C ONSORZIO INTERUNIVERSITARIO DI RICERCA IN CHIMICA DEI METALLI NEI SISTEMI BIOLOGICI Attività scientifica svolta dalle Unità di Ricerca 2008 PRESENTAZIONE 3 PRESENTAZIONE Le conoscenze scientifiche e tecnologiche e la disponibilità di risorse umane qualificate costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei processi di crescita economica, culturale e sociale. Si parla comunemente di “economia della conoscenza e dell'apprendimento” e di “sistemi nazionali di innovazione” per indicare una nuova fase di sviluppo in cui non è più possibile tenere separata la funzione di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici da quella di un loro impiego per il soddisfacimento di una domanda diffusa generata dalle complesse esigenze della società moderna. In questo contesto il Consorzio Interuniversitario di Ricerca in Chimica dei Metalli nei Sistemi Biologici (C.I.R.C.M.S.B.), con sede legale a Bari e 21 Università consorziate, promuove e coordina le proprie ricerche con l‟obiettivo di formare e valorizzare i ricercatori ed i risultati da essi ottenuti con la consapevolezza del valore strategico della ricerca come vantaggio competitivo nella Società della Conoscenza e nella convinzione che le infrastrutture di ricerca e alta formazione siano leve strategiche per il rilancio dell‟economia nazionale. A tale scopo le attività del C.I.R.C.M.S.B. si articolano in macro aree di ricerca scientifica e tecnologica a carattere interdisciplinare, che riguardano i settori delle biotecnologie, dei farmaci, dei materiali e dell’ambiente. Tali aree di intervento attualmente oggetto di ricerca del Consorzio si articolano nelle seguenti tematiche: a) Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari: la Risonanza Magnetica per Imaging; b) Metallo-proteine come catalizzatori biologici; c) Biomineralizzazione e biocristallografia; d) Biosensori e biostrumentazione; e) Nuovi farmaci inorganici in oncologia; f) Radiofarmaci nella diagnostica e radioterapia tumorale; g) Ioni metallici nelle patologie degenerative croniche. Il C.I.R.C.M.S.B. è presente in tutta Italia attraverso una rete di Unità Locali di Ricerca, al fine di favorire una diffusione capillare delle proprie competenze su tutto il territorio nazionale ed agevolare i contatti e le collaborazioni con enti ed industrie locali. Quello di seguito riportato è un riassunto dei risultati acquisiti nell‟anno 2008 da ciascuna delle Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. A tutti coloro che vi hanno partecipato va rivolto il mio più profondo e sentito ringraziamento. Prof. Giovanni Natile 5 INDICE 7 UNITÀ DI RICERCA Bari Pag. 13 Bologna Pag. 21 Camerino Pag. 33 Catania Pag. 37 Ferrara Pag. 45 Firenze Pag. 53 Insubria Pag. 59 Messina Pag. 61 Napoli Pag. 63 Padova Pag. 67 Palermo Pag. 83 Parma Pag. 87 Pavia Pag. 91 Piemonte Orientale Pag. 95 Politecnica delle Marche Pag. 101 Roma “La Sapienza” Pag. 103 Roma “Tor Vergata” Pag. 107 Salento Pag. 109 Siena Pag. 117 Torino Pag. 119 Trieste Pag. 121 Pubblicazioni e Brevetti Pag. 125 Strumentazione Disponibile Pag. 159 Personale Afferente Pag. 171 9 ATTIVITA’ DI RICERCA 11 UNITA’ DI RICERCA DI BARI Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Natile L'attività scientifica dell‟unità di ricerca di Bari ha riguardato le seguenti tematiche: 1) Sintesi e caratterizzazione di nuovi complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali; 2) Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino; 3) Meccanismi di trasporto di farmaci a base di platino. 1) Sintesi e caratterizzazione di complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali L'uso di leganti appositamente selezionati per fungere da carrier molecolari in grado di consentire un trasporto ed un accumulo di farmaco antitumorale in cellule e organi bersaglio oppure attività farmacologiche sinergiche è una importante tematica di ricerca dell'U.R. di Bari. In questo contesto è stata condotta la sintesi e la caratterizzazione di complessi dinucleari di platino(II) con un legante analogo del risedronato, un bisfosfonato contenente azoto commercialmente utilizzato nel trattamento delle patologie che presentano fenomeni ipercalcemici. Poiché i bisfosfonati contenenti azoto hanno anche dimostrato di possedere essi stessi proprietà antitumorali, il complesso di platino preparato (Figura 1) incorpora nella stessa molecola due residui potenzialmente attivi (il legante bisfosfonato ed il centro metallico) inoltre i nuovi composti dovrebbero essere dotati di un elevato tropismo per i tumori o le metastasi ossee a causa della presenza del residuo bisfosfonico. Figura 1 Il legante è stato sintetizzato e caratterizzato allo stato solido mediante cristallografia a raggi-X dopo essere stato cristallizzato mediante la tecnica sol-gel. Il complesso dinucleare possiede una struttura con il legante a ponte fra due residui di platino in una conformazione definita a W. Sempre nell‟ambito di composti di platino con gruppi fosfonici, l'U.R. di Bari ha esteso un precedente studio effettuato su complessi di platino(II) con legante dietil[(metilsulfinil)metil]fosfonato (smp), e.g. [PtCl2(S,O-smp)], ad altro estere fosfonico, il dietilamminometilfosfonato (amp) (Figura 2). La reazione fra l'anione tetracloroplatinato(II) e l'amp ha portato alla formazione di un mono- e di un bis-addotto in cui il legante amp agisce da legante monodentato N-coordinato al metallo. Dalla reazione non è stata isolata nessuna specie stabile contenente il legante in forma bidentata. Figura 2 13 Inoltre, partendo da una soluzione in solvente organico del complesso cis-[PtCl2(N-amp)2] (2 in Figura 2) è stato possibile osservare, solo in presenza di luce, l'interconversione nel corrispondente complesso a geometria trans (3). Tale trasformazione sembra aver luogo attraverso uno stato di transizione tetraedrico e non richiedere rottura di legami di coordinazione. L'Unità di Ricerca di Bari si è anche interessata alla sintesi di complessi di platino con leganti non classici. Ad esempio è stata preparata una libreria di sei complessi di platino(II) con leganti 1,2bis(amminometil)carbobiciclici (Figura 3). Questi complessi sono stati progettati con l'intento di introdurre maggiore flessibilità ed ingombro sterico nei complessi mediante l'uso del legante carrier biciclico e di valutare le proprietà antiproliferative e le relazioni struttura-attività, confrontandole con complessi analoghi quali ad esempio quelli con il legante 1,2-diamminocicloesano. Figura 3. Gli studi di citotossicità sono stati condotti su linee cellulari cancerose sia sensibili (A2780) che resistenti (A2780R) al cisplatino. E' stata riscontrata un'eccellente citotossicità per la maggior parte dei complessi, i quali hanno presentato Fattori di Resistenza migliori del cisplatino nei confronti della linea A2780R. Il bersaglio finale di questi complessi è risultato il DNA, come dimostrato da studi delle cinetiche di binding, variazione della temperatura di melting, valutazione dell'angolo di unwinding del DNA superavvolto, valutazione dei cross-link formati e studi di mappazione della replicazione. Inoltre è stata anche studiata la cinetica della reazione con il glutatione per cercare di comprendere le ragioni del superamento della cisplatino-resistenza. Sono stati anche preparati complessi aventi geomtria cis e trans con due leganti ammidinici o con un legante ammidinico ed un legante amminico di formula generale cis- e trans-[PtCl2{(Z)HN=C(NH2)CH3}2] (1, Figura 4) e cis- e trans-[PtCl2(NH3){(Z)-HN=C(NH2)CH3}] (2). I complessi, preparati a partire dai corrispondenti complessi nitrilici per mezzo di una reazione di amminolisi condotta in tetraidrofurano, sono stati caratterizzati mediante analisi elementare, ESIMS ed NMR. Figura 4 Le ammidine sono isosteri degli imminoeteri e delle chetimmine. Queste ultime, se presenti in complessi di platino a geometria trans, conferiscono al complesso un'elevata attività antitumorale. Inoltre, rispetto ai complessi con imminoeteri, i complessi 1 e 2 presentano un'esclusiva preferenza per la configurazione Z dei leganti ammidinici. 14 L'attività inibitoria della proliferazione cellulare di questi complessi è stata misurata sulla linea A2780 (sensibile al cisplatino) e sulla linea A2780cisR che presenta resistenza acquisita al cisplatino. I risultati ottenuti indicano che il fattore di resistenza è più basso per i complessi ammidinici a geometria cis rispetto al cisplatino ma più alto rispetto ai corrispondenti complessi ammidinici a geometria trans. Sempre nell'ambito dei complessi a geometria trans, l'U.R. di Bari ha condotto uno studio per valutare la citotossicità e la mutagenicità del complesso trans,trans,trans[PtCl2(CH3COO)2(NH3)(1-adamantilammina)] [trans-adamplatin(IV), B in Figura 5] e del suo analogo ridotto trans-[PtCl2(NH3)(1-adamantilammina)] [trans-adamplatin(II), A]. Figura 5 I due complessi sono dotati di una elevata lipofilicità e sono risultati essere in grado di aggirare la resistenza (sia intrinseca che acquisita) al cisplatino. Un aspetto interessante emerso da questo studio è che il complesso B è risultato notevolmente meno mutagenico del cisplatino. Questo aspetto risulta correlato con la lipofilicità dei complessi A e B: infatti l'accumulo dei complessi con 1-adamantilammina nelle cellule A2780 è risultato maggiore rispetto al cisplatino. I risultati ottenuti dimostrano anche che il complesso A presenta un binding al DNA molto differente dal transplatino (isomero del cisplatino non dotato di attività antitumorale). Inoltre, il complesso A è in grado di resistere alla disattivazione provocata da agenti platinofilici intracellulari quali ad esempio il glutatione. 2) Aspetti molecolari del meccanismo d’azione di farmaci a base di platino. L'interazione complesso-DNA è universalmente riconosciuta come fondamentale nel meccanismo d'azione del cisplatino. Per questo motivo l'U.R. di Bari è da tempo impegnata nello studio della stereochimica degli addotti formati da complessi di Pt con DNA o con molecole che lo possano mimare (ad esempio nucleot(s)idi e polinucleotidi). Un nuovo legante recentemente utilizzato è la ( )Sparteina, un alcaloide contenente quattro cicli fusi e quattro centri di asimmetria di configurazione 6R, 7S, 9S, e 11S sui quattro atomi di carbonio terziari (Figura 6). Figura 6 Questo alcaloide, nella configurazione cis, può fungere da agente chelante N-donatore bidentato nei confronti di un centro metallico, generando un notevole ingombro sterico in grado di estendersi sopra e sotto il piano di coordinazione. Ciò è stato confermato dalla struttura a raggi X del complesso di platino(II) [PtCl2{( )Sparteina} (Figura 7). Figura 7 15 Il complesso, inoltre, è apparso un substrato ideale per indagini sulla stereochimica degli addotti con nucleotidi e con il DNA. Infatti, l'orientazione di una nucleobase coordinata al metallo può essere identificata con precisione misurando l'intensità dei cross-peak NOE fra i protoni della sparteina rivolti verso il centro metallico ed un opportuno protone della base coordinata (ad esempio il protone H8 della guanina o dell'adenina). In un altro lavoro, l'Unità di Ricerca di Bari è stata impegnata nello studio strutturale e biochimico degli addotti formati col DNA dal farmaco a base di platino(II) di terza generazione Ossaliplatino. E' stato dimostrato che: 1) il ripiegamento, lo srotolamento e la destabilizzazione termica del DNA, causati dai cross-link formati dall'ossaliplatino sono maggiori rispetto a quelli causati dal cisplatino; 2) l'affinità delle proteine HMGB per il cross-link interstrand formato dall'ossaliplatino è notevolmente più bassa di quella mostrata per il cisplatino; 3) la chiralità del legante carrier 1,2diamminocicloesano può influenzare alcune proprietà strutturali fondamentali. Quest'ultimo aspetto risulta molto importante poiché è stato dimostrato che, in generale, i cross-link interstrand formati dai vari composti di platino aventi importanza biologica determinano una maggiore citotossicità rispetto sia agli addotti monofunzionali sia ad altre lesioni del DNA di tipo intrastrand. Per questa ragione è stato ipotizzato che le proprietà caratteristiche dell'addotto interstrand formato dall'ossaliplatino possano essere, almeno in parte, responsabili delle caratteristiche antitumorali uniche presentate da questo farmaco (uso nel trattamento del cancro colon-rettale in associazione con leucovorina e fluorouracile). Oltre all'ossaliplatino, l'U.R. di Bari ha condotto indagini su un altro complesso di platino noto in letteratura per le sue peculiari caratteristiche antitumorali (es. attività in linee tumorali cisplatino ed ossaliplatino resistenti): [PtCl2(cis-1,4-DACH)] (DACH = diamminocicloesano, Figura 8). Figura 8 Nel complesso [PtCl2(cis-1,4-DACH)] l'angolo N-Pt-N (97°) risulta più largo rispetto al medesimo angolo presente in altri complessi di Pt con leganti bidentati diamminici o nel cisplatino (91°). Era stato ipotizzato che questa caratteristica avrebbe potuto rallentare la rotazione delle guanine intorno al legame Pt-N7 in addotti (cis-1,4-DACH)PtG2 a tal punto da consentire l'osservazione dei differenti conformeri possibili (Figura 9). Figura 9 Questa previsione è stata confermata e, abbassando la temperatura fino a 238 K, è stato possibile osservare i diversi conformeri dell'addotto (cis-1,4-DACH)Pt(5′-GMP)2 (GMP = guanosina monofosfato, Figura 10). 16 Figura 10 Questo esperimento rappresenta il primo caso in cui tali conformeri sono stati risolti per un derivato di platino con una diammina primaria e con guanosine non legate fra loro ed è, fino ad ora, il modello più vicino in assoluto all'addotto formato dal cisplatino. Dal momento che l‟ingombro sterico dei leganti sembra assumere un ruolo importante nel conferire attività antitumorale ai complessi di platino a geometria trans,l'U.R. di Bari ha condotto uno studio cinetico sulle reazioni di complessi citotossici contenenti leganti imminoetere a geometria trans ed oligonucleotidi. Tale studio è stato effettuato utilizzando tecniche di spettroscopia NMR mono e bidimensionale ed in particolare esperimenti [1H, 15N] HMQC. I risultati ottenuti per i due isomeri con un solo imminoetere, trans-[PtCl2(NH3){E/Z-HN=C(OMe)Me}] (trans-E e trans-Z) sono stati confrontati con quelli ottenuti con il complesso bis-imminoetereo trans-[PtCl2{EHN=C(OMe)Me}2] (trans-EE). In studi precedenti quest'ultimo complesso, aveva mostrato un'inaspettata bassissima reattività nei confronti della coppia GG centrale di un dodecanucleotide a doppia elica. Al contrario si è visto che i complessi trans-E e trans-Z, i quali risultano dotati di un minore ingombro sterico, sono in grado di reagire con la coppia interna GG del duplex [5'd(G1G2T3A4C5C6G7G8 T9A10C11C12)]2 piuttosto che con la coppia GG terminale più esposta al solvente. La velocità di platinazione dei siti G-terminali è quasi un ordine di grandezza più elevata per l'oligomero che per il monomero GMP, utilizzato come termine di confronto. In questo lavoro sono stati anche studiati: 1) il ruolo del legante e la sua influenza nel determinare il tipo di addotto formato con l'oligonucleotide, 2) la velocità di formazione di addotti anche con altre biomolecole diverse dal DNA. 3) Meccanismi di trasporto di farmaci a base di platino. Le vie naturali di trasporto degli ioni rame, che sono essenziali per lo svolgimento di numerose funzioni cellulari, rappresentano importanti canali di ingresso e uscita dei farmaci antitumorali a base di platino, tra cui il cisplatino, il carboplatino e l‟ossaliplatino. Inoltre la resistenza a trattamenti chemioterapici in alcune forme di tumore è stata correlata ad un‟alterazione dei livelli di espressione di alcune proteine trasportatrici di ioni rame. Ottimi leganti del platino sono gli aminoacidi contenenti zolfo, ovvero la metionina e la cisteina. Questi due tipi di aminoacidi sono ottimi leganti anche per lo ione rame nello stato di ossidazione +1, cioè nella sua forma ridotta, che è la forma in cui esso viene importato nelle cellule da Ctr1 ed esportato dal citoplasma attraverso le Cu-ATPasi di Menkes e Wilson. La Ctr1 e le Cu-ATPasi presentano sequenze che contengono la ripetizione di motivi aminoacidici ricchi, rispettivamente, di metionine e di cisteine, e tali sequenza sono conservati in proteine omologhe appartenenti a organismi viventi diversi. Tali motivi aminoacidici rappresentano potenziali siti di legame per i complessi di platino e, a causa della forte reattività dei leganti S-donatori, possono inattivare i farmaci antitumorali. 17 L'Unità di Ricerca di Bari ha studiato l‟interazione di vari complessi di Pt(II) e Pt(IV) con l‟octapeptide MTGMKGMS (Mets7), molto simile al settimo motivo metioninico della Ctr1 di lievito (MSGMSGM). I risultati di maggior rilievo, ottenuti attraverso lo studio di queste interazioni, sono i seguenti: 1) i complessi di Pt(IV) sono scarsamente reattivi nei confronti dei motivi metioninici, salvo previa riduzione con ascorbato di Pt(IV) a Pt(II); 2) nel caso del cisplatino tutti i leganti originari sono sostituiti da gruppi leganti di Mets7, mentre l‟isomero trans conserva le due ammoniache; 3) la spettroscopia NMR indica che il platino si lega allo zolfo delle metionine di Mets7 e causa uno spostamento a campi bassi dei protoni ε-CH3 and γ-CH2 negli spettri 1H/13C HSQC (heteronuclear single-quantum correlation). Inoltre gli spettri 1H/195Pt HMQC (heteronuclear multiple-quantum correlation) confermano la coordinazione allo zolfo e la perdita delle ammoniache nel caso del cisplatino, con conseguente shift upfield della risonanza del nucleo metallico ( 195Pt= − 4155 ppm) in accordo con un intorno di coordinazione del tipo (N/O)S3; 4) il platino induce una variazione nella conformazione del peptide, che passa da una struttura random coil ad una struttura di tipo -turn (Figura 11), come rivelano gli spettri di dicroismo circolare; 5) nel caso del carboplatino la reazione con le metionine di Mets7 procede lentamente e dopo 24 ore si ha la formazione di un addotto, rilevato attraverso spettrometria di massa elettrospray, corrispondente alla specie [Mets7+Pt(1,1-ciclobutandicarbossilato)] in cui il platino ha ceduto le due ammoniache; 6) nel caso dell‟ossaliplatino due metionine di Mets7 rimpiazzano il gruppo etandioato mentre il legante 1,2-cicloesandiammina rimane saldamente legato al platino. Figura 11 Modello strutturale dell‟addotto tra Mets7 e cisplatino. Riassumendo: lo stato di ossidazione del platino, l‟isomeria geometrica dei composti di Pt(II), la natura dei leganti, la stabilità degli anelli chelati ed il forte effetto trans dei leganti S-donatori sono alla base del diverso comportamento delle diverse classi di composti. Le differenze riscontrate nella reattività in vitro dei vari complessi di platino con i motivi metioninici di Ctr1 possono riflettersi in una varietà di meccanismi d‟ingresso e di trasporto cellulare, che hanno conseguenze sull‟attività antitumorale in vivo. Dal momento che il cisplatino deve conservare le due molecole di ammoniaca per espletare la sua attività antitumorale, abbiamo ipotizzato che, in seguito all‟interazione con le metionine del dominio N-terminale di Ctr1, venga indotto un processo di invaginazione della membrana plasmatica con formazione di vescicole endocitotiche che inglobano una porzione del liquido extracellulare con le sostanze in esso contenute. Le vescicole potrebbero anche svolgere la funzione di preservare il cisplatino in esse contenuto dalla chelazione di MT ed altri leganti presenti nel citoplasma e trasportarlo direttamente a particolari distretti subcellulari e quindi al nucleo. E' stato recentemente osservato che sia l'ubiquitina (Ub) (Liu J, Sitaram A, Burd CG, Traffic, 8, 1375-84, 2007) che il chaperone di Cu(I) Atox1 (Safaei R, Maktabi MH, Blair BG, Larson CA, Howell SB, J. Inorg. Biochem., in press) sono coinvolti nel processo di endocitosi di Ctr1. 18 Pertanto l'Unità di Ricerca di Bari ha intrapreso lo studio dell'interazione del cisplatino ed altri metalli con queste due proteine: 1) Atox1 lega il cisplatino attraverso le cisteine del motivo CXXC, che è conservato nei domini solubili delle Cu-ATPasi di Menkes e Wilson. In seguito al legame con le cisteine di Atox1, il cisplatino perde i leganti cloruro ma non le ammoniache (a differenza di quanto accade nel caso dell'interazione con le metionine di Ctr1); 2) Ub lega sia Cu(II) che diversi complessi di platino attraverso i residui Met1 e His68, come dimostrano gli esperimenti NMR condotti sulla proteina marcata con 15N e 13C. Le strutture a raggi X di Ub in presenza di Zn(II), Cd(II) e Hg(II), risolte in collaborazione con l'Unità di Bologna, confermano che Met1 e His68 sono i due siti preferenziali di ancoraggio di ioni metallici presenti sulla superficie di Ub (Figura 12). In particolare, Met1 si trova in prossimità di Lys63, che è coinvolta in un processo chiamato poliubiquitinazione. La poliubiquitinazione consiste nella concatenazione di molecole di Ub attraverso la formazione di un legame isopeptidico tra il gruppo carbossilato C-terminale di una molecola di Ub e la catena laterale di una lisina di un‟altra molecola. In particolare, la poliubiquitinazione su Lys63 regola dei processi cellulari, tra cui l‟endocitosi di trasportatori ionici e permeasi di membrana ed il riparo del DNA, che sono strettamente legati al trasporto e all‟azione citotossica di un chemioterapico a base metallica come il cisplatino. Figura 12 Siti metallici sulla superficie dell‟ubiquitina umana (hUB). Strutture a raggi X degli addotti Hg-hUb (A); Zn-hUb (B) e Cd-hUb (C, D). Le distanze di legame sono riportate in Angstroms. 19 UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri L‟ attività dell‟ Unità di Ricerca di Bologna si è sviluppata principalmente su otto linee di ricerca nell‟ ambito della tematica “ biomineralizzazione e biocristallografia” oltre ad una attività di divulgazione scientifica : 1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati 2) Interazione di fibre di crisotilo con sieroproteine e porfirine 3) Sintesi di Nanoparticelle 4) Sintesi, caratterizzazione ed utilizzo di meso fasi SBA-3 5) Cristallizzazione e struttura di proteine su superfici funzionalizzate 6) Studio dei processi di biomineralizzazione 7) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d‟ interesse ambientale 8) Storia della chimica 9) Contratti e convenzioni con l‟Industria 1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati I materiali sintetici possono risultare biomimetici per composizione, struttura, morfologia e struttura chimico-fisica superficiale ed “in bulk”. Mimando la natura si possono sintetizzare biomateriali che risultano reattivi verso i tessuti biologici ed in grado di rilasciare molecole bioattive mediante una cinetica controllata dalle caratteristiche del materiale e dall’”environment” biologico in cui essi vengono situati . In questo ambito, una delle linee di ricerca dell’unità operativa di Bologna è focalizzata sulla sintesi di biomateriali inorganici e polimerici nanostrutturati che possono agire come trasportatori di farmaci e come scaffolds ingegnerizzati alla crescita cellulare per l'ingegneria tissutale. Per raggiungere questo obiettivo nel 2008 il lavoro dell’unità di Bologna si è articolato in diversi punti: a) sintesi di apatiti nanocristalline e xerogeli di silice nanostrutturati b) funzionalizzazione superficiale di materiali inorganici nanostrutturati c) uso di nanocristalli biomimetici di idrossiapatite per la rimineralizzazione dello smalto dentale d) conversione di Carbonati in Idrossiapatite per la produzione di scaffolds per l’ ingegneria tissutale e) coating proteici, inorganici e compositi a) Sintesi di apatiti nanocristalline e xerogeli di silice nanostrutturati Uno dei risultati raggiunti durante il 2008 è stata la sintesi di nuove apatiti nano-dimensionate e geli di silice nanostrutturati che rappresentano due importanti classi di materiali biogenici. Le apatiti sono i costituenti fisiologici delle ossa e dei denti, mentre la silice nanoporosa è prodotta da organismi unicellulari che rappresentano una delle classi più importanti di materiali biogenici. Oltre alle classiche sintesi in “batch” già ampiamente studiate durante gli anni precedenti, sono state usate anche altre tecniche di cristallizzazione 1) cristallizzazione in fase gel (gel di metasilicato) (Figura 1a) 2) cristallizzazione in diffusione di vapore nel “Crystallisation mushroom” (Figura 1b). 3) cristallizzazione in micelle inverse Queste tecniche permettono di ottenere cristalli molto piccoli quindi con alta reattività nei confronti dell‟ambiente biologico e ideali per essere usati come agenti nucleanti. 1) cristallizzazione in fase gel (gel di metasilicato) Con la prima tecnica si sono ottenuti cristalli di idrossiapatite, usando un sistema di diffusione di una soluzione di cloruro di calcio attraverso un gel di silice trattao con acido fosforico a pH basico. 21 (Figura 1a). 1a 1b Figura 1 Liesegang rings di fosfati di calcio ottenuti tramite diffusione di CaCl2 in un gel di metasilicato a pH basico (a) e “Crystallisation Mushroom”(b) 2) cristallizzazione in diffusione di vapore nel “Crystallisation mushroom” (Figura 1b). Con la seconda tecnica si sono ottenuti nanocristalli di idrossiapatite, usando la diffusione di vapori di NH4HCO3 in modo da raggiungere lentamente il pH ideale per la precipitazione di idrossiapatite. Per prima cosa sono state messe a punto le condizioni ottimali per ottenere nanocristalli all‟interno del mushroom. In queste condizioni nella goccia si sono trovati cristalli di idrossiapatite (morfologia aghiforme) e cristalli di ottacalcio fosfato (morfologia a piattina) (Figura 2a). Queste ipotesi sono state confermate anche da analisi di diffrazione di elettroni. 3) cristallizzazione in micelle inverse La terza delle tecniche “non convenzionali” utilizzate ha permesso di ottenere nanocristalli di calcio fosfato utilizzando come “ microreattori” delle micelle inverse di acqua in isoottano. La figura 2b mostra un esempio di nano “needle” ottenuti per reazione del sale di calcio di un tensioattivo (CaAOT) con tampone fosfato (pH=9) in emulsione inversa Figura 2 Immagini TEM di nanocristalli di idrossiapatite e di ottacalcio fosfato ottenuti tramite diffusione di vapore (a) e mediante cristallizzazione in micelle inverse (b) b) Funzionalizzazione superficiale di materiali inorganici nanostrutturati Il passo successivo alla messa a punto in laboratorio di biomateriali è il conferimento ad essi di bioattivà specifiche. Questo scopo può essere ottenuto con la sintesi di strutture composite materiale-molecola funzionale, dove la molecola funzionale sia in grado di veicolare le informazioni stimolanti specifiche risposte cellulari. Sono state preparate nanoapatiti biomimetiche utilizzando come coreagenti amminoacidi con diversi residui laterali (alanina, arginino, acido aspartico) e di conseguenza diversa carica. E’ 22 stata dimostrata la possibilità di trasformare la morfologia dell’apatite da plate-like a needle like, nonché di modularne le proprietà e la carica superficiale. (Fig3) Figura 3 Immagine TEM rappresentativa dello switch della morfologia di nanocristalli apatitici da plate like a needle like medianate l’uso di amminoacidi polari Convenzionalmente la somministrazione di principi attivi nell’organismo avviene ad intervalli regolari per via orale o endovenosa. Gli svantaggi che ne derivano sono che l’agente terapeutico circoli in tutto l’organismo e venga spesso degradato prima di raggiungere il sito di azione e che la sua concentrazione raggiunga livelli superiori alla quantità terapeutica e vicini a quella tossica. Al contrario, i sistemi per il rilascio controllato realizzano l’obiettivo di rilasciare la molecola bioattiva vicino al sito di azione al momento giusto e in quantità terapeutica corretta. Il lavoro di ricerca si è indirizzato verso la sintesi di apatiti nanocristalline funzionalizzate con molecole di antitumorale che possano esser rilasciate con cinetica controllata nel sito dell’impianto, con lo scopo di ottenere materiali ibridi aventi potenzialità nel trattamento dell’osteosarcoma. In particolare sono stati realizzati compositi d’apatite e complessi di platino con leganti bisfosfonici (Fig.4) (sintetizzati dall’unità di Bari). O H2 N O P Pt N H2 H2 N O Pt O P O N H2 O Figura 4 Di(ethylendiaminoplatino)medronate (DPM) (a) e (b) Pt2(en)2(AHBP-H)](HSO4) Misure di IC50, effettuate sulle molecole rilasciate dai materiali ibridi, hanno permesso di evidenziare come queste ultime presentavano un’attività citotossica uguale o addirittura maggiore rispetto a quella posseduta inizialmente dalle molecole. Si è dimostrata dunque l’idoneità dei nanocristalli apatici a supportare e rilasciare le molecole di cui sopra, senza alterarne o addirittura esaltandone le proprietà biologiche. Le nanoparticelle metalliche, ed in particolare quelle di oro, hanno elevate potenzialità in campo diagnostico e terapeutico. La particolare capacità d’interazione con la luce delle nanoparticelle di oro conferisce loro delle straordinarie proprietà ottiche, che le rende di gran lunga più efficaci dei coloranti convenzionalmente usati in biologia molecolare e nanomedicina. La coniugazione delle nanoparticelle a leganti che possano esser targettati su marker tumorali permette di 23 utilizzarle per l’imaging molecolare e la diagnosi del tumore. D’altro canto le nanoparticelle di oro convertono la luce fortemente assorbita in calore localizzato, che può essere utilizzato per una terapia “laser photothermal” localizzata. Data la possibilità di utilizzare le nanoparticelle già di per sè come agenti antitumorali, la progettazione di materiali biomimetici/nano-particelle ha un elevatissimo potenziale nel trattamento localizzato dei tumori. Il trattamento dei tumori mediante nanoparticelle, infatti, diviene più complicato nel caso del trattamento dei tumori ossei, dove dopo la rimozione chirurgica del tessuto malato si rende necessaria la sua sostituzione con un bone-filler. E’ inoltre indispensabile procedere ad un successivo trattamento antitumorale per evitarne la ricorrenza. La preparazione di materiali osseosostitutivi funzionalizzati con nanoparticelle è un metodo innovativo per raggiungere ambedue gli scopi. La coniugazione di nanoparticelle di metalli nobili a nanocristalli di idrossiapatite dovrebbe consentire di ottenere un materiale multifunzionale, che unisca alle ben note proprietà bioattive delle nano-apatiti, la responsività ottica delle nanoparticelle utile per il trattamento localizzato e non invasivo dei tumori. In un primo approccio, nanoparticelle di oro ed argento, cappate con differenti leganti sono state legate superficialmente a nanocristalli di apatite. (fig 5(a)) Alternativamente, si è utilizzata la tecnica di cristallizzazione in micelle inverse, laddove la micella di acqua ha rappresentato il sito di nucleazione di tali nanomateriali. Questa sorta di “constrained environment “ ha permesso di controllare la dimensione, la forma e l’organizzazione strutturale non soltanto dei singoli componenti (ovvero della nanoapatite e delle nanoparticelle), ma anche del composito HA-nanoparticella risultante (fig5(b)). Figura 5 Immagine TEM di nanocompositi HA-nanoparticelle, ottenuti mediante interazione in fase acquosa (a) e mediante cristallizzazione in micelle inverse (b). c) Uso di nanocristalli biomimetici di idrossiapatite per la rimineralizzazione dello smalto dentale Le carie dentali e l'erosione sono le patologie più comuni e più diffuse nel mondo; sono entrambe dovute all'azione degli acidi che favoriscono la solubilizzazione della struttura minerale dei denti. La causa principale della parziale dissoluzione dell'enamel è imputabile alla solubilità dell'idrossiapatite (HA) che è favorita a pH bassi. Al contrario di altri tessuti remineralizzati, quali ad esempio l'osso, l'enamel non è in grado di autoripararsi, per mancanza di cellule, quando viene intaccato ed eroso da specifiche patologie, come le carie, la demineralizzazione, l'abrasione o fratture (Figura 6a). L'unica metodologia per riparare l'enamel danneggiato è quella di sostituirlo con materiale di natura sintetica. Lo scopo di questo studio è quello di caratterizzare l'effetto della nano-CHA sulla remineralizzazione dell'enamel umano. Campioni di enamel (3x3mm) sono stati tagliati con dischi a lame diamantate da premolari estratti per ragioni ortodontiche e trattati con nanocristalli di idrossiapatite. I difrattogrammi registrati sui campioni trattati con nanocristalli di HA mostrano un' allargamento dei segnali tipico della CHA sintetica, che rivela la sua presenza sulla superficie dell'enamel. La 24 struttura interprismatica e prismatica dell'enamel risulta completamente ricoperta da uno strato apatitico omogeneo I risultati hanno sottolineato che la CHA nanometrica produce un coating resistente sulla superficie dell'enamel demineralizzato. Figura 6: Micrografia SEM(Original magnification: 4000X) di enamel demineralizzato (a) ed enamel sottoposto a trattamento con nanocristalli di idrossiapatite (b) La realizzazione di scaffolds porosi di idrossiapatite (HA) è attualmente una delle maggiori richieste in campo medico poiché per molti aspetti risulta essere la risposta adatta a quelle che sono le necessità nel campo dell'ingegneria tissutale. d) Conversione di Carbonati in Idrossiapatite per la produzione di scaffolds per l’ ingegneria tissutale La realizzazione di scaffolds porosi di idrossiapatite (HA) è attualmente una delle maggiori richieste in campo medico poiché per molti aspetti risulta essere la risposta adatta a quelle che sono le necessità nel campo dell'ingegneria tissutale. Diverse tecniche sono state impiegate per la realizzazione di scaffolds porosi, come ad esempio l'utilizzo di agenti porosi, ma oltre a richiedere l'impiego di apparecchiature molto costose, sono risultate essere tecniche che non permettono di avere un sufficiente controllo della porosità interna dello scaffold. La trasformazione idrotermale (HT) dell'aragonite (CaCO3) dei coralli che provengono dall'Oceano Pacifico in HA è stata di grande interesse a partire dal 1970 perchè permetteva di ottenere scaffolds porosi, con una composizione e una microstruttura del tutto simile a quella della componente minerale dell'osso naturale. Tuttavia lo sfruttamento dei coralli presentava un problema legato alla conservazione ambientale: il problema è stato superato utilizzando l'osso di seppia che ha le medesime proprietà chimiche e cristallografiche del corallo ma non è una specie protetta bensì un materiale di risulta nella lavorazione ittica. In questo studio ci si è preposti di sviluppare e caratterizzare nuovi scaffolds per l'ingegneria tissutale dell'osso a partire da materiali di derivazione biologica. E' stata poi indagata la loro biocompatibilità allestendo colture cellulari utilizzando gli scaffolds oggetti di studio e comparandoli a biomateriali di riferimento come il titanio nelle sue varie preparazioni, ampiamente usati in campo biomedico. La conversione dell‟aragonite dell'osso di seppia in idrossiapatite, attraverso la sintesi idrotermale, è stata confermata tramite XRD (Figura 7). Figura 7 XRD di osso di seppia naturale (a) e dopo trattamento idrotermale (b) 25 I risultati sperimentali dimostrano che l'aragonite costituente l'osso di seppia è stata completamente convertita in idrossiapatite, mantenendo la tipica struttura a camere interconnesse (Figura 8). Figura 8 Micrografie SEM di osso di seppia naturale a) e dopo trattamento idrotermale b) Magnification 500x e) Coating proteici, inorganici e compositi Sono state effettuate ricerche sull‟ottenimento di coating proteici (ad es. di collageno), apatitici o compositi mediante tecniche di deposizione elettrochimica ed elettrospinning. I parametri del processo di deposizione e gli elettrodi possono essere opportunamente scelti in modo da sincronizzare il processo di autoassemblaggio delle fibre di collageno durante la formazione dei cristalli di idrossiapatite. I risultati inoltre stabiliscono nuove metodiche di sperimentazione per studiare i meccanismi di biomineralizzazione del collageno nei tessuti biologici. La deposizione elettrochimica ha inoltre permesso di ottenere layers nanostrutturati di carbonato idrossiapatite attivati superficialmente con eparina Figura 9. E‟ stato dimostrato come la coagulazione del sangue risulti esser significativamente ritardata sul coating di nanopatite funzionalizzato con eparina rispetto a quanto avviene sul coating non funzionalizzato. Ciò apre nuove prospettive nella realizzazione di device con potenzialità antitrombogeniche. Figura 9 Coating di idrossiapatite funzionalizzata con eparina ottenuto mediante deposizione elettrochimica su lamina di titanio 2) Interazione di fibre di crisotilo con sieroproteine e porfirine Negli ultimi anni, l‟interesse per i nanotubi è stato esteso a molti materiali inorganici, conduttori, semiconduttori e isolanti che possono avere applicazioni come materiali tecnologici, in catalisi, elettronica o come drug delivery. Il crisotilo sintetico con formula (Mg3Si2O5(OH)4) è un silicato stechiometrico avente una fase nanostrutturata tubolare e può essere mescolato per formare blende con altri materiali inorganici e polimerici per generare composti avanzati ed innovativi, senza tutte le complicazioni dovute alla tossicità tipica del crisotilo naturale. Studio dell’assorbimento dell’HSA sul crisotilo L‟adsorbimento di proteine su superfici inorganiche è un fenomeno fondamentale dalle molte applicazioni la cui importanza è stata ampiamente sottolineata in numerosi articoli. Nel campo dei biomateriali l‟interesse verso questa interazione è dovuto principalmente alla tendenza delle proteine a depositarsi sulle superfici dei materiali impiantati ed al grande ruolo giocato da questo deposito proteico nella successiva interazione con le cellule. L‟interazione di questo “biofilm” è strettamente correlata con le particolari proprietà delle superfici così come con le caratteristiche delle proteine presenti all‟interfaccia con l‟impianto. La risposta cellulare, che determina la biocompatibilità del materiale, è strettamente correlata alle proprietà delle proteine ed al loro comportamento all‟interfaccia materiale - tessuto biologico, che quindi devono essere chiariti. Nel campo delle nanotecnologie l‟interazione delle proteine con le superfici inorganiche guida la costruzione di sensori, attivatori ed altri componenti funzionali: anche in questo ambito una conoscenza dettagliata dei meccanismi di questa interazione risulta particolarmente utile. 26 Per quanto riguarda l‟impatto di materiali estranei sui processi biologici, la conoscenza di tale interazione è essenziale al fine di capire i meccanismi con cui si manifestano eventuali tossicità e cancerogenicità, poiché le proprietà ad esse correlate sono fortemente influenzate dall‟adsorbimento sulla superficie di molecole e macromolecole, come proteine, lipidi di membrana e acidi nucleici. Le modifiche della struttura secondaria dell'albumina sierica umana (HSA) indotte dalla superficie dei nano tubi di crisotilo sono state studiate sia attraverso il calcolo di dinamica molecolare (MD) sia attraverso esperimenti di spettroscopia infrarossa (FTIR), rivestendo i nanocristalli di crisotilo sintetico con diverse quantità di HSA. Le MD simulazioni sono state ottenute minimizzando l‟energia di interazione nel mezzo dielettrico, considerando separatamente la geometria dei sub domini. conformazione di partenza dei sub-domini dell‟albumina “Ionic self assembly” tra porfirine e nano tubi di crisotilo Nanotubi sintetici di crisotilo sono stati utilizzati come matrice inorganica nanostrutturata per l‟organizzazione di cromofori funzionali, come ad esempio porfirine e i rispettivi derivati acidi e metallici, per ottenere strutture ibride organico/inorganico con potenziali applicazioni nel campo dei materiali fotonici, nell‟ottica non lineare e come sensori. E‟stato possibile ottenere l‟assorbimento di diversi derivati di tetra-(4-sulfonatofenil)porfirine (TPPS) aventi carica negativa sul crisotilo, che esibisce una carica positiva superficiale, in un determinato range di pH, come determinato dalle misure effettuate del potenziale Z. Diversi nanocompositi ibridi sono stati preparati mediante gocciolamento di soluzioni acquose concentrate (650 M) dei differenti cromofori organici in una sospensione acquosa di nanotubi. Se gli esperimenti vengono condotti ad un valore di pH neutro, la base libera TPPS si assorbe spontaneamente sulla superficie del solido bianco fino alla neutralizzazione della carica. Sono stati sintetizzati anche dei composti metallo-derivati (CuII, ZnII, MnIII) che sono stati fatti assorbire sulla matrice inorganica, consentendo di avere così una più grande varietà di proprietà ottiche, che sono stati caratterizzati mediante le tecniche di spettrofometria UV-Vis, spettroscopia di fluorescenza e risonanza di light-scattering (RLS). I composti ibridi crisotilo-porfirina hanno mostrato una risposta reversibile alla presenza di vapori acidi o molecole sulla superficie, con la fomazione degli aggregati-J dopo un sostanziale riarrangiamento delle molecole cromoforiche sulla superficie, per un possibile utilizzo di tali composti come sensori. L‟approccio ionico di auto assemblaggio è stato anche utilizzato per preparare dispersioni colloidali stabili di nanotubi in solventi clorurati mediante l‟aggiunta di tensioattivi anionici (SDS). I dati di light-scattering dinamico (polarizzato e non polarizzato), analizzato con l‟utilizzo di un modello rigido per le particelle, hanno portato ad una lunghezza media 0.55 ± 0.05 µm e un diametro di circa 40 nm, in grande accordo con le misure di microscopia elettronica a trasmissione (TEM) e di light-scattering, prova di una grande dispersione dei nanotubi in soluzione. Questi colloidi possono quindi interagire con la TPPS anche in solvente organico, 27 portando ad aggregati H-supportati e ad aggregati-J, questi ultimi aventi una estinzione ridotta e caratteristiche RLS che sono molto simili a quelli normalmente osservati per aggregati TPPS non supportati in acqua e che sembrano essere promettenti nelle applicazioni dell‟ottica non lineare. 3) Sintesi di Nanoparticelle Per la prima volta sono state sintetizzate nanoparticelle di rame protette dal 3 - (6-mercaptohexyl) tiofene (Cu T6SH) da fase unica, utilizzando una miscela di riducenti come NaBH4/LiCl in diglyme, evitando così la dissoluzione dei sali di rame in acqua. I nanoclusters sintetizzati sono stati caratterizzati mediante il microscopio elettronico a trasmissione (TEM) mostrando una morfologia sferica costante con dimensione di 5-6 nm di diametro. 30 nm Immagine TEM a) di nano particelle di Cu T6SH sintetizzate mediante (Li diglyme) BH4 come agente riducente e b) il relativo istogramma di distribuzione delle nano particelle. Dopo la loro sintesi e per un periodo di sei mesi conservato in CH2Cl2 a bassa temperatura, non sono stati osservati ne fenomeni aggregativi ne alterazioni morfologiche e dimensionali significativi. L‟ UV-Vis condotto sulle nanoparticelle di Cu T6SH rivela la mancanza della banda plasmonica di superficie, normalmente osservata per i nano-cluster di Cu a circa 556-570 nm, ma mostra solo una larga banda centrata a 293 nm, probabilmente a causa della breve (C6) catena alchilica dell‟anello tiofene ordinata sulla superficie del nucleo di Cu. Spettro UV-Vis delle nano particelle Cu T6SH sospese in CH2Cl2 A differenza delle nano particelle protette con l‟anello tiofenico a lunga catena, come precedentemente osservato, i risultati TEM e UV-Vis sottolineano la mancanza di aggregazione irreversibile per le nanoparticelle metalliche protette con il tiofene a catena corta. La conseguenza di una catena corta intorno al nucleo metallico e l‟assenza di aggregazione irreversibile delle nano particelle potrebbero migliorare le loro proprietà ottiche ed elettroniche. 28 4) Sintesi caratterizzazione ed utilizzo di meso fasi SBA-3 SBA-3 è una famiglia di mesofasi di silice ottenute in condizioni acide. Il gruppo di Bologna ha studiato la capacità degli ioni alcalino ed alcalino terrosi di modificare le caratteristiche di tali mesofasi. Si è dimostrato come gli ioni con una maggiore densità di carica siano in grado di ridurre le dimensioni dei pori nella struttura della mesofase. Tale diminuzione nella struttura dei pori, a parità dello spessore della parete degli stessi, ha aumentato notevolmente l‟area superficiale di queste mesofasi. Si è inoltre visto come queste mesofasi siano maggiormente resistenti ai trattamenti termici senza subire una contrazione o un collasso della loro struttura. Tali mesofasi hanno notevoli applicazioni catalitiche. Alcune di esse, insieme ad altre ottenute in condizioni basiche in presenza di titanio sono state utilizzate come catalizzatori eterogenei per l‟ eliminazione di acidi grassi, utilizzando dimetil-carbonato. Questi catalizzatori hanno notevolmente aumentato la resa di reazione e reso possibile lo studio di acidi grassi in un processo continuo mediante la tecnica della pirolsi. Figura 1. Diffrattogramma ed immagine al microscopio elettronico a scansione di una mesofase SBA-3 sintetizzata in presenza di una concentrazione di litio 3 volte superiore a quella di silicio. 5) Cristallizzazione e struttura di proteine su superfici funzionalizzate Il successo nella determinazione della struttura cristallina di una macromolecola biologica, mediante diffrazione a raggi X, è fortemente correlato alla possibilità di ottenere cristalli singoli d‟alta qualità. Per questa ragione molti studi sono stati indirizzati allo sviluppo e progettazione di nuove tecniche di cristallizzazione. Gli esperimenti di cristallizzazione sulle superfici di polistirene e di mica, sono stati effettuati con la tecnica della goccia pendente a diffusione di vapore, utilizzando varie proteine modello. I risultati ottenuti mostrano come il tempo di induzione e la concentrazione iniziale di proteina per la nucleazione dei cristalli diminuiscano passando dal vetrino siliconato, utilizzato come riferimento, alle superfici con contenuto crescente di gruppi ionizzabili. Questi risultati forniscono utili informazioni sul meccanismo d‟interazione tra macromolecole biologiche e superfici, utilizzabili nella progettazione di nuove superfici potenzialmente in grado di controllare la crescita dei cristalli di macromolecole biologiche. L‟ubiquitina è una piccola proteina di 76 amminoacidi (MW 8565 Da) presente in tutti gli eucarioti con sequenza estremamente conservata. L‟ubiquitina è coinvolta nella degradazione proteica intracellulare e in altri processi quali la sintesi proteica, la tolleranza al danneggiamento del DNA, il traffico proteico e la risposta infiammatoria. Si è visto che nei processi neurodegenerativi nelle cellule si ha un accumulo di aggregati di tale proteina anche se il meccanismo molecolare che porta a tale accumulo è attualmente ancora sconosciuto. Si ritiene che l‟aggregazione proteica sia favorita dalla presenza di ioni metallici come il Cu(II) e lo Zn (II) i cui livelli aumentano nelle cellule celebrali di pazienti affetti da Parkinson e Alzhaimer, due delle più comuni malattie neurodegenerative. La forma umana dell‟ubiquitina (hUb) è stata cristallizzata presso il laboratorio di strutturistica di Bologna in presenza degli ioni metallici del 12 gruppo (Zn, Cd, Hg) a diverse concentrazioni. Lo Zn è un elemento coinvolto in numerosi processi biologici, mentre Cd e Hg sono ioni tossici in grado di legarsi alle proteine compromettendone la funzione. La caratterizzazione dei 29 siti di legame di tali ioni potrebbe aiutare a comprendere i meccanismi alla base dei processi di aggregazione dell‟ubiquitina. La risoluzione della struttura degli addotti proteina-metallo ha evidenziato un sito preferenziale di ancoraggio per i metalli, rappresentato dall‟His68. Studi cristallografici sono stati effettuati anche su polipeptidi sintetici in grado di formare strutture fibrose. Tali studi hanno dimostrato come alcune strutture fibrose possano essere stabilizzate da un singolo legame ad idrogeno tra le catene peptidiche. Inoltre si è dimostrato come variando le condizioni di cristallizzazione si possa cambiare l‟aggregazione dei peptici, passando da una struttura fibrosa ad una struttura tipo cristallo singolo. Figura 2. Sovrapposizione delle strutture dei tre addotti metallo-proteina. L‟addotto Zn-hUb è rappresentato in verde, quello Cd-hUb in blue e quello Hg-hUb in oro. Gli ioni metallici sono rappresentati come sfere di diversi colori: lo Zn(II) in marrone, il Cd(II) in azzurro e lo Hg(II) in viola. 6) Studio dei processi di biomineralizzazione E‟ stata studiata la cristallizzazione di carbonato di calcio in presenza di polisaccaridi. In questo lavoro viene messa in evidenza l'influenza di polisaccaridi, destrani (cationici, anionici e non ionici) e amido solubile, sulla precipitazione di carbonato di calcio da un sistema omogeneo in cui i reagenti sono idrossido di calcio e acido carbonico. Questi additivi modificano la morfologia e le dimensioni delle particelle come pure la loro composizione. La precipitazione di carbonato di calcio nel sistema modello (senza additivi) provoca la formazione di calcite e vaterite, e una fase amorfa precursore, nella fase iniziale del processo di precipitazione. Questa fase amorfa si trasforma in vaterite e / o di calcite, e la vaterite in calcite, diventando questa ultima fase quella finale di precipitazione. La dimensione media delle particelle di calcite così formata è di circa 16 m La calcite è l'unico in fase solida nel sistema. Con l'aggiunta di destrani non ionici in questo sistema, la dimensione delle particelle di calcite diminuisce a circa 8 m. In presenza di destrano anionico la cinetica del processo di precipitazione viene fortemente alterata. I risultati mostrano che l'adsorbimento di destrano anionico inibisce la crescita di cristalli di carbonato di calcio. Tra tutti gli additivi utilizzati, il destrano anionico è quello che altera maggiormente la morfologia di calcite e vaterite. I destrani cationici rallentano la crescita e processi di trasformazione, ma la loro influenza sulla Figura 3. Immagini SEM di cristalli di calcite e vaterite morfologia dei cristallo è nulla. Allo stesso cresciuti in presenza di diverse concentrazioni di amido solubile. (a): 10 ppm, (b) 100 ppm. modo, l'aggiunta di amido solubile non ha alcun effetto sulla morfologia di una calcite o vaterite alle concentrazioni utilizzate in questo lavoro. E‟ stata anche studiata la mineralizzazione di fosfati di calcio su substrati di “pure helical collagen” in “simulated body fluid. In questa ricerca è stato utilizzato del collagene di origine equina privo delle regioni terminali disordinate, i telopeptidi, e delle regioni polisaccaridiche. Questo collageno, in cui sono presenti solo le regioni elicoidali, mostra delle proprietà diverse rispetto al collageno nativo e soprattutto ha una migliore biocompatibilità verso i tessuti biologici. Nella ricerca questo 30 collageno è stato utilizzato a diversi stadi di aggregazione, gel, film e film deformati uniassialmente, e sono state investigate le sue capacità mineralizzanti di fosfati di calcio in “simulated body fluid”. La ricerca ha mostrato come questo collagene sia in grado di favorire la mineralizzazione dei fosfati di calcio, principalmente idrossiapatite, solo quando presente in uno stato di gel, ossia prima del processo di fibrillazione che porta alla formazione di films. Sui films la deposizione della fase minerale sembra essere controllata da processi diffusivi, senza che vi sia una induzione della mineralizzazione da parte del substrato. 7) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d’ interesse ambientale In questo anno si è continuata l‟ attività sulla caratterizzazione chimico- strutturale di particelle e fibre nano-micrometriche presenti nel particolato atmosferico che possono rappresentare un rischio per la salute umana. In particolare si è studiato la componente nanoparticellare di TiO2 e quella fibrosa di asbesto presente in pietre ofiolitiche utilizzate nelle massicciate ferroviarie della Regione Emilia-Romagna. Per quanto riguarda la tossicità delle fibre asbestosi è stato valutato il ruolo del Fe nel sostituire il Mg nella struttura serpentinica delle fibre di amianto ed è stata messa in evidenza una diversa stabilità delle fibre in funzione del grado di inserimento del Fe nella struttura del crisotilo. 8) storia della chimica Industria chimica e salvaguardia dell'ambiente L'industria chimica nacque alla fine del secolo XVIII, quando Nicolas Leblanc e Michel Dizé misero a punto un processo per ottenere la soda (carbonato di sodio) dal sale marino. Il brevetto fu attribuito al solo Leblanc il 25 settembre 1790. Il processo comprendeva due fasi. Nella prima, il sale veniva fatto reagire a caldo con acido solforico. Si otteneva solfato di sodio e si sviluppava acido cloridrico gassoso. Il solfato, mescolato con calcare e carbone, veniva riscaldato, producendo soda insieme a solfuro di calcio. Inizialmente, l'acido cloridrico veniva scaricato direttamente nell'atmosfera. Ben presto, i gravi danni sulla vegetazione, le persone e gli edifici divennero evidenti. Agli inizi degli anni '60, i proprietari terrieri e l'opinione pubblica costrinsero la camera dei Lord a intervenire con apposita legge. Così, nel 1863 fu approvata l'Alkali Act. Si stabiliva che almeno il 95% dell'acido prodotto venisse condensato. Le ricerche hanno riguardato la genesi della legge e la cooperazione fra scienza, industria e pubblica amministrazione che ne resero possibile l'applicazione. Origini della fotometria quantitativa Nella determinazione analitica dei metalli, specialmente a livello di tracce, si ricorre sovente alle tecniche spettrofotometriche. L'equazione che mette in relazione l'assorbanza con la concentrazione viene generalmente attribuita a Lambert-Beer o, addirittura, soltanto a Beer. Così facendo non si tiene conto della storia della fotometria. Sarebbe preferibile, in accordo con la IUPAC, l'attribuzione a Beer-Lambert-Bouguer, come alcuni già fanno. Le ricerche, con il ricorso a fonti originali, hanno evidenziato il contributo di Pierre Bouguer (16981758) alla nascita della fotometria, quello dei suoi precursori, nonchè gli apporti specifici di Johann Heinrich Lambert (1728 – 1777) e August Beer (1825 –1863). 9) Contratti e convenzioni con l’ Industria Presso il Laboratorio di Strutturistica Chimica Ambientale e Biologica (LEBSC) localizzato nel Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”dell’Università degli Studi di Bologna e costituente la Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. dell’ Ateneo Bolognese, si è svolta nel 2008 l’ attività di ricerca prevista da alcuni contratti tra C.I.R.C.M.S.B e Industria. E‟ stato rinnovato il contratto C.I.R.C.M.S.B – GHIMAS S.p.A. attività coerente con le ricerche riportate al punto1c,e). In questo anno di attività è stata realizzata la sintesi di Idrossiapatiti biomimetiche nanocristalline con proprietà chimico-fisiche superficiali tali da rendere i cristalli altamente bioreattivi, rendendoli particolarmente idonei alla formazione di scaffolds per l‟ ingegneria tissutale. Sono state ottimizzate le sintesi di tipo sol-gel, utilizzando soluzioni acquose fortemente diluite ed operando in condizioni costanti di temperatura e pressione nell‟intervallo fisiologico per tempi di reazione variabili da alcune ore ad una settimana. Sono state definite le 31 condizioni di reazione ottimali quali concentrazione dei reagenti, velocità di neutralizzazione acidobase, velocità di miscelazione dei reagenti, temperatura ed atmosfera di reazione, tempo di maturazione e crescita cristallina nelle acque madri di reazione. I parametri di sintesi definiti hanno permesso di ottimizzare le caratteristiche strutturali, morfologiche, dimensionali e superficiali dei nanocristalli sintetizzati tali da renderli particolarmente idonei alla preparazione di scaffolds inorganici biomimetici per la crescita di cellule staminali. Sono state inoltre effettuate ricerche sull‟ottenimento di coating apatitici mediante tecniche di deposizione elettrochimica su impianti di titanio per l‟ odontoiatria. I parametri del processo di elettrodeposizione sono stati opportunamente scelti in modo da ottimizzare il processo di formazione dei cristalli di idrossiapatite sulla superficie metallica in modo da renderla bioattiva all‟ interfaccia con il tessuto osseo. E’ stato rinnovato il contratto C.I.R.C.M.S.B – COSWELL S.p.A. sulla cui base è stata condotta una attività di ricerca coerente con parte delle ricerche riportate al punto 1c), riguardanti la sintesi e caratterizzazione di Idrossiapatiti attive nei processi riparativi delle superfici dentali smalto e dentina. I risultati sono stati pubblicati su riviste internazionali specializzate nel settore. Questi risultati sono stati utilizzati dall’ industria coinvolta per la produzione e commercializzazione di una pasta dentifricia innovativa (BIOREPAIR®) Sono state inoltre messe a punto sintesi di sospensioni di particelle apatitiche nanometriche in grado di modificare l’ idrofilicità superficiale. I risultati che hanno permesso il deposito di due brevetti internazionali sono stati utilizzati per la messa a punto di un nuovo processo industriale di sintesi in grado di produrre una fase apatitica nanostrutturata attiva e particolarmente aggressiva nei confronti dello sporco da rimuovere su superfici lavabili, dando vita a due nuovi prodotti industriali(VIM ®crema e VIM® trigger) Si è continuata l’ attività prevista dal contratto C.I.R.C.M.S.B-ARPA di Reggio Emilia, di durata biennale, iniziata nel 2007. Si sono condotte analisi coerenti con le ricerche riportate ai punti 2 e 7) per l’identificazione di fibre di amianto in pietre ofiolitiche presenti nelle massicciate ferroviarie delle stazioni dell’Emilia-Romagna. Scopo dell’attività è stato quello di rilevare in campioni opportunamente selezionati di pietre di massicciata ferroviaria, attraverso analisi al microscopio ottico ed elettronico a scansione, l’indice di rilascio di eventuali fibre di amianto e mettere i risultati in relazione con i valori specificati dai termini di legge. Nel corso del 2008 sono stati analizzati presso il LEBSC oltre 600 campioni di pietre, provenienti da varie stazioni ferroviarie, tra cui Parma, Piacenza, Castel Maggiore e San Benedetto Val di Sembro. E’ stato stipulato un contratto C.I.R.C.M.S.B- PECTROL per lo studio di nuovi sistemi di rivelazione di molecole di alcool etilico aerodisperso, mediante l’ utilizzo di nanotecnologie. Infatti le ricerche al punto1) sono in grado di suggerire matrici inorganiche nanostrutturate caratterizzate da una elevata area superficiale che potrebbero consentire la realizzazione di etilometri usa e getta di nuova concezione ed elevate prestazioni senza l’ uso di sali di Cromo. E’ stata porta avanti l’ attività prevista dal contratto C.I.R.C.M.S.B- PROBIO per la realizzazione di filler sottocutanei di idrossiapatite biomimetica nanostrutturata rivolti alla chirurgia estetica. Le ricerche condotte sulla base di questo contratto utilizzano le esperienze acquisite negli studi citati al punto 1). 32 UNITA’ DI RICERCA DI CAMERINO Direttore Scientifico: Prof. Alfredo Burini L‟unità operativa di Camerino si è occupata principalmente delle seguenti tematiche: 1) Sintesi, caratterizzazione e applicazioni radiofarmaceutiche (PET e microPET) di nuovi complessi marcati con 64-Cu, funzionalizzati con leganti biologicamente attivi. 2) Sintesi, caratterizzazione e studio delle proprietà antitumorali in vitro di complessi idrosolubili di Cu(I). 3) Sintesi di derivati metallici di Sn(IV), Cu(I), Ag(I) e Au(I) con leganti appartenenti alla classe degli scorpionati. Nell‟ambito della prima tematica di ricerca, sono stati sintetizzati e caratterizzati quattro nuovi complessi di rame(I) con leganti monofosfinici idrosolubili ed i corrispondenti complessi marcati [64Cu(thp)4]+ (1), [64Cu(PTA)4]+ (2), [HC(CO2)(pzMe2)264Cu(thp)2] (3) e [HC(CO2)(tz)264Cu(thp)2] (4) (thp = tris(hydroxymethyl)phosphine (thp), TPA = 1,3,5-triaza-7-phosphaadamantane). I potenziali radiofarmaci sono stati ottenuti con una resa ed una purezza radiochimica elevate (>98%) senza ricorrere ad ulteriori processi di purificazione (Fig. 1). Fig. 1. Strutture dei complessi 64Cu, 1-4. Per i 4 complessi marcati sono stati misurati i valori di logP e della stabilità nel siero ed è stato investigato l‟uptake in vitro in colture cellulari EMT-6. Il complesso 3 ha mostrato la più alta stabilità nel siero con ~33% del complesso ancora intatto dopo 1 ora di incubazione. Il complesso 2 invece ha mostrato una rapida velocità di uptake nelle cellule EMT-6 cells con un uptake >8.5% uptake dopo 2 ore di incubazione (Fig. 2). 10.0 2 % Uptake 8.0 6.0 4.0 4 2.0 1 3 0.0 0 20 40 60 80 100 120 Time (min) 33 Fig. 2. Cell uptake behavior of complexes 1-4 into EMT-6 mammary carcinoma cells. Error bars not seen are within symbols. Il complesso 1, che può essere considerato un building-block per la sintesi di nuovi radiofarmaci, è stato ulteriormente investigato attraverso studi di biodistribuzione e PET/CT su topi con il tumore EMT-6 (Fig. 3-5). 2h 1h 24 h axial Scale Off-Scale High coronal Low Fig. 3. The images shown are 1 mm slices, with the animal in the supine position, and the slices shown are through the center of the tumor volume. Selected axial and coronal images obtained using co-registration techniques demonstrating the uptake of 1 at 1, 2 and 24 h post injection in a mouse with an EMT-6 tumor (arrow) implanted on the flank. L‟uptake sul tumore EMT-6 risulta maggiore dopo 1 ora di incubazione (7.71 ± 2.17 %ID/g) e decresce lentamente dopo 24 h (4h, 4.90 ± 0.78 %ID/g; 24 h, 3.74 ± 0.73 %ID/g). 45.0 5 1 hour Tumor 4 hour 40.0 Muscle 24 hour Liver 4 35.0 Kidney Heart 3 25.0 SUV %ID/g 30.0 20.0 2 15.0 10.0 1 5.0 0.0 0 blood lung liver(all) spleen kidney muscle heart brain bone tumor Organ 0 5 10 15 20 25 Time (h) Fig. 4 Fig. 5 Fig. 4. Biodistribution was carried out on 16-18 g female BALB/c mice implanted with EMT-6 cells subcutaneously into the left flank. Tumors were allowed to grow for 14 days (approx 0.3 – 0.7 cm3), at which time the animals received 0.20 MBq (~5 μCi) of complex 1 in 100 μL of saline via lateral tail vein injection. Mice were examined at 3 time points (n = 4 per group at 1, 4 and 24 hours). Fig. 5. Standard uptake values (SUVs) of 1 in selected organs in EMT-6 tumor bearing mice over 24 h (n = 4). Nell‟ambito della seconda tematica di ricerca, scopo dell‟unità operativa di Camerino è stato quello di ottenere complessi di rame(I), con leganti fosfinici idrosolubili, che presentino una attività antitumorale paragonabile o superiore a quella del cis-platino e una selettività verso i tumori 34 resistenti ai principali chemioterapici antineoplastici, tale da essere vantaggiosamente impiegati come agenti antitumorali nel trattamento di malattie tumorali di per sé ed anche in associazione con farmaci antitumorali già impiegati in terapia. In particolare i complessi monocationici e idrofilici di Cu(I) [Cu(thp)4]+ (5) e [Cu(bhpe)2]+ (6) (thp = tris(hydroxymethyl)phosphine; bhpe = 1,2-bis[bis(hydroxymethyl)phosphino]ethane) sono stati ottenuti a partire dal precursore metallico [Cu(CH3CN)4](PF6) (Fig. 6). Fig. 6. Molecular structure of copper complexes 5 and 6. I complessi 5 e 6 sono stati caratterizzati sia in soluzione che allo stato solido e testati per le loro proprietà citotossiche nei confronti di un‟ampia serie di linee cellulari tumorali umane. Sulla base dei valori di IC50 il complesso 5 ha mostrato un‟attività antitumorale in vitro di circa un ordine di grandezza superiore rispetto a quella mostrata dal cis-platino (Tabella 1). Tabella 1. Cytotoxic activitya IC50 (µM) ± S.D. Compound [Cu(thp)4][PF6] 5 HL60 A549 MCF-7 Daudi 0.60±0.02 9.11±2.71 11.08±0.52 6.94±0.18 HepG2 A375 CaCo2 HCT-15 HeLa 1.26±0.10 4.58±2.41 1.08±0.12 2.00±0.03 8.21±1.50 [Cu(bhpe)2][PF6] 47.40±2.92 57.60±2.19 49.71±2.03 65.5±1.22 6 78.23±1.11 68.21±1.23 52.50±0.81 57.36±1.31 62.41±1.33 thp 68.63±2.44 72.91±2.44 64.23±4.29 >100 98.71±3.63 88.70±3.88 >100 bhpe 83.72±3.23 >100 >100 >100 71.71±1.64 73.21±1.22 84.11±2.22 91.71±4.01 >100 KPF6 >100 >100 >100 >100 Cisplatin 15.91±1.51 29.21±1.92 19.04±1.51 23.97±2.51 21.50±1.41 20.33±1.33 35.42±1.40 25.34±1.31 10.50±1.51 >100 >100 >100 >100 >100 >100 >100 a S.D.= standard deviation; N.D.= not detectable; IC50 values were calculated by probit analysis (P < 0.05, 2 test). Cells (5-8·104·mL-1) were treated for 48 h with increasing concentrations of tested compounds. Cytotoxicity was assessed by MTT test. Studi biologici approfonditi (Chemosensitivity tests, multidrug resistance phenotypes, short-term proliferation assays) suggeriscono che il complesso 5 agisce con un meccanismo d‟azione differente rispetto al cisplatino e che il danno lisosomiale rappresenta il primo evento cellulare associato con la sua attività citotossica. Analisi citometriche indicano che il complesso 5 è in grado di inibire la crescita delle cellule tumorali attraverso un arresto del ciclo cellulare G2/M en meccanismo parapoptotico (Fig. 7 e 8). 35 Fig. 7 Fig. 8 Figura 7. Cell cycle analysis of 2008 cells. Panels A-H represent different time points (3, 12, 24, and 48 h, respectively) of control cells (left) and cells treated with IC50 concentrations of complex 5 (right). Figura 8. Forward scattering vs side scattering as a function of time in 2008 cells untreated (left) and treated with IC50 concentrations of complex 5 (right). Panels A-H represent different time points (3, 12, 24, and 48 h, respectively). 36 UNITA’ DI RICERCA DI CATANIA Direttore Scientifico: Prof. Raffaele Pietro Bonomo Complessi di rame(II) con le proteine di interesse(Amilina (IAPP), alfa-cristallina, A beta Amiloide, Alfa-sinucleina, Insulisina, Proteina prionica). Le molecole studiate sono: Amilina (IAPP), alfa-cristallina, A beta Amiloide, Alfa-sinucleina, Insulisina, Proteina prionica. Inoltre sono state investigate alcuni inibitori della fibrillogenesi quali beta-sheet breaker e loro glicoconiugati. Sono state effettuate le sintesi di frammenti peptidici presenti nel dominio N-terminale del prione umano, del peptide ß-amiloide e frammenti relativi alla proteina amilina caratterizzandone anche la complessazione con ioni metallici. Per quanto riguarda gli studi relativi alla proteina prione sono stati studiati i seguenti frammenti: HuPrP(76-114) e HuPrP(59-91). Il frammento HuPrP(59-91) è stato anche modificato legando una catena di Polietilenglicole (PEG) all'estremità N-terminale della catena polipeptidica, al fine di aumentare la solubilità dei relativi complessi con il rame (II) e permettere uno studio potenziometrico. I peptidi sono stati caratterizzati da un punto di vista conformazionale presso il CNR-IBB facendo uso di tecniche spettroscopiche quali il dicroismo circolare (CD) ed NMR. Allo stesso tempo sono stati intrapresi, gli studi potenziomentrici e spettroscopici dei complessi del rame(II) formati con questi peptidi. I primi risultati indicano che, a differenza dei precedenti studi condotti su altri frammenti correlati, è presente un chiaro fenomeno di cooperatività nel frammnento HuPrP(59-91), mentre lo stesso appare solamente accennato nel frammento HuPrP(76-114). In relazione agli studi in corso sui peptidi correlati al b-amiloide, la coniugazione del frammento peptidico Ab(1-16) con una catena di polietilenglicole (PEG), ha reso possibile l'esecuzione di misure potenziometriche in soluzione acquosa, in eccesso di ioni metallici ed a concentrazioni relativamente elevate. I leganti studiati nell'ambito del progetto sono stati i seguenti: Aß(1-4), Aß(1-6), AcAß(1-6), AcAß(816)Y10A, Aß(1-16), Aß(1-16Y10A), Aß(1-16)-PEG. Lo studio di questi leganti ha reso possibile ottenere informazioni sulle capacità di legame dell'intero peptide [Aß(1-16) e Aß(1-16)PEG], i suoi frammenti N-terminali [Aß(1-4), Aß(1-6) e Ac-Aß(1-16)] ed anche sul ruolo dei residui adiacenti di istidina [Aß(8-16)] e tirosina [Aß(1-16)Y10A ]. I risultati ottenuti indicano che la regione Nterminale comprendente i residui 1-16 è in grado di legare fino a 4 ioni rameici. Inoltre l'analisi dei dati potenziometrici e spettroscopici indica che i complessi polinucleari sono presenti anche a pH fisiologico ed il gruppo ammino terminale può essere considerato come il sito a più alta affinità per il rame(II). Analoghi studi sono stati condotti con lo ione zinco dove per la prima volta è stato possibile ottenere un quadro dettagliato delle specie complesse esistenti a diversi pH ed a diversi rapporti metallo legante. I risultati indicano che il frammento peptidico Ab(1-16)-PEG riesce a coordinare sino a tre ioni zinco. Inoltre l'analisi dei dati potenziometrici ed NMR suggeriscono che il sito a più alta affinità per lo zinco è localizzato fra le istidine in posizione 13 e 14 a valori di pH leggermente acidi, mentre il gruppo ammino terminale diventa competitivo a valori di pH fisiologici. Gli studi precedentemente intrapresi sul frammento dell'amilina umana hIAPP17-29 sono stati approfonditi tramite esperimenti di light-scattering dinamico che hanno permesso di monitorare le cinetiche e i meccanismi di aggregazione di questo peptide omologo alla sequenza umana e confrontarlo con le proprietà del frammento murino rIAPP17-29. Più in particolare è stato valutato il ruolo del pH nel processo di aggregazione del frammento hIAPP17-29 individuando nella protonazione dell'istidina 18 un fattore critico nel determinare i meccanismi di aggregazione del frammento in soluzione acquosa. Inoltre, studi spettroscopici finalizzati alla caratterizzazione del polimorfismo conformazionale del frammento, sono stati condotti su suoi derivati coniugati con PEG che presentano una solubilità più elevata dei frammenti non-peghilati. Sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi derivati peptidici appartenenti alla classe dei "beta-sheet breaker" ottenuti legando covalentemente una molecola di trealosio al pentapeptide LPFFD. Il trealosio dovrebbe garantire: a) una maggiore stabilità nei confronti della degradazione enzimatica, proprietà che presentano molti peptidi glicosilati; b) promuovere il trasporto attraverso la barriera ematoencefalica, grazie ad un trasportatore specifico; c) possedere un'attività anti-fibrillogenica potenziata dal sinergismo delle componenti glucidica e peptidica. Tutti i peptidi sintetizzati sono stati 37 caratterizzati mediante spettrometria ESI-MS. Gli studi CD in differenti condizioni sperimentali (pH, TFE, SDS) hanno permesso di valutare le preferenze conformazionali di ciascun sistema peptidico. I risultati indicano che la presenza del trealosio non influisce in maniera determinante sulle proprietà conformazionali della catena peptidica, tuttavia gli spettri Cd suggeriscono che il trealosio promuove la strutturazione della catena polipeptidic in un ambiente più idrofobico. Un aspetto interessante emerge dagli esperimenti di stabilità nei fluidi biologici. I dati in nostro possesso indicano che la coniugazione del peptide LPFFD con il trealosio conferisce un'aumentata stabilità nei confronti della degradazione proteolitica in omogenati di cervello di ratto. Tutti i sistemi sintetizzati sono stati testati in relazione alla loro capacità di inibire la fibrillogenesi del peptide Abeta(1-42) nonchè della sua attività citotossica in colture primarie di neuroni corticali di ratto. Le misure di attività antifibrillogenica sono state condotte in differenti tamponi (PBS o Netilmorfolina (NEM) cloridrato, pH 7.4) utilizzando il saggio di fluorescenza con ThT, mentre la morfologia delle fibrille è stata studiata mediante indagini AFM. I saggi di fluorescenza, condotti in NEM, indicano che i coniugati sono in grado di interferire con il processo di fibrillogenesi dell'Ab(1-42). Le indagini AFM sono in accordo con i dati di fluorescenza evidenziando che la coincubazione con i glicoderivati statisticamente riduce la grandezza e lo spessore delle fibrille. Non è stato possibile riprodurre questi risultati in tampone fosfato dove non si evidenzia alcuna attività antifibrillogenica. Inoltre gli esperimenti di citotossicità eseguiti in tampone PBS non hanno messo in evidenza una significativa inibizione di tossicità da Ab(1-42). E' stata studiata l'interazione dell'IDE (Insulin-Degrading Enzyme) con diverse molecole substrato al variare delle condizioni sperimentali. In particolare, è stato possibile dimostrare che alte concentrazioni di Ubiquitina alterano drammaticamente la capacità dell'IDE di interagire e degradare molecole di Insulina. D'altra parte, l'Insulina sembra avere un importante ruolo regolatore sull'interazione IDEUbiquitina, suggerendo l'ipotesi che essa abbia quindi una importante funzione regolatrice sull'attività proteosomica dell'IDE. L'interazione IDE-Amiloide ß è stata studiata tramite diversi approcci di spettrometria di massa (MALDI, AP MALDI e ESI) ed i risultati hanno identificato nuovi siti di taglio dell'enzima su tali molecole. Il ruolo della Somatostatina è stato studiato tramite diversi approcci sperimentali, dimostrando da un lato la capacità dell'IDE di degradare tale molecola e, dall'altro, l'effetto della Somatostatina sull'interazione IDE-Amiloide ß. L'effetto dei diversi fattori ambientali (concentrazione enzimatica, tempi di reazione, presenza di metalli, etc.) sulla degradazione dell'Insulina da parte dell'IDE è stato accuratamente studiato tramite AP/MALDI MS. Esperimenti effettuati nel caso del sistema IDE-Insulina hanno dimostrato la presenza di un cambio conformazionale delle molecole di IDE ancorate sulla superficie durante l'interazione con le molecole di insulina. La simulazione delle curve sperimentali ottenuta adottando il modello del cambio conformazionale ha permesso di stimare alcuni dei parametri cinetici coinvolti con la suddetta interazione. Sono stati investigati gli effetti della L- e D-carnosina sugli aggregati fibrillari beta amiloidi di alpha-cristallina. In particolare è stato studiato il loro ruolo sulla tolleranza allo stress termico , attività chaperone e stabilità termica dell' alpha-cristallina. Nel lavoro oggetto degli ultimi due poster abbiamo osservato che, sia considerando come modello l'alpha-cristallina da sola che il sistema più complesso di cristallini di ratto in organo-cultura, la presenza delle carnosine previene la formazione di fibrille amiloidi, preserva l'attività chaperone dell'alpha-cristallina e disassembla le fibrille già preformate, restituendo parte della trasparenza della lente. Processi di riconoscimento molecolare. Le porfirine sono tra le molecole più studiate dai chimici. Le ragioni di tale interesse dipendono non solo dal fatto che esse svolgono un ruolo fondamentale in diversi sistemi biologici, ma anche dalla facilità con cui esse possono essere studiate grazie alle peculiari proprietà spettroscopiche. Esse presentano, infatti, proprietà spettroscopiche notevoli (quali l‟elevato coefficiente di estinzione molare e l‟alta resa di emissione di fluorescenza) che possono essere facilmente modulate inserendo sia diversi ioni metallici (al centro dell‟anello), sia diversi sostituenti (alla periferia, per esempio in posizione meso-). In particolare, l‟introduzione di gruppi carichi in posizione meso- ha reso possibile l‟ottenimento di porfirine solubili in acqua. E‟ importante sottolineare a questo punto che, in funzione del numero e/o della disposizione dei vari gruppi carichi, le porfirine presentano in acqua una naturale tendenza verso la auto-aggregazione. I gruppi carichi rendono, infatti, tali 38 molecole solubili in acqua, ma non idrofiliche. Del resto, la stessa struttura di queste molecole (un ampia superficie planare, elettron-ricca) favorisce interazioni tipo van der Waals anche in solventi meno polari dell‟acqua. Chiaramente le porfirine con un alto numero di cariche sono quelle che restano monomeriche per un più ampio intervallo di concentrazione e forza ionica. In relazione a ciò, vi era in letteratura la diffusa convinzione che l‟aggregazione su matrici di carica opposta a quella delle porfirine fosse una prerogativa specifica di porfirine con una forte tendenza verso l‟auto-aggregazione. poiché in acqua, in presenza di una matrice, sono guidate da specifici processi di riconoscimento molecolare. Ciò è vero anche per porfirine tetra-cariche che non mostrano alcuna tendenza ad auto-aggregare (in assenza di una specifica matrice) anche ad „alte‟ concentrazioni (104 M) e forze ioniche. La specificità di queste interazioni insieme alla inerente presenza di cooperatività dei processi di aggregazione, indirizzerà la nostra ricerca verso settori applicativi come quello dei sensori. Infatti, sia la specificità che la cooperatività sono dei requisiti essenziali per ottenere, rispettivamente, una buona selettività ed una elevata sensibilità. In particolare sono state studiate le interazioni tra le porfirine e templati di carica opposta la cui funzione è quella di organizzare e modulare il numero di porfirine aggregate. I templati investigati sono stati sinora biopolimeri chirali quali polipeptidi recanti in catena laterale gruppi ionizzabili al variare del pH. La variazione della densità di carica sul polipeptide è stata sfruttata per modulare con il pH il numero di porfirine aggregate. Questo ha consentito di ottenere tutta una serie di sensori per pH, ioni metallici, DNA o RNA. Grazie alle peculiarità elettroniche e coordinative dei metalli coordinati nel core della porfirina è stato inoltre dimostrato che è possibile controllare la geometria di aggregazione. Comunque, sia in presenza che in assenza di templati non è stato ancora acquisito il controllo sulle dimensioni degli aggregati. Infatti, l‟auto-aggregazione delle porfirine porta alla formazione di specie in cui il rapporto stechiometrico non coincide con la reale stechiometria delle specie che sono di dimensioni notevoli e variabili. In questo progetto si propone il disegno, la formazione e la caratterizzazione in soluzione acquosa di aggregati di porfirine aventi stechiometria determinata e modulabile utilizzando le interazioni elettrostatiche tra cariche nette di segno opposto quale forze guida dei processi di self-assembly. Questi complessi saranno progettati in maniera tale da renderli attivi verso processi di trasferimento elettronico fotoattivati o per essere utilizzati come sensori. Il progetto prevede due approcci diversi, uno in presenza e l‟altro in assenza di templati. Nel primo caso si propone l‟ottenimento di aggregati di porfirine di carica opposta utilizzando metallo-porfirine penta-coordinate per limitare la crescita dei complessi supramolecolari alle dimensioni desiderate. Infatti, a differenza delle porfirine planari, i derivati pentacoordinati hanno una sola faccia disponibile all‟aggregazione e quindi fungono da “stopper”. Nel secondo caso verranno studiati complessi calixarene-porfirina in cui i calixareni esplichino una funzione di templato organizzatore per l‟ottenimento di aggregati a stechiometria nota e modulabile. Infatti, dati preliminari indicano che i calixareni carbossilati inducono l‟aggregazione di un numero discreto e modulabile di porfirine poiché il numero di siti disponibili per la complessazione varia con il pH. L‟uso di queste molecole come templati presenta anche altri vantaggi. Infatti: i) possono essere variamente funzionalizzate variando sia il numero che la natura (cationica, anionica, chirale etc.) dei siti complessanti, consentendo il disegno di specifiche specie supramolecolari, e ii) sono particolarmente adatti ad essere utilizzati quali sensori. Si propongono anche una serie di esperimenti sulle interazioni tra porfirine e la forma sinistrorsa del DNA, la forma Z. Dati preliminari mostrano infatti che alcune metallo-porfirine riconoscono la forma B dalla forma Z Caratterizzazione chimico-fisica di complessi di rame(II) con leganti correlati alle proteine prione da mammiferi o uccelli e loro interazione con ossido di azoto Lo studio della proteina prione (PrP) si inserisce nel contesto delle malattie provocate da modifiche conformazionali delle proteine, e dei fattori ambientali che ne determinano l‟eziopatologia. Come glicoproteina si trova principalmente sulla membrana plasmatica dei neuroni e delle cellule gliali dei mammiferi. L‟isoforma conformazionale della PrPC, la proteina PrP(scrapie), è il fattore responsabile delle encefalopatie spongiformi finora identificato. Il protein misfolding può essere indotto da cambiamenti dell'omeostasi degli ioni metallici, dalla presenza di proteine chaperon patologiche, da modifiche di pH e da stress ossidativi. E‟ stato dimostrato che la proteina prione ha 39 un ruolo come trasportatore del rame all‟interno della cellula (per endocitosi), e potrebbe avere attività SOD-like, anche se questa evidenza è oggetto di grandi controversie in letteratura. La regione N-terminale del prione umano, costituita dai residui 60-91, possiede quattro sequenze octapeptidiche, altamente ripetitive, PHGGGWGQ. Studi spettroscopici hanno dimostrato che il Cu(II) induce la formazione di strutture ordinate in questa regione; infatti, utilizzando peptidi sintetici corrispondenti a tali sequenze, alcuni autori hanno dimostrato che il legarsi del Cu(II) a PrP sia necessario a fare assumere la corretta conformazione che consente alla proteina di espletare la sua funzione antiossidante. Allo scopo di comprendere il tipo di interazione tra metalli e le specifiche sequenze della PrP, sono stati effettuati numerosi studi utilizzando frammenti peptidici della proteina PrP, che possono essere considerati un modello semplificato, ma rappresentativo. Determinare, quindi, la precisa coordinazione del rame(II) all'interno del dominio octarepeat è stato un obiettivo primario per comprendere il ruolo della PrP come "copper protein". A tale scopo, sono stati effettuati studi spettroscopici e spettrofotometrici dei complessi di Cu(II) con i peptidi AcHGGG-NH2 e Ac-PHGGGWGQ-NH2 , in soluzione acquosa, variando il pH da 4 a 11 per avere una chiara conoscenza di tutte le specie che si formano in questo intervallo di pH, delle loro relative percentuali, della loro stechiometria e delle loro caratterstiche geometriche. Successivamente, per verificare la presenza di molecole d'acqua nella sfera di coordinazione, come riportato nella struttura cristallografica del Cu-Ac-HGGGW-NH2 , sono stati effettuati studi di ESI-MS nei complessi di rame a pH neutro e basico. Spettri EPR in banda X a temperatura ambiente e a bassa temperatura hanno consentito di determinare il numero di atomi di azoto direttamente legati al rame nel piano equatoriale. In particolare, a pH fisiologico, i complessi di rame(II) con i peptidi AcHGGG-NH2 ed Ac-PHGGGWGQ-NH2 danno luogo alla specie [Cu(L)H-2] (dove con L si indica uno dei generici peptidi ed H-2 indica la deprotonazione di due atomi di azoto ammidici, in conseguenza della complessazione), che presenta una geometria piramidale a base quadrata, con tre atomi di azoto donatori nel piano equatoriale, provenienti dall‟imidazolo e dai gruppi ammidici, ed un atomo di ossigeno carbonilico. Negli spettri EPR a bassa temperatura si è ottenuto sia un basso valore di g|| che della costante di accoppiamento iperfine. Il basso valore della costante di accoppiamento parallela implica una forte interazione apicale e, quindi, la presenza di un forte legame con il rame lungo la direzione perpendicolare al piano equatoriale, mentre, la struttura superiperfine a 7 righe, dovuta all'interazione dell'elettrone spaiato nell'orbitale dx2-y2, o dxy, centrato sul rame, indica la presenza di tre atomi di azoto nel piano equatoriale. Questi fatti indicano che la stereochimica del complesso si avvicina di più ad una piramide a base quadrata. In una seconda fase, viste le elevate potenzialità dell‟ossido di azoto come probe per lo studio strutturale e redox dei centri metallici, è stata valutata il tipo di interazione con NO da parte dei complessi Cu- Ac-HGGG-NH2, Cu- Ac-PHGGGWGQ-NH2, come precedentemente fatto con metalloproteine. In particolare, in questo studio sono state impiegate molecole di NO-donors che rilasciano ossido di azoto in maniera controllata. Recenti evidenze, inoltre, hanno mostrato che la PrP influenza l‟attività enzimatica della nNOS (neuronal nitric oxide synthase), l‟enzima deputato alla sintesi dell‟ossido di azoto nei neuroni. E‟ stato dimostrato che la PrP e la nNOS sono colocalizzate ed entrambe sono associate a microdomini membranosi ricchi in colesterolo, insolubili nei detergenti, detti rafts. La nNOS è alterata negli encefali di topi infettati con la proteina scrapie, e la riduzione della sua attività è dovuta all‟assenza della nNOS dalla sua consueta localizzazione di membrana, a causa della sua dissociazione dai rafts. La nNOS solubile, infatti, è parzialmente attiva; sembra, inoltre, che la PrP possa determinare la corretta localizzazione della nNOS o comunque, che entrambe facciano parte dello stesso sistema funzionale, che può in qualche modo essere responsabile dell‟attivazione di altre proteine, alcune delle quali capaci di indurre i sintomi della scrapie. Questi risultati suggeriscono quindi un ruolo della PrP nella regolazione dell‟efficienza catalitica della nNOS, mentre non è noto come l‟attività dell‟enzima neuronale, o del suo prodotto NO, possa influenzare la stabilità delle diverse isoforme della PrP. In questo tipo di misure, si realizzerebbe un modello mimetico della condizione in vivo in cui la presenza dei due sistemi proteici, il prione e la nNOS, sono colocalizzati. Sperimentalmente, in seguito all‟interazione del monossido di azoto con questi complessi si osserva una notevole riduzione del Cu(II), che lascerebbe pensare ad un processo di electron transfer mediato dalla formazione di un legame debole tra il rame e l‟NO (probabilmente nitrito, cioè la 40 forma ossidata), con successivo trasferimento dell‟elettrone al centro metallico. Gli shifts spettroscopici osservati sia negli spettri visibili che nei parametri magnetici, suggeriscono un‟espansione della sfera di coordinazione del rame(II) che cambia da una piramide a base quadrata ad una geometria pseudo-ottaedrica. La formazione dell'addotto potrebbe coinvolgere la posizione apicale libera. In presenza di ossigeno, gli spettri UV-Vis ed EPR (RT) dei due sistemi mostrano le stesse caratteristiche del complesso originario. Comunque, non si può escludere la possibilità che lo scambio elettronico avvenga anche a sfera esterna supponendo che la reazione non sia sotto un controllo termodinamico, ma cinetico. Molti sono gli studi effettuati sulle interazioni del rame con la proteina prione PrPC espressa nei mammiferi, (topo, criceto e uomo), mentre sono pochi gli studi (e contrastanti fra di loro) riguardanti la proteina prione delle specie volatili e la sua interazioni con lo ione rameico. L‟omologia della sequenza con la proteina espressa nei mammiferi è solamente del 30 %, (44% nel caso del pollo), ma comunque vi sono delle forti e significative analogie. Sono ambedue proteine Nglicosilate e possiedono, nella regione N-terminale, dei “repeats” [(PHGGGWGQ)6 per i mammiferi e (PHNPGY)8 per i volatili]. La presenza del prione, ma la mancanza di malattie neurodegenerative nei volatili ha indotto a studiare gli esarepeats della parte N-terminale, in modo da verificare se essi siano in grado di complessare il rame e di paragonare i dati ottenuti con quelli dell‟octarepeat dei mammiferi per avere informazioni sul ruolo fisiologico della proteina prione. Sono stati sintetizzati gli esapeptidi Ac-NPGYPH-NH2 (ESA), Ac-PHNPGY-NH2 (ESAPY), AcHNPGYP-NH2 (ESAHP), ed il dodecapeptide Ac-(PHNPGY)2-NH2 (DodecaPY)per studiare in maggiore dettaglio come le differenti posizioni delle due unità di prolina possano influire sulla conformazione dei peptidi stessi e sull‟intorno di coordinazione dello ione rameico. I rispettivi complessi rameici sono stati caratterizzati mediante misure di potenziometria, spettroscopia elettronica UV-Vis, dicroismo circolare ed EPR. Poiché i primi dati spettroscopici hanno evidenziato che la tirosina nel caso del dodecapeptide possa essere direttamente coinvolta nella coordinazione dello ione rameico sono stati sintetizzati i corrispondenti frammenti sostituendo il residuo tirosinico con la fenilalanina, Ac-NPGFPH-NH2 (ESAF), Ac-PHNPGF-NH2 (ESAPF), Ac-HNPGFP-NH2 (ESAHF) ed i dodecapeptidi Ac(PHNPGF)2-NH2 (DodecaF), Ac-PHNPGFPHNPGY-NH2 (DodecaF1) e Ac-PHNPGYPHNPGFNH2 (DodecaF2). La speciazione è analoga da un punto di vista qualitativo, con piccole differenze nelle costanti di stabilità delle specie 11-1 e 11-2, e non si hanno evidenze spettroscopiche di un diretto coinvolgimento della tirosina nella di coordinazione al rame(II). Esiste una specie [CuL2] non riscontrata per l‟octarepeat, che possiede una costante di formazione pari al doppio della specie [CuL] dell‟octarepeat, segno che in questa specie il rame è coordinato da due anelli imidazoloici. La speciazione dei complessi rameici coi dodecapeptidi indica notevoli differenze . Fino a pH 6 la specie principale è quella in cui lo ione rameico è coordinato da due azoti imidazolici. All‟aumentare del pH, nel dodecaPY si hanno le specie complesse Cu2LH-1 e Cu2LH-2. Gli spettri elettronici e CD indicano la presenza di una banda a trasferimento di carica a circa 380 nm indice della coordinazione diretta del tirosinato con lo ione rameico. Il dodecaF forma invece solo la specie 11-1 in cui si ha la deprotonazione di un solo azoto ammidico. Sostituendo una sola tirosina non si osservano specie complesse binucleari. Meccanismi fotochimici di farmaci I risultati ottenuti negli ultimi anni hanno permesso di ottenere ulteriori informazioni sui meccanismi fotochimici, fotofisici e di fotosensibilizzazione di vari farmaci, come la Rufloxacina (RFX), il Naprossene (NAP) e il Blu di Metilene (BM), indotti sulle proteine e sull‟aminoacido isolato triptofano. La RFX è usata come farmaco ad ampio spettro nelle terapie antibatteriche delle infezioni urinarie, urogenitali, respiratorie ecc. Fa parte dei fluorochinoloni di terza generazione, definiti long-acting per la loro emivita notevolmente prolungata (> 8 ore). In studi “in vitro” è stato in parte studiato il suo meccanismo di fotodegradazione e sono stati parzialmente chiariti i meccanismi di fotosensibilizzazione, sempre “in vitro”, nei riguardi di alcuni target biologici. 41 Il NAP appartiene alla classe dei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS). I FANS sono comunemente utilizzati nel trattamento del dolore e dell‟infiammazione di numerose malattie. Questi farmaci, comunemente usati nei trattamenti di artriti, possono indurre reazioni allergiche cutanee. Per determinare l‟origine di questi fenomeni, è stata studiata la fotosensibilizzazione di target biologici indotta da FANS. Alcuni di questi composti sono stati ampiamente studiati in vitro riguardo le loro proprietà di fotosensibilizzatori in presenza di substrati biologici. Diversi studi sono stati fatti su DNA, proteine, eritrociti e componenti di membrane. Il blu di metilene (BM) è molto utilizzato in campo biologico come colorante, la sua azione antimetaemoglobinica e di antidoto (cianuro) vengono sfruttate in medicina, così come antisettico e disinfettante in campo veterinario. In combinazione alla luce visibile questo farmaco viene utilizzato per la foto-inattivazione di molti virus (HIV, HBV, ecc.). In fotochimica, la sua relativa stabilità alla luce lo rende un importante generatore di ossigeno singoletto, ET=142,1 kJ/mol con ΦΔ= 0,60 in acqua. Infatti, questo colorante viene sfruttato in molte reazioni chimiche dove serve la forma reattiva dell‟ossigeno. Riguardo la fotosensibilizzazione, il BM si considera un buon modello di fotosensibilizzatore di tipo II. In letteratura si citano molti esempi sulla azione fotoindotta dal BM, in questi lavori si riporta la fotoossidazione di diversi target come membrane, proteine e DNA; sulla base di questi studi il BM è fototossico in vitro e potenzialmente fototossico in vivo. Il triptofano è uno degli amminoacidi più studiati in campo fotochimico, assorbe nella regione UVC-UVB ed è uno dei tre residui aminoacidici aromatici, insieme alla tirosina e alla fenilalanina, responsabili dell‟assorbimento delle proteine nella zona ultravioletta. La sua struttura aromatica lo rende particolarmente suscettibile a diverse modificazioni chimiche e in particolare alle fotoossidazioni dalle quali si formano diversi prodotti. Alcuni prodotti di fotoossidazione, a loro volta, sono in grado di agire da fotosensibilizzatori e quindi di generare delle specie nocive come l‟anione superossido, l‟H2O2 (attraverso un meccanismo di tipo I) e l‟1O2 (attraverso un meccanismo di tipo II). Se queste ossidazioni avvengono sui residui peptidici di importanti proteine come enzimi e fattori di regolazione del DNA, si rivelano citotossiche. In effetti tutte le molecole descritte in precedenza sono responsabili di manifestazioni fototossiche, fotoallergiche in vivo e in vitro. In particolare, essi hanno proprietà fotosensibilizzanti verso vari elementi biologici, quali acidi nucleici, membrane, proteine e aminoacidi. E‟ importante rilevare che alcuni di questi farmaci sono responsabili anche di reazioni cutanee pericolose, mentre altri possono essere considerati agenti di fotomutagenesi e fotocarcinogenesi. Le proprietà fotosensibilizzanti vengono attribuite alla formazione dei ROS o specie reattive dell‟ossigeno, come radicale idrossilico, anione superossido, perossido d‟idrogeno e ossigeno singoletto, responsabili di modificazioni di macromolecole cellulari [1-5]. Questo tipo di modificazioni rappresentano una delle classi maggiori di danno cellulare, con implicazione nei processi di varie malattie e d‟invecchiamento. La fotodegradazione di queste molecole può essere riassunta in due processi principali: a)fotoionizzazione dallo stato di singoletto eccitato del farmaco b)generazione di ossigeno singoletto dallo stato tripletto eccitato. La scelta del Cu(II) a basse concentrazioni come agente di scavenging è suggerita dalla ricerca di un efficente device fotoprotettivo nei sistemi farmaco-biomodelli. Si è visto, infatti, che il rame riesce a modulare le vie fotochimiche coinvolte nella fotodegradazione di farmaci e la fotosensibilizzazione su una base del DNA con la capacità di limitare la fotodegradazione e la formazione dei prodotti diagnostici per le reazioni di tipo II (via ossigeno singoletto). In questo contesto la scelta di ioni rameici, come agenti di scavenging, è ragionevole. L‟uso di ioni metallici a basse concentrazioni può rappresentare un valido strumento per inibire gli effetti tossici fotoindotti dal farmaco e lo ione Cu2+ esercita, appunto, una buona azione fotoprotettiva attraverso: a) la riduzione della fotodegradazione dovuta all‟azione di scavenging degli elettroni solvatati formatisi per fotoionizzazione del farmaco]. b) la diminuzione della fotoossidazione dei residui aminoacidici, quale l‟aminoacido triptofano, attraverso un quenching del tripletto eccitato del farmaco via electron transfer . Si è proceduto recentemente ad estendere gli studi sulla fotosensibilizzazione su biomodelli a struttura proteica (enzimi di lievito), il che è risultato un buon approccio iniziale per studiare il danno ossidativo e danno strutturale nelle proteine: è stato mostrato che il farmaco è capace di 42 indurre fotoossidazione sulle proteine. Inoltre è stato provato come il danno ossidativo o strutturale sull‟enzima possa essere indice di disfunzione metabolica cellulare. Gli effetti del rame (II) sulla fotosensibilizzazione dell‟ADH isolato di lievito indotta da RFX sono differenti per ciò che riguarda l‟attività enzimatica in vitro ed in vivo. Esperienze di fotosensibilizzazione su lievito hanno mostrato effetti contraddittori di questi ioni sulla sopravvivenza cellulare. Questi risultati sono il frutto di un bilancio fra il meccanismo di trasferimento elettronico dalla RFX al rame(II) e la qualità, la quantità e la posizione del rame combinato al target oltre alle reazioni che il rame potrebbe innescare con le specie reattive prodotte dall‟irradiazione della RFX. I risultati complessivi forniscono un modello estensivo in cui è dimostrato come un oligoelemento bio-compatibile possa influenzare efficacemente non solo la biodisponibilità di un farmaco ma anche il suo meccanismo molecolare di fotodegradazione e di fotosensibilizzazione. Progettazione di sistemi molecolari, film nanostrutturati e nanoparticelle a base metallica in grado di sviluppare ossido di azoto (NO) L‟attività scientifica svolta nell‟anno 2008 relativa a tematiche inerenti gli obiettivi del consorzio è stata incentrata sulla progettazione e realizzazione di sistemi molecolari, film nanostrutturati e nanoparticelle a base metallica in grado di sviluppare ossido di azoto (NO) sotto l‟esclusivo controllo di stimoli di luce, dalle potenziali applicazioni nel campo delle terapie non invasive di tipo mono e multimodale. Tali obiettivi trovano le loro radici sui recenti studi riguardanti le proprietà dell‟NO che hanno evidenziato il suo ruolo fondamentale oltre che nella bioregolazione di importanti funzioni come la neurotrasmissione, la vasodilatazione e secrezione ormonale, anche nell‟inibire processi di tipo tumorale e ossidativi. In questo contesto le sostanze che rilasciano NO sotto stimoli luminosi sono, ovviamente, molto più interessanti di quelli basati sulla spontanea termolisi, data la possibilità di poter controllare il dosaggio di NO con estrema accuratezza mediante le condizioni di illuminazione. Il primo sistema realizzato è rappresentato da un coniugato molecolare multifunzionale idrosolubile in grado di rilasciare NO in prossimità del DNA, il principale target riguardo l‟attività antitumorale di questo radicale libero. Il coniugato in oggetto è costituito da un fotodonatore di NO, recentemente brevettato dal gruppo di ricerca , legato covalentemente ad un‟unità antracenica, un tipico intercalante del DNA. Il sistema è stato progettato in modo da potersi legare efficacemente al DNA, grazie alla presenza del cromoforo antracenico, e di sviluppare NO in prossimità del biopolimero stesso. Inoltre, tale sistema offre il vantaggio di permettere una notevole amplificazione della quantità di NO fotorilasciato grazie ad un efficiente trasferimento di energia tra il gruppo antracenico e il fotodonatore di NO . Un secondo sistema realizzato è quello rappresentato da film multistrato nanostrutturati per il rilascio fotocontrollato di NO dalle potenziali applicazioni per via topica. A tale riguardo l‟NO fotodonatore è stato funzionalizzato opportunamente in modo da conferirgli caratteristiche anfifiliche. Il derivato ottenuto si è rivelato particolarmente adatto alla preparazione di multistrati fotoattivi mediante la tecnica di deposizione Langmuir-Shaefer. Sono stati pertanto ottenuti film sottili su substrati di quarzo in grado di generare NO sotto eccitazione di luce visibile che presentano i seguenti importanti vantaggi in vista di applicazioni di tipo biomedico: i) grande capacità di cattura della luce grazie all‟elevato numero di cromofori presenti, ii) possibilità di modulare la riserva di NO mediante l‟accurato controllo del numero di strati, iii) soppressione dei rilevanti effetti di quenching tipicamente osservato nel caso di superfici metalliche, iv) possibilità di irradiare il sistema dal basso grazie al substrato di quarzo permettendone una più facile integrazione con fibre ottiche. Il lavoro iniziato lo scorso anno e riguardante la preparazione di nanoparticelle di platino idrosolubili fotoemettenti NO è stato opportunamente completato mediante dei test biologici effettuati su cellule tumorali di tipo HeLa. E‟ stato dimostrato che le nanoparticelle fotoattive esibiscono una eccellente biocompatibilità anche a concentrazioni molto elevate. In seguito ad irradiamento con luce visibile, tali nanoparticelle sono in grado indurre un considerevole livello di mortalità cellulare strettamente correlato alla loro concentrazione e al tempo di illuminazione. Questi risultati si rivelano particolarmente promettenti in vista di applicazioni in vivo del sistema ibrido realizzato. Al fine di permettere una loro facile localizzazione in un ambiente biologico, le nanoparticelle di platino fotoattive sono state rese fluorescenti mediante l‟opportuna introduzione di 43 unità porfiriniche. E‟ stato dimostrato come le nanoparticelle bicromoforiche ottenute preservano una buona solubilità in mezzo acquoso, continuano a rilasciare NO con buone rese quantiche in seguito ad illuminazione ed esibiscono proprietà fluorescenti visibili ad occhio nudo . L‟attenzione è stata infine focalizzata sulla progettazione e sintesi di nanoparticelle a base metallica mirate ad applicazioni nel campo delle cosiddette terapie bimodali. In tale contesto, nanoparticelle di oro o magnetite sono state decorate con l‟NO-fotodonatore in modo da accoppiare agli effetti fotochimici derivanti dal rilascio di NO dalla superfice nanoparticellare, gli effetti foto-termici e magneto-termici derivanti dal cuore della particella. Per la realizzazione delle nanoparticelle dagli effetti foto-termici, si è sfruttata una elegante strategia che l‟UR di Catania ha recentemente messo a punto e che ha permette di fabbricare nanoparticelle di oro idrosolubili funzionalizzate con opportune unità fotoattivabili, mediante un approccio supramolecolare basato sull‟impiego di ciclodestrine non funzionalizzate . Questi macrocicli, oltre che ad impartire all‟intero sistema una buona solubilità in acqua, hanno l‟importante funzione di aumentare sensibilmente la sua biocompatibilità . Per quanto riguarda lo sviluppo di nanoparticelle con effetti foto-magnetotermici, l‟NOfotodonatore è stato opportunamente funzionalizzato con unità di tipo dopaminico terminali in modo sia da permettere l‟efficace ancoraggio su nanoparticelle di magnetite che di aumentare la loro biocompatibilità . 44 UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA Direttore Scientifico: Prof.ssa Paola Bergamini L‟attività 2008 dell‟Unità di Ferrara ha riguardato tre tematiche: 1) Complessi di metalli di valore farmaceutico (Pt, Ru, Au e Re) con PTA (1,3,5-triaza-7fosfaadamantano) e suoi derivati. (Responsabile: P. Bergamini) 2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione. (Responsabile: M. Remelli) 3) Fotocatalisi biomimetica con Ferro-porfirine immobilizzate su matrici solide. (Responsabile: A. Maldotti) 1) COMPLESSI DI METALLI DI VALORE FARMACEUTICO (Pt, Ru, Au e Re) CON PTA (1,3,5-TRIAZA-7-FOSFAADAMANTANO) E SUOI DERIVATI a) Progettazione e sintesi di nuovi leganti idrosolubili bis-PTA a catena lunga e studio della loro chimica di coordinazione con Pt, Ru, Au L‟interesse dei leganti idrosolubili per ioni metallici deriva dal possibile utilizzo dell‟acqua come solvente nelle applicazioni dei loro composti di coordinazione, ad esempio in catalisi o nel campo delle metal-based drugs. Tra le fosfine idrosolubili, grande interesse sta suscitando il PTA (1,3,5-triaza-7-fosfaadamantano), per le sue proprietà chimico-fisiche N N N P PTA (1,3,5-triaza-7-fosfaadamantano) E‟ stata dimostrata la biocompatibilità del PTA e diversi complessi di Ru, Cu, Au e Pt si trovano oggi in vari stadi di sperimentazione come antitumorali. Sono stati da noi progettati e sintetizzati leganti bidentati bis-PTA e, successivamente, analoghi ammino-fosfinici, allo scopo di utilizzarli per la preparazione di complessi bi o polinucleari di platino e rutenio, in cui l‟attività farmacologia potrebbe risultare potenziata rispetto ai mononucleari, come è già stato dimostrato per complessi multinucleari di platino con diammine. Non è mai stato verificato se lo stesso succeda con complessi polinucleari fosfinici. In questo lavoro, la semplice reazione di alchilazione dell‟azoto del PTA viene sfruttata per preparare difosfine di varia lunghezza e flessibilità che danno complessi di platino polinucleari con distanze internucleari variabili. L‟idea è che tali complessi possano dar luogo ad interazioni multiple col DNA, il cui effetto antiproliferativo potrebbe essere additivo. Sebbene la N-alchilazione selettiva del PTA rappresenti una via sintetica generale e semplice per ottenere una varietà di derivati, essa non è mai stata sfruttata per sintetizzare leganti bis-PTA dove due molecole di PTA sono connesse da catene alchiliche di diverse lunghezze e differentemente funzionalizzate. Usando dei dialogenuri variamente funzionalizzati, ci siamo prefissi di ottenere dei leganti bidentati che conservino alcune proprietà del PTA, come la idrosolubilità, e nei quali sia possibile modulare la distanza tra i gruppi donatori, l‟ingombro sterico complessivo e la presenza di eteroatomi in catena. 45 2X N N X X N 2 PTA + N N N P P Facendo reagire diiodopropano, diiodopentano o diiodoottano con 2 equivalenti di PTA, sono state sintetizzate, dopo tre ore di riflusso, tre difosfine nelle quali le due molecole di PTA sono connesse, rispettivamente, da tre (1), cinque (2) o otto (3) atomi di carbonio. 2I N N N N CH2 N n 1 n=3 2 n=5 3 n=8 N P P Sono state inoltre sintetizzate le difosfine 4 e 5 dove uno o due atomi di ossigeno sono rispettivamente presenti nella catena connettiva. 2I- 2IN N N O N P N N N N N 4 P N O N O P N P 5 Sono stati poi sintetizzati i derivati aromatici 6, 7 e 8 a partire dai dibromoxileni orto, meta e para rispettivamente: le reazioni di questi reagenti benzilici con due equivalenti di PTA procedono in acetone con precipitazione praticamente quantitativa dei prodotti puri. Infine, sono stati progettati e sintetizzati dei leganti misti 9, 10 e 11, con una funzionalità amminica (HMTA) ad un‟estremità ed una fosfinica (PTA) all‟altra. 2BrN N N N N N P N 2Br- 6= orto 7=meta 8=para N N N N P N N 9= orto 10=meta 11=para P I leganti 1-11 sono stati caratterizzati mediante ES+ MS, 1H, 13C e 31P NMR, è stata determinata la loro solubilità in acqua (25°C) e confrontata con i valori riportati per PTA, MePTA+ e dMePTA2+ . Si è osservato che i leganti bis-PTA contenenti catene alifatiche (1, 2, 3) risultano essere meno solubili in acqua del PTA e MePTA+. A parità di numero di atomi nella catena che connette le due molecole di PTA, l‟introduzione di atomi di ossigeno non porta a variazioni considerevoli della solubilità in acqua (confronto 4 con 2 e 5 con 3). Le solubilità delle difosfine derivate da xileni (6, 7 e 8) mostrano differenze notevoli tra i diversi isomeri: l‟orto è estremamente solubile, il meta è solubile quanto il PTA e il para ha una solubilità molto ridotta. Le amminofosfine derivate da xileni orto (9), meta (10) e para (11) sono meno solubili delle corrispondenti difosfine, ma il loro andamento è confrontabile con quello osservato per i leganti 6, 7 e 8, essendo l‟orto il più solubile dei tre. Tutti i leganti sono stabili in acqua per diversi giorni. Sono poi state saggiate le proprietà coordinative di 1-11 con ioni metallici di valore farmaceutico, principalmente il Pt(II), ma anche Au(I) e Ru(II). La coordinazione dei leganti 1-11 al platino porta a diverse tipologie di prodotti: la formazione di mononucleari chelati sia cis che trans è rara e si osserva solo coi leganti più corti, mentre molto più comune è la formazione di dimeri ciclici cis e miscele di oligomeri a geometria cis o trans. Il tipo di 46 prodotto/i di ciascuna reazione dipende dalla natura del legante ma anche dal rapporto stechiometrico metallo/legante e dal solvente di reazione. Br - N N P P N N Pt N N Br N Br - Br Br - N N N P P Pt N N Br Br Br - Esempio di dimero ciclico cis La reazione dei derivati bis-PTA xilenici con un precursore di oro (I) nel rapporto 1:1 in acetone e acqua porta ad un complesso mononucleare nel quale il fosforo di un PTA coordina il metallo mentre l‟altro rimane libero, permettendo la trasformazione nel complesso binucleare dopo l‟aggiunta di un secondo equivalente del complesso di oro. Inoltre la reazione tra 2 equivalenti del complesso di oro mononucleare e K2PtCl4 porta alla formazione di un complesso eterotrinucleare Au-Pt-Au. Per testare le proprietà coordinative dei leganti xilenici nei confronti del rutenio, al complesso [RuClCp(PPh3)2] (Cp = ciclopentadiene) è stato aggiunto il legante (1:1) in metanolo, in modo da favorire la formazione di una specie mononucleare, in cui un‟estremità fosfinica del legante 8 è coordinata al metallo mentre l‟altra è libera. Si è quindi sfruttato questo fosforo terminale per la coordinazione al platino, ottenendo un composto eterotrinucleare Ru-Pt-Ru. Br Br Pt M P N N M P P N P N N N N N N N N M= N - - AuCl, Ru Br PPh 3 2Br 2Br Sia i dimeri ciclici con due nuclei di platino, sia i complessi eterotrinucleari Pt/Au e Pt/Ru presentano cariche positive multiple e quindi potrebbero avvicinarsi al DNA negativo grazie ad un‟attrazione elettrostatica e stabilire addotti multipli, analogamente ai complessi bi e triplatino testati da Farrell . Inoltre, i complessi eteronucleari, affiancando metalli dotati di diversi meccanismi di azione antitumorale, potrebbero costituire un‟opportunità molto innovativa per un‟aggressione “multitasking” alle cellule tumorali. b) Preparazione di nuovi complessi di Renio solubili in acqua contenenti PTA I più comuni composti di Re(V) utilizzati nello lo studio della sua chimica di coordinazione sono rappresentati dal nitruro-complesso [ReNCl2(PPh3)2] e dall‟osso-complesso [ReOCl3(PPh3)2]. Questi precursori però contengono PPh3 nella loro sfera di coordinazione ed è ben noto che aril o alchilfosfine per la loro tossicità e assenza di solubilità in acqua rendono questi composti poco adatti ad un loro impiego per scopi medici. La sostituzione di PPh3 con fosfine idrosolubili e biocompatibili può costituire un importante obiettivo. La fosfina 1,3,5-triaza-7-phosphaadamantane (PTA), per le sue particolari caratteristiche sembra soddisfare questi requisiti. Sintesi e caratterizzazione dei complessi [ReNCl2(PTA)3] 1 and [ReO2Cl(PTA)3] 2 Il complesso 1 è ottenuto facilmente per semplice reazione di sostituzione di PPh3 con PTA usando come precursore [ReNCl2(PPh3)2] in un rapporto metallo:legante di 1:4. 47 In modo del tutto analogo era possibile isolare il complesso [ReO2Cl(PTA)3] 2 ma usando un rapporto metallo:legante di 1:6 per minimizzare la formazione di altre specie. I Complessi 1 and 2 sono stati ottenuti in forma cristallina e completamente caratterizzati oltre che da analisi elementare e tecniche spettroscopiche, anche mediante indagini strutturali. Ambedue I composti possiedono una elevata solubilità in acqua (S20°C 0.5gmL-1per 1 and S20°C 0.36gmL-1per 2). Reattività di [ReNCl2(PTA)3] 1 and [ReO2Cl(PTA)3] 2 con NaEt2dtc I leganti ditiocarbammati sono stati ampiamenti utilizzati nella chimica di coordinazione di vari metalli di transizione perché il frammento M-S2CNR2 fragment (M=metallo) può presentare una grande varietà di sostituenti organici determinando le proprietà del complesso finale; ad esempio complessi nitrurici di Tc del tipo [TcN(S2CNR2)2] sono stati studiati nell‟imaging del miocardio. Per queste ragioni per un preliminare studio della reattività di 1 e 2 è stato scelto come legante il sale dietilditiocarbammato di sodio. La reazione in soluzione acquosa di [ReNCl2(PTA)3], 1, con un equivalente di Na[Et2dtc] a temperatura ambiente porta alla formazione di [ReNCl(Et2dtc)(PTA)2], 3, che presenta ancora una buona solubilità in acqua per la presenza di due unità di PTA. La sua ricristallizzazione porta alla formazione di una specie dinucleare di formula [Re2N2Cl3(Et2dtc)(PTA)4] 4. Il complesso esa-coordinato [ReNCl(Et2dtc)2(PTA)] 5 poteva essere formato o da [ReNCl2(PTA)3] 1, o da [ReNCl(Et2dtc)(PTA)2] 3, con 2 o 1 equivalenti di legante. Anche il complesso trans-diosso-rhenium(V) [ReO2Cl(PTA)3] 2 reagisce facilmente in soluzione acquosa e a temperature ambiente con un eccesso di Na[Et2dtc], ma si isolava solo il noto composto –oxo- [Re2O3(Et2dtc)4] 6. E‟ possibile concludere che, sebbene le proprietà chimiche del complesso [ReNCl2(PTA)3] siano molto simili a quelle di analoghi nitruro complessi contenenti alchilfosfine [ReNCl2(PR3)3], vale la pena sottolineare che la sua solubilità in acqua, così come quella di [ReO2Cl(PTA)3], lo rende un candidato interessante per sviluppare una nuova chimica del renio (e probabilmente anche del tecnezio) per applicazioni dei suoi due radioisotopi Re-188/186 in medicina nucleare. 2) I METALLI IN MATRICI COMPLESSE: STUDIO DI EQUILIBRI DI COMPLESSOFORMAZIONE IN SOLUZIONE Interazione tra ioni metallici e proteina prionica È proseguito, nel corso dell‟anno 2008, lo studio degli equilibri in soluzione dello ione Cu(II) con frammenti della proteina prionica (PrPC). Tale proteina è stata largamente studiata negli ultimi anni in quanto coinvolta in alcune malattie neurodegenerative quali il morbo di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nell‟uomo, della BSE (encefalopatia spongiforme dei bovini, più nota come “morbo della mucca pazza”) e della “scrapie” negli ovini [S. B. Prusiner, Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 95 (1998) 13363]. All‟insorgere della malattia la proteina normale viene convertita in una forma tossica, denominata PrPSc, tramite un processo post-traslazionale in cui si ha una variazione della sua struttura secondaria e terziaria. Questa transizione strutturale rende la proteina praticamente insolubile e resistente alla proteolisi. Vi sono evidenze sperimentali che ioni metallici siano coinvolti in tale trasformazione. Il nostro gruppo di ricerca ha recentemente contribuito a dimostrare che gli ioni Cu2+ si legano alla proteina prionica nella regione che comprende i residui His-96, His-111 nonché il dominio 60-91 in cui sono presenti quattro ripetizioni della sequenza ottapeptidica PHGGGWGQ [Gaggelli et al., JACS, 127 (2005) 996; Berti et al., Chem. Eur. J., 13 (2007) 1991]. Tuttavia, i primi riscontri sperimentali hanno rivelato che gli ioni Cu2+ possono coordinare in modi diversi, che dipendono essenzialmente sia dalla posizione del residuo istidinico nella sequenza peptidica che dalla natura dei residui adiacenti. Si è quindi proceduto a sintetizzare e studiare una nuova serie di oligopeptidi protetti, contenenti istidina come residuo C- o N-terminale, in cui la coordinazione dello ione Cu2+ è costretta a procedere in direzione N- o C-terminale, rispettivamente. Infatti, l‟imidazolo agisce come sito di ancoraggio per il rame e a questo segue la coordinazione degli azoti ammidici deprotonati della catena peptidica. 48 Quando la direzione di coordinazione è verso il sito C-terminale, si ha la formazione di un anello chelato a sette termini {Nim, N-} di minore stabilità; quando invece la coordinazione è in direzione N-terminale, si forma un anello chelato a sei termini, termodinamicamente più stabile (Fig. 2.1). Figura 2.1 - Modi di coordinazione dello ione Cu2+ alla proteina prionica, in direzione N- o Cterminale. Le misure NMR hanno dimostrato che entrambi i modi di coordinazione sono possibili per i peptidi modello; le misure termodinamiche indicano che essi differiscono di poco dal punto di vista energetico e che è proprio la natura degli aminoacidi adiacenti al sito di ancoraggio che può risultare critica per indirizzare la coordinazione in direzione C- o N-terminale [Gralka et al., Dalton Trans., (2008) 5207]. La sintesi dei peptidi è stata eseguita presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell‟Università di Ferrara, gli studi potenziometrici, calorimetrici e spettrofotometrici sono stati eseguiti presso i nostri laboratori, mentre le analisi spettroscopiche mediante tecniche EPR e CD sono state compiute presso il laboratorio di Chimica Bioinorganica e Biomedica della Facoltà di Chimica dell‟Università Wroclaw (Polonia) e le misure NMR ed ESI presso il Dipartimento di Chimica dell‟Università di Siena. Metallacrown L‟architettura molecolare dei metallacrown ricalca quella dei corrispondenti eteri corona, e si ottiene, M N concettualmente, sostituendo gli atomi di carbonio dello O O O O M N scheletro dei macrocicli organici con unità di coordinazione metallo-eteroatomo. Così, ad esempio, N O O M O O l‟analogo del 12-crown-4 (12-C-4) è il 12N M metallacrown-4 (12-MC-4) mostrato in Fig. 2.2. Come Fig. 2.2 Etere corona 12-C-4 e nel caso dell‟etere corona, il 12-MC-4 è un macrociclo a analogo metallacrown 12-MC-4. 12 membri; nella sua cavità sono presenti 4 atomi di ossigeno ed è in grado di incapsulare uno ione metallico di dimensioni opportune: un 12-MC-4 di rame, contiene solitamente nella cavità centrale ioni Cu2+. R O O M H2N N M N H2N O M O M - - Fig. 2.3 - Chelazione di tipo (O,O )-(NH2,N ) di un - e di un β-ammino-idrossammato. I metallacrown si formano, nelle adatte condizioni sperimentali, in seguito ad un processo di “self-assembling” di ioni metallici e leganti. Nell‟ultimo decennio, sono stati sintetizzati numerosi metallacrown di CuII [J.J. Bodwin, V.L. Pecoraro, Coord. Chem. Rev., 216-217 (2001) 489-512; G. Mezei, C.M. Zaleski, V.L. Pecoraro, Chem. Rev. 107 , (2007) 4933-5003], utilizzando come leganti gli acidi ammino-idrossammici, che possono agire da bis-chelanti a ponte (O,O-)-(NH2,N-) (Fig. 2). Per quanto riguarda in 49 particolare i 12-MC-4, essi sono stati preferenzialmente ottenuti con -ammino-ha, che, per la loro geometria, formano i complessi più stabili. Tuttavia, è stato recentemente dimostrato che anche gli - e i -ammino-ha sono in grado di dare questo tipo di complessi metallomacrociclici con lo ione CuII [F. Dallavalle et al., Polyhedron, 20 (2001) 2697; M. Careri et al., J. Inorg. Biochem., 93 (2003) 174; M. Tegoni et al., Dalton Trans., (2004) 1329; M. Tegoni et al., Chem. Eur. J., 13 (2007) 1300]. È continuata durante l‟anno che si è appena concluso la collaborazione con l‟Università di Parma su questo argomento, con la realizzazione di un ampio studio termodinamico sugli equilibri di protonazione e di formazione di complessi di Cu2+ con acidi α- e β-idrossammici, in soluzione acquosa [Tegoni et al., Dalton Trans., (2008) 2693]. I parametri termodinamici ottenuti per la protonazione di acidi glicil-, (S)-α-alanil-, (R,S)-valil-, (S)-leucil-, β-alanil- e (R)-aspartil-β-idrossammici sono stati confrontati con quelli già pubblicati di acidi γ-idrossammici. I parametri entalpico/entropici calcolati per i micro-equilibri di protonazione per questi tre tipi di leganti sono risultati i ottimo accordo i dati di letteratura relativi ad ammine ed acidi idrossammici semplici. In presenza di ioni Cu2+ si è osservata in ogni caso la formazione del complesso [Cu5L4H−4]2+, corrispondente al metallacrown 12-MC-4. Tale complesso pentanucleare si forma in un intervallo di pH compreso tra 4 e 6 per gli α-amminoidrossammati e tra 4 e 11 per i β-amminoidrossammati; l‟ordine di stabilità è β>>α>γ. Tale risultato è stato interpretato, in base ai dati termodinamici, con considerazioni riguardanti la stabilità e la tensione dell‟anello chelato rispettivamente a 5,6 e 7 termini per gli α-, βe γ-idrossammati e ai contributi entropici dovuti prevalentemente ad effetti di solvatazione/desolvatazione e neutralizzazione di carica. Inoltre è stato valutato, anche con l‟ausilio di calcoli DFT, l‟effetto derivante dall‟uso di leganti racemi con la conseguente formazione di diversi isomeri ottici e diastereoisomerici. Potenziali farmaci chelanti del ferro da impiegare per una terapia orale L‟identificazione di leganti orali efficaci per le patologie causate dall‟accumulo di ferro è oggetto di ricerche in continua evoluzione. Questo dipende principalmente dal fatto che le molecole comunemente impiegate sono rapidamente metabolizzate dall‟organismo: per controllare, a livello ematico, la chelazione del ferro è necessaria una somministrazione di farmaci continua e a dosi elevate. Tali terapie sono spesso mal sopportate. Inoltre, il costo, legato alla durata della terapia, è un altro fattore rilevante, considerando soprattutto che le molte delle malattie legate all‟accumulo di ferro sono ampiamente diffuse in aree del mondo povere. Il primo agente chelante approvato per l‟uso clinico fu la desferossiammina (DFO). Questo farmaco fu introdotto nel 1962 e veniva somministrato per mezzo di iniezioni intramuscolari. Tuttavia, fu solo verso la fine degli anni ‟70, con l‟introduzione di infusioni sottocutanee per mezzo di pompe portatili, che la terapia chelante del ferro con desferossiammina divenne efficace. Sono stato poi recentemente introdotti due nuovi farmaci chelanti per uso orale, il Ferriprox (Deferiprone o L1, 1,2-Dimetil-3-idrossi-pirid-4-one) e l‟Exjade (Deferasirox o ICL670, acido 4-[(3,5-Bis-(2-idrossifenil)-1,2,4) triazol-1-Yl] benzoico), associati sempre a dosi elevate, alti costi e numerosi effetti collaterali. O OH N CH3 CH3 Deferiprone (1,2-dimetil3idrossipiridin4-one) Desferossiammina mesilato 50 ICL670 (acido 4-[(3,5-Bis-(2idrossifenil)-1,2,4) triazol-1-Yl] benzoico) È attiva da alcuni anni una collaborazione su questo argomento con l‟Università di Cagliari, che ha portato recentemente alla pubblicazione di una review [Crisponi e Remelli, Coord. Chem. Rev., (2008) 1225] proprio sugli agenti chelanti per uso orale per il trattamento terapeutico di malattie da accumulo di ferro e di una pubblicazione [Nurchi et al, J. Inorg. Biochem., (2008) 684] riguardante uno studio di tipo potenziometrico, spettrofotometrico e calorimetrico sui complessi di ferro(III) e rame(II) con deferiprone. Lo studio è stato condotto sia a 25 °C (per confronto con i dati disponibili in letteratura) che a 37 °C (per riprodurre le condizioni in vivo) e a diverse forze ioniche. È stato mostrato che, in particolari condizioni, il rame può competere col ferro: da una parte ciò può limitare l‟azione del farmaco, dall‟altra il dosaggio deve essere adeguato ed accuratamente calibrato in modo da non alterare il metabolismo del rame. 3) FOTOCATALISI BIOMIMETICA CON FERRO-PORFIRINE IMMOBILIZZATE SU MATRICI SOLIDE La catalisi biomimetica è un‟area di ricerca che si occupa della preparazione, caratterizzazione e utilizzo di sistemi catalitici in grado di riprodurre l‟attività di siti attivi di metallo enzimi. I principali obiettivi di questo tipo di indagini sono due: i) mettere a punto efficienti e selettivi catalizzatori in grado di operare a temperatura ambiente e pressione atmosferica; ii) ottenere informazioni utili per la comprensione di stadi di reazione del ciclo catalitico di sistemi enzimatici naturali. La prima motivazione è particolarmente rilevante per realizzare nuovi processi di interesse in sintesi applicata che siano, allo stesso tempo, economicamente vantaggiosi e rispettosi dell‟ambiente. I sistemi fotocatalitici da noi impiegati sono basati sull'uso di complessi Ferro-porfirinici. Questa scelta è dovuta alla ben nota reattività fotochimica di questi composti: l‟irradiazione provoca un trasferimento elettronico dal legante assiale al Fe(III) con conseguente riduzione dello stesso e formazione di una specie radicalica. Il complesso nella sua forma ossidata può essere rigenerato dall‟ossigeno che, in questo modo subisce un processo di attivazione riduttiva a ione superossido. Il ciclo catalitico così ottenuto consente di indurre reazioni di ossidazione di numerosi substrati organici in grado di coordinare la Ferro-porfirina in posizione assiale. Nel corso dell‟ultimo anno la nostra attività di ricerca si è focalizzata sulla preparazione e caratterizzazione di un sistema fotocatalitico costituito dal complesso Fe(III)-meso-tetrakis (2,6 diclorofenil) porfirina (FeTDCPP) supportato su un materiale mesoporoso del tipo MCM-41. L‟attività fotocatalitica di questo sistema (MCM41-FeTDCPP) è stata studiata nell‟ossidazione dell‟1,4 pentandiolo; il nostro interesse è focalizzato principalmente sull‟effetto della matrice solida mesoporosa su efficienza e selettività di questo processo. La FeTDCPP sintetizzata secondo procedure note di letteratura è stata successivamente modificata nelle posizioni meta dei gruppi fenili al fine di ottenere una catena che terminasse con un gruppo amino propil trietossisilano. I monomeri così ottenuti sono stati trattati con miscela di HF (48%) e H2SO4 (98%) per ottenere monomeri con gruppi trifluorosilani. Il complesso così ottenuto è stato aggiunto ad una sospensione di MCM-41 (o di silice amorfa) in metanolo. I gruppi SiF3 sono convertiti in SiOH; ciò consente la formazione di un legame covalente tra la ferro porfirina e la superficie dell‟MCM-41 (o della silice amorfa). Quest‟ultima operazione è stata ripetuta alcune volte finché non si è fissata sulla superficie una quantità (in moli) di complesso analoga a quella usata negli esperimenti in fase omogenea. Le proprietà fotocatalitiche di MCM41-FeTDCPP sono state confrontate con quelle del complesso in soluzione omogenea e quelle in cui la ferro porfirina era ancorata su silice amorfa (SiO2FeTDCPP). Questi tre sistemi sono stati irradiati ( > 350 nm, 120 minuti) in soluzioni di acetonitrile contenente 1,4 pentandiolo (3% v/v) a temperatura ambiente e in presenza di 760 Torr di ossigeno molecolare. I risultati più significativi sono riassunti in Tabella 1. Si può osservare che, in tutti i casi, solo una delle funzionalità alcoliche del diolo subisce fotoossidazione: infatti 3acetil1propanolo e 4idrossi-pentanale sono i principali prodotti ottenuti dopo l‟irradiazione. La tabella mostra anche che, probabilmente a causa di effetti di adsorbimento su siti specifici di superficie, il materiale mesoporoso influenza la selettività del processo in maniera significativa, favorendo l‟ossidazione del gruppo OH terminale con conseguente accumulo della 4-idrossipentanale. Inoltre, 51 MCM41-FeTDCPP risulta essere più efficiente sia di FeTDCPP sia di SiO2-FeTDCPP nella formazione complessiva di idrossi-aldeide ed idrossi-chetone. Abbiamo anche evidenze sperimentali che la matrice solida dei sistemi MCM41-FeTDCPP e SiO2FeTDCPP i) previene la formazione di specie oligomeriche che, invece, costituiscono un problema quando l‟esperimento fotocatalitico viene condotto in soluzione; ii) aumenta notevolmente la stabilità del complesso porfirinico; iii) lascia grande libertà nella scelta del mezzo di reazione perché non si pone il problema di solubilizzare la Ferro-porfirina. Tabella 1: prodotti principali nell‟ossidazione fotocatalitica di 1,4 pentandiolo. O OH OH 4 Fotocatalizzatore M x 10 (resa %) M x 104 (resa CHO %) MCM41-FeTDCPP 5.2 (37) 8.7 (63) FeTDCPP omogenea) 6.9 (64) 3.9 (36) 2.3 (67) 1.1 (33) (soluzione SiO2-FeTDCPP 52 UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE Direttore Scientifico: Prof. Luigi Messori L‟attività scientifica dell‟Unità di Ricerca di Firenze del CIRCMSB, nel corso dell‟anno 2008, condotta principalmente presso il Laboratorio Metalli in Medicina (lab METMED, Dip. Chimica, Università di Firenze), si è focalizzata sulle seguenti tematiche: Metallofarmaci Antitumorali Metalli e Processi Neurodegenerativi Composti Metallici per il trattamento della Malaria. I maggiori risultati conseguiti nei vari ambiti di ricerca nel corso del 2008 e le relative pubblicazioni scientifiche sono, di seguito, analiticamente descritti. Metallofarmaci antitumorali È questo il tema su cui si sono principalmente concentrate le attività di ricerca dell‟UR di Firenze. Le attività svolte all‟interno di tale tematica, a loro volta, possono essere così suddivise: 1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali. 2. Studio di Composti Antitumorali a base di Rutenio. 3. Composti di Platino e Proteine. 4. Interazioni di Antitumorali Metallici con Proteine. 1. Sviluppo di Composti dell’ Oro come Agenti Citotossici ed Antitumorali Presso il Laboratorio METMED è attiva, da oltre 10 anni, una linea di ricerca diretta a valutare le proprietà chimiche e biologiche di numerosi composti dell‟oro come possibili agenti antitumorali. I complessi di oro(III), isolettronici ed isostrutturali con i complessi di platino(II), sono infatti interessanti candidati come possibili agenti antitumorali. Parimenti, anche alcuni composti di oro(I) mostrano significative proprietà citotossiche, come già ampiamente documentato, e meritano una particolare attenzione. In anni recenti, abbiamo dimostrato che certi complessi di oro(III), opportunamente sostituiti, mostrano una accettabile stabilità in ambiente fisiologico e sono, al contempo, dotati di significative proprietà antitumorali in vitro. I risultati più significativi di questa linea di ricerca, da noi ottenuti nel corso dell‟anno 2008, sono riportati di seguito. - Estesa caratterizzazione chimica di complessi dinucleari di oro(III). In collaborazione con un gruppo di chimici inorganici dell‟Università di Sassari (Prof. Cinellu e Minghetti) abbiamo completato gli studi riguardanti una serie di complessi dinucleari di oro(III) con leganti bipiridilici (AuOXO-1,6). I composti di interesse sono mostrati in figura 1. But N N O Au N N [PF6]2 Au O N [PF6]2 Au N N N N [PF6]2 Au O N Me3CH2C Auoxo4 [{(6-CH2CMe3bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 O Me R O Au Me N N O N [PF6]2 Au Au N O N Auoxo3 [{(6-Mebipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 [{4,4'-But2(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 CH2CMe3 [PF6]2 Au But Auoxo2 N O Au N N O But Auoxo1 [{(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 N N O Au N Me But [PF6]2 Au N O Me R=2,6-Me2C6H3 Auoxo5 [{(6-Rbipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 N O Au N R Me Me Auoxo6 [{(6,6'Me2bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 53 Figura 1. Rappresentazione schematica dei complessi dinucleari di Au(III). Abbiamo condotto una estesa caratterizzazione delle proprietà strutturali e della reattività chimica di questa famiglia di composti, al fine di stabilire alcune iniziali relazioni struttura/attività in grado di spiegare le diverse proprietà biologiche osservate. Gli studi elettrochimici sono stati condotti in collaborazione con il gruppo del Prof. Zanello dell‟Università di Siena. Parimenti sono stati effettuati alcuni studi teorici in collaborazione con il Dr. Massimiliano Arca dell‟Università di Cagliari. Il lavoro è stato adesso pubblicato su Inorganic Chemistry. - Interazione di composti dell’oro con proteine. Sempre nell‟ambito degli studi sui composti dell‟oro come agenti citotossici ed antitumorali, abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “Gold(III) compounds as anticancer agents: Relevance of gold-protein interactions for their mechanism of action” in collaborazione con i gruppi di ricerca del Prof. Paul Dyson (EPFL, Losanna) e del Prof. Bernhard Keppler (Università di Vienna). L‟articolo in questione approfondisce l‟analisi delle interazioni di alcuni composti dell‟oro con proteine modello per meglio comprendere le modalità di interazione al livello molecolare. La spettrometria di massa risulta essere una tecnica di particolare valore ed utilità a questo scopo. -Auranofin e metabolismo osseo. A latere degli studi sopra riportati è stato condotto uno studio specifico mirante a valutare gli effetti del farmaco antiartritico a base di oro, auranofin, sul metabolismo osseo. Lo studio, dal titolo “The influence of auranofin, a clinically established antiarthritic gold drug, on bone metabolism: analysis of its effects on human multipotent adipose-derived stem cells, taken as a model”, è stato condotto in collaborazione con un gruppo di ricerca francese operante presso l‟Università di Nizza. - Altri studi sui composti dell’oro. Nel 2008 sono stati completati gli estesi studi di citotossicità su vari composti dell‟oro precedentemente avviati in collaborazione con la ditta Oncotest (Freiburg, Germania). L‟analisi degli importanti risultati ottenuti costituirà la base per future pubblicazioni scientifiche. 2. Studio dei Composti Antitumorali a base di Rutenio. È noto che alcuni complessi di rutenio, in particolar modo certi complessi di rutenio(III), mostrano promettenti attività antitumorali. Ad oggi, dopo i complessi di platino(II), i complessi di rutenio sono fra i composti metallici più intensamente studiati come possibili agenti antitumorali e forse anche i più promettenti. Da alcuni anni, l‟UR di Firenze sta valutando alcuni aspetti chimicobioinorganici di rappresentativi composti di rutenio, quali ad esempio NAMI-A e KP1019 (Figura 2). - H - N H N N Cl Ru Cl Cl Cl HN Cl H N + Cl Ru N O NH N Cl S H+ N Cl NH KP1019 NAMI A Figura 2 Rappresentazione schematica di [ImH] [trans-RuCl4(Im)(DMSO)] (NAMI-A) e [INdH][trans-RuCl4(Ind)2] (KP1019). Nel corso del 2008 abbiamo proseguito queste attività con un certo successo ponendo particolare attenzione ad una nuova famiglia di composti del rutenio, i cosiddetti RAPTA, sviluppati dal prof. Paul Dyson presso l‟EPFL di Losanna. 54 Cl Ru N P Cl N Ru O N P O O N Ru O N H 3C Ru Cl N P Cl CH3 H 3C Cl N N Ru Cl P R A P T A -T , 4 Cl Ru OH N N Cl N Ru Cl OH N P Cl Ru N R A P T A -T B O H , 8 Ru P Cl NH3 N N Cl B F 4- P N R A P T A -B I, 1 1 C l- O O O CH3 N N R A P T A -N H 3 , 1 0 O N H 3C Ru N N OH N R A P T A -P e n ta O H , 9 + Cl N P Cl N C lCl N N R A P T A -T B M e , 6 N R A P T A -O H , 7 N P N R A P T A -H , 5 P Cl Ru Cl Cl CH3 N N CH3 CH3 CH3 H 3C CH3 H 3C N O o xa lo -R A P T A , 3 ca rb o -R A P T A , 2 CH3 N O O R A P T A -C , 1 N P O N O Ru Ru Cl Cl Cl N P N N Cl N P N N+ CH 3 R A P T A -M e + -C , 1 3 R A P T A -B C , 1 2 Figura 3. strutture chimiche dei complessi Rapta usati in questo studio. In particolare, abbiamo considerato se due importanti famiglie di proteine, le tioredossina reduttasi e le catepsine, potessero costituire dei significativi bersagli molecolari per questo tipo di composti. Sono stati pertanto effettuati studi di enzimologia per valutare se e quanto i composti RAPTA potessero inibire le reazioni catalizzate da queste proteine. È emerso che i composti RAPTA sono potenti inibitori della catepsina B, una rappresentativa cisteina proteasi implicata nei processi di invasione e metastasi. I dati enzimologici sono stati suffragati da studi di modeling dell‟interazione fra composti RAPTA e catepsina, condotti in colalborazione con il prof. Nazzareno Re, dell‟Università di Chieti. L‟articolo è stato recentemente pubblicato su JMedChem. Figura 4. Docking del complesso 9 alla cat B. Illustrazione delle principali interazioni del complesso con i residui presenti nelle vicinanze de sito attivo. Un secondo studio, già pubblicato, si è focalizzato sull‟analisi delle interazioni di un composto di tipo RAPTA (il RAPTA-C) con ubiquitina e glutatione. In particolare, è stato osservato che il RAPTA-C forma addotti stabili con la proteina modello ubiquitina, che però possono essere rimossi per aggiunta di glutatione. Queste osservazioni hanno importanti implicazioni sul meccanismo di azione di tale composto nella cellula. 55 Inoltre, in un ulteriore lavoro, sono state valutate le interazioni dell‟albumina serica bovina (BSA) con NAMI-A, un farmaco anticancro sperimentale di Ru(III); la formazione dei rispettivi addotti NAMI-A/BSA è stata studiata tramite spettroscopia XAS (X-ray absorption spectroscopy) al Sincrotrone di Soleil (Parigi) in collaborazione con la Prof. Congiu Castellano e la Dr. Isabella Ascone. 3. Composti di Platino e Proteine In collaborazione con il prof. Dan Gibson dell‟università di Gerusalemme abbiamo condotto e completato uno studio dal titolo “Peculiar mechanistic and structural features of the carboplatin-cytochrome c system revealed by ESI-MS analysis”. Questo studio si è avvalso primariamente di tecniche di spettrometria di massa tipo ESI MS per studiare la reazione del carboplatino con la proteina modello citocromo c. È stato possibile studiare in dettaglio il processo di platinazione della proteina ed anche identificare la natura del frammento metallico legato alla proteina ed i probabili siti di interazione. 4. Interazioni di antitumorali metallici con proteine. Abbiamo messo a punto delle specifiche metodologie di indagine per valutare le interazioni di complessi di platino(II), oro(III) e rutenio(III) con alcune proteine modello. La procedura sperimentale si basa su prove di ultracentrifugazione abbinate a determinazioni spettrofotometriche oppure ICP-OES. Successivamente gli addotti formati possono essere caratterizzati mediante tecniche di spettrometria di massa e di cristallografia. Una descrizione generale delle metodologie e dei risultati più significativi da noi ottenuti è fornita dal riferimento. Figura 5 Spettro deconvoluto ottenuto tramite ESI MS di addotti formati tra Lisozima e Cisplatino in rapporto 1:3, incubati per 48h a 37°C. Metalli e processi neurodegenerativi. Nel corso del 2008, in particolare grazie alle risorse forniteci dal progetto nazionale FIRB sulle malattie neurodegenerative, coordinato dal prof. Enrico Rizzarelli, abbiamo potuto incrementare ulteriormente gli sforzi della nostra ricerca in questo settore. In particolare, abbiamo cercato di sviluppare nuove metodologie di indagine. In breve, le metodologie che abbiamo ottimizzato e che stiamo utilizzando sono le seguenti: -ESI MS per studiare le interazioni di metalli con beta amiloide (in collaborazione con Prof. Paolo Zatta e con CISM). -Metodi ICP OES per mappare la distribuzione dei metalli nel cervello in appropriati modelli murini (in collaborazione con Prof. Casamenti e Prof. Udisti dell‟Università di Firenze). -Metodi AFM per visualizzare la crescita di fibrille amiloidi e gli effetti di ioni metallici su detta crescita (in collaborazione con Prof. Foresti e Dr. Innocenti, Dip Chimica, Università di Firenze). Alcuni risultati, ottenuti con il metodo ESI MS, sono stati già pubblicati. In particolare, la spettrometria ESI MS si è rivelata assai preziosa per la caratterizzazione dell‟addotto che si forma fra lo ione alluminio ed il peptide Aβ (1-42). Inoltre abbiamo completato e pubblicato uno studio riguardante la caratterizzazione strutturale e teorica del cuprizone, un interessante agente neurotossico. 56 Composti metallici per il trattamento della Malaria. In collaborazione con il gruppo di ricerca dei prof. Vincieri e Bilia, dell‟Università di Firenze e con alcuni ricercatori dell‟Istituto Superiore di Sanità abbiamo intrapreso una serie di studi finalizzati a stabilire se alcuni metallofarmaci, inizialmente sviluppati per altri fini terapeutici, potessero dimostrare rilevanti azioni antimalariche. Gli studi erano motivati dall‟osservazione che alcuni complessi metallici, ed in particolare alcuni composti dell‟oro, sono capaci di inibire fortemente la tioredossina reduttasi e di indurre una condizione di severo stress ossidativo intracellulare. Siccome è noto che il plasmodio della malaria è un organismo particolarmente sensibile allo stress ossidativo si è pensato che tali composti metallici potessero funzionare da efficaci farmaci antimalarici. Gli studi sono stati condotti in vitro secondo procedure ben collaudate. I primi risultati che abbiamo già potuto pubblicare confermano, in maniera esemplare, la sostanziale correttezza della nostra ipotesi di lavoro. 57 UNITA’ DI RICERCA DELL’INSUBRIA Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Palmisano L‟acido folico ( e strutture ad esso correlate) rappresentano una classe di vettori utilizzati per il targeting ed il rilascio di molecole bioattive. In collaborazione con l‟U.O. Piemonte Orientale (coordinata dal Prof. Osella) ci siamo interessati della sintesi di leganti del Pt(II) derivanti dalla coniugazione di uno dei due carbossili( α o γ) dell‟acido folico con subunità contenenti diammine o dicarbossilati in grado di complessare il Pt(II). I leganti L1, L2 e L3 e i rispettivi complessi (L1)PtCl2, (L2)Pt(NH3)2 / (L2)Pt(H2N-Me)2 (come sali di K+) e (L3)Pt(NH3)2/(L3)Pt(H2N-Me)2 sono stati sintetizzati secondo gli schemi sotto riportati ma la scarsa solubilità in acqua ha precluso la possibilità di valutarne l‟attività. [1] 59 Nel quadro della collaborazione in atto da anni con le U.O. Torino (Prof. Aime) e Piemonte Orientale (Prof. Giovenzana) ci siamo interessati della sintesi e del comportamento complessometrico del nuovo legante a struttura diamminotetracarbossilica NorDATA. [2] Il legante è stato sintetizzato a partire dal norbornadiene 1 secondo il seguente schema Lo studio delle costanti di stabilità e di protonazione di NorDATA rispetto a quelle di BDTA, DCTA e EDTA ha portato ai risultati riportati nella Tabella seguente 60 UNITA’ DI RICERCA DI MESSINA Direttore Scientifico: Prof. Luigi Monsù Scolaro Composizione e settore di indagine L‟unità di ricerca di Messina è composta da cinque distinti gruppi di ricerca, ciascuno dei quali possiede delle competenze specifiche in settori di interesse del Consorzio. Obiettivi e Metodi Gruppo di Ricerca dei Proff. Luigi Monsù Scolaro e Raffaello Romeo. Questo gruppo di ricerca si occupa da anni di studiare processi di auto-aggregazione e di organizzazione supramolecolare a carico di specie planari (porfirine e relativi metallo-derivati, e complessi planari di platino(II)) su biomolecole o su sistemi polimerici di rilevanza biologica. Una consolidata esperienza è stata maturata nel campo degli studi meccanicistici su complessi di platino(II), inerentemente a processi fondamentali, quali la sostituzione nucleofila, l‟isomerizzazione geometrica, gli attacchi acidi o i moti flussionali. Nell‟ambito dell‟organizzazione di sistemi supramolecolari, è stato preparato un addotto noncovalente tra l‟emina e dendrimeri di tipo PAMAM di generazione bassa (2 e 3), sfruttando l‟interazione elettrostatica tra i residui carichi dei due componenti molecolari. Il sistema è stato caratterizzato spettroscopicamente (UV/Vis, EPR ed NMR) e si propone come un adeguato modello perossidasico, la cui attività è stata, inoltre, valutata mediante l‟ossidazione di un tipico substrato (ABTS). La presenza di un eccesso di carica positiva residua sull‟addotto ha consentito la formazione di film sottili su superfici di quarzo. Tali film ritengono attività catalitica e si prestano ad ulteriori indagini per possibili applicazioni. Aggregati vescicolari di particolari ciclodestrine anfifiliche (CDs) sono degli efficienti sistemi di trasporto intracellulare per molecole ospite. In particolare, la porfirina tetranionica TPPS4 è un cromoforo che si presta ad impieghi in terapia fotodinamica di tumori (PDT). Questa molecola interagisce non-covalentemente con le vescicole di CDs, alterando le sue caratteristiche fotofisiche. L‟aggiunta di derivati antracenici, come terzo componente, consente di effettuare studi di trasferimento di energia tra i vari cromofori. Pensando ad applicazioni in campo foto-termico (PTT), le stesse ciclodestrine anfifiliche sono state impiegate per decorare delle nanoparticelle di oro. Tali nuovi sistemi sono stati caratterizzati tramite spettroscopia UV/Vis, scattering quasi-elastico di luce e FT-IR. Le nanoparticelle vengono internalizzate da linee cellulari di tipo HeLa ed aumentano del 50% la morte cellulare in seguito a fotoirradiazione. Altri studi sono stati rivolti alla formazione di film sottili di vari tipi di cromofori ed alla formazione di pattern specifici in seguito ad evaporazione di solvente. Nel campo degli studi meccanicistici su complessi di platino(II), un‟indagine teorica di tipo DFT è stata condotta sulla reazione di ciclometallazione del complesso cis-[Pt(Me)2(dmso)(P(o-tolil)3] con formazione del composto [Pt{CH2C6H4P(o-tolil)2-kappa C,P](Me)(dmso)] e liberazione di metano. La reazione decorre con un meccanismo a più stadi: (i) dissociazione reversibile del legante dmso per dare un intermedio a forma di T a 14-e, (ii) addizione ossidativa intramolecolare del legame CH di uno dei metili del legante fosfinico per dare una specie pentacoordinata ciclometallata idrurica, (iii) eliminazione riduttiva di metano, e (iv) veloce riassociazione del legante dmso per formare il prodotto finale. L‟energetica e i dettagli strutturali degli intermedi di razione sono stati adeguatamente calcolati. Gruppo di Ricerca del Prof. Matteo Cusumano. Questo gruppo si dedica allo studio delle proprietà di intercalazione di una serie di complessi planari quadrati di platino(II) e palladio(II) contenenti 61 leganti aromatici nei confronti di acidi nucleici ed alle variazioni di reattività indotte dal microambiente specifico. Le proprietà fotofisiche di una serie di undici complessi di Pt(II) contenenti leganti polipiridinici sono state indagate, sia in soluzione a temperatura ambiente, che in matrice solida a 77 K. Allo stato solido tutti i complessi mostrano luminescenza strutturata, con tempi di vita nell‟ordine delle centinaia di microsecondi fino a qualche millisecondo. In soluzione i tempi di vita sono dell‟ordine dei nanosecondi, la fluorescenza diventa scarsamente strutturata e spostata batocromicamente. Gli stati responsabili per l‟osservata emissione sono stati assegnati. Sei nuovi complessi di Pt(II) contenenti 2,2‟-bipiridile e tiouree variamente sostituite, disegnati per essere intercalatori del DNA, sono stati saggiati su linee cellulari di carcinoma ovario umano (2008) e su una variante resistente al cisplatin (C13*). E‟ stato osservato che la capacità antiproliferativa di questi composti aumenta con l‟ingombro sterico dei leganti ancillari e con l‟idrofobicità dei gruppi sostituenti sulla tiourea. In particolare, la presenza di due gruppi fenilici impartisce una citotossicità notevolissima. Gruppo di ricerca dei Proff. Giuseppe Bruno ed Enrico Rotondo. Questi ricercatori si occupano essenzialmente della determinazione strutturale di composti inorganici ed organici di potenziale interesse farmacologico tramite l‟impiego di tecniche di diffrazione di raggi-X e di risonanza magnetica nucleare. Gruppo di Ricerca del Prof. Giuseppe Teti. Questo gruppo di ricerca opera nel settore della microbiologia, sviluppando sia attività di ricerca indipendente che di supporto ai vari gruppi dell‟Unità di ricerca. Gruppo di Ricerca della Dr. Lo Passo. Questi ricercatori svolgono della ricerca indipendente nei settori della biologia molecolare e genetica, fornendo attività di supporto al gruppo del Prof. Monsù. 62 UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone L‟attività scientifica dell‟Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata svolta, per l'anno 2008, principalmente alla veicolazione di mezzi contrasto e farmaci mediante peptidi nell‟ambito delle seguenti tematiche: 1) Sonde per la diagnosi in medicina nucleare basate su peptidi antagonisti dell‟integrina v Da alcuni anni l‟unità di Napoli è coinvolta nella progettazione di coniugati peptidici per la diagnosi e la terapia mediante le tecniche di medicina nucleare. E‟ noto che i peptidi opportunamentemente progettati possono veicolare centri metallici radioattivi su cellule tumorali che sovraesprimono recettori, facilitando l‟accumulo di mezzi di contrasto su tessuti tumorali. Negli anni precedenti sono stati utilizzati come vettori peptidi per il riconoscimento dei recettori delle colecistochinine e delle integrine, nell‟ultimo anno particolare i sistemi studiati intendono riconoscere i recettori delle integrine al fine dell‟ottenimento di nuove sonde di minori dimensioni. In particolare sono stati sintetizzati nuovi analoghi del peptide RGDechi (lead compound) (figura 1) la cui progettazione e sintesi era stata messa a punto nell‟anno precedente. Met-Asp-Asp-Pro-Gly-Arg-Asn-Pro-His-Lys-Gly-Pro-Ala-Thr19 1 Lys -Arg-Gly-Asp-DGlu Figura 1 Sequenza del peptide RGDechi I peptidi sono stati progettati eliminando, uno alla volta, i cinque residui presenti sull‟estremità C terminale allo scopo di individuare la minima sequenza in grado di conservare l‟elevata attività e la selettività del lead compound nei confronti dell‟integrina v 3. Tutte le sequenze peptidiche sono state ottenute in fase solida e purificate mediante RP-HPLC. E‟ attualmente è in corso la marcatura con 18F per gli studi di imaging molecolare mediante PET e gli studi sulla scelta più opportuna per legare un chelante per la complessazione di metalli radioattvi quali l‟Indio 111 e il tecnezio 99m. 2) Aggregati supramolecolari peptidi-chelanti come tools per la diagnosi oncologica mediante la tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI) e la veicolazione di farmaci. Questa attività in collaborazione con l‟UO di Torino si articola nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di nuovi mezzi di contrasto selettivi per la visualizzazione di patologie oncologiche mediante la tecnica della Risonanza Magnetica Imaging (RMI). Questa tecnica fornisce immagini ad altissima risoluzione, ma a causa della bassa sensibilità della tecnica, è stato necessario mettere a punto opportuni agenti di contrasto (ACs) selettivi capaci di accumularsi sull‟organo bersaglio che si intende visualizzare, ad una concentrazione almeno dell‟ordine di 10-4M. A tal fine negli ultimi anni sono stati preparati sistemi supramolecolari, come micelle miste o selfassembling, liposomi che espongono sulla loro superficie un vettore peptidico il frammento CCK8 dell‟ormone colecistochinina in grado di selettivamente riconoscere i recettori sovraespressi dalle cellule tumorali. Per allargare il numero di target sono stati progettati e sintetizzati aggregati supramolecolari costituiti da uno o due unità monomeriche anfifiliche selettivi per i recettori due e cinque della somatostatina. Queste unità contengono una parte idrofobica costituita da due catene di tipo idrocarburico e una testa idrofilica costituita dal peptide analogo della somatostatina (octeotride) e/o da un agente chelante in grado di complessare un metallo paramagnetico quale mezzo di contrasto per la risonanza magnetica. In particolare per quanto riguarda il chelante sono stati sintetizzati tre monomeri (C18) 2DTPAGlu, (C18)2DTPA, (C18)2DOTA in grado di complessare stabilmente lo ione paramagnetico Gd (III) e che differisocno per la natura del chelante. Il DTPAGlu fornisce allo ione metallico un set di 63 coordinazione costituito da tre atomi di azoto e cinque gruppi carbossilici, che a pH fisiologico risultano deprotonati (COO-); il DTPA tre atomi di azoto e quattro gruppi carbossilici ed il DOTA quattro atomi di azoto e tre gruppi carbossilici. Pertanto questi monomeri sono dei surfattanti anionici ognuno dei quali contribuisce con cariche variabili in funzione del pH e dello ione coordinato. E‟ stato inoltre sintetizzato un altro monomero contenente la stessa porzione idrofobica, e l‟octreotide la cui sequenza aminoacidica è riportata in figura. D-Phe-Cys-Phe-D-Trp-Lys-Thr-Cys-Thr(ol) Octreotide Fig. 2 Sequenza del peptide Octeotride Questo peptide ciclico per la presenza di un ponte disolfurico fra la cisteina 3 e la cisteina 14, conserva la struttura beta turn della somatostaina fra gli aminoacidi 7-10 (Phe7-Trp8-Lys9-Thr10) responsabili dell‟attvità biologica nei recettori 2 e 5. La stabilità in vivo del peptide è assicurato dalla presenza di due residui D aminoacidici (DPhe2Trp8) resistenti al riconoscimento da parte delle proteasi. Nel monomero octreotide-L5-(C18)2 tra il peptide e le catene alchiliche sono stati interposti cinque spaziatori etossilici (L5), che favoriscono l‟esposizione del peptide sulla superficie esterna dell‟aggregato aumentando l‟idrofilicità del peptide. Inoltre sono stati preparati due monomeri che nella stessa molecola legano sia il chelante che l‟octeotride. (OCA-DTPAGlu), (OCA-DOTA) (ved Figura 1) O O O O OCA-DTPAGlu N O O N HN N O -O O O O O L N O H N L N H DPhe L O Cys Phe DTrp Lys Thr Cys Thr(ol) O O OCA-DOTA O N O N N O HN N O O L N O L= H N O O O O O N H H N L L O O DPhe Cys Phe DTrp Lys Thr Cys Thr(ol) O O Fig. 3 Monomeri selfassembling con peptide e chelante Gli aggregati supramolecolari, ottenuti per self-assembling dei due monomeri-(OCA-DTPAGlu), (OCA-DOTA) e gli aggregati misti ((C18)2DTPAGlu/ (C18)2L5-Octr, (C18)2DTPA / (C18)2L5Octr, (C18)2DOTA / (C18)2L5-Octr) sono stati studiati con la tecnica della fluorescenza che ha permesso di determinare la concetrazione micellare critica (CMC) nell‟ordine di 10-6 M, in accordo con sistemi in cui sono presenti due code idrofobiche per tutti gli aggregati per cui possono essere utilizzate quali sonde in vivo. La natura degli aggregati supramolecolari, la forma e la loro dimensione sono state determinate mediante la tecnica della dispersione neutronica a piccolo angolo (SANS). Da queste indagini strutturali si evidenzia che le proprietà degli aggregati sono fortemente, come era prevedibile, influenzate dalla carica del gruppo idrofilico dei tre chelanti per cui sono state ottenute micelle cilindriche, doppi strati ed in qualche caso vescicole. 64 Le misure di relassività condotte sugli aggregati, forniscono valori confrontabili (r1p = 13.9 mM-1 s-1 at 20 MHz and 25°C), con sistemi supramolecolari simili ad altri aggregati finora studiati. Successivamente saranno effettuati studi di uptake degli aggregati misti su cellule che sovresprimono i recettori SSTR2 e SSTR5 della somatostatina al fine di verificare che la sonda peptidica sia ben esposta sulla superficie dell‟aggregato e abbia un‟elevata specificità. Un ulteriore obiettivo che verrà perseguito sarà la preparazione di altri aggregati con diversa disposizione del peptide o del chelante. Inoltre verranno sintetizzati monomeri la cui porzione biospecifica sia costituita da peptidi in grado di riconoscere selettivamnete altre classi di recettori quali ad esempio quelli della bombesina. 3) Studio del meccanismo di penetrazione e fuoriuscita del virus Herpes simplex di tipo 1 utilizzando nanocristalli. Questo progetto ha riguardato lo studio del meccanismo molecolare di penetrazione ed uscita del virus Herpes simplex tipo I mediante l‟utilizzo dei Qdots. I Qdots sono nanocristalli, composti da atomi di elementi appartenenti ai gruppi II-VI o III-V della tavola periodica, altamente fluorescenti e di dimensioni definite (2-10 nm di diametro) che assorbendo la luce, la riemettono a lunghezze d‟onda in funzione delle dimensioni del cristallo stesso. Rispetto ai fluorofori organici, presentano interessanti proprietà ottiche ed elettroniche. E‟ possibile selezionare esattamente l‟emissione di fluorescenza in base alla dimensione e composizione con lunghezze d‟onda variabili dal visibile all‟infrarosso, inoltre i Qdots possiedono coefficienti di assorbimento elevati in un ampio intervallo spettrale, livelli elevati di luminosità e fotostastabilità. Queste proprietà ottiche li rendono utili quali fluorofori in vivo e/o in vitro in esperimenti biologici, nei quali, i fluorofori tradizionali basati su molecole organiche non sono in grado di fornire un‟analoga stabilità a lungo termine e la possibilità di identificare contemporaneamente segnali multipli. Inoltre nella regione del vicino infrarosso (700–900 nm) la maggior parte delle biomolecole non presenta uno spettro di assorbimento, per cui i Qdots possono fornire immagini in vivo. Notevoli successi sono stati ottenuti nell‟utilizzo dei Qdots per la marcatura extracellulare; al contrario il delivery intracellulare presenta numerosi problemi ed ancora non esistono protocolli generali per riuscire ad effettuarlo. Scopo dell‟attività di ricerca è la funzionalizzazione dei Qdots al fine di migliorare il delivery nelle cellule utilizzando peptidi di fusione di origine virale in particolare dal virus Herpes simplex di tipo I. HSV-1 è un virus con envelope e presenta una serie di glicoproteine sulla sua membrana. Tra queste glicoproteine gH e gB sono sicuramente coinvolte nel complesso meccanismo di fusione. Dall‟analisi dettagliata di tali glicoproteine sono stati individuati alcuni peptidi che probabilmente sono coinvolti nel processo di fusione del virus ed infatti sono in grado di fondere liposomi in vitro. In particolare, nella glicoproteina gH 4 sono state selezionate regioni fusogene e due Heptad Repeat e nella glicoproteina gB due regioni fusogene e una regione inibitoria. Le regioni fusogene possono essere utilizzate per la veicolazione del virus all‟interno della cellula ospite, mentre le regioni elicoidali, che danno luogo ai coiled coil nella proteina nativa, possono essere utilizzate per localizzare le proteine all‟interno della cellula infetta. Sono stati messi a punto i protocolli per il legame dei peptidi ai Qdots e per la purificazione dei sistemi sintetizzati e sono stati effettuati degli esperimenti preliminari. Sintesi del peptide NBD-gHpep utilizzato come controllo Sintesi del peptide gHpepCys, da legare al Qdots Legame del peptide al Qdot mediante due diversi protocolli Analisi, con il microscopio confocale, della penetrazione all‟interno della cellula del peptide legato all‟NBD e legato al Qdots I peptidi sono stati sintetizzati mediante sintesi in fase solida con chimica Fmoc. Il pepdide NBDgHpep è stato utilizzato come controllo. Il peptide NBD-gHpep attraversa la membrana plasmatica e si posiziona largamente nella frazione citoplasmatica della cellula, in particolare nella regione perinucleare come si vede dalla foto di seguito riportata. 65 Citoscheletro NBD-gHpep Nucleo Il peptide gHpepCys è stato legato al gruppo carbossilico presente sul Qdots dal lato N e Cterminale ed i costrutti così ottenuti sono stati analizzati al microscopio confocale. Il peptide QD-Cys-CysgHpep si posiziona nella regione plasmatica e perinucleare. Invece il peptide QD-gHpepCys, non attraversa la membrana plasmatica ma rimane adeso ad essa senza essere lavato dopo il fissaggio sulle cellule. I risultati ottenuti pertanto confermano l‟ipotesi che la sequenza peptidica selezionata riconosca in maniera specifica la membrana plasmatica e si leghi ad essa. La penetrazione attraverso la membrana plasmatica è dovuta con molta probabilità all‟inserimento della sequenza dalla regione N-terminale del peptide come già dimostrato Tale ipotesi è confermata dal fatto che il peptide che porta il QDot legato all‟estremità N terminale si lega alla membrana esterna delle cellule, ma non è capace di attraversarla. Tuttavia non viene lavato via dalla superficie delle cellule come accade per il controllo QDot isolato. Ulteriore svilupppo del progetto consiste nel verificare la possibilità di indirizzare in maniera specifica i Qdots verso dei target specifici all‟interno della cellula target con applicazioni nel campo dei biosensori. 66 UNITA’ DI RICERCA DI PADOVA Direttore Scientifico: Prof. Ulderico Mazzi 1. Tematica 6: “Radiofarmaci nella diagnostica e terapia tumorale” Parte 1. Sviluppo di radiofarmaci target-specifici marcati con 99mtecnezio e 186/188renio. Elena Zangoni, Laura Melendez Alafort, Alessia Carrer, Ulderico Mazzi Gli isotopi radioattivi di metalli di transizione offrono molte opportunità nello sviluppo di radiofarmaci, e tra di essi il tecnezio-99m ed il renio-186/188 giocano un ruolo importante in ambito, rispettivamente, diagnostico e terapeutico. A differenza di isotopi di atomi naturalmente presenti nelle molecole biologiche (O, C, N), che possono essere incorporati nelle molecole direzionatrici attraverso la formazione di un legame covalente, gli isotopi di natura metallica per essere incorporati nelle biomolecole devono essere stabilizzati da un sistema chelante in un complesso di coordinazione. Nell‟ultimo decennio è stata sviluppata un‟ampia gamma di tecniche per la marcatura di biomolecole con radiometalli, ma la metodica più ampiamente studiata e impiegata consiste nell‟approccio del chelante bifunzionale (Bifunctional Chelating Agent, BFCA). Il chelante bifunzionale presenta da un lato un set coordinativo in grado di stabilizzare il metallo, dall‟altro un gruppo funzionale per l‟ancoraggio covalente della biomolecola, che può essere diretto oppure mediato da uno spaziatore (linker), a dare il derivato BFCA(-linker)-BM. La scelta accurata del BFCA è uno degli aspetti fondamentali nella progettazione di radiofarmaci target-specifici. BM Un BFCA ideale dovrebbe garantire la formazione di un complesso con alta resa e a concentrazioni molto basse del coniugato BFCA-BM. Tale complesso non dovrebbe sottostare a reazioni di ossidoriduzione, dovrebbe essere termodinamicamente stabile e cineticamente inerte e presentare un basso numero di isomeri, in quanto tutte questi parametri possono influenzare notevolmente le caratteristiche biologiche e farmacocinetiche del coniugato BFCA-BM. Infine, l‟attacco del BFCA alla biomolecola dovrebbe essere facilmente realizzabile. La selezione del BFCA dipende dal tipo di radiometallo e dal suo stato di ossidazione. Il core [M=O]3+ viene largamente impiegato per la marcatura di biomolecole con 99mTc- e 186/188Re e negli ultimi 15 anni sono stati sintetizzati e valutati molti chelanti bifunzionali, la maggior parte dei quali possiede un set coordinativo di tipo NxS(4-x). Questi chelanti, sebbene abbiano trovato applicazione, soffrono di alcune limitazioni quali l‟elevata lipofilia, una scarsa flessibilità strutturale, più forme isomeriche spesso difficili da separare e limitata stabilità in vivo. Inoltre la loro marcatura richiede spesso condizioni drastiche. Lo sviluppo di BFCA più efficienti resta quindi uno degli interessi principali nell‟ambito della medicina nucleare. Il nostro gruppo di ricerca ha proposto alla ricerca internazionale il BFCA N-(N-(3-diphenylphosphino propionyl) glycyl)-S-tritylcysteine methyl ester (PN2S) sinora utilizzato con il gruppo centrale Tc(V)O3+[1]. Negli ultimi anni molti gruppi hanno orientato le loro ricerche verso lo sviluppo di BFCA tridentati al fine di ottenere una set coordinativo tripodale per il core fac-[M(CO)3]+ (M = Tc, Re),. Tuttavia la tricoordinazione del core può essere ottenuta anche utilizzando due leganti distinti, uno bidentato L2 e uno monodentato L1, in quello che viene definito approccio “[2+1] mixed ligand] [2,3]. Nel tentativo di sviluppare questo filone di ricerca precedenti studi nel nostro gruppo hanno evidenziato come si possa impiegare un semplice N,N-dimetilditiocarbamato (mdtc) come legante 67 bidentato e una fosfina funzionalizzata come legante monodentato, per ottenere un sistema chelante di tipo (SS)(P) per la stabilizzazione del core fac-[M(CO)3]+[4]. L‟impiego di Na-mdtc e di una fosfina con la strategia [2+1] ha il potenziale vantaggio di produrre complessi tricoordinati neutri e monomerici. La derivatizzazione del gruppo fosfinico è stata la prima procedura utilizzata perchè già stata usata con successo con leganti BFCA sul core 99m Tc(V)O3+[1]. Una delle biomolecole più studiate per la marcatura con l‟approccio con BFCA è l‟octreotide. [5] Però, la maggiore difficoltà che si incontra nel marcare tale molecola con Tc o Re è dovuta al fatto che presenta un ponte disolfuro, molto importante per la sua biospecificità, facilmente rotto durante la reazione di riduzione del MO4- (M = Tc o Re) indispensabile per ottenere la formazione del complesso di marcatura. Quindi, la marcatura con 99mTc dell‟octreotide e dei suoi derivati non ha ottenuto notevoli successi, fino a quando, studi biologici su derivati dell‟octrotide privi del ponte a zolfo non hanno mostrato alta specificità per i sottotipi recettoriali sstr2 e sstr5 della somatostatina. Figura: PN2S-CIF Gli analoghi indicati in figura sono stati da noi studiati per essere marcati con la metodologia tricarbonilica [2+1] per poi essere studiati dal punto di vista biologico allo scopo di determinare il mantenimento in vivo della loro alta specificità. I risultati sono stati soddisfacenti, con produzione in „one step‟ di un composto marcato (PN2S-CIF) con resa superiore al 90% e con alta attività specifica. Il prodotto è pronto per gli studi di specificità su cellule o in vivo. Parte2. Studi di marcatura, biodistribuzione ed efficacia radioterapeutica di Ialuronico) Laura Melendez Alafort, Elena Zangoni, Ulderico Mazzi 188 Re-HA (Acido Nel 2008 sono proseguiti gli studi sull‟acido ialuronico, utilizzando i risultati precedentemente ottenuti ed ottimizzando sia le procedure di marcatura che le caratteristiche dell‟acido ialuronico soprattutto in funzione della diversa dimensione del polimero. L'acido ialuronico (HA) è uno dei componenti fondamentali dei tessuti connetivi dell'uomo e degli altri mammiferi. Chimicamente è definibile come un glicosaminoglicano dalla catena polisaccaridica non ramificata prodotta dall'aggregazione di migliaia di unità disaccaridiche formate a loro volta da residui di acido glucuronico (un derivato del glucosio) e Nacetiglucosamina. Entra nella costituzione della sostanza fondamentale del tessuto connettivo della pelle, il quale contiene il 63% di acqua, il 32% di collagene e l'1% di acido ialuronico. E' contenuto in concentrazioni elevate nell' umor vitreo, nel cordone ombelicale, nei liquidi delle articolazioni. Si presenta come una sostanza amorfa, solubile in acqua. Regola il contenuto idrico della sostanza intracellulare e la permeabilità del tessuto connettivo. Funge da sostanza cementante dei tessuti ai 68 quali conferisce la tipica plasticità. E' contenuto nel collagene, nel quale ha la funzione di catturare e trattenere l' acqua. Per costruire il collagene le cellule impiegano molta vitamina C. Ha proprietà antinfiammatorie. Oltre che idratare la pelle possiede anche la proprietà di cicatrizzare le ferite. Nel derma ha un' azione plastica e permette una migliore diffusione delle sostanze. Inoltre l'acido ialuronico lega con dei recettori cellulari denominati CD44, ben conosciuti dagli studiosi del sistema immunitario per la loro presenza nella pelle, tra l'altro sulla superficie delle cellule cheratiniche, inclusi i follicoli piliferi. I CD44 sono anche sovraespressi in diversi tipi di tumore e ciò ha sviluppato l‟impiego dell‟HA quale veicolo di chemioterapici per tali tipi di tumore. Nel 2007 il metodo di marcatura con Tc-99m dell‟HA già descritto nelle precedenti relazioni è stato trasferito al Re-188, con lo scopo di utilizzare le proprietà veicolanti dell‟HA per trasportare il radionuclide Re-188 sul tumore affinché esplichi la sua azione radioterapica. Studi di biodistribuzione in topi sani dell‟analogo 99mTc-HA hanno mostrato che 25 minuti dopo la somministrazione intravenosa, più dell‟80% del radiofarmaco si trova nel fegato e nella milza in seguito al binding selettivo dell‟HA su recettori specifici . Basandoci su tali indicazioni, cellule di carcinoma epatocellulare sono state indotte nel fegato del topo e trattati con HA marcato direttamente con 188Re. L‟acido ialuronico ( 70 kDalton) è stato marcato semplicemente aggiungendo 100 l of 188Reperrenato con attività pari a 20 Mbq ad una fiala contenente HA ed una soluzione di SnCl2 aggiustando il pH al valore di 4. La biodistribuzione di 188Re-HA è stata studiata in femmine sane di topi neri C57BL/6 trattati con 50 L (3 MBq) di marcato purificato con iniezione nella vena caudale. Trenta minuti dopo l‟iniezione le dosi accumulate nel fegato e nella milza hanno raggiunto il valore massimo e rimangono poi costanti per più di 72 h senza clearance renale. Gli studi di biodistribuzione hanno dimostrato che il complesso188Re-HA è stabile e, somministrato per semplice iniezione intravenosa, è rapidamente concentrato nel fegato e nella milza, senza eliminazione, riducendo così il rischio di danno agli atri organi. Il trattamento delle metastasi al fegato nei topi ha rivelato che il coniugato mostra un forte effetto terapeutico anche in presenza di bassa attività. E‟ inoltre importante notare che le attività qui usate sono simili a quelle già in uso nei trial clinici. Infine l‟efficacia terapeutica del trattamento è anche confermata in un modello di topo xenogenico con metastasi al fegato di coloncarcinoma umano usando cellule tumorali HT-29 impiantate in topi SCID, e non associate con rilevante tossicità al fegato ed al midollo spinale. Per poter impiegare l‟188Re-HA in altre patologie tumorali è stato improntato uno studio sulla marcatura e sugli studi di biodistribuzione di HA con MM che vanno da 5000 a 500000 Da. Gli studi di marcatura hanno evidenziato che, pur riuscendo ad ottenere per tutti i sistemi studiati una buona resa di marcatura, si è osservato che la stabilità dei prodotti marcati scendeva al diminuire della MM. A tal punto, si sono sospesi gli studi di biodistribuzione e si è deciso di adottare un metodo di marcatura indiretto utilizzando il BFCA di tipo PN2S, già richiamato in questa relazione, che mantenga il più possibile inalterata la struttura dell‟HA e che consenta una stabilità del marcato indipendente dalla MM del polimero. 2. Tematica 5: “Nuovi Farmaci inorganici in oncologia” Dolores Fregona, Luca Ronconi, Anna Bin L‟attività svolta in questo anno dal nostro gruppo si è sviluppata in quattro filoni principali: 1) Agenti antitumorali a base metallica con leganti ditiocarbammici di- e tripeptidici per l‟indirizzo selettivo verso la cellula tumorale. 2) “Design, sintesi e caratterizzazione chimica e biologica in vitro ed in vivo di complessi di Ru(II,III), con leganti cumarinici al fine di ottenere dei composti che abbiano un migliore indice chemioterapico in termini di elevata capacità antineoplastica e ridotta tossicità rispetto ai farmaci attualmente in uso clinico. . 3) Bioconiugazione di complessi ditiocarbammici a molecole puriniche per la diagnostica ed il trattamento del cancro colon-retto. 4) sviluppo di nuovi biosensori per applicazioni cliniche ed in particolare per la rilevazione precoce di marker tumorali. 69 Premessa I farmaci a base di platino ampiamente impiegati nella terapia di vari tipi di tumori, presentano numerosi inconvenienti che ne precludono l'utilizzo per lunghi periodi di tempo: sono infatti altamente neuro- e nefrotossici e inducono pesanti effetti collaterali ed in molti casi, dopo un iniziale successo terapeutico, causano l'insorgenza di resistenza crociata da parte delle cellule cancerose. Nella pratica clinica, per ridurre la tossicità di tali farmaci, vengono somministrate sostanze contenenti zolfo o vengono usate terapie combinate con farmaci a base di platino e glutatione o in generale composti contenenti gruppi sulfidrilici come i ditiocarbammati; essi infatti sono in grado di rimuovere selettivamente il platino dai complessi con gli enzimi attraverso un attacco nucleofilico degli atomi di zolfo chelanti, ristabilendo la struttura di partenza dell‟enzima stesso e proteggendo così i tessuti sani senza inibire l‟effetto antitumorale del farmaco. Partendo da tali considerazioni abbiamo sintetizzato in passato complessi di Pt(II), Pd(II), Au(III), Cu(II), Zn(II), Ru(III) con leganti ditiocarbammici con l‟obiettivo di ottenere composti con un aumentato indice chemioterapico rispetto al cisplatino, in termini di alta citotossicità e bassi effetti collaterali. Alcuni di tali complessi hanno presentato una significativa citotossicità sia in vitro su numerose linee cellulari anche cisplatino-resistenti, sia in vivo su diversi tipi di tumori sperimentali del topo. Sono stati inoltre eseguiti numerosi test biologici per testare la nefrotossicità di tali composti. Il complesso di tali verifiche sperimentali ci ha permesso di identificare alcuni complessi di Pt(II), Au(III), Ru(III) e Cu(III), caratterizzati da una ottima attività antitumorale, talvolta anche molto superiore al chemioterapico di riferimento, ed una minima se non addirittura inesistente nefrotossicità. 1)COMPLESSI DITIOCARBAMMICI DI AU(III) CON DI- E TRIPEPTIDI Negli ultimi anni, nel nostro gruppo di ricerca sono stati sintetizzati alcuni nuovi complessi ditiocarbammici di Au(III), aventi una formula generale del tipo [AuX2(dtc)] (X = Cl, Br; dtc = legante ditiocarbammico), ideati in modo da riprodurre il più fedelmente possibile le caratteristiche strutturali principali del cisplatino. Tali composti hanno mostrato una attività in vitro, da una a quattro volte maggiore del cisplatino, nei confronti di cellule tumorali umane sia sensibili che resistenti al cisplatino, escludendo l‟insorgenza di resistenza crociata con il chemioterapico di riferimento. Inoltre, gli studi biologici intesi al chiarimento dei processi biochimici che stanno alla base dell'elevata attività dei nostri composti di oro, sono stati estesi alla valutazione del danno mitocondriale e all'inibizione dell'enzima tioredossina redattasi. Date le loro proprietà di elevata stabilità in soluzione, riproducibilità di sintesi e di promettente attività antineoplastica, tali composti sono stati sottoposti anche a studi di attività antitumorale, tossicità sistemica e nefrotossicità in vivo, portando a dei risultati estremamente positivi (dati non ancora pubblicati). Si è cercato anche di comprendere il meccanismo di induzione di morte cellulare di tali complessi studiando la loro influenza sul funzionamento della caspasi-3 e sulla formazione di ROS (specie radicaliche attive), coinvolti in diverse fasi del meccanismo di morte cellulare e nelle alterazioni di alcune proteine mitocondriali. Infine ne è stata valutata l‟attività inibitoria del Proteasoma correlata con l‟attività antineoplastica in vivo su un tumore xenografico mammario. Il proteasoma è un grosso complesso macromolecolare adibito alla degradazione di molte proteine mal costruite o non più utili al metabolismo cellulare, la cui azione è strettamente legata ai meccanismi di apoptosi della cellula. In particolare la sua inibizione porta alla morte delle cellule tumorali, risparmiando quelle sane, in molti tipi di colture cellulari, ed ha anche un effetto sulle cellule tumorali umane resistenti a diversi farmaci. L‟attività apoptotica relativa ai complessi [Au(ESDT)Br2] ed [Au(DMDT)Br2] è stata testata in base all‟attivazione delle caspasi-3, una classe di cistein-proteasi che, con meccanismo a cascata, vengono attivate in numerosi modelli di apoptosi. Tale misura è stata rilevata attraverso la percentuale di clivaggio del PARP (poli-ADP-ribosio-polimerasi) che viene operato dalle caspasi-3 attivate. Tale valutazione ha evidenziato che, contrariamente a quanto avviene per il cisplatino (usato come riferimento), il trattamento con i complessi di oro non registrata una corrispondenza diretta tra la morte cellulare e la percentuale di clivaggio. L‟attivazione della caspasi-3 pertanto, non sembra essere l‟unico meccanismo che porta alla morte cellulare, ma tali composti di oro devono 70 esercitare la loro capacità citotossica attraverso un qualche meccanismo alternativo. Gli studi per chiarire tale meccanismo sono stati indirizzati verso la valutazione della formazione di ROS, l‟interazione con proteine mitocondriali e citosoliche e l‟effetto sul potenziale di membrana mitocondriale ed hanno messo in evidenza una notevole inibizione della tioredossina reduttasi accompagnata da uno swelling della membrana mitocondriale. Tali studi sono stati eseguiti in collaborazione con il Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova, con l‟Istituto Oncologico Veneto e con l‟Istituto di Neuroscienze, Sezione di Biomembrane del CNR di Padova. La valutazione delle proprietà citotossiche in vitro e gli studi riguardanti l‟inibizione del proteasoma, sono tuttora in corso rispettivamente presso il National Cancer Institute di Bethesda (screening su 60 linee cellulari di tumori umani) e presso il Dipartimento di Patologia del Barbara Ann Karmanos Cancer Institute, Wayne State University di Detroit con il quale è attiva da anni una collaborazione scientifica. Gli studi di inibizione del proteasoma esercitata dai complessi in esame, eseguiti su estratti cellulari di tumore mammario, hanno evidenziato inoltre, come tali derivati di oro siano in grado di inibirne l‟attività già a concentrazioni nell‟ordine di 10 M.. Inoltre per uno di tali complessi è stato identificato il proteasoma come target primario sia in vitro che in vivo ed è stata riscontrata una capacità di inibizione della crescita tumorale di circa il 50%., su tumori xerografici, (tumori umani trapiantati su topi immunodepressi) dopo trattamento per 29 giorni con il composto in esame. Infine, gli studi condotti su leucemie mieloidi acute, in collaborazione con il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, hanno messo in evidenza come i nostri composti inducano solo modeste perturbazioni del ciclo cellulare a sostegno dell‟ipotesi che il meccanismo d‟azione sia diverso da quello presentato dai classici complessi di Pt(II). In seguito ai risultati così promettenti ottenuto con i complessi ditiocarbammici di Au(III) abbiamo esteso il progetto di ricerca allo studio di derivati di Au(III) con piccoli peptidi funzionalizzati per migliorare l‟uptake cellulare mantenendo immutate le caratteristiche chemioterapiche dei nostri complessi a base di zolfo. Tale progetto, iniziato quest‟anno, si propone di utilizzare derivati ditiocarbammici di- e tripeptidici di Au(III) come sistemi cooperativi con proteine di trasporto per l‟indirizzo selettivo verso la cellula tumorale, al fine di ottenere potenziali agenti antitumorali dotati di una elevata biodisponibilità mediata dai leganti peptidici stessi. Il fondamento logico sul quale si basa tale progetto è quello di disegnare complessi metallici in grado di conservare le proprietà antitumorali già mostrate da analoghi derivati precedentemente testati e, contemporaneamente, che siano dotati di una maggiore biodisponibilità mediata dai trasportatori di- e tripeptidici. L‟interesse di questa nuova classe di chemioterapici si basa sulla possibilità di trasportare il farmaco direttamente all‟interno della cellula tumorale incrementando l‟uptake cellulare e minimizzando l‟insorgenza degli effetti collaterali che in genere accompagnano le terapie antitumorali Risultati: - 1)Sono state portate a compimento le sintesi e caratterizzazioni mediante analisi elementare, spettroscopie FT-IR, UV-Vis NMR mono- e multidimensionale, analisi termica (TGA, DSC) e studi elettrochimici (CV, conducibilità) dei leganti dipeptidici e dei corrispondenti complessi di Au(III). - Essendo i complessi insolubili in acqua, sono state eseguite anche delle cinetiche in DMSO (attraverso spettroscopia 1H-NMR) al fine di accertare la stabilità dei complessi sintetizzati in tale solvente e di garantire che essi possono giungere intatti a contatto con le cellule tumorali - E‟ stata valutata la vitalità delle cellule metastatiche PC3 del carcinoma della prostata umana esposte a concentrazioni crescenti dei complessi in esame e sono stati calcolati i valori di IC 50. I risultati mostrano che l‟esposizione a concentrazioni crescenti di questi complessi provoca l‟inibizione della crescita in funzione della concentrazione iniettata con valori di IC 50 inferiori a quelli del cisplatino. E‟ stato inoltre valutato l‟effetto citotossico in vitro nei confronti delle cellule MDA-MB-231 di carcinoma mammario evidenziando che questi composti inibiscono efficacemente la crescita delle cellule tumorali, sono in grado di inibire l‟attività chimotriptica del proteasoma. e sono più attivi di derivati ditiocarbammici di Au(III) precedentemente testati. 