La democrazia
Etimologicamente "governo del popolo", quando parliamo di democrazia il nostro
pensiero corre subito a quello che rimane il prototipo della democrazia, l'Atene di
Pericle del VI-V secolo a.C., dove i cittadini riuniti nell'agorà deliberavano intorno
al governo della polis, della città.
L'origine della democrazia è dovuto alla necessità per gli uomini di superare lo stato
di natura, quello in cui ogni uomo ha paura del suo simile. Nasce così, su un patto di
non aggressione reciproco lo stato, che garantisce protezione agli individui. Lo stato
si fa democratico quando si ispira al principio dell'unicuique suum tribuere, quando
cioè si realizza una qualche forma di giustizia distributiva.
Nel corso dei secoli il concetto di democrazia si è evoluto, principalmente ad opera
dell'illuminismo e del pensiero liberale e siamo giunti alle democrazie moderne, più
articolate e complesse, dove non è più possibile la democrazia diretta ateniese, in
quanto il governo non riguarda più qualche migliaio di uomini, ma milioni.
Le democrazie sembrano presentare alcuni indubitabili vantaggi rispetto alle
autocrazie e al dispotismo: garantiscono la libertà di opinione, la libertà di stampa, la
libertà di riunione e di associazione, tollerano il dissenso, favoriscono i commerci
anziché le guerre, determinano delle regole certe che limitano il potere dei più forti,
sono costituite da poteri che si controllano vicendevolmente, i cittadini possono
scegliere le elite che si occupano dell'interesse generale della repubblica.
Le democrazie sono società aperte, per usare una fortunata denominazione di Karl
Popper, in movimento, dove "dall'attrito perpetuo delle idee", come lo definiva Carlo
Cattaneo, nasce un incessante rinnovamento. Le democrazie tollerano il conflitto, ne
riconoscono anzi il ruolo propulsore e giungono ad una risoluzione pacifica del
medesimo. La lotta per il potere è anch'essa una competizione assolutamente
pacifica, regolata da leggi e da regole certe e condivise.
I sistemi democratici si stanno espandendo nel mondo, rimanendo tuttavia minoranza
rispetto al numero delle dittature. Eppure sembra che la specie umana abbia sempre
più bisogno di democrazia per realizzare una qualche forma di progresso, se è vero,
come ha fatto notare il Nobel dell'economia Amartya Sen, che non ci sono
democrazie che conoscano la carestia.
Le democrazie moderne non sono tuttavia esenti da difetti. Quell'acuto studioso del
fenomeno che fu Norberto Bobbio li identificava principalmente nella sopravvivenza
del potere invisibile, nella permanenza delle oligarchie, nella soppressione dei corpi
intermedi, nella rivincita della rappresentanza degli interessi, nella partecipazione
interrotta, nell'apatia e nel conformismo delle masse, nello strapotere dei tecnici,
nell'aumento degli apparati burocratici.
Alcune di queste manchevolezze sono in parte il frutto del divario fra una concezione
ideale della democrazia e la realtà concreta degli uomini, anche se molto può essere
fatto per avvicinare il reale all'utopia.
La sfida tuttavia principale che si apre davanti alle democrazie pluraliste
contemporanee è quella di allargare la partecipazione e i meccanismi della
democrazia alla vita sociale, di introdurre elementi di democrazia, di potere che va
dal basso verso l'alto anche in quelle vaste organizzazioni autocratiche o
burocratiche, costituite dalla grande impresa e dalla pubblica amministrazione. La
dignità e la felicità dell'uomo ne avrebbero tutto da guadagnare.