SCIPIONE L’AFRICANO
Il generale romano che sconfisse i Cartaginesi
Soprannominato l’Africano per le brillanti vittorie ottenute contro il grande
condottiero cartaginese Annibale nella seconda guerra punica (fra cui quella,
decisiva, nella battaglia di Zama del 202 a.C.), Scipione fu un valente generale, ma
anche un importante uomo politico. Egli ebbe il merito di guidare l’espansione
romana nel Mediterraneo verso l’Africa e l’Oriente; per il prestigio acquistato con i
successi militari contribuì a polarizzare la vita politica attorno all’azione personale
dei grandi comandanti politico-militari e delle loro famiglie
Cartagine mette Roma in difficoltà
Publio Cornelio Scipione nacque nel 235 a.C. da una delle più importanti famiglie
romane, quella dei Cornelii. Il padre, che si chiamava come lui, e lo zio, Gneo
Cornelio Scipione, erano i comandanti dell’esercito romano che venne inviato in
Spagna allo scoppio della seconda guerra contro Cartagine (219-218 a.C.).
Un’insurrezione in Italia settentrionale trattenne Publio Cornelio Scipione il
Vecchio, costringendolo ad arrivare in ritardo in Spagna, dove avrebbe dovuto
impedire ad Annibale di attraversare i Pirenei e dirigersi verso l’Italia. Il padre del
futuro Africano fu quindi costretto a tornare indietro in tutta fretta per fronteggiare
Annibale in Italia, presso il fiume Ticino. In quella che fu la prima grande vittoria di
Annibale sui Romani, il console venne gravemente ferito e, secondo una tradizione –
riportata dalle fonti ma probabilmente priva di fondamento – fu il figlio, il giovane
Publio Cornelio Scipione, allora suo tribuno, a salvargli la vita.
L’anno successivo Publio Cornelio Scipione il Vecchio venne nuovamente inviato, in
qualità di proconsole, a guidare le operazioni militari in Spagna con il fratello (217211). Frattanto le cose in Italia andavano di male in peggio, fino al disastro di
Canne, del 216. Nel 211, in due diverse imboscate tese loro in Spagna, i due Scipioni
furono uccisi. Roma era allora impegnata su diversi fronti: in Italia, nel tentativo di
contenere Annibale e di riconquistare la Cisalpina che era insorta, in Spagna,
appunto, e in Sicilia, dove Siracusa e altre città greche si erano schierate con
Cartagine. La guerra di Spagna venne allora affidata al giovane figlio del proconsole:
Publio Cornelio Scipione partì per la Spagna nel 210 dotato di un comando
eccezionale.
I trionfi militari e l’esilio
Subito Publio mostrò capacità militari straordinarie: in un solo anno fu in grado di
conquistare la capitale della Spagna punica, Cartagine Nuova, quindi, nel 208,
ottenne un’importante vittoria contro Asdrubale a Becula, e l’anno seguente contro
Magone, a Ilipa, concludendo così in appena tre anni la conquista della Spagna.
Frattanto, in Italia, un esercito di soccorso comandato da Asdrubale era stato
annientato presso il fiume Metauro, nelle Marche (207), e Annibale, assediato a
Crotone, fu costretto a imbarcarsi per l’Africa (203). Ma già nel 204 Scipione aveva
traghettato le sue forze in Africa, deciso a sferrare l’attacco decisivo a Cartagine.
Egli ebbe l’abilità di allearsi con Massinissa, un re dei Numidi, che si sarebbe
rivelato decisivo nell’ormai prossima battaglia. Scipione affrontò Annibale nei pressi
di Zama nel 202 e ottenne una completa vittoria, nonostante il valore tattico
mostrato anche in quell’occasione da Annibale.
Scipione tornò dall’Africa all’età di 35 anni circondato da un prestigio e da una
popolarità senza precedenti. I soldati lo avevano acclamato «comandante»
(imperator); gli venne dato il nome di Africano, per ricordare per sempre la sua
impresa; nonostante l’età ancora giovane venne nominato princeps senatus «primo tra
i senatori». Egli fu inoltre molto abile a gestire il potere che gli derivava dalla sua
posizione, sempre nel pieno rispetto delle istituzioni repubblicane: riuscì a far
eleggere al consolato ben sette membri della sua famiglia e, cosa inaudita, ad avere
tra i senatori due suoi clienti. Egli appariva ormai avere il pieno controllo della
politica di Roma. Questa posizione di assoluto predominio non poteva non suscitare
invidie e rancori. Il conservatore e rozzo Marco Porcio Catone imbastì un processo –
noto con il nome di processo degli Scipioni (187) – dopo che, nel 190 a.C., l’Africano
e suo fratello, Lucio Cornelio Scipione Asiatico, avevano sconfitto definitivamente il
re di Siria Antioco III. Entrambi vennero accusati da Catone di essersi
indebitamente appropriati della indennità di guerra.
Scipione l’Africano, troppo orgoglioso per difendersi da una accusa tanto infamante,
preferì ritirarsi in volontario esilio, a Literno, dove morì pochi anni dopo, nel 183
a.C.