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EMBARGO FINO AL 16 APRILE ALLE ORE 18.00
Comunicato stampa
LE REGOLE DEL GIOCO NELL’EPATITE B
Per la prima volta al mondo i ricercatori del San Raffaele di Milano hanno
osservato dal vivo lo sviluppo della malattia.
Milano, 16 aprile 2015 – Una tecnica rivoluzionaria di microscopia in vivo (definita microscopia
intravitale) – sviluppata nei laboratori di Luca G. Guidotti e Matteo Iannacone all’IRCCS Ospedale San
Raffaele di Milano – una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato – ha
consentito, per la prima volta al mondo, di osservare dall'interno e in tempo reale come i
linfociti circolanti riescano a fermarsi nei capillari del fegato e da lì a riconoscere e
distruggere cellule infettate dal virus dell’epatite B (noto come HBV). Per visualizzare le varie
fasi della malattia epatica, Iannacone e Guidotti hanno utilizzato modelli murini e microscopi ad
altissima risoluzione. Questi risultati sorprendenti sono pubblicati oggi su Cell, una delle riviste
scientifiche più importanti al mondo.
“La capacità di osservare direttamente ciò che succede in vivo (come se stessimo guardando
immagini tratte da Viaggio Allucinante, film fantascientifico del 1966 tratto da un libro di Asimov) è un
cambio di paradigma molto rilevante per la ricerca biomedica, perché ci permette di
studiare direttamente le patologie nel loro divenire invece di ricostruirle a posteriori”, osservano
Guidotti e Iannacone. “È un po’ come se un meccanico miniaturizzato fosse dentro il motore
di una macchina per vedere esattamente dove si trova il guasto”, continuano Iannacone e
Guidotti.
Il sistema immunitario reagisce all’attacco del virus dell’epatite B combattendo l’infezione e causando
danni al fegato. Il virus, infatti, non attacca direttamente l’organo e le sue cellule, che anzi utilizza per
replicarsi. Ciò che danneggia il fegato sono i linfociti citotossici, specifici globuli bianchi del
sangue, che circolano come sentinelle nei vasi dei tessuti alla continua ricerca di cellule “malate” da
distruggere (infettate da virus o tumorali). Questo “attacco difensivo” è causa dei sintomi della
malattia, come per esempio l’ittero.
Finora si pensava che per arrivare a compiere la loro attività di killer i linfociti citotossici dovessero
eseguire tre esercizi distinti e consecutivi: arrestare la propria corsa nel circolo, uscire dai vasi e, infine,
introdursi all’interno del fegato dove le cellule bersaglio si annidano. Si pensava inoltre che l’arrivo dei
linfociti nei vasi dipendesse dalla presenza in loco di specifiche molecole (chiamate selettine, integrine e
chemochine) in grado di richiamare i linfociti citotossici proprio dove il loro contributo era necessario.
La visualizzazione diretta di questi fenomeni in vivo ha permesso di dimostrare come siano
piccole cellule del sangue, chiamate piastrine, ad avvertire i linfociti che qualcosa non va (e non
le selettine, integrine o chemochine). Le piastrine, infatti, costruiscono una sorta di “tappeto
appiccicoso” che intrappola i linfociti e blocca la loro corsa nel sangue. Una volta arrestatesi sul
tappeto piastrinico, i linfociti si staