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UNIONE EUROPEA
Democrazie
nazionali
senza futuro
La profonda crisi economica e sociale non molla
la presa sul nostro continente. Si tratta ormai di
una “bufera globale” dalla quale si esce solo con
un deciso passo in avanti verso l’Europa Federale.
Non “meno Europa”, ma “più Europa”.
Non euroscettici, ma, se possibile, euroentusiasti.
E le prossime elezioni europee possono essere
una occasione importante.
di Giuseppe
Scognamiglio
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M
i sono già dilungato su queste pagine
sull’irreversibile incapacità delle democrazie nazionali occidentali di
esprimere leadership adeguate alle sfide globali
che abbiamo di fronte, attanagliati come siamo
da scadenze elettorali semestrali, locali, regionali, nazionali, che ci impediscono ormai qualsiasi programmazione di medio periodo, concentrando il dibattito su aspetti marginali e
ininfluenti. Ma la crisi sta cambiando anche
gli equilibri complessivi. Stiamo assistendo a
un rallentamento progressivo dell’economia
globale: dal 2010, il PIL mondiale è cresciuto
in maniera decrescente, dal 5% al 3% atteso
per quest’anno, passando per il 4 e il 3,2% di
2011 e 2012. L’Eurozona nel 2012 ha fatto registrare addirittura una contrazione del PIL dello
0,6% e si ripeterà nel 2013 (ulteriore 0,6), mentre Germania, Austria e Francia si attesteranno
su performance economiche intorno allo zero
(Germania +0,5%, Francia -0,3%, Austria +0,4%)
e i paesi periferici saranno ancora in recessione
(Grecia - 4,5%, Portogallo -2,7%, Italia -1,7%,
Spagna -1,6%). L’Italia nel 2012 ha registrato
una contrazione del PIL del 2,4%, migliore solo
di Grecia (-6,5%) e Portogallo (-3,2%). E anche
se, per il 2013, le stime sul PIL rimangono negative (-1,7%), si intravedono le possibilità di
un rimbalzo nel corso dell’ultimo trimestre
dell’anno, come preannunciato da un intensificarsi delle attività di fusioni e acquisizioni
tra aziende, che normalmente anticipano il ciclo di crescita.
Negli anni ’90, l’UE generava il 20% della
crescita del mondo, la sua quota è ora al 5,7%
e non esiste un singolo Paese europeo nella
top ten delle economie che crescono di più.
Entro il 2018, i mercati emergenti (soprattutto
Cina e India) produrranno il 55% della crescita
economica del mondo. Dobbiamo dunque deciderci ad agire come fossimo un unico attore
globale, al fine di sfruttare il potenziale della
nostra economia che, non dimentichiamolo,
fa riferimento alla terza area più popolata del
mondo. L’Europa conta infatti più di 500 milioni di abitanti ed è seconda solo a Cina e India. Nella classifica mondiale del PIL, le prime
tre economie mondiali sono oggi Stati Uniti,
Cina e Giappone, mentre Germania, Francia
e Italia sono al 4°, 5° e 8° posto. Ma l’Unione
Europea – considerata nel suo insieme – è la
prima economia mondiale.
La risposta alla crisi deve dunque essere
“più Europa”, che si traduce in maggiore integrazione finanziaria, fiscale, economica e politica. La UE ha deciso di perseguire la maggiore integrazione finanziaria essenzialmente
attraverso la costruzione di una Unione bancaria, che dovrebbe coinvolgere, oltre ai Paesi
dell’Eurozona, i Paesi UE che vorranno aderirvi. Un’Unione bancaria è fondamentale per
il superamento dell’attuale crisi, in quanto contribuirà a spezzare il circolo vizioso tra banche
e debiti sovrani, nonché a promuovere l’integrazione finanziaria, invertendo la frammentazione dei mercati lungo le frontiere nazionali. Ciò a sua volta contribuirà a ripristinare
il corretto funzionamento del meccanismo di
trasmissione della politica monetaria e, così,
east european crossroads
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REUTERS\CONTRASTO
UNIONE EUROPEA
migliorando le condizioni di finanziamento
all’interno dell’Unione monetaria, contribuirà
in modo decisivo a stimolare la crescita in Europa (l’uovo di colombo?). L’Unione bancaria,
per quanto fondamentale, rappresenta soltanto
uno dei cosiddetti building blocks di un progetto complessivo di riforma e completamento
dell’Unione economica e monetaria. Nonostante si riscontri negli ultimi mesi una riduzione dell’attenzione dei leader europei su questi ulteriori pilastri, riteniamo sia necessario
procedere con determinazione e senso d’urgenza sulla strada di un’ulteriore integrazione
fiscale. È fondamentale centralizzare la politica fiscale con un sostanziale e vincolante trasferimento di sovranità fiscale dai singoli Paesi
alle istituzioni europee. Il bilancio comunitario
dovrebbe essere rafforzato (dall’attuale 1% del
PIL comunitario ad almeno il 2-2,5%), unitamente a una maggiore integrazione delle politiche economiche, superando il mero coordinamento delle politiche nazionali.
Quest’accelerazione del processo di integrazione deve essere accompagnata necessariamente da un non più dilazionabile rafforzamento della legittimità democratica della
numero 49 settembre/ottobre 2013
stessa Unione, delle sue istituzioni e del suo
processo decisionale. Potremmo sorprendentemente avere novità decisive già alle prossime elezioni del Parlamento Europeo (maggio
2014). Si sta infatti registrando una non ancora pubblicizzata convergenza - nella famiglia socialdemocratica europea – su un nome,
quello dell’attuale Presidente del Parlamento
Europeo, il tedesco Schulz, per la Presidenza
della futura Commissione. Questa novità costringerebbe anche i Popolari e le altre formazioni a organizzarsi di conseguenza. Se così
fosse davvero, senza modificare i trattati, ci
troveremmo di fronte a una modifica sostanziale della dinamica istituzionale. Un Presidente della Commissione, reso autorevole da
un’investitura di fatto popolare (seppure non
diretta), potrebbe naturalmente marginalizzare
il Consiglio a un ruolo consultivo, non lontano
da quella dimensione di Camera Alta da più
parti auspicata. Se ciò accadesse, avremmo
realizzato un balzo in avanti verso un’Europa
Federale nella quale nemmeno i più euroentusiasti oserebbero oggi sperare. E avremmo
tratto la lezione più intelligente e lungimirante
dalla crisi di questi anni.
\ I leader europei al
summit del G8,
nell’Irlanda del Nord il
18 giugno. L’Europa, la
terza area più popolata
del mondo, ha la crescita
più bassa e sta perdendo
peso nello scacchiere
mondiale.
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