71 2) DESIGN, SINTESI E CARATTERIZZAZIONE CHIMICA E BIOLOGICA IN VITRO ED IN VIVO DI COMPLESSI DI RU(II,III), CON CHELANTI CUMARINICI. Nella ricerca di potenziali antitumorali con attività superiore a quella del cisplatino e minore tossicità, grande attenzione hanno avuto i complessi di rutenio. Due sono i composti di rutenio più promettenti, entrambi in fase di sperimentazione clinica: il (HInd)trans-[RuIIICl4(Ind)2] (KP1019) e il (ImH) trans-[RuIIICl4(Im)(DMSO)] (NAMI). Questi composti sono simili strutturalmente, ma hanno uno spettro d‟azione differente: il primo ha una buona attività citotossica verso i tumori primari, mentre il secondo è un potente agente antimetastatico. Entrambi i composti agiscono come pro-farmaci e subiscono, solo nelle cellule tumorali, un‟attivazione per riduzione: la specie ridotta può legarsi al DNA, ma sembra che questo non sia il principale meccanismo d‟azione. Di grande interesse sono anche i composti del tipo ruthenium arene compounds che creano una lesione bifunzionale (di coordinazione e idrofobica) sul DNA che è alla base della loro elevata attività. Le furocumarine sono molecole tricicliche planari, di origine naturale, usate nel trattamento di disturbi dermatologici (terapia PUVA). Grazie alla loro struttura lipofila sono in grado di attraversare le membrane biologiche e raggiungere il nucleo dove si intercalano tra le basi del DNA. Dopo irradiazione con luce UVA, la molecola si attiva e può essere coinvolta in una reazione di fotoaddizione con le basi del DNA. La sintesi di complessi di rutenio con furocumarine potrebbe essere molto interessante dal punto di vista farmaceutico. La furocumarina potrebbe facilitare il direzionamento del composto verso il nucleo della cellula e quindi verso uno dei maggiori target biologici dei complessi metallici, il DNA. Inoltre, se necessario, si potrebbe irradiare il tessuto tumorale e attivare la furocumarina in modo da aggiungere una seconda lesione al DNA e aumentare, quindi, la citotossicità dell‟agente chemioterapico. Sulla base di queste considerazioni, sono stati sintetizzati alcuni complessi di rutenio con leganti di tipo cumarinico (le cumarine sono una classe di molecole naturali bicicliche) con lo scopo di mettere a punto i processi di sintesi e di estendere quindi lo studio ai derivati con furocumarine. - Risultati: Per la sintesi di questi composti si è partiti dalla sintesi di 3 precursori di rutenio diversi: Na[RuIIICl4(DMSO)2], mer-[RuIIICl3(DMSO)3] e cis-[RuIICl2(DMSO)4]. Tali precursori sono stati quindi usati nelle reazioni con le cumarine. Usando come legante l‟acido 3-cumarinico, opportunamente deprotonato, si sono ottenuti vari complessi di rutenio(III, II), in vari rapporti stechiometrici metallo/legante. Usando la 3-ciano-7-idrossi-4-metil-cumarina si è ottenuto un solo complesso di rutenio(II): [RuCl2(CNCum)2(DMSO)2] 2H2O. Tutti i composti sono stati caratterizzati mediante spettroscopia FT-IR, NMR, analisi elementari e termogravimetria e di alcuni è stata studiata la cinetica in soluzione. Alcuni di questi composti sono attualmente sottoposti a screening su cellule per valutarne l‟eventuale citotossicità. 3) BIOCONIUGAZIONE DI COMPLESSI DITIOCARBAMMICI A MOLECOLE PURINICHE PER LA DIAGNOSTICA ED IL TRATTAMENTO DEL CANCRO COLONRETTO In seguito a danno tessutale le cellule rilasciano ATP nello spazio extracellulare che agisce da fonte di adenosina. L‟aumento della concentrazione di adenosina produce condizioni ambientali favorevoli alla crescita tumorale quali protezione contro ischemia/ipossia, stimolazione di crescita ed angiogenesi, e soppressione della risposta immunitaria. L‟ATP rilasciato nei fluidi interstiziali è degradato per intervento dell‟ecto-enzima CD39 ad AMP che a sua volta viene metabolizzato ad adenosina da CD73 (ecto-5'-nucleotidasi) presente in diversi tipi di cellule e soprattutto sovraespressa nelle cellule tumorali. L‟accumulo di adenosina nel tumore riduce l‟espressione di ecto-ADA (adenosina deaminasi), enzima extracellulare che degrada l‟adenosina ad inosina, potenziando angiogenesi e proliferazione tumorale. Pertanto, considerando i molteplici effetti sui tumori e sul sistema immunitario, gli enzimi coinvolti nel metabolismo dell‟adenosina rappresentano un potenziale target biologico. In questo contesto i complessi ditiocarbammici di metalli possono rappresentare un‟interessante strategia per la cura dei tumori se coniugati a inibitori 72 enzimatici di CD73 o per la valutazione della presenza di uno stato infiammatorio (o lesione precancerosa), se coniugati ad ecto-ADA. Il progetto di ricerca è volto alla preparazione di chelanti bifunzionali ditiocarbammici/carbossilici aventi la funzione di linker tra metalli, quali Pt(II), Cu(II), Zn(II) (potenziali agenti chemioterapici per il trattamento di patologie tumorali), 99mTc(I) (radiotracciante per la diagnostica), e l‟ , -metileneadenosina-5'-difosfato (AOPCP, inibitore dell‟enzima CD73) o l‟eritro-9-(2-idrossi-3-nonil)-adenina (EHNA, inibitore dell‟enzima ecto-ADA). I complessi sintetizzati sono stati caratterizzati e sono in fase di valutazione sia come agenti antitumorali su cellule tumorali umane del colon-retto che come inibitori dell‟attività enzimatica di CD73 ed ectoADA. Saranno inoltre studiate le proprietà radiodiagnostiche dei corrispondenti derivati di tecnezio99m in collaborazione con il Prof. Mazzi del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università di Padova che ha messo a punto un‟interessante strategia sintetica per coniugare i complessi ditiocarbammici a biomolecole o analoghi con attività farmacologica attraverso la formazione di legami ammidici tra la coda carbossilica dei leganti ditiocarbammici e le biomolecole stesse. Risultati: - Sintesi e purificazione dei composti coniugati fra amminoacidi e metileneadenosina-5'-difosfato (AOPCP); - Sintesi, purificazione con HPLC e caratterizzazione tramite spettrometria di massa ed NMR di chelanti ditiocarbammici derivati dai bioconiugati con AOPCP; - sintesi, caratterizzazione e valutazione della stabilità chimica dei corrispondenti complessi di Pt(II), Cu(II) e Zn(II); - valutazione in vitro dell‟effetto inibitorio dell‟attività enzimatica di CD73 ed ecto-ADA, e dell‟attività antitumorale in linee cellulari provenienti da colture di cellule tumorali di colon umano dei complessi sintetizzati. 4) SVILUPPO DI NUOVI BIOSENSORI PER APPLICAZIONI CLINICHE ED IN PARTICOLARE PER LA RILEVAZIONE PRECOCE DI MARKER TUMORALI. Lo scopo di questo progetto di ricerca è lo sviluppo di nuovi biosensori per applicazioni cliniche ed in particolare per la rilevazione precoce di marker tumorali presenti nel sangue o nelle urine dei pazienti affetti da cancro al colon-retto. Tale forma di neoplasia è infatti molto comune e rappresenta la quarta causa di morte nel mondo; la diagnosi del tumore agli stadi iniziali è di fondamentale importanza e permette di ottenere risultati terapeutici migliori e di diminuirne i costi. Il nostro gruppo di ricerca sta cercando di mettere a punto un nuovo sistema diagnostico sfruttando test immunologici basati sulla chemiluminescenza (CHIA=Chemiluminescence ImmunoAssays). I protagonisti di questi test sono due partners proteici: l‟antigene specifico (Ag) da un lato, legato al tumore in esame, e il relativo anticorpo monoclonale (mAb) dall‟altro. Ciò che ci aspettiamo è di ottenere una variazione nel segnale di luminescenza ( o I) emesso dal campione (mAb+Ag) in seguito alla reazione di riconoscimento supramolecolare tra mAb e Ag. Dal momento che siamo interessati alla diagnosi precoce del cancro colon-rettale abbiamo scelto di lavorare con l‟anticorpo monoclonale CA19-9, estratto dalle cellule della milza di topi immunodepressi portatori dell‟adenocarcinoma del colon SW1116. Gli anticorpi sono immunoglobuline che consistono di due identiche catene polipeptidiche pesanti di circa 100kDa e due identiche catene leggere di circa 50 kDa, legate insieme da ponti disolfuro. Solo una regione della macromolecola è coinvolta nel legame con l‟antigene mentre una diversa regione funge da mediatore per le cosiddette funzioni effettrici; la prima regione è chiamata “regione variabile”, mentre l‟altra è la “regione costante”. Nel presente progetto prevediamo di inserire uno o più complessi di lantanidi specificatamente nella regione variabile dell‟anticorpo. I lantanidi e i loro composti offrono molti vantaggi rispetto alle molecole organiche comunemente usate come sonde fluorescenti (es. fluoresceina). Per esempio, essi presentano un sensibile spostamento di Stoke e una luminescenza persistente nell‟ordine dei ms e s. Noi ci aspettiamo che ci sia una alterazione delle proprietà di luminescenza dopo la formazione del complesso tra Ag e mAb dovuta a un cambiamento 73 nell‟interazione tra lo ione delle terre rare coinvolto e gli amminoacidi circostanti della macromolecola. Da un punto di vista chimico-fisico questa interazione è definita come Förster (o Fluorescenza) resonance energy transfer (FRET). Il FRET, che nel nostro caso chiameremo LRET (Luminescence resonance energy transfer), è un trasferimento di energia da un donatore (D) eccitato ad un accettore (A). La molecola del donatore eccitato può rilasciare l‟energia di eccitazione attraverso varie vie per ritornare nel suo stato fondamentale: l‟energia può essere dissipata nell‟ambiente sotto forma di calore o luce o trasferita direttamente alla seconda molecola di accettore, promuovendo quest‟ultimo ad uno stato eccitato. Tale processo è un‟interazione dipendente dalla distanza tra gli stati elettronici eccitati delle due molecole senza emissione fotonica. È di fatto il risultato di un‟interazione dipolo-dipolo a lungo raggio fra il donatore e l‟accettore. La molecola donatrice emette normalmente a piccole lunghezze d‟onda (es. nell‟ UV) che si sovrappongono a quelle caratteristiche dello spettro di assorbimento dell‟accettore. Un‟altra idea che portiamo avanti nelle nostre ricerche è legata alla sintesi di nuovi complessi di lantanidi intrinsecamente luminescenti a causa di un trasferimento di energia intramolecolare dal legante allo ione lantanidico centrale (Ln3+) per utilizzarli nei saggi LIA (Luminescence immunoassays) come bioconiugati agli Ab secondari. Anche in questo caso i vantaggi dell‟impiego dei lantanidi sopra menzionati possono risultare di fondamentale importanza in quanto vi è la possibilità di aumentare la sensibilità del test (aumento del segnale/rumore) grazie al loro caratteristico tempo di decadimento dallo stato eccitato piuttosto lungo (>100ns). Attualmente i tipi di immunotest più utilizzati in diagnostica oncologica sono i test ELISA (Enzyme-linked immunosorbent assay) il cui limite di rilevabilità (d.l.) è < 1U/mL e i cui risultati vengono ottenuti in circa quattro ore. In conclusione, l‟obiettivo della nostra ricerca, sia attraverso il primo approccio (CHIA) che il secondo (LIA), è quello di mettere a punto dei processi di rilevazione di marker tumorali caratterizzati da un d.l. inferiore ad 1U/mL oppure comunque basso ma ottenibile tramite una metodica più facile, meno costosa e più rapida. Risultati: La nostra ricerca è iniziata con la sintesi di complessi di lantanidi con diversi leganti. Ci siamo innanzitutto rivolti verso il samario (Sm 3+) e il praseodimio (Pr3+) in quanto poco studiati e pressoché non utilizzati nei saggi LIA ove notoriamente vi trova impiego l‟europio (Eu 3+). Il praseodimio, inoltre, è interessante per le sue proprietà di emissione nella regione del vicino IR, regione adatta alla trasmissione attraverso fibre ottiche che permettono il trasferimento a distanza di dati ad alta velocità. Di seguito sono riportati i diversi tipi di leganti usati nelle sintesi: 1. Derivati ditiocarbammici S N 2. S Derivati dall‟estere etilico della sarcosina S O H2 C N S H3CH2CO 74 3. Derivati dalla 3-ciano-7-idrossi-4-metil cumarina 5 4 3 10 6 CN 9 7 HO 2 O 8 O 1 7-hydroxy-4-methyl-2-oxo-2H-chromene-3-carbonitrile 4. Derivati dell‟acido 3- cumarinico 4 5 10 COOH 3 6 2 7 9 8 O O 1 2-oxo-2H-chromene-3-carboxylic acid I composti 1-4 sono stati sintetizzati, purificati e caratterizzati con tecniche di spettroscopia 1HNMR, FT-IR, analisi elementare ed analisi termo gravimetrica. Inoltre sono stati registrati gli spettri UV-Vis in etanolo ed acqua del legante 4 e dei suoi complessi di Sm e Pr. La solubilità in acqua per quest‟ultimi è risultata sfortunatamente molto bassa, tuttavia questo non dovrebbe creare problemi dal momento che le concentrazioni usate nella bioconiugazione sono dell‟ordine del M ed il complesso in fase solida passa in soluzione con il procedere della reazione La sintesi templata dei derivati del legante 2 è invece risultata piuttosto complessa per la formazione di composti cineticamente labili che hanno impedito l‟isolamento dei complessi metallici. Al contrario i derivati di Sm e Pr con il legante 3 sono stati isolati e sono al momento sottoposti a caratterizzazione. Abbiamo inoltre studiato a fondo la struttura e la sequenza dell‟anticorpo CA19-9 a livello biochimico. Sono state condotte numerose ricerche bibliografiche per risalire alla precisa sequenza dell‟anticorpo in esame ed è stata progettata una strategia di bioconiugazione. Attraverso il metodo di sintesi in fase solida (metodica di Sheppard) è stata sintetizzata una sequenza tetrapeptidica (SLSS, H2N-Ser-Leu-Ser-Ser-OH) con lo scopo di mimare il sito di binding dell‟anticorpo. Il peptide sintetizzato sarà di aiuto nella razionalizzazione delle condizioni di reazione più favorevoli alla bioconiugazione del complesso lantanidico alla biomolecola. Abbiamo progettato un metodo semplice per condurre la reazione sotto controllo cinetico, monitorando contestualmente l‟evoluzione della bioconiugazione attraverso l‟uso di un cromoforo in grado di attivare la reazione nucleofilica di binding. Parte 2. Sintesi e caratterizzazione chimica e biologica di complessi di metalli di transizione agenti antitumorali Cristina Marzano, Valentina Gandin I complessi di oro(I) sono attualmente impiegati nel trattamento di alcune forme di artrite reumatoide e di asma bronchiale, ma da tempo notevole interesse è rivolto allo studio delle loro proprietà antitumorali. Studi condotti in precedenza dimostrano che i complessi più promettenti, in termini di potenziale attività antiproliferativa, risultano i fosfinotiolati di oro(I), aventi struttura generale [Au(SR‟)(PR3)]. In quest‟ottica, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Dr. A. Bindoli del 75 Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova, abbiamo indagato il meccanismo dell‟azione antiproliferativa promossa da Auranofin nei confronti di una coppia di linee cellulari di adenocarcinoma ovarico umano sensibile (cellule 2008) e resistente al cis-platino (cellule C13*). Auranofin, già a concentrazioni nanomolari, si è dimostrato, in entrambe le linee testate, particolarmente efficace nel ridurre la proliferazione cellulare e, quindi, in grado di superare la resistenza mediata dal cis-platino. Studi di determinazione del rilascio dal compartimento mitocondriale al citosol del citocromo c, noto fattore proapoptotico cellulare, e di valutazione del grado di frammentazione del DNA nucleare suggeriscono, inoltre, che esso sia in grado di indurre morte cellulare per apoptosi. L‟attivazione della via apoptotica di morte cellulare è stata valutata anche mediante analisi di citofluorimetria a flusso. I risultati evidenziano come il trattamento con Auranofin induca un netto incremento della fase sub-G1 del ciclo cellulare in maniera tempo e dose dipendente e come tale caratteristico picco ipodiploide, indice della presenza di cellule apoptotiche nella popolazione in analisi, risulti maggiormente consistente nella linea cellulare resistente. Il trattamento con Auranofin, inoltre, induce un netto incremento nella produzione basale di H2O2, pur non intaccando, alle concentrazioni di utilizzo, la funzionalità di alcun complesso implicato nella respirazione cellulare. Questo risultato, quindi, sottolinea come la sua attività citotossica sia da correlarsi, piuttosto che ad un blocco della catena respiratoria, ad una alterazione dell‟omeostasi ossidoreduttiva cellulare. Ulteriori studi ci hanno permesso di concludere che sia la massiccia induzione di apoptosi che l‟enorme incremento dello stress ossidativo cellulare riscontrati in precedenza, non siano dovuti ad una interazione diretta con il DNA, diversamente da quanto avviene per i complessi a base di platino, ma possano essere attribuibili al blocco selettivo di uno dei principali sistemi tiolici di rimozione degli idroperossidi cellulari, ovvero la tioredossina reduttasi (TrxR). Questo enzima facente capo al sistema tiolico enzimatico della tioredossina (Trx) partecipa all‟equilibrio ossidoreduttivo cellulare e svolge un ruolo chiave nel metabolismo cellulare. La TrxR è un enzima flavoproteico appartiene alla famiglia delle piridin nucleotide disolfuro ossidoreduttasi che, a livello del carbossile terminale della proteina, presenta un‟estensione il cui penultimo aminoacido è una selenocisteina (SeCys). Proprio tale residuo sembra essere il sito di reazione preferenziale dell‟Au(I,III). Questo enzima esistente in diverse isoforme, tra cui quella mitocondriale e quella citosolica, attraverso il sistema tioredossina reduttasi/tioredossina/tioredossina perossidasi svolge un ruolo di fondamentale importanza in eventi come il cell-signaling, l‟apoptosi e la proliferazione cellulare, nella regolazione redox cellulare mediata dai tioli e partecipa alla detossificazione cellulare dagli idroperossidi, proteggendo la cellula dallo stress ossidativo. Tale sistema enzimatico è stato dimostrato essere sovraespresso in numerosi tipi di cellule tumorali e recentemente abbiamo verificato come l‟attività della TrxR risulti marcatamente aumentata in cellule C13* di adenocarcinoma ovario cis-platino resistenti. Allo stesso modo, risultati preliminari riguardanti l‟espressione proteica cellulare, ottenuti mediante analisi proteomica bidimensionale in fase fluida e successiva analisi ESI-MS/MS e bioinformatica condotti in collaborazione con la Dott. ssa A. Roveri del Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova e la M.P. Dott. ssa Vitale del Centro regionale indicatori biochimici di tumore di Venezia, confermano che numerose proteine facenti capo al sistema enzimatico della TrxR risultano marcatamente sovraespresse nelle cellule resistenti al cis-platino. Più di recente abbiamo valutato l‟attività citotossica indotta da Auranofin in seguito ad un pretrattamento delle cellule con dosi sub-letali di sodio selenito, poiché è risaputo che in elevate concentrazioni il selenio promuove a livello cellulare un‟induzione di stress ossidativo con conseguente frammentazione del DNA ed attivazione della via apoptotica di morte cellulare, mentre a basse dosi è un elemento essenziale capace di indurre l‟espressione delle selenoproteine. I risultati ottenuti evidenziano come la riduzione della vitalità cellulare promossa nel fenotipo sensibile al cis-platino risulti pressoché eguale sia per il solo trattamento con Auranofin che per la combinazione tra sodio selenito ed Auranofin. Al contrario, nella variante resistente al cis-platino il potere citotossico del fosfinotiolato di oro(I) è notevolmente aumentato dal co-trattamento con sodio selenito. Tale effetto sinergico viene inoltre confermato da studi di citofluorimentria a flusso, dove si osserva un effetto più che additivo nell‟aumento della popolazione cellulare in fase Sub-G1 in seguito a co-trattamento con sodio selenito ed Auranofin. Studi biochimici per la valutazione dell‟attività della TrxR nelle due 76 linee cellulari evidenziano come il trattamento con sodio selenito induca un notevole e selettivo incremento dell‟attività della TrxR (sia citosolica che mitocondriale) e come tale attività venga drasticamente ridotta in seguito a trattamento con Auranofin ma, comunque, non vi sia alcun effetto combinato tra il metalloide calcogeno ed il complesso fosfinico di oro(I) nel ridurre l‟attività di entrambe le isoforme enzimatiche. L‟espressione della TrxR, al contrario, sembra incrementata in maniera più che additiva dal co-trattamento con sodio selenito e Auranofin, a conferma dell‟effetto sinergico svolto dai due composti nell‟indurre un notevole stress cellulare. Studi di valutazione dello stato redox cellulare dimostrano come tale stress non sia riconducibile ad incremento della quantità intracellulare di perossido d‟idrogeno ma piuttosto ad un effetto più che additivo in termini di ossidazione della Trx, substrato d‟elezione della TrxR. Inoltre, mentre l‟ossidazione della Trx mediata da Auranofin è da correlarsi all‟inibizione della TrxR, l‟effetto indotto dal selenito sembra essere imputabile ad una diretta ossidazione del sistema ditiolico della Trx. In tal modo, la Trx ossidata direttamente dal selenito non potrebbe più essere ridotta dalla TrxR, poiché Auranofin inibisce irreversibilmente tale enzima. In base a queste considerazioni appare chiaro come il trattamento combinato di sodio selenito ed Auranofin possa aprire nuove ed interessanti prospettive sul fronte della chemioterapia antitumorale. Inoltre, poiché questi risultati supportano l‟ipotesi che la sovraespressione di tale sistema enzimatico sia implicata nel meccanismo di sviluppo di resistenza al cis-platino stesso e poichè tale sovrespressione sembra comune a molti altri tipi di cellule resistenti, la TrxR si conferma un promettente target per lo sviluppo di nuovi ed alternativi farmaci antitumorali. A tal proposito, in collaborazione con il gruppo di ricerca diretto dal Prof. Bjornstedt del Karolinska Institutet Hospital di Stoccolma, sono in corso studi preliminari al fine di valutare un eventuale impiego in terapia di farmaci a base di oro(I) in combinazione con composti a base di selenio, già in fase clinica I presso lo stesso istituto, per il trattamento di alcune aggressive forme di carcinoma polmonare. Sempre nell‟ambito di questa ricerca, al fine di caratterizzare eventuali relazioni struttura-attività per inibitori selettivi della TrxR, in collaborazione col gruppo del Prof. F. Tisato del ICIS-CNR di Padova, sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi complessi di oro(I) in cui è stata mantenuto il sintone della trietilfosfina, che da studi precedenti è risultato fondamentale per l‟attività citotossica. I complessi di oro(I) di nuova sintesi, testati su un ampio pannello di linee cellulari tumorali, hanno dimostrato di possedere un' attività antitumorale in vitro significativamente più elevata rispetto al cis-platino in tutte le linee considerate, dimostrandosi anche in grado di superare la resistenza al cisplatino e di non essere potenziali substrati per la MDR. Agendo come potenti e selettivi inibitori della TrxR, ma non della glutatione perossidasi e della glutatione reduttasi, tali composti stimolano un‟alterazione dello stato redox cellulare, con conseguente accumulo di specie reattive dell‟ossigeno, e inducono, quindi, morte cellulare mediante apoptosi, come testimoniato dall‟attivazione della caspasi-3, dall‟aumento della frammentazione internucleosomica del DNA cellulare nonché da studi di citofluorimetria a flusso che evidenziano un aumento della popolazione cellulare in fase Sub-G1. I risultati di queste ricerche hanno consentito di individuare tra i nuovi derivati un complesso particolarmente interessante che, in collaborazione con il Prof. Olle Brodin del Dipartimento di medicina nucleare del Karolinska Institutet, è attualmente oggetto di studi finalizzati a valutare la sua efficacia nei confronti di cellule di carcinoma polmonare opportunamente selezionate per la loro resistenti alla radiazioni γ, in cui la sovraespressione della TrxR gioca un ruolo chiave nello sviluppo di tale radio-resistenza. Sempre nell‟ambito della ricerca di nuovi complessi contenenti metalli diversi dal platino, che possiedano un‟attività antitumorale paragonabile al cis-platino accompagnata però da una minore tendenza allo sviluppo di farmacoresistenza e di effetti collaterali indesiderati, il nostro gruppo di ricerca, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. Carlo Santini dell‟Università di Camerino, si è indirizzato verso lo sviluppo e l‟analisi delle proprietà biologiche di nuovi complessi fosfinici idrosolubili di Cu(I). Il crescente interesse per tali tipi di complessi scaturisce dal fatto che il rame è, a differenza di altri metalli impiegati nella progettazione di agenti antiproliferativi metal-based, un elemento essenziale per gli esseri viventi in quanto fa parte di numerose attività enzimatiche che catalizzano reazioni ossidoriduttive. E‟ stato anche notato come vari complessi di rame presentino attività biologiche 77 interessanti poiché, a seconda dei leganti utilizzati, possono essere in grado di catalizzare la formazione di radicali oppure, viceversa, avere attività antiossidante. Precedenti studi in vitro hanno dimostrato come complessi difosfinici di Cu(I) contenenti leganti fenil-sostituiti (dppe, dppp e dppey) posseggano un ampio spettro di attività antitumorale e presentino un meccanismo d‟azione diverso da quello tipico del cis-platino, agendo principalmente come disaccoppianti della fosforilazione ossidativa nei mitocondri. A fronte di questa elevata attività antiproliferativa però, i complessi con i leganti dppe e dppp, a causa della presenza di diversi gruppi fenilici legati all‟atomo di P donatore, dimostrano possedere una pesante nefrotossicità e tossicità cardiovascolare in modelli animali, così da precludere i test clinici in pazienti umani. Nel tentativo di superare questo svantaggio, pur mantenendo la stabilità del complesso attraverso i legami Cu-P, sono stati sintetizzati complessi CuP4 parzialmente sostituiti nella sfera di coordinazione con leganti più idrofilici quali il legante diidrobis(3-nitro-1,2,4-triazolil)borato [H2B(tzNO2)2] e fosfine terziarie mono- e bidentate. Questi complessi di Cu(I) hanno dimostrato possedere una buona attività citotossica nei confronti di un vasto pannello di linee cellulari tumorali umane. La successiva sostituzione di questi leganti con tris(idrossimetil)fosfine idrofiliche ha poi consentito l‟ottenimento di specie solubili in acqua con migliori proprietà citotossiche. Gli studi effettuati ci hanno consentito di individuare il complesso di rame(I) ({Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 , Fig. 1) contenente quattro leganti tris(idrossimetil)fosfinici come il più attivo rispetto al farmaco di riferimento (cis-platino) nell‟inibire la proliferazione cellulare anche nei confronti di particolari coppie di linee cellulari tumorali selezionate per la loro resistenza sia al cis-platino che di tipo MDR. HO Fig.1. {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 HO OH P P OH OH HO Cu OH HO HO P P HO OH OH Da esperimenti di cell growth recovery condotti a diversa temperatura e di monitoraggio dell‟uptake cellulare eseguiti anche in co-presenza di cationi monovalenti (Ag) e bivalenti (Zn) è emerso che il meccanismo di accumulo intracellulare va facilmente incontro a saturazione, suggerendo l‟intervento di un trasporto di tipo ATP-dipendente che appare selettivo per cationi monovalenti, caratteristiche tipiche del trasportatore transmembrana hCtr1 del rame endogeno. Ulteriori studi sono in corso al fine di validare tale ipotesi. Mediante impiego di vari test colorimetrici abbiamo evidenziato come la citotossicità indotta da {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 sia dovuta ad un danno precoce al lisosoma, il quale porta poi all‟interno dell‟ambiente cellulare una serie di perturbazioni cui consegue la morte cellulare. Studi di citometria a flusso, svolti al fine di valutare un eventuale effetto promosso sulla distribuzione della popolazione cellulare nelle varie fasi del ciclo, indicano che il complesso fosfinico di rame(I) è in grado di indurre un elevato decremento tempo-dipendente della popolazione cellulare in fase G1 concomitante ad un incremento della fase G2/M, provocando, in tal modo, un arresto del ciclo cellulare in fase G2/M. Non vi sono, invece, sostanziali modificazioni della fase sub-G1. In particolare, i risultati ottenuti dal calcolo dell‟indice mitotico di cellule trattate attestano che il complesso di rame(I) riduce notevolmente, ed in maniera tempo dipendente, il numero di cellule capaci di completare la mitosi suggerendo l‟induzione di uno specifico blocco del ciclo cellulare in fase G2. Inoltre, sempre mediante studi di citometria a flusso, è stato possibile osservare come {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 promuova nella popolazione cellulare un notevole aumento delle dimensioni e della granulometria cellulari. Studi di colorazione ematossilina-eosina confermano quanto 78 verificato dagli studi di citometria, ovvero come le cellule trattate con il complesso di Cu(I) presentino una forma nettamente rotondeggiante e dimensioni decisamente maggiori rispetto alle cellule di controllo, con presenza di una intensa vacuolizzazione citoplasmatica. Infine, poiché i mitocondri sono organelli coinvolti in vari pathways molecolari responsabili della regolazione della risposta cellulare, per meglio caratterizzare la sequenza di eventi coinvolti nel signaling della morte cellulare innescata col complesso in esame, abbiamo verificato se vi fosse alterazione della funzionalità mitocondriale dopo trattamento con il complesso in esame. In particolare, attraverso l‟utilizzo della sonda fluorescente TMRM (tetrametilrodamina metil-estere) e studi di citometria a flusso sono state misurate eventuali variazioni del potenziale mitocondriale di membrana. I dati indicano che il trattamento con {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 induce una consistente iperpolarizzazione del potenziale mitocondriale che appare stabile fino alla fase finale del processo di morte cellulare impedendo, in tal modo, il rilascio di citocromo c. Inoltre, non si assiste ad alcuna attivazione della caspase-3 e della frammentazione internucleosomica del DNA nucleare, processi tipicamente imputabili all‟attivazione della cascata apoptotica di morte cellulare. Considerando tutti gli studi fino ad ora condotti con {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6, i risultati di attività antitumorale in vitro, i paramentri biochimici considerati e le caratteristiche morfologiche delle cellule trattate ci rimandano ad un caratteristico meccanismo di morte cellulare programmata (PCD) di tipo non apoptotico definita paraptosi. Poiché uno dei principali problemi nella terapia antitumorale è rappresentato dalla chemoresistenza, spesso associata ad un incremento di resistenza delle cellule neoplastiche all‟apoptosi, appare evidente come possa essere estremamente utile approfondire il meccanismo d‟azione di tali complessi in grado di indurre una forma di morte cellulare programmata alternativa. Parte 3. Ruolo dei leganti ancillari nella interazione di complessi analoghi al cisplatino con nucleobasi modello Bruno Longato, Diego Montagner Lo studio sistematico dell‟interazione di componenti il DNA, quali le nucleobasi, nei confronti di complessi di Pt(II) ha dimostrato come il sito di metallazione della biomolecola e la nuclearità degli addotti dipendano dai leganti ancillari esistenti nella sfera di coordinazione del centro metallico. In questo contesto, è stata esaminata la reattività dei complessi neutri cis-[L2Pt 1-MeTy(H) (ONO2)] (L= PMe3, PMe2Ph, PMePh2 e PPh3), contenenti i leganti anionici 1-metiltiminato e nitrato, nei confronti della nucleobase 1-metilcitosina (1-MeCy). In questi complessi entrambi gli ioni agiscono da leganti monodentati come appare dalla struttura ai raggi-X ottenuta per il derivato in cui L = PPh3 (Figura 1). Figura 1. Struttura molecolare di cis-[(PPh3)2Pt 1MeTy(-H) (ONO2)]. Distanze di legame (Å) and angoli (°): Pt-N(3) 2,050(6), Pt-O(1) 2.117(4), PtP(1) 2.227(2), Pt-P(2) 2.270(2), N(3)-Pt-O(1) 87.14(19), N(3)-Pt-P(1) 91.39(16), O(1)-Pt-P(2) 83.28(13), P(1)-Pt-P(2) 98.28(7), N(3)-Pt-P(2) 170.32(15), O(1)-Pt-P(1) 174.60(13), L‟aggiunta di un equivalente di 1-MeCy determina l‟immediata sostituzione del legante nitrato con formazione dei complessi misti cis-[L2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N3)]NO3, in cui entrambe le nucleobasi sono N(3)-coordinate. La stabilità di questi complessi, che sono stati isolati come composti puri quando L è PMe3 , PMePh2 e PPh3, appare dipendere fortemente dalla natura della fosfina. 79 Il complesso cis-[(PMe3)2Pt 1-MeTy(-H) (1-MeCy)]NO3, infatti, in soluzione di DMSO subisce un trasferimento protonico fra i leganti citosina e timinato che porta alla eliminazione quantitativa della timina e la contemporanea formazione di una miscela delle specie polinucleari cis-[(PMe3)2Pt 1-MeCy(-H) ]n(NO3)n (n = 2, 3), da noi precedentemente caratterizzate, contenenti la citosina N(4)-deprotonata che agisce da legante bidentato attraverso gli atomi N(3) e N(4), disponendosi a ponte fra i centri metallici. La presenza della fosfina PPh3 nel complesso cis-[(PPh3)2Pt 1-MeTy(-H) (1-MeCy, 3 N )]NO3, invece, induce una migrazione del metallo dall‟atomo N(3) della citosina a quello esociclico N(4) (specie A e B dello Schema), con formazione dell‟isomero cis-[(PPh3)2Pt 1-MeTy(H) (1-MeCy, N4)]NO3. Questa reazione di tautomerizzazione della nucleobase, che formalmente richiede la migrazione di M H NH2 N(4) M H (3)N N O N O CH3 N CH3 A B un protone dal gruppo NH2 all‟atomo di azoto in posizione 3 della citosina, avviene a temperatura ambiente in alcuni giorni e porta alla formazione di una miscela di isomeri che sono stati caratterizzati in soluzione, mediante NMR multinucleare, e in solido mediante diffrazione di raggiX su cristallo singolo. La cella unitaria mostra la presenza di due complessi, cristallograficamente indipendenti, corrispondenti ai due isomeri conformazionali osservati in soluzione, schematizzati in Figura 2. Rappresentazione schematica della struttura molecolare del catione cis-[(PPh3)2Pt 1MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N4)]+. A sinistra il conformero testa-testa, a destra il conformero testacoda. Nelle due conformazioni, il gruppo CH3 in posizione 1 della citosina e quello della timina sono dalla stessa parte (testa-testa) o parte opposta (testa-coda) rispetto al piano PtP2. L‟anello dell‟anione timinato è quasi ortogonale al piano di coordinazione del metallo (82.88°) mentre quello della citosina appare maggiormente piegato (78.6°), favorendo così le interazioni di legame idrogeno, come appare nella Figura 3. 80 Figura 3. Rappresentazione schematica dei legami idrogeno esistenti nel catione cis-[(PPh3)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N4)]+. Le peculiari proprietà dei leganti PPh3 nella stabilizzazione la forma imminica della citosina è stata confermata preparando il complesso contenente la fosfina PMePh2, cis-[(PMePh2)2Pt 1MeTy(-H) (ONO2)]. L‟aggiunta di un equivalente di 1-MeCy determina l‟immediata formazione del complesso misto cis[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N3)]+ in cui entrambe le nucleobasi, sulla base di misure 15N-1H HMBC, risultano N(3)coordinate. La diversa orientazione relativa delle nucleobasi rispetto al piano di coordinazione del metallo determina la presenza dei due isomeri testa-coda e testa-testa sotto riportati CH3 O + + N L H2N N (3) Pt Pt NH2 O L N (3) L N CH3 O O L (3)N (3)N O O CH3 CH3 N N H3C H3C hh ht L = PMePh2 e ben evidenziati nello spettro 31P 1H NMR (Figura 3), in cui essi appaiono come multipletti AB (rapporto relativo 1.5:1), parzialmente sovrapposti. Esperimenti NMR 31P- e 15N-eterocorrelati indicano che i due doppietti a campi bassi, aventi 1JPPt = 3249 Hz, sono attribuibili alla fosfina in trans al legante timinato. Figure 3. Spettro 31P 1H NMR (a 121 MHz, parte centrale) del complesso cis3 [(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H), N (1-MeCy, N3)]NO3 in CDCl3 at 25°C. A differenza di quanto osservato per l‟analogo complesso stabilizzato da PPh3, il catione cis-[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1MeCy, N3)]+ risulta stabile in soluzione di solventi clorurati. Solo in DMSO questa specie appare in equilibrio con una piccola quantità (< 5 %) del tautomero cis-[(PMePh2)2Pt 1-MeTy(-H), N3 (1-MeCy, N4)]+. 81 UNITA’ DI RICERCA DI PALERMO Direttore Scientifico: Prof. Lorenzo Pellerito L'attività scientifica dell‟unità locale di Palermo, come conseguenza della sua composizione, si è svolta nell‟ambito di quattro differenti tematiche di ricerca: 1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in vitro ed in vivo. 2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi. 3.Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale. 4. Indagini Archeometriche. 1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in vitro ed in vivo. Nell'ambito del progetto di ricerca proposto dall'unità di Palermo dal titolo "Nuovi complessi metallici ed organometallici con potenziale attività antiproliferativa: metodologie integrate di valutazione", l'attività di ricerca si è sviluppata lungo due diverse linee. La prima, preliminare al progetto, ha riguardato la sintesi, le indagini configurazionali allo stato solido ed in soluzione, mentre la seconda linea di ricerca ha riguardato l'attività citotossica di nuovi complessi metallici ed organometallici nei confronti di organismi modello. E‟ stato da noi dimostrato che due complessi della mesotetra(4-sulfonatofenil) porfinato (TPPS) , in particolare (Bu2Sn)2TPPS e (Bu3Sn)4TPPS, inducono apoptosi su cellule umane A375. Per capire come questi composti attivino tale meccanismo su cellule di melanoma abbiamo indagato uptake cellulare di MAPKs e di (Bu2Sn)2TPPS e (Bu3Sn)4TPPS. Esperimenti di Western blotting hanno mostrato l‟attivazione della proteina kinases ERK 1/2, JNK and p38 in cellule di melanoma tratteta econ 10 μM (Bu2Sn)2TPPS- and 1 μM (Bu3Sn)4TPPS, il che suggerisce che le tre MAP kinases sono coinvolte nella morte apoptotica delle cellule A375-trattate. Sono stati sintetizzati nuovi diorganostagno(IV), (R = Me, Bu), e triorganostagno(IV), (R = Me, Ph), derivati dell‟ antibiotico fosfomicina, [(1R,2S)-1,2-epossipropilfosfo nate]Na2 ,e la loro configurazione allo stato solido studiata mediante cristallografia a raggi X, FT-IR, e Mössbauer . L‟indagine ai raggi X sul bis[trimetilstagnol (IV)]-fosfomicina ha mostrato che geometria di coordinazione di tutti gli atomi di Sn è trigonale bipiramidale. La struttura del complesso forma un insolito reticolo planare a zig zag.Le indagini FT-IR e 119Sn Mössbauer hanno confermato la formazione di strutture molecolari trogonali bipiramidali, sia nei diorganostagno(IV) che triorganostagno(IV) derivati, anche se nel caso dei diorganostagno derivati non si può a priori escludere una struttura tetraedrica. La sintesi di polimeri di condensazione ottenuti da divinilstagno(IV) dicloruro e diallilstagno(IV) dicloruro con ciprofloxacina è stata effettuata impiegando un processo modificato di policondensazione interfacciale. I prodotti polimerici (DP sono circa 2,000) si formano rapidamente (in meno di 15 secondi) con una ottima resa. La spettroscopia IR mostra la formazione di legami Sn-O e Sn-N come previsto dalla struttura proposta. F-MALDI MS mostra frammenti ionici contenenti organostagno nella prevista abbondanza isotopica così come frammenti ionici contenenti sia organostagno che ciprofloxacina. I polimeri mostrano bassa tossicità nei confronti di cellule sane WI-38, con variabile tossicità nei confronti di alcune linee cellulari cancerogene. 83 Sono stati sintetizzati complessi R2Sn(IV)-D-aldonate [(R = Me, Bu; D-aldonate = D-galactonate2− (Galn), D-Gluconate2− (Glun), D-Gulonate2−(Guln),D-Ribonate2− (Ribn)], cinque dei quali sono di nuova derivazione, i quali sono stati caratterizzati allo stato solido ed in soluzione mediante spettroscopia FT- IR, 119Sn Mössbauer e 1H, 13C, 119Sn Le indagini mostrano che i leganti si comportano da agenti chelanti bianionici. In soluzione, i dati NMR suggeriscono che la chelazione bidentate si ottiene mediante l‟uso dell‟atomo di O del gruppo carbossilato ae dal vicinale atomo di O alcossidico, coordinazione che può essere anche estesa dinamicamente ad un terzo sito di legame che compete con il precedente. Nel complesso Me2Sn(IV)-D-gluconate un processo di auto-associazione porta da una specie dimera. Indagini istipatologiche condotte su differenti organi di Liza Saliens mostrano che i complessi dibutilstagno(IV)-D-aldonate, sebbene preservino il sistema immunitario, mostrano una tossicità specifica nei confronti di certe cellule ed organi Complessi tra adenosina e composti correlati (adenosina-5‟-monofosfato, adenosina-5‟-trifosfato e piridossal-5-fosfato) con Bu2SnO e/o BuSnCl2 sono stati preparati allo stato solido. la composizione dei complessi è stata determinata con metodi analitici standard e si è trovato che i complessi contengono la metà organostagno(IV) ed i ligandi nel rapporto 1 : 1. Gli spettri FT-IR dimostrano che Bu2SnO reagisce con la metà D-ribosio dei ligandi, mentre Bu2SnCl2 coordina al gruppo fosfato deprotonato. Il confronto del valore degli splitting di quadrupolo sperimentali, ottenuti mediante spettroscopia Mössbauer, con quelli calcolati sulle basi del formalismo a carica puntiforme ha mostrato che la metà organostagno ha una geometria Tbp ed in alcuni casi tetraedrica, Th. I complessi con adenosina contengono metàorganostagno con entrambe le strutture. Le strutture locali sono state determinate mediante misure EXAFS. Sono stati infine pubblicati 2 capitoli nei quali vengono riportati rispettivamente, indagini strutturali ed attività biologiche di complessi di organostagno(IV) e l‟applicazione della spettroscopia Mössbauer in indagini strutturali riguardanti polimeri contenenti metà organostagno(IV). 2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi. Conformemente alla attività svolta negli ultimi anni, sono stati effettuati studi di speciazione su sistemi complessi metallici e organometallici di interesse ambientale e biologico. In particolare: a) E‟ stato studiato il comportamento acido base della s-carbossimetil-L-cisteina (carbocisteina) noto farmaco utilizzato nelle affezioni dell‟apparato respiratorio,. In particolare è stata studiata la stabilità di specie complesse della carbocisteina con dimetil e trimetilstagno(IV). Al fine di definire il tipo di siti leganti coinvolti nella coordinazione, è stato effettuato uno studio analogo di complessazione degli stessi composti organometallici con acido glutammico la cui struttura è del tutto identica a quella della carbocisteina a meno dell‟atomo di zolfo. I risultati ottenuti, confrontati con i risultati ottenuti anche nello studio di interazione di trimetilstagno con cisteina, dimostrano che l‟atomo di zolfo della carbocisteina non partecipa alla coordinazione b) E‟ stato definito un modello di protonazione di leganti polielettrolitici policarbossilici di sintesi (poliacrilati e polimetacrilati di diverso peso molecolare) e di origine naturale (acidi umici, fulvici e acido alginico) secondo il quale ogni unità monometrica del polielettrolita si comporta come una unità dicarbossilica. I risultati ottenuti con questo modello (dicarboxylic-like model) confrontati con i risultati ottenuti con i classici modelli di Henderson-Hasselbach e di Höegfeldt sono in buon accordo e dimostrano la poosibilità di utilizzare il modello proposto con una notevole riduzione delle difficoltà nei calcoli. c) E‟ stato completato lo studio termodinamico sulla interazione di composti di mono-, di- e triorgano stagno(IV) con leganti policarbossilati a basso peso molecolare contenenti da 1 a 6 gruppi carbossilici per molecola. Il completamento dello studio ha consentito di trarre indicazioni sui parametri termodinamici di interazione e di formulare relazioni predittive sul comportamento della classe di leganti carbossilici. d) Sulla base dell‟esperienza acquisita sullo studio dei complessi deboli è stata pubblicata una review nella quale sono stati raccolti i risultati sulla stabilità di complessi di metalli alcalini e alcalino-terrosi con leganti organici e inorganici in soluzione acquosa. 84 e) Sono state iniziate le indagini sulla capacità di bioadsorbimento di polielettroliti di origine naturale (chitosano, pectina) nei confronti di ioni metallici e organometallici sia in soluzione acquosa che in fase gel. f) Nell‟ambito della collaborazione con il gruppo di Chimica dell‟Ambiente del Dipartimento di Chimica Inorganica e Analitica dell‟Università di Palermo sono stati effettuati studi di biomonitoraggio ambientale sul contenuto di IPA in varie matrici ambientali. 3. Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale L‟attività scientifica è stata indirizzata allo studio di macromolecole interagenti con fasi disperse in ambiente acquoso e in matrice solida basandosi su studi termodinamici accompagnati da indagini strutturali e spettroscopiche. L‟attività scientifica può essere così riassunta: 1) Sistemi auto-organizzati per la solubilizzazione di additivi idrofobi - Uno degli obiettivi fondamentali ha riguardato la progettazione di nanosistemi con proprietà solventi efficienti e a basso impatto ambientale. Pertanto, è stata studiata una nuova classe di tensioattivi polimerici, i.e. i copolimeri a blocchi caratterizzati da segmenti di idrofobia differente, e loro miscele con tensioattivi convenzionali. I copolimeri tri-blocchi sono il poli(etilene ossido)poli(propilene ossido)poli(etilene ossido) (PEO-PPO-PEO). Le microstrutture, risultanti dal loro processo di aggregazione, possono essere convenientemente modulate a livello molecolare variando il peso molecolare, la composizione e il rapporto idrofobo/idrofilo. Il duplice carattere polimerico e tensioattivo suggerisce che gli aggregati molecolari possano manifestare effetti sinergici nel processo di solubilizzazione o stabilizzazione i quali possono essere amplificati in presenza di un tensioattivo convenzionale. Il potere solubilizzante di detti sistemi è stato analizzato mediante diverse tecniche complementari. 2) Nanoparticelle disperse in mezzi acquosi- Il processo di adsorbimento all‟interfaccia solido/liquido è un fenomeno molto complesso influenzato da un grande numero di parametri quali il pH, concentrazione di additivo, temperatura, concentrazione e natura sia dell‟additivo sia del solido. Le interazioni solido/additivo sono state evidenziate mediante le proprietà termodinamiche e strutturali. Gli studi che hanno riguardato la sospensione acquosa di una nanoargilla (la Laponite) in presenza di agenti di capping quali i PEO-PPO-PEO e omopolimeri. E‟ stato, pertanto, effettuato uno studio viscosimetrico e di small angle neutron scattering (SANS). Un interessante confronto tra l‟adsorbimento di un tensioattivo convenzionale e uno macromolecolare all‟interfaccia solido/liquido è stato effettuato sulla base dello studio di dispersioni acquose di nanoparticelle di polistirene mediante le tecniche di diffusione dinamica della luce e calorimetria. L‟adsorbimento della macromolecola è di tipo Langmuir e genera strutture più complesse a concentrazioni di copolimero più elevate. Al contrario, il tensioattivo convenzionale si adsorbe in modo cooperativo all‟interfaccia polistirene/soluzione generando emimicelle. Lo studio di miscele tensioattivo/macromolecola in acqua in presenza di nanoparticelle disperse ha mostrato effetti sinergici nel processo di adsorbimento. 3) Nanocompositi costituiti da nanoargille- I nanocompositi sono materiali che esibiscono strutture uniche e proprietà straordinarie assenti nei tradizionali compositi (stabilità termica e meccanica, ridotta infiammabilità, proprietà di barriera, ecc.) caratterizzati dalla presenza di nanofillers. L‟attività di ricerca nel campo dei nanocompositi ha riguardato la sintesi e la caratterizzazione di nanomateriali costituiti da Laponite e macromolecole. Le matrici sono costituite da macromolecole di polietilene glicole (PEGs) a diverso peso molecolare e da PEO-PPO-PEO selezionati modulando il peso molecolare, a rapporto PEO/PPO costante, e l‟idrofilia. Gli esperimenti si sono basati sulle tecniche di calorimetria differenziale a scansione (DSC), termogravimetria (TGA), diffrazione a raggi X (XRD) e SANS. Studi di DSC e TGA a velocità variabili di riscaldamento/raffreddamento hanno permesso di studiare la cinetica del processo di cristallizzazione/degradazione dei nanocompositi. Esperimenti SANS molto recenti hanno mostrato che la Laponite è alloggiata all‟interno della distribuzione lamellare di copolimeri e che elevate quantità di nanoargilla distruggono detta autoorganizzazione del copolimero. 85 4. Indagini Archeometriche. Nel campo delle indagini archeometriche è di primaria importanza l‟uso di tecniche non invasive. I neutroni, da questo punto di vista sono una sonda ideale, data la loro notevole penetrabilità e l‟esistenza di una serie di infrastrutture di ricerca di grande prestigio in Europa. Indagini strutturali su materiali di interesse Archeologico: i marmi bianchi Fra i compositi naturali di interesse archeologico, numerosi sono i materiali usati in edifici, monumenti e oggetti di interesse artistico e fra questi, particolarmente interessanti sono i marmi. Al momento non esiste un metodo unico per riconoscere la provenienza dei marmi, importante sia da un punto di vista puramente conoscitivo che da un punto di vista pratico. Partendo dall‟idea che uno studio accurato della tessitura dei marmi e della sua dinamica di invecchiamento potesse fornire la risposta al problema del riconoscimento e della localizzazione degli stessi, abbiamo applicato la tecnica combinata USANS-SANS ad una serie di campioni raccolti nelle zone di maggior interesse archeologico. I dati sono stati analizzati e sembrano conformi al modello gerarchico sviluppato. Inoltre gli stessi campioni sono stati iniziati studi mediante tecniche di Imaging di neutroni. I risultati preliminari ottenuti sono in fase di elaborazione. Indagini mediante Tomografia neutronica e radiografia neutronica di reperti archeologici provenienti da relitti sommersi. Di recente si è iniziato uno studio tendente a valutare la possibilità di usare moderne tecniche di Neutron Imaging a reperti fortemente concrezionati. Ai primi risultati riguardanti lo studio di oggetti metallici fortemente concrezionati ha fatto seguito uno studio su legni degradati artificialmente al fine di mettere a punto metodi e materiali di trattamento ottimizzati. Struttura e termodinamica di miscele di fluidi ionici e non ionici Sistemi a più componenti rivestono particolare importanza dal punto di vista tecnologico e sono presenti in diversi fenomeni naturali. Le proprietà di tali sistemi sono spesso caratterizzate da fenomeni di separazione di fase che possono essere indotti da cambiamenti in temperatura e/o pressione. Ne consegue che la caratterizzazione strutturale e una conoscenza del diagramma di fase di una miscela a più componenti è condizione necessaria per lo sviluppo di modelli interpretativi. Per quel che riguarda la simulazione di fluidi ionici in estreme condizioni di temperatura e pressione che simulino condizioni near- e super- critiche si è proseguito nella linea intrapresa lo scorso anno finanziario. Sono stati analizzati dati di scattering di neutroni ai grandi angoli su miscele critiche H2O-CO2. Inoltre sono stati pubblicati i risultati dell‟analisi di dati SANS di gel di PVA ottenuti mediante Cryotropic Gelation. 86 UNITA’ DI RICERCA DI PARMA Direttore Scientifico: Prof.ssa Marisa Ferrari Belicchi Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell‟anno 2008 relativamente alle varie tematiche di ricerca. Studio termodinamico in soluzione di complessi macrociclici di rame(II) per applicazioni biomediche L‟Unità di Parma ha avviato uno studio in soluzione dei complessi di rame(II) con leganti macrociclici in collaborazione con il gruppo del Prof. Carlo Santini dell‟Unità di Camerino, che ne ha condotto la sintesi. Questi complessi hanno interesse biomedico per la preparazione di composti contenenti 64Cu per PET e radioterapia. I leganti sono riportati nello schema che segue: O - O O O + + NH2 N H2 S S O + - O NEC-SE, H2L1 O + NH2 N H2 S S O NEC-SP, H2L2 Il lavoro in via di realizzazione dall‟Unità di Parma riguarda lo studio termodinamico della formazione dei complessi di rame(II) con questi leganti, e la determinazione della speciazione in soluzione acquosa. Lo studio mediante potenziometria del sistema Cu2+ / NEC-SE (H2L1) ha evidenziato che la formazione dei complessi con Cu2+ non presenta fenomeni di inerzia cinetica tipica dei complessi con leganti macrociclici. Ciò suggerisce che il legante H2L1 non incapsula Cu2+ all‟interno della cavità del macrociclo. Questa osservazione sembra essere confermata dai risultati dello studio potenziometrico e spettrofotometrico nel visibile. Diagramma di distribuzione del sistema Cu2+ / NEC-SE (H2L) in soluzione acquosa (Cu/L = 1:1, CCu= 1.03 10-3 M) (H2L = H2L1) La coordinazione di Cu2+ ai due atomi di zolfo tioeterici avviene anche a basso pH in quanto l‟equilibrio non è protolitico, e ciò è giustificato dalla presenza nello spettro visibile di una banda a circa 678 nm assegnata alla transizione di carica S Cu2+. L‟ipotesi strutturale associata alla specie [CuLH2]2+ vede il Cu2+ coordinato agli atomi di zolfo, con un parziale contributo alla coordinazione degli atomi di ossigeno carbossilici. All‟aumentare del pH in un sistema Cu2+ / H2L1 1:1 (v. 87 diagramma di speciazione), la deprotonazione dei gruppi amminici è favorita dalla successiva coordinazione di questi al Cu2+ a giustificare la dissociazione dei due H+ legati, rispettivamente, alle ammine con pKa = 3.91(4) e 9.16(4) per [CuLH2]2+ e [CuLH]+. In particolare, questi valori dimostrano come la dissociazione del primo protone legato alle ammine sia estremamente favorita, mentre la seconda lo sia in misura molto minore. La valutazione delle costanti di stabilità, assieme alla valutazione dei parametri spettrali in assorbimento nel visibile, suggeriscono come ipotesi strutturale per la specie [CuLH]+ una coordinazione (S,S,N), con il secondo gruppo amminico del legante ancora protonato e la quarta posizione equatoriale di Cu2+ occupata da una molecola d‟acqua o da un ossigeno carbossilico. Per quanto riguarda la specie [CuL], la valutazione degli spettri nel visibile sembra escludere la coordinazione dei due atomi di zolfo tioeterici. L‟intensità della banda di assorbimento è infatti tipica di una semplice transizione d-d e non di una LMCT S Cu2+. Inoltre, la posizione del massimo della banda suggerisce una coordinazione (N2,O2) coinvolgente i due gruppi amminici e i due gruppi carbossilici piuttosto che un incapsulamento di Cu2+ nella cavità con coordinazione (N2,S2). Il complesso [CuL] è quindi soggetto a successiva deprotonazione di una molecola d‟acqua coordinata. Il valore della pKa per la formazione di [CuLH1] è 10.28(4), che rappresenta un valore intermedio fra le pKa generalmente presentate da complessi di rame(II) per la deprotonazione di molecola d‟acqua assiale (circa 9.8) ed equatoriale (circa 11). Il dato determinato suggerisce pertanto la presenza di entrambe le specie, una con un OH- assiale coordinato, e una con un OH- equatoriale a sostituire un gruppo carbossilico. Lo studio del sistema Cu/H2L1 per diversi rapporti metallo/legante ha mostrato che il legante H2L1 è in grado di legare fino a due ioni Cu2+, mentre come atteso la coordinazione di due molecole di legante a un solo ione rame(II) è sfavorita dalla natura macrociclica e dalle dimensioni del legante stesso. Va rimarcato il fatto che per rapporti 1:1, la specie predominante a pH fisiologico è [CuLH]+ e, come detto, dal presente studio sembra essere esclusa la sua natura di complesso macrociclico. Infine, è da notare che l‟assenza di effetti cinetici significativi osservabili per la formazione dei complessi di H2L1 ha permesso il loro studio mediante titolazioni potenziometriche e spettrofotometriche in cella, con tempi di raggiungimento dell‟equilibrio dell‟ordine dei secondi per ciascun punto della titolazione. Le costanti di stabilità elevate e la presenza di un fenomeno di complessazione non protolitico a bassi pH hanno comunque imposto l‟utilizzo di un legante competitore quale il trien al fine di poter effettuare lo studio di speciazione attraverso misure potenziometriche con elettrodo a vetro. Lo studio del sistema Cu2+ / NEC-SP (H2L2) ha evidenziato un marcato effetto cinetico nel raggiungimento dell‟equilibrio per la reazione di complessazione di rame(II) da parte del macrociclo a pH maggiore di 5, ed è in generale complicato dalla bassa solubilità in acqua del legante a pH acido e neutro. Questo comportamento ha impedito lo studio del sistema mediante titolazioni in cella, e pertanto si è iniziato uno studio mediante titolazione potenziometrica batch. Attualmente, sono in fase di studio le cinetiche relative alla complessazione, al fine di definire i tempi necessari per il raggiungimento dell‟equilibrio e quindi stabilire i tempi di attesa per potere effettuare le misurazioni potenziometriche e spettrofotometriche in campioni a diverso pH. Dati preliminari suggeriscono tuttavia un modello di speciazione analogo a quello osservato per H2L1, ma con costanti di stabilità più elevate di diversi ordini di grandezza. A differenza di H2L1, per H2L2 la specie predominante a pH fisiologico è [CuL], con dato preliminare di log β maggiore di 6 ordini di grandezza rispetto all‟analoga specie di H2L1. Questo dato, assieme all‟osservata inerzia cinetica, suggerisce una natura macrociclica per questo complesso. Approfondimento dei meccanismi di azione biologica di un nuovo complesso di nichelio con attività antiproliferativa Nell‟ambito del tema di ricerca riguardante lo studio di complessi di nichelio e di rame con tiosemicarbazoni, SN ed SNO chelanti, sono stati approfonditi gli studi in vitro sui meccanismi di azione che stanno alla base dell‟attività biologica esplicata dal complesso di Ni(II) con il tiosemicarbazone del citronellale (Htcitr) nella sua forma S ([Ni(S-tcitr)2]). Infatti la specie complessa contenente soltanto la forma S del legante mostra una più alta attività sulla linea cellulare leucemica umana U937 del complesso [Ni(R-tcitr)(S-tcitr)] sintetizzato partendo dalla forma R del citronellale. Il nuovo complesso [Ni(S-tcitr)2] è stato caratterizzato mediante analisi diffrattometrica 88 ai raggi X . Nell‟unità asimmetrica sono presenti quattro molecole indipendenti che differiscono tra loro per la conformazione della parte terminale idrofobica del legante. In tutte le molecole la geometria di coordinazione attorno all‟atomo di nichelio è quadrata planare tetraedricamente distorta e implica due molecole di legante SN bidentate (figura. 1 a lato). Le diverse conformazioni delle catene alifatiche del citronellale sono molto condizionate dalle esigenze di impacchettamento. Questo suggerisce che in un mezzo acquoso la flessibilità di queste unità può permettere l „avvolgimento di queste code idrofobiche attorno all‟atomo di nichelio favorendo il passaggio attraverso il doppio strato lipidico. Degna di nota è pure la presenza nell‟impacchettamento di legami idrogeno implicanti i gruppi amminici terminali e l‟azoto idrazinico deprotonato. Gli atomi implicati in questi legami idrogeno e le posizioni apicali libere sul metallo rappresentano i possibili punti di interazione del complesso con enzimi, acidi nucleici o altre molecole biologiche. E‟ stato anche determinato il coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua (log Pow) per il complesso e per il legante libero i cui valori sono rispettivamente 2.94 e 1.66. I risultati ottenuti dimostrano che il complesso presenta un miglior assorbimento da parte di membrane organiche rispetto al legante. Questo comportamento potrebbe essere giustificato dal fatto che nel complesso a natura molecolare con la coordinazione del metallo viene incrementato il ruolo apolare delle lunghe catene alifatiche. Dato che il complesso in esame ha mostrato un‟attività antiproliferativa sulla linea cellulare umana U937 di linfoma istiocitico (p53 mutata) a bassa concentrazione (IC50=14.4 M), sono stati compiuti studi sull‟interazione di questa molecola con vari componenti cellulari allo scopo di caratterizzare il pathway apoptotico. I risultati hanno mostrato che [Ni(S-tcitr)2] causa morte cellulare programmata via down-regulation della Bcl-2, alterazione del potenziale della membrana mitocondriale (figura 2) e dell‟attività della caspasi-3 (figura 3, sotto), indipendentemente dalla funzione p53. 89 Questo effetto è significativo poichè molti tipi di cellule cancerogene umane contengono mutazioni nel gene p53, un regolatore del checkpoint di apoptosi seguente l‟esposizione delle cellule a farmaci che danneggiano il DNA. Lo studio relativo all‟influenza sul ciclo cellulare ha permesso di rilevare che il complesso non è attivo su cellule in G0 (es. leucociti freschi), ma induce perturbazione del ciclo cellulare su linfociti stimolati e cellule U937, mostrando un incremento nella frazione in fase G2/M e una diminuzione delle cellule G0/G1. Il composto arriva al nucleo dove induce danno al DNA a bassa concentrazione (2.5-5.0 M) (figura 4, a lato) che potrebbe essere parzialmente dovuto a stress ossidativo ed inoltre riduce fortemente l‟attività dell‟enzima telomerasi. Per identificare la reale natura del danno al DNA sulle cellule U937 è stata impiegata una versione modificata del saggio COMET utilizzando specifiche glicosilasi (ENDO III) per rivelare le basi ossidate. Da questo saggio si è evidenziato un leggero danno ossidativo che non giustifica però l‟intera rottura del DNA, ma potrebbe rappresentare l‟innesco per la forte riduzione dell‟attività telomerasica che è stata osservata negli esperimenti in vitro ed in vivo Si può ipotizzare che il danno genotossico stesso o l‟eccessiva o l‟alterata riparazione del danno al DNA potrebbe produrre l‟osservata perturbazione del ciclo cellulare e l‟apoptosi attraverso la down-regulation di Bcl-2, l‟alterazione del potenziale della membrana mitocondriale e l‟attività caspasica. Altri esperimenti sono in corso per meglio identificare la natura dell‟interazione tra complesso e DNA (intercalazione, o alchilazione o entrambe) e il pathway di trasduzione dei segnali del danno al DNA ed anche per approfondire la correlazione tra struttura ed attività biologica di questo complesso di nichelio che potrebbe essere promettente come chemioterapico o essere un buon modello per la sintesi di nuovi complessi con tiosemicarbazoni che presentino specifiche proprietà biologiche. 90 UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA Direttore Scientifico: Prof. Luigi Casella Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella Studi su Metalloproteine e loro Modelli Attività scientifica Lo studio della modificazione post-traduzionale delle proteine come effetto dello stress ossidativo ci ha portato nel corso degli ultimi anni ad affrontare il problema della neurotossicità della dopammina, che in seguito ad un anormale accumulo nel citosol può dar luogo per ossidazione o autossidazione a chinoni reattivi (DAQ) in grado di reagire con residui nucleofilici delle proteine, quali cisteina e istidina. La modificazione con DAQ crea dei coniugati proteina-dopammina più reattivi della stessa dopammina, che possono a loro volta dar vita ad una sequenza di successive addizioni di residui dopamminici fino a generare dei veri e propri coniugati proteina-melanina, dove oligomeri di dopammina sono organizzati in una struttura melanica simile a quella generata enzimaticamente per ossidazione della tirosina nei melanosomi. La sequenza delle reazioni che producono questa modificazione covalente con residui di dopammina è stata caratterizzata in dettaglio nel caso della mioglobina, dove si è potuto dimostrare che già con una modificazione limitata di residui superficiali la proteina subisce una facile denaturazione ed aggregazione. La chimica generata sulle proteine dai prodotti di ossidazione della dopammina ha particolare rilevanza nella biosintesi della neuromelanina, che a differenza degli altri pigmenti melanici contiene una frazione proteica e anche una frazione lipidica significativa. Una caratterizzazione primaria di queste componenti della neuromelanina è stata completata in uno studio comparativo sui pigmenti ricavati da varie aree cerebrali, dove si è potuta dimostrare una essenziale analogia tra le neuromelanine generate dalla dopammina nella sostanza nera (neuroni dopaminergici) e in altre aree cerebrali come il locus ceruleus dove la neuromelanina è invece generata a partire da un altro neurotrasmettitore, l‟adrenalina (neuroni adrenergici). C‟è infine da notare che le neuromelanine contengono quantità rilevanti di ioni metallici, in particolare di ferro, il quale probabilmente contribuisce anche dal punto di vista strutturale al mantenimento della componente melanica. Il ferro legato alla neuromelanina si può schematicamente classificare come legato con alta e bassa affinità. Quest‟ultimo può essere rimosso più facilmente e quindi è più accessibile da chelanti esterni; esso manifesta inoltre un‟apprezzabile attività catalitica ossidativa. Il ferro legato invece con alta affinità è poco accessibile ed è anche poco reattivo, ma manifesta comunque anch‟esso una debole attività ossidativa verso substrati esterni. La complessazione del ferro nella melanina ne impedisce comunque l‟attività di formazione di radicali con meccanismo Fenton. Nel campo dello studio dei rame enzimi si è affrontata una nuova reattività della tirosinasi, che consiste nella sua capacità di ossigenare i solfuri organici ai corrispondenti solfossidi in presenza di un opportuno co-substrato. Questa reattività è stata descritta per la prima volta per la tirosinasi e documenta la sua potenzialità ad agire come una monossigenasi esterna, in maniera formalmente analoga a quanto avviene per gli enzimi della famiglia del citocromo P450 e della dopammina monossigenasi. L‟aspetto più interessante di questa reattività della tirosinasi dal punto di vista applicativo consiste nel fatto che il solfossido viene prodotto con elevato eccesso enantiomerico, il che dimostra l‟esistenza di un‟interazione specifica tra l‟enzima e il substrato, come avviene per i substrati fenolici naturali. Si è poi studiata la reattività di un enzima multinucleare di rame, la ossido nitroso riduttasi da Pseudomonas nautica, che catalizza la conversione di ossido di diazoto ad azoto molecolare, l‟ultimo passaggio della catena di reazioni enzimatiche che avvengono nel processo di denitrificazione batterica. Questo studio ha analizzato vari citocromi come possibili partner riducenti dell‟enzima e il riducente chimico metil viologeno, che viene normalmente utilizzato negli studi di attività in vitro. Tramite una estesa serie di studi cinetici, NMR e di meccaniva e dinamica molecolare si è potuto individuare tra questi il citocromo c552 come il più probabile partner naturale della ossido nitroso riduttasi. 91 Sono inoltre stati condotti nuovi studi su sistemi modello biomimetici della tirosinasi. In particolare è stato riportato per la prima volta un complesso binucleare di rame(I) in grado di formare a bassa temperatura un addotto con ossigeno di tipo bis( -osso)rame(III) il quale si mostra attivo nella ossidrilazione di substrati fenolici a catecolici. A bassa temperatura si è potuto dimostrare il legame del substrato fenolico al nucleo Cu2O2 come stadio che precede il trasferimento di ossigeno, infatti con l‟aggiunta del substrato fenolico si ha la comparsa di una banda di trasferimento di carica a circa 560 nm. I parametri cinetici di attivazione della reazione, dedotti da studi a temperatura variabile sono tutto sommato confrontabili ai dati ottenuti in precedenza dal nostro gruppo per la reazione di ossidrilazione di fenoli da parte di un complesso con ossigeno di tipo -perossodirame(II), ma entrambi sono significativamente differenti da quelli della reazione enzimatica. Quindi si può dedurre che mentre i sistemi modello sono in grado di riprodurre la reattività dell‟ enzima, il meccanismo con cui avvengono le reazioni differisce nei dettagli della sequenza di atti molecolari da quello dell‟enzima. In uno studio parallelo si è mostrato come un‟attività fenolo monossigenasica sia esibita anche da un complesso trinucleare di rame. Anche se in questo caso non si è potuto caratterizzare a bassa temperatura un addotto rame-ossigeno, che è evidentemente troppo poco stabile, è probabile che questo coinvolga due soli dei tre atomi metallici, riconducendo la reattività del complesso trinucleare a quella dei sistemi dinucleari. Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi Attività scientifica L‟attività di ricerca del progetto è stata rivolta (i) alla sintesi di nuovi recettori e sensori per piccole molecole e anioni e (ii) allo studio delle interazioni tra recettore e substrato. (i) nuovi recettori e sensori E‟ stato preparato un tipo di recettore a tripode, in grado di stabilire interazioni particolarmente forti con il substrato grazie alla capacità di offrire ben 6 legami a idrogeno, che è stato impiegato per il riconoscimento di anioni alogenuro e ossigenati in MeCN, dimostrandosi specifico per il cloruro in presenza di fluoruro e bromuro. Un recettore chirale per anioni è stato ottenuto partendo dal cicloesano 1,2-disostituito: questo gruppo esiste nelle forme enantiomere R,R e S,S ed è stato unito a due subunità 4-nitrofenilurea, per dare un recettore capace di interagire con vari tipi di anioni, quali carbossilati e fosfati. Il riconoscimento viene segnalato dal cambiamento delle caratteristiche spettrali del cromoforo nitrobenzene in presenza di interazione con gli anioni. In particolare, la forma S,S del recettore si è dimostrata specifica per l‟anione D-2,3-glicerofosfato, la cui costante di associazione è doppia rispetto a quella della forma R,R. Infine, è stato preparato un nuovo tipo di recettore per anioni, basato sull‟interazione con frammenti protonati e attivato da uno scambio redox, p. es. CuII/CuI. Il recettore è specifico per il nitrato Nell‟esempio riportato, il recettore di anioni a due compartimenti lega lo ione nitrato (X-, sfera gialla) tramite il centro metallico CuII (sfera azzurra, con forte preferenza per la pentacoordinazione); a seguito della riduzione elettrochimica a CuI (sfera rossa, coordinativamente saturo nel complesso CuI(bpy)2+), il nitrato si sposta, con un veloce processo reversibile, nell‟adiacente 92 compartimento bis-imidazolio, dove profitta di interazioni legame a idrogeno. Anioni diversi non possono dare lo stesso processo, in quanto demetallano il complesso di CuI. (ii) studio delle interazioni tra recettore e substrato Altri studi hanno riguardato la natura delle interazioni tra frammenti di vario tipo impiegabili quali recettori e i rispettivi substrati. In particolare, è stato considerato il comportamento della 1,3-bis(4-nitrofenil)urea, che interagisce formando legami a idrogeno con una varietà di ossoanioni in soluzione di MeCN a dare addotti 1:1 di stabilità decrescente con la basicità dell‟anione. La natura dell‟interazione a ponte di idrogeno tra urea e acetato è stata dimostrata dall‟isolamento in forma cristallina dell‟addotto sotto forma del sale di tetrabutilammonio e dalla determinazione della struttura molecolare. Si è inoltre osservato che il fluoruro forma inizialmente legami a idrogeno nell‟addotto 1:1, mentre l‟aggiunta di un secondo equivalente porta alla deprotonazione dell‟urea con formazione di HF2-. 93 UNITA’ DI RICERCA DEL PIEMONTE ORIENTALE Direttore Scientifico: Prof. Domenico Osella L’attività di ricerca si inquadra nelle sezioni tematiche “a” (Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari) ,”d” (Biosensori e biostrumentazione) ed “e” (Nuovi farmaci inorganici in oncologia) del Consorzio CIRCMSB. Agenti di contrasto per MRI (tematica a). La Risonanza Magnetica Nucleare per Immagini (MRI) è una tecnica diagnostica ampiamente collaudata nella pratica clinica, ove decine di milioni di analisi MRI vengono annualmente praticate per individuare patologie di vario tipo. La potenzialità diagnostica dell‟MRI è ulteriormente incrementata dall‟impiego in circa un terzo delle procedure di opportuni agenti di contrasto. Questi ultimi sono derivati inorganici esogeni paramagnetici, tipicamente rappresentati da sistemi particolati a base di ferro o da complessi di manganese o di determinati lantanidi. La ricerca è stata focalizzata in particolare su questi ultimi. L‟efficienza di complessi di ioni metallici paramagnetici (definita come “rilassività”) è strettamente correlata ad una serie di parametri strutturali e dinamici della molecola. Le relazioni in gioco sono descritte da un set di equazioni che consentono di teorizzare rilassività elevatissime per complessi con parametri adeguatamente ottimizzati. Fino ad ora è risultato estremamente arduo approssimarsi all‟optimum teorico con un complesso stabile e praticamente realizzabile. Altri importanti obiettivi per la ricerca sugli agenti di contrasto sono riassumibili nelle auspicate possibilità: i) di indirizzare i complessi paramagnetici verso tessuti e organi specifici (targeting), permettendo una somministrazione più ridotta e mirata dell‟agente di contrasto stesso e aumentandone di conseguenza la potenzialità diagnostica; ii) di rendere l‟efficienza degli agenti di contrasto dipendente da grandezze chimiche o fisiche (temperatura, pH, presenza e concentrazione di una determinata specie chimica (“Molecular Imaging”)) utili per aggiungere informazioni diagnostiche alle immagini già ottenibili. L‟attività svolta in questo anno è stata indirizzata al raggiungimento di tali obiettivi. Leganti AAZTA-like Come emerso dalle ricerche svolte negli anni precedenti, il legante AAZTA forma un complesso di Gd3+ in possesso di caratteristiche ottimali per lo sviluppo di agenti di contrasto ad elevata efficienza, in quanto stabile in vivo e non tossico anche a dosi molto superiori a quelle impiegabili e in possesso di una buona rilassività, conseguenza della presenza di due molecole di acqua coordinate e di una elevata velocità di scambio delle stesse. Un derivato lipofilo di AAZTA in grado di formare micelle e di interagire con l‟albumina del siero (HSA) ha portato al raggiungimento di valori di rilassività vicini al limite teorico. E‟ stato quindi progettato e sintetizzato un legante AAZTA-like lipofilo, caratterizzato da una coppia di catene alchiliche in grado di formare micelle stabili. Queste micelle paramagnetiche anioniche sono state impiegate per effettuare con successo un nuovo procotollo di labelling cellulare, attraverso l‟impiego di un poliamminoacido cationico che media l‟adesione della supramolecola paramagnetica alla membrana cellulare.1 Si è ritenuto necessario studiare più a fondo le ragioni strutturali delle interessanti peculiarità del complesso base Gd-AAZTA ed i presupposti legati all‟offerta stereoelettronica da parte del legante AAZTA stesso. Queste due specie chimiche sono state preparate e purificate, ottenendo in opportune condizioni cristalli adatti all‟analisi diffrattometrica ai raggi X.2 Il legante si mostra in forma zwitterionica, con due gruppi carbossilici deprotonati e due atomi di azoto protonati. Il complesso cristallizza in forma dimerica con il lantanide decacoordinato; curiosamente il legante occupa solo poco più di un emisfero di coordinazione del metallo, ed è stato inoltre possibile individuare la posizione delle molecole di acqua di coordinazione. 95 Agenti di contrasto liposomiali L‟inclusione di complessi di lantanidi paramagnetici in formulazioni liposomiali è alla base della preparazione di agenti di contrasto Lipo-CEST (Chemical Exchange Saturation Transfer) la cui sensibilità è in molti casi nettamente superiore rispetto ad agenti CEST classici. Lo studio di questi sistemi è proseguito in questo anno con la sintesi di un nuovo legante lipofilo, basato su uno scheletro triazindiidrazinotetraacetico, i cui complessi di lantanidi sono stati inclusi in liposomi anisotropi e confrontati con liposomi derivanti da leganti idrofili e lipofili noti. Da questo studio dettagliato è emerso come l‟anisotropia della suscettività magnetica in tali liposomi sia funzione non solo della natura del lantanide ma anche delle caratteristiche strutturali dei complessi e della disposizione dei sostituenti lipofili.3 In un analogo studio volto alla determinazione della dinamica dell‟acqua in sistemi liposomiali paramagnetici, si è dimostrato come la permeabilità all‟acqua del doppio strato lipidico dipenda dalla struttura del legante. L‟inclusione nel doppio strato lipidico di complessi lipofili di lantanio di derivati di DTPA e DOTA contenenti ciascuno due catene lipofile riduce la permeabilità, mentre aumenta se viene incluso un analogo complesso formato con una nuova tetraammide lipofila di DOTA.4 Altri agenti di contrasto La ricerca nell‟anno 2008 è stata anche rivolta ad aspetti più prettamente esplorativi, rivolgendo l‟attenzione alla preparazione ed alla caratterizzazione di nuovi leganti e nuovi sistemi paramagnetici da impiegare come agenti di contrasto. A prosecuzione di alcuni studi preliminari dell‟anno precedente, sono stati sintetizzati altri leganti EGTA-like, nei quali l‟unità ossietilenica centrale del legante base è fusa con anelli aromatici o poliaromatici. La modifica, volta all‟irrigidimento strutturale del legante base, ha determinato complessi con rilassività aumentata rispetto al legante EGTA. Sono state quindi determinate le costanti di protonazione dei suddetti leganti e la costanti di complessazione nei confronti di alcuni lantanidi e metalli alcalino-terrosi. Ciò ha permesso di ricavare un quadro dettagliato della capacità coordinante di tali areno-EGTA e di attestare gli effetti della modifica strutturale attraverso il confronto con il legante base EGTA.5 In un altro lavoro sono stati preparati derivati EGTA-like contenenti 1,2 e 4 gruppi fosfonici al posto dei corrispondenti gruppi acetici e ne sono state analizzate le proprieta‟ rilassometriche dei complessi di Gd(III). In particolare è stata messa in evidenza la dipendenza dell‟idratazione dei complessi dal grado di sostituzione (q = 0/1) e la presenza di un notevole contributo del meccanismo di seconda sfera alla relassività globale.8 Infine, è stato studiato il complesso di Cu(II) con il legante EBTA (H4EBTA = 1,2-bis(2aminoethoxy)benzene-N,N,N‟,N‟-tetraacetic acid) sia in soluzione che allo stato solido. E‟ stata determinata la struttura ai raggi X del complesso che presenta una interessante forma dimerica in cui i cationi sono caratterizzati da una geometria ottaedrica di coordinazione. Inoltre si sono studiate le costanti termodinamiche di stabilità di EBTA con Cu(II) e Zn(II) al fine di valutare i possibili processi di transmetallazione tra il complesso di Gd(III) e questi ioni metallici.9 In un altro studio, in collaborazione con il gruppo di K. Raymond (Univ. of California, Berkeley), sono stati sintetizzati 4 nuovi chelanti basati sull‟unità 1,2-idrossipiridinone e ne sono stati studiati in dettaglio i complessi di Gd(III) in soluzione acquosa, determinandone le costanti di stabilità condizionali e la relassività in funzione di pH, temperatura e campo magnetico.11 Un nuovo legante poliamminopolicarbossilico è stato progettato e realizzato basandosi sullo scheletro norbornanico sul quale sono state impiantate in posizione endo,endo-2,5 due unità imminodiacetiche (NorDATA). La assoluta rigidità stereochimica del sistema biciclico appare particolarmente favorevole per la formazione di chelati stabili con metalli di interesse diagnostico/terapeutico. Sul legante sintetizzato sono state effettuate misure potenziometriche per determinare le costanti di protonazione e la capacità complessante nei confronti di una selezionata serie di ioni metallici di interesse (Mg2+, Ca2+, Cu2+, Zn2+, La3+, Ce3+, Nd3+, Gd3+, Er3+, Lu3+). Il legante NorDATA mostra affinità significative per Cu2+, Zn2+, mentre appare poco incline alla coordinazione di lantanidi, probabilmente a causa di una cavità coordinante di dimensioni ridotte.6 96 Un agente di contrasto particolarmente innovativo è stato inoltre preparato sfruttando le inusuali proprietà paramagnetiche di ossidi di gadolinio inclusi in nanosistemi grafenici (nanocapsule). Una originale preparazione a partire da acidi umici e la loro funzionalizzazione realizzata attraverso la reazione di arilazione con sali di diazonio idrofili ha consentito di ricavare idrodispersioni stabili di tali sistemi paramagnetici. Questi ultimi hanno manifestato un significativo effetto di rilassamento trasversale, candidandosi come ottimi agenti di contrasto T2, ma anche come potenziali agenti duali per diagnostica (MRI) e terapia (NCT, Neutron Capture Therapy), sfruttando l‟elevato carico di ioni atomi di Gd all‟interno della nanocapsula.8 Al fine di incrementare notevolmente la sensibilità delle sonde MRI si stanno valutando attualmente particelle nanometriche per l‟ancoraggio ed il trasporto di un elevato di complessi di Gd(III). A tale scopo in quest‟anno abbiamo studiato 2 casi: a) complessi HOPO-like ancorati sulle superfici interna o esterna di capsidi virali, studiandone a fondo le proprietà rilassometriche per una ottimizzazione ad hoc di questi sistemi;10 b) nanoparticelle di silice mesoporosa funzionalizzate con complessi DOTA-monoamidici dui Gd(III) sia sulla superficie esterna che nelle cavità interne dei pori.12 Biosensori e biostrumentazione (tematica d). I biosensori sono dispositivi analitici innovativi costituiti da un elemento biologico responsabile del riconoscimento molecolare in intimo contatto con un trasduttore di segnale. Tali dispositivi sono proposti come sistemi rapidi di analisi per le più diverse problematiche che spaziano dall‟analisi ambientale, alla diagnostica clinica ed allo studio di base dell‟interazione farmaci-biomolecole. In particolare nei nostri laboratori sono stati sviluppati biosensori costituiti da DNA (ss- o ds-DNA) come recettore in intimo contatto con un trasduttore di segnale elettrochimico (la cella elettrochimica è una striscia serigrafata monouso di dimensioni estremamente ridotte, Figura 1). La tecnica si basa sull‟osservazione del segnale di ossidazione delle guanine del DNA adsorbito sulla superficie dell‟elettrodo. Qualsiasi sostanza che interagisce direttamente con esse o nelle sue vicinanze (attraverso legame covalente o intercalazione) modifica il comportamento redox delle basi e, di conseguenza, l‟intensità del segnale. La valutazione di tale interazione può aiutare a stabilire se il DNA può rappresentare il bersaglio d‟elezione per un farmaco antitumorale, ma anche a stimare il rischio collegato all‟uso o alla presenza in un certo ambiente di sostanze potenzialmente pericolose e predire la possibilità di effetti tossici e danno al DNA. Figura 1 Il biosensore elettrochimico è stato testato con diversi complessi metallici di affermata o potenziale attività antitumorale (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino ed altri complessi di Pt(II), ma anche complessi di Ru e Ti) per avere informazioni semi-quantitative sulla loro farmacocinetica, il comportamento in soluzione, l‟effetto di massa svolto da altre sostanze presenti in soluzione, e l‟affinità con la biomacromolecola. In particolare sono stati eseguiti recentemente studi sull‟effetto del sistema tampone carbonato sull‟attivazione dei complessi tipo cisplatino. E‟ ben noto che la formazione dei legami intrastand Pt-purine sulla doppia elica del DNA necessita la sostituzione di due cloruri con molecole d‟acqua. Tuttavia è stata ipotizzata la formazione di intermedi con altri anioni, come carbonati (che costituiscono per importanza il secondo sistema tampone nel corpo umano), acetati, fosfati, o tiolati. I risultati ottenuti confermano che gli ioni carbonato aumentano in modo significativo l‟interazione tra cisplatino, carboplatine ed oxaliplatino con il DNA. Oltre che in campo farmacologico, i biosensori trovano impiego negli studi ecotossicologici per verificare il possibile effetto genotossico di metalli di transizione e loro composti. Lo studio sia di sistemi modello che di sistemi reali hanno mostrato sempre ottime correlazioni tra i risultati elettrochimici ed i classici test di genotossicità. Il metodo proposto può completare ed affiancare i test classici di ecological/environmental risk assessment e quindi funzionare da pre-screening per la valutazione preventiva (economica e rapida) dei campioni da inviare poi all‟analisi ecotossicologica. 97 Nuovi farmaci inorganici in oncologia (tematica e) Farmaci antitumorali a base di Pt(IV) È generalmente accettata l‟ipotesi secondo la quale i complessi di Pt(IV) agiscono come profarmaci: la riduzione al corrispondente complesso di Pt(II), cineticamente più labile, sembra essere alla base dell‟attività antitumorale dei complessi di Pt(IV). In effetti, molti complessi di Pt(IV) sono attivati dall‟ambiente riducente (ipossico) del tessuto tumorale che converte il complesso ottaedrico di Pt(IV) nel corrispondente complesso planare-quadrato di Pt(II) tramite una riduzione a due elettroni e la perdita dei leganti assiali. Pertanto sia la facilità con cui un complesso si riduce che l‟efficacia dell‟analogo complesso di Pt(II) ne influenzeranno l‟attività biologica. La scelta dei leganti è quindi un punto chiave nel design di nuovi complessi di Pt(IV) per collocare il potenziale redox nella finestra biologica e per modulare la lipofilia del complesso stesso. L L In questo lavoro, sono state sintetizzate due serie di complessi di Pt(IV) O H3N Cl H3N O Pt Pt utilizzando il cisplatino e il nedaplatino rispettivamente come base H3N Cl H3N O L L equatoriale e variando invece i leganti assiali L (L = carbossilato, cloruro Figura 1: complessi e ossidrile). I complessi sintetizzati sono stati caratterizzati tramite sintetizzati l‟utilizzo di RP-HPLC ed NMR multinucleare. La citotossicità dei complessi è stata testata in vitro su linee cellulari A2780 (carcinoma ovarico umano) e HCT116 (coloncarcinoma umano); inoltre sono stati misurati i potenziali di riduzione di tutti i complessi. I valori di IC50 per il tumore del colon, pur essendo sempre maggiori dei valori del tumore dell‟ovaio, seguono lo stesso trend: complessi attivi su una linea cellulare sono attivi anche sull‟altra. È stata trovata una correlazione tra i potenziali di riduzione e la citotossicità: i complessi con potenziale di riduzione più positivo (più facilmente riducibili) sono quelli che hanno un effetto citotossico maggiore. Questi dati si accordano con l‟ipotesi dell‟attivazione come conseguenza della riduzione; tutti i complessi ridotti portano al medesimo complesso di Pt(II), quindi l‟attività dell‟analogo Pt(II) è la stessa per tutti i composti. Le differenze sono da imputarsi alla facilità o meno della riduzione, che sembra essere il parametro più influente. Inoltre sono stati presi in considerazione complessi con diversi leganti equatoriali ma con gruppi acetato come leganti assiali. I risultati sono analoghi a quelli precedenti, fatta eccezione per i complessi JM216 e trans-cis-cis-[Pt(IV)(Ac)2(DACH)(Cl)2], i cui i valori di IC50 per entrambe le linee cellulari sono molto bassi (migliori dello stesso cisplatino), nonostante i potenziali di riduzione nettamente negativi. È ipotizzabile che per questi complessi la riduzione non sia il meccanismo di attivazione seguito o comunque che non sia il solo meccanismo possibile. Anche il complesso destino biologico cui va incontro il JM216 nell‟organismo, formando tra le altre anche specie di Pt(IV), avvalora quest‟ipotesi. Sono attualmente in corso ulteriori studi su questi ed altri complessi di Pt(IV). Effetto combinato di ipertermia e farmaci antitumorali a base di platino. I complessi di platino inibiscono la crescita tumorale attraversando la membrana cellulare e reagendo con il DNA ma l‟esatto meccanismo con cui tali farmaci entrano o escono dalle cellule non è ancora stato completamente spiegato. Si pensa che essi entrino nelle cellule per diffusione passiva; l‟uptake del cisplatino è direttamente proporzionale alla sua concentrazione, non è inibito da analoghi strutturali e non giunge a saturazione. Inoltre l‟ipertermia aumenta l‟uptake, probabilmente perché aumenta la permeabilità della membrana cellulare. Studi recenti indicano che il trasporto di rame e platino all‟interno della cellula sono strettamente correlati, pertanto si ipotizza anche un certo coinvolgimento delle proteine trasportatrici del rame nell‟uptake di platino. Maggiori informazioni sull‟uptake cellulare possono fornire basi farmaceutiche per modulare l‟effetto antiproliferative dei farmaci stessi. L‟ipertermia è una tecnica usata per trattare varie forme di malattie ed esplica un‟azione citotossica in combinazione con la chemioterapia. I targets dell‟ipertermia nelle cellule sono: acidi nucleici, membrane cellulari, citoscheletro, DNA polimerasi, e altri enzimi che bloccano la sintesi di DNA o RNA. L‟ipertermia modifica molte proprietà fisiche delle membrane, specialmente la permeabilità e la fluidità. Sono stati proposti molti modi d‟interazione tra farmaci ed ipertermia: aumento dell‟uptake cellulare, alterazione della distribuzione cellulare del farmaco, alterazione del suo metabolismo, aumento delle lesioni al DNA, ed inibizione dei meccanismi di riparazione dei danni 98 al DNA. L‟aumento della citotossicità di molti farmaci dovuto al calore è stato ampiamente dimostrato ed è anche adottato in alcune applicazioni cliniche. Tra i complessi di Pt(II) il cisplatino mostra il maggiore incremento di citotossicità in combinazione con l‟ipertermia su diverse linee cellulari. È stato spesso riscontrato che il riscaldamento prima o durante il trattamento con i farmaci di platino provoca il maggiore innalzamento termico della citotossicità. L‟effetto combinato di calore e farmaco a base di platino può essere additivo o sinergico e spesso ciò dipende dal tipo di farmaco, di linea cellulare, dalla temperatura, dal tempo del trattamento e dal protocollo di trattamento. In ogni caso, il calore aumenta la citotossicità dei farmaci a base di platino. In questo lavoro è stato pertanto studiato l‟effetto O H2 O N O H3N H3N Cl O della temperatura (12-43 °C) sull‟uptake cellulare e Pt Pt Pt H3N Cl N O H3N O la citotossicità di tre farmaci a base di platino O H2 O (cisplatino, carboplatino ed oxaliplatino). Sono state cisplatino oxaliplatino carboplatino testate diverse concentrazioni e temperature. Per la Figura 2: complessi di Pt(II) in uso clinico valutazione dell‟uptake, le cellule sono state trattate per 2 ore a 12-43 °C e poi mineralizzate. Il contenuto di platino è stato testato mediante ICP-MS. La vitalità cellulare è stata valutata con test MTT dopo 24 ore di trattamento continuo e 48 ore di recovery in terreno di coltura fresco. Solo il cisplatino ha dato effetti sinergici con l‟ipertermia (+43 °C). Il cisplatino è in grado di idrolizzare e poi essere attivato per il legame al DNA nella scala dei tempi utilizzata (2 ore) e questo processo è certamente favorito dalla temperatura. L‟effetto di questo trattamento combinato potrebbe essere correlato ad una maggior formazione di addotti interstrand con il DNA e all‟inibizione del sistema di riparazione del DNA. Studio di coniugati Pt-folato come esempio di drug targeting and delivery attivo. Nell‟intento di sintetizzare complessi a base di platino che possano manifestare una maggiore selettività verso le cellule tumorali (drug targeting), è stata sfruttata la caratteristica delle cellule di alcuni tipi di tumore di sovraesprimere i recettori per l‟acido folico. Pertanto, l‟acido folico, adeguatamente funzionalizzato su uno dei suoi gruppi O OH O carbossilici, può essere utilizzato come vettore per la OH N OH veicolazione selettiva di frammenti citotossici di platino, in H O N quanto riconosciuto ed internalizzato dai suoi recettori. N N H In questo lavoro sono stati preparati cinque complessi di H2N N N Pt(II): quattro di essi contengono l‟acido folico Figura 3: acido folico funzionalizzato in modo da essere il leaving group del complesso finale ed il quinto contiene l‟acido folico come carrier group. I leganti sono solubili in alcuni solventi organici (DMSO, DMF) ed in solventi acquosi a pH basici e sono stati caratterizzati mediante spettroscopia NMR multinucleare; i corrispondenti complessi hanno una solubilità notevolmente ridotta sia in solvente organico che in soluzione acquosa e sono stati caratterizzati mediante analisi NH2R + O KO O O termogravimetrica (TGA), Inductively O Pt NH R H 2 N O Coupled Plasma – Mass Spectrometry N O R = H o CH3 n H O (ICP-MS) e spettroscopia IR. Solo il O n=0 o 3 N N HN H derivato con il folato carrier è stato O O-K+ N H2N N caratterizzato anche mediante O O H N spettrometria NMR multinucleare. Pur NH N N O 2 H H N O avendo ottenuto prodotti con un elevato H2N Pt N HN Cl H grado di purezza ed una buona resa, i Cl N N H2N complessi ottenuti sono insolubili e Figura 4: complessi Pt-folato pertanto non possono essere testati da un punto di vista biochimico e biologico. Sono in corso ulteriori studi che prevedono la coniugazione dell‟acido folico ad un frammento citotossico di platino attraverso un braccio spaziatore contenente gruppi polari per trovare una soluzione al problema della solubilità dei complessi. 