La politica fiscale nell`Unione Economica e Monetaria

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La politica fiscale nell’Unione
Economica e Monetaria
Il Trattato di Maastricht
• 11 dicembre 1991: 12 paesi membri della CEE adottano
a Maastricht gli accordi sull’Unione politica, economica e
monetaria, integrati in un unico testo costitutivo del
Trattato sull’Unione Europea (TUE), comprendente
252 articoli, nuovi o risultanti dalle modifiche dei Trattati
CEE, CECA ed EURATOM.
• Con il Trattato di Maastricht i 12 paesi della vecchia
CEE istituiscono una Unione Europea, che si
sovrappone alle comunità esistenti (CEE, CECA ed
EURATOM), e alle vecchie forme di cooperazione
politica aggiunge il coordinamento in tema di politica
estera e affari interni e giudiziari.
Il Trattato di Maastricht
• Il Trattato vuole instaurare una vera e propria
politica economica comune, fondata su:
– uno stretto coordinamento delle politiche
economiche nazionali dei paesi membri;
– sul mercato unico in cui realizzare definitivamente le
4 libertà di movimento previste dai trattati originari
(beni, servizi, persone e capitali)
– su obiettivi macroeconomici comuni, nell’ambito di
una completa libera concorrenza.
Il Trattato di Maastricht
• Secondo il disegno del Trattato, la politica
economica comune richiede e determina:
– Una politica monetaria e di cambio comune.
– L’instaurazione della moneta unica, l’ECU.
• L’azione deve essere condotta nel rispetto di
alcuni principi guida:
– Stabilità dei prezzi
– Risanamento delle finanze pubbliche
– Stabilità della bilancia dei pagamenti
Il Trattato di Maastricht
• Questi principi hanno rilevanza costituzionale,
e fanno si che, per garantirne il rispetto, agli stati
membri possano essere imposti vincoli alla
conduzione delle politiche economiche.
• In altri termini, viene definitivamente sancita la
perdita di una rilevante porzione di sovranità
nazionale sulla politica economica.
Il “governo” dell’economia europea
• Secondo il Trattato, la realizzazione dell’UEM sarà
sostenuta dalla presenza di un “governo dell’economia
europea”, affidato al Consiglio dei Ministri, che:
– Fisserà ogni anno i grandi orientamenti di politica economica
dell’Unione.
– Sorveglierà l’evoluzione economica di ciascuno stato
membro, con particolare riguardo per l’andamento dei disavanzi
pubblici, affinché non risultino eccessivi.
• Per questi fini il Consiglio dei Ministri potrà servirsi di:
– Raccomandazioni.
– Sanzioni, nei casi più gravi di incoerenza con gli indirizzi
generali dell’Unione.
Il “governo” dell’economia europea
• Di fatto si sanziona l’irreversibilità del
processo di convergenza delle politiche
economiche e una progressiva perdita della
sovranità nazionale in questo campo.
• Gli orientamenti generali di politica economica
non possono più essere decisi a livello
esclusivamente nazionale, e non possono
mutare in base al colore delle maggioranze
politiche.
• Si accetta invece l’idea che la politica economica
debba essere concepita nel rispetto di
determinati vincoli di partenza.
Le tre fasi dell’UEM
• Conformemente con le prescrizioni del Rapporto Delors,
il Trattato di Maastricht prevede 3 tappe per la
realizzazione dell’UEM.
• Dal 1 luglio 1990, è previsto un periodo interlocutorio per
la piena realizzazione del mercato comune,
caratterizzato dallo sforzo di convergenza economica
degli stati membri sottoposto ora a procedure di
sorveglianza da parte delle istituzioni comunitarie.
• Dal 1 gennaio 1994, si richiede agli stati membri di
conseguire gli obiettivi di convergenza previsti per il
passaggio alla terza fase che, secondo il Trattato,
inizierà, secondo le circostanze, il 1 gennaio 1997 oppure
1999. Viene istituito l’Istituto Monetario Europeo, che
prefigura alcune delle funzioni che, nella terza fase,
saranno affidate alla Banca Centrale Europea.
Le tre fasi dell’UEM
• A partire dalla terza fase, la politica monetaria dovrà
essere gestita da una nuova istituzione comune, il
Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC),
composto dalla Banca Centrale Europea, dotata di
personalità giuridica, e dalle Banche centrali nazionali
dei paesi membri.
• In questa fase gli stati che parteciperanno all’Unione
saranno obbligati a rispettare regole precise sulle
politiche economiche, comprese quelle di bilancio,
per assicurare la stabilità della moneta unica e
l’omogeneità complessiva del sistema.
Il meccanismo di sorveglianza multilaterale
• Il Consiglio dei ministri dell’economia dell’UE
(ECOFIN) assume un ruolo centrale nel meccanismo
di sorveglianza multilaterale.
– L’ECOFIN, a maggioranza qualificata, su raccomandazione
della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima
per le politiche economiche degli stati membri.
Corrispondentemente, il Consiglio Europeo adotta una
raccomandazione che adotta tali indirizzi.
– Sulla base delle relazioni presentati dalla Commissione,
l’ECOFIN sorveglia l’evoluzione economica degli stati membri e
la coerenza delle loro politiche economiche con gli indirizzi di
massima.
– In caso di “politiche non coerenti”, l’ECOFIN, deliberando a
maggioranza qualificata, può rivolgere allo stato membro in
questione le necessarie raccomandazioni, che può anche
rendere pubbliche.
I criteri della convergenza
•
I criteri di convergenza, che sono tuttora al centro di
un lungo dibattito teorico e politico, sono collocati
nell’art. 109J del Trattato. Essi sono:
1. Raggiungimento di un alto grado di stabilità dei
prezzi. Questo risulterà da un tasso di inflazione
prossimo a quello dei tre Stati membri che hanno
conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei
prezzi.
2. Sostenibilità della situazione della finanza
pubblica; questa risulterà dal conseguimento di
una situazione di bilancio pubblico non
caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo
la definizione di cui all'art.104C, paragrafo 6.
I criteri della convergenza
3. Rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti
dal meccanismo di cambio del Sistema Monetario
Europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei
confronti della moneta di un qualsiasi altro Stato
membro.
4. Livelli dei tassi di interesse a lungo termine che
riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo
Stato membro e della sua partecipazione al
meccanismo di cambio dello SME.
I valori della convergenza
• I criteri hanno carattere qualitativo, e nelle intenzioni
avrebbero dovuto permettere un certo grado di
discrezionalità. Tuttavia sono stati da subito molto
controversi, anche dal punto di vista tecnico:
1. Disavanzo pubblico: si potrebbe considerare eccessivo un
disavanzo superiore alla media degli stati membri.
2. Inflazione: ci si deve chiedere quando un tasso di inflazione sia
sufficientemente prossimo a quello dei 3 paesi più virtuosi.
3. Il rispetto dei margini normali di fluttuazione per 2 anni può dar
luogo ad altre difficoltà, visto che fa sembrare l’UEM come uno
sbocco dello SME nella sua fase ultima di quasi-fissità dei
cambi.
4. Tassi di interesse: la loro convergenza dipende in pratica dalle
altre condizioni, visto che risulterebbe quasi automaticamente
dalla convergenza dei tassi di inflazione e dall’eliminazione del
rischio di cambio.
I valori della convergenza
•
Il Protocollo sulla procedura per i
disavanzi eccessivi stabilisce i valori di
convergenza per deficit e debito
pubblico:
1. Il rapporto tra disavanzo pubblico
(previsto o effettivo) e PIL ai prezzi di
mercato non deve superare il 3%.
2. Il rapporto tra debito pubblico e PIL ai
prezzi di mercato non deve superare il
60%.
I valori della convergenza
• Il Protocollo sui criteri di convergenza previsti
dall’articolo 109J stabilisce i criteri monetari:
3. Il tasso medio di inflazione degli stati membri,
osservato per un anno prima dell’esame, non deve
superare di più dell’1,5% quello dei 3 stati membri
che hanno conseguito i migliori risultati in termini di
stabilità dei prezzi.
4. Il tasso di interesse nominale degli stati membri
non deve eccedere di più del 2% quello dei 3 stati
membri con i tassi di interesse più bassi.
L’importanza della disciplina fiscale
• Vi è un’estesa letteratura che evidenzia i benefici della
disciplina fiscale, nel breve, medio e lungo periodo.
• Nel medio periodo, la disciplina fiscale permette di
contribuire alla stabilità dei prezzi e ad aspettative di
inflazione basse e stabili.
• Secondo la Fiscal Theory of the Price Level (FTPL), se
la politica fiscale non assicura la solvenza del settore
pubblico per ogni livello dei prezzi, la politica monetaria
perde il controllo sulla determinazione del livello dei
prezzi: bilanci fuori controllo spingerebbero prima o poi i
banchieri centrali a intervenire attraverso politiche
monetarie espansive, in modo da monetizzare il debito
pubblico e riportarlo sotto controllo per evitare una crisi
finanziaria.
L’importanza della disciplina fiscale
• La monetizzazione del debito è l’emissione di debito
verso la Banca centrale, che determina un aumento
della moneta in circolazione e (almeno nel lungo
periodo) dell’inflazione: la Banca centrale compra il
debito pubblico stampando nuova moneta
(emettendo base monetaria) che affluisce nelle casse
pubbliche e viene usata per pagare la spesa
pubblica.
• Perciò, per permettere alla politica monetaria di
mantenere l’inflazione sotto controllo, la politica fiscale
deve adattare l’avanzo primario nella misura necessaria
a rispettare il vincolo di solvibilità per ogni livello dei tassi
di interesse.
L’importanza della disciplina fiscale
• Finanze pubbliche sotto controllo favoriscono anche un
policy-mix appropriato alla crescita, poiché:
1. permettono di mantenere bassi i tassi d’interesse, con
effetti positivi sugli investimenti privati.
2. Agevolando la stabilità e la comparabilità dei prezzi esse
favoriscono una migliore allocazione delle risorse.
3. Evitando la formazione di uno stock troppo elevato di
debito pubblico, o portando alla sua riduzione, la
disciplina fiscale permette inoltre di mantenere basso o
ridurre il pagamento degli interessi sul debito
pubblico, e dunque facilita uno spostamento di risorse
pubbliche a vantaggio di categorie di spese più
produttive.
Flessibilità nell’interpretazione dei criteri
•
•
I criteri relativi alla finanza pubblica sono tuttavia i più
controversi. Il Trattato ne prevede un’interpretazione
flessibile. L’art. 104C prescrive che il disavanzo non
possa superare un certo valore di riferimento, “a meno
che”:
1. Il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e
continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicini al
valore di riferimento.
2. Oppure, in alternativa, il superamento del valore di
riferimento sia solo eccezionale e temporaneo, e il
rapporto resti vicino al valore di riferimento.
Analogo elemento di elasticità viene introdotto sul
rapporto debito/PIL. Questo non deve superare il valore di
riferimento, a meno che detto rapporto non si stia
riducendo in misura sufficiente e non si avvicini al
valore di riferimento con un ritmo adeguato.
La convergenza difficile
• Tra la fine del ’95 e l’inizio del ’96 si riapre la
discussione sulla capacità dei singoli paesi di
soddisfare i criteri previsti dal trattato. Le
prospettive dell’economia reale cambiano, e la
ripresa si rivela più bassa del previsto. Anche in
Germania la crescita rallenta.
• 2 conseguenze:
– 1. Forte aumento della disoccupazione.
– 2. Aumento del rapporto deficit/PIL in tutti i paesi
europei.
• Perfino la Germania rischia di non rispettare il
criterio di convergenza.
Le difficoltà dell’Italia
• Nel 1995, l’Italia è lontana dal soddisfare tutti i criteri di
convergenza.
• Alla fine del 1995, il tasso di inflazione è di circa il 5,6%,
il triplo della media dei 3 paesi più virtuosi.
• Alla fine del 1992, l’Italia era uscita dallo SME, e quindi
neanche il criterio del cambio era soddisfatto.
• La situazione della finanza pubblica è peggiore. Alla fine
del 1995, il rapporto deficit/PIL è al 7,4%, e il rapporto
debito/PIL supera il 120%.
• Le preoccupazioni sono aggravate dal fatto che le
politiche restrittive hanno peggiorato notevolmente la
distribuzione del reddito, riducendo la quota dei salari sul
reddito nazionale di oltre 4 punti percentuali.
Il Patto di Stabilità e Crescita
• Il dibattito riguarda anche quelli che saranno i criteri che
gli stati membri dovranno soddisfare per rimanere
nell’UEM, dopo esserci entrati.
• Nel Consiglio Europeo di Dublino del dicembre 1996 il
ministro delle finanze tedesco Theo Waigel propone di
adottare un Patto di Stabilità.
• Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) viene introdotto
formalmente con una risoluzione del Consiglio Europeo
di Amsterdam di giugno 1997 e due regolamenti, “sul
rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di
bilancio e del coordinamento delle politiche economiche”
(1466/97) e “sull’accelerazione e il chiarimento delle
modalità di attuazione della procedura per i disavanzi
eccessivi” (1467/97).
Il Patto di Stabilità e Crescita
• Il PSC prevede una doppia strategia:
1. Identificazione preventiva degli eccessi di politica
fiscale
2. Fissazione di misure correttive per i disavanzi definiti
eccessivi.
• Obiettivo del PSC è permettere le fluttuazioni
cicliche del bilancio pubblico, tenendo il
disavanzo strutturale a un livello prestabilito o
sotto di esso.
• I paesi membri devono quindi fissare obiettivi di
bilancio di medio periodo per ottenere un saldo
“prossimo al pareggio o positivo”.
Il Patto di Stabilità e Crescita
•
I due principi teorici su cui si basa il PSC
sono:
1. I paesi membri devono attuare politiche di
tax smoothing, cioè tenere costanti le
aliquote indipendentemente dalla fase del
ciclo, per ridurre l’effetto distorsivo del
prelievo fiscale.
2. La politica fiscale deve in generale essere
basata sugli stabilizzatori automatici e non
sull’azione discrezionale dei governi.
Elementi costitutivi del PSC
•
Gli elementi costitutivi del Patto di
Stabilità e Crescita sono:
1. Definizione delle condizioni di eccezionalità
e temporaneità delle fluttuazioni del deficit.
2. Definizione temporale della procedura per i
disavanzi eccessivi.
3. Specificazione delle eventuali sanzioni a
carico dei paesi che dovessero avere
disavanzi eccessivi senza che ci siano le
condizioni di eccezionalità e transitorietà.
Condizioni di eccezionalità e transitorietà nel PSC
• Il superamento del valore di riferimento per il disavanzo
pubblico è considerato eccezionale e temporaneo qualora
sia determinato da un evento inconsueto non soggetto al
controllo dello stato membro interessato, e che abbia rilevanti
ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica
amministrazione, oppure nel caso sia determinato da una
grave recessione economica.
• Il superamento del valore di riferimento provocato da una
grave recessione è eccezionale solo se sussiste un declino
annuo del PIL in termini reali di almeno il 2%.
• Nello stabilire l’esistenza di queste condizioni, il Consiglio
tiene conto delle osservazioni formulate dallo stato membro
per dimostrare che il declino annuo del PIL è a sua volta
dovuto a eventi eccezionali.
La procedura prevista dal PSC
• Ogni anno gli stati membri devono presentare un
programma di stabilità, che deve contenere:
1. Un obiettivo di bilancio per il medio termine (in
pareggio o in surplus)
2. Il sentiero di aggiustamento per conseguire questo
obiettivo.
• Il Consiglio, a maggioranza qualificata e sentito il parere
della Commissione, approva il programma o chiede di
modificarlo, e vigila sulla sua attuazione, con il potere di
emettere delle raccomandazioni in proposito.
La procedura prevista dal PSC
• Due volte l’anno (entro il 1 marzo e il 1 settembre) i
paesi membri sottopongono alla Commissione i dati del
bilancio pubblico. La Commissione stila un rapporto e,
sulla base di esso, il Consiglio, a maggioranza
qualificata, decide sull’esistenza o meno di un disavanzo
eccessivo, ed emette una raccomandazione sulle
misure da prendere.
• Se la raccomandazione non viene seguita entro 4 mesi,
il paese viene invitato a prendere misure concrete. Se
queste sono disattese, dopo due mesi vengono
comminate delle sanzioni, sotto forma di depositi
infruttiferi.
I depositi infruttiferi
• L’ammontare del deposito è costituito da:
– un elemento fisso, pari allo 0,2 % del PIL e
– un elemento variabile pari ad un decimo della differenza
tra il disavanzo espresso in percentuale del PIL nell’anno
precedente ed il 3%.
• Tale deposito non può comunque superare lo 0,5% del PIL.
• Pur se questa forma di sanzione è considerata dannosa,
soprattutto se applicata in periodi di bassa crescita, va
considerato che nei primi due anni, quando la sola sanzione
irrogata è un deposito, il suo costo è principalmente
reputazionale: il costo finanziario è infatti rappresentato solo
dal servizio del debito emesso per finanziare il deposito.
L’Euro
• Il 1 gennaio 1999, 11 degli allora 15 stati membri dell’Unione
Europea adottano l’Euro come valuta comune.
• A questi si aggiunge la Grecia, che rientra nei parametri economici
richiesti nel 2000, e viene ammessa nell'eurozona il 1 gennaio 2001.
• In questi primi dodici stati l'euro entra ufficialmente in circolazione il
1 gennaio 2002 sotto forma di monete e banconote.
• Nel 2006 un tredicesimo stato, la Slovenia, entrata nell'Unione nel
2004, dimostra di rispettare i criteri di convergenza e viene
ammessa nella zona euro il 1 gennaio 2007.
• Nel 2007, Malta e Cipro raggiungono il rispetto dei criteri di
convergenza e vengono ammessi nella zona euro. L'introduzione
della divisa comune nelle due isole mediterranee è avvenuta il 1
gennaio 2008.
• Il 1 gennaio del 2009 è entrata la Slovacchia.
• Il 1 gennaio del 2011 l’Estonia.
Eurolandia
L’Eurosistema
• Con una moneta unica, ci può essere:
– un unico tasso di interesse;
– un unico tasso di cambio verso il resto del mondo;
– un’unica politica monetaria.
• Normalmente ciò implicherebbe una sola Banca centrale
ma, come sappiamo, non è questo il caso
dell’Eurosistema.
• Ogni paese membro è entrato nell’UEM avendo già una
propria Banca centrale, ultima traccia della perduta
sovranità monetaria.
• Il Trattato di Maastricht non prevede infatti la fusione
delle banche centrali nazionali in una sola istituzione
(anche per la paura di licenziare migliaia di impiegati).
Riepilogo
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Trattato di Maastricht
Unione Economica e Monetaria
Criteri di convergenza
Importanza della disciplina fiscale
Patto di Stabilità e Crescita
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