).
Inoltre abbiamo completato e pubblicato uno studio riguardante la caratterizzazione
strutturale e teorica del cuprizone, un interessante agente neurotossico.
56
Composti metallici per il trattamento della Malaria.
In collaborazione con il gruppo di ricerca dei prof. Vincieri e Bilia, dell‟Università di
Firenze e con alcuni ricercatori dell‟Istituto Superiore di Sanità abbiamo intrapreso una serie di
studi finalizzati a stabilire se alcuni metallofarmaci, inizialmente sviluppati per altri fini terapeutici,
potessero dimostrare rilevanti azioni antimalariche. Gli studi erano motivati dall‟osservazione che
alcuni complessi metallici, ed in particolare alcuni composti dell‟oro, sono capaci di inibire
fortemente la tioredossina reduttasi e di indurre una condizione di severo stress ossidativo
intracellulare. Siccome è noto che il plasmodio della malaria è un organismo particolarmente
sensibile allo stress ossidativo si è pensato che tali composti metallici potessero funzionare da
efficaci farmaci antimalarici. Gli studi sono stati condotti in vitro secondo procedure ben collaudate.
I primi risultati che abbiamo già potuto pubblicare confermano, in maniera esemplare, la sostanziale
correttezza della nostra ipotesi di lavoro.
57
UNITA’ DI RICERCA DELL’INSUBRIA
Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Palmisano
L‟acido folico ( e strutture ad esso correlate) rappresentano una classe di vettori utilizzati per il
targeting ed il rilascio di molecole bioattive. In collaborazione con l‟U.O. Piemonte Orientale
(coordinata dal Prof. Osella) ci siamo interessati della sintesi di leganti del Pt(II) derivanti dalla
coniugazione di uno dei due carbossili( α o γ) dell‟acido folico con subunità contenenti
diammine o dicarbossilati in grado di complessare il Pt(II).
I leganti L1, L2 e L3 e i rispettivi complessi (L1)PtCl2, (L2)Pt(NH3)2 / (L2)Pt(H2N-Me)2
(come sali di K+) e (L3)Pt(NH3)2/(L3)Pt(H2N-Me)2 sono stati sintetizzati secondo gli schemi
sotto riportati ma la scarsa solubilità in acqua ha precluso la possibilità di valutarne l‟attività. [1]
59
Nel quadro della collaborazione in atto da anni con le U.O. Torino (Prof. Aime) e Piemonte
Orientale (Prof. Giovenzana) ci siamo interessati della sintesi e del comportamento
complessometrico del nuovo legante a struttura diamminotetracarbossilica NorDATA. [2] Il
legante è stato sintetizzato a partire dal norbornadiene 1 secondo il seguente schema
Lo studio delle costanti di stabilità e di protonazione di NorDATA rispetto a quelle di BDTA,
DCTA e EDTA ha portato ai risultati riportati nella Tabella seguente
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UNITA’ DI RICERCA DI MESSINA
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Monsù Scolaro
Composizione e settore di indagine
L‟unità di ricerca di Messina è composta da cinque distinti gruppi di ricerca, ciascuno dei quali
possiede delle competenze specifiche in settori di interesse del Consorzio.
Obiettivi e Metodi
Gruppo di Ricerca dei Proff. Luigi Monsù Scolaro e Raffaello Romeo. Questo gruppo di ricerca si
occupa da anni di studiare processi di auto-aggregazione e di organizzazione supramolecolare a
carico di specie planari (porfirine e relativi metallo-derivati, e complessi planari di platino(II)) su
biomolecole o su sistemi polimerici di rilevanza biologica. Una consolidata esperienza è stata
maturata nel campo degli studi meccanicistici su complessi di platino(II), inerentemente a processi
fondamentali, quali la sostituzione nucleofila, l‟isomerizzazione geometrica, gli attacchi acidi o i
moti flussionali.
Nell‟ambito dell‟organizzazione di sistemi supramolecolari, è stato preparato un addotto noncovalente tra l‟emina e dendrimeri di tipo PAMAM di generazione bassa (2 e 3), sfruttando
l‟interazione elettrostatica tra i residui carichi dei due componenti molecolari. Il sistema è stato
caratterizzato spettroscopicamente (UV/Vis, EPR ed NMR) e si propone come un adeguato modello
perossidasico, la cui attività è stata, inoltre, valutata mediante l‟ossidazione di un tipico substrato
(ABTS). La presenza di un eccesso di carica positiva residua sull‟addotto ha consentito la
formazione di film sottili su superfici di quarzo. Tali film ritengono attività catalitica e si prestano
ad ulteriori indagini per possibili applicazioni.
Aggregati vescicolari di particolari ciclodestrine anfifiliche (CDs) sono degli efficienti sistemi di
trasporto intracellulare per molecole ospite. In particolare, la porfirina tetranionica TPPS4 è un
cromoforo che si presta ad impieghi in terapia fotodinamica di tumori (PDT). Questa molecola
interagisce non-covalentemente con le vescicole di CDs, alterando le sue caratteristiche fotofisiche.
L‟aggiunta di derivati antracenici, come terzo componente, consente di effettuare studi di
trasferimento di energia tra i vari cromofori.
Pensando ad applicazioni in campo foto-termico (PTT), le stesse ciclodestrine anfifiliche sono state
impiegate per decorare delle nanoparticelle di oro. Tali nuovi sistemi sono stati caratterizzati tramite
spettroscopia UV/Vis, scattering quasi-elastico di luce e FT-IR. Le nanoparticelle vengono
internalizzate da linee cellulari di tipo HeLa ed aumentano del 50% la morte cellulare in seguito a
fotoirradiazione.
Altri studi sono stati rivolti alla formazione di film sottili di vari tipi di cromofori ed alla
formazione di pattern specifici in seguito ad evaporazione di solvente.
Nel campo degli studi meccanicistici su complessi di platino(II), un‟indagine teorica di tipo DFT è
stata condotta sulla reazione di ciclometallazione del complesso cis-[Pt(Me)2(dmso)(P(o-tolil)3] con
formazione del composto [Pt{CH2C6H4P(o-tolil)2-kappa C,P](Me)(dmso)] e liberazione di metano.
La reazione decorre con un meccanismo a più stadi: (i) dissociazione reversibile del legante dmso
per dare un intermedio a forma di T a 14-e, (ii) addizione ossidativa intramolecolare del legame CH di uno dei metili del legante fosfinico per dare una specie pentacoordinata ciclometallata idrurica,
(iii) eliminazione riduttiva di metano, e (iv) veloce riassociazione del legante dmso per formare il
prodotto finale. L‟energetica e i dettagli strutturali degli intermedi di razione sono stati
adeguatamente calcolati.
Gruppo di Ricerca del Prof. Matteo Cusumano. Questo gruppo si dedica allo studio delle proprietà
di intercalazione di una serie di complessi planari quadrati di platino(II) e palladio(II) contenenti
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leganti aromatici nei confronti di acidi nucleici ed alle variazioni di reattività indotte dal
microambiente specifico.
Le proprietà fotofisiche di una serie di undici complessi di Pt(II) contenenti leganti polipiridinici
sono state indagate, sia in soluzione a temperatura ambiente, che in matrice solida a 77 K. Allo stato
solido tutti i complessi mostrano luminescenza strutturata, con tempi di vita nell‟ordine delle
centinaia di microsecondi fino a qualche millisecondo. In soluzione i tempi di vita sono dell‟ordine
dei nanosecondi, la fluorescenza diventa scarsamente strutturata e spostata batocromicamente. Gli
stati responsabili per l‟osservata emissione sono stati assegnati.
Sei nuovi complessi di Pt(II) contenenti 2,2‟-bipiridile e tiouree variamente sostituite, disegnati per
essere intercalatori del DNA, sono stati saggiati su linee cellulari di carcinoma ovario umano
(2008) e su una variante resistente al cisplatin (C13*). E‟ stato osservato che la capacità antiproliferativa di questi composti aumenta con l‟ingombro sterico dei leganti ancillari e con
l‟idrofobicità dei gruppi sostituenti sulla tiourea. In particolare, la presenza di due gruppi fenilici
impartisce una citotossicità notevolissima.
Gruppo di ricerca dei Proff. Giuseppe Bruno ed Enrico Rotondo. Questi ricercatori si occupano
essenzialmente della determinazione strutturale di composti inorganici ed organici di potenziale
interesse farmacologico tramite l‟impiego di tecniche di diffrazione di raggi-X e di risonanza
magnetica nucleare.
Gruppo di Ricerca del Prof. Giuseppe Teti. Questo gruppo di ricerca opera nel settore della
microbiologia, sviluppando sia attività di ricerca indipendente che di supporto ai vari gruppi
dell‟Unità di ricerca.
Gruppo di Ricerca della Dr. Lo Passo. Questi ricercatori svolgono della ricerca indipendente nei
settori della biologia molecolare e genetica, fornendo attività di supporto al gruppo del Prof. Monsù.
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UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI
Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone
L‟attività scientifica dell‟Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata svolta, per l'anno 2008,
principalmente alla veicolazione di mezzi contrasto e farmaci mediante peptidi nell‟ambito delle
seguenti tematiche:
1) Sonde per la diagnosi in medicina nucleare basate su peptidi antagonisti dell‟integrina
v
Da alcuni anni l‟unità di Napoli è coinvolta nella progettazione di coniugati peptidici per la diagnosi
e la terapia mediante le tecniche di medicina nucleare. E‟ noto che i peptidi opportunamentemente
progettati possono veicolare centri metallici radioattivi su cellule tumorali che sovraesprimono
recettori, facilitando l‟accumulo di mezzi di contrasto su tessuti tumorali. Negli anni precedenti
sono stati utilizzati come vettori peptidi per il riconoscimento dei recettori delle colecistochinine e
delle integrine, nell‟ultimo anno particolare i sistemi studiati intendono riconoscere i recettori delle
integrine al fine dell‟ottenimento di nuove sonde di minori dimensioni. In particolare sono stati
sintetizzati nuovi analoghi del peptide RGDechi (lead compound) (figura 1) la cui progettazione e
sintesi era stata messa a punto nell‟anno precedente.
Met-Asp-Asp-Pro-Gly-Arg-Asn-Pro-His-Lys-Gly-Pro-Ala-Thr19
1
Lys -Arg-Gly-Asp-DGlu
Figura 1 Sequenza del peptide RGDechi
I peptidi sono stati progettati eliminando, uno alla volta, i cinque residui presenti sull‟estremità C
terminale allo scopo di individuare la minima sequenza in grado di conservare l‟elevata attività e la
selettività del lead compound nei confronti dell‟integrina v 3. Tutte le sequenze peptidiche sono
state ottenute in fase solida e purificate mediante RP-HPLC. E‟ attualmente è in corso la marcatura
con 18F per gli studi di imaging molecolare mediante PET e gli studi sulla scelta più opportuna per
legare un chelante per la complessazione di metalli radioattvi quali l‟Indio 111 e il tecnezio 99m.
2) Aggregati supramolecolari peptidi-chelanti come tools per la diagnosi oncologica mediante la
tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI) e la veicolazione di farmaci.
Questa attività in collaborazione con l‟UO di Torino si articola nella progettazione, sintesi e
caratterizzazione di nuovi mezzi di contrasto selettivi per la visualizzazione di patologie
oncologiche mediante la tecnica della Risonanza Magnetica Imaging (RMI). Questa tecnica fornisce
immagini ad altissima risoluzione, ma a causa della bassa sensibilità della tecnica, è stato necessario
mettere a punto opportuni agenti di contrasto (ACs) selettivi capaci di accumularsi sull‟organo
bersaglio che si intende visualizzare, ad una concentrazione almeno dell‟ordine di 10-4M. A tal fine
negli ultimi anni sono stati preparati sistemi supramolecolari, come micelle miste o selfassembling,
liposomi che espongono sulla loro superficie un vettore peptidico il frammento CCK8 dell‟ormone
colecistochinina in grado di selettivamente riconoscere i recettori sovraespressi dalle cellule
tumorali. Per allargare il numero di target sono stati progettati e sintetizzati aggregati
supramolecolari costituiti da uno o due unità monomeriche anfifiliche selettivi per i recettori due e
cinque della somatostatina. Queste unità contengono una parte idrofobica costituita da due catene di
tipo idrocarburico e una testa idrofilica costituita dal peptide analogo della somatostatina
(octeotride) e/o da un agente chelante in grado di complessare un metallo paramagnetico quale
mezzo di contrasto per la risonanza magnetica.
In particolare per quanto riguarda il chelante sono stati sintetizzati tre monomeri (C18) 2DTPAGlu,
(C18)2DTPA, (C18)2DOTA in grado di complessare stabilmente lo ione paramagnetico Gd (III) e
che differisocno per la natura del chelante. Il DTPAGlu fornisce allo ione metallico un set di
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coordinazione costituito da tre atomi di azoto e cinque gruppi carbossilici, che a pH fisiologico
risultano deprotonati (COO-); il DTPA tre atomi di azoto e quattro gruppi carbossilici ed il DOTA
quattro atomi di azoto e tre gruppi carbossilici. Pertanto questi monomeri sono dei surfattanti
anionici ognuno dei quali contribuisce con cariche variabili in funzione del pH e dello ione
coordinato. E‟ stato inoltre sintetizzato un altro monomero contenente la stessa porzione idrofobica,
e l‟octreotide la cui sequenza aminoacidica è riportata in figura.
D-Phe-Cys-Phe-D-Trp-Lys-Thr-Cys-Thr(ol)
Octreotide
Fig. 2 Sequenza del peptide Octeotride
Questo peptide ciclico per la presenza di un ponte disolfurico fra la cisteina 3 e la cisteina 14,
conserva la struttura beta turn della somatostaina fra gli aminoacidi 7-10 (Phe7-Trp8-Lys9-Thr10)
responsabili dell‟attvità biologica nei recettori 2 e 5. La stabilità in vivo del peptide è assicurato
dalla presenza di due residui D aminoacidici (DPhe2Trp8) resistenti al riconoscimento da parte delle
proteasi. Nel monomero octreotide-L5-(C18)2 tra il peptide e le catene alchiliche sono stati
interposti cinque spaziatori etossilici (L5), che favoriscono l‟esposizione del peptide sulla superficie
esterna dell‟aggregato aumentando l‟idrofilicità del peptide. Inoltre sono stati preparati due
monomeri che nella stessa molecola legano sia il chelante che l‟octeotride. (OCA-DTPAGlu),
(OCA-DOTA) (ved Figura 1)
O
O
O
O
OCA-DTPAGlu
N
O
O
N
HN
N
O
-O
O
O
O
O
L
N
O
H
N
L
N
H
DPhe
L
O
Cys
Phe
DTrp
Lys
Thr
Cys
Thr(ol)
O
O
OCA-DOTA
O
N
O
N
N
O
HN
N
O
O
L
N
O
L=
H
N
O
O
O
O
O
N
H
H
N
L
L
O
O
DPhe
Cys
Phe
DTrp
Lys
Thr
Cys
Thr(ol)
O
O
Fig. 3 Monomeri selfassembling con peptide e chelante
Gli aggregati supramolecolari, ottenuti per self-assembling dei due monomeri-(OCA-DTPAGlu),
(OCA-DOTA) e gli aggregati misti ((C18)2DTPAGlu/ (C18)2L5-Octr, (C18)2DTPA / (C18)2L5Octr, (C18)2DOTA / (C18)2L5-Octr) sono stati studiati con la tecnica della fluorescenza che ha
permesso di determinare la concetrazione micellare critica (CMC) nell‟ordine di 10-6 M, in accordo
con sistemi in cui sono presenti due code idrofobiche per tutti gli aggregati per cui possono essere
utilizzate quali sonde in vivo. La natura degli aggregati supramolecolari, la forma e la loro
dimensione sono state determinate mediante la tecnica della dispersione neutronica a piccolo angolo
(SANS). Da queste indagini strutturali si evidenzia che le proprietà degli aggregati sono fortemente,
come era prevedibile, influenzate dalla carica del gruppo idrofilico dei tre chelanti per cui sono state
ottenute micelle cilindriche, doppi strati ed in qualche caso vescicole.
64
Le misure di relassività condotte sugli aggregati, forniscono valori confrontabili (r1p = 13.9 mM-1 s-1
at 20 MHz and 25°C), con sistemi supramolecolari simili ad altri aggregati finora studiati.
Successivamente saranno effettuati studi di uptake degli aggregati misti su cellule che
sovresprimono i recettori SSTR2 e SSTR5 della somatostatina al fine di verificare che la sonda
peptidica sia ben esposta sulla superficie dell‟aggregato e abbia un‟elevata specificità. Un ulteriore
obiettivo che verrà perseguito sarà la preparazione di altri aggregati con diversa disposizione del
peptide o del chelante. Inoltre verranno sintetizzati monomeri la cui porzione biospecifica sia
costituita da peptidi in grado di riconoscere selettivamnete altre classi di recettori quali ad esempio
quelli della bombesina.
3) Studio del meccanismo di penetrazione e fuoriuscita del virus Herpes simplex di tipo 1
utilizzando nanocristalli.
Questo progetto ha riguardato lo studio del meccanismo molecolare di penetrazione ed uscita del
virus Herpes simplex tipo I mediante l‟utilizzo dei Qdots. I Qdots sono nanocristalli, composti da
atomi di elementi appartenenti ai gruppi II-VI o III-V della tavola periodica, altamente fluorescenti
e di dimensioni definite (2-10 nm di diametro) che assorbendo la luce, la riemettono a lunghezze
d‟onda in funzione delle dimensioni del cristallo stesso. Rispetto ai fluorofori organici, presentano
interessanti proprietà ottiche ed elettroniche. E‟ possibile selezionare esattamente l‟emissione di
fluorescenza in base alla dimensione e composizione con lunghezze d‟onda variabili dal visibile
all‟infrarosso, inoltre i Qdots possiedono coefficienti di assorbimento elevati in un ampio intervallo
spettrale, livelli elevati di luminosità e fotostastabilità. Queste proprietà ottiche li rendono utili quali
fluorofori in vivo e/o in vitro in esperimenti biologici, nei quali, i fluorofori tradizionali basati su
molecole organiche non sono in grado di fornire un‟analoga stabilità a lungo termine e la possibilità
di identificare contemporaneamente segnali multipli. Inoltre nella regione del vicino infrarosso
(700–900 nm) la maggior parte delle biomolecole non presenta uno spettro di assorbimento, per cui
i Qdots possono fornire immagini in vivo.
Notevoli successi sono stati ottenuti nell‟utilizzo dei Qdots per la marcatura extracellulare; al
contrario il delivery intracellulare presenta numerosi problemi ed ancora non esistono protocolli
generali per riuscire ad effettuarlo. Scopo dell‟attività di ricerca è la funzionalizzazione dei Qdots al
fine di migliorare il delivery nelle cellule utilizzando peptidi di fusione di origine virale in
particolare dal virus Herpes simplex di tipo I. HSV-1 è un virus con envelope e presenta una serie di
glicoproteine sulla sua membrana. Tra queste glicoproteine gH e gB sono sicuramente coinvolte nel
complesso meccanismo di fusione. Dall‟analisi dettagliata di tali glicoproteine sono stati individuati
alcuni peptidi che probabilmente sono coinvolti nel processo di fusione del virus ed infatti sono in
grado di fondere liposomi in vitro. In particolare, nella glicoproteina gH 4 sono state selezionate
regioni fusogene e due Heptad Repeat e nella glicoproteina gB due regioni fusogene e una regione
inibitoria. Le regioni fusogene possono essere utilizzate per la veicolazione del virus all‟interno
della cellula ospite, mentre le regioni elicoidali, che danno luogo ai coiled coil nella proteina nativa,
possono essere utilizzate per localizzare le proteine all‟interno della cellula infetta. Sono stati messi
a punto i protocolli per il legame dei peptidi ai Qdots e per la purificazione dei sistemi sintetizzati e
sono stati effettuati degli esperimenti preliminari.
Sintesi del peptide NBD-gHpep utilizzato come controllo
Sintesi del peptide gHpepCys, da legare al Qdots
Legame del peptide al Qdot mediante due diversi protocolli
Analisi, con il microscopio confocale, della penetrazione all‟interno della cellula del peptide
legato all‟NBD e legato al Qdots
I peptidi sono stati sintetizzati mediante sintesi in fase solida con chimica Fmoc. Il pepdide NBDgHpep è stato utilizzato come controllo. Il peptide NBD-gHpep attraversa la membrana plasmatica
e si posiziona largamente nella frazione citoplasmatica della cellula, in particolare nella regione
perinucleare come si vede dalla foto di seguito riportata.
65
Citoscheletro
NBD-gHpep
Nucleo
Il peptide gHpepCys è stato legato al gruppo carbossilico presente sul Qdots dal lato N e Cterminale ed i costrutti così ottenuti sono stati analizzati al microscopio confocale.
Il peptide QD-Cys-CysgHpep si posiziona nella regione plasmatica e perinucleare.
Invece il peptide QD-gHpepCys, non attraversa la membrana plasmatica ma rimane adeso ad essa
senza essere lavato dopo il fissaggio sulle cellule.
I risultati ottenuti pertanto confermano l‟ipotesi che la sequenza peptidica selezionata riconosca in
maniera specifica la membrana plasmatica e si leghi ad essa.
La penetrazione attraverso la membrana plasmatica è dovuta con molta probabilità all‟inserimento
della sequenza dalla regione N-terminale del peptide come già dimostrato
Tale ipotesi è confermata dal fatto che il peptide che porta il QDot legato all‟estremità N terminale
si lega alla membrana esterna delle cellule, ma non è capace di attraversarla.
Tuttavia non viene lavato via dalla superficie delle cellule come accade per il controllo QDot
isolato.
Ulteriore svilupppo del progetto consiste nel verificare la possibilità di indirizzare in maniera
specifica i Qdots verso dei target specifici all‟interno della cellula target con applicazioni nel campo
dei biosensori.
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UNITA’ DI RICERCA DI PADOVA
Direttore Scientifico: Prof. Ulderico Mazzi
1. Tematica 6: “Radiofarmaci nella diagnostica e terapia tumorale”
Parte 1. Sviluppo di radiofarmaci target-specifici marcati con 99mtecnezio e 186/188renio.
Elena Zangoni, Laura Melendez Alafort, Alessia Carrer, Ulderico Mazzi
Gli isotopi radioattivi di metalli di transizione offrono molte opportunità nello sviluppo di
radiofarmaci, e tra di essi il tecnezio-99m ed il renio-186/188 giocano un ruolo importante in
ambito, rispettivamente, diagnostico e terapeutico. A differenza di isotopi di atomi naturalmente
presenti nelle molecole biologiche (O, C, N), che possono essere incorporati nelle molecole
direzionatrici attraverso la formazione di un legame covalente, gli isotopi di natura metallica per
essere incorporati nelle biomolecole devono essere stabilizzati da un sistema chelante in un
complesso di coordinazione.
Nell‟ultimo decennio è stata sviluppata un‟ampia gamma di tecniche per la marcatura di
biomolecole con radiometalli, ma la metodica più ampiamente studiata e impiegata consiste
nell‟approccio del chelante bifunzionale (Bifunctional Chelating Agent, BFCA). Il chelante
bifunzionale presenta da un lato un set coordinativo in grado di stabilizzare il metallo, dall‟altro un
gruppo funzionale per l‟ancoraggio covalente della biomolecola, che può essere diretto oppure
mediato da uno spaziatore (linker), a dare il derivato BFCA(-linker)-BM. La scelta accurata del
BFCA è uno degli aspetti fondamentali nella progettazione di radiofarmaci target-specifici.
BM
Un BFCA ideale dovrebbe garantire la formazione di un complesso con alta resa e a concentrazioni
molto basse del coniugato BFCA-BM. Tale complesso non dovrebbe sottostare a reazioni di
ossidoriduzione, dovrebbe essere termodinamicamente stabile e cineticamente inerte e presentare un
basso numero di isomeri, in quanto tutte questi parametri possono influenzare notevolmente le
caratteristiche biologiche e farmacocinetiche del coniugato BFCA-BM. Infine, l‟attacco del BFCA
alla biomolecola dovrebbe essere facilmente realizzabile.
La selezione del BFCA dipende dal tipo di radiometallo e dal suo stato di ossidazione. Il core
[M=O]3+ viene largamente impiegato per la marcatura di biomolecole con 99mTc- e 186/188Re e negli
ultimi 15 anni sono stati sintetizzati e valutati molti chelanti bifunzionali, la maggior parte dei quali
possiede un set coordinativo di tipo NxS(4-x). Questi chelanti, sebbene abbiano trovato applicazione,
soffrono di alcune limitazioni quali l‟elevata lipofilia, una scarsa flessibilità strutturale, più forme
isomeriche spesso difficili da separare e limitata stabilità in vivo. Inoltre la loro marcatura richiede
spesso condizioni drastiche. Lo sviluppo di BFCA più efficienti resta quindi uno degli interessi
principali nell‟ambito della medicina nucleare. Il nostro gruppo di ricerca ha proposto alla ricerca
internazionale il BFCA N-(N-(3-diphenylphosphino propionyl) glycyl)-S-tritylcysteine methyl ester
(PN2S) sinora utilizzato con il gruppo centrale Tc(V)O3+[1].
Negli ultimi anni molti gruppi hanno orientato le loro ricerche verso lo sviluppo di BFCA tridentati
al fine di ottenere una set coordinativo tripodale per il core fac-[M(CO)3]+ (M = Tc, Re),. Tuttavia
la tricoordinazione del core può essere ottenuta anche utilizzando due leganti distinti, uno bidentato
L2 e uno monodentato L1, in quello che viene definito approccio “[2+1] mixed ligand] [2,3].
Nel tentativo di sviluppare questo filone di ricerca precedenti studi nel nostro gruppo hanno
evidenziato come si possa impiegare un semplice N,N-dimetilditiocarbamato (mdtc) come legante
67
bidentato e una fosfina funzionalizzata come legante monodentato, per ottenere un sistema chelante
di tipo (SS)(P) per la stabilizzazione del core fac-[M(CO)3]+[4].
L‟impiego di Na-mdtc e di una fosfina con la strategia [2+1] ha il potenziale vantaggio di produrre
complessi tricoordinati neutri e monomerici. La derivatizzazione del gruppo fosfinico è stata la
prima procedura utilizzata perchè già stata usata con successo con leganti BFCA sul core
99m
Tc(V)O3+[1].
Una delle biomolecole più studiate per la marcatura con l‟approccio con BFCA è l‟octreotide. [5]
Però, la maggiore difficoltà che si incontra nel marcare tale molecola con Tc o Re è dovuta al fatto
che presenta un ponte disolfuro, molto importante per la sua biospecificità, facilmente rotto durante
la reazione di riduzione del MO4- (M = Tc o Re) indispensabile per ottenere la formazione del
complesso di marcatura.
Quindi, la marcatura con 99mTc dell‟octreotide e dei suoi derivati non ha ottenuto notevoli successi,
fino a quando, studi biologici su derivati dell‟octrotide privi del ponte a zolfo non hanno mostrato
alta specificità per i sottotipi recettoriali sstr2 e sstr5 della somatostatina.
Figura: PN2S-CIF
Gli analoghi indicati in figura sono stati da noi studiati per essere marcati con la metodologia
tricarbonilica [2+1] per poi essere studiati dal punto di vista biologico allo scopo di determinare il
mantenimento in vivo della loro alta specificità.
I risultati sono stati soddisfacenti, con produzione in „one step‟ di un composto marcato (PN2S-CIF)
con resa superiore al 90% e con alta attività specifica. Il prodotto è pronto per gli studi di specificità
su cellule o in vivo.
Parte2. Studi di marcatura, biodistribuzione ed efficacia radioterapeutica di
Ialuronico)
Laura Melendez Alafort, Elena Zangoni, Ulderico Mazzi
188
Re-HA (Acido
Nel 2008 sono proseguiti gli studi sull‟acido ialuronico, utilizzando i risultati precedentemente
ottenuti ed ottimizzando sia le procedure di marcatura che le caratteristiche dell‟acido ialuronico
soprattutto in funzione della diversa dimensione del polimero.
L'acido ialuronico (HA) è uno dei componenti fondamentali dei tessuti connetivi dell'uomo e degli
altri mammiferi. Chimicamente è definibile come un glicosaminoglicano dalla catena
polisaccaridica non ramificata prodotta dall'aggregazione di migliaia di unità disaccaridiche
formate a loro volta da residui di acido glucuronico (un derivato del glucosio) e Nacetiglucosamina. Entra nella costituzione della sostanza fondamentale del tessuto connettivo della
pelle, il quale contiene il 63% di acqua, il 32% di collagene e l'1% di acido ialuronico. E' contenuto
in concentrazioni elevate nell' umor vitreo, nel cordone ombelicale, nei liquidi delle articolazioni. Si
presenta come una sostanza amorfa, solubile in acqua. Regola il contenuto idrico della sostanza
intracellulare e la permeabilità del tessuto connettivo. Funge da sostanza cementante dei tessuti ai
68
quali conferisce la tipica plasticità. E' contenuto nel collagene, nel quale ha la funzione di catturare
e trattenere l' acqua. Per costruire il collagene le cellule impiegano molta vitamina C. Ha proprietà
antinfiammatorie. Oltre che idratare la pelle possiede anche la proprietà di cicatrizzare le ferite. Nel
derma ha un' azione plastica e permette una migliore diffusione delle sostanze.
Inoltre l'acido ialuronico lega con dei recettori cellulari denominati CD44, ben conosciuti dagli
studiosi del sistema immunitario per la loro presenza nella pelle, tra l'altro sulla superficie delle
cellule cheratiniche, inclusi i follicoli piliferi. I CD44 sono anche sovraespressi in diversi tipi di
tumore e ciò ha sviluppato l‟impiego dell‟HA quale veicolo di chemioterapici per tali tipi di tumore.
Nel 2007 il metodo di marcatura con Tc-99m dell‟HA già descritto nelle precedenti relazioni è stato
trasferito al Re-188, con lo scopo di utilizzare le proprietà veicolanti dell‟HA per trasportare il
radionuclide Re-188 sul tumore affinché esplichi la sua azione radioterapica.
Studi di biodistribuzione in topi sani dell‟analogo 99mTc-HA hanno mostrato che 25 minuti dopo la
somministrazione intravenosa, più dell‟80% del radiofarmaco si trova nel fegato e nella milza in
seguito al binding selettivo dell‟HA su recettori specifici .
Basandoci su tali indicazioni, cellule di carcinoma epatocellulare sono state indotte nel fegato del
topo e trattati con HA marcato direttamente con 188Re.
L‟acido ialuronico ( 70 kDalton) è stato marcato semplicemente aggiungendo 100 l of 188Reperrenato con attività pari a 20 Mbq ad una fiala contenente HA ed una soluzione di SnCl2
aggiustando il pH al valore di 4.
La biodistribuzione di 188Re-HA è stata studiata in femmine sane di topi neri C57BL/6 trattati con
50 L (3 MBq) di marcato purificato con iniezione nella vena caudale. Trenta minuti dopo
l‟iniezione le dosi accumulate nel fegato e nella milza hanno raggiunto il valore massimo e
rimangono poi costanti per più di 72 h senza clearance renale.
Gli studi di biodistribuzione hanno dimostrato che il complesso188Re-HA è stabile e, somministrato
per semplice iniezione intravenosa, è rapidamente concentrato nel fegato e nella milza, senza
eliminazione, riducendo così il rischio di danno agli atri organi. Il trattamento delle metastasi al
fegato nei topi ha rivelato che il coniugato mostra un forte effetto terapeutico anche in presenza di
bassa attività. E‟ inoltre importante notare che le attività qui usate sono simili a quelle già in uso nei
trial clinici. Infine l‟efficacia terapeutica del trattamento è anche confermata in un modello di topo
xenogenico con metastasi al fegato di coloncarcinoma umano usando cellule tumorali HT-29
impiantate in topi SCID, e non associate con rilevante tossicità al fegato ed al midollo spinale.
Per poter impiegare l‟188Re-HA in altre patologie tumorali è stato improntato uno studio sulla
marcatura e sugli studi di biodistribuzione di HA con MM che vanno da 5000 a 500000 Da. Gli
studi di marcatura hanno evidenziato che, pur riuscendo ad ottenere per tutti i sistemi studiati una
buona resa di marcatura, si è osservato che la stabilità dei prodotti marcati scendeva al diminuire
della MM. A tal punto, si sono sospesi gli studi di biodistribuzione e si è deciso di adottare un
metodo di marcatura indiretto utilizzando il BFCA di tipo PN2S, già richiamato in questa relazione,
che mantenga il più possibile inalterata la struttura dell‟HA e che consenta una stabilità del marcato
indipendente dalla MM del polimero.
2. Tematica 5: “Nuovi Farmaci inorganici in oncologia”
Dolores Fregona, Luca Ronconi, Anna Bin
L‟attività svolta in questo anno dal nostro gruppo si è sviluppata in quattro filoni principali:
1) Agenti antitumorali a base metallica con leganti ditiocarbammici di- e tripeptidici per l‟indirizzo
selettivo verso la cellula tumorale.
2) “Design, sintesi e caratterizzazione chimica e biologica in vitro ed in vivo di complessi di
Ru(II,III), con leganti cumarinici al fine di ottenere dei composti che abbiano un migliore indice
chemioterapico in termini di elevata capacità antineoplastica e ridotta tossicità rispetto ai farmaci
attualmente in uso clinico. .
3) Bioconiugazione di complessi ditiocarbammici a molecole puriniche per la diagnostica ed il
trattamento del cancro colon-retto.
4) sviluppo di nuovi biosensori per applicazioni cliniche ed in particolare per la rilevazione precoce
di marker tumorali.
69
Premessa
I farmaci a base di platino ampiamente impiegati nella terapia di vari tipi di tumori, presentano
numerosi inconvenienti che ne precludono l'utilizzo per lunghi periodi di tempo: sono infatti
altamente neuro- e nefrotossici e inducono pesanti effetti collaterali ed in molti casi, dopo un
iniziale successo terapeutico, causano l'insorgenza di resistenza crociata da parte delle cellule
cancerose. Nella pratica clinica, per ridurre la tossicità di tali farmaci, vengono somministrate
sostanze contenenti zolfo o vengono usate terapie combinate con farmaci a base di platino e
glutatione o in generale composti contenenti gruppi sulfidrilici come i ditiocarbammati; essi infatti
sono in grado di rimuovere selettivamente il platino dai complessi con gli enzimi attraverso un
attacco nucleofilico degli atomi di zolfo chelanti, ristabilendo la struttura di partenza dell‟enzima
stesso e proteggendo così i tessuti sani senza inibire l‟effetto antitumorale del farmaco.
Partendo da tali considerazioni abbiamo sintetizzato in passato complessi di Pt(II), Pd(II),
Au(III), Cu(II), Zn(II), Ru(III) con leganti ditiocarbammici con l‟obiettivo di ottenere composti con
un aumentato indice chemioterapico rispetto al cisplatino, in termini di alta citotossicità e bassi
effetti collaterali. Alcuni di tali complessi hanno presentato una significativa citotossicità sia in vitro
su numerose linee cellulari anche cisplatino-resistenti, sia in vivo su diversi tipi di tumori
sperimentali del topo. Sono stati inoltre eseguiti numerosi test biologici per testare la nefrotossicità
di tali composti. Il complesso di tali verifiche sperimentali ci ha permesso di identificare alcuni
complessi di Pt(II), Au(III), Ru(III) e Cu(III), caratterizzati da una ottima attività antitumorale,
talvolta anche molto superiore al chemioterapico di riferimento, ed una minima se non addirittura
inesistente nefrotossicità.
1)COMPLESSI DITIOCARBAMMICI DI AU(III) CON DI- E TRIPEPTIDI
Negli ultimi anni, nel nostro gruppo di ricerca sono stati sintetizzati alcuni nuovi complessi
ditiocarbammici di Au(III), aventi una formula generale del tipo [AuX2(dtc)] (X = Cl, Br; dtc =
legante ditiocarbammico), ideati in modo da riprodurre il più fedelmente possibile le caratteristiche
strutturali principali del cisplatino. Tali composti hanno mostrato una attività in vitro, da una a
quattro volte maggiore del cisplatino, nei confronti di cellule tumorali umane sia sensibili che
resistenti al cisplatino, escludendo l‟insorgenza di resistenza crociata con il chemioterapico di
riferimento. Inoltre, gli studi biologici intesi al chiarimento dei processi biochimici che stanno alla
base dell'elevata attività dei nostri composti di oro, sono stati estesi alla valutazione del danno
mitocondriale e all'inibizione dell'enzima tioredossina redattasi. Date le loro proprietà di elevata
stabilità in soluzione, riproducibilità di sintesi e di promettente attività antineoplastica, tali composti
sono stati sottoposti anche a studi di attività antitumorale, tossicità sistemica e nefrotossicità in
vivo, portando a dei risultati estremamente positivi (dati non ancora pubblicati). Si è cercato anche
di comprendere il meccanismo di induzione di morte cellulare di tali complessi studiando la loro
influenza sul funzionamento della caspasi-3 e sulla formazione di ROS (specie radicaliche attive),
coinvolti in diverse fasi del meccanismo di morte cellulare e nelle alterazioni di alcune proteine
mitocondriali. Infine ne è stata valutata l‟attività inibitoria del Proteasoma correlata con l‟attività
antineoplastica in vivo su un tumore xenografico mammario. Il proteasoma è un grosso complesso
macromolecolare adibito alla degradazione di molte proteine mal costruite o non più utili al
metabolismo cellulare, la cui azione è strettamente legata ai meccanismi di apoptosi della cellula. In
particolare la sua inibizione porta alla morte delle cellule tumorali, risparmiando quelle sane, in
molti tipi di colture cellulari, ed ha anche un effetto sulle cellule tumorali umane resistenti a diversi
farmaci.
L‟attività apoptotica relativa ai complessi [Au(ESDT)Br2] ed [Au(DMDT)Br2] è stata testata in
base all‟attivazione delle caspasi-3, una classe di cistein-proteasi che, con meccanismo a cascata,
vengono attivate in numerosi modelli di apoptosi. Tale misura è stata rilevata attraverso la
percentuale di clivaggio del PARP (poli-ADP-ribosio-polimerasi) che viene operato dalle caspasi-3
attivate. Tale valutazione ha evidenziato che, contrariamente a quanto avviene per il cisplatino
(usato come riferimento), il trattamento con i complessi di oro non registrata una corrispondenza
diretta tra la morte cellulare e la percentuale di clivaggio. L‟attivazione della caspasi-3 pertanto, non
sembra essere l‟unico meccanismo che porta alla morte cellulare, ma tali composti di oro devono
70
esercitare la loro capacità citotossica attraverso un qualche meccanismo alternativo. Gli studi per
chiarire tale meccanismo sono stati indirizzati verso la valutazione della formazione di ROS,
l‟interazione con proteine mitocondriali e citosoliche e l‟effetto sul potenziale di membrana
mitocondriale ed hanno messo in evidenza una notevole inibizione della tioredossina reduttasi
accompagnata da uno swelling della membrana mitocondriale. Tali studi sono stati eseguiti in
collaborazione con il Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova, con l‟Istituto
Oncologico Veneto e con l‟Istituto di Neuroscienze, Sezione di Biomembrane del CNR di Padova.
La valutazione delle proprietà citotossiche in vitro e gli studi riguardanti l‟inibizione del
proteasoma, sono tuttora in corso rispettivamente presso il National Cancer Institute di Bethesda
(screening su 60 linee cellulari di tumori umani) e presso il Dipartimento di Patologia del Barbara
Ann Karmanos Cancer Institute, Wayne State University di Detroit con il quale è attiva da anni una
collaborazione scientifica. Gli studi di inibizione del proteasoma esercitata dai complessi in esame,
eseguiti su estratti cellulari di tumore mammario, hanno evidenziato inoltre, come tali derivati di
oro siano in grado di inibirne l‟attività già a concentrazioni nell‟ordine di 10 M.. Inoltre per uno di
tali complessi è stato identificato il proteasoma come target primario sia in vitro che in vivo ed è
stata riscontrata una capacità di inibizione della crescita tumorale di circa il 50%., su tumori
xerografici, (tumori umani trapiantati su topi immunodepressi) dopo trattamento per 29 giorni con il
composto in esame. Infine, gli studi condotti su leucemie mieloidi acute, in collaborazione con il
Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, hanno messo in evidenza come i nostri composti
inducano solo modeste perturbazioni del ciclo cellulare a sostegno dell‟ipotesi che il meccanismo
d‟azione sia diverso da quello presentato dai classici complessi di Pt(II).
In seguito ai risultati così promettenti ottenuto con i complessi ditiocarbammici di Au(III)
abbiamo esteso il progetto di ricerca allo studio di derivati di Au(III) con piccoli peptidi
funzionalizzati per migliorare l‟uptake cellulare mantenendo immutate le caratteristiche
chemioterapiche dei nostri complessi a base di zolfo.
Tale progetto, iniziato quest‟anno, si propone di utilizzare derivati ditiocarbammici di- e
tripeptidici di Au(III) come sistemi cooperativi con proteine di trasporto per l‟indirizzo selettivo
verso la cellula tumorale, al fine di ottenere potenziali agenti antitumorali dotati di una elevata
biodisponibilità mediata dai leganti peptidici stessi. Il fondamento logico sul quale si basa tale
progetto è quello di disegnare complessi metallici in grado di conservare le proprietà antitumorali
già mostrate da analoghi derivati precedentemente testati e, contemporaneamente, che siano dotati
di una maggiore biodisponibilità mediata dai trasportatori di- e tripeptidici. L‟interesse di questa
nuova classe di chemioterapici si basa sulla possibilità di trasportare il farmaco direttamente
all‟interno della cellula tumorale incrementando l‟uptake cellulare e minimizzando l‟insorgenza
degli effetti collaterali che in genere accompagnano le terapie antitumorali
Risultati:
- 1)Sono state portate a compimento le sintesi e caratterizzazioni mediante analisi elementare,
spettroscopie FT-IR, UV-Vis NMR mono- e multidimensionale, analisi termica (TGA, DSC) e studi
elettrochimici (CV, conducibilità) dei leganti dipeptidici e dei corrispondenti complessi di Au(III).
- Essendo i complessi insolubili in acqua, sono state eseguite anche delle cinetiche in DMSO
(attraverso spettroscopia 1H-NMR) al fine di accertare la stabilità dei complessi sintetizzati in tale
solvente e di garantire che essi possono giungere intatti a contatto con le cellule tumorali
- E‟ stata valutata la vitalità delle cellule metastatiche PC3 del carcinoma della prostata umana
esposte a concentrazioni crescenti dei complessi in esame e sono stati calcolati i valori di IC 50. I
risultati mostrano che l‟esposizione a concentrazioni crescenti di questi complessi provoca
l‟inibizione della crescita in funzione della concentrazione iniettata con valori di IC 50 inferiori a
quelli del cisplatino. E‟ stato inoltre valutato l‟effetto citotossico in vitro nei confronti delle cellule
MDA-MB-231 di carcinoma mammario evidenziando che questi composti inibiscono efficacemente
la crescita delle cellule tumorali, sono in grado di inibire l‟attività chimotriptica del proteasoma. e
sono più attivi di derivati ditiocarbammici di Au(III) precedentemente testati.
71
2) DESIGN, SINTESI E CARATTERIZZAZIONE CHIMICA E BIOLOGICA IN VITRO ED
IN VIVO DI COMPLESSI DI RU(II,III), CON CHELANTI CUMARINICI.
Nella ricerca di potenziali antitumorali con attività superiore a quella del cisplatino e minore
tossicità, grande attenzione hanno avuto i complessi di rutenio. Due sono i composti di rutenio più
promettenti, entrambi in fase di sperimentazione clinica: il (HInd)trans-[RuIIICl4(Ind)2] (KP1019) e
il (ImH) trans-[RuIIICl4(Im)(DMSO)] (NAMI). Questi composti sono simili strutturalmente, ma
hanno uno spettro d‟azione differente: il primo ha una buona attività citotossica verso i tumori
primari, mentre il secondo è un potente agente antimetastatico. Entrambi i composti agiscono come
pro-farmaci e subiscono, solo nelle cellule tumorali, un‟attivazione per riduzione: la specie ridotta
può legarsi al DNA, ma sembra che questo non sia il principale meccanismo d‟azione. Di grande
interesse sono anche i composti del tipo ruthenium arene compounds che creano una lesione
bifunzionale (di coordinazione e idrofobica) sul DNA che è alla base della loro elevata attività.
Le furocumarine sono molecole tricicliche planari, di origine naturale, usate nel trattamento di
disturbi dermatologici (terapia PUVA). Grazie alla loro struttura lipofila sono in grado di
attraversare le membrane biologiche e raggiungere il nucleo dove si intercalano tra le basi del DNA.
Dopo irradiazione con luce UVA, la molecola si attiva e può essere coinvolta in una reazione di
fotoaddizione con le basi del DNA. La sintesi di complessi di rutenio con furocumarine potrebbe
essere molto interessante dal punto di vista farmaceutico. La furocumarina potrebbe facilitare il
direzionamento del composto verso il nucleo della cellula e quindi verso uno dei maggiori target
biologici dei complessi metallici, il DNA. Inoltre, se necessario, si potrebbe irradiare il tessuto
tumorale e attivare la furocumarina in modo da aggiungere una seconda lesione al DNA e
aumentare, quindi, la citotossicità dell‟agente chemioterapico.
Sulla base di queste considerazioni, sono stati sintetizzati alcuni complessi di rutenio con leganti di
tipo cumarinico (le cumarine sono una classe di molecole naturali bicicliche) con lo scopo di
mettere a punto i processi di sintesi e di estendere quindi lo studio ai derivati con furocumarine.
-
Risultati:
Per la sintesi di questi composti si è partiti dalla sintesi di 3 precursori di rutenio diversi:
Na[RuIIICl4(DMSO)2], mer-[RuIIICl3(DMSO)3] e cis-[RuIICl2(DMSO)4]. Tali precursori sono stati
quindi usati nelle reazioni con le cumarine. Usando come legante l‟acido 3-cumarinico,
opportunamente deprotonato, si sono ottenuti vari complessi di rutenio(III, II), in vari rapporti
stechiometrici metallo/legante. Usando la 3-ciano-7-idrossi-4-metil-cumarina si è ottenuto un solo
complesso di rutenio(II): [RuCl2(CNCum)2(DMSO)2] 2H2O. Tutti i composti sono stati
caratterizzati mediante spettroscopia FT-IR, NMR, analisi elementari e termogravimetria e di alcuni
è stata studiata la cinetica in soluzione. Alcuni di questi composti sono attualmente sottoposti a
screening su cellule per valutarne l‟eventuale citotossicità.
3) BIOCONIUGAZIONE DI COMPLESSI DITIOCARBAMMICI A MOLECOLE
PURINICHE PER LA DIAGNOSTICA ED IL TRATTAMENTO DEL CANCRO COLONRETTO
In seguito a danno tessutale le cellule rilasciano ATP nello spazio extracellulare che agisce da fonte
di adenosina. L‟aumento della concentrazione di adenosina produce condizioni ambientali
favorevoli alla crescita tumorale quali protezione contro ischemia/ipossia, stimolazione di crescita
ed angiogenesi, e soppressione della risposta immunitaria. L‟ATP rilasciato nei fluidi interstiziali è
degradato per intervento dell‟ecto-enzima CD39 ad AMP che a sua volta viene metabolizzato ad
adenosina da CD73 (ecto-5'-nucleotidasi) presente in diversi tipi di cellule e soprattutto
sovraespressa nelle cellule tumorali. L‟accumulo di adenosina nel tumore riduce l‟espressione di
ecto-ADA (adenosina deaminasi), enzima extracellulare che degrada l‟adenosina ad inosina,
potenziando angiogenesi e proliferazione tumorale. Pertanto, considerando i molteplici effetti sui
tumori e sul sistema immunitario, gli enzimi coinvolti nel metabolismo dell‟adenosina
rappresentano un potenziale target biologico. In questo contesto i complessi ditiocarbammici di
metalli possono rappresentare un‟interessante strategia per la cura dei tumori se coniugati a inibitori
72
enzimatici di CD73 o per la valutazione della presenza di uno stato infiammatorio (o lesione
precancerosa), se coniugati ad ecto-ADA.
Il progetto di ricerca è volto alla preparazione di chelanti bifunzionali
ditiocarbammici/carbossilici aventi la funzione di linker tra metalli, quali Pt(II), Cu(II), Zn(II)
(potenziali agenti chemioterapici per il trattamento di patologie tumorali), 99mTc(I) (radiotracciante
per la diagnostica), e l‟ , -metileneadenosina-5'-difosfato (AOPCP, inibitore dell‟enzima CD73) o
l‟eritro-9-(2-idrossi-3-nonil)-adenina (EHNA, inibitore dell‟enzima ecto-ADA). I complessi
sintetizzati sono stati caratterizzati e sono in fase di valutazione sia come agenti antitumorali su
cellule tumorali umane del colon-retto che come inibitori dell‟attività enzimatica di CD73 ed ectoADA. Saranno inoltre studiate le proprietà radiodiagnostiche dei corrispondenti derivati di tecnezio99m in collaborazione con il Prof. Mazzi del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università di
Padova che ha messo a punto un‟interessante strategia sintetica per coniugare i complessi
ditiocarbammici a biomolecole o analoghi con attività farmacologica attraverso la formazione di
legami ammidici tra la coda carbossilica dei leganti ditiocarbammici e le biomolecole stesse.
Risultati:
- Sintesi e purificazione dei composti coniugati fra amminoacidi e metileneadenosina-5'-difosfato
(AOPCP);
- Sintesi, purificazione con HPLC e caratterizzazione tramite spettrometria di massa ed NMR di
chelanti ditiocarbammici derivati dai bioconiugati con AOPCP;
- sintesi, caratterizzazione e valutazione della stabilità chimica dei corrispondenti complessi di Pt(II),
Cu(II) e Zn(II);
- valutazione in vitro dell‟effetto inibitorio dell‟attività enzimatica di CD73 ed ecto-ADA, e
dell‟attività antitumorale in linee cellulari provenienti da colture di cellule tumorali di colon umano
dei complessi sintetizzati.
4) SVILUPPO DI NUOVI BIOSENSORI PER APPLICAZIONI CLINICHE ED IN
PARTICOLARE PER LA RILEVAZIONE PRECOCE DI MARKER TUMORALI.
Lo scopo di questo progetto di ricerca è lo sviluppo di nuovi biosensori per applicazioni
cliniche ed in particolare per la rilevazione precoce di marker tumorali presenti nel sangue o nelle
urine dei pazienti affetti da cancro al colon-retto. Tale forma di neoplasia è infatti molto comune e
rappresenta la quarta causa di morte nel mondo; la diagnosi del tumore agli stadi iniziali è di
fondamentale importanza e permette di ottenere risultati terapeutici migliori e di diminuirne i costi.
Il nostro gruppo di ricerca sta cercando di mettere a punto un nuovo sistema diagnostico
sfruttando test immunologici basati sulla chemiluminescenza (CHIA=Chemiluminescence
ImmunoAssays). I protagonisti di questi test sono due partners proteici: l‟antigene specifico (Ag) da
un lato, legato al tumore in esame, e il relativo anticorpo monoclonale (mAb) dall‟altro. Ciò che ci
aspettiamo è di ottenere una variazione nel segnale di luminescenza ( o I) emesso dal campione
(mAb+Ag) in seguito alla reazione di riconoscimento supramolecolare tra mAb e Ag.
Dal momento che siamo interessati alla diagnosi precoce del cancro colon-rettale abbiamo
scelto di lavorare con l‟anticorpo monoclonale CA19-9, estratto dalle cellule della milza di topi
immunodepressi portatori dell‟adenocarcinoma del colon SW1116.
Gli anticorpi sono immunoglobuline che consistono di due identiche catene polipeptidiche
pesanti di circa 100kDa e due identiche catene leggere di circa 50 kDa, legate insieme da ponti
disolfuro. Solo una regione della macromolecola è coinvolta nel legame con l‟antigene mentre una
diversa regione funge da mediatore per le cosiddette funzioni effettrici; la prima regione è chiamata
“regione variabile”, mentre l‟altra è la “regione costante”.
Nel presente progetto prevediamo di inserire uno o più complessi di lantanidi
specificatamente nella regione variabile dell‟anticorpo. I lantanidi e i loro composti offrono molti
vantaggi rispetto alle molecole organiche comunemente usate come sonde fluorescenti (es.
fluoresceina). Per esempio, essi presentano un sensibile spostamento di Stoke e una luminescenza
persistente nell‟ordine dei ms e s. Noi ci aspettiamo che ci sia una alterazione delle proprietà di
luminescenza dopo la formazione del complesso tra Ag e mAb dovuta a un cambiamento
73
nell‟interazione tra lo ione delle terre rare coinvolto e gli amminoacidi circostanti della
macromolecola.
Da un punto di vista chimico-fisico questa interazione è definita come Förster (o
Fluorescenza) resonance energy transfer (FRET). Il FRET, che nel nostro caso chiameremo LRET
(Luminescence resonance energy transfer), è un trasferimento di energia da un donatore (D) eccitato
ad un accettore (A). La molecola del donatore eccitato può rilasciare l‟energia di eccitazione
attraverso varie vie per ritornare nel suo stato fondamentale: l‟energia può essere dissipata
nell‟ambiente sotto forma di calore o luce o trasferita direttamente alla seconda molecola di
accettore, promuovendo quest‟ultimo ad uno stato eccitato. Tale processo è un‟interazione
dipendente dalla distanza tra gli stati elettronici eccitati delle due molecole senza emissione
fotonica. È di fatto il risultato di un‟interazione dipolo-dipolo a lungo raggio fra il donatore e
l‟accettore. La molecola donatrice emette normalmente a piccole lunghezze d‟onda (es. nell‟ UV)
che si sovrappongono a quelle caratteristiche dello spettro di assorbimento dell‟accettore.
Un‟altra idea che portiamo avanti nelle nostre ricerche è legata alla sintesi di nuovi complessi
di lantanidi intrinsecamente luminescenti a causa di un trasferimento di energia intramolecolare dal
legante allo ione lantanidico centrale (Ln3+) per utilizzarli nei saggi LIA (Luminescence
immunoassays) come bioconiugati agli Ab secondari. Anche in questo caso i vantaggi dell‟impiego
dei lantanidi sopra menzionati possono risultare di fondamentale importanza in quanto vi è la
possibilità di aumentare la sensibilità del test (aumento del segnale/rumore) grazie al loro
caratteristico tempo di decadimento dallo stato eccitato piuttosto lungo (>100ns).
Attualmente i tipi di immunotest più utilizzati in diagnostica oncologica sono i test ELISA
(Enzyme-linked immunosorbent assay) il cui limite di rilevabilità (d.l.) è < 1U/mL e i cui risultati
vengono ottenuti in circa quattro ore. In conclusione, l‟obiettivo della nostra ricerca, sia attraverso il
primo approccio (CHIA) che il secondo (LIA), è quello di mettere a punto dei processi di
rilevazione di marker tumorali caratterizzati da un d.l. inferiore ad 1U/mL oppure comunque basso
ma ottenibile tramite una metodica più facile, meno costosa e più rapida.
Risultati:
La nostra ricerca è iniziata con la sintesi di complessi di lantanidi con diversi leganti.
Ci siamo innanzitutto rivolti verso il samario (Sm 3+) e il praseodimio (Pr3+) in quanto poco studiati
e pressoché non utilizzati nei saggi LIA ove notoriamente vi trova impiego l‟europio (Eu 3+). Il
praseodimio, inoltre, è interessante per le sue proprietà di emissione nella regione del vicino IR,
regione adatta alla trasmissione attraverso fibre ottiche che permettono il trasferimento a distanza di
dati ad alta velocità.
Di seguito sono riportati i diversi tipi di leganti usati nelle sintesi:
1.
Derivati ditiocarbammici
S
N
2.
S
Derivati dall‟estere etilico della sarcosina
S
O
H2
C
N
S
H3CH2CO
74
3.
Derivati dalla 3-ciano-7-idrossi-4-metil cumarina
5
4
3
10
6
CN
9
7
HO
2
O
8
O
1
7-hydroxy-4-methyl-2-oxo-2H-chromene-3-carbonitrile
4.
Derivati dell‟acido 3- cumarinico
4
5
10
COOH
3
6
2
7
9
8
O
O
1
2-oxo-2H-chromene-3-carboxylic acid
I composti 1-4 sono stati sintetizzati, purificati e caratterizzati con tecniche di spettroscopia 1HNMR, FT-IR, analisi elementare ed analisi termo gravimetrica.
Inoltre sono stati registrati gli spettri UV-Vis in etanolo ed acqua del legante 4 e dei suoi
complessi di Sm e Pr. La solubilità in acqua per quest‟ultimi è risultata sfortunatamente molto
bassa, tuttavia questo non dovrebbe creare problemi dal momento che le concentrazioni usate nella
bioconiugazione sono dell‟ordine del M ed il complesso in fase solida passa in soluzione con il
procedere della reazione
La sintesi templata dei derivati del legante 2 è invece risultata piuttosto complessa per la
formazione di composti cineticamente labili che hanno impedito l‟isolamento dei complessi
metallici.
Al contrario i derivati di Sm e Pr con il legante 3 sono stati isolati e sono al momento sottoposti
a caratterizzazione.
Abbiamo inoltre studiato a fondo la struttura e la sequenza dell‟anticorpo CA19-9 a livello
biochimico. Sono state condotte numerose ricerche bibliografiche per risalire alla precisa sequenza
dell‟anticorpo in esame ed è stata progettata una strategia di bioconiugazione. Attraverso il metodo
di sintesi in fase solida (metodica di Sheppard) è stata sintetizzata una sequenza tetrapeptidica
(SLSS, H2N-Ser-Leu-Ser-Ser-OH) con lo scopo di mimare il sito di binding dell‟anticorpo. Il
peptide sintetizzato sarà di aiuto nella razionalizzazione delle condizioni di reazione più favorevoli
alla bioconiugazione del complesso lantanidico alla biomolecola.
Abbiamo progettato un metodo semplice per condurre la reazione sotto controllo cinetico,
monitorando contestualmente l‟evoluzione della bioconiugazione attraverso l‟uso di un cromoforo
in grado di attivare la reazione nucleofilica di binding.
Parte 2. Sintesi e caratterizzazione chimica e biologica di complessi di metalli di transizione agenti
antitumorali
Cristina Marzano, Valentina Gandin
I complessi di oro(I) sono attualmente impiegati nel trattamento di alcune forme di artrite
reumatoide e di asma bronchiale, ma da tempo notevole interesse è rivolto allo studio delle loro
proprietà antitumorali.
Studi condotti in precedenza dimostrano che i complessi più promettenti, in termini di potenziale
attività antiproliferativa, risultano i fosfinotiolati di oro(I), aventi struttura generale
[Au(SR‟)(PR3)]. In quest‟ottica, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Dr. A. Bindoli del
75
Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova, abbiamo indagato il meccanismo
dell‟azione antiproliferativa promossa da Auranofin nei confronti di una coppia di linee cellulari di
adenocarcinoma ovarico umano sensibile (cellule 2008) e resistente al cis-platino (cellule C13*).
Auranofin, già a concentrazioni nanomolari, si è dimostrato, in entrambe le linee testate,
particolarmente efficace nel ridurre la proliferazione cellulare e, quindi, in grado di superare la
resistenza mediata dal cis-platino.
Studi di determinazione del rilascio dal compartimento mitocondriale al citosol del citocromo c,
noto fattore proapoptotico cellulare, e di valutazione del grado di frammentazione del DNA
nucleare suggeriscono, inoltre, che esso sia in grado di indurre morte cellulare per apoptosi.
L‟attivazione della via apoptotica di morte cellulare è stata valutata anche mediante analisi di
citofluorimetria a flusso. I risultati evidenziano come il trattamento con Auranofin induca un netto
incremento della fase sub-G1 del ciclo cellulare in maniera tempo e dose dipendente e come tale
caratteristico picco ipodiploide, indice della presenza di cellule apoptotiche nella popolazione in
analisi, risulti maggiormente consistente nella linea cellulare resistente.
Il trattamento con Auranofin, inoltre, induce un netto incremento nella produzione basale di H2O2,
pur non intaccando, alle concentrazioni di utilizzo, la funzionalità di alcun complesso implicato
nella respirazione cellulare. Questo risultato, quindi, sottolinea come la sua attività citotossica sia da
correlarsi, piuttosto che ad un blocco della catena respiratoria, ad una alterazione dell‟omeostasi
ossidoreduttiva cellulare. Ulteriori studi ci hanno permesso di concludere che sia la massiccia
induzione di apoptosi che l‟enorme incremento dello stress ossidativo cellulare riscontrati in
precedenza, non siano dovuti ad una interazione diretta con il DNA, diversamente da quanto
avviene per i complessi a base di platino, ma possano essere attribuibili al blocco selettivo di uno
dei principali sistemi tiolici di rimozione degli idroperossidi cellulari, ovvero la tioredossina
reduttasi (TrxR). Questo enzima facente capo al sistema tiolico enzimatico della tioredossina (Trx)
partecipa all‟equilibrio ossidoreduttivo cellulare e svolge un ruolo chiave nel metabolismo cellulare.
La TrxR è un enzima flavoproteico appartiene alla famiglia delle piridin nucleotide disolfuro
ossidoreduttasi che, a livello del carbossile terminale della proteina, presenta un‟estensione il cui
penultimo aminoacido è una selenocisteina (SeCys). Proprio tale residuo sembra essere il sito di
reazione preferenziale dell‟Au(I,III). Questo enzima esistente in diverse isoforme, tra cui quella
mitocondriale
e
quella
citosolica,
attraverso
il
sistema
tioredossina
reduttasi/tioredossina/tioredossina perossidasi svolge un ruolo di fondamentale importanza in eventi
come il cell-signaling, l‟apoptosi e la proliferazione cellulare, nella regolazione redox cellulare
mediata dai tioli e partecipa alla detossificazione cellulare dagli idroperossidi, proteggendo la
cellula dallo stress ossidativo. Tale sistema enzimatico è stato dimostrato essere sovraespresso in
numerosi tipi di cellule tumorali e recentemente abbiamo verificato come l‟attività della TrxR risulti
marcatamente aumentata in cellule C13* di adenocarcinoma ovario cis-platino resistenti. Allo
stesso modo, risultati preliminari riguardanti l‟espressione proteica cellulare, ottenuti mediante
analisi proteomica bidimensionale in fase fluida e successiva analisi ESI-MS/MS e bioinformatica
condotti in collaborazione con la Dott. ssa A. Roveri del Dipartimento di Chimica Biologica
dell‟Università di Padova e la M.P. Dott. ssa Vitale del Centro regionale indicatori biochimici di
tumore di Venezia, confermano che numerose proteine facenti capo al sistema enzimatico della
TrxR risultano marcatamente sovraespresse nelle cellule resistenti al cis-platino. Più di recente
abbiamo valutato l‟attività citotossica indotta da Auranofin in seguito ad un pretrattamento delle
cellule con dosi sub-letali di sodio selenito, poiché è risaputo che in elevate concentrazioni il selenio
promuove a livello cellulare un‟induzione di stress ossidativo con conseguente frammentazione del
DNA ed attivazione della via apoptotica di morte cellulare, mentre a basse dosi è un elemento
essenziale capace di indurre l‟espressione delle selenoproteine. I risultati ottenuti evidenziano come
la riduzione della vitalità cellulare promossa nel fenotipo sensibile al cis-platino risulti pressoché
eguale sia per il solo trattamento con Auranofin che per la combinazione tra sodio selenito ed
Auranofin. Al contrario, nella variante resistente al cis-platino il potere citotossico del fosfinotiolato
di oro(I) è notevolmente aumentato dal co-trattamento con sodio selenito. Tale effetto sinergico
viene inoltre confermato da studi di citofluorimentria a flusso, dove si osserva un effetto più che
additivo nell‟aumento della popolazione cellulare in fase Sub-G1 in seguito a co-trattamento con
sodio selenito ed Auranofin. Studi biochimici per la valutazione dell‟attività della TrxR nelle due
76
linee cellulari evidenziano come il trattamento con sodio selenito induca un notevole e selettivo
incremento dell‟attività della TrxR (sia citosolica che mitocondriale) e come tale attività venga
drasticamente ridotta in seguito a trattamento con Auranofin ma, comunque, non vi sia alcun effetto
combinato tra il metalloide calcogeno ed il complesso fosfinico di oro(I) nel ridurre l‟attività di
entrambe le isoforme enzimatiche. L‟espressione della TrxR, al contrario, sembra incrementata in
maniera più che additiva dal co-trattamento con sodio selenito e Auranofin, a conferma dell‟effetto
sinergico svolto dai due composti nell‟indurre un notevole stress cellulare. Studi di valutazione
dello stato redox cellulare dimostrano come tale stress non sia riconducibile ad incremento della
quantità intracellulare di perossido d‟idrogeno ma piuttosto ad un effetto più che additivo in termini
di ossidazione della Trx, substrato d‟elezione della TrxR. Inoltre, mentre l‟ossidazione della Trx
mediata da Auranofin è da correlarsi all‟inibizione della TrxR, l‟effetto indotto dal selenito sembra
essere imputabile ad una diretta ossidazione del sistema ditiolico della Trx. In tal modo, la Trx
ossidata direttamente dal selenito non potrebbe più essere ridotta dalla TrxR, poiché Auranofin
inibisce irreversibilmente tale enzima.
In base a queste considerazioni appare chiaro come il trattamento combinato di sodio selenito ed
Auranofin possa aprire nuove ed interessanti prospettive sul fronte della chemioterapia
antitumorale. Inoltre, poiché questi risultati supportano l‟ipotesi che la sovraespressione di tale
sistema enzimatico sia implicata nel meccanismo di sviluppo di resistenza al cis-platino stesso e
poichè tale sovrespressione sembra comune a molti altri tipi di cellule resistenti, la TrxR si
conferma un promettente target per lo sviluppo di nuovi ed alternativi farmaci antitumorali. A tal
proposito, in collaborazione con il gruppo di ricerca diretto dal Prof. Bjornstedt del Karolinska
Institutet Hospital di Stoccolma, sono in corso studi preliminari al fine di valutare un eventuale
impiego in terapia di farmaci a base di oro(I) in combinazione con composti a base di selenio, già in
fase clinica I presso lo stesso istituto, per il trattamento di alcune aggressive forme di carcinoma
polmonare.
Sempre nell‟ambito di questa ricerca, al fine di caratterizzare eventuali relazioni struttura-attività
per inibitori selettivi della TrxR, in collaborazione col gruppo del Prof. F. Tisato del ICIS-CNR di
Padova, sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi complessi di oro(I) in cui è stata mantenuto il
sintone della trietilfosfina, che da studi precedenti è risultato fondamentale per l‟attività citotossica.
I complessi di oro(I) di nuova sintesi, testati su un ampio pannello di linee cellulari tumorali, hanno
dimostrato di possedere un' attività antitumorale in vitro significativamente più elevata rispetto al
cis-platino in tutte le linee considerate, dimostrandosi anche in grado di superare la resistenza al cisplatino e di non essere potenziali substrati per la MDR. Agendo come potenti e selettivi inibitori
della TrxR, ma non della glutatione perossidasi e della glutatione reduttasi, tali composti stimolano
un‟alterazione dello stato redox cellulare, con conseguente accumulo di specie reattive
dell‟ossigeno, e inducono, quindi, morte cellulare mediante apoptosi, come testimoniato
dall‟attivazione della caspasi-3, dall‟aumento della frammentazione internucleosomica del DNA
cellulare nonché da studi di citofluorimetria a flusso che evidenziano un aumento della popolazione
cellulare in fase Sub-G1. I risultati di queste ricerche hanno consentito di individuare tra i nuovi
derivati un complesso particolarmente interessante che, in collaborazione con il Prof. Olle Brodin
del Dipartimento di medicina nucleare del Karolinska Institutet, è attualmente oggetto di studi
finalizzati a valutare la sua efficacia nei confronti di cellule di carcinoma polmonare
opportunamente selezionate per la loro resistenti alla radiazioni γ, in cui la sovraespressione della
TrxR gioca un ruolo chiave nello sviluppo di tale radio-resistenza.
Sempre nell‟ambito della ricerca di nuovi complessi contenenti metalli diversi dal platino, che
possiedano un‟attività antitumorale paragonabile al cis-platino accompagnata però da una minore
tendenza allo sviluppo di farmacoresistenza e di effetti collaterali indesiderati, il nostro gruppo di
ricerca, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. Carlo Santini dell‟Università di
Camerino, si è indirizzato verso lo sviluppo e l‟analisi delle proprietà biologiche di nuovi complessi
fosfinici idrosolubili di Cu(I).
Il crescente interesse per tali tipi di complessi scaturisce dal fatto che il rame è, a differenza di altri
metalli impiegati nella progettazione di agenti antiproliferativi metal-based, un elemento essenziale
per gli esseri viventi in quanto fa parte di numerose attività enzimatiche che catalizzano reazioni
ossidoriduttive. E‟ stato anche notato come vari complessi di rame presentino attività biologiche
77
interessanti poiché, a seconda dei leganti utilizzati, possono essere in grado di catalizzare la
formazione di radicali oppure, viceversa, avere attività antiossidante.
Precedenti studi in vitro hanno dimostrato come complessi difosfinici di Cu(I) contenenti leganti
fenil-sostituiti (dppe, dppp e dppey) posseggano un ampio spettro di attività antitumorale e
presentino un meccanismo d‟azione diverso da quello tipico del cis-platino, agendo principalmente
come disaccoppianti della fosforilazione ossidativa nei mitocondri. A fronte di questa elevata
attività antiproliferativa però, i complessi con i leganti dppe e dppp, a causa della presenza di
diversi gruppi fenilici legati all‟atomo di P donatore, dimostrano possedere una pesante
nefrotossicità e tossicità cardiovascolare in modelli animali, così da precludere i test clinici in
pazienti umani.
Nel tentativo di superare questo svantaggio, pur mantenendo la stabilità del complesso attraverso i
legami Cu-P, sono stati sintetizzati complessi CuP4 parzialmente sostituiti nella sfera di
coordinazione con leganti più idrofilici quali il legante diidrobis(3-nitro-1,2,4-triazolil)borato
[H2B(tzNO2)2] e fosfine terziarie mono- e bidentate. Questi complessi di Cu(I) hanno dimostrato
possedere una buona attività citotossica nei confronti di un vasto pannello di linee cellulari tumorali
umane. La successiva sostituzione di questi leganti con tris(idrossimetil)fosfine idrofiliche ha poi
consentito l‟ottenimento di specie solubili in acqua con migliori proprietà citotossiche.
Gli studi effettuati ci hanno consentito di individuare il complesso di rame(I)
({Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 , Fig. 1) contenente quattro leganti tris(idrossimetil)fosfinici come il più
attivo rispetto al farmaco di riferimento (cis-platino) nell‟inibire la proliferazione cellulare anche
nei confronti di particolari coppie di linee cellulari tumorali selezionate per la loro resistenza sia al
cis-platino che di tipo MDR.
HO
Fig.1. {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6
HO
OH
P
P
OH
OH
HO
Cu
OH
HO
HO
P
P
HO
OH
OH
Da esperimenti di cell growth recovery condotti a diversa temperatura e di monitoraggio dell‟uptake
cellulare eseguiti anche in co-presenza di cationi monovalenti (Ag) e bivalenti (Zn) è emerso che il
meccanismo di accumulo intracellulare va facilmente incontro a saturazione, suggerendo
l‟intervento di un trasporto di tipo ATP-dipendente che appare selettivo per cationi monovalenti,
caratteristiche tipiche del trasportatore transmembrana hCtr1 del rame endogeno. Ulteriori studi
sono in corso al fine di validare tale ipotesi.
Mediante impiego di vari test colorimetrici abbiamo evidenziato come la citotossicità indotta da
{Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 sia dovuta ad un danno precoce al lisosoma, il quale porta poi all‟interno
dell‟ambiente cellulare una serie di perturbazioni cui consegue la morte cellulare. Studi di
citometria a flusso, svolti al fine di valutare un eventuale effetto promosso sulla distribuzione della
popolazione cellulare nelle varie fasi del ciclo, indicano che il complesso fosfinico di rame(I) è in
grado di indurre un elevato decremento tempo-dipendente della popolazione cellulare in fase G1
concomitante ad un incremento della fase G2/M, provocando, in tal modo, un arresto del ciclo
cellulare in fase G2/M. Non vi sono, invece, sostanziali modificazioni della fase sub-G1. In
particolare, i risultati ottenuti dal calcolo dell‟indice mitotico di cellule trattate attestano che il
complesso di rame(I) riduce notevolmente, ed in maniera tempo dipendente, il numero di cellule
capaci di completare la mitosi suggerendo l‟induzione di uno specifico blocco del ciclo cellulare in
fase G2. Inoltre, sempre mediante studi di citometria a flusso, è stato possibile osservare come
{Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 promuova nella popolazione cellulare un notevole aumento delle dimensioni
e della granulometria cellulari. Studi di colorazione ematossilina-eosina confermano quanto
78
verificato dagli studi di citometria, ovvero come le cellule trattate con il complesso di Cu(I)
presentino una forma nettamente rotondeggiante e dimensioni decisamente maggiori rispetto alle
cellule di controllo, con presenza di una intensa vacuolizzazione citoplasmatica.
Infine, poiché i mitocondri sono organelli coinvolti in vari pathways molecolari responsabili della
regolazione della risposta cellulare, per meglio caratterizzare la sequenza di eventi coinvolti nel
signaling della morte cellulare innescata col complesso in esame, abbiamo verificato se vi fosse
alterazione della funzionalità mitocondriale dopo trattamento con il complesso in esame. In
particolare, attraverso l‟utilizzo della sonda fluorescente TMRM (tetrametilrodamina metil-estere) e
studi di citometria a flusso sono state misurate eventuali variazioni del potenziale mitocondriale di
membrana. I dati indicano che il trattamento con {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 induce una consistente
iperpolarizzazione del potenziale mitocondriale che appare stabile fino alla fase finale del processo
di morte cellulare impedendo, in tal modo, il rilascio di citocromo c. Inoltre, non si assiste ad alcuna
attivazione della caspase-3 e della frammentazione internucleosomica del DNA nucleare, processi
tipicamente imputabili all‟attivazione della cascata apoptotica di morte cellulare. Considerando tutti
gli studi fino ad ora condotti con {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6, i risultati di attività antitumorale in vitro, i
paramentri biochimici considerati e le caratteristiche morfologiche delle cellule trattate ci
rimandano ad un caratteristico meccanismo di morte cellulare programmata (PCD) di tipo non
apoptotico definita paraptosi. Poiché uno dei principali problemi nella terapia antitumorale è
rappresentato dalla chemoresistenza, spesso associata ad un incremento di resistenza delle cellule
neoplastiche all‟apoptosi, appare evidente come possa essere estremamente utile approfondire il
meccanismo d‟azione di tali complessi in grado di indurre una forma di morte cellulare
programmata alternativa.
Parte 3. Ruolo dei leganti ancillari nella interazione di complessi analoghi al cisplatino con
nucleobasi modello
Bruno Longato, Diego Montagner
Lo studio sistematico dell‟interazione di componenti il DNA, quali le nucleobasi, nei
confronti di complessi di Pt(II) ha dimostrato come il sito di metallazione della biomolecola e la
nuclearità degli addotti dipendano dai leganti ancillari esistenti nella sfera di coordinazione del
centro metallico.
In questo contesto, è stata esaminata la reattività dei complessi neutri cis-[L2Pt 1-MeTy(H) (ONO2)] (L= PMe3, PMe2Ph, PMePh2 e PPh3), contenenti i leganti anionici 1-metiltiminato e
nitrato, nei confronti della nucleobase 1-metilcitosina (1-MeCy). In questi complessi entrambi gli
ioni agiscono da leganti monodentati come appare dalla struttura ai raggi-X ottenuta per il derivato
in cui L = PPh3 (Figura 1).
Figura 1. Struttura molecolare di cis-[(PPh3)2Pt 1MeTy(-H) (ONO2)]. Distanze di legame (Å) and
angoli (°): Pt-N(3) 2,050(6), Pt-O(1) 2.117(4), PtP(1) 2.227(2), Pt-P(2) 2.270(2), N(3)-Pt-O(1)
87.14(19), N(3)-Pt-P(1) 91.39(16), O(1)-Pt-P(2)
83.28(13), P(1)-Pt-P(2) 98.28(7), N(3)-Pt-P(2)
170.32(15), O(1)-Pt-P(1) 174.60(13),
L‟aggiunta di un equivalente di 1-MeCy determina l‟immediata sostituzione del legante nitrato con
formazione dei complessi misti cis-[L2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N3)]NO3, in cui entrambe le
nucleobasi sono N(3)-coordinate. La stabilità di questi complessi, che sono stati isolati come
composti puri quando L è PMe3 , PMePh2 e PPh3, appare dipendere fortemente dalla natura della
fosfina.
79
Il complesso cis-[(PMe3)2Pt 1-MeTy(-H) (1-MeCy)]NO3, infatti, in soluzione di DMSO
subisce un trasferimento protonico fra i leganti citosina e timinato che porta alla eliminazione
quantitativa della timina e la contemporanea formazione di una miscela delle specie polinucleari
cis-[(PMe3)2Pt 1-MeCy(-H) ]n(NO3)n (n = 2, 3), da noi precedentemente caratterizzate, contenenti
la citosina N(4)-deprotonata che agisce da legante bidentato attraverso gli atomi N(3) e N(4),
disponendosi a ponte fra i centri metallici.
La presenza della fosfina PPh3 nel complesso cis-[(PPh3)2Pt 1-MeTy(-H) (1-MeCy,
3
N )]NO3, invece, induce una migrazione del metallo dall‟atomo N(3) della citosina a quello
esociclico N(4) (specie A e B dello Schema), con formazione dell‟isomero cis-[(PPh3)2Pt 1-MeTy(H) (1-MeCy, N4)]NO3.
Questa reazione di tautomerizzazione della nucleobase, che formalmente richiede la migrazione di
M
H
NH2
N(4)
M
H
(3)N
N
O
N
O
CH3
N
CH3
A
B
un protone dal gruppo NH2 all‟atomo di azoto in posizione 3 della citosina, avviene a temperatura
ambiente in alcuni giorni e porta alla formazione di una miscela di isomeri che sono stati
caratterizzati in soluzione, mediante NMR multinucleare, e in solido mediante diffrazione di raggiX su cristallo singolo. La cella unitaria mostra la presenza di due complessi, cristallograficamente
indipendenti, corrispondenti ai due isomeri conformazionali osservati in soluzione, schematizzati in
Figura 2. Rappresentazione schematica della struttura molecolare del catione cis-[(PPh3)2Pt 1MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N4)]+. A sinistra il conformero testa-testa, a destra il conformero testacoda.
Nelle due conformazioni, il gruppo CH3 in posizione 1 della citosina e quello della timina sono
dalla stessa parte (testa-testa) o parte opposta (testa-coda) rispetto al piano PtP2. L‟anello
dell‟anione timinato è quasi ortogonale al piano di coordinazione del metallo (82.88°) mentre quello
della citosina appare maggiormente piegato (78.6°), favorendo così le interazioni di legame
idrogeno, come appare nella Figura 3.
80
Figura 3. Rappresentazione schematica dei legami idrogeno
esistenti nel catione cis-[(PPh3)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy,
N4)]+.
Le peculiari proprietà dei leganti PPh3 nella stabilizzazione la
forma imminica della citosina è stata confermata preparando il
complesso contenente la fosfina PMePh2, cis-[(PMePh2)2Pt 1MeTy(-H) (ONO2)]. L‟aggiunta di un equivalente di 1-MeCy
determina l‟immediata formazione del complesso misto cis[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N3)]+ in cui entrambe le
nucleobasi, sulla base di misure 15N-1H HMBC, risultano N(3)coordinate. La diversa orientazione relativa delle nucleobasi rispetto al piano di coordinazione del
metallo determina la presenza dei due isomeri testa-coda e testa-testa sotto riportati
CH3
O
+
+
N
L
H2N
N
(3)
Pt
Pt
NH2
O
L
N
(3)
L
N
CH3
O
O
L
(3)N
(3)N
O
O
CH3
CH3
N
N
H3C
H3C
hh
ht
L = PMePh2
e ben evidenziati nello spettro 31P 1H NMR (Figura 3), in cui essi appaiono come multipletti AB
(rapporto relativo 1.5:1), parzialmente sovrapposti. Esperimenti NMR 31P- e 15N-eterocorrelati
indicano che i due doppietti a campi bassi, aventi 1JPPt = 3249 Hz, sono attribuibili alla fosfina in
trans al legante timinato.
Figure 3. Spettro 31P 1H NMR (a 121 MHz,
parte
centrale)
del
complesso
cis3
[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H),
N (1-MeCy,
N3)]NO3 in CDCl3 at 25°C.
A differenza di quanto osservato per
l‟analogo complesso stabilizzato da PPh3, il
catione cis-[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1MeCy, N3)]+ risulta stabile in soluzione di
solventi clorurati. Solo in DMSO questa specie
appare in equilibrio con una piccola quantità (< 5 %) del tautomero cis-[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H),
N3 (1-MeCy,
N4)]+.
81
UNITA’ DI RICERCA DI PALERMO
Direttore Scientifico: Prof. Lorenzo Pellerito
L'attività scientifica dell‟unità locale di Palermo, come conseguenza della sua composizione, si è
svolta nell‟ambito di quattro differenti tematiche di ricerca:
1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed
organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in
vitro ed in vivo.
2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi.
3.Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo
convenzionale.
4. Indagini Archeometriche.
1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed
organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in vitro
ed in vivo.
Nell'ambito del progetto di ricerca proposto dall'unità di Palermo dal titolo "Nuovi complessi
metallici ed organometallici con potenziale attività antiproliferativa: metodologie integrate di
valutazione", l'attività di ricerca si è sviluppata lungo due diverse linee. La prima, preliminare al
progetto, ha riguardato la sintesi, le indagini configurazionali allo stato solido ed in soluzione,
mentre la seconda linea di ricerca ha riguardato l'attività citotossica di nuovi complessi metallici ed
organometallici nei confronti di organismi modello.
E‟ stato da noi dimostrato che due complessi della mesotetra(4-sulfonatofenil) porfinato (TPPS) ,
in particolare (Bu2Sn)2TPPS e (Bu3Sn)4TPPS, inducono apoptosi su cellule umane A375. Per capire
come questi composti attivino tale meccanismo su cellule di melanoma abbiamo indagato uptake
cellulare di MAPKs e di (Bu2Sn)2TPPS e (Bu3Sn)4TPPS. Esperimenti di Western blotting hanno
mostrato l‟attivazione della proteina kinases ERK 1/2, JNK and p38 in cellule di melanoma tratteta
econ 10 μM (Bu2Sn)2TPPS- and 1 μM (Bu3Sn)4TPPS, il che suggerisce che le tre MAP kinases
sono coinvolte nella morte apoptotica delle cellule A375-trattate.
Sono stati sintetizzati nuovi diorganostagno(IV), (R = Me, Bu), e triorganostagno(IV), (R = Me,
Ph), derivati dell‟ antibiotico fosfomicina, [(1R,2S)-1,2-epossipropilfosfo nate]Na2 ,e la loro
configurazione allo stato solido studiata mediante cristallografia a raggi X, FT-IR, e Mössbauer .
L‟indagine ai raggi X sul bis[trimetilstagnol (IV)]-fosfomicina ha mostrato che geometria di
coordinazione di tutti gli atomi di Sn è trigonale bipiramidale. La struttura del complesso forma un
insolito reticolo planare a zig zag.Le indagini FT-IR e 119Sn Mössbauer hanno confermato la
formazione di strutture molecolari trogonali bipiramidali, sia nei diorganostagno(IV) che
triorganostagno(IV) derivati, anche se nel caso dei diorganostagno derivati non si può a priori
escludere una struttura tetraedrica.
La sintesi di polimeri di condensazione ottenuti da divinilstagno(IV) dicloruro e diallilstagno(IV)
dicloruro con
ciprofloxacina è stata effettuata impiegando un processo modificato di
policondensazione interfacciale. I prodotti polimerici (DP sono circa 2,000) si formano
rapidamente (in meno di 15 secondi) con una ottima resa. La spettroscopia IR mostra la formazione
di legami Sn-O e Sn-N come previsto dalla struttura proposta. F-MALDI MS mostra frammenti
ionici contenenti organostagno nella prevista abbondanza isotopica così come frammenti ionici
contenenti sia organostagno che ciprofloxacina. I polimeri mostrano bassa tossicità nei confronti di
cellule sane WI-38, con variabile tossicità nei confronti di alcune linee cellulari cancerogene.
83
Sono stati sintetizzati complessi R2Sn(IV)-D-aldonate [(R = Me, Bu; D-aldonate = D-galactonate2−
(Galn), D-Gluconate2− (Glun), D-Gulonate2−(Guln),D-Ribonate2− (Ribn)], cinque dei quali sono di
nuova derivazione, i quali sono stati caratterizzati allo stato solido ed in soluzione mediante
spettroscopia FT- IR, 119Sn Mössbauer e 1H, 13C, 119Sn Le indagini mostrano che i leganti si
comportano da agenti chelanti bianionici. In soluzione, i dati NMR suggeriscono che la chelazione
bidentate si ottiene mediante l‟uso dell‟atomo di O del gruppo carbossilato ae dal vicinale atomo
di O alcossidico, coordinazione che può essere anche estesa dinamicamente ad un terzo sito di
legame che compete con il precedente. Nel complesso Me2Sn(IV)-D-gluconate un processo di
auto-associazione porta da una specie dimera. Indagini istipatologiche condotte su differenti organi
di Liza Saliens mostrano che i complessi dibutilstagno(IV)-D-aldonate,
sebbene preservino il sistema immunitario, mostrano una tossicità specifica nei confronti di certe
cellule ed organi
Complessi tra adenosina e composti correlati (adenosina-5‟-monofosfato, adenosina-5‟-trifosfato e
piridossal-5-fosfato) con Bu2SnO e/o BuSnCl2 sono stati preparati allo stato solido. la
composizione dei complessi è stata determinata con metodi analitici standard e si è trovato che i
complessi contengono la metà organostagno(IV) ed i ligandi nel rapporto 1 : 1. Gli spettri FT-IR
dimostrano che Bu2SnO reagisce con la metà D-ribosio dei ligandi, mentre Bu2SnCl2 coordina al
gruppo fosfato deprotonato. Il confronto del valore degli splitting di quadrupolo sperimentali,
ottenuti mediante spettroscopia Mössbauer, con quelli calcolati sulle basi del formalismo a carica
puntiforme ha mostrato che la metà organostagno ha una geometria Tbp ed in alcuni casi
tetraedrica, Th. I complessi con adenosina contengono metàorganostagno con entrambe le strutture.