99 UNITA’ DI RICERCA POLITECNICA DELLE MARCHE Direttore Scientifico: Prof. Giorgio Tosi 1) G. Tosi, C. Conti, P, Ferraris, E. Giorgini, S. Sabbatici Applicazione di metodi spettroscopici e diffrattometrici nello studio di biomateriali e di biomolecole. La microspettroscopia infrarossa è un versatile e potente strumento diagnostico per lo studio di proprietà funzionali di campioni biomedici e di biomolecole. Con la microspettroscopia imaging si possono studiare sezioni sottili di qualsiasi materiale, colture cellulari ed molto altro con una risoluzione spaziale al limite della diffrazione. Il vantaggio della spettroscopia imaging nel medio infrarosso (e nel Raman) consiste nel fatto che l‟informazione viene presentata in una forma comprensibile e può essere comparata con indicazioni provenienti da altre tecniche microscopiche. In tal modo, viene resa possibile l‟analisi della distribuzione delle varie specie molecolari in una matrice evidenziando caratteristiche composizionali, strutturali e morfologiche di svariati sistemi, primi fra tutti quelli biologici. Un ulteriore aiuto viene fornito da opportuni algoritmi adatti al trattamento dati, da cui si possono ricavare numerose informazioni a livello molecolar. Per determinazioni spettroscopiche ci siamo avvalsi di spettrometri a sorgente convenzionale o multidetectors con risoluzione spaziale fino a 6.25µm. Il trattamento dati per l‟analisi multivariata e per procedure di analisi delle bande (deconvoluzione, curve-fitting, ecc.) è stato effettuato con i seguenti software: Spectrum 5.0 (Perkin Elmer), Pirouette 4.0 (Infometrix Corp.), Opus 5.5 (Bruker Corp.) e Grams AI (Galactic Corp.). A) Applicazione della Microspettroscopia Infrarossa per la caratterizzazione di biomateriali e di biomolecole (in collaborazione con l’Unità di Ricerca di Bologna, responsabile il prof. Norberto Roveri). Nel presente anno, si è continuato lo studio dei processi di deposizione del collagene e dell‟HAP, per caratterizzarne la morfologia, le proprietà termiche e la struttura del prodotto di rivestimento. L‟FT-IR microimaging, in particolare, ha permesso di evidenziare la natura chimica e l‟omogeneità dello strato di HAP-collagene nel corso della deposizione elettrochimica. La diretta enucleazione, di nanocristalli di idrossiapatite in fibre di collagene durante il loro auto assemblaggio ha permesso di ottenere compositi simili all‟osso sia nella microstruttura che nella composizione. Determinazioni microimagimg FT-IR hanno contribuito a definire le interazioni strutturali fra nanocristalli di idrossiapatite e fibre di collagene e la distribuzione topografica di HA/collagene su supporti di titanio in funzione del tempo. Risulta evidente un apprezzabile aumento del grado di cristallinità della fase carbonato-idrossipatite insieme ad una parziale sostituzione dei gruppi fosfato da parte di corrispondenti gruppi carbonato [1]. L‟attività di ricerca della nostra Unità, sta anche procedendo alla caratterizzazione spettroscopica di film di matrici inorganico-polimeriche nanostrutturate bioassorbibili (idrossiapatite, biovetri, poliesteri e polimeri naturali) contenenti fosfati di calcio e funzionalizzate superficialmente con composti per l‟ancoraggio di molecole farmacologicamente attive a rilascio controllato. Particolare attenzione è stata devoluta, avvalendosi del fattivo contributo della dottoressa Eleonora Cibej (borsista del CIRCMSB), alla conversione di cristalli singoli di calcite biogenica in fosfati di calcio in soluzioni di tampone fosfato tramite incubazione in condizioni ambientali e metodi idrotermali (relazione allegata). B) Microspettroscopia FT-IR imaging su fluidi biologici e su materiale da resezioni chirurgiche Si sono studiate tramite la microspettroscopia imaging, diverse patologie sia a livello di colture cellulari che su sezioni da resezione chirurgica, in collaborazione, tra l‟altro, con strutture dell‟Università Politecnica delle Marche (Dipartimento di Neuroscienze, gruppo di Istopatologia, 101 Clinica di Chirurgia Vascolare), dell‟Università di Verona, e della National Technical University di Atene, In particolare ci siamo occupati delle neoplasie del collo e della testa, del seno, del colon nonché dell‟ateromasia carotidea. Si sono analizzate linee cellulari e sezioni di tessuto interessate da zone neoplastiche. I risultati dell‟analisi multivariata sono stati confrontati con modelli spettrali di proteine, acidi nucleici, lipidi e altri componenti di sistemi biologici. Sono stati inoltre studiati alcuni rapporti di bande rappresentative per differenziare i campioni sani da quelli malati e per valutare il grado di avanzamento del tumore. 2) P. Bruni, M. Pisani, V. Finor Complessi ternari lipidi-DNA-ioni metallici Carrying on our work on the synthesis of new liposomes, we have prepared compounds which may present interesting properties as vectors of DNA for gene therapy applications: these vectors have a head formed by crown ethers. An interesting feature of such molecules is the possibility to modulate the net surface charge of their complexes with metal cations, which is important in order to provide efficient DNA transfections. Such molecules and the corresponding complexes have been characterized by FT-IR spectroscopy and band attribution confirmed by Density Functional Theory calculations. The net surface has been determined by means of Z potential analysis. Another interesting result can be considered the finding that mixtures of DOPE and DOPE-PEG, in some experimental conditions, induce a phase transition from the inverted hexagonal structure to a bicontinuus inverted cubic phase. A result which may represent a significant progress toward a design-based approach to drug delivery. Finally the CD38 mediated endocytosis for immunoliposome internalisation has been studied, in consideration of the promising possibility to use CD38 in antibody therapy. 102 UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “La Sapienza” Direttore Scientifico: Prof.ssa Elena Borghi Nel corso del 2008 l‟Unità Operativa dell‟Università "La Sapienza" di Roma ha operato secondo le seguenti linee di ricerca: 1) Biosensori e Biostrumentazione 2) Metalloproteine come catalizzatori biologici Biosensori e Biostrumentazione Aspetti inorganici e bioinorganici nella chimica di sistemi macrociclici ad alta delocalizzazione elettronica (porfirine, ftalocianine, porfirazine) - Gruppo: M. P. Donzello, C. Ercolani, F. Monacelli, E. Viola (Roma - La Sapienza) L‟attività scientifica del gruppo nel corso di circa un decennio e quindi anche per il 2008 si è svolta nell‟ambito di un progetto di lavoro che ha come punto di partenza la sintesi di nuove classi di macrocicli tetrapirrolici appartenenti alla classe delle porfirazine, quali le tetrakis(tia/seleno)diazolporfirazine, le tetrakis(difenildiazepino)porfirazine e le tetrakis(dipiridinopirazino)porfirazine, tutte aventi come elemento caratterizzante del sistema molecolare la presenza nella parte periferica del core centrale porfirazinico anelli eterociclici che portano atomi quali N, S, Se e che conferiscono ai sistemi molecolari nel loro complesso un carattere fortemente elettron-deficiente. Questa comune situazione elettronica, in un contesto molecolare, che presenta una estesa delocalizzazione elettronica, è stata estesamente esplorata anche con studi elettrochimici molto accurati ed è chiara la tendenza di tutti i sistemi porfirazinici già considerati ad assumere elettroni in processi generalmente monoelettronici, dando luogo alla formazione di specie cariche negative -1, -2, -3, -4, con valori di potenziali (V vs SCE) che, in solventi quali la piridina, il dimetilsolfossido e la dimetilformammide, sono decisamente meno negativi di quelli osservati per la classe degli analoghi derivati metallici ftalocianinici, a testimonianza di una tendenziale maggiore facilità a subire processi di riduzione,. Tra gli orientamenti sviluppati verso aspetti applicativi, è stato portato avanti con determinazione un tipo di ricerca che ha mirato a verificare per alcune serie di porfirazine, tra quelle studiate dal gruppo, la loro potenziale azione di agenti anticancro nell‟ambito di una modalità terapeutica di contrasto che va sotto il nome di Terapia Fotodinamica (PDT), un trattamento medico selettivo e scarsamente invasivo in grado di curare in modo mirato ed efficace alcune forme di tumore ed una serie di patologie degenerative. L‟effetto citotossico viene esercitato sulle cellule malate da alcune specie molto reattive, tra le quali innanzitutto l'ossigeno di singoletto, 1O2, generato per trasferimento di energia da una molecola fotoassorbente (sensitizer) in uno stato eccitato di tripletto all'ossigeno molecolare. Il più serio contributo in questa direzione, anticipato in un brevetto presentato nel 2007 (C.Ercolani, et al.: RM2007A000571; 29/10/07), ha riguardato une triade di complessi di Pd(II) ottenuti dal legante tetrakis-2,3-[5,6-di-(2-pyridyl)-pyrazino]porphyrazine, [Py8TPyzPzH2], aventi rispettivamente formula [Py8TPyzPzPd] (Figura 1A), il suo corrispondente derivato ottacationico solubile in acqua (Figura 1B), e la specie omometallica pentapalladata (Figura 1C). Di quest‟ultima la struttura molecolare è stata studiata a fondo con dati sia sperimentali che teorici, quali misure 1D Cl Cl N N N + +N CH3 Cl H3C Pd N N N N N N N N N N N N N N + N N H3C N + N Pd N N CH3 N N N N N+ CH3 H3C N + B Figura 1 103 Pd N N N N N N Cl N + N N N N N N N CH3 N Pd N N N A N N N N N N N N N N N + H3C N Pd N N N N N Cl N N N Pd N N N N Cl Pd Cl C Cl e 2D NMR, calcoli DFT, e supporti informativi provenienti dal precursore del macrociclo, la 2,3dicyano-5,6-di(2-pyridyl)-1,4-pyrazine, [(CN)2Py2Pyz] e dal suo derivato contenente una unità PdCl2 coordinata sui due N atomi piridinici del sistema dipiridinopirazinico, con forti caratteristiche di originalità strutturale, con un palladio centrale e quattro unità PdCl 2 che coordinate perifericamente si proiettano al di fuori del piano molecolare (Donzello, M. P. et al., Inorg. Chem., 2008, 47, 3903-3919). Orbene, si è osservato sperimentalmente che due su tre di tali sistemi molecolari (Figura 1A,C), sulla base del loro comportamento in soluzione di DMF, sono attivi come potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto, 1O2, con valori di resa quantica intorno a 0.8-0.9, e quindi potenziali agenti di contrasto al cancro nell‟ambito della PDT (Donzello, M. P., et al., Inorg. Chem., 2008, 47, 3903-3919). In analogia con il lavoro condotto sulla preparazione e lo studio dei complessi di Pd(II) sopra descritti, la ricerca è stata fino ad oggi avviata con successo solo per l‟isolamento e la cararterizzazione della specie pentametallica [(PtCl2)4Py8TPyzPzPt] che ha una struttura molecolare analoga a quella della specie pentapalladata [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] di Figura 1c. Si deve notare che il pentaplatinato ha nella zona periferica ben quattro funzionalità di tipo cisplatino, cosa che richiama il fatto che in termini di potenzialità come specie porfirazinica essa può sia funzionare come fotosensibilizzatore in PDT ma anche come farmaco chemioterapico una volta che siano stati risolti problemi di veicolazione in mezzo acquoso e verificato il suo livello di tossicità. Tutta una serie di complessi pentametallici che hanno PdCl2 e PtCl2 coordinato a livello periferico sono da tempo alla verifica delle loro proprietà come fotosensibilizzatori in PDT (dati non pubblicati). E‟ stata intrapresa negli ultimi mesi una linea di lavoro tendente alla sintesi di nuovi macrocicli mono- e multimetallici di tipo pirazinoporfirazinico aventi alla periferia del macrocicli anelli tiadiazolici. La molecola utilizzata come precursore della nuova serie di macrocicli è la 2,3diciano-5,6-di(2-tienil)pirazina (Figura 2), già noto in letteratura. S N CN N CN S Figura 2: Struttura della 2,3-diciano-5,6-di(2‟-tienil)pirazina. Dei nuovi macrocicli preparati sia mono- che pentametallici studi di caratterizzazione sono stati fatti mediante spettroscopie convenzionali (IR, UV-visibile), 1D e 2D NMR, e studi preliminari sono stati condotti sul tipo di risposta come fotosensibilizzatori in PDT. Motivo di notevole interesse è la coordinazione di PdCl2 e PtCl2 sui gruppi tienilici esterni ai nuovi macrocicli, un tipo di contatto M-S(tienilico) (M = Pd(II), Pt(II)) apparentemente molto raro nella letteratura meno e più recente. E‟ giunto a completamento (E. Viola et al., Eur. J. Inorg. Chem., 2009, in stampa) un lavoro che riguarda una triade di complessi di Co(I), Co(II) e Co(III) del legante “ottapiridinotetrapirazinoporfirazinico” riportato in Figura 1 ed aventi formule Na[Py8TPyzPzCo], [Py8TPyzPzCo(DMSO)2] e [Py8TPyzPzCo](SbCl6). Il complesso Na[Py8TPyzPzCo] è un raro esempio di un cromoforo tetrapirrolico contenente Co(I) isolato e caratterizzato allo stato solido come specie pura. Il complesso [Py8TPyzPzCo(DMSO)2] è l‟unico di una lunga serie di specie “pirazinoporfiraziniche” del quale la struttura sia stata risolta mediante raggi X. Metalloproteine come catalizzatori biologici L‟attività di ricerca si è articolata nell‟ambito della “Bio-X ray Absorption Spectroscopy (BioXAS)” per i seguenti argomenti. 104 Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello -Gruppo: E. Borghi È stato messo a punto un nuovo approccio di analisi della regione a bassa energia dello spettro XAS (regione XANES) modulando il segnale XANES con il programma MXAN. Un simile approccio di modulazione del segnale XANES può essere usato per estrarre complete informazioni strutturali dallo spettro di complessi modello biomimetici di struttura sconosciuta. Dati di letteratura mostrano come il programma MXAN è stato applicato con successo alla risoluzione di strutture sconosciute di metalloproteine e composti modello con varie strategie di minimizzazione, ma, usualmente, il cluster strutturale di partenza viene scelto con dimensione più piccola possibile (circa la prima sfera di coordinazione). Questo sia per il contributo dominante della prima sfera del centro metallico assorbitore alla regione XANES, sia perché nell‟analisi strutturale di metalloproteine sconosciute o di modelli biomimetici è importante almeno arrivare all‟identificazione strutturale dei donatorileganti della prima sfera del centro metallico. Si è considerata la famiglia dei composti di rame mononucleari del legante poly(benzimidazolo) 2-BB, che hanno proprietà strutturali e/o di reattività correlate a quelle dei derivati delle proteine emocianine (Hcs), essendo il legante 2-BB tridentato con due N-imidazolici ed un N-ammino modello strutturale del motivo tris(imidazolo) presente nelle Hcs ed in altri sistemi biologici. L‟approccio che è stato seguito nel nostro studio sui cationi complessi del legante 2-BB considera clusters con dimensione opportuna (~ 6 Å) in modo da includere tutto il legante. In questo modo è stato possibile sia risolvere le proprietà strutturali della prima sfera di coordinazione sia mappare l‟intera struttura del catione complesso. Elena Borghi and Luigi Casella “X-ray absorption spectroscopy quantitative analysis of biomimetic copper(II) complexes with tridentate nitrogen ligands mimicking the tris(imidazole) array of protein centers”, Inorg. Chem, 2008, ic-2008-01472x. Caratterizzazione XAS alla soglia L3 del Pt di composti modello di platino(II) - Gruppo: E. Borghi in collaborazione con L. Olivi “Sincrotrone ELETTRA di Trieste” Sono stati considerati cis-[Pt(NH3)2Cl2], trans-[Pt(NH3)2Cl2], K2[PtCl4] e [Pt(NH3)4]Cl2 allo scopo di testare la sensibilità della spettroscopia XAS alla soglia L3 del Pt a differenti intorni dell‟atomo assorbitore, in presenza di una diversa geometria di legame e di differenti strutture. Questa linea di ricerca riveste importanza per la mancanza di una banca dati di spettri XAS, e per i pochi lavori d‟assorbimento X alle soglie (L1, L2, L3) del Pt disponibili in letteratura. Inoltre costituisce un test metodologico (stesso/diverso intorno Z-tipo del legante, diverse distanze ed angoli tra i leganti, diversa geometria di legame) per la procedura di simulazione del programma MXAN sulle soglie L3 del Pt, avendo i quattro complessi considerati allo stato solido struttura cristallografica nota. La simulazione per questi complessi deve tener conto degli effetti geometrici delle proprietà di simmetria presenti, che provocano distanze intermolecolari, per cui è necessario considerare per la simulazione cluster di atomi ad ampio raggio, e quindi non più centri mononucleari, ma bi- o trinucleari. La metodologia di calcolo è complessa. La simulazione è in corso. Trasporto cellulare del platino: interazione di antitumorali a Pt con platinofili intra-cellulari e proteine coinvolte nel trasporto di Cu - Gruppo: E. Borghi in collaborazione con G. Natile, F. Arnesano, S. Scintilla ”Dipartimento Farmaco-Chimico, Università di Bari” Nell‟ambito di questa linea di ricerca, che si pone l‟obiettivo di contribuire a spiegare il meccanismo di trasporto cellulare del platino. è stato attivato presso il laboratorio EMBL ad Amburgo un progetto di spettroscopia XAS, alla soglia L3 del Pt. Il progetto XAS (regioni XANES ed EXAFS) è parte di un approccio combinato di NMR strutturale, ESI-MS, CD-UV/Vis. Sono stati considerati campioni in soluzione: a)composti modello di riferimento; b)Pt(II)-complessi senza struttura cristallografica con differenti intorni di atomi donatori (N/Cl/S) e diversa ipotizzata isomeria geometrica; c)complesso con glutatione (GSH) senza struttura cristallografica con supposto cromoforo binucleare simmetrico [(N2)Pt(µ-GS)2Pt(N)2]. GSH è ritenuto rivestire un ruolo 105 importante nel trasporto cellulare degli antitumorali a platino; d)addotti dell‟octapeptide MTGMKGMS, Mets7, con cisplatino e transplatino. Mets7 è strutturalmente simile al motivo ricco in metionina della proteina Ctr1 coinvolta nel trasporto di Cu ed implicata nel meccanismo cellulare del Pt. Per tutti i campioni considerati l‟analisi EXAFS di prima sfera di coordinazione è stata effettuata. L‟analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS in approccio di multiplo scattering EXAFS e XANES è stata iniziata ed è in corso. 106 UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “Tor Vergata” Direttore Scientifico: Prof. Massimiliano Coletta Nel corso del 2008 l‟Unità Operativa di Roma Tor Vergata ha effettuato una serie di ricerche sui seguenti argomenti. 1) Emoproteine e composti modello 2) Metalloenzimi 3) Stress ossidativo 1) Emoproteine e composti modello In questo campo le indagini si sono focalizzate su alcuni aspetti funzionali e strutturali di emoproteine batteriche, quali la Protoglobina da Methanosarcina acetivorans, l‟emoglobina troncata di classe P da Campylobacter jejuni e l‟emoglobina troncata di classe O da Mycobacterium leprae. Per quanto riguarda la Protoglobina si è completata un‟indagine sulle proprietà funzionali sia termodinamiche che cinetiche con leganti della forma Fe(II), quali O2 e CO. Ciò ha permesso di evidenziare come tale proteina batterica mostri una cooperatività negativa nei confronti del legante O2, associata ad una cinetica di dissociazione particolarmente lenta, che fa presumere che la sua funzione prevalente non sia quella di trasportare gas. Accanto alla caratterizzazione funzionale si è effettuata la risoluzione della struttura tridimensionale della Protoglobina, che ha permesso di evidenziare la presenza di due canali di accesso al sito dell‟eme. Tale studio ha portato ad una pubblicazione su EMBO Report (1). Lo studio sull‟emoglobina troncata di classe P da Campylobacter jejuni è stata incentrata sulla sua reattività nei confronti dello ione CN- sia della forma Fe(II) che della forma Fe(III). Tale indagine ha infatti evidenziato una reattività particolarmente elevata nei confronti di questo ione, mai osservata in precedenza, che risulta essere superiore di almeno tre ordini di grandezza rispetto a tutte le altre emoproteine investigate (anche di altri batteri). Tale studio, che ha portato ad una pubblicazione su FEBS Journal (2), sembra essere in linea con l‟ipotesi, formulata da altri, che tale classe di batteri sia esposta a concentrazioni anomale di ione CN-. Lo studio sull‟emoglobina troncata di classe O da Mycobacterium leprae si è invece focalizzato sulle proprietà di “scavenging” di perossido di Idrogeno (H2O2) e di NO da parte di questa emoproteina. In particolare, tale studio ha evidenziato come, in condizioni di stress ossidativo (in cui la formazione di ferrile Fe(IV)=O è particolarmente rilevante), la presenza di NO è fondamentale per ridurre l‟eme a Fe(III) con produzione di NO2-; infatti, la cinetica di riduzione in presenza di NO è inusualmente rapida rispetto alla maggior parte di emoproteine. Questa indagine, che ha portato ad una pubblicazione su Biochemical Biophysical Research Communication (3), ha permesso così di evidenziare un possibile meccanismo di detossificazione in questo batterio. Accanto a questi studi sulle emoproteine batteriche, si sono effettuate delle indagini sull‟emealbumina. Tale forma dell‟Albumina ha infatti rilevanza fisiologica, poiché circa il 10% dell‟Albumina circolante si trova nella forma legata all‟eme. Ciò la trasforma in una emoproteina circolante, capace non solo di legare molecole quali O2, CO ed NO, ma in grado di modulare allostericamente il legame di altre molecole in siti distinti dall‟eme. Tale indagine ha infatti permessop di evidenziare come il legame all‟Albumina di alcuni farmaci antivirali, quali l‟Abacavir, e cardioregolatori, quali la Warfarina, sia regolata dalla presenza di eme e di legandi assiali dell‟eme. Tale indagine, pubblicata su Biochemical Biophysical Research Communications (4), apre la visuale su possibili alterazioni del trasporto di farmaci da parte dell‟Albumina legate alla presenza della forma legata all‟eme. Lo studio sull‟eme-albumina si è anche esteso alle proprietà di “folding/unfolding”, che hanno permesso di evidenziare la presenza di una forma di “molten globule”, che viene modulata dall‟interazione dell‟eme-albumina con acidi grassi , ed in particolare da miristato. Lo studio, effettuato mediante tecniche di NMR e di dicroismo circolare, ha portato ad una pubblicazione su Journal of Biological Inorganic Chemistry (5). Nell‟ambito di tale problematica, si è anche studiata l‟interazione fra il citocromo c e la cardiolipina, reazione che ha rilevanza patofisiologica per quanto riguarda i processi apoptotici. Tale indagine, che ha portato ad 107 una pubblicazione su Biochemistry (6), ha mostrato come tale interazione sia fortemente cooperativa, coinvolgendo almeno quattro siti di interazione, e come essa comporti la rottura iniziale del legame fra eme e Met80. Nel campo delle emoproteine infine si è prodotta una pubblicazione sul meccanismo allosterico nell‟emoglobina (7), con la formulazione di un meccanismo originale sulla cooperatività nell‟emoglobina umana. Infine, nell‟ambito dei composti modello, si è effettuato uno studio cinetico sull‟interazione fra porfirine cationiche ed anioniche con templati poliaminoacidici di fenilalanina, che si strutturano in -eliche. Si è così osservato che tale processo è caratterizzato inizialmente nei primi millisecondi dalla collisione delle porfirine con il templato, seguita poi dalla formazione (entro circa 1 secondo) di strutture ordinate di porfirine, che riproducono la struttura ad -elica. Tale indagine ha portato ad una pubblicazione su Journal of American Chemical Society (8). 2) Metalloenzimi Lo studio si è prevalentemente rivolto alla caratterizzazione del ruolo di alcune Metalloproteasi di matrice (MMPs, che sono delle endopeptidasi con un atomo di Zn++ nel sito attivo con un ruolo catalitico) in alcuni processi patologici, quali le malattie congenite connesse ad un‟incompleta maturazione della proteina lamin A, che è il componente principale della membrana nucleare. Tali patologie, classificate come laminopatie, sono caratterizzate da precoce invecchiamento tissutale dovuto all‟azione insufficiente di alcune metalloproteasi. In tale ambito, abbiamo evidenziato un ruolo prevalente da parte della MMP-9, che viene espressa in misura elevata in tali pazienti, probabilmente a causa di un meccanismo compensatorio. Tale indagine ha portato ad una pubblicazione su Clinical Genetics (9). Nell‟ambito delle MMPs, abbiamo effettuato uno studio comparativo sulla struttura delle MMPs e sui composti sintetici, che meglio agiscono da inibitori, al fine di ottimizzare le basi strutturali del riconoscimento in queste MMPs si di inibitori che di substrati naturali. Tale studio ha portato ad una pubblicazione su Current Medicinal Chemistry (10). Per quanto riguarda la superossido-dismutasi (SOD) si sono effettuati degli studi di tipo strutturale e funzionale nei confronti della Cu,ZnSOD da Haemophilus ducreyi, che hanno permesso di caratterizzare le proprietà di legame di Cu(II) e Zn(II) della porzione N-terminale, suggerendo il ruolo di tale dominio nella “cattura” di questi ioni. Tale indagine, che ha condotto ad una pubblicazione su J. Inorg. Biochem. (11), ha anche evidenziato come tale interazione sia modulata da condizioni ambientali. Si è inoltre effettuata un‟indagine sulla cinetica ultrarapida con cui gli aminoacidi legano l‟eme in una Cu,Zn SOD batterica. Tale studio cinetico, pubblicato su Biochemistry (12), ha mostrato che tale velocità riflette la barriera energetica per la formazione del legame, che poi in altre proteine, in cui vi è la sostituzione del legando assiale da un legando esogeno, viene sostituito con cinetiche molto più lente. Infine, un‟analisi all‟ultracentrifuga, pubblicata su Archives of Biochem. and Biophys. (13), ha evidenziato come le Cu,Zn SOD dimeriche di Salmonella typhimurium e di Photobacterium leiognathi abbiano un differente dipendenza dalla prsenza del metallo nei confronti dell‟equilibrio monomero-dimero. 3) Stress ossidativo Nell‟ambito di tale argomento si è continuato ad investigare il ruolo di della Cu,Zn SOD nel difendere soprattutto alcune linee cellulari neuronali e alcuni batteri dallo stress ossidativo. In particolare, si è evidenziato il ruolo della Cu,Zn SOD in cellule di neuroblastoma dopo soppressione di sintesi da interferenza con RNA (14). Inoltre, si è caratterizzata la modulazione dell‟attività di SOD in cellule neuronali e non da parte dell‟espressione di NOS (15). L‟importanza della Cu,ZN SOD è stata anche dimostrata nel caso dei meccanismi di difesa da radicali dell‟ossigeno nelle cellule batteriche di Salmonella typhimurium (16). 108 UNITA’ DI RICERCA DEL SALENTO Direttore Scientifico: Prof. Francesco Paolo Fanizzi L‟Unità di ricerca di Lecce è composta da chimici inorganici esperti di sintesi e da biologi, la cui attività di ricerca si sviluppa nel settore di nuovi farmaci inorganici in oncologia, nello studio del ruolo degli ioni metallici nelle patologie degenerative croniche e nel campo delle metalloproteine come catalizzatori biologici. Gruppo Prof. Francesco Paolo Fanizzi: Michele Benedetti, Antonella Ciccarese, Sandra Angelica De Pascali, Paride Papadia, Danilo Migoni, Laura Del Coco, Daniela Antonucci, Cosimo Ducani. L‟attività del gruppo di Chimica Generale ed Inorganica svolta nel contesto delle linee programmatiche C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti principalmente la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”. Sintesi e caratterizzazione strutturale di nuovi composti analoghi del cisplatino conformazionalmente stabilizzati, target selettivi e biomimetici. Alchilazione regiospecifica di fenoli e sintesi di complessi organometallici a base di Pt con leganti N-donatori. Sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi complessi del Platino del tipo [Pt(EtPh)(phen)] (1a) (EtPh = 2-(etan-2'-yl-kC1)-1-fenolato-kO1, phen = 1,10-fenantrolina) e [Pt(MeOEtPh)(phen)] (1b) (MeOEtPh = 2-(etan-2‟-yl-kC1)-4-(metossi)-1-fenolato-kO1). Il meccanismo della reazione di formazione di tali complessi, preparati facendo reagire derivati fenolici e [PtCl( -C2H4)(N–N)]+ o corrispondenti derivati alcossilati del tipo [PtCl( 1C2H4OR)(N–N)], R = alchile/arile, include una reazione di alchilazione regiospecifica in orto dell'anello aromatico e/o la coordinazione dell'ossigeno fenolico al Pt. Tali complessi organometallici, caratterizzati da un core metallo-cromano, sono strutturalmente simili alla vitamina E. I test biologici e la determinazione dell‟uptake del platino mostrano un'interessante correlazione struttura-attività per i nuovi analoghi metallati dei cromani, in quanto i valori di citotossicità e uptake del platino risultano considerevolmente maggiori per il complesso [Pt(MeOEtPh)(phen)], che dal punto di vista strutturale è il più simile alla vitamina E, rispetto al complesso [Pt(EtPh)(phen)]. Ulteriori studi, volti a verificare la possibilità di utilizzo di tali complessi per indirizzare un metallo verso specifici target cellulari, consentiranno di investigare eventuali applicazioni di questa nuova classe di complessi organometallici in campo terapeutico. Possibile platinazione di DNA di nuova sintesi mediante inserimento di basi puriniche N-7 platinate da parte di una DNA polimerasi. Questo lavoro di ricerca parte dall'ipotesi dell‟esistenza di un possibile meccanismo d'azione differente da quello ormai accettato per il cisplatino. Generalmente, infatti, la metallazione del DNA si realizza tramite reazioni dirette del substrato polinucleotidico con un complesso metallico. In questo lavoro di ricerca sono stati messi a punto esperimenti in grado di dimostrare che effettivamente un filamento di DNA di nuova sintesi può essere metallato, in vitro, anche indirettamente, mediante inserimento, da parte di una DNA polimerasi, di purine N7-platinate. Il complesso di Pt utilizzato per tali esperimenti, [Pt-(dien)(N7-5‟-dGTP)] (dien = dietilenetriammina, 5‟-dGTP=5‟-(2‟-deossi)guanosina trifosfato), è stato opportunamente scelto come modello di monoaddotti di complessi di platino con derivati delle basi nucleiche, in quanto, per l‟assenza di labili leganti cloruro, è incapace di dare sistemi chelati, come avviene 109 invece per i derivati del cisplatino. La preventiva metallazione, in vivo, di basi libere da inserire successivamente nel DNA apre interessanti prospettive nella sintesi di nuovi farmaci antitumorali contenenti metalli. Per questo sono anche stati effettuati dei test di citotossicità su cellule tumorali HeLa, che hanno dato risultati interessanti. Potenziali farmaci antitumorali: complessi cationici del tipo [PtCl(η2-C2H4)(R,R and S,SDACH)]+ Tra i farmaci antitumorali a base di Platino, solo l'ossaliplatino, [(R,R-1,2-diaminocicloesano) (ossalato-O,O’)platino(II)], mostra uno spettro di attività più ampio rispetto al cisplatino e la capacità di aggirare la resistenza intrinseca o acquisita di alcuni tumori al cisplatino e al carboplatino. Di recente è stato messo in evidenza che interazioni tra l‟aquo-specie cationica dell'ossaliplatino e i Trasportatori umani di Cationi Organici (hOCT) aumentano l'attività antitumorale del farmaco. Abbiamo pertanto continuato gli studi sui complessi cationici di Pt(II) da noi sintetizzati, contenenti lo stesso legante carrier dell'ossaliplatino, [PtCl( 2-C2H4)(R,RDACH)]+, 1 , e [PtCl( 2-C2H4)(S,S- DACH)]+, 2. Tali complessi cationici, solubili in acqua, vanno incontro a perdita dell'olefina coordinata e/o del cloruro, per dare mono-aquo e di-aquo specie cationiche, analogamente all'oxaliplatino. Inoltre gli esperimenti di “time course” mostrano che la citotossicità di 1 e 2 aumenta considerevolmente nel tempo. Saggi clonogenici di sopravvivenza su diverse linee cellulari rivelano un'alta citotossicità in vitro di cisplatino e oxaliplatino rispetto a 1 e 2. D'altra parte la differenza di citotossicità tra 1/2 e cisplatino/oxaliplatino è fortemente ridotta nelle cellule MCF-7, resistenti al cisplatino, rispetto alle cellule HeLa, sensibili al cisplatino. La decomposizione del complesso 1 genera prodotti simili a quelli ottenuti dal pathway di decomposizione dell‟ossaliplatino. Questo suggerisce un possibile uso del complesso 1 come pro-farmaco antitumorale. Sono, inoltre, stati effettuati degli studi, attraverso l‟applicazione di tecniche spettroscopiche NMR, di campioni biologici di interesse in campo medico, farmaceutico ed agroalimentare, in particolare mediante la determinazione di profili metabolici atti a definire particolari condizioni patologiche in ambito sanitario o a garantire caratteristiche di unicità di specifiche filiere produttive. Applicazioni della spettroscopia NMR alla discriminazione delle varietà di olive impiegate nella produzione di oli extravergini di oliva pugliesi. Negli ultimi anni l‟olio extravergine di oliva è stato rivalutato per i suoi indiscussi effetti benefici sulla salute umana. L‟assunzione nella dieta di olio extravergine di oliva, rispetto ai grassi animali e vegetali idrogenati, è stata associata ad un più basso rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari e di alcuni tipi di tumore. Inoltre, il germoplasma olivicolo italiano, che annovera anche esemplari ultramillenari e genotipi rari, rappresenta un patrimonio di straordinario interesse, una sorgente di variabilità genetica, utile ai fini del miglioramento genetico varietale. L‟olio extravergine di oliva è, nella realtà mediterranea, un prodotto cardine dell‟economia, basato su varietà locali a forte tipizzazione regionale. Abbiamo quindi ritenuto interessante effettuare degli studi su campioni di olio extravergine di oliva monovarietale, utilizzando metodiche di indagine integrate, come la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (1H e 13C NMR) in combinazione con l‟analisi statistica multivariata. In un primo studio, i campioni in esame sono stati forniti da frantoi delle province di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto. L‟applicazione della spettroscopia 1H e 13C NMR ha permesso di ottenere, senza alcun pretrattamento, una caratterizzazione chimica dei campioni di olio. Le risultanti variabili (frequenze di risonanza) degli spettri 1H NMR sono state utilizzate sia per l‟analisi qualitativa e quantitativa delle componenti maggioritarie (trigliceridi) e minoritarie nel campione esaminato (aldeidi, terpeni, squalene, β-sitosterolo) che per la discriminazione della cultivar e della provenienza geografica. Per ciascun campione è stato effettuata, a partire dagli spettri 1H NMR, la valutazione del numero di iodio (grado di insaturazione). I risultati ottenuti dalla sola analisi condotta sulle variabili derivanti dagli spettri protonici sono del tutto comparabili con i dati ottenibili attraverso analisi convenzionali eseguite su campioni di olio extra vergine di oliva. 110 Come risultato dell‟analisi statistica, i campioni di olio d‟oliva sono stati classificati sia sulla base della loro provenienza geografica che della cultivar di appartenenza. Questo dato è fornito per la maggior parte dalle intensità dei segnali NMR corrispondenti alle componenti minoritarie dell‟olio d‟oliva, legate alle condizioni pedoclimatiche della zona di produzione dell‟olio d‟oliva. Le intensità opportunamente selezionate tramite lo studio di spettri 1H NMR sono state sottoposte ad analisi multivariata descrittiva (analisi ad albero, HCA e analisi delle componenti principali, PCA) ed analisi multivariata discriminante (analisi discriminante lineare, LDA). L‟analisi LDA, applicata sui campioni di olio extravergine di oliva monovarietale, ha mostrato un elevato grado di attendibilità per la discriminazione della cultivar (circa 90% di corretta attribuzione) ed un buon grado di attendibilità per la discriminazione della provenienza (circa 75% di corretta attribuzione). In un secondo studio, i campioni in esame (di origine geografica ristretta alla sola zona di produzione della provincia di Bari) sono stati prodotti nei laboratori dell‟Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari (I.A.M.B.) utilizzando un micromolitore. Previa raccolta di materiale vegetale giovane, è stata effettuata l‟analisi di marcatura molecolare del tessuto fogliare (attraverso SSRs - Simple Sequence Repeats), al fine di identificare con certezza la cultivar (il genotipo) della pianta. A partire dalle olive, raccolte dalle piante già identificate, è stato possibile ottenere oli extravergine di oliva monovarietali di attribuzione genetica certificata. In prossimità degli apparati radicali delle piante, sono stati inoltre eseguiti campionamenti di suolo per la caratterizzazione fisico-chimica dei principali elementi nutritivi dei sistemi ambientali di riferimento. Lo studio LDA ha mostrato un elevato grado di attendibilità per la discriminazione della cultivar (circa 90% di corretta attribuzione). Dove possibile, è stata correlata la composizione del suolo in micronutrienti con il contenuto percentuale dei vari acidi grassi (acido oleico, linoleico, linolenico, acidi grassi saturi) e delle componenti minoritarie presenti nei campioni di olio. Utilizzando il modello lineare per l‟analisi di regressione è stato osservato che le differenti variabili di risposta testate (acidi grassi insaturi e componenti minoritarie dell‟olio) risultano influenzate principalmente dal contenuto totale dei principali metalli presenti nel suolo. L‟insieme dei dati ottenuti nelle diverse indagini ha permesso di correlare alcune caratteristiche chimiche ricavate tramite l‟analisi 1H-NMR degli oli di oliva monovarietali (composizione in acidi grassi, grado di insaturazione, composizione in componenti minoritarie) direttamente alla cultivar ed alle caratteristiche del suolo. Tali correlazioni possono trovare risvolti applicativi sia in fase di produzione, ai fini dell‟ottimizzazione della composizione in acidi grassi degli oli di oliva multivarietali, sia ai fini della tracciabilità delle materie prime utilizzate per produrre questo importantissimo alimento. Potrebbero inoltre essere utilizzate come metodica di verifica della qualità del prodotto (invecchiamento, sofisticazioni, contaminazioni) ed anche come metodica di caratterizzazione della provenienza. Sarebbe auspicabile estendere lo studio preliminare a una o più zone di produzione (Puglia e bacino mediterraneo) ed espandere la libreria di spettri NMR di olio extravergine di oliva monovarietale corredati dalla caratterizzazione genetica delle cultivar utilizzate, ottenuta mediante l‟utilizzo di marcatori molecolari. Analisi NMR di metaboliti presenti in campioni biologici di pazienti diabetici sottoposti ad Ossigeno Terapia Iperbarica. Per la prima volta sono stati effettuati studi di metabolomica mediante spettroscopia NMR su campioni di essudati di ulcere, provenienti da pazienti diabetici sottoposti ad Ossigeno Terapia Iperbarica (OTI). La formazione di lesioni ulcerose agli arti inferiori rappresenta una delle complicanze croniche associate al diabete mellito tipo 2. Il principale fattore di rischio è rappresentato dall‟elevata concentrazione di glucosio nel sangue (iperglicemia), che favorisce la formazione di placche aterosclerotiche. La riduzione del flusso ematico nei vasi interessati dalla lesione aterosclerotica determina uno scarso apporto di ossigeno ai tessuti ipoirrorati. In tali condizioni, sono compromessi normali processi fisiologici come la riparazione delle lesioni cutanee. Inoltre, le lesioni ulcerose possono facilmente andare incontro ad infezioni da parte di batteri anaerobi o flora microbica mista (aerobi-anaerobi). L‟infezione più grave è quella causata dal Clostridium Perfringens, l‟agente patogeno della “Gangrena Gassosa”, che rende necessaria 111 l‟amputazione di porzioni del piede o, addirittura, la sua completa asportazione. Studi clinici su pazienti con ulcere ischemiche gravi, a rischio di amputazione e non responsive ad altri trattamenti, non rivascolarizzabili, hanno dimostrato l‟efficacia della Ossigeno Terapia Iperbarica (OTI) nel ridurre la necessità di amputazioni maggiori (sopra e sotto il ginocchio) e minori (limitate al piede) degli arti inferiori. L‟aumentato apporto di ossigeno ai tessuti lesi, in seguito a terapia iperbarica, favorisce l‟attivazione delle pathway implicate nei processi riparativi, sino ad avere, in alcuni casi, anche la risoluzione completa dell‟ulcera, senza ricorso all‟amputazione. In collaborazione con il gruppo di ricerca di Anatomia Umana, diretto dal prof. Giuseppe Nicolardi, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Ambientali dell‟Università del Salento, e con il Centro Iperbarico “Nike” di Lecce, sono stati analizzati, attraverso spettroscopia NMR, campioni di essudati di ulcere provenienti da undici pazienti diabetici in terapia iperbarica, al fine di individuare una possibile correlazione tra la composizione metabolica degli essudati e lo stato di guarigione delle ferite. Il campionamento degli essudati su ogni singolo paziente è stato effettuato in diversi momenti della terapia OTI, in relazione al decorso della malattia. Mediante l'analisi di spettri 1D e 2D 1H NMR (zg, zgpr, cpmg, J-res, COSY) è stata rilevata la presenza di un numero di composti a basso peso molecolare (< 1KDa) superiore a 30. Le concentrazioni (mM) dei metaboliti ed i relativi valori percentuale normalizzati sono stati calcolati riferendo il valore degli integrali dei cross-peak degli esperimenti 2D J-res a quello di uno standard (TSP) a concentrazione nota. I risultati del nostro studio hanno evidenziato: i) una correlazione tra la diminuzione della concentrazione di lattato e l'attivazione di processi di guarigione; ii) comparsa ed aumento del citrato dopo diversi cicli di terapia; iii) diminuzione delle concentrazioni di alcuni aminoacidi abbondanti nelle proteine della matrice extracellulare, in relazione all'attivazione dei processi riparativi, e, al contrario, un aumento della concentrazione degli stessi in situazioni di scarsa tendenza alla guarigione. Gruppo Prof. Marsigliante Santo: Muscella Antonella, Calabriso Nadia, Vetrugno Carla. Valutazione dell’attività citotossica di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] nel cancro mammario. L‟unità coordinata dal prof. Marsigliante ha continuato la caratterizzazione biologica di [Pt(O,O‟acac)( -acac)(DMS)]. Questo complesso contiene acetilacetonato (acac) e dimetilsolfuro (DMS) nella sfera di coordinazione del Pt, ha una ridottissima reattività con le nucleobasi e una specifica reattività con ligandi solforati, suggerendo che i bersagli cellulari preferiti possano essere i tioli proteici. Ne avevamo ipotizzato l‟efficacia anche verso tumori cisplatino-resistenti/refrattari sulla base della possibile presenza di bersagli proteici tumore-specifici. La valutazione della citotossicità/resistenza cellulare di [Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)] era già stata effettuata in varie cellule di carcinoma mammario, prendendo come modello principale la linea cellulare MCF-7, quella più utilizzata e nota tra quelle disponibili (tumorali ER-positive MCF-7; tumorali ma ER negative MDA-MB-131, SKBr3 e HCC-1937 e cellule sane MCF-10A (non tumorigeniche) ed HBL-100 (tumorigeniche)). Con questo pannello di linee, abbiamo stabilito il potenziale clinico di [Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)]) nella mammella; il dato più interessante è stato che le cellule MCF7 sono risultate particolarmente sensibili all‟azione tossica di [Pt(O,O’-acac)( -acac)(DMS)], rispetto alle corrispettive cellule mammarie sane rappresentate dalla linea cellulare MCF-10A. Il cisplatino induce morte cellulare per apoptosi ed è considerato il risultato soprattutto della sua abilità a danneggiare il DNA, sebbene eserciti anche azioni citotossiche non genomiche in cellule anucleate di rene (Yu et al, 2008 Am J Physiol Renal Physiol 295, F44-F52). Anche [Pt(O,O‟acac)( -acac)(DMS)], con un meccanismo differente dal cisplatino, è in grado di indurre morte cellulare per apoptosi come dimostrato dall‟attivazione di enzimi proteolitici, le caspasi (che svolgono un ruolo critico nell‟induzione di tale processo), dal clivaggio di proteine come poly(ADP-ribose)poliymerase (PARP) e dalla frammentazione del DNA. Le cellule MCF-7 sono relativamente resistenti a molti agenti chemioterapici, incluso il cisplatino (Janicke et al., 1998 J Biol Chem 273 9357–9360; Blanc et al., 2000 Cancer Res 60 4385–4390), perchè non esprimono la caspasi-3 (Blanc et al., 2000 Cancer Res 60 4385–4390). Tuttavia se sottoposte al trattamento con [Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)] vanno incontro ad apoptosi con attivazione della caspasi-7. Questa 112 caspasi è altamente connessa alla caspasi-3, infatti entrambe in vitro possiedono lo stesso substrato sintetico (Wei et al., 2000 Chem Biol 7 423–432), suggerendo che possono avere un ruolo sovrapposto durante l‟apoptosi (Riedl et al., 2001 Proc Natl Acad Sci USA 98 790–795). La caspasi9 è noto essere coinvolta nell‟attivazione della caspasi-7, anche se sono state descritte alcune vie alternative (Boatright & Salvesen, 2003 Curr. Opin. Cell. Biol. 15 725–731). Il trattamento sia con cisplatino che con [Pt(O,O‟-acac)( -acac)(DMS)] provoca l‟attivazione della caspasi-9 che procede insieme alla caspasi-7, indicando il coinvolgimento della via apoptotica mitocondriale (Muscella et al., 2008 Br J Pharmacol. 153 34-49). In conclusione i risultati ottenuti incoraggiano la continuazione di questo studio allo scopo di chiarire i meccanismi di azione e la comprensione delle vie di trasduzione coinvolte nella risposta cellulare a questo nuovo complesso del platino (II). Si impiegherà un modello di cellule epiteliali mammarie umane in coltura primaria, coppie di colture sane e tumorali provenienti dalla stessa paziente. L‟uso di questo sistema cellulare deriva del fatto che seppur i complessi di Pt non sono il trattamento di prima linea nel cancro mammario, essi sono attivi in quello metastatico non trattato (Decatris et al., 2004 Cancer Treat. Reviews 4 53–81) e migliorano l'efficacia di altri farmaci tipo taxani o herceptina (Slamon & Pegram 2001 M. Semin. Oncol. 28 13-19). Dunque, anche in questa specifica neoplasia, lo sviluppo di nuovi composti di Pt e la loro iniziale caratterizzazione molecolare e funzionale appaiono obiettivi con importanti ricadute pratiche. Gruppo di ricerca diretto dal prof. T. Schettino: Maria Giulia Lionetto, Maria Elena Giordano, Roberto Caricato, Elisa Erroi, Antonio Calisi . Nel corso dell‟anno 2008 il gruppo di ricerca diretto dal prof. Schettino ha continuato lo studio del metalloenzima anidrasi carbonica e, in particolare, della sua sensibilità in vitro alle principali classi di contaminanti chimici ambientali, intrapreso negli anni precedenti. L‟anidrasi carbonica è un metalloenzima che catalizza la reazione reversibile di idratazione dell‟anidride carbonica a bicarbonato. Tale enzima ha un‟ampia diffusione nel mondo vivente, essendo presente in alcuni batteri, nelle piante e negli animali. Il sito attivo dell‟enzima è localizzato in una profonda tasca, situata nel centro della molecola in cui è alloggiato lo ione Zn2+ che si lega a tre residui di istidina della proteina. Nel corso del 2008, inoltre, il gruppo di ricerca del prof. Schettino ha proseguito lo studio, intrapreso negli anni precedenti, delle metallotioneine, proteine citoplasmatiche ad elevata affinità per i cationi dei metalli pesanti, su organismi sentinella della qualità del suolo, quali i lombrichi, ai fini dello studio della contaminazione del suolo da metalli pesanti. Gruppo Prof. Michele Maffia: Raffaele Acierno, Rizzello, Emanuela Urso, Daniele Vergara. Antonio Danieli, Marilena Greco, Antonia Il rame è un micronutriente essenziale presente in tracce in tutti gli organismi. Le particolari proprietà ossido-riduttive di questo ione metallo ne giustificano il ruolo come cofattore catalitico per numerosi enzimi coinvolti in processi biochimici basilari (respirazione mitocondriale, difesa cellulare contro lo stress ossidativo). La stessa natura reattiva dello ione rame, se non opportunamente “gestita” dalla cellula, può dare origine alla formazione di radicali idrossilici, in grado di danneggiare irreversibilmente lipidi, proteine ed acidi nucleici. Per questo motivo, il metabolismo cellulare del rame è finemente regolato da una complessa rete di trasportatori e proteine “chaperon”. Il carrier Ctr1 media selettivamente l‟ingresso degli ioni Cu(I) nelle cellule. Recentemente è stato, inoltre, dimostrato come anche la proteina DMT1 sia in grado di trasportare ioni rame in forma mono- e divalente. Tuttora controverso è il ruolo della Proteina Prionica Cellulare PrPC, che, localizzata sul versante extracellulare delle membrane cellulari e data l‟elevata affinità di legame per gli ioni Cu(II), sembrerebbe potenzialmente in grado di mediare l‟uptake cellulare del metallo. Non esistono, tuttavia, prove dirette e inconfutabili che questo avvenga. Nel compartimento citosolico, tre proteine “chaperon”, Atox1, CCS e Cox17 veicolano il rame verso specifici compartimenti subcellulari ed enzimi che lo richiedono come cofattore, rispettivamente le membrane dell‟apparato di Golgi, la Superossido dismutasi citosolica e i 113 mitocondri. L‟efflusso cellulare dello ione avviene essenzialmente ad opera delle proteine di Menkes (ATP7A) e Wilson (ATP7B), ATPasi di tipo P localizzate a livello dell‟apparato di Golgi, dove presiedono all‟incorporazione del rame nella struttura dei cuproenzimi. In presenza di un eccesso del metallo nel citosol, entrambe si localizzano a livello della membrana plasmatica, mediandone l‟efflusso. Sebbene sia ormai ben noto il coinvolgimento di dismetabolismi del rame nell‟insorgenza di numerose patologie neurodegenerative, in ogni caso legate ad un ridotto assorbimento dello ione e/o ad una distribuzione tissutale deficitaria, i meccanismi che regolano l‟omeostasi cellulare dello ione a livello nervoso sono ancora poco chiari. Per questa ragione, la presente Unità Operativa ha orientato la propria attività di ricerca alla ricostruzione dei meccanismi che sovrintendono all‟omeostasi cellulare dello ione rame in un modello di origine nervosa esposto a carenza di rame. In particolare, gli studi sono stati condotti su una linea cellulare derivata dal Sistema Nervoso Centrale di ratto (linea B104). L‟utilizzo della trientina, comune chelante degli ioni rame e farmaco largamente utilizzato nel trattamento del morbo di Wilson, ci ha consentito di riprodurre sperimentalmente una condizione di deficit di rame extracellulare. Preliminarmente è stato effettuato uno studio della vitalità cellulare (MTT test, test di esclusione del Trypan Blue) in risposta al trattamento con dosi crescenti di trientina (0-100 μM) per 48 e 96 ore. Sulla base dei dati acquisiti, si è scelto di impiegare per le successive valutazioni una concentrazione di trientina nel mezzo extracellulare pari a 15 μM, valore in corrispondenza del quale si è osservata una modesta riduzione della vitalità cellulare dopo 96 ore di trattamento e, presumibilmente, sono evidenziabili delle alterazioni del metabolismo cellulare non riconducibili all‟attivazione dei meccanismi tipicamente associati alle fasi conclusive del processo di morte cellulare. Per chiarire in che misura una carenza di rame rappresenti uno stimolo pro-apoptotico, si è scelto di utilizzare come parametro di riferimento l‟attività dell‟enzima caspasi-3 (test colorimetrico basato sulla quantificazione spettrofotometrica dell‟attività proteolitica sul substrato cromogeno DEVD-pNA). Un aumento dell‟attività proteasica, sebbene modesto, è stato osservato in risposta al trattamento con trientina per 24, 48 e 96 ore, a conferma dell‟induzione di una condizione di stress ossidativo nel modello B104 . Allo scopo di evidenziare l‟eventuale attivazione di meccanismi di regolazione trascrizionale in risposta ad una ridotta disponibilità di rame nel mezzo extracellulare, sono state condotte delle analisi di tipo Real Time PCR su campioni di RNA estratto da cellule pre-incubate in presenza di trientina per 48 e 96 ore. L‟attenzione è stata focalizzata sulle principali proteine coinvolte nel trasporto cellulare degli ioni rame, quali il trasportatore ad elevata affinità Ctr1, la proteina DMT1, la proteina prionica cellulare PrPC, il cui coinvolgimento è tuttora presunto, e la proteina di Menkes (ATP7A). I dati acquisiti sono stati integrati da un‟analisi dei livelli di espressione proteica mediante Immunoblotting. Lo studio dei livelli di trascritto relativi al trasportatore Ctr1 (gene SLC31A1) nelle cellule esposte a deprivazione di rame ha evidenziato un lieve e significativo incremento rispetto alla condizione di coltura standard (test ANOVA, p<0.05), indipendentemente dalla durata del trattamento. Data l‟elevata riproducibilità del risultato acquisito (basso indice di variabilità interassay), si può ragionevolmente ritenere che una carenza di rame intracellulare incida sul processo di trascrizione del gene SLC31A1, dato confortato in letteratura da un recente articolo, che illustra come in cellule di mammifero i livelli di trascritto relativi al carrier hCtr1 siano correlati in maniera inversa con la disponibilità di rame attraverso l‟intervento del fattore si trascrizione Sp1 [Song I.-S. et al. (2008) Mol Pharmacol 74: 705-713]. A dispetto di un maggior quantitativo di messaggero, l‟espressione proteica del trasportatore Ctr1 in risposta a carenza di rame è risultata invariata. Questa apparente discrepanza suggerisce la possibilità che la proteina possa essere soggetta a meccanismi di regolazione post-traduzionale (es. endocitosi seguita da degradazione), funzionali ad un‟intensificazione dell‟intake cellulare di rame. Per quanto concerne la proteina prionica cellulare PrPC, si è potuto rilevare come un inadeguato apporto di rame nel mezzo extracellulare generi nelle cellule B104 un incremento graduale dei livelli di mRNA, fino a sette volte il valore standard dopo 96 ore di trattamento con trientina. A questo dato ha fatto riscontro un aumento dell‟espressione proteica, già consistente dopo 48 ore di incubazione in presenza del chelante (test ANOVA, p<0.01). Protraendo il 114 trattamento per 96 ore, l‟incremento è risultato ancora più evidente rispetto ai livelli di espressione standard (ANOVA, p<0.001). Nell‟insieme, i dati acquisiti dimostrano un coinvolgimento della proteina prionica nei meccanismi di regolazione dell‟omeostasi cellulare dello ione rame. Per quanto riguarda il trasportatore DMT1, non è stata constatata nelle B104 alcuna variazione nei livelli di espressione in risposta a carenza di rame. Nel caso della proteina di Menkes, come atteso, è stato ottenuto un risultato analogo. E‟ noto, infatti, come il coinvolgimento della proteina nei meccanismi di regolazione dell‟omeostasi cellulare del rame passi esclusivamente attraverso una ridistribuzione subcellulare della proteina subordinata ai livelli citosolici dello ione. Lo studio di possibilii alterazioni dei flussi cellulari del metallo in risposta alle condizioni sperimentali sopra descritte è stato condotto tramite una metodica di analisi fluorimetrica basata sull‟utilizzo dell‟indicatore fluorescente sensibile al rame Phen Green SK. Sono state elaborate le curve cinetiche relative all‟uptake di rame in cellule controllo e trattate con trientina per 48 e 96 ore. Il profilo della curva riferita alle cellule B104 deprivate di rame per 48 ore è risultato nettamente distinto da quello iperbolico, caratteristico di cellule tenute in coltura in condizioni standard. In particolare, per concentrazioni di rame extracellulare inferiori a 0.5 μM, la velocità di uptake è risultata maggiore rispetto a quanto osservato per le colture controllo. In presenza di concentrazioni di rame superiori a 0.5 μM, è stata osservata, invece, una graduale riduzione dei valori di velocità. Tale andamento bifasico potrebbe essere interpretato alla luce del dato sperimentale sopra riportato, relativo all‟induzione di una maggiore espressione della PrPC in risposta a carenza di rame cellulare. La proteina prionica, in virtù della sua elevata affinità per gli ioni Cu2+, potrebbe essere responsabile dei flussi rapidi di rame in ingresso nelle cellule osservati in presenza di basse concentrazioni extracellulari dello ione (fino a 0.5 μM). L‟accumulo di ioni nel citosol potrebbe, per concentrazioni di rame extracellulare superiori a 0.5 μM, indurre l‟attivazione di un pool di CuATPasi deputate all‟efflusso cellulare del rame in eccesso, determinando, così, un‟apparente riduzione della velocità di ingresso cellulare dello ione. Rispetto alla curva cinetica riferita al trattamento con trientina per 48 ore, il contributo del carrier Ctr1 risulta poco probabile, date le sue caratteristiche di affinità per il substrato (Km 1-5 μM) ed il range di concentrazioni di rame testate. Tuttavia, non si può escludere che questo trasportatore coadiuvi secondariamente la proteina prionica nel processo di trasporto ionico. E‟ stato dimostrato come gli ioni Cu2+ stimolino l‟endocitosi della proteina prionica cellulare. E‟ possibile che il rame rilasciato nelle vescicole intracellulari, evidentemente più concentrato che nel mezzo extracellulare, attivi, previa riduzione (Cu+), i trasportatori Ctr1 presenti sulle membrane, consentendo il passaggio del metallo nel citosol. Per quanto riguarda lo studio del trasporto di rame in cellule B104 deprivate di rame per 96 ore, il profilo della curva cinetica elaborata è risultato simile a quello ottenuto per le cellule controllo, sebbene sia stata rilevata una riduzione del valore della velocità massimale, come probabile conseguenza di un minor numero di trasportatori attivi. L‟ipotesi che la proteina prionica possa essere uno degli interpreti principali dei flussi di rame in ingresso nella cellula ha suggerito una serie di indagini mirate a valutare in che misura il trasporto cellulare di rame possa essere compromesso dalla rimozione enzimatica della proteina prionica ancorata al versante extracellulare della membrana plasmatica o dall‟inibizione dei processi di endocitosi. In entrambi i casi, è stata riscontrata una sensibile riduzione dei flussi rapidi di rame in ingresso nelle cellule, a conferma di un effettivo coinvolgimento della PrP C in questi processi. Al fine di studiare in modo dettagliato gli effetti di un‟alterata disponibilità di rame sulla morfologia cellulare, è stato intrapreso uno studio mediante Microscopia a Forza Atomica. Preliminarmente sono state acquisite delle immagini in scala nanometrica da colture controllo della linea B104 e sono state effettuate delle ricostruzioni tridimensionali, per poter avere una visione dettagliata della superficie cellulare. Si è proceduto, quindi, con un‟analisi di preparati ottenuti da colture esposte a deprivazione di rame per intervalli di tempo crescenti e ad un eccesso dello ione per pochi minuti. L‟indagine, condotta su più linee cellulari (B104, SH-SY5Y, GN11, HeLa), è tuttora in corso e ha fornito degli spunti interessanti, che meritano, però, un ulteriore approfondimento. Nell‟intento di proporre un nuovo approccio all‟analisi dell‟interazione tra la proteina prionica cellulare e gli ioni Cu2+, si è deciso di intraprendere uno studio mediante Spettroscopia Raman. 115 L‟impiego di questa tecnica estremamente sensibile e non invasiva consente, infatti, di caratterizzare i campioni biologici da un punto di vista biomolecolare attraverso l‟acquisizione di spettri che forniscono informazioni sui gruppi funzionali e sui loro modi vibrazionali. Nel caso della linea cellulare B104, si è lavorato preliminarmente alla messa a punto di substrati di crescita tali da intensificare i segnali di emissione durante l‟acquisizione degli spettri, riducendo, allo stesso tempo, i segnali aspecifici (Surface-enhanced Raman Spectroscopy). In particolare, le cellule sono state tenute in coltura su vetrini trattati con una soluzione colloidale d‟oro e sono stati acquisiti gli spettri Raman prima e dopo una breve incubazione delle cellule in presenza di rame. Il confronto dei profili così ottenuti ha consentito di evidenziare delle variazioni, che, sulla base dei dati disponibili in letteratura, è stato possibile porre in relazione con la formazione di legami tra gli ioni rame e la porzione N-terminale della proteina prionica. L‟analisi descritta è stata riproposta utilizzando altre linee cellulari (SH-SY5Y, GN11, HeLa) e comparando parallelamente i livelli di espressione della PrPC mediante Western Blotting. Lo studio degli spettri acquisiti prima e dopo una breve incubazione delle colture in presenza di rame ha rivelato come per ciascuna linea cellulare l‟entità delle variazioni registrate sia proporzionale ai livelli di espressione della PrPC. Questo dato suggerisce la possibilità concreta che la Spettroscopia Raman possa configurarsi come strumento di quantificazione dei livelli di espressione della proteina prionica cellulare in sistemi biologici complessi. 116 UNITA’ DI RICERCA DI SIENA Direttore Scientifico: Prof. Piero Zanello Come ormai tradizionale, l'Unità di Ricerca di Siena nel corso del 2008 ha proseguito ricerche e studi su molecole di interesse biomedico e farmacologico avvalendosi delle competenze specifiche dei diversi gruppi componenti l‟unità, competenze che spaziano dalla sintesi alla caratterizzazione chimico-fisica (strutture molecolari mediante tecniche a Raggi X e mediante tecniche spettroscopiche, proprietà elettro- e spettroelettro-chimiche e capacità complessante di metalloleganti mediante misure calorimetriche), alla caratterizzazione farmaco-bio-medicale. Gran parte di tali indagini sono state condotte in collaborazione con gruppi di ricerca sia nazionali, che internazionali. 1. Gruppo di ricerca del Professor Piero Zanello Nel corso dell'anno 2008 sono proseguite collaborazioni pluriennali col gruppo del Professor L. Messori (Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze) e col gruppo della Professoressa D. Fregona (Dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università di Padova) mirate alla determinazione della capacità ossido-riduttiva di molecole di potenziale interesse bio-medico. In particolare, in collaborazione con l‟Unità di Firenze sono state studiate le proprietà redox di una serie di complessi binucleari di Au(III), determinando una correlazione tra potenziale di ossidazione ed effetti citotossici. La collaborazione con l‟Unità di Padova ha riguardato indagini elettrochimiche e spettroelettrochimiche su complessi di Cu(II) e Ru(III) con leganti ditiocarbammati, che hanno dimostrato attività citotossica nei confronti di un ampio numero di linee tumorali umane. 2. Gruppo di ricerca dei Professori Vomero, Anzini, Cappelli. L‟attività scientifica svolta nel 2008 dal gruppo di ricerca dei Prof. Vomero, Anzini, Cappelli ha riguardato: a) lo sviluppo di traccianti per la tomografia ad emissione di positroni (PET); b) la progettazione la sintesi, la caratterizzazione strutturale, e farmacologica di composti eterociclici di interesse farmaceutico; c) la sintesi, caratterizzazione e lo studio delle potenziali applicazioni nel rilascio controllato di farmaci di matrici polimeriche innovative. 3. Gruppo di ricerca del Professor Mario Casolaro Durante l‟anno 2008, la ricerca del Dr. Mario Casolaro ha riguardato lo sviluppo applicativo di nuovi idrogeli polimerici sensibili a varie sollecitazioni esterne (pH, temperatura, concentrazione e tipo di sale, potenziale elettrico). La potenziale applicazione nel rilascio di metallo-farmaci è stata valutata su idrogeli a base di acrilati con residui di istidina e/o fenilalanina. Il rilascio di cisplatino e la sua attività citotossica si è dimostrata positiva solamente quando il farmaco viene caricato da semplice soluzione acquosa. La presenza di DMSO inibisce ogni attività citotossica. 4. Gruppo di ricerca del Professor Giuseppe Campiani Nel corso del 2008, in linea con le esperienze di ricerca del Prof Campiani, sono proseguite le ricerche chimico-farmaceutiche nei settori delle malattie neurodegenerative, delle malattie neuropsichiatriche, nel campo dei farmaci antienzimatici, nel settore dei farmaci antimalarici, antivirali, anti-HIV ed anti-HCV, nel settore dei farmaci antitumorali a struttura taxanica o a struttura eterociclica e nel campo dei diagnostici per malattie causate da prione e amiloide. 5. Gruppo di ricerca del Professor Gianni Valensin Nel corso del 2008 il gruppo del Prof. Gianni Valensin ha proseguito nello studio sull linee di ricerca riguardanti: 117 (a) studi spettroscopici (NMR, EPR e UV-Vis) e potenziometrici delle interazioni tra ioni metallici (Cu, Zn, Fe, Mn) e sequenze di proteine coinvolte in alcuni processi neurodegenerativi (Alzheimer‟s e prioni); (b) studi spettroscopici e cristallografici di metallo-proteine e metallo-peptidi. Studi NMR paramagnetici di metallo-peptidi; (c) folding e aggregazione di proteine: metalli e biomolecole nelle malattie conformazionali; (d) Studio dell‟interazione tra antibiotici amino glicosidici, ioni Cu(II) e frammenti di RNA. 6. Gruppo di ricerca del Professor Renzo Cini Nel corso dell‟anno 2008 è continuata la ricerca su complessi metallici come potenziali farmaci. La strategia di ottenere farmaci multivalenti grazie alla combinazione delle attività farmacologiche dei leganti con quelle del metallo ha dato promettenti risultati nel caso di complessi rame-oxicam, che hanno mostrato attività anticancro selettiva in vitro per una serie di tumori maligni umani. Come in passato, è stata curata la sintesi dei complessi, la loro caratterizzazione strutturale mediante metodi diffrattometrici e di chimica computazionale, la loro reattività con proteine ed altre biomolecole. Sono stati effettuati studi ab initio e funzionali di densità su complessi metallici e addotti substrato proteina. È continuato e si è intensificato lo studio di carico e rilascio dei complessi preparati in questo progetto su e da idrogeli di sintesi preparati e caratterizzati dal collega Mario Casolaro nell‟ambito della cooperazione all‟interno del CIRCMSB-Unità di Siena. Lo scopo di questo studio è quello di realizzare delle vie di somministrazione di farmaci a base di metalli, che siano efficaci ed in grado di ridurre gli eventuali effetti collaterali indesiderati dei farmaci stessi. Infine sono stati effettuati studi analitici con tecniche di assorbimento atomico e plasma induttivamente accoppiato – spettrometria di massa per la determinazione di metalli nel sangue di pazienti affetti da malattie autoimmuni del tipo reumatico, sclerosi sistemica. Sono state studiate possibili relazioni con la patologia e lo stile di vita dei pazienti. 118 UNITA’ DI RICERCA DI TORINO Direttore Scientifico: Prof. Silvio Aime L‟attivita‟ di ricerca dell‟Unita‟ di Torino si e‟ articolata lungo le seguenti linee e i risultati ottenuti sono stati oggetto di 41 pubblicazioni a stampa. Complessi paramagnetici per applicazioni MRI Nel settore degli agenti CEST il lavoro si e‟ focalizzato sullo studio di sistemi liposomiali (LipoCEST) nei quali il “pool” di protoni scambiabili e‟ rappresentato dalle molecole di acqua contenute nella cavita‟ liposomiale la cui frequenza di assorbimento e‟ stata opportunamente “shiftata” (da quella dell‟acqua-solvente) mediante l‟agginta di un opportuno reagente di shift.Un risultato importante ha riguardato la messa a punto di una procedura in grado di generare liposomi non sferici in grado di orientarsi in presenza di un campo magnetico venendo a generare sistemi dotati di alta sensibilita‟ nell‟esperimento CEST. Su questi sistemi e‟ stata approfondita la relazione tra la formulazione della membrana liposomiale e la sua permeabilita‟ all‟acqua e sono stati valutati gli effetti associati all‟uso di nuovi complessi polinucleari (nella cavita‟ acquosa) e anfipatici (nella membrana). Nel processo di ottimizzazione della metodica CEST, un altro aspetto ha riguardato la messa a punto di una procedura di analisi delle immagini che limita significativamente la possibilita‟ di generare artefatti. Nell‟ambito dei chelati di Gd(III) ad elevata stabilita‟ termodinamica e cinetica e caratterizzati dal possedere due molecole di acqua nella loro sfera di coordinazione, si e‟ proceduto con l‟ottimizzazione dei leganti della serie HOPO (in collaborazione con L‟Unita‟ di Ricerca del Piemonte Orientale e con il Dipartimento di Chimica dell‟Universita‟ di Berkeley). In un‟altra direzione si e‟ sviluppato uno studio mediante tecniche di NMR bidimensionale che ha portato alla definizione della struttura in soluzione dell‟addotto supramolecolare tra la proteina che lega gli acidi biliari e un complesso di Gd(III) che presenta epato-tropismo (in collaborazione con l‟Universita‟ di Verona). Il sistema Gd-AAZTA e‟ stato ulteriormente approfondito e sono state ottenute le strutture allo stato solido di alcuni complessi rappresentativi della serie dei lantanidi. Con ricercatori dell‟Universita‟ di Muenster sono stai studiati nuovi sistemi nanodimensionali che possono funzionare come agenti duali per MRI e Imaging ottico. Un derivato lipofilo di AAZTA contenente due catene lipofile in grado di formare micelle caratterizzate da un valore di cmc estremamente basso e‟ stato utilizzato per mettere a punto una nuova procedura di “labeling” cellulare. Le micelle di questo complesso anfifilico sono cariche negativamente e pertanto possono essere raccolte da un polipeptide carico positivamente (es. poliarginina) il quale interagisce anche con residui negativi sulla superficie cellulare. Per questa strada e‟ stato possibile dimostrare che si possono “labellare” cellule senza internalizzare la sonda paramagnetica che, viceversa, viene ad essere tenuta “al guinzaglio” dal “linker” polipeptidico. L‟intero settore delle particelle di nanodimensioni per la diagnostica MRI e‟ stata oggetto di una review su Coord.Chem.Rev. Una nouva direzione nell‟utilizzo di particelle per applicazioni nel settore dell‟”Imaging-guided Drug Delivery” ha portato alla sintesi e caratterizzazione di microsfere a base di carbonio contenenti ossido di Gd(III). Un‟altra attivita‟ in questo campo ha portato alla sintesi di un sistema costituito da un carborano, un complesso di Gd(III) e una catena alifatica che ne permette l‟inclusione nella struttura delle lipoproteine. Il sistema verra‟ utilizzato inelle applicazioni della terapia a cattura di neutroni per la quale e‟ necessario disporre di un metodo che informi sulla concentrazione della sonda al “target” tumorale. Il complesso di Gd(III) svolge quetso ruolo permettendo, attraverso l‟ossevazione MRI, la misura della concentrazione locale della sonda. Altri studi hanno riguardato la determinazione della stabilita‟ termodinamica e cinetica dei complessi di Gd(III), un settore che e‟ ritornato di grande attualita‟ a seguito della scoperta di casi di NSF (Nephrotic Systemic Fibrosis) in pazienti in dialisi ai quali erano stati somministrati agenti di contrasto a base di complessi di Gd(III) caratterizzati da una insufficiente stabilita‟. E‟ stato da noi suggerito che analoghe situazioni di rischio potrebbero incontrarsi nell‟uso del carbonato di lantanio approvato per uso orale nei pazienti sottoposti a dialisi per eliminare i fosfati. 119 Molecole para-idrogenate Quando la molecola del para-idrogeno e‟ addizionata ad un substrato insaturo e‟ possibile ottenere prodotti che presentanto una risposta NMR che e‟ diversi ordini di grandezza superiore a quella ottenibile dalla stesso campione quando si e‟ ristabilito l‟equilibrio termodinamico tra l‟orto e il para idrogeno. L‟ordine di spin del para-idrogeno puo‟ essere trasferito ad eteronuclei presenti sulla stessa molecola rendendo cosi‟ possibile l‟acquisizione di immagini MR altrimenti non possibili. Poiche‟ l‟effetto di iperpolarizzazione scompare con il rilassamento longitudinale del nucleo in questione e‟ necessario selezionare molecole nelle quali sia possibile trasferire l‟effetto del paraidrogeno ad un nucleo caratterizzato da un lungo T1. La nostra ricerca e‟ consistita nel mettere a punto tutta la filiera per questo tipo di applicazione, dall‟apparecchiatura per la preparazione del para-H2, al reattore per la reazione di idrogenazione, la metodolologia per una rapida separazione del solvente organico e del catalizzatore e la dissoluzione in acqua, fino all‟acquisizione dell‟immagine. Un risultato particolarmente interessante ha riguardato la messa a punto di una procedura di separazione basata sulla diversa solubilita‟ in acqua del reagente rispetto al prodotto idrogenato permettendo cosi‟ la messa a punto di una procedura di idrogenazione in un sistema bifasico. Come corollario di questi studi e‟ stato possibile approfondire la comprensione del meccanismo di isomerizzazione delle olefine durante l‟idrogenazione catalitica. Procedure di Imaging Molecolare In collaborazione con gruppi di Biologi sono state messe a punto nuove procedure di imaging molecolare. Un importante “target” in diagnostica riguarda la messa a punto di efficienti procedure di marcatura delle cellule in modo da poterle seguire a seguito della loro somministrazione “in vivo”. A questo fine il nostro gruppo ha messo a punto due procedure: 1) internalizzazione cellulare di liposomi contenenti un elevata concentrazione di complessi di Gd(III) nella loro cavita‟ acquosa. L‟internalizzazione e‟ mediata dal recettore CD44 che viene riconosciuto attraverso la copertura del liposoma cationico con l‟acido ialuronico (carico negativamente); 2) funzionalizzazione esterna delle cellule attraverso l‟ancoraggio sulla loro superfice di micelle/liposomi portanti complessi paramagnetici di Gd(III). Il nostro studio si e‟ focalizzato sulle caratteristiche del “linker” che lega le nanoparticelle alla membrana cellulare. Altri studi hanno riguardato la caratterizzazione della permeabilita‟ dei vasi in formazione per fornire nuove indicazioni diagnostiche sull‟aggressivita‟ di un tumore. Altri sistemi “vettorializzati” con peptidi sono stati preparati e caratterizzati in collaborazione con l‟Unita‟ di Napoli. Si tratta di sistemi micellari contenenti un elevato numero di Gd in grado di superare i problemi della scarsa sensibilita‟ delle sonde MRI. Utilizzo di ultrasuoni e microonde nelle reazioni Il gruppo del Prof. G.C.Cravotto ha sviluppato ulteriori studi atti a sfruttare ultrasuoni e microonde nella sintesi chimica. E‟ stato dimostrato come l‟utilizzo di queste stimolazioni fisiche portano ad una notevole accellerazione della velocita‟ di reazione con un marcato aumento della resa. In particolare sono state studiate alcune reazioni per le quali la semplice attivazione termica non permette l‟isolamento di quantita‟ significative di prodotto. E‟ stato anche indagato l‟uso di cristalli ionici in presenza di ultrasuoni e microonde come pure l‟uso di ultrasuoni nella decontaminazione dell‟amianto. Altre applicazioni hanno riguardato la sintesi di legandi per ioni lantanoidei da utilizzare come mezzi di contrasto per applicazioni MRI. Studi spettroscopici Il Prof. R.Gobetto e i suoi collaboratori hanno continuato lo studio delle proprieta‟ fotofisiche di complessi di metalli di transizione per potenziali impieghi quali sensori andando, in particolare, a mettere in evidenza, con il supporto di studi computazionali, il meccanismo di dissociazione dei leganti in complessi foto-attivabili del Ru.. Inoltre, questo gruppo di ricerca ha messo a punto procedure di NMR allo stato solido per la caratterizzare il polimorfismo di prodotti di interesse farmaceutico. L‟utilizzo di tecniche di NMR allo stato solido ha permesso di mettere in evidenza interazioni deboli in sistemi supramolecolari. 120 UNITA’ DI RICERCA DI TRIESTE Direttore Scientifico: Prof. Ennio Zangrando COMPOSTI ANTITUMORALI DI RUTENIO Enzo Alessio, Ioannis Bratsos, Teresa Gianferrara, Ennio Zangrando L‟attività di ricerca svolta è suddivisibile sostanzialmente in due parti: 1) processo di avvio della sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio denominato NAMI-A. 2) Progettazione e sintesi di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale. 1. Sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio NAMI-A. La fase clinica 1-2 del NAMI-A (Figura 1) in combinazione terapeutica con il farmaco gemcitabina, di cui è sponsor il Dipartimento di Scienze Chimiche, è iniziata (seppur CH3 con notevole ritardo rispetto alla tempistica prevista) in ottobre 2008. Lo H3C O S studio clinico si divide in due fasi, A e B. Il protocollo finale prevede Cl Cl HN NH l‟arruolamento di (almeno) 15 pazienti affetti da NSCLC per la fase A Ru Cl dello studio, volta a stabilire il dosaggio ottimale dell‟associazione NAMI- Cl N A + Gemcitabina, seguito dall‟arruolamento di ulteriori 27 pazienti (più i NAMI-A sopravviventi provenienti della Fase A). Al momento attuale si prevede HN che la Fase A possa essere terminata entro Aprile 2009. 2. Progettazione e sintesi di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale. Per quanto riguarda questo punto, sono stati preparati dei nuovi complessi “half-sandwich” di rutenio strutturalmente simili a composti organometallici sviluppati da altri gruppi europei (Figura 2). Composti organometallici “half-sandwich” di formula generale [Ru(η6-arene)(X)(L)]+ dove L è un legante chelante bidentato ed X è un gruppo uscente anionico, hanno dimostrato di possedere attività antitumorale in vitro (su linee cellulari tumorali) ed in R vivo verso modelli animali. La natura dei composti halfS S S sandwich di Ru(II) è tale da consentire di variare la natura dei Ru Ru principali componenti: il legante uscente monodentato X, che solitamente è anionico (tipicamente cloruro), il legante [9]aneS3 bidentato L (tipicamente etilendiammina) ed il legante facecapping. La natura del gruppo uscente, che occupa il sito di legame sul centro metallico destinato alla coordinazione delle bio-molecole target, è importante nel controllare la tempistica di attivazione (i.e. idrolisi) del composto. Si ritiene che il chelante L influenzi la stabilità e le cinetiche di scambio del legante uscente X, mentre la natura del legante facciale può influire sull‟uptake cellulare e sulle interazioni con i potenziali target biologici, ed inoltre può essere opportunamente derivatizzato. Rispetto ai noti composti organometallici, i nuovi composti di rutenio da noi preparati presentano come legante “face capping” un macrociclo solforato, l‟1,4,7-tritiociclononano, al posto del frammento aromatico. Abbiamo dimostrato che l‟arene può essere sostituito da altri leganti facciali (face-capping) senza perdere attività in modo rilevante, mentre è molto più importante la natura del chelante L: la sostituzione dell‟etilendiammina con altri chelati azotati (e.g. 2,2'-bipiridile) ha portato alla scomparsa della citotossicità in vitro. Queste correlazioni struttura-attività sono estremamente importanti per sviluppare in futuro nuovi composti di questo tipo dotati di attività antitumorale. BIOCRISTALLOGRAFIA L. Randaccio, S. Geremia, J. Wuerges, N. Demitri, M. De March Complessi della fosfodiesterasi umana Questa ricerca, riguardante l‟espressione, purificazione e caratterizzazione strutturale di complessi della fosfodiesterasi umana (famiglia PDE4) con nuovi inibitori, è condotta in collaborazione con il laboratorio diretto dal Dott. Gianluca Tell presso l‟Università degli Studi di Udine. Il ruolo delle 121 PDE sia fondamentale in patologie infiammatorie (come asma, psoriasi e dermatite allergica), rilevanti sono perciò gli studi orientati verso lo sviluppo di farmaci specifici in grado di regolare selettivamente l‟attività di questi enzimi. Si è cercato di ottimizzare le procedure sperimentali di espressione e purificazione del dominio catalitico della proteina PDE4B2 fusa con l‟His-Tag per ottenere grandi quantità di proteina purificata idonea agli studi di tipo strutturale. Studi strutturali su sistemi supramolecolari I sistemi supramolecolari in linea generale sono caratterizzati da interazioni intermolecolari noncovalenti generalmente deboli. La classe dei cavitandi, molecole organiche, che nella loro struttura semirigida presentano una sorta di cavità di dimensioni almeno pari a quelle di piccoli ioni, atomi o molecole, si è rivelata particolarmente interessante per lo sviluppo di sistemi supramolecolari di tipo host-guest [Cram, D.J., Science, 1983. 219: 1177]. La classe dei resorcinareni con gruppi fosfonici a ponte sul bordo superiore è stata particolarmente studiata perché l‟introduzione del gruppo fosfonico in strutture di questo tipo permette di sfruttare le proprietà basiche dell‟atomo di ossigeno legato al fosforo per la complessazione di guest cationici [Delangle, P. and J.P. Dutasta, Tetrahedron Letters, 1995. 36(51): 9325]. Questo lavoro di ricerca, che si inserisce all‟interno di una proficua collaborazione tra il Dipartimento di Chimica Organica e Industriale dell‟Università di Parma (Prof. E. Dalcanale) e il Dipartimento di Scienze Chimiche - Centro di Eccellenza di Biocristallografia dell‟Università di Trieste (Prof. S. Geremia), prevede la cristallizzazione e lo studio strutturale mediante diffrazione di raggi-X da cristallo singolo di sistemi supramolecolari di tipo host-guest, ottenuti per cocristallizzazione di resorcinareni fosfonati e tiofosfonati diversamente funzionalizzati. La molecola analizzata in questo progetto (in seguito chiamata omopolimero) è un cavitando funzionalizzato con quattro gruppi fosfonici in configurazione iiii sul bordo superiore e con un gruppo metilpiridinio al bordo inferiore (Figura 1). O O P OO N+ O O O PO O PO O O O P O Figura 1: omopolimero Sono stati condotti numerosi tentativi di cristallizzazione per evaporazione da diverse miscele di solventi (diclorometano, cloroformio, toluene, acetonitrile, acetone e miscele di questi) che hanno sempre portato all‟ottenimento di solidi di natura vetrosa o a piccoli cristalli con elevata tendenza a sfiorire per perdita di solvente. L‟impaccamento cristallino mostra una struttura polimerica in cui la porzione guest (gruppo metilpiridinio) interagisce con i residui fosfonici dell‟anello superiore di una molecola relazionata da simmetria cristallografica che si comporta da host. Ciascuna delle due molecole cristallograficamente indipendenti dà quindi origine a due catene simili ma cristallograficamente indipendenti che si sviluppano tra loro in senso antiparallelo lungo la faccia ac della cella elementare formando dei piani di righe alternate antiparallele. Ciascuna catena è a diretto contatto con altre quattro catene disposte in senso antiparallelo lungo la diagonale ac. In questo modo si viene a creare un tipico pattern a scacchiera. Numerose molecole di solvente (trifluoroetanolo e metanolo) sono state identificate negli interstizi tra le catene. Struttura citocromo c in presenza di ioni nitrato Sono stati analizzati e processati nuovi dati di diffrazione derivanti da cristalli di citocromo c contenenti il gruppo eme nella forma completamente ossidata, prodotti nel laboratorio del Prof. L.Messori nell‟Università di Firenze. I risultati ottenuti ci hanno permesso di effettuare un 122 confronto con i vecchi dati e di aggiornare le strutture completando il lavoro. Sono presenti 21.5 e le 18 molecole di ione nitrato sulla superficie delle tre molecole cristallograficamente indipendenti del ferri- e del ferro-citocromo c, rispettivamente. La mappatura completa delle superfici elettrostatiche di entrambe le strutture della proteina nelle forme completamente ossidata e ridotta mostra la presenza di 26 siti di riconoscimento totali generati dalle interazioni fra gli ioni nitrato e le catene laterali degli aminoacidi della proteina e visualizzati in modo da identificarne la frequenza sulle tre molecole cristallograficamente indipendenti (Figura 1). 18 siti sono presenti sia sulla superficie della forma ossidata sia sulla superficie della forma ridotta mentre 8 siti caratterizzano distintamente il ferri- dal ferro- citocromo c. I nuovi dati riconfermano la posizione del sito (XII), comune ad entrambe le forme, che si trova conservato nelle tre molecole cristallograficamente indipendenti e che probabilmente rappresenta il sito in cui avviene il trasferimento elettronico che porta alla ossidazione/riduzione del centro metallico. XXIV XV XXV I II XVIII XXIII III XIII XIV XXVI VII XVII VIII IV IX V VI XXII XXI XX XIX X XVI XII XI Figura 1. Mappatura sperimentale dei 26 siti di interazione ione nitrato-proteina sulla superficie del citocromo c da cuore di cavallo. I siti comuni alle forme ossidata e ridotta sono visualizzati in giallo (il sito XII in particolare è localizzato nella regione del trasferimento elettronico). I siti colorati in giallo limone e verde sono più frequenti nella forma ossidata mentre i siti colorati in giallo paglierino e giallo-arancione sono piu frequenti nella forma ridotta. Infine i siti caratteristici solo della forma ossidata e solo della forma ridotta sono colorati in verde scuro e arancione, rispettivamente. Studio biocristallografico di un nuovo recettore per le xantine: KE1 E‟ uno studio volto alla caratterizzazione strutturale di un nuovo peptide di 35 aa in grado di legare i derivati naturali della xantina quali caffeina, teofillina e teobromina. Il peptide Ke1, caratterizzato da due eptadi uguali ripetute in tandem all‟ N-terminale e al C-terminale (KVSALKE) con una unica sequenza centrale (QFLCLMF), è stato sintetizzato nel laboratorio del Dr. F.Berti in collaborazione con il gruppo del Prof. R.Marzari al dipartimento di Biologia grazie alla tecnica del fage display. Dati teorici evidenziavano come la strutturazione del peptide legato alla teofillina portasse alla formazione di due regioni ad -elica collegate con un loop centrale in cui le catene laterali delle due fenilalanine formassero interazioni di tipo -stacking con l‟anello aromatico del derivato. Allo stesso modo, studi di dicroismo circolare supportavano l‟ipotesi di una interazione fra i due composti. La struttura secondaria della catena polipeptidica mostra la formazione di una unica regione ad -elica che si estende dall‟ N-terminale al C-terminale comprendendo anche l‟eptade centrale a differenza della struttura di tipo helix-loop-helix, calcolabile a tavolino dalla sequenza usando il programma COIL. L‟impaccamento mostra inoltre una struttura super-secondaria caratterizzata da un motivo a tre eliche parallele di tipo coiled-coil molto raro in natura (Figura 2a, 2b). 123 Figura 2. a. Struttura secondaria del peptide Ke1 a formare un trimetro di tipo parallelo. I C sono visualizzati in cartoon mentre le catene laterali in stick. b.. Impaccamento cristallino (in giallo la molecola cristallograficamente indipendente). Le catene laterali dei due residui di Phe16 e Phe21, localizzate su due assi di simmetria, stanno rispettivamente sul lato interno ed esterno della superstruttura. In particolare la catena laterale della Phe16 mostra delle interazioni con le catene laterali della Met20 e della Gln15 stabilizzando in questo modo la formazione dell‟elica. La stabilizzazione del motivo tipo three helix bundle parallelo è dovuta inoltre alle proprietà di queste strutture che mostrano la localizzazione dei residui apolari nel lato interno a formare un poro altamente idrofobico mentre nel lato esterno si trovano i residui carichi positivamente e negativamente a formare legami idrogeno intermolecolari. In particolare l‟atomo NZ della catena laterale della Lys27, disposta sul lato esterno del motivo, forma un legame ad idrogeno con l‟atomo O dello ione solfato sull‟asse di simmetria. In Figura 2b, infine, è rappresentato l‟impaccamento cristallino del peptide generato dalla simmetria che mostra la posizione in cella della molecola cristallograficamente indipendente, le molecole relazionate da simmetria. 124 PUBBLICAZIONI E BREVETTI 125