Le strutture locali sono state determinate mediante misure EXAFS.
Sono stati infine pubblicati 2 capitoli nei quali vengono riportati rispettivamente, indagini
strutturali ed attività biologiche di complessi di organostagno(IV) e l‟applicazione della
spettroscopia Mössbauer in indagini strutturali riguardanti polimeri contenenti metà
organostagno(IV).
2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi.
Conformemente alla attività svolta negli ultimi anni, sono stati effettuati studi di speciazione su
sistemi complessi metallici e organometallici di interesse ambientale e biologico. In particolare:
a)
E‟ stato studiato il comportamento acido base della s-carbossimetil-L-cisteina
(carbocisteina) noto farmaco utilizzato nelle affezioni dell‟apparato respiratorio,. In particolare è
stata studiata la stabilità di specie complesse della carbocisteina con dimetil e trimetilstagno(IV). Al
fine di definire il tipo di siti leganti coinvolti nella coordinazione, è stato effettuato uno studio
analogo di complessazione degli stessi composti organometallici con acido glutammico la cui
struttura è del tutto identica a quella della carbocisteina a meno dell‟atomo di zolfo. I risultati
ottenuti, confrontati con i risultati ottenuti anche nello studio di interazione di trimetilstagno con
cisteina, dimostrano che l‟atomo di zolfo della carbocisteina non partecipa alla coordinazione
b)
E‟ stato definito un modello di protonazione di leganti polielettrolitici policarbossilici di
sintesi (poliacrilati e polimetacrilati di diverso peso molecolare) e di origine naturale (acidi umici,
fulvici e acido alginico) secondo il quale ogni unità monometrica del polielettrolita si comporta
come una unità dicarbossilica. I risultati ottenuti con questo modello (dicarboxylic-like model)
confrontati con i risultati ottenuti con i classici modelli di Henderson-Hasselbach e di Höegfeldt
sono in buon accordo e dimostrano la poosibilità di utilizzare il modello proposto con una notevole
riduzione delle difficoltà nei calcoli.
c)
E‟ stato completato lo studio termodinamico sulla interazione di composti di mono-, di- e
triorgano stagno(IV) con leganti policarbossilati a basso peso molecolare contenenti da 1 a 6 gruppi
carbossilici per molecola. Il completamento dello studio ha consentito di trarre indicazioni sui
parametri termodinamici di interazione e di formulare relazioni predittive sul comportamento della
classe di leganti carbossilici.
d)
Sulla base dell‟esperienza acquisita sullo studio dei complessi deboli è stata pubblicata una
review nella quale sono stati raccolti i risultati sulla stabilità di complessi di metalli alcalini e
alcalino-terrosi con leganti organici e inorganici in soluzione acquosa.
84
e)
Sono state iniziate le indagini sulla capacità di bioadsorbimento di polielettroliti di origine
naturale (chitosano, pectina) nei confronti di ioni metallici e organometallici sia in soluzione
acquosa che in fase gel.
f)
Nell‟ambito della collaborazione con il gruppo di Chimica dell‟Ambiente del Dipartimento
di Chimica Inorganica e Analitica dell‟Università di Palermo sono stati effettuati studi di
biomonitoraggio ambientale sul contenuto di IPA in varie matrici ambientali.
3. Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale
L‟attività scientifica è stata indirizzata allo studio di macromolecole interagenti con fasi disperse in
ambiente acquoso e in matrice solida basandosi su studi termodinamici accompagnati da indagini
strutturali e spettroscopiche. L‟attività scientifica può essere così riassunta:
1) Sistemi auto-organizzati per la solubilizzazione di additivi idrofobi - Uno degli obiettivi
fondamentali ha riguardato la progettazione di nanosistemi con proprietà solventi efficienti e a
basso impatto ambientale. Pertanto, è stata studiata una nuova classe di tensioattivi polimerici, i.e. i
copolimeri a blocchi caratterizzati da segmenti di idrofobia differente, e loro miscele con
tensioattivi convenzionali. I copolimeri tri-blocchi sono il poli(etilene ossido)poli(propilene
ossido)poli(etilene ossido) (PEO-PPO-PEO). Le microstrutture, risultanti dal loro processo di
aggregazione, possono essere convenientemente modulate a livello molecolare variando il peso
molecolare, la composizione e il rapporto idrofobo/idrofilo. Il duplice carattere polimerico e
tensioattivo suggerisce che gli aggregati molecolari possano manifestare effetti sinergici nel
processo di solubilizzazione o stabilizzazione i quali possono essere amplificati in presenza di un
tensioattivo convenzionale. Il potere solubilizzante di detti sistemi è stato analizzato mediante
diverse tecniche complementari.
2) Nanoparticelle disperse in mezzi acquosi- Il processo di adsorbimento all‟interfaccia
solido/liquido è un fenomeno molto complesso influenzato da un grande numero di parametri quali
il pH, concentrazione di additivo, temperatura, concentrazione e natura sia dell‟additivo sia del
solido. Le interazioni solido/additivo sono state evidenziate mediante le proprietà termodinamiche e
strutturali. Gli studi che hanno riguardato la sospensione acquosa di una nanoargilla (la Laponite) in
presenza di agenti di capping quali i PEO-PPO-PEO e omopolimeri. E‟ stato, pertanto, effettuato
uno studio viscosimetrico e di small angle neutron scattering (SANS).
Un interessante confronto tra l‟adsorbimento di un tensioattivo convenzionale e uno
macromolecolare all‟interfaccia solido/liquido è stato effettuato sulla base dello studio di
dispersioni acquose di nanoparticelle di polistirene mediante le tecniche di diffusione dinamica
della luce e calorimetria. L‟adsorbimento della macromolecola è di tipo Langmuir e genera strutture
più complesse a concentrazioni di copolimero più elevate. Al contrario, il tensioattivo
convenzionale si adsorbe in modo cooperativo all‟interfaccia polistirene/soluzione generando emimicelle. Lo studio di miscele tensioattivo/macromolecola in acqua in presenza di nanoparticelle
disperse ha mostrato effetti sinergici nel processo di adsorbimento.
3) Nanocompositi costituiti da nanoargille- I nanocompositi sono materiali che esibiscono
strutture uniche e proprietà straordinarie assenti nei tradizionali compositi (stabilità termica e
meccanica, ridotta infiammabilità, proprietà di barriera, ecc.) caratterizzati dalla presenza di
nanofillers. L‟attività di ricerca nel campo dei nanocompositi ha riguardato la sintesi e la
caratterizzazione di nanomateriali costituiti da Laponite e macromolecole. Le matrici sono costituite
da macromolecole di polietilene glicole (PEGs) a diverso peso molecolare e da PEO-PPO-PEO
selezionati modulando il peso molecolare, a rapporto PEO/PPO costante, e l‟idrofilia.
Gli esperimenti si sono basati sulle tecniche di calorimetria differenziale a scansione (DSC),
termogravimetria (TGA), diffrazione a raggi X (XRD) e SANS. Studi di DSC e TGA a velocità
variabili di riscaldamento/raffreddamento hanno permesso di studiare la cinetica del processo di
cristallizzazione/degradazione dei nanocompositi.
Esperimenti SANS molto recenti hanno mostrato che la Laponite è alloggiata all‟interno della
distribuzione lamellare di copolimeri e che elevate quantità di nanoargilla distruggono detta autoorganizzazione del copolimero.
85
4.
Indagini Archeometriche.
Nel campo delle indagini archeometriche è di primaria importanza l‟uso di tecniche non invasive. I
neutroni, da questo punto di vista sono una sonda ideale, data la loro notevole penetrabilità e
l‟esistenza di una serie di infrastrutture di ricerca di grande prestigio in Europa.
Indagini strutturali su materiali di interesse Archeologico: i marmi bianchi
Fra i compositi naturali di interesse archeologico, numerosi sono i materiali usati in edifici,
monumenti e oggetti di interesse artistico e fra questi, particolarmente interessanti sono i marmi. Al
momento non esiste un metodo unico per riconoscere la provenienza dei marmi, importante sia da
un punto di vista puramente conoscitivo che da un punto di vista pratico. Partendo dall‟idea che uno
studio accurato della tessitura dei marmi e della sua dinamica di invecchiamento potesse fornire la
risposta al problema del riconoscimento e della localizzazione degli stessi, abbiamo applicato la
tecnica combinata USANS-SANS ad una serie di campioni raccolti nelle zone di maggior interesse
archeologico. I dati sono stati analizzati e sembrano conformi al modello gerarchico sviluppato.
Inoltre gli stessi campioni sono stati iniziati studi mediante tecniche di Imaging di neutroni. I
risultati preliminari ottenuti sono in fase di elaborazione.
Indagini mediante Tomografia neutronica e radiografia neutronica di reperti archeologici
provenienti da relitti sommersi.
Di recente si è iniziato uno studio tendente a valutare la possibilità di usare moderne tecniche di
Neutron Imaging a reperti fortemente concrezionati. Ai primi risultati riguardanti lo studio di
oggetti metallici fortemente concrezionati ha fatto seguito uno studio su legni degradati
artificialmente al fine di mettere a punto metodi e materiali di trattamento ottimizzati.
Struttura e termodinamica di miscele di fluidi ionici e non ionici
Sistemi a più componenti rivestono particolare importanza dal punto di vista tecnologico e sono
presenti in diversi fenomeni naturali. Le proprietà di tali sistemi sono spesso caratterizzate da
fenomeni di separazione di fase che possono essere indotti da cambiamenti in temperatura e/o
pressione. Ne consegue che la caratterizzazione strutturale e una conoscenza del diagramma di fase
di una miscela a più componenti è condizione necessaria per lo sviluppo di modelli interpretativi.
Per quel che riguarda la simulazione di fluidi ionici in estreme condizioni di temperatura e
pressione che simulino condizioni near- e super- critiche si è proseguito nella linea intrapresa lo
scorso anno finanziario. Sono stati analizzati dati di scattering di neutroni ai grandi angoli su
miscele critiche H2O-CO2. Inoltre sono stati pubblicati i risultati dell‟analisi di dati SANS di gel di
PVA ottenuti mediante Cryotropic Gelation.
86
UNITA’ DI RICERCA DI PARMA
Direttore Scientifico: Prof.ssa Marisa Ferrari Belicchi
Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell‟anno 2008 relativamente alle varie tematiche di
ricerca.
Studio termodinamico in soluzione di complessi macrociclici di rame(II) per applicazioni
biomediche
L‟Unità di Parma ha avviato uno studio in soluzione dei complessi di rame(II) con leganti
macrociclici in collaborazione con il gruppo del Prof. Carlo Santini dell‟Unità di Camerino, che ne
ha condotto la sintesi. Questi complessi hanno interesse biomedico per la preparazione di composti
contenenti 64Cu per PET e radioterapia. I leganti sono riportati nello schema che segue:
O
-
O
O
O
+
+
NH2
N
H2
S
S
O
+
-
O
NEC-SE, H2L1
O
+
NH2
N
H2
S
S
O
NEC-SP, H2L2
Il lavoro in via di realizzazione dall‟Unità di Parma riguarda lo studio termodinamico della
formazione dei complessi di rame(II) con questi leganti, e la determinazione della speciazione in
soluzione acquosa.
Lo studio mediante potenziometria del sistema Cu2+ / NEC-SE (H2L1) ha evidenziato che la
formazione dei complessi con Cu2+ non presenta fenomeni di inerzia cinetica tipica dei complessi
con leganti macrociclici. Ciò suggerisce che il legante H2L1 non incapsula Cu2+ all‟interno della
cavità del macrociclo. Questa osservazione sembra essere confermata dai risultati dello studio
potenziometrico e spettrofotometrico nel visibile.
Diagramma di distribuzione del sistema Cu2+ / NEC-SE (H2L) in soluzione acquosa (Cu/L = 1:1,
CCu= 1.03 10-3 M) (H2L = H2L1)
La coordinazione di Cu2+ ai due atomi di zolfo tioeterici avviene anche a basso pH in quanto
l‟equilibrio non è protolitico, e ciò è giustificato dalla presenza nello spettro visibile di una banda a
circa 678 nm assegnata alla transizione di carica S Cu2+. L‟ipotesi strutturale associata alla specie
[CuLH2]2+ vede il Cu2+ coordinato agli atomi di zolfo, con un parziale contributo alla coordinazione
degli atomi di ossigeno carbossilici. All‟aumentare del pH in un sistema Cu2+ / H2L1 1:1 (v.
87
diagramma di speciazione), la deprotonazione dei gruppi amminici è favorita dalla successiva
coordinazione di questi al Cu2+ a giustificare la dissociazione dei due H+ legati, rispettivamente, alle
ammine con pKa = 3.91(4) e 9.16(4) per [CuLH2]2+ e [CuLH]+. In particolare, questi valori
dimostrano come la dissociazione del primo protone legato alle ammine sia estremamente favorita,
mentre la seconda lo sia in misura molto minore. La valutazione delle costanti di stabilità, assieme
alla valutazione dei parametri spettrali in assorbimento nel visibile, suggeriscono come ipotesi
strutturale per la specie [CuLH]+ una coordinazione (S,S,N), con il secondo gruppo amminico del
legante ancora protonato e la quarta posizione equatoriale di Cu2+ occupata da una molecola
d‟acqua o da un ossigeno carbossilico. Per quanto riguarda la specie [CuL], la valutazione degli
spettri nel visibile sembra escludere la coordinazione dei due atomi di zolfo tioeterici. L‟intensità
della banda di assorbimento è infatti tipica di una semplice transizione d-d e non di una LMCT
S Cu2+. Inoltre, la posizione del massimo della banda suggerisce una coordinazione (N2,O2)
coinvolgente i due gruppi amminici e i due gruppi carbossilici piuttosto che un incapsulamento di
Cu2+ nella cavità con coordinazione (N2,S2). Il complesso [CuL] è quindi soggetto a successiva
deprotonazione di una molecola d‟acqua coordinata. Il valore della pKa per la formazione di [CuLH1] è 10.28(4), che rappresenta un valore intermedio fra le pKa generalmente presentate da complessi
di rame(II) per la deprotonazione di molecola d‟acqua assiale (circa 9.8) ed equatoriale (circa 11). Il
dato determinato suggerisce pertanto la presenza di entrambe le specie, una con un OH- assiale
coordinato, e una con un OH- equatoriale a sostituire un gruppo carbossilico. Lo studio del sistema
Cu/H2L1 per diversi rapporti metallo/legante ha mostrato che il legante H2L1 è in grado di legare
fino a due ioni Cu2+, mentre come atteso la coordinazione di due molecole di legante a un solo ione
rame(II) è sfavorita dalla natura macrociclica e dalle dimensioni del legante stesso. Va rimarcato il
fatto che per rapporti 1:1, la specie predominante a pH fisiologico è [CuLH]+ e, come detto, dal
presente studio sembra essere esclusa la sua natura di complesso macrociclico. Infine, è da notare
che l‟assenza di effetti cinetici significativi osservabili per la formazione dei complessi di H2L1 ha
permesso il loro studio mediante titolazioni potenziometriche e spettrofotometriche in cella, con
tempi di raggiungimento dell‟equilibrio dell‟ordine dei secondi per ciascun punto della titolazione.
Le costanti di stabilità elevate e la presenza di un fenomeno di complessazione non protolitico a
bassi pH hanno comunque imposto l‟utilizzo di un legante competitore quale il trien al fine di poter
effettuare lo studio di speciazione attraverso misure potenziometriche con elettrodo a vetro.
Lo studio del sistema Cu2+ / NEC-SP (H2L2) ha evidenziato un marcato effetto cinetico nel
raggiungimento dell‟equilibrio per la reazione di complessazione di rame(II) da parte del
macrociclo a pH maggiore di 5, ed è in generale complicato dalla bassa solubilità in acqua del
legante a pH acido e neutro. Questo comportamento ha impedito lo studio del sistema mediante
titolazioni in cella, e pertanto si è iniziato uno studio mediante titolazione potenziometrica batch.
Attualmente, sono in fase di studio le cinetiche relative alla complessazione, al fine di definire i
tempi necessari per il raggiungimento dell‟equilibrio e quindi stabilire i tempi di attesa per potere
effettuare le misurazioni potenziometriche e spettrofotometriche in campioni a diverso pH. Dati
preliminari suggeriscono tuttavia un modello di speciazione analogo a quello osservato per H2L1,
ma con costanti di stabilità più elevate di diversi ordini di grandezza. A differenza di H2L1, per H2L2
la specie predominante a pH fisiologico è [CuL], con dato preliminare di log β maggiore di 6 ordini
di grandezza rispetto all‟analoga specie di H2L1. Questo dato, assieme all‟osservata inerzia cinetica,
suggerisce una natura macrociclica per questo complesso.
Approfondimento dei meccanismi di azione biologica di un nuovo complesso di nichelio con
attività antiproliferativa
Nell‟ambito del tema di ricerca riguardante lo studio di complessi di nichelio e di rame con
tiosemicarbazoni, SN ed SNO chelanti, sono stati approfonditi gli studi in vitro sui meccanismi di
azione che stanno alla base dell‟attività biologica esplicata dal complesso di Ni(II) con il
tiosemicarbazone del citronellale (Htcitr) nella sua forma S ([Ni(S-tcitr)2]). Infatti la specie
complessa contenente soltanto la forma S del legante mostra una più alta attività sulla linea cellulare
leucemica umana U937 del complesso [Ni(R-tcitr)(S-tcitr)] sintetizzato partendo dalla forma R del
citronellale. Il nuovo complesso [Ni(S-tcitr)2] è stato caratterizzato mediante analisi diffrattometrica
88
ai raggi X . Nell‟unità asimmetrica sono presenti quattro molecole indipendenti che differiscono tra
loro per la conformazione della parte terminale idrofobica del legante. In tutte le molecole la
geometria di coordinazione attorno all‟atomo di nichelio è quadrata planare tetraedricamente
distorta e implica due molecole di legante SN
bidentate (figura. 1 a lato). Le diverse
conformazioni delle catene alifatiche del
citronellale sono molto condizionate dalle
esigenze di impacchettamento. Questo
suggerisce che in un mezzo acquoso la
flessibilità di queste unità può permettere l
„avvolgimento di queste code idrofobiche
attorno all‟atomo di nichelio favorendo il
passaggio attraverso il doppio strato lipidico.
Degna di nota è pure la presenza
nell‟impacchettamento di legami idrogeno
implicanti i gruppi amminici terminali e
l‟azoto idrazinico deprotonato. Gli atomi
implicati in questi legami idrogeno e le posizioni apicali libere sul metallo rappresentano i possibili
punti di interazione del complesso con enzimi, acidi nucleici o altre molecole biologiche. E‟ stato
anche determinato il coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua (log Pow) per il complesso e per il
legante libero i cui valori sono rispettivamente 2.94 e 1.66. I risultati ottenuti dimostrano che il
complesso presenta un miglior assorbimento da parte di membrane organiche rispetto al legante.
Questo comportamento potrebbe essere giustificato dal fatto che nel complesso a natura molecolare
con la coordinazione del metallo viene incrementato il ruolo apolare delle lunghe catene alifatiche.
Dato che il complesso in esame ha mostrato un‟attività antiproliferativa sulla linea cellulare umana
U937 di linfoma istiocitico (p53 mutata) a bassa concentrazione (IC50=14.4 M), sono stati compiuti
studi sull‟interazione di questa molecola con vari componenti cellulari allo scopo di caratterizzare il
pathway apoptotico. I risultati hanno mostrato che [Ni(S-tcitr)2] causa morte cellulare programmata
via down-regulation della Bcl-2, alterazione del potenziale della membrana mitocondriale (figura 2)
e dell‟attività della caspasi-3 (figura 3, sotto), indipendentemente dalla funzione p53.
89
Questo effetto è significativo poichè molti tipi di cellule cancerogene umane contengono mutazioni
nel gene p53, un regolatore del checkpoint di apoptosi seguente l‟esposizione delle cellule a farmaci
che danneggiano il DNA. Lo studio relativo all‟influenza sul ciclo cellulare ha permesso di rilevare
che il complesso non è attivo su cellule in G0 (es. leucociti freschi), ma induce perturbazione del
ciclo cellulare su linfociti stimolati e cellule U937, mostrando un incremento nella frazione in fase
G2/M e una diminuzione delle cellule G0/G1.
Il composto arriva al nucleo dove induce danno al
DNA a bassa concentrazione (2.5-5.0 M) (figura 4, a
lato) che potrebbe essere parzialmente dovuto a stress
ossidativo ed inoltre riduce fortemente l‟attività
dell‟enzima telomerasi. Per identificare la reale natura
del danno al DNA sulle cellule U937 è stata impiegata
una versione modificata del saggio COMET
utilizzando specifiche glicosilasi (ENDO III) per
rivelare le basi ossidate. Da questo saggio si è
evidenziato un leggero danno ossidativo che non
giustifica però l‟intera rottura del DNA, ma potrebbe
rappresentare l‟innesco per la forte riduzione
dell‟attività telomerasica che è stata osservata negli
esperimenti in vitro ed in vivo
Si può ipotizzare che il danno genotossico stesso o
l‟eccessiva o l‟alterata riparazione del danno al DNA
potrebbe produrre l‟osservata perturbazione del ciclo
cellulare e l‟apoptosi attraverso la down-regulation di
Bcl-2, l‟alterazione del potenziale della membrana
mitocondriale e l‟attività caspasica.
Altri esperimenti sono in corso per meglio identificare la natura dell‟interazione tra complesso e
DNA (intercalazione, o alchilazione o entrambe) e il pathway di trasduzione dei segnali del danno
al DNA ed anche per approfondire la correlazione tra struttura ed attività biologica di questo
complesso di nichelio che potrebbe essere promettente come chemioterapico o essere un buon
modello per la sintesi di nuovi complessi con tiosemicarbazoni che presentino specifiche proprietà
biologiche.
90
UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA
Direttore Scientifico: Prof. Luigi Casella
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella
Studi su Metalloproteine e loro Modelli
Attività scientifica
Lo studio della modificazione post-traduzionale delle proteine come effetto dello stress ossidativo ci
ha portato nel corso degli ultimi anni ad affrontare il problema della neurotossicità della
dopammina, che in seguito ad un anormale accumulo nel citosol può dar luogo per ossidazione o
autossidazione a chinoni reattivi (DAQ) in grado di reagire con residui nucleofilici delle proteine,
quali cisteina e istidina. La modificazione con DAQ crea dei coniugati proteina-dopammina più
reattivi della stessa dopammina, che possono a loro volta dar vita ad una sequenza di successive
addizioni di residui dopamminici fino a generare dei veri e propri coniugati proteina-melanina, dove
oligomeri di dopammina sono organizzati in una struttura melanica simile a quella generata
enzimaticamente per ossidazione della tirosina nei melanosomi. La sequenza delle reazioni che
producono questa modificazione covalente con residui di dopammina è stata caratterizzata in
dettaglio nel caso della mioglobina, dove si è potuto dimostrare che già con una modificazione
limitata di residui superficiali la proteina subisce una facile denaturazione ed aggregazione. La
chimica generata sulle proteine dai prodotti di ossidazione della dopammina ha particolare rilevanza
nella biosintesi della neuromelanina, che a differenza degli altri pigmenti melanici contiene una
frazione proteica e anche una frazione lipidica significativa. Una caratterizzazione primaria di
queste componenti della neuromelanina è stata completata in uno studio comparativo sui pigmenti
ricavati da varie aree cerebrali, dove si è potuta dimostrare una essenziale analogia tra le
neuromelanine generate dalla dopammina nella sostanza nera (neuroni dopaminergici) e in altre
aree cerebrali come il locus ceruleus dove la neuromelanina è invece generata a partire da un altro
neurotrasmettitore, l‟adrenalina (neuroni adrenergici). C‟è infine da notare che le neuromelanine
contengono quantità rilevanti di ioni metallici, in particolare di ferro, il quale probabilmente
contribuisce anche dal punto di vista strutturale al mantenimento della componente melanica. Il
ferro legato alla neuromelanina si può schematicamente classificare come legato con alta e bassa
affinità. Quest‟ultimo può essere rimosso più facilmente e quindi è più accessibile da chelanti
esterni; esso manifesta inoltre un‟apprezzabile attività catalitica ossidativa. Il ferro legato invece
con alta affinità è poco accessibile ed è anche poco reattivo, ma manifesta comunque anch‟esso una
debole attività ossidativa verso substrati esterni. La complessazione del ferro nella melanina ne
impedisce comunque l‟attività di formazione di radicali con meccanismo Fenton.
Nel campo dello studio dei rame enzimi si è affrontata una nuova reattività della tirosinasi, che
consiste nella sua capacità di ossigenare i solfuri organici ai corrispondenti solfossidi in presenza di
un opportuno co-substrato. Questa reattività è stata descritta per la prima volta per la tirosinasi e
documenta la sua potenzialità ad agire come una monossigenasi esterna, in maniera formalmente
analoga a quanto avviene per gli enzimi della famiglia del citocromo P450 e della dopammina
monossigenasi. L‟aspetto più interessante di questa reattività della tirosinasi dal punto di vista
applicativo consiste nel fatto che il solfossido viene prodotto con elevato eccesso enantiomerico, il
che dimostra l‟esistenza di un‟interazione specifica tra l‟enzima e il substrato, come avviene per i
substrati fenolici naturali. Si è poi studiata la reattività di un enzima multinucleare di rame, la ossido
nitroso riduttasi da Pseudomonas nautica, che catalizza la conversione di ossido di diazoto ad azoto
molecolare, l‟ultimo passaggio della catena di reazioni enzimatiche che avvengono nel processo di
denitrificazione batterica. Questo studio ha analizzato vari citocromi come possibili partner
riducenti dell‟enzima e il riducente chimico metil viologeno, che viene normalmente utilizzato negli
studi di attività in vitro. Tramite una estesa serie di studi cinetici, NMR e di meccaniva e dinamica
molecolare si è potuto individuare tra questi il citocromo c552 come il più probabile partner naturale
della ossido nitroso riduttasi.
91
Sono inoltre stati condotti nuovi studi su sistemi modello biomimetici della tirosinasi. In particolare
è stato riportato per la prima volta un complesso binucleare di rame(I) in grado di formare a bassa
temperatura un addotto con ossigeno di tipo bis( -osso)rame(III) il quale si mostra attivo nella
ossidrilazione di substrati fenolici a catecolici. A bassa temperatura si è potuto dimostrare il legame
del substrato fenolico al nucleo Cu2O2 come stadio che precede il trasferimento di ossigeno, infatti
con l‟aggiunta del substrato fenolico si ha la comparsa di una banda di trasferimento di carica a
circa 560 nm. I parametri cinetici di attivazione della reazione, dedotti da studi a temperatura
variabile sono tutto sommato confrontabili ai dati ottenuti in precedenza dal nostro gruppo per la
reazione di ossidrilazione di fenoli da parte di un complesso con ossigeno di tipo -perossodirame(II), ma entrambi sono significativamente differenti da quelli della reazione enzimatica.
Quindi si può dedurre che mentre i sistemi modello sono in grado di riprodurre la reattività dell‟
enzima, il meccanismo con cui avvengono le reazioni differisce nei dettagli della sequenza di atti
molecolari da quello dell‟enzima. In uno studio parallelo si è mostrato come un‟attività fenolo
monossigenasica sia esibita anche da un complesso trinucleare di rame. Anche se in questo caso non
si è potuto caratterizzare a bassa temperatura un addotto rame-ossigeno, che è evidentemente troppo
poco stabile, è probabile che questo coinvolga due soli dei tre atomi metallici, riconducendo la
reattività del complesso trinucleare a quella dei sistemi dinucleari.
Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi
Attività scientifica
L‟attività di ricerca del progetto è stata rivolta (i) alla sintesi di nuovi recettori e sensori per piccole
molecole e anioni e (ii) allo studio delle interazioni tra recettore e substrato.
(i) nuovi recettori e sensori
E‟ stato preparato un tipo di recettore a tripode, in grado di stabilire interazioni particolarmente forti
con il substrato grazie alla capacità di offrire ben 6 legami a idrogeno, che è stato impiegato per il
riconoscimento di anioni alogenuro e ossigenati in MeCN, dimostrandosi specifico per il cloruro in
presenza di fluoruro e bromuro.
Un recettore chirale per anioni è stato ottenuto partendo dal cicloesano 1,2-disostituito: questo
gruppo esiste nelle forme enantiomere R,R e S,S ed è stato unito a due subunità 4-nitrofenilurea, per
dare un recettore capace di interagire con vari tipi di anioni, quali carbossilati e fosfati. Il
riconoscimento viene segnalato dal cambiamento delle caratteristiche spettrali del cromoforo
nitrobenzene in presenza di interazione con gli anioni. In particolare, la forma S,S del recettore si è
dimostrata specifica per l‟anione D-2,3-glicerofosfato, la cui costante di associazione è doppia
rispetto a quella della forma R,R.
Infine, è stato preparato un nuovo tipo di recettore per anioni, basato sull‟interazione con frammenti
protonati e attivato da uno scambio redox, p. es. CuII/CuI. Il recettore è specifico per il nitrato
Nell‟esempio riportato, il recettore di anioni a due compartimenti lega lo ione nitrato (X-, sfera
gialla) tramite il centro metallico CuII (sfera azzurra, con forte preferenza per la pentacoordinazione); a seguito della riduzione elettrochimica a CuI (sfera rossa, coordinativamente saturo
nel complesso CuI(bpy)2+), il nitrato si sposta, con un veloce processo reversibile, nell‟adiacente
92
compartimento bis-imidazolio, dove profitta di interazioni legame a idrogeno. Anioni diversi non
possono dare lo stesso processo, in quanto demetallano il complesso di CuI.
(ii) studio delle interazioni tra recettore e substrato
Altri studi hanno riguardato la natura delle interazioni tra frammenti di vario tipo impiegabili quali
recettori e i rispettivi substrati. In particolare, è stato considerato il comportamento della
1,3-bis(4-nitrofenil)urea, che interagisce formando legami a idrogeno con una varietà di ossoanioni
in soluzione di MeCN a dare addotti 1:1 di stabilità decrescente con la basicità dell‟anione. La
natura dell‟interazione a ponte di idrogeno tra urea e acetato è stata dimostrata dall‟isolamento in
forma cristallina dell‟addotto sotto forma del sale di tetrabutilammonio e dalla determinazione della
struttura molecolare. Si è inoltre osservato che il fluoruro forma inizialmente legami a idrogeno
nell‟addotto 1:1, mentre l‟aggiunta di un secondo equivalente porta alla deprotonazione dell‟urea
con formazione di HF2-.
93
UNITA’ DI RICERCA DEL PIEMONTE ORIENTALE
Direttore Scientifico: Prof. Domenico Osella
L’attività di ricerca si inquadra nelle sezioni tematiche “a” (Diagnostici innovativi in
oncologia e malattie cardiovascolari) ,”d” (Biosensori e biostrumentazione) ed “e” (Nuovi
farmaci inorganici in oncologia) del Consorzio CIRCMSB.
Agenti di contrasto per MRI (tematica a).
La Risonanza Magnetica Nucleare per Immagini (MRI) è una tecnica diagnostica ampiamente
collaudata nella pratica clinica, ove decine di milioni di analisi MRI vengono annualmente praticate
per individuare patologie di vario tipo. La potenzialità diagnostica dell‟MRI è ulteriormente
incrementata dall‟impiego in circa un terzo delle procedure di opportuni agenti di contrasto. Questi
ultimi sono derivati inorganici esogeni paramagnetici, tipicamente rappresentati da sistemi
particolati a base di ferro o da complessi di manganese o di determinati lantanidi. La ricerca è stata
focalizzata in particolare su questi ultimi. L‟efficienza di complessi di ioni metallici paramagnetici
(definita come “rilassività”) è strettamente correlata ad una serie di parametri strutturali e dinamici
della molecola. Le relazioni in gioco sono descritte da un set di equazioni che consentono di
teorizzare rilassività elevatissime per complessi con parametri adeguatamente ottimizzati. Fino ad
ora è risultato estremamente arduo approssimarsi all‟optimum teorico con un complesso stabile e
praticamente realizzabile. Altri importanti obiettivi per la ricerca sugli agenti di contrasto sono
riassumibili nelle auspicate possibilità: i) di indirizzare i complessi paramagnetici verso tessuti e
organi specifici (targeting), permettendo una somministrazione più ridotta e mirata dell‟agente di
contrasto stesso e aumentandone di conseguenza la potenzialità diagnostica; ii) di rendere
l‟efficienza degli agenti di contrasto dipendente da grandezze chimiche o fisiche (temperatura, pH,
presenza e concentrazione di una determinata specie chimica (“Molecular Imaging”)) utili per
aggiungere informazioni diagnostiche alle immagini già ottenibili.
L‟attività svolta in questo anno è stata indirizzata al raggiungimento di tali obiettivi.
Leganti AAZTA-like
Come emerso dalle ricerche svolte negli anni precedenti, il legante AAZTA forma un complesso di
Gd3+ in possesso di caratteristiche ottimali per lo sviluppo di agenti di contrasto ad elevata
efficienza, in quanto stabile in vivo e non tossico anche a dosi molto superiori a quelle impiegabili e
in possesso di una buona rilassività, conseguenza della presenza di due molecole di acqua
coordinate e di una elevata velocità di scambio delle stesse. Un derivato lipofilo di AAZTA in
grado di formare micelle e di interagire con l‟albumina del siero (HSA) ha portato al
raggiungimento di valori di rilassività vicini al limite teorico.
E‟ stato quindi progettato e sintetizzato un legante AAZTA-like lipofilo, caratterizzato da una
coppia di catene alchiliche in grado di formare micelle stabili. Queste micelle paramagnetiche
anioniche sono state impiegate per effettuare con successo un nuovo procotollo di labelling
cellulare, attraverso l‟impiego di un poliamminoacido cationico che media l‟adesione della
supramolecola paramagnetica alla membrana cellulare.1
Si è ritenuto necessario studiare più a fondo le ragioni strutturali delle interessanti peculiarità del
complesso base Gd-AAZTA ed i presupposti legati all‟offerta stereoelettronica da parte del legante
AAZTA stesso. Queste due specie chimiche sono state preparate e purificate, ottenendo in
opportune condizioni cristalli adatti all‟analisi diffrattometrica ai raggi X.2 Il legante si mostra in
forma zwitterionica, con due gruppi carbossilici deprotonati e due atomi di azoto protonati. Il
complesso cristallizza in forma dimerica con il lantanide decacoordinato; curiosamente il legante
occupa solo poco più di un emisfero di coordinazione del metallo, ed è stato inoltre possibile
individuare la posizione delle molecole di acqua di coordinazione.
95
Agenti di contrasto liposomiali
L‟inclusione di complessi di lantanidi paramagnetici in formulazioni liposomiali è alla base della
preparazione di agenti di contrasto Lipo-CEST (Chemical Exchange Saturation Transfer) la cui
sensibilità è in molti casi nettamente superiore rispetto ad agenti CEST classici.
Lo studio di questi sistemi è proseguito in questo anno con la sintesi di un nuovo legante lipofilo,
basato su uno scheletro triazindiidrazinotetraacetico, i cui complessi di lantanidi sono stati inclusi in
liposomi anisotropi e confrontati con liposomi derivanti da leganti idrofili e lipofili noti. Da questo
studio dettagliato è emerso come l‟anisotropia della suscettività magnetica in tali liposomi sia
funzione non solo della natura del lantanide ma anche delle caratteristiche strutturali dei complessi e
della disposizione dei sostituenti lipofili.3
In un analogo studio volto alla determinazione della dinamica dell‟acqua in sistemi liposomiali
paramagnetici, si è dimostrato come la permeabilità all‟acqua del doppio strato lipidico dipenda
dalla struttura del legante. L‟inclusione nel doppio strato lipidico di complessi lipofili di lantanio di
derivati di DTPA e DOTA contenenti ciascuno due catene lipofile riduce la permeabilità, mentre
aumenta se viene incluso un analogo complesso formato con una nuova tetraammide lipofila di
DOTA.4
Altri agenti di contrasto
La ricerca nell‟anno 2008 è stata anche rivolta ad aspetti più prettamente esplorativi, rivolgendo
l‟attenzione alla preparazione ed alla caratterizzazione di nuovi leganti e nuovi sistemi
paramagnetici da impiegare come agenti di contrasto.
A prosecuzione di alcuni studi preliminari dell‟anno precedente, sono stati sintetizzati altri leganti
EGTA-like, nei quali l‟unità ossietilenica centrale del legante base è fusa con anelli aromatici o
poliaromatici. La modifica, volta all‟irrigidimento strutturale del legante base, ha determinato
complessi con rilassività aumentata rispetto al legante EGTA. Sono state quindi determinate le
costanti di protonazione dei suddetti leganti e la costanti di complessazione nei confronti di alcuni
lantanidi e metalli alcalino-terrosi. Ciò ha permesso di ricavare un quadro dettagliato della capacità
coordinante di tali areno-EGTA e di attestare gli effetti della modifica strutturale attraverso il
confronto con il legante base EGTA.5
In un altro lavoro sono stati preparati derivati EGTA-like contenenti 1,2 e 4 gruppi fosfonici al
posto dei corrispondenti gruppi acetici e ne sono state analizzate le proprieta‟ rilassometriche dei
complessi di Gd(III). In particolare è stata messa in evidenza la dipendenza dell‟idratazione dei
complessi dal grado di sostituzione (q = 0/1) e la presenza di un notevole contributo del
meccanismo di seconda sfera alla relassività globale.8
Infine, è stato studiato il complesso di Cu(II) con il legante EBTA (H4EBTA = 1,2-bis(2aminoethoxy)benzene-N,N,N‟,N‟-tetraacetic acid) sia in soluzione che allo stato solido. E‟ stata
determinata la struttura ai raggi X del complesso che presenta una interessante forma dimerica in
cui i cationi sono caratterizzati da una geometria ottaedrica di coordinazione. Inoltre si sono studiate
le costanti termodinamiche di stabilità di EBTA con Cu(II) e Zn(II) al fine di valutare i possibili
processi di transmetallazione tra il complesso di Gd(III) e questi ioni metallici.9
In un altro studio, in collaborazione con il gruppo di K. Raymond (Univ. of California, Berkeley),
sono stati sintetizzati 4 nuovi chelanti basati sull‟unità 1,2-idrossipiridinone e ne sono stati studiati
in dettaglio i complessi di Gd(III) in soluzione acquosa, determinandone le costanti di stabilità
condizionali e la relassività in funzione di pH, temperatura e campo magnetico.11
Un nuovo legante poliamminopolicarbossilico è stato progettato e realizzato basandosi sullo
scheletro norbornanico sul quale sono state impiantate in posizione endo,endo-2,5 due unità
imminodiacetiche (NorDATA). La assoluta rigidità stereochimica del sistema biciclico appare
particolarmente favorevole per la formazione di chelati stabili con metalli di interesse
diagnostico/terapeutico. Sul legante sintetizzato sono state effettuate misure potenziometriche per
determinare le costanti di protonazione e la capacità complessante nei confronti di una selezionata
serie di ioni metallici di interesse (Mg2+, Ca2+, Cu2+, Zn2+, La3+, Ce3+, Nd3+, Gd3+, Er3+, Lu3+). Il
legante NorDATA mostra affinità significative per Cu2+, Zn2+, mentre appare poco incline alla
coordinazione di lantanidi, probabilmente a causa di una cavità coordinante di dimensioni ridotte.6
96
Un agente di contrasto particolarmente innovativo è stato inoltre preparato sfruttando le inusuali
proprietà paramagnetiche di ossidi di gadolinio inclusi in nanosistemi grafenici (nanocapsule). Una
originale preparazione a partire da acidi umici e la loro funzionalizzazione realizzata attraverso la
reazione di arilazione con sali di diazonio idrofili ha consentito di ricavare idrodispersioni stabili di
tali sistemi paramagnetici. Questi ultimi hanno manifestato un significativo effetto di rilassamento
trasversale, candidandosi come ottimi agenti di contrasto T2, ma anche come potenziali agenti duali
per diagnostica (MRI) e terapia (NCT, Neutron Capture Therapy), sfruttando l‟elevato carico di ioni
atomi di Gd all‟interno della nanocapsula.8
Al fine di incrementare notevolmente la sensibilità delle sonde MRI si stanno valutando attualmente
particelle nanometriche per l‟ancoraggio ed il trasporto di un elevato di complessi di Gd(III). A tale
scopo in quest‟anno abbiamo studiato 2 casi: a) complessi HOPO-like ancorati sulle superfici
interna o esterna di capsidi virali, studiandone a fondo le proprietà rilassometriche per una
ottimizzazione ad hoc di questi sistemi;10 b) nanoparticelle di silice mesoporosa funzionalizzate con
complessi DOTA-monoamidici dui Gd(III) sia sulla superficie esterna che nelle cavità interne dei
pori.12
Biosensori e biostrumentazione (tematica d).
I biosensori sono dispositivi analitici innovativi costituiti da un elemento biologico responsabile del
riconoscimento molecolare in intimo contatto con un trasduttore di segnale. Tali dispositivi sono
proposti come sistemi rapidi di analisi per le più diverse problematiche che spaziano dall‟analisi
ambientale, alla diagnostica clinica ed allo studio di base dell‟interazione farmaci-biomolecole.
In particolare nei nostri laboratori sono stati sviluppati biosensori costituiti da DNA
(ss- o ds-DNA) come recettore in intimo contatto con un trasduttore di segnale
elettrochimico (la cella elettrochimica è una striscia serigrafata monouso di
dimensioni estremamente ridotte, Figura 1). La tecnica si basa sull‟osservazione del
segnale di ossidazione delle guanine del DNA adsorbito sulla superficie
dell‟elettrodo. Qualsiasi sostanza che interagisce direttamente con esse o nelle sue
vicinanze (attraverso legame covalente o intercalazione) modifica il comportamento
redox delle basi e, di conseguenza, l‟intensità del segnale. La valutazione di tale
interazione può aiutare a stabilire se il DNA può rappresentare il bersaglio
d‟elezione per un farmaco antitumorale, ma anche a stimare il rischio collegato
all‟uso o alla presenza in un certo ambiente di sostanze potenzialmente pericolose e
predire la possibilità di effetti tossici e danno al DNA.
Figura 1
Il biosensore elettrochimico è stato testato con diversi complessi metallici di
affermata o potenziale attività antitumorale (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino ed
altri complessi di Pt(II), ma anche complessi di Ru e Ti) per avere informazioni semi-quantitative
sulla loro farmacocinetica, il comportamento in soluzione, l‟effetto di massa svolto da altre sostanze
presenti in soluzione, e l‟affinità con la biomacromolecola. In particolare sono stati eseguiti
recentemente studi sull‟effetto del sistema tampone carbonato sull‟attivazione dei complessi tipo
cisplatino. E‟ ben noto che la formazione dei legami intrastand Pt-purine sulla doppia elica del
DNA necessita la sostituzione di due cloruri con molecole d‟acqua. Tuttavia è stata ipotizzata la
formazione di intermedi con altri anioni, come carbonati (che costituiscono per importanza il
secondo sistema tampone nel corpo umano), acetati, fosfati, o tiolati. I risultati ottenuti confermano
che gli ioni carbonato aumentano in modo significativo l‟interazione tra cisplatino, carboplatine ed
oxaliplatino con il DNA.
Oltre che in campo farmacologico, i biosensori trovano impiego negli studi ecotossicologici per
verificare il possibile effetto genotossico di metalli di transizione e loro composti. Lo studio sia di
sistemi modello che di sistemi reali hanno mostrato sempre ottime correlazioni tra i risultati
elettrochimici ed i classici test di genotossicità. Il metodo proposto può completare ed affiancare i
test classici di ecological/environmental risk assessment e quindi funzionare da pre-screening per la
valutazione preventiva (economica e rapida) dei campioni da inviare poi all‟analisi
ecotossicologica.
97
Nuovi farmaci inorganici in oncologia (tematica e)
Farmaci antitumorali a base di Pt(IV)
È generalmente accettata l‟ipotesi secondo la quale i complessi di Pt(IV) agiscono come profarmaci: la riduzione al corrispondente complesso di Pt(II), cineticamente più labile, sembra essere
alla base dell‟attività antitumorale dei complessi di Pt(IV). In effetti, molti complessi di Pt(IV) sono
attivati dall‟ambiente riducente (ipossico) del tessuto tumorale che converte il complesso ottaedrico
di Pt(IV) nel corrispondente complesso planare-quadrato di Pt(II) tramite una riduzione a due
elettroni e la perdita dei leganti assiali. Pertanto sia la facilità con cui un complesso si riduce che
l‟efficacia dell‟analogo complesso di Pt(II) ne influenzeranno l‟attività biologica. La scelta dei
leganti è quindi un punto chiave nel design di nuovi complessi di Pt(IV) per collocare il potenziale
redox nella finestra biologica e per modulare la lipofilia del complesso stesso.
L
L
In questo lavoro, sono state sintetizzate due serie di complessi di Pt(IV)
O
H3N
Cl
H3N
O
Pt
Pt
utilizzando il cisplatino e il nedaplatino rispettivamente come base
H3N
Cl
H3N
O
L
L
equatoriale e variando invece i leganti assiali L (L = carbossilato, cloruro
Figura 1: complessi
e ossidrile). I complessi sintetizzati sono stati caratterizzati tramite
sintetizzati
l‟utilizzo di RP-HPLC ed NMR multinucleare. La citotossicità dei
complessi è stata testata in vitro su linee cellulari A2780 (carcinoma ovarico umano) e HCT116
(coloncarcinoma umano); inoltre sono stati misurati i potenziali di riduzione di tutti i complessi.
I valori di IC50 per il tumore del colon, pur essendo sempre maggiori dei valori del tumore
dell‟ovaio, seguono lo stesso trend: complessi attivi su una linea cellulare sono attivi anche
sull‟altra. È stata trovata una correlazione tra i potenziali di riduzione e la citotossicità: i complessi
con potenziale di riduzione più positivo (più facilmente riducibili) sono quelli che hanno un effetto
citotossico maggiore. Questi dati si accordano con l‟ipotesi dell‟attivazione come conseguenza della
riduzione; tutti i complessi ridotti portano al medesimo complesso di Pt(II), quindi l‟attività
dell‟analogo Pt(II) è la stessa per tutti i composti. Le differenze sono da imputarsi alla facilità o
meno della riduzione, che sembra essere il parametro più influente.
Inoltre sono stati presi in considerazione complessi con diversi leganti equatoriali ma con gruppi
acetato come leganti assiali. I risultati sono analoghi a quelli precedenti, fatta eccezione per i
complessi JM216 e trans-cis-cis-[Pt(IV)(Ac)2(DACH)(Cl)2], i cui i valori di IC50 per entrambe le
linee cellulari sono molto bassi (migliori dello stesso cisplatino), nonostante i potenziali di
riduzione nettamente negativi. È ipotizzabile che per questi complessi la riduzione non sia il
meccanismo di attivazione seguito o comunque che non sia il solo meccanismo possibile. Anche il
complesso destino biologico cui va incontro il JM216 nell‟organismo, formando tra le altre anche
specie di Pt(IV), avvalora quest‟ipotesi. Sono attualmente in corso ulteriori studi su questi ed altri
complessi di Pt(IV).
Effetto combinato di ipertermia e farmaci antitumorali a base di platino.
I complessi di platino inibiscono la crescita tumorale attraversando la membrana cellulare e
reagendo con il DNA ma l‟esatto meccanismo con cui tali farmaci entrano o escono dalle cellule
non è ancora stato completamente spiegato. Si pensa che essi entrino nelle cellule per diffusione
passiva; l‟uptake del cisplatino è direttamente proporzionale alla sua concentrazione, non è inibito
da analoghi strutturali e non giunge a saturazione. Inoltre l‟ipertermia aumenta l‟uptake,
probabilmente perché aumenta la permeabilità della membrana cellulare. Studi recenti indicano che
il trasporto di rame e platino all‟interno della cellula sono strettamente correlati, pertanto si ipotizza
anche un certo coinvolgimento delle proteine trasportatrici del rame nell‟uptake di platino.
Maggiori informazioni sull‟uptake cellulare possono fornire basi farmaceutiche per modulare
l‟effetto antiproliferative dei farmaci stessi.
L‟ipertermia è una tecnica usata per trattare varie forme di malattie ed esplica un‟azione citotossica
in combinazione con la chemioterapia. I targets dell‟ipertermia nelle cellule sono: acidi nucleici,
membrane cellulari, citoscheletro, DNA polimerasi, e altri enzimi che bloccano la sintesi di DNA o
RNA. L‟ipertermia modifica molte proprietà fisiche delle membrane, specialmente la permeabilità e
la fluidità. Sono stati proposti molti modi d‟interazione tra farmaci ed ipertermia: aumento
dell‟uptake cellulare, alterazione della distribuzione cellulare del farmaco, alterazione del suo
metabolismo, aumento delle lesioni al DNA, ed inibizione dei meccanismi di riparazione dei danni
98
al DNA. L‟aumento della citotossicità di molti farmaci dovuto al calore è stato ampiamente
dimostrato ed è anche adottato in alcune applicazioni cliniche.
Tra i complessi di Pt(II) il cisplatino mostra il maggiore incremento di citotossicità in combinazione
con l‟ipertermia su diverse linee cellulari. È stato spesso riscontrato che il riscaldamento prima o
durante il trattamento con i farmaci di platino provoca il maggiore innalzamento termico della
citotossicità. L‟effetto combinato di calore e farmaco a base di platino può essere additivo o
sinergico e spesso ciò dipende dal tipo di farmaco, di linea cellulare, dalla temperatura, dal tempo
del trattamento e dal protocollo di trattamento. In ogni caso, il calore aumenta la citotossicità dei
farmaci a base di platino.
In questo lavoro è stato pertanto studiato l‟effetto
O
H2
O
N
O
H3N
H3N
Cl
O
della temperatura (12-43 °C) sull‟uptake cellulare e
Pt
Pt
Pt
H3N
Cl
N
O
H3N
O
la citotossicità di tre farmaci a base di platino
O
H2
O
(cisplatino, carboplatino ed oxaliplatino). Sono state
cisplatino
oxaliplatino
carboplatino
testate diverse concentrazioni e temperature. Per la
Figura 2: complessi di Pt(II) in uso clinico
valutazione dell‟uptake, le cellule sono state trattate
per 2 ore a 12-43 °C e poi mineralizzate. Il contenuto
di platino è stato testato mediante ICP-MS. La vitalità cellulare è stata valutata con test MTT dopo
24 ore di trattamento continuo e 48 ore di recovery in terreno di coltura fresco.
Solo il cisplatino ha dato effetti sinergici con l‟ipertermia (+43 °C). Il cisplatino è in grado di
idrolizzare e poi essere attivato per il legame al DNA nella scala dei tempi utilizzata (2 ore) e questo
processo è certamente favorito dalla temperatura. L‟effetto di questo trattamento combinato
potrebbe essere correlato ad una maggior formazione di addotti interstrand con il DNA e
all‟inibizione del sistema di riparazione del DNA.
Studio di coniugati Pt-folato come esempio di drug targeting and delivery attivo.
Nell‟intento di sintetizzare complessi a base di platino che possano manifestare una maggiore
selettività verso le cellule tumorali (drug targeting), è stata sfruttata la caratteristica delle cellule di
alcuni tipi di tumore di sovraesprimere i recettori per l‟acido folico. Pertanto, l‟acido folico,
adeguatamente funzionalizzato su uno dei suoi gruppi
O
OH
O
carbossilici, può essere utilizzato come vettore per la
OH
N
OH
veicolazione selettiva di frammenti citotossici di platino, in
H
O
N
quanto riconosciuto ed internalizzato dai suoi recettori.
N
N
H
In questo lavoro sono stati preparati cinque complessi di
H2N
N
N
Pt(II): quattro di essi contengono l‟acido folico
Figura 3: acido folico
funzionalizzato in modo da essere il leaving group del
complesso finale ed il quinto contiene l‟acido folico come carrier group.
I leganti sono solubili in alcuni solventi organici (DMSO, DMF) ed in solventi acquosi a pH basici
e sono stati caratterizzati mediante spettroscopia NMR multinucleare; i corrispondenti complessi
hanno una solubilità notevolmente ridotta sia in solvente organico che in soluzione acquosa e sono
stati caratterizzati mediante analisi
NH2R
+ O
KO
O
O
termogravimetrica (TGA), Inductively
O
Pt NH R
H
2
N
O
Coupled Plasma – Mass Spectrometry
N
O
R = H o CH3
n
H
O
(ICP-MS) e spettroscopia IR. Solo il
O
n=0 o 3
N
N
HN
H
derivato con il folato carrier è stato
O
O-K+
N
H2N
N
caratterizzato
anche
mediante
O
O
H
N
spettrometria
NMR
multinucleare.
Pur
NH
N
N
O
2
H
H
N
O
avendo
ottenuto
prodotti
con
un
elevato
H2N Pt
N
HN
Cl
H
grado di purezza ed una buona resa, i
Cl
N
N
H2N
complessi ottenuti sono insolubili e
Figura 4: complessi Pt-folato
pertanto non possono essere testati da un
punto di vista biochimico e biologico.
Sono in corso ulteriori studi che prevedono la coniugazione dell‟acido folico ad un frammento
citotossico di platino attraverso un braccio spaziatore contenente gruppi polari per trovare una
soluzione
al
problema
della
solubilità
dei
complessi.
99
UNITA’ DI RICERCA POLITECNICA DELLE MARCHE
Direttore Scientifico: Prof. Giorgio Tosi
1) G. Tosi, C. Conti, P, Ferraris, E. Giorgini, S. Sabbatici
Applicazione di metodi spettroscopici e diffrattometrici nello studio di biomateriali e di
biomolecole.
La microspettroscopia infrarossa è un versatile e potente strumento diagnostico per lo studio di
proprietà funzionali di campioni biomedici e di biomolecole. Con la microspettroscopia imaging si
possono studiare sezioni sottili di qualsiasi materiale, colture cellulari ed molto altro con una
risoluzione spaziale al limite della diffrazione. Il vantaggio della spettroscopia imaging nel medio
infrarosso (e nel Raman) consiste nel fatto che l‟informazione viene presentata in una forma
comprensibile e può essere comparata con indicazioni provenienti da altre tecniche microscopiche.
In tal modo, viene resa possibile l‟analisi della distribuzione delle varie specie molecolari in una
matrice evidenziando caratteristiche composizionali, strutturali e morfologiche di svariati sistemi,
primi fra tutti quelli biologici. Un ulteriore aiuto viene fornito da opportuni algoritmi adatti al
trattamento dati, da cui si possono ricavare numerose informazioni a livello molecolar.
Per determinazioni spettroscopiche ci siamo avvalsi di spettrometri a sorgente convenzionale o
multidetectors con risoluzione spaziale fino a 6.25µm. Il trattamento dati per l‟analisi multivariata e
per procedure di analisi delle bande (deconvoluzione, curve-fitting, ecc.) è stato effettuato con i
seguenti software: Spectrum 5.0 (Perkin Elmer), Pirouette 4.0 (Infometrix Corp.), Opus 5.5 (Bruker
Corp.) e Grams AI (Galactic Corp.).
A) Applicazione della Microspettroscopia Infrarossa per la caratterizzazione di biomateriali e
di biomolecole (in collaborazione con l’Unità di Ricerca di Bologna, responsabile il prof. Norberto
Roveri).
Nel presente anno, si è continuato lo studio dei processi di deposizione del collagene e dell‟HAP,
per caratterizzarne la morfologia, le proprietà termiche e la struttura del prodotto di rivestimento.
L‟FT-IR microimaging, in particolare, ha permesso di evidenziare la natura chimica e l‟omogeneità
dello strato di HAP-collagene nel corso della deposizione elettrochimica.
La diretta enucleazione, di nanocristalli di idrossiapatite in fibre di collagene durante il loro auto
assemblaggio ha permesso di ottenere compositi simili all‟osso sia nella microstruttura che nella
composizione. Determinazioni microimagimg FT-IR hanno contribuito a definire le interazioni
strutturali fra nanocristalli di idrossiapatite e fibre di collagene e la distribuzione topografica di
HA/collagene su supporti di titanio in funzione del tempo. Risulta evidente un apprezzabile
aumento del grado di cristallinità della fase carbonato-idrossipatite insieme ad una parziale
sostituzione dei gruppi fosfato da parte di corrispondenti gruppi carbonato [1].
L‟attività di ricerca della nostra Unità, sta anche procedendo alla caratterizzazione spettroscopica di
film di matrici inorganico-polimeriche nanostrutturate bioassorbibili (idrossiapatite, biovetri,
poliesteri e polimeri naturali) contenenti fosfati di calcio e funzionalizzate superficialmente con
composti per l‟ancoraggio di molecole farmacologicamente attive a rilascio controllato.
Particolare attenzione è stata devoluta, avvalendosi del fattivo contributo della dottoressa Eleonora
Cibej (borsista del CIRCMSB), alla conversione di cristalli singoli di calcite biogenica in fosfati di
calcio in soluzioni di tampone fosfato tramite incubazione in condizioni ambientali e metodi
idrotermali (relazione allegata).
B) Microspettroscopia FT-IR imaging su fluidi biologici e su materiale da resezioni
chirurgiche
Si sono studiate tramite la microspettroscopia imaging, diverse patologie sia a livello di colture
cellulari che su sezioni da resezione chirurgica, in collaborazione, tra l‟altro, con strutture
dell‟Università Politecnica delle Marche (Dipartimento di Neuroscienze, gruppo di Istopatologia,
101
Clinica di Chirurgia Vascolare), dell‟Università di Verona, e della National Technical University di
Atene,
In particolare ci siamo occupati delle neoplasie del collo e della testa, del seno, del colon nonché
dell‟ateromasia carotidea.
Si sono analizzate linee cellulari e sezioni di tessuto interessate da zone neoplastiche. I risultati
dell‟analisi multivariata sono stati confrontati con modelli spettrali di proteine, acidi nucleici, lipidi
e altri componenti di sistemi biologici. Sono stati inoltre studiati alcuni rapporti di bande
rappresentative per differenziare i campioni sani da quelli malati e per valutare il grado di
avanzamento del tumore.
2) P. Bruni, M. Pisani, V. Finor
Complessi ternari lipidi-DNA-ioni metallici
Carrying on our work on the synthesis of new liposomes, we have prepared compounds which may
present interesting properties as vectors of DNA for gene therapy applications: these vectors have a
head formed by crown ethers. An interesting feature of such molecules is the possibility to modulate
the net surface charge of their complexes with metal cations, which is important in order to provide
efficient DNA transfections. Such molecules and the corresponding complexes have been
characterized by FT-IR spectroscopy and band attribution confirmed by Density Functional Theory
calculations. The net surface has been determined by means of Z potential analysis. Another
interesting result can be considered the finding that mixtures of DOPE and DOPE-PEG, in some
experimental conditions, induce a phase transition from the inverted hexagonal structure to a
bicontinuus inverted cubic phase. A result which may represent a significant progress toward a
design-based approach to drug delivery. Finally the CD38 mediated endocytosis for
immunoliposome internalisation has been studied, in consideration of the promising possibility to
use CD38 in antibody therapy.
102
UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “La Sapienza”
Direttore Scientifico: Prof.ssa Elena Borghi
Nel corso del 2008 l‟Unità Operativa dell‟Università "La Sapienza" di Roma ha operato secondo le
seguenti linee di ricerca:
1) Biosensori e Biostrumentazione
2) Metalloproteine come catalizzatori biologici
Biosensori e Biostrumentazione
Aspetti inorganici e bioinorganici nella chimica di sistemi macrociclici ad alta delocalizzazione
elettronica (porfirine, ftalocianine, porfirazine)
- Gruppo: M. P. Donzello, C. Ercolani, F. Monacelli, E. Viola (Roma - La Sapienza)
L‟attività scientifica del gruppo nel corso di circa un decennio e quindi anche per il 2008 si è
svolta nell‟ambito di un progetto di lavoro che ha come punto di partenza la sintesi di nuove classi
di macrocicli tetrapirrolici appartenenti alla classe delle porfirazine, quali le
tetrakis(tia/seleno)diazolporfirazine,
le
tetrakis(difenildiazepino)porfirazine
e
le
tetrakis(dipiridinopirazino)porfirazine, tutte aventi come elemento caratterizzante del sistema
molecolare la presenza nella parte periferica del core centrale porfirazinico anelli eterociclici che
portano atomi quali N, S, Se e che conferiscono ai sistemi molecolari nel loro complesso un
carattere fortemente elettron-deficiente. Questa comune situazione elettronica, in un contesto
molecolare, che presenta una estesa delocalizzazione elettronica, è stata estesamente esplorata
anche con studi elettrochimici molto accurati ed è chiara la tendenza di tutti i sistemi porfirazinici
già considerati ad assumere elettroni in processi generalmente monoelettronici, dando luogo alla
formazione di specie cariche negative -1, -2, -3, -4, con valori di potenziali (V vs SCE) che, in
solventi quali la piridina, il dimetilsolfossido e la dimetilformammide, sono decisamente meno
negativi di quelli osservati per la classe degli analoghi derivati metallici ftalocianinici, a
testimonianza di una tendenziale maggiore facilità a subire processi di riduzione,.
Tra gli orientamenti sviluppati verso aspetti applicativi, è stato portato avanti con determinazione
un tipo di ricerca che ha mirato a verificare per alcune serie di porfirazine, tra quelle studiate dal
gruppo, la loro potenziale azione di agenti anticancro nell‟ambito di una modalità terapeutica di
contrasto che va sotto il nome di Terapia Fotodinamica (PDT), un trattamento medico selettivo e
scarsamente invasivo in grado di curare in modo mirato ed efficace alcune forme di tumore ed una
serie di patologie degenerative. L‟effetto citotossico viene esercitato sulle cellule malate da alcune
specie molto reattive, tra le quali innanzitutto l'ossigeno di singoletto, 1O2, generato per
trasferimento di energia da una molecola fotoassorbente (sensitizer) in uno stato eccitato di tripletto
all'ossigeno molecolare. Il più serio contributo in questa direzione, anticipato in un brevetto
presentato nel 2007 (C.Ercolani, et al.: RM2007A000571; 29/10/07), ha riguardato une triade di
complessi di Pd(II) ottenuti dal legante tetrakis-2,3-[5,6-di-(2-pyridyl)-pyrazino]porphyrazine,
[Py8TPyzPzH2], aventi rispettivamente formula [Py8TPyzPzPd] (Figura 1A), il suo corrispondente
derivato ottacationico solubile in acqua (Figura 1B), e la specie omometallica pentapalladata (Figura
1C). Di quest‟ultima la struttura molecolare è stata studiata a fondo con dati sia sperimentali che
teorici, quali misure 1D
Cl
Cl
N
N
N
+
+N
CH3
Cl
H3C
Pd
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
+
N
N
H3C
N
+
N
Pd
N
N
CH3
N
N
N
N
N+
CH3
H3C
N
+
B
Figura 1
103
Pd
N
N
N
N
N
N
Cl
N
+
N
N
N
N
N
N
N
CH3
N
Pd
N
N
N
A
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
+
H3C
N
Pd
N
N
N
N
N
Cl
N
N
N
Pd
N
N
N
N
Cl
Pd
Cl
C
Cl
e 2D NMR, calcoli DFT, e supporti informativi provenienti dal precursore del macrociclo, la 2,3dicyano-5,6-di(2-pyridyl)-1,4-pyrazine, [(CN)2Py2Pyz] e dal suo derivato contenente una unità
PdCl2 coordinata sui due N atomi piridinici del sistema dipiridinopirazinico, con forti caratteristiche
di originalità strutturale, con un palladio centrale e quattro unità PdCl 2 che coordinate
perifericamente si proiettano al di fuori del piano molecolare (Donzello, M. P. et al., Inorg. Chem.,
2008, 47, 3903-3919). Orbene, si è osservato sperimentalmente che due su tre di tali sistemi
molecolari (Figura 1A,C), sulla base del loro comportamento in soluzione di DMF, sono attivi come
potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto, 1O2, con valori di resa
quantica
intorno a 0.8-0.9, e quindi potenziali agenti di contrasto al cancro nell‟ambito della PDT
(Donzello, M. P., et al., Inorg. Chem., 2008, 47, 3903-3919).
In analogia con il lavoro condotto sulla preparazione e lo studio dei complessi di Pd(II) sopra
descritti, la ricerca è stata fino ad oggi avviata con successo solo per l‟isolamento e la
cararterizzazione della specie pentametallica [(PtCl2)4Py8TPyzPzPt] che ha una struttura
molecolare analoga a quella della specie pentapalladata [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] di Figura 1c. Si
deve notare che il pentaplatinato ha nella zona periferica ben quattro funzionalità di tipo cisplatino, cosa che richiama il fatto che in termini di potenzialità come specie porfirazinica essa può
sia funzionare come fotosensibilizzatore in PDT ma anche come farmaco chemioterapico una volta
che siano stati risolti problemi di veicolazione in mezzo acquoso e verificato il suo livello di
tossicità. Tutta una serie di complessi pentametallici che hanno PdCl2 e PtCl2 coordinato a livello
periferico sono da tempo alla verifica delle loro proprietà come fotosensibilizzatori in PDT (dati
non pubblicati).
E‟ stata intrapresa negli ultimi mesi una linea di lavoro tendente alla sintesi di nuovi macrocicli
mono- e multimetallici di tipo pirazinoporfirazinico aventi alla periferia del macrocicli anelli
tiadiazolici. La molecola utilizzata come precursore della nuova serie di macrocicli è la 2,3diciano-5,6-di(2-tienil)pirazina (Figura 2), già noto in letteratura.
S
N
CN
N
CN
S
Figura 2: Struttura della 2,3-diciano-5,6-di(2‟-tienil)pirazina.
Dei nuovi macrocicli preparati sia mono- che pentametallici studi di caratterizzazione sono stati
fatti mediante spettroscopie convenzionali (IR, UV-visibile), 1D e 2D NMR, e studi preliminari
sono stati condotti sul tipo di risposta come fotosensibilizzatori in PDT. Motivo di notevole
interesse è la coordinazione di PdCl2 e PtCl2 sui gruppi tienilici esterni ai nuovi macrocicli, un tipo
di contatto M-S(tienilico) (M = Pd(II), Pt(II)) apparentemente molto raro nella letteratura meno e
più recente.
E‟ giunto a completamento (E. Viola et al., Eur. J. Inorg. Chem., 2009, in stampa) un lavoro
che riguarda una triade di complessi di Co(I), Co(II) e Co(III) del legante
“ottapiridinotetrapirazinoporfirazinico” riportato in Figura 1 ed aventi formule Na[Py8TPyzPzCo],
[Py8TPyzPzCo(DMSO)2] e [Py8TPyzPzCo](SbCl6). Il complesso Na[Py8TPyzPzCo] è un raro
esempio di un cromoforo tetrapirrolico contenente Co(I) isolato e caratterizzato allo stato solido
come specie pura. Il complesso [Py8TPyzPzCo(DMSO)2] è l‟unico di una lunga serie di specie
“pirazinoporfiraziniche” del quale la struttura sia stata risolta mediante raggi X.
Metalloproteine come catalizzatori biologici
L‟attività di ricerca si è articolata nell‟ambito della “Bio-X ray Absorption Spectroscopy (BioXAS)”
per i seguenti argomenti.
104
Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello
-Gruppo: E. Borghi
È stato messo a punto un nuovo approccio di analisi della regione a bassa energia dello spettro XAS
(regione XANES) modulando il segnale XANES con il programma MXAN. Un simile approccio di
modulazione del segnale XANES può essere usato per estrarre complete informazioni strutturali
dallo spettro di complessi modello biomimetici di struttura sconosciuta. Dati di letteratura mostrano
come il programma MXAN è stato applicato con successo alla risoluzione di strutture sconosciute
di metalloproteine e composti modello con varie strategie di minimizzazione, ma, usualmente, il
cluster strutturale di partenza viene scelto con dimensione più piccola possibile (circa la prima sfera
di coordinazione). Questo sia per il contributo dominante della prima sfera del centro metallico
assorbitore alla regione XANES, sia perché nell‟analisi strutturale di metalloproteine sconosciute o
di modelli biomimetici è importante almeno arrivare all‟identificazione strutturale dei donatorileganti della prima sfera del centro metallico. Si è considerata la famiglia dei composti di rame
mononucleari del legante poly(benzimidazolo) 2-BB, che hanno proprietà strutturali e/o di reattività
correlate a quelle dei derivati delle proteine emocianine (Hcs), essendo il legante 2-BB tridentato
con due N-imidazolici ed un N-ammino modello strutturale del motivo tris(imidazolo) presente
nelle Hcs ed in altri sistemi biologici. L‟approccio che è stato seguito nel nostro studio sui cationi
complessi del legante 2-BB considera clusters con dimensione opportuna (~ 6 Å) in modo da
includere tutto il legante. In questo modo è stato possibile sia risolvere le proprietà strutturali della
prima sfera di coordinazione sia mappare l‟intera struttura del catione complesso.
Elena Borghi and Luigi Casella “X-ray absorption spectroscopy quantitative analysis of
biomimetic copper(II) complexes with tridentate nitrogen ligands mimicking the tris(imidazole)
array of protein centers”, Inorg. Chem, 2008, ic-2008-01472x.
Caratterizzazione XAS alla soglia L3 del Pt di composti modello di platino(II)
- Gruppo: E. Borghi in collaborazione con L. Olivi “Sincrotrone ELETTRA di Trieste”
Sono stati considerati cis-[Pt(NH3)2Cl2], trans-[Pt(NH3)2Cl2], K2[PtCl4] e [Pt(NH3)4]Cl2 allo scopo
di testare la sensibilità della spettroscopia XAS alla soglia L3 del Pt a differenti intorni dell‟atomo
assorbitore, in presenza di una diversa geometria di legame e di differenti strutture. Questa linea di
ricerca riveste importanza per la mancanza di una banca dati di spettri XAS, e per i pochi lavori
d‟assorbimento X alle soglie (L1, L2, L3) del Pt disponibili in letteratura. Inoltre costituisce un test
metodologico (stesso/diverso intorno Z-tipo del legante, diverse distanze ed angoli tra i leganti,
diversa geometria di legame) per la procedura di simulazione del programma MXAN sulle soglie
L3 del Pt, avendo i quattro complessi considerati allo stato solido struttura cristallografica nota.
La simulazione per questi complessi deve tener conto degli effetti geometrici delle proprietà di
simmetria presenti, che provocano distanze intermolecolari, per cui è necessario considerare per la
simulazione cluster di atomi ad ampio raggio, e quindi non più centri mononucleari, ma bi- o trinucleari. La metodologia di calcolo è complessa. La simulazione è in corso.
Trasporto cellulare del platino: interazione di antitumorali a Pt con platinofili intra-cellulari e
proteine coinvolte nel trasporto di Cu
- Gruppo: E. Borghi in collaborazione con G. Natile, F. Arnesano, S. Scintilla ”Dipartimento
Farmaco-Chimico, Università di Bari”
Nell‟ambito di questa linea di ricerca, che si pone l‟obiettivo di contribuire a spiegare il
meccanismo di trasporto cellulare del platino. è stato attivato presso il laboratorio EMBL ad
Amburgo un progetto di spettroscopia XAS, alla soglia L3 del Pt. Il progetto XAS (regioni XANES
ed EXAFS) è parte di un approccio combinato di NMR strutturale, ESI-MS, CD-UV/Vis. Sono stati
considerati campioni in soluzione: a)composti modello di riferimento; b)Pt(II)-complessi senza
struttura cristallografica con differenti intorni di atomi donatori (N/Cl/S) e diversa ipotizzata
isomeria geometrica; c)complesso con glutatione (GSH) senza struttura cristallografica con
supposto cromoforo binucleare simmetrico [(N2)Pt(µ-GS)2Pt(N)2]. GSH è ritenuto rivestire un ruolo
105
importante nel trasporto cellulare degli antitumorali a platino; d)addotti dell‟octapeptide
MTGMKGMS, Mets7, con cisplatino e transplatino. Mets7 è strutturalmente simile al motivo ricco
in metionina della proteina Ctr1 coinvolta nel trasporto di Cu ed implicata nel meccanismo cellulare
del Pt. Per tutti i campioni considerati l‟analisi EXAFS di prima sfera di coordinazione è stata
effettuata. L‟analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS in approccio di multiplo scattering
EXAFS e XANES è stata iniziata ed è in corso.
106
UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “Tor Vergata”
Direttore Scientifico: Prof. Massimiliano Coletta
Nel corso del 2008 l‟Unità Operativa di Roma Tor Vergata ha effettuato una serie di ricerche sui
seguenti argomenti.
1) Emoproteine e composti modello
2) Metalloenzimi
3) Stress ossidativo
1) Emoproteine e composti modello
In questo campo le indagini si sono focalizzate su alcuni aspetti funzionali e strutturali di
emoproteine batteriche, quali la Protoglobina da Methanosarcina acetivorans, l‟emoglobina
troncata di classe P da Campylobacter jejuni e l‟emoglobina troncata di classe O da Mycobacterium
leprae. Per quanto riguarda la Protoglobina si è completata un‟indagine sulle proprietà funzionali
sia termodinamiche che cinetiche con leganti della forma Fe(II), quali O2 e CO. Ciò ha permesso di
evidenziare come tale proteina batterica mostri una cooperatività negativa nei confronti del legante
O2, associata ad una cinetica di dissociazione particolarmente lenta, che fa presumere che la sua
funzione prevalente non sia quella di trasportare gas. Accanto alla caratterizzazione funzionale si è
effettuata la risoluzione della struttura tridimensionale della Protoglobina, che ha permesso di
evidenziare la presenza di due canali di accesso al sito dell‟eme. Tale studio ha portato ad una
pubblicazione su EMBO Report (1). Lo studio sull‟emoglobina troncata di classe P da
Campylobacter jejuni è stata incentrata sulla sua reattività nei confronti dello ione CN- sia della
forma Fe(II) che della forma Fe(III). Tale indagine ha infatti evidenziato una reattività
particolarmente elevata nei confronti di questo ione, mai osservata in precedenza, che risulta essere
superiore di almeno tre ordini di grandezza rispetto a tutte le altre emoproteine investigate (anche di
altri batteri). Tale studio, che ha portato ad una pubblicazione su FEBS Journal (2), sembra essere in
linea con l‟ipotesi, formulata da altri, che tale classe di batteri sia esposta a concentrazioni anomale
di ione CN-. Lo studio sull‟emoglobina troncata di classe O da Mycobacterium leprae si è invece
focalizzato sulle proprietà di “scavenging” di perossido di Idrogeno (H2O2) e di NO da parte di
questa emoproteina. In particolare, tale studio ha evidenziato come, in condizioni di stress
ossidativo (in cui la formazione di ferrile Fe(IV)=O è particolarmente rilevante), la presenza di NO
è fondamentale per ridurre l‟eme a Fe(III) con produzione di NO2-; infatti, la cinetica di riduzione in
presenza di NO è inusualmente rapida rispetto alla maggior parte di emoproteine. Questa indagine,
che ha portato ad una pubblicazione su Biochemical Biophysical Research Communication (3), ha
permesso così di evidenziare un possibile meccanismo di detossificazione in questo batterio.
Accanto a questi studi sulle emoproteine batteriche, si sono effettuate delle indagini sull‟emealbumina. Tale forma dell‟Albumina ha infatti rilevanza fisiologica, poiché circa il 10%
dell‟Albumina circolante si trova nella forma legata all‟eme. Ciò la trasforma in una emoproteina
circolante, capace non solo di legare molecole quali O2, CO ed NO, ma in grado di modulare
allostericamente il legame di altre molecole in siti distinti dall‟eme. Tale indagine ha infatti
permessop di evidenziare come il legame all‟Albumina di alcuni farmaci antivirali, quali
l‟Abacavir, e cardioregolatori, quali la Warfarina, sia regolata dalla presenza di eme e di legandi
assiali dell‟eme. Tale indagine, pubblicata su Biochemical Biophysical Research Communications
(4), apre la visuale su possibili alterazioni del trasporto di farmaci da parte dell‟Albumina legate alla
presenza della forma legata all‟eme. Lo studio sull‟eme-albumina si è anche esteso alle proprietà di
“folding/unfolding”, che hanno permesso di evidenziare la presenza di una forma di “molten
globule”, che viene modulata dall‟interazione dell‟eme-albumina con acidi grassi , ed in particolare
da miristato. Lo studio, effettuato mediante tecniche di NMR e di dicroismo circolare, ha portato ad
una pubblicazione su Journal of Biological Inorganic Chemistry (5). Nell‟ambito di tale
problematica, si è anche studiata l‟interazione fra il citocromo c e la cardiolipina, reazione che ha
rilevanza patofisiologica per quanto riguarda i processi apoptotici. Tale indagine, che ha portato ad
107
una pubblicazione su Biochemistry (6), ha mostrato come tale interazione sia fortemente
cooperativa, coinvolgendo almeno quattro siti di interazione, e come essa comporti la rottura
iniziale del legame fra eme e Met80.
Nel campo delle emoproteine infine si è prodotta una pubblicazione sul meccanismo allosterico
nell‟emoglobina (7), con la formulazione di un meccanismo originale sulla cooperatività
nell‟emoglobina umana.
Infine, nell‟ambito dei composti modello, si è effettuato uno studio cinetico sull‟interazione fra
porfirine cationiche ed anioniche con templati poliaminoacidici di fenilalanina, che si strutturano in
-eliche. Si è così osservato che tale processo è caratterizzato inizialmente nei primi millisecondi
dalla collisione delle porfirine con il templato, seguita poi dalla formazione (entro circa 1 secondo)
di strutture ordinate di porfirine, che riproducono la struttura ad -elica. Tale indagine ha portato ad
una pubblicazione su Journal of American Chemical Society (8).
2) Metalloenzimi
Lo studio si è prevalentemente rivolto alla caratterizzazione del ruolo di alcune Metalloproteasi di
matrice (MMPs, che sono delle endopeptidasi con un atomo di Zn++ nel sito attivo con un ruolo
catalitico) in alcuni processi patologici, quali le malattie congenite connesse ad un‟incompleta
maturazione della proteina lamin A, che è il componente principale della membrana nucleare. Tali
patologie, classificate come laminopatie, sono caratterizzate da precoce invecchiamento tissutale
dovuto all‟azione insufficiente di alcune metalloproteasi. In tale ambito, abbiamo evidenziato un
ruolo prevalente da parte della MMP-9, che viene espressa in misura elevata in tali pazienti,
probabilmente a causa di un meccanismo compensatorio. Tale indagine ha portato ad una
pubblicazione su Clinical Genetics (9).
Nell‟ambito delle MMPs, abbiamo effettuato uno studio comparativo sulla struttura delle MMPs e
sui composti sintetici, che meglio agiscono da inibitori, al fine di ottimizzare le basi strutturali del
riconoscimento in queste MMPs si di inibitori che di substrati naturali. Tale studio ha portato ad una
pubblicazione su Current Medicinal Chemistry (10).
Per quanto riguarda la superossido-dismutasi (SOD) si sono effettuati degli studi di tipo
strutturale e funzionale nei confronti della Cu,ZnSOD da Haemophilus ducreyi, che hanno
permesso di caratterizzare le proprietà di legame di Cu(II) e Zn(II) della porzione N-terminale,
suggerendo il ruolo di tale dominio nella “cattura” di questi ioni. Tale indagine, che ha condotto ad
una pubblicazione su J. Inorg. Biochem. (11), ha anche evidenziato come tale interazione sia
modulata da condizioni ambientali. Si è inoltre effettuata un‟indagine sulla cinetica ultrarapida con
cui gli aminoacidi legano l‟eme in una Cu,Zn SOD batterica. Tale studio cinetico, pubblicato su
Biochemistry (12), ha mostrato che tale velocità riflette la barriera energetica per la formazione del
legame, che poi in altre proteine, in cui vi è la sostituzione del legando assiale da un legando
esogeno, viene sostituito con cinetiche molto più lente. Infine, un‟analisi all‟ultracentrifuga,
pubblicata su Archives of Biochem. and Biophys. (13), ha evidenziato come le Cu,Zn SOD
dimeriche di Salmonella typhimurium e di Photobacterium leiognathi abbiano un differente
dipendenza dalla prsenza del metallo nei confronti dell‟equilibrio monomero-dimero.
3) Stress ossidativo
Nell‟ambito di tale argomento si è continuato ad investigare il ruolo di della Cu,Zn SOD nel
difendere soprattutto alcune linee cellulari neuronali e alcuni batteri dallo stress ossidativo. In
particolare, si è evidenziato il ruolo della Cu,Zn SOD in cellule di neuroblastoma dopo soppressione
di sintesi da interferenza con RNA (14). Inoltre, si è caratterizzata la modulazione dell‟attività di
SOD in cellule neuronali e non da parte dell‟espressione di NOS (15). L‟importanza della Cu,ZN
SOD è stata anche dimostrata nel caso dei meccanismi di difesa da radicali dell‟ossigeno nelle
cellule batteriche di Salmonella typhimurium (16).
108
UNITA’ DI RICERCA DEL SALENTO
Direttore Scientifico: Prof. Francesco Paolo Fanizzi
L‟Unità di ricerca di Lecce è composta da chimici inorganici esperti di sintesi e da biologi, la cui
attività di ricerca si sviluppa nel settore di nuovi farmaci inorganici in oncologia, nello studio del
ruolo degli ioni metallici nelle patologie degenerative croniche e nel campo delle metalloproteine
come catalizzatori biologici.
Gruppo Prof. Francesco Paolo Fanizzi: Michele Benedetti, Antonella Ciccarese, Sandra Angelica
De Pascali, Paride Papadia, Danilo Migoni, Laura Del Coco, Daniela Antonucci, Cosimo Ducani.
L‟attività del gruppo di Chimica Generale ed Inorganica svolta nel contesto delle linee
programmatiche C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati,
inerenti principalmente la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”.
Sintesi e caratterizzazione strutturale di nuovi composti analoghi del cisplatino
conformazionalmente stabilizzati, target selettivi e biomimetici.
Alchilazione regiospecifica di fenoli e sintesi di complessi organometallici a base di Pt con
leganti N-donatori.
Sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi complessi del Platino del tipo [Pt(EtPh)(phen)] (1a)
(EtPh = 2-(etan-2'-yl-kC1)-1-fenolato-kO1, phen = 1,10-fenantrolina) e [Pt(MeOEtPh)(phen)]
(1b) (MeOEtPh = 2-(etan-2‟-yl-kC1)-4-(metossi)-1-fenolato-kO1).
Il meccanismo della reazione di formazione di tali complessi, preparati facendo reagire derivati
fenolici e [PtCl( -C2H4)(N–N)]+ o corrispondenti derivati alcossilati del tipo [PtCl( 1C2H4OR)(N–N)], R = alchile/arile, include una reazione di alchilazione regiospecifica in orto
dell'anello aromatico e/o la coordinazione dell'ossigeno fenolico al Pt. Tali complessi
organometallici, caratterizzati da un core metallo-cromano, sono strutturalmente simili alla
vitamina E.
I test biologici e la determinazione dell‟uptake del platino mostrano un'interessante correlazione
struttura-attività per i nuovi analoghi metallati dei cromani, in quanto i valori di citotossicità e
uptake del platino risultano considerevolmente maggiori per il complesso
[Pt(MeOEtPh)(phen)], che dal punto di vista strutturale è il più simile alla vitamina E, rispetto
al complesso [Pt(EtPh)(phen)].
Ulteriori studi, volti a verificare la possibilità di utilizzo di tali complessi per indirizzare un
metallo verso specifici target cellulari, consentiranno di investigare eventuali applicazioni di
questa nuova classe di complessi organometallici in campo terapeutico.
Possibile platinazione di DNA di nuova sintesi mediante inserimento di basi puriniche N-7
platinate da parte di una DNA polimerasi.
Questo lavoro di ricerca parte dall'ipotesi dell‟esistenza di un possibile meccanismo d'azione
differente da quello ormai accettato per il cisplatino. Generalmente, infatti, la metallazione del
DNA si realizza tramite reazioni dirette del substrato polinucleotidico con un complesso
metallico. In questo lavoro di ricerca sono stati messi a punto esperimenti in grado di
dimostrare che effettivamente un filamento di DNA di nuova sintesi può essere metallato, in
vitro, anche indirettamente, mediante inserimento, da parte di una DNA polimerasi, di purine
N7-platinate.
Il complesso di Pt utilizzato per tali esperimenti, [Pt-(dien)(N7-5‟-dGTP)] (dien =
dietilenetriammina, 5‟-dGTP=5‟-(2‟-deossi)guanosina trifosfato), è stato opportunamente scelto
come modello di monoaddotti di complessi di platino con derivati delle basi nucleiche, in
quanto, per l‟assenza di labili leganti cloruro, è incapace di dare sistemi chelati, come avviene
109
invece per i derivati del cisplatino.
La preventiva metallazione, in vivo, di basi libere da inserire successivamente nel DNA apre
interessanti prospettive nella sintesi di nuovi farmaci antitumorali contenenti metalli. Per questo
sono anche stati effettuati dei test di citotossicità su cellule tumorali HeLa, che hanno dato
risultati interessanti.
Potenziali farmaci antitumorali: complessi cationici del tipo [PtCl(η2-C2H4)(R,R and S,SDACH)]+
Tra i farmaci antitumorali a base di Platino, solo l'ossaliplatino, [(R,R-1,2-diaminocicloesano)
(ossalato-O,O’)platino(II)], mostra uno spettro di attività più ampio rispetto al cisplatino e la
capacità di aggirare la resistenza intrinseca o acquisita di alcuni tumori al cisplatino e al
carboplatino. Di recente è stato messo in evidenza che interazioni tra l‟aquo-specie cationica
dell'ossaliplatino e i Trasportatori umani di Cationi Organici (hOCT) aumentano l'attività
antitumorale del farmaco. Abbiamo pertanto continuato gli studi sui complessi cationici di Pt(II)
da noi sintetizzati, contenenti lo stesso legante carrier dell'ossaliplatino, [PtCl( 2-C2H4)(R,RDACH)]+, 1 , e [PtCl( 2-C2H4)(S,S- DACH)]+, 2. Tali complessi cationici, solubili in acqua,
vanno incontro a perdita dell'olefina coordinata e/o del cloruro, per dare mono-aquo e di-aquo
specie cationiche, analogamente all'oxaliplatino. Inoltre gli esperimenti di “time course”
mostrano che la citotossicità di 1 e 2 aumenta considerevolmente nel tempo. Saggi clonogenici
di sopravvivenza su diverse linee cellulari rivelano un'alta citotossicità in vitro di cisplatino e
oxaliplatino rispetto a 1 e 2. D'altra parte la differenza di citotossicità tra 1/2 e
cisplatino/oxaliplatino è fortemente ridotta nelle cellule MCF-7, resistenti al cisplatino, rispetto
alle cellule HeLa, sensibili al cisplatino. La decomposizione del complesso 1 genera prodotti
simili a quelli ottenuti dal pathway di decomposizione dell‟ossaliplatino. Questo suggerisce un
possibile uso del complesso 1 come pro-farmaco antitumorale.
Sono, inoltre, stati effettuati degli studi, attraverso l‟applicazione di tecniche spettroscopiche
NMR, di campioni biologici di interesse in campo medico, farmaceutico ed agroalimentare, in
particolare mediante la determinazione di profili metabolici atti a definire particolari condizioni
patologiche in ambito sanitario o a garantire caratteristiche di unicità di specifiche filiere
produttive.
Applicazioni della spettroscopia NMR alla discriminazione delle varietà di olive impiegate
nella produzione di oli extravergini di oliva pugliesi.
Negli ultimi anni l‟olio extravergine di oliva è stato rivalutato per i suoi indiscussi effetti benefici
sulla salute umana. L‟assunzione nella dieta di olio extravergine di oliva, rispetto ai grassi animali e
vegetali idrogenati, è stata associata ad un più basso rischio di insorgenza di patologie
cardiovascolari e di alcuni tipi di tumore. Inoltre, il germoplasma olivicolo italiano, che annovera
anche esemplari ultramillenari e genotipi rari, rappresenta un patrimonio di straordinario interesse,
una sorgente di variabilità genetica, utile ai fini del miglioramento genetico varietale. L‟olio
extravergine di oliva è, nella realtà mediterranea, un prodotto cardine dell‟economia, basato su
varietà locali a forte tipizzazione regionale. Abbiamo quindi ritenuto interessante effettuare degli
studi su campioni di olio extravergine di oliva monovarietale, utilizzando metodiche di indagine
integrate, come la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (1H e 13C NMR) in combinazione
con l‟analisi statistica multivariata. In un primo studio, i campioni in esame sono stati forniti da
frantoi delle province di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto. L‟applicazione della spettroscopia 1H e 13C
NMR ha permesso di ottenere, senza alcun pretrattamento, una caratterizzazione chimica dei
campioni di olio. Le risultanti variabili (frequenze di risonanza) degli spettri 1H NMR sono state
utilizzate sia per l‟analisi qualitativa e quantitativa delle componenti maggioritarie (trigliceridi) e
minoritarie nel campione esaminato (aldeidi, terpeni, squalene, β-sitosterolo) che per la
discriminazione della cultivar e della provenienza geografica. Per ciascun campione è stato
effettuata, a partire dagli spettri 1H NMR, la valutazione del numero di iodio (grado di
insaturazione). I risultati ottenuti dalla sola analisi condotta sulle variabili derivanti dagli spettri
protonici sono del tutto comparabili con i dati ottenibili attraverso analisi convenzionali eseguite su
campioni di olio extra vergine di oliva.
110
Come risultato dell‟analisi statistica, i campioni di olio d‟oliva sono stati classificati sia sulla base
della loro provenienza geografica che della cultivar di appartenenza. Questo dato è fornito per la
maggior parte dalle intensità dei segnali NMR corrispondenti alle componenti minoritarie dell‟olio
d‟oliva, legate alle condizioni pedoclimatiche della zona di produzione dell‟olio d‟oliva.
Le intensità opportunamente selezionate tramite lo studio di spettri 1H NMR sono state sottoposte
ad analisi multivariata descrittiva (analisi ad albero, HCA e analisi delle componenti principali,
PCA) ed analisi multivariata discriminante (analisi discriminante lineare, LDA).
L‟analisi LDA, applicata sui campioni di olio extravergine di oliva monovarietale, ha mostrato un
elevato grado di attendibilità per la discriminazione della cultivar (circa 90% di corretta
attribuzione) ed un buon grado di attendibilità per la discriminazione della provenienza (circa 75%
di corretta attribuzione). In un secondo studio, i campioni in esame (di origine geografica ristretta
alla sola zona di produzione della provincia di Bari) sono stati prodotti nei laboratori dell‟Istituto
Agronomico Mediterraneo di Bari (I.A.M.B.) utilizzando un micromolitore. Previa raccolta di
materiale vegetale giovane, è stata effettuata l‟analisi di marcatura molecolare del tessuto fogliare
(attraverso SSRs - Simple Sequence Repeats), al fine di identificare con certezza la cultivar (il
genotipo) della pianta. A partire dalle olive, raccolte dalle piante già identificate, è stato possibile
ottenere oli extravergine di oliva monovarietali di attribuzione genetica certificata. In prossimità
degli apparati radicali delle piante, sono stati inoltre eseguiti campionamenti di suolo per la
caratterizzazione fisico-chimica dei principali elementi nutritivi dei sistemi ambientali di
riferimento.
Lo studio LDA ha mostrato un elevato grado di attendibilità per la discriminazione della cultivar
(circa 90% di corretta attribuzione). Dove possibile, è stata correlata la composizione del suolo in
micronutrienti con il contenuto percentuale dei vari acidi grassi (acido oleico, linoleico, linolenico,
acidi grassi saturi) e delle componenti minoritarie presenti nei campioni di olio. Utilizzando il
modello lineare per l‟analisi di regressione è stato osservato che le differenti variabili di risposta
testate (acidi grassi insaturi e componenti minoritarie dell‟olio) risultano influenzate principalmente
dal contenuto totale dei principali metalli presenti nel suolo.
L‟insieme dei dati ottenuti nelle diverse indagini ha permesso di correlare alcune caratteristiche
chimiche ricavate tramite l‟analisi 1H-NMR degli oli di oliva monovarietali (composizione in acidi
grassi, grado di insaturazione, composizione in componenti minoritarie) direttamente alla cultivar
ed alle caratteristiche del suolo. Tali correlazioni possono trovare risvolti applicativi sia in fase di
produzione, ai fini dell‟ottimizzazione della composizione in acidi grassi degli oli di oliva
multivarietali, sia ai fini della tracciabilità delle materie prime utilizzate per produrre questo
importantissimo alimento. Potrebbero inoltre essere utilizzate come metodica di verifica della
qualità del prodotto (invecchiamento, sofisticazioni, contaminazioni) ed anche come metodica di
caratterizzazione della provenienza.
Sarebbe auspicabile estendere lo studio preliminare a una o più zone di produzione (Puglia e bacino
mediterraneo) ed espandere la libreria di spettri NMR di olio extravergine di oliva monovarietale
corredati dalla caratterizzazione genetica delle cultivar utilizzate, ottenuta mediante l‟utilizzo di
marcatori molecolari.
Analisi NMR di metaboliti presenti in campioni biologici di pazienti diabetici sottoposti ad
Ossigeno Terapia Iperbarica.
Per la prima volta sono stati effettuati studi di metabolomica mediante spettroscopia NMR su
campioni di essudati di ulcere, provenienti da pazienti diabetici sottoposti ad Ossigeno Terapia
Iperbarica (OTI). La formazione di lesioni ulcerose agli arti inferiori rappresenta una delle
complicanze croniche associate al diabete mellito tipo 2. Il principale fattore di rischio è
rappresentato dall‟elevata concentrazione di glucosio nel sangue (iperglicemia), che favorisce la
formazione di placche aterosclerotiche. La riduzione del flusso ematico nei vasi interessati dalla
lesione aterosclerotica determina uno scarso apporto di ossigeno ai tessuti ipoirrorati. In tali
condizioni, sono compromessi normali processi fisiologici come la riparazione delle lesioni
cutanee. Inoltre, le lesioni ulcerose possono facilmente andare incontro ad infezioni da parte di
batteri anaerobi o flora microbica mista (aerobi-anaerobi). L‟infezione più grave è quella causata
dal Clostridium Perfringens, l‟agente patogeno della “Gangrena Gassosa”, che rende necessaria
111
l‟amputazione di porzioni del piede o, addirittura, la sua completa asportazione. Studi clinici su
pazienti con ulcere ischemiche gravi, a rischio di amputazione e non responsive ad altri trattamenti,
non rivascolarizzabili, hanno dimostrato l‟efficacia della Ossigeno Terapia Iperbarica (OTI) nel
ridurre la necessità di amputazioni maggiori (sopra e sotto il ginocchio) e minori (limitate al piede)
degli arti inferiori. L‟aumentato apporto di ossigeno ai tessuti lesi, in seguito a terapia iperbarica,
favorisce l‟attivazione delle pathway implicate nei processi riparativi, sino ad avere, in alcuni casi,
anche la risoluzione completa dell‟ulcera, senza ricorso all‟amputazione.
In collaborazione con il gruppo di ricerca di Anatomia Umana, diretto dal prof. Giuseppe Nicolardi,
del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Ambientali dell‟Università del Salento, e con
il Centro Iperbarico “Nike” di Lecce, sono stati analizzati, attraverso spettroscopia NMR, campioni
di essudati di ulcere provenienti da undici pazienti diabetici in terapia iperbarica, al fine di
individuare una possibile correlazione tra la composizione metabolica degli essudati e lo stato di
guarigione delle ferite. Il campionamento degli essudati su ogni singolo paziente è stato effettuato
in diversi momenti della terapia OTI, in relazione al decorso della malattia.
Mediante l'analisi di spettri 1D e 2D 1H NMR (zg, zgpr, cpmg, J-res, COSY) è stata rilevata la
presenza di un numero di composti a basso peso molecolare (< 1KDa) superiore a 30. Le
concentrazioni (mM) dei metaboliti ed i relativi valori percentuale normalizzati sono stati calcolati
riferendo il valore degli integrali dei cross-peak degli esperimenti 2D J-res a quello di uno standard
(TSP) a concentrazione nota. I risultati del nostro studio hanno evidenziato: i) una correlazione tra
la diminuzione della concentrazione di lattato e l'attivazione di processi di guarigione; ii) comparsa
ed aumento del citrato dopo diversi cicli di terapia; iii) diminuzione delle concentrazioni di alcuni
aminoacidi abbondanti nelle proteine della matrice extracellulare, in relazione all'attivazione dei
processi riparativi, e, al contrario, un aumento della concentrazione degli stessi in situazioni di
scarsa tendenza alla guarigione.
Gruppo Prof. Marsigliante Santo: Muscella Antonella, Calabriso Nadia, Vetrugno Carla.
Valutazione dell’attività citotossica di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] nel cancro mammario.
L‟unità coordinata dal prof. Marsigliante ha continuato la caratterizzazione biologica di [Pt(O,O‟acac)( -acac)(DMS)]. Questo complesso contiene acetilacetonato (acac) e dimetilsolfuro (DMS)
nella sfera di coordinazione del Pt, ha una ridottissima reattività con le nucleobasi e una specifica
reattività con ligandi solforati, suggerendo che i bersagli cellulari preferiti possano essere i tioli
proteici. Ne avevamo ipotizzato l‟efficacia anche verso tumori cisplatino-resistenti/refrattari sulla
base della possibile presenza di bersagli proteici tumore-specifici. La valutazione della
citotossicità/resistenza cellulare di [Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)] era già stata effettuata in varie
cellule di carcinoma mammario, prendendo come modello principale la linea cellulare MCF-7,
quella più utilizzata e nota tra quelle disponibili (tumorali ER-positive MCF-7; tumorali ma ER
negative MDA-MB-131, SKBr3 e HCC-1937 e cellule sane MCF-10A (non tumorigeniche) ed
HBL-100 (tumorigeniche)). Con questo pannello di linee, abbiamo stabilito il potenziale clinico di
[Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)]) nella mammella; il dato più interessante è stato che le cellule MCF7 sono risultate particolarmente sensibili all‟azione tossica di [Pt(O,O’-acac)( -acac)(DMS)],
rispetto alle corrispettive cellule mammarie sane rappresentate dalla linea cellulare MCF-10A.
Il cisplatino induce morte cellulare per apoptosi ed è considerato il risultato soprattutto della sua
abilità a danneggiare il DNA, sebbene eserciti anche azioni citotossiche non genomiche in cellule
anucleate di rene (Yu et al, 2008 Am J Physiol Renal Physiol 295, F44-F52). Anche [Pt(O,O‟acac)( -acac)(DMS)], con un meccanismo differente dal cisplatino, è in grado di indurre morte
cellulare per apoptosi come dimostrato dall‟attivazione di enzimi proteolitici, le caspasi (che
svolgono un ruolo critico nell‟induzione di tale processo), dal clivaggio di proteine come
poly(ADP-ribose)poliymerase (PARP) e dalla frammentazione del DNA. Le cellule MCF-7 sono
relativamente resistenti a molti agenti chemioterapici, incluso il cisplatino (Janicke et al., 1998 J
Biol Chem 273 9357–9360; Blanc et al., 2000 Cancer Res 60 4385–4390), perchè non esprimono la
caspasi-3 (Blanc et al., 2000 Cancer Res 60 4385–4390). Tuttavia se sottoposte al trattamento con
[Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)] vanno incontro ad apoptosi con attivazione della caspasi-7. Questa
112
caspasi è altamente connessa alla caspasi-3, infatti entrambe in vitro possiedono lo stesso substrato
sintetico (Wei et al., 2000 Chem Biol 7 423–432), suggerendo che possono avere un ruolo
sovrapposto durante l‟apoptosi (Riedl et al., 2001 Proc Natl Acad Sci USA 98 790–795). La caspasi9 è noto essere coinvolta nell‟attivazione della caspasi-7, anche se sono state descritte alcune vie
alternative (Boatright & Salvesen, 2003 Curr. Opin. Cell. Biol. 15 725–731). Il trattamento sia con
cisplatino che con [Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)] provoca l‟attivazione della caspasi-9 che procede
insieme alla caspasi-7, indicando il coinvolgimento della via apoptotica mitocondriale (Muscella et
al., 2008 Br J Pharmacol. 153 34-49).
In conclusione i risultati ottenuti incoraggiano la continuazione di questo studio allo scopo di
chiarire i meccanismi di azione e la comprensione delle vie di trasduzione coinvolte nella risposta
cellulare a questo nuovo complesso del platino (II). Si impiegherà un modello di cellule epiteliali
mammarie umane in coltura primaria, coppie di colture sane e tumorali provenienti dalla stessa
paziente. L‟uso di questo sistema cellulare deriva del fatto che seppur i complessi di Pt non sono il
trattamento di prima linea nel cancro mammario, essi sono attivi in quello metastatico non trattato
(Decatris et al., 2004 Cancer Treat. Reviews 4 53–81) e migliorano l'efficacia di altri farmaci tipo
taxani o herceptina (Slamon & Pegram 2001 M. Semin. Oncol. 28 13-19). Dunque, anche in questa
specifica neoplasia, lo sviluppo di nuovi composti di Pt e la loro iniziale caratterizzazione
molecolare e funzionale appaiono obiettivi con importanti ricadute pratiche.
Gruppo di ricerca diretto dal prof. T. Schettino: Maria Giulia Lionetto, Maria Elena Giordano,
Roberto Caricato, Elisa Erroi, Antonio Calisi .
Nel corso dell‟anno 2008 il gruppo di ricerca diretto dal prof. Schettino ha continuato lo studio del
metalloenzima anidrasi carbonica e, in particolare, della sua sensibilità in vitro alle principali classi
di contaminanti chimici ambientali, intrapreso negli anni precedenti. L‟anidrasi carbonica è un
metalloenzima che catalizza la reazione reversibile di idratazione dell‟anidride carbonica a
bicarbonato. Tale enzima ha un‟ampia diffusione nel mondo vivente, essendo presente in alcuni
batteri, nelle piante e negli animali. Il sito attivo dell‟enzima è localizzato in una profonda tasca,
situata nel centro della molecola in cui è alloggiato lo ione Zn2+ che si lega a tre residui di istidina
della proteina.
Nel corso del 2008, inoltre, il gruppo di ricerca del prof. Schettino ha proseguito lo studio,
intrapreso negli anni precedenti, delle metallotioneine, proteine citoplasmatiche ad elevata affinità
per i cationi dei metalli pesanti, su organismi sentinella della qualità del suolo, quali i lombrichi, ai
fini dello studio della contaminazione del suolo da metalli pesanti.
Gruppo Prof. Michele Maffia: Raffaele Acierno,
Rizzello, Emanuela Urso, Daniele Vergara.
Antonio Danieli, Marilena Greco, Antonia
Il rame è un micronutriente essenziale presente in tracce in tutti gli organismi. Le particolari
proprietà ossido-riduttive di questo ione metallo ne giustificano il ruolo come cofattore catalitico
per numerosi enzimi coinvolti in processi biochimici basilari (respirazione mitocondriale, difesa
cellulare contro lo stress ossidativo). La stessa natura reattiva dello ione rame, se non
opportunamente “gestita” dalla cellula, può dare origine alla formazione di radicali idrossilici, in
grado di danneggiare irreversibilmente lipidi, proteine ed acidi nucleici. Per questo motivo, il
metabolismo cellulare del rame è finemente regolato da una complessa rete di trasportatori e
proteine “chaperon”. Il carrier Ctr1 media selettivamente l‟ingresso degli ioni Cu(I) nelle cellule.
Recentemente è stato, inoltre, dimostrato come anche la proteina DMT1 sia in grado di trasportare
ioni rame in forma mono- e divalente. Tuttora controverso è il ruolo della Proteina Prionica
Cellulare PrPC, che, localizzata sul versante extracellulare delle membrane cellulari e data l‟elevata
affinità di legame per gli ioni Cu(II), sembrerebbe potenzialmente in grado di mediare l‟uptake
cellulare del metallo. Non esistono, tuttavia, prove dirette e inconfutabili che questo avvenga.
Nel compartimento citosolico, tre proteine “chaperon”, Atox1, CCS e Cox17 veicolano il
rame verso specifici compartimenti subcellulari ed enzimi che lo richiedono come cofattore,
rispettivamente le membrane dell‟apparato di Golgi, la Superossido dismutasi citosolica e i
113
mitocondri. L‟efflusso cellulare dello ione avviene essenzialmente ad opera delle proteine di
Menkes (ATP7A) e Wilson (ATP7B), ATPasi di tipo P localizzate a livello dell‟apparato di Golgi,
dove presiedono all‟incorporazione del rame nella struttura dei cuproenzimi. In presenza di un
eccesso del metallo nel citosol, entrambe si localizzano a livello della membrana plasmatica,
mediandone l‟efflusso.
Sebbene sia ormai ben noto il coinvolgimento di dismetabolismi del rame nell‟insorgenza di
numerose patologie neurodegenerative, in ogni caso legate ad un ridotto assorbimento dello ione e/o
ad una distribuzione tissutale deficitaria, i meccanismi che regolano l‟omeostasi cellulare dello ione
a livello nervoso sono ancora poco chiari. Per questa ragione, la presente Unità Operativa ha
orientato la propria attività di ricerca alla ricostruzione dei meccanismi che sovrintendono
all‟omeostasi cellulare dello ione rame in un modello di origine nervosa esposto a carenza di rame.
In particolare, gli studi sono stati condotti su una linea cellulare derivata dal Sistema Nervoso
Centrale di ratto (linea B104). L‟utilizzo della trientina, comune chelante degli ioni rame e farmaco
largamente utilizzato nel trattamento del morbo di Wilson, ci ha consentito di riprodurre
sperimentalmente una condizione di deficit di rame extracellulare.
Preliminarmente è stato effettuato uno studio della vitalità cellulare (MTT test, test di
esclusione del Trypan Blue) in risposta al trattamento con dosi crescenti di trientina (0-100 μM) per
48 e 96 ore. Sulla base dei dati acquisiti, si è scelto di impiegare per le successive valutazioni una
concentrazione di trientina nel mezzo extracellulare pari a 15 μM, valore in corrispondenza del
quale si è osservata una modesta riduzione della vitalità cellulare dopo 96 ore di trattamento e,
presumibilmente, sono evidenziabili delle alterazioni del metabolismo cellulare non riconducibili
all‟attivazione dei meccanismi tipicamente associati alle fasi conclusive del processo di morte
cellulare. Per chiarire in che misura una carenza di rame rappresenti uno stimolo pro-apoptotico, si
è scelto di utilizzare come parametro di riferimento l‟attività dell‟enzima caspasi-3 (test
colorimetrico basato sulla quantificazione spettrofotometrica dell‟attività proteolitica sul substrato
cromogeno DEVD-pNA). Un aumento dell‟attività proteasica, sebbene modesto, è stato osservato
in risposta al trattamento con trientina per 24, 48 e 96 ore, a conferma dell‟induzione di una
condizione di stress ossidativo nel modello B104 .
Allo scopo di evidenziare l‟eventuale attivazione di meccanismi di regolazione trascrizionale
in risposta ad una ridotta disponibilità di rame nel mezzo extracellulare, sono state condotte delle
analisi di tipo Real Time PCR su campioni di RNA estratto da cellule pre-incubate in presenza di
trientina per 48 e 96 ore. L‟attenzione è stata focalizzata sulle principali proteine coinvolte nel
trasporto cellulare degli ioni rame, quali il trasportatore ad elevata affinità Ctr1, la proteina DMT1,
la proteina prionica cellulare PrPC, il cui coinvolgimento è tuttora presunto, e la proteina di Menkes
(ATP7A). I dati acquisiti sono stati integrati da un‟analisi dei livelli di espressione proteica
mediante Immunoblotting.
Lo studio dei livelli di trascritto relativi al trasportatore Ctr1 (gene SLC31A1) nelle cellule
esposte a deprivazione di rame ha evidenziato un lieve e significativo incremento rispetto alla
condizione di coltura standard (test ANOVA, p<0.05), indipendentemente dalla durata del
trattamento. Data l‟elevata riproducibilità del risultato acquisito (basso indice di variabilità interassay), si può ragionevolmente ritenere che una carenza di rame intracellulare incida sul processo di
trascrizione del gene SLC31A1, dato confortato in letteratura da un recente articolo, che illustra
come in cellule di mammifero i livelli di trascritto relativi al carrier hCtr1 siano correlati in maniera
inversa con la disponibilità di rame attraverso l‟intervento del fattore si trascrizione Sp1 [Song I.-S.
et al. (2008) Mol Pharmacol 74: 705-713]. A dispetto di un maggior quantitativo di messaggero,
l‟espressione proteica del trasportatore Ctr1 in risposta a carenza di rame è risultata invariata.
Questa apparente discrepanza suggerisce la possibilità che la proteina possa essere soggetta a
meccanismi di regolazione post-traduzionale (es. endocitosi seguita da degradazione), funzionali ad
un‟intensificazione dell‟intake cellulare di rame.
Per quanto concerne la proteina prionica cellulare PrPC, si è potuto rilevare come un
inadeguato apporto di rame nel mezzo extracellulare generi nelle cellule B104 un incremento
graduale dei livelli di mRNA, fino a sette volte il valore standard dopo 96 ore di trattamento con
trientina. A questo dato ha fatto riscontro un aumento dell‟espressione proteica, già consistente
dopo 48 ore di incubazione in presenza del chelante (test ANOVA, p<0.01). Protraendo il
114
trattamento per 96 ore, l‟incremento è risultato ancora più evidente rispetto ai livelli di espressione
standard (ANOVA, p<0.001). Nell‟insieme, i dati acquisiti dimostrano un coinvolgimento della
proteina prionica nei meccanismi di regolazione dell‟omeostasi cellulare dello ione rame.
Per quanto riguarda il trasportatore DMT1, non è stata constatata nelle B104 alcuna
variazione nei livelli di espressione in risposta a carenza di rame. Nel caso della proteina di Menkes,
come atteso, è stato ottenuto un risultato analogo. E‟ noto, infatti, come il coinvolgimento della
proteina nei meccanismi di regolazione dell‟omeostasi cellulare del rame passi esclusivamente
attraverso una ridistribuzione subcellulare della proteina subordinata ai livelli citosolici dello ione.
Lo studio di possibilii alterazioni dei flussi cellulari del metallo in risposta alle condizioni
sperimentali sopra descritte è stato condotto tramite una metodica di analisi fluorimetrica basata
sull‟utilizzo dell‟indicatore fluorescente sensibile al rame Phen Green SK. Sono state elaborate le
curve cinetiche relative all‟uptake di rame in cellule controllo e trattate con trientina per 48 e 96 ore.
Il profilo della curva riferita alle cellule B104 deprivate di rame per 48 ore è risultato nettamente
distinto da quello iperbolico, caratteristico di cellule tenute in coltura in condizioni standard. In
particolare, per concentrazioni di rame extracellulare inferiori a 0.5 μM, la velocità di uptake è
risultata maggiore rispetto a quanto osservato per le colture controllo. In presenza di concentrazioni
di rame superiori a 0.5 μM, è stata osservata, invece, una graduale riduzione dei valori di velocità.
Tale andamento bifasico potrebbe essere interpretato alla luce del dato sperimentale sopra riportato,
relativo all‟induzione di una maggiore espressione della PrPC in risposta a carenza di rame cellulare.
La proteina prionica, in virtù della sua elevata affinità per gli ioni Cu2+, potrebbe essere
responsabile dei flussi rapidi di rame in ingresso nelle cellule osservati in presenza di basse
concentrazioni extracellulari dello ione (fino a 0.5 μM). L‟accumulo di ioni nel citosol potrebbe, per
concentrazioni di rame extracellulare superiori a 0.5 μM, indurre l‟attivazione di un pool di CuATPasi deputate all‟efflusso cellulare del rame in eccesso, determinando, così, un‟apparente
riduzione della velocità di ingresso cellulare dello ione. Rispetto alla curva cinetica riferita al
trattamento con trientina per 48 ore, il contributo del carrier Ctr1 risulta poco probabile, date le sue
caratteristiche di affinità per il substrato (Km 1-5 μM) ed il range di concentrazioni di rame testate.
Tuttavia, non si può escludere che questo trasportatore coadiuvi secondariamente la proteina
prionica nel processo di trasporto ionico. E‟ stato dimostrato come gli ioni Cu2+ stimolino
l‟endocitosi della proteina prionica cellulare. E‟ possibile che il rame rilasciato nelle vescicole
intracellulari, evidentemente più concentrato che nel mezzo extracellulare, attivi, previa riduzione
(Cu+), i trasportatori Ctr1 presenti sulle membrane, consentendo il passaggio del metallo nel citosol.
Per quanto riguarda lo studio del trasporto di rame in cellule B104 deprivate di rame per 96
ore, il profilo della curva cinetica elaborata è risultato simile a quello ottenuto per le cellule
controllo, sebbene sia stata rilevata una riduzione del valore della velocità massimale, come
probabile conseguenza di un minor numero di trasportatori attivi.
L‟ipotesi che la proteina prionica possa essere uno degli interpreti principali dei flussi di rame
in ingresso nella cellula ha suggerito una serie di indagini mirate a valutare in che misura il
trasporto cellulare di rame possa essere compromesso dalla rimozione enzimatica della proteina
prionica ancorata al versante extracellulare della membrana plasmatica o dall‟inibizione dei
processi di endocitosi. In entrambi i casi, è stata riscontrata una sensibile riduzione dei flussi rapidi
di rame in ingresso nelle cellule, a conferma di un effettivo coinvolgimento della PrP C in questi
processi.
Al fine di studiare in modo dettagliato gli effetti di un‟alterata disponibilità di rame sulla
morfologia cellulare, è stato intrapreso uno studio mediante Microscopia a Forza Atomica.
Preliminarmente sono state acquisite delle immagini in scala nanometrica da colture controllo della
linea B104 e sono state effettuate delle ricostruzioni tridimensionali, per poter avere una visione
dettagliata della superficie cellulare. Si è proceduto, quindi, con un‟analisi di preparati ottenuti da
colture esposte a deprivazione di rame per intervalli di tempo crescenti e ad un eccesso dello ione
per pochi minuti. L‟indagine, condotta su più linee cellulari (B104, SH-SY5Y, GN11, HeLa), è
tuttora in corso e ha fornito degli spunti interessanti, che meritano, però, un ulteriore
approfondimento.
Nell‟intento di proporre un nuovo approccio all‟analisi dell‟interazione tra la proteina prionica
cellulare e gli ioni Cu2+, si è deciso di intraprendere uno studio mediante Spettroscopia Raman.
115
L‟impiego di questa tecnica estremamente sensibile e non invasiva consente, infatti, di
caratterizzare i campioni biologici da un punto di vista biomolecolare attraverso l‟acquisizione di
spettri che forniscono informazioni sui gruppi funzionali e sui loro modi vibrazionali. Nel caso della
linea cellulare B104, si è lavorato preliminarmente alla messa a punto di substrati di crescita tali da
intensificare i segnali di emissione durante l‟acquisizione degli spettri, riducendo, allo stesso tempo,
i segnali aspecifici (Surface-enhanced Raman Spectroscopy). In particolare, le cellule sono state
tenute in coltura su vetrini trattati con una soluzione colloidale d‟oro e sono stati acquisiti gli spettri
Raman prima e dopo una breve incubazione delle cellule in presenza di rame. Il confronto dei
profili così ottenuti ha consentito di evidenziare delle variazioni, che, sulla base dei dati disponibili
in letteratura, è stato possibile porre in relazione con la formazione di legami tra gli ioni rame e la
porzione N-terminale della proteina prionica. L‟analisi descritta è stata riproposta utilizzando altre
linee cellulari (SH-SY5Y, GN11, HeLa) e comparando parallelamente i livelli di espressione della
PrPC mediante Western Blotting. Lo studio degli spettri acquisiti prima e dopo una breve
incubazione delle colture in presenza di rame ha rivelato come per ciascuna linea cellulare l‟entità
delle variazioni registrate sia proporzionale ai livelli di espressione della PrPC. Questo dato
suggerisce la possibilità concreta che la Spettroscopia Raman possa configurarsi come strumento di
quantificazione dei livelli di espressione della proteina prionica cellulare in sistemi biologici
complessi.
116
UNITA’ DI RICERCA DI SIENA
Direttore Scientifico: Prof. Piero Zanello
Come ormai tradizionale, l'Unità di Ricerca di Siena nel corso del 2008 ha proseguito
ricerche e studi su molecole di interesse biomedico e farmacologico avvalendosi delle competenze
specifiche dei diversi gruppi componenti l‟unità, competenze che spaziano dalla sintesi alla
caratterizzazione chimico-fisica (strutture molecolari mediante tecniche a Raggi X e mediante
tecniche spettroscopiche, proprietà elettro- e spettroelettro-chimiche e capacità complessante di
metalloleganti mediante misure calorimetriche), alla caratterizzazione farmaco-bio-medicale. Gran
parte di tali indagini sono state condotte in collaborazione con gruppi di ricerca sia nazionali, che
internazionali.
1.
Gruppo di ricerca del Professor Piero Zanello
Nel corso dell'anno 2008 sono proseguite collaborazioni pluriennali col gruppo del Professor L.
Messori (Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze) e col gruppo della Professoressa D.
Fregona (Dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università di Padova) mirate alla determinazione
della capacità ossido-riduttiva di molecole di potenziale interesse bio-medico.
In particolare, in collaborazione con l‟Unità di Firenze sono state studiate le proprietà redox di una
serie di complessi binucleari di Au(III), determinando una correlazione tra potenziale di ossidazione
ed effetti citotossici.
La collaborazione con l‟Unità di Padova ha riguardato indagini elettrochimiche e
spettroelettrochimiche su complessi di Cu(II) e Ru(III) con leganti ditiocarbammati, che hanno
dimostrato attività citotossica nei confronti di un ampio numero di linee tumorali umane.
2.
Gruppo di ricerca dei Professori Vomero, Anzini, Cappelli.
L‟attività scientifica svolta nel 2008 dal gruppo di ricerca dei Prof. Vomero, Anzini, Cappelli ha
riguardato:
a) lo sviluppo di traccianti per la tomografia ad emissione di positroni (PET);
b) la progettazione la sintesi, la caratterizzazione strutturale, e farmacologica di composti
eterociclici di interesse farmaceutico;
c) la sintesi, caratterizzazione e lo studio delle potenziali applicazioni nel rilascio controllato
di farmaci di matrici polimeriche innovative.
3.
Gruppo di ricerca del Professor Mario Casolaro
Durante l‟anno 2008, la ricerca del Dr. Mario Casolaro ha riguardato lo sviluppo applicativo di
nuovi idrogeli polimerici sensibili a varie sollecitazioni esterne (pH, temperatura, concentrazione e
tipo di sale, potenziale elettrico). La potenziale applicazione nel rilascio di metallo-farmaci è stata
valutata su idrogeli a base di acrilati con residui di istidina e/o fenilalanina. Il rilascio di cisplatino e
la sua attività citotossica si è dimostrata positiva solamente quando il farmaco viene caricato da
semplice soluzione acquosa. La presenza di DMSO inibisce ogni attività citotossica.
4.
Gruppo di ricerca del Professor Giuseppe Campiani
Nel corso del 2008, in linea con le esperienze di ricerca del Prof Campiani, sono proseguite
le ricerche chimico-farmaceutiche nei settori delle malattie neurodegenerative, delle malattie
neuropsichiatriche, nel campo dei farmaci antienzimatici, nel settore dei farmaci antimalarici,
antivirali, anti-HIV ed anti-HCV, nel settore dei farmaci antitumorali a struttura taxanica o a
struttura eterociclica e nel campo dei diagnostici per malattie causate da prione e amiloide.
5.
Gruppo di ricerca del Professor Gianni Valensin
Nel corso del 2008 il gruppo del Prof. Gianni Valensin ha proseguito nello studio sull linee
di ricerca riguardanti:
117
(a) studi spettroscopici (NMR, EPR e UV-Vis) e potenziometrici delle interazioni tra ioni metallici
(Cu, Zn, Fe, Mn) e sequenze di proteine coinvolte in alcuni processi neurodegenerativi
(Alzheimer‟s e prioni);
(b) studi spettroscopici e cristallografici di metallo-proteine e metallo-peptidi. Studi NMR
paramagnetici di metallo-peptidi;
(c) folding e aggregazione di proteine: metalli e biomolecole nelle malattie conformazionali;
(d)
Studio dell‟interazione tra antibiotici amino glicosidici, ioni Cu(II) e frammenti di RNA.
6.
Gruppo di ricerca del Professor Renzo Cini
Nel corso dell‟anno 2008 è continuata la ricerca su complessi metallici come potenziali
farmaci. La strategia di ottenere farmaci multivalenti grazie alla combinazione delle attività
farmacologiche dei leganti con quelle del metallo ha dato promettenti risultati nel caso di complessi
rame-oxicam, che hanno mostrato attività anticancro selettiva in vitro per una serie di tumori
maligni umani. Come in passato, è stata curata la sintesi dei complessi, la loro caratterizzazione
strutturale mediante metodi diffrattometrici e di chimica computazionale, la loro reattività con
proteine ed altre biomolecole. Sono stati effettuati studi ab initio e funzionali di densità su
complessi metallici e addotti substrato proteina.
È continuato e si è intensificato lo studio di carico e rilascio dei complessi preparati in
questo progetto su e da idrogeli di sintesi preparati e caratterizzati dal collega Mario Casolaro
nell‟ambito della cooperazione all‟interno del CIRCMSB-Unità di Siena. Lo scopo di questo studio
è quello di realizzare delle vie di somministrazione di farmaci a base di metalli, che siano efficaci
ed in grado di ridurre gli eventuali effetti collaterali indesiderati dei farmaci stessi.
Infine sono stati effettuati studi analitici con tecniche di assorbimento atomico e plasma
induttivamente accoppiato – spettrometria di massa per la determinazione di metalli nel sangue di
pazienti affetti da malattie autoimmuni del tipo reumatico, sclerosi sistemica. Sono state studiate
possibili relazioni con la patologia e lo stile di vita dei pazienti.
118
UNITA’ DI RICERCA DI TORINO
Direttore Scientifico: Prof. Silvio Aime
L‟attivita‟ di ricerca dell‟Unita‟ di Torino si e‟ articolata lungo le seguenti linee e i risultati ottenuti
sono stati oggetto di 41 pubblicazioni a stampa.
Complessi paramagnetici per applicazioni MRI
Nel settore degli agenti CEST il lavoro si e‟ focalizzato sullo studio di sistemi liposomiali
(LipoCEST) nei quali il “pool” di protoni scambiabili e‟ rappresentato dalle molecole di acqua
contenute nella cavita‟ liposomiale la cui frequenza di assorbimento e‟ stata opportunamente
“shiftata” (da quella dell‟acqua-solvente) mediante l‟agginta di un opportuno reagente di shift.Un
risultato importante ha riguardato la messa a punto di una procedura in grado di generare liposomi
non sferici in grado di orientarsi in presenza di un campo magnetico venendo a generare sistemi
dotati di alta sensibilita‟ nell‟esperimento CEST. Su questi sistemi e‟ stata approfondita la
relazione tra la formulazione della membrana liposomiale e la sua permeabilita‟ all‟acqua e sono
stati valutati gli effetti associati all‟uso di nuovi complessi polinucleari (nella cavita‟ acquosa) e
anfipatici (nella membrana). Nel processo di ottimizzazione della metodica CEST, un altro aspetto
ha riguardato la messa a punto di una procedura di analisi delle immagini che limita
significativamente la possibilita‟ di generare artefatti. Nell‟ambito dei chelati di Gd(III) ad elevata
stabilita‟ termodinamica e cinetica e caratterizzati dal possedere due molecole di acqua nella loro
sfera di coordinazione, si e‟ proceduto con l‟ottimizzazione dei leganti della serie HOPO (in
collaborazione con L‟Unita‟ di Ricerca del Piemonte Orientale e con il Dipartimento di Chimica
dell‟Universita‟ di Berkeley).
In un‟altra direzione si e‟ sviluppato uno studio mediante tecniche di NMR bidimensionale che ha
portato alla definizione della struttura in soluzione dell‟addotto supramolecolare tra la proteina che
lega gli acidi biliari e un complesso di Gd(III) che presenta epato-tropismo (in collaborazione con
l‟Universita‟ di Verona). Il sistema Gd-AAZTA e‟ stato ulteriormente approfondito e sono state
ottenute le strutture allo stato solido di alcuni complessi rappresentativi della serie dei lantanidi.
Con ricercatori dell‟Universita‟ di Muenster sono stai studiati nuovi sistemi nanodimensionali che
possono funzionare come agenti duali per MRI e Imaging ottico. Un derivato lipofilo di AAZTA
contenente due catene lipofile in grado di formare micelle caratterizzate da un valore di cmc
estremamente basso e‟ stato utilizzato per mettere a punto una nuova procedura di “labeling”
cellulare. Le micelle di questo complesso anfifilico sono cariche negativamente e pertanto possono
essere raccolte da un polipeptide carico positivamente (es. poliarginina) il quale interagisce anche
con residui negativi sulla superficie cellulare. Per questa strada e‟ stato possibile dimostrare che si
possono “labellare” cellule senza internalizzare la sonda paramagnetica che, viceversa, viene ad
essere tenuta “al guinzaglio” dal “linker” polipeptidico. L‟intero settore delle particelle di
nanodimensioni per la diagnostica MRI e‟ stata oggetto di una review su Coord.Chem.Rev.
Una nouva direzione nell‟utilizzo di particelle per applicazioni nel settore dell‟”Imaging-guided
Drug Delivery” ha portato alla sintesi e caratterizzazione di microsfere a base di carbonio
contenenti ossido di Gd(III). Un‟altra attivita‟ in questo campo ha portato alla sintesi di un sistema
costituito da un carborano, un complesso di Gd(III) e una catena alifatica che ne permette
l‟inclusione nella struttura delle lipoproteine. Il sistema verra‟ utilizzato inelle applicazioni della
terapia a cattura di neutroni per la quale e‟ necessario disporre di un metodo che informi sulla
concentrazione della sonda al “target” tumorale. Il complesso di Gd(III) svolge quetso ruolo
permettendo, attraverso l‟ossevazione MRI, la misura della concentrazione locale della sonda.
Altri studi hanno riguardato la determinazione della stabilita‟ termodinamica e cinetica dei
complessi di Gd(III), un settore che e‟ ritornato di grande attualita‟ a seguito della scoperta di casi
di NSF (Nephrotic Systemic Fibrosis) in pazienti in dialisi ai quali erano stati somministrati agenti
di contrasto a base di complessi di Gd(III) caratterizzati da una insufficiente stabilita‟. E‟ stato da
noi suggerito che analoghe situazioni di rischio potrebbero incontrarsi nell‟uso del carbonato di
lantanio approvato per uso orale nei pazienti sottoposti a dialisi per eliminare i fosfati.
119
Molecole para-idrogenate
Quando la molecola del para-idrogeno e‟ addizionata ad un substrato insaturo e‟ possibile ottenere
prodotti che presentanto una risposta NMR che e‟ diversi ordini di grandezza superiore a quella
ottenibile dalla stesso campione quando si e‟ ristabilito l‟equilibrio termodinamico tra l‟orto e il
para idrogeno. L‟ordine di spin del para-idrogeno puo‟ essere trasferito ad eteronuclei presenti sulla
stessa molecola rendendo cosi‟ possibile l‟acquisizione di immagini MR altrimenti non possibili.
Poiche‟ l‟effetto di iperpolarizzazione scompare con il rilassamento longitudinale del nucleo in
questione e‟ necessario selezionare molecole nelle quali sia possibile trasferire l‟effetto del paraidrogeno ad un nucleo caratterizzato da un lungo T1. La nostra ricerca e‟ consistita nel mettere a
punto tutta la filiera per questo tipo di applicazione, dall‟apparecchiatura per la preparazione del
para-H2, al reattore per la reazione di idrogenazione, la metodolologia per una rapida separazione
del solvente organico e del catalizzatore e la dissoluzione in acqua, fino all‟acquisizione
dell‟immagine. Un risultato particolarmente interessante ha riguardato la messa a punto di una
procedura di separazione basata sulla diversa solubilita‟ in acqua del reagente rispetto al prodotto
idrogenato permettendo cosi‟ la messa a punto di una procedura di idrogenazione in un sistema
bifasico. Come corollario di questi studi e‟ stato possibile approfondire la comprensione del
meccanismo di isomerizzazione delle olefine durante l‟idrogenazione catalitica.
Procedure di Imaging Molecolare
In collaborazione con gruppi di Biologi sono state messe a punto nuove procedure di imaging
molecolare.
Un importante “target” in diagnostica riguarda la messa a punto di efficienti procedure di marcatura
delle cellule in modo da poterle seguire a seguito della loro somministrazione “in vivo”. A questo
fine il nostro gruppo ha messo a punto due procedure: 1) internalizzazione cellulare di liposomi
contenenti un elevata concentrazione di complessi di Gd(III) nella loro cavita‟ acquosa.
L‟internalizzazione e‟ mediata dal recettore CD44 che viene riconosciuto attraverso la copertura del
liposoma cationico con l‟acido ialuronico (carico negativamente); 2) funzionalizzazione esterna
delle cellule attraverso l‟ancoraggio sulla loro superfice di micelle/liposomi portanti complessi
paramagnetici di Gd(III). Il nostro studio si e‟ focalizzato sulle caratteristiche del “linker” che lega
le nanoparticelle alla membrana cellulare. Altri studi hanno riguardato la caratterizzazione della
permeabilita‟ dei vasi in formazione per fornire nuove indicazioni diagnostiche sull‟aggressivita‟ di
un tumore.
Altri sistemi “vettorializzati” con peptidi sono stati preparati e caratterizzati in collaborazione con
l‟Unita‟ di Napoli. Si tratta di sistemi micellari contenenti un elevato numero di Gd in grado di
superare i problemi della scarsa sensibilita‟ delle sonde MRI.
Utilizzo di ultrasuoni e microonde nelle reazioni
Il gruppo del Prof. G.C.Cravotto ha sviluppato ulteriori studi atti a sfruttare ultrasuoni e microonde
nella sintesi chimica. E‟ stato dimostrato come l‟utilizzo di queste stimolazioni fisiche portano ad
una notevole accellerazione della velocita‟ di reazione con un marcato aumento della resa. In
particolare sono state studiate alcune reazioni per le quali la semplice attivazione termica non
permette l‟isolamento di quantita‟ significative di prodotto. E‟ stato anche indagato l‟uso di cristalli
ionici in presenza di ultrasuoni e microonde come pure l‟uso di ultrasuoni nella decontaminazione
dell‟amianto.
Altre applicazioni hanno riguardato la sintesi di legandi per ioni lantanoidei da utilizzare come
mezzi di contrasto per applicazioni MRI.
Studi spettroscopici
Il Prof. R.Gobetto e i suoi collaboratori hanno continuato lo studio delle proprieta‟ fotofisiche di
complessi di metalli di transizione per potenziali impieghi quali sensori andando, in particolare, a
mettere in evidenza, con il supporto di studi computazionali, il meccanismo di dissociazione dei
leganti in complessi foto-attivabili del Ru.. Inoltre, questo gruppo di ricerca ha messo a punto
procedure di NMR allo stato solido per la caratterizzare il polimorfismo di prodotti di interesse
farmaceutico. L‟utilizzo di tecniche di NMR allo stato solido ha permesso di mettere in evidenza
interazioni deboli in sistemi supramolecolari.
120
UNITA’ DI RICERCA DI TRIESTE
Direttore Scientifico: Prof. Ennio Zangrando
COMPOSTI ANTITUMORALI DI RUTENIO
Enzo Alessio, Ioannis Bratsos, Teresa Gianferrara, Ennio Zangrando
L‟attività di ricerca svolta è suddivisibile sostanzialmente in due parti: 1) processo di avvio della
sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio denominato NAMI-A.
2) Progettazione e sintesi di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale.
1.
Sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio NAMI-A.
La fase clinica 1-2 del NAMI-A (Figura 1) in combinazione terapeutica con il farmaco gemcitabina,
di cui è sponsor il Dipartimento di Scienze Chimiche, è iniziata (seppur
CH3 con notevole ritardo rispetto alla tempistica prevista) in ottobre 2008. Lo H3C
O
S
studio clinico si divide in due fasi, A e B. Il protocollo finale prevede
Cl
Cl
HN
NH
l‟arruolamento di (almeno) 15 pazienti affetti da NSCLC per la fase A
Ru
Cl
dello studio, volta a stabilire il dosaggio ottimale dell‟associazione NAMI- Cl
N
A + Gemcitabina, seguito dall‟arruolamento di ulteriori 27 pazienti (più i
NAMI-A
sopravviventi provenienti della Fase A). Al momento attuale si prevede
HN
che la Fase A possa essere terminata entro Aprile 2009.
2.
Progettazione e sintesi di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale.
Per quanto riguarda questo punto, sono stati preparati dei nuovi complessi “half-sandwich” di
rutenio strutturalmente simili a composti organometallici sviluppati da altri gruppi europei (Figura
2). Composti organometallici “half-sandwich” di formula generale [Ru(η6-arene)(X)(L)]+ dove L è
un legante chelante bidentato ed X è un gruppo uscente anionico, hanno dimostrato di possedere
attività antitumorale in vitro (su linee cellulari tumorali) ed in R
vivo verso modelli animali. La natura dei composti halfS
S
S
sandwich di Ru(II) è tale da consentire di variare la natura dei
Ru
Ru
principali componenti: il legante uscente monodentato X, che
solitamente è anionico (tipicamente cloruro), il legante
[9]aneS3
bidentato L (tipicamente etilendiammina) ed il legante facecapping. La natura del gruppo uscente, che occupa il sito di legame sul centro metallico destinato
alla coordinazione delle bio-molecole target, è importante nel controllare la tempistica di
attivazione (i.e. idrolisi) del composto. Si ritiene che il chelante L influenzi la stabilità e le cinetiche
di scambio del legante uscente X, mentre la natura del legante facciale può influire sull‟uptake
cellulare e sulle interazioni con i potenziali target biologici, ed inoltre può essere opportunamente
derivatizzato.
Rispetto ai noti composti organometallici, i nuovi composti di rutenio da noi preparati presentano
come legante “face capping” un macrociclo solforato, l‟1,4,7-tritiociclononano, al posto del
frammento aromatico. Abbiamo dimostrato che l‟arene può essere sostituito da altri leganti facciali
(face-capping) senza perdere attività in modo rilevante, mentre è molto più importante la natura del
chelante L: la sostituzione dell‟etilendiammina con altri chelati azotati (e.g. 2,2'-bipiridile) ha
portato alla scomparsa della citotossicità in vitro. Queste correlazioni struttura-attività sono
estremamente importanti per sviluppare in futuro nuovi composti di questo tipo dotati di attività
antitumorale.
BIOCRISTALLOGRAFIA
L. Randaccio, S. Geremia, J. Wuerges, N. Demitri, M. De March
Complessi della fosfodiesterasi umana
Questa ricerca, riguardante l‟espressione, purificazione e caratterizzazione strutturale di complessi
della fosfodiesterasi umana (famiglia PDE4) con nuovi inibitori, è condotta in collaborazione con il
laboratorio diretto dal Dott. Gianluca Tell presso l‟Università degli Studi di Udine. Il ruolo delle
121
PDE sia fondamentale in patologie infiammatorie (come asma, psoriasi e dermatite allergica),
rilevanti sono perciò gli studi orientati verso lo sviluppo di farmaci specifici in grado di regolare
selettivamente l‟attività di questi enzimi. Si è cercato di ottimizzare le procedure sperimentali di
espressione e purificazione del dominio catalitico della proteina PDE4B2 fusa con l‟His-Tag per
ottenere grandi quantità di proteina purificata idonea agli studi di tipo strutturale.
Studi strutturali su sistemi supramolecolari
I sistemi supramolecolari in linea generale sono caratterizzati da interazioni intermolecolari noncovalenti generalmente deboli. La classe dei cavitandi, molecole organiche, che nella loro struttura
semirigida presentano una sorta di cavità di dimensioni almeno pari a quelle di piccoli ioni, atomi o
molecole, si è rivelata particolarmente interessante per lo sviluppo di sistemi supramolecolari di tipo
host-guest [Cram, D.J., Science, 1983. 219: 1177]. La classe dei resorcinareni con gruppi fosfonici
a ponte sul bordo superiore è stata particolarmente studiata perché l‟introduzione del gruppo
fosfonico in strutture di questo tipo permette di sfruttare le proprietà basiche dell‟atomo di ossigeno
legato al fosforo per la complessazione di guest cationici [Delangle, P. and J.P. Dutasta,
Tetrahedron Letters, 1995. 36(51): 9325].
Questo lavoro di ricerca, che si inserisce all‟interno di una proficua collaborazione tra il
Dipartimento di Chimica Organica e Industriale dell‟Università di Parma (Prof. E. Dalcanale) e il
Dipartimento di Scienze Chimiche - Centro di Eccellenza di Biocristallografia dell‟Università di
Trieste (Prof. S. Geremia), prevede la cristallizzazione e lo studio strutturale mediante diffrazione di
raggi-X da cristallo singolo di sistemi supramolecolari di tipo host-guest, ottenuti per
cocristallizzazione di resorcinareni fosfonati e tiofosfonati diversamente funzionalizzati.
La molecola analizzata in questo progetto (in seguito chiamata omopolimero) è un cavitando
funzionalizzato con quattro gruppi fosfonici in configurazione iiii sul bordo superiore e con un
gruppo metilpiridinio al bordo inferiore (Figura 1).
O
O
P
OO
N+
O
O
O PO
O PO
O
O
O
P O
Figura 1: omopolimero
Sono stati condotti numerosi tentativi di cristallizzazione per evaporazione da diverse miscele di
solventi (diclorometano, cloroformio, toluene, acetonitrile, acetone e miscele di questi) che hanno
sempre portato all‟ottenimento di solidi di natura vetrosa o a piccoli cristalli con elevata tendenza a
sfiorire per perdita di solvente.
L‟impaccamento cristallino mostra una struttura polimerica in cui la porzione guest (gruppo
metilpiridinio) interagisce con i residui fosfonici dell‟anello superiore di una molecola relazionata
da simmetria cristallografica che si comporta da host. Ciascuna delle due molecole
cristallograficamente indipendenti dà quindi origine a due catene simili ma cristallograficamente
indipendenti che si sviluppano tra loro in senso antiparallelo lungo la faccia ac della cella
elementare formando dei piani di righe alternate antiparallele. Ciascuna catena è a diretto contatto
con altre quattro catene disposte in senso antiparallelo lungo la diagonale ac. In questo modo si
viene a creare un tipico pattern a scacchiera. Numerose molecole di solvente (trifluoroetanolo e
metanolo) sono state identificate negli interstizi tra le catene.
Struttura citocromo c in presenza di ioni nitrato
Sono stati analizzati e processati nuovi dati di diffrazione derivanti da cristalli di citocromo c
contenenti il gruppo eme nella forma completamente ossidata, prodotti nel laboratorio del Prof.
L.Messori nell‟Università di Firenze. I risultati ottenuti ci hanno permesso di effettuare un
122
confronto con i vecchi dati e di aggiornare le strutture completando il lavoro. Sono presenti 21.5 e
le 18 molecole di ione nitrato sulla superficie delle tre molecole cristallograficamente indipendenti
del ferri- e del ferro-citocromo c, rispettivamente. La mappatura completa delle superfici
elettrostatiche di entrambe le strutture della proteina nelle forme completamente ossidata e ridotta
mostra la presenza di 26 siti di riconoscimento totali generati dalle interazioni fra gli ioni nitrato e le
catene laterali degli aminoacidi della proteina e visualizzati in modo da identificarne la frequenza
sulle tre molecole cristallograficamente indipendenti (Figura 1). 18 siti sono presenti sia sulla
superficie della forma ossidata sia sulla superficie della forma ridotta mentre 8 siti caratterizzano
distintamente il ferri- dal ferro- citocromo c. I nuovi dati riconfermano la posizione del sito (XII),
comune ad entrambe le forme, che si trova conservato nelle tre molecole cristallograficamente
indipendenti e che probabilmente rappresenta il sito in cui avviene il trasferimento elettronico che
porta alla ossidazione/riduzione del centro metallico.
XXIV
XV
XXV
I
II
XVIII
XXIII
III
XIII
XIV
XXVI
VII
XVII
VIII
IV
IX
V
VI XXII XXI
XX
XIX
X
XVI
XII
XI
Figura 1. Mappatura sperimentale dei 26 siti di interazione ione nitrato-proteina sulla superficie del citocromo c da
cuore di cavallo. I siti comuni alle forme ossidata e ridotta sono visualizzati in giallo (il sito XII in particolare è
localizzato nella regione del trasferimento elettronico). I siti colorati in giallo limone e verde sono più frequenti nella
forma ossidata mentre i siti colorati in giallo paglierino e giallo-arancione sono piu frequenti nella forma ridotta. Infine
i siti caratteristici solo della forma ossidata e solo della forma ridotta sono colorati in verde scuro e arancione,
rispettivamente.
Studio biocristallografico di un nuovo recettore per le xantine: KE1
E‟ uno studio volto alla caratterizzazione strutturale di un nuovo peptide di 35 aa in grado di legare i
derivati naturali della xantina quali caffeina, teofillina e teobromina. Il peptide Ke1, caratterizzato
da due eptadi uguali ripetute in tandem all‟ N-terminale e al C-terminale (KVSALKE) con una
unica sequenza centrale (QFLCLMF), è stato sintetizzato nel laboratorio del Dr. F.Berti in
collaborazione con il gruppo del Prof. R.Marzari al dipartimento di Biologia grazie alla tecnica del
fage display. Dati teorici evidenziavano come la strutturazione del peptide legato alla teofillina
portasse alla formazione di due regioni ad -elica collegate con un loop centrale in cui le catene
laterali delle due fenilalanine formassero interazioni di tipo -stacking con l‟anello aromatico del
derivato. Allo stesso modo, studi di dicroismo circolare supportavano l‟ipotesi di una interazione fra
i due composti.
La struttura secondaria della catena polipeptidica mostra la formazione di una unica regione
ad -elica che si estende dall‟ N-terminale al C-terminale comprendendo anche l‟eptade centrale a
differenza della struttura di tipo helix-loop-helix, calcolabile a tavolino dalla sequenza usando il
programma COIL. L‟impaccamento mostra inoltre una struttura super-secondaria caratterizzata da
un motivo a tre eliche parallele di tipo coiled-coil molto raro in natura (Figura 2a, 2b).
123
Figura 2. a. Struttura secondaria del peptide Ke1 a formare un trimetro di tipo parallelo. I C sono visualizzati in
cartoon mentre le catene laterali in stick. b.. Impaccamento cristallino (in giallo la molecola cristallograficamente
indipendente).
Le catene laterali dei due residui di Phe16 e Phe21, localizzate su due assi di simmetria, stanno
rispettivamente sul lato interno ed esterno della superstruttura. In particolare la catena laterale della
Phe16 mostra delle interazioni con le catene laterali della Met20 e della Gln15 stabilizzando in
questo modo la formazione dell‟elica. La stabilizzazione del motivo tipo three helix bundle
parallelo è dovuta inoltre alle proprietà di queste strutture che mostrano la localizzazione dei
residui apolari nel lato interno a formare un poro altamente idrofobico mentre nel lato esterno si
trovano i residui carichi positivamente e negativamente a formare legami idrogeno intermolecolari.
In particolare l‟atomo NZ della catena laterale della Lys27, disposta sul lato esterno del motivo,
forma un legame ad idrogeno con l‟atomo O dello ione solfato sull‟asse di simmetria. In Figura 2b,
infine, è rappresentato l‟impaccamento cristallino del peptide generato dalla simmetria che mostra
la posizione in cella della molecola cristallograficamente indipendente, le molecole relazionate da
simmetria.
124
PUBBLICAZIONI E BREVETTI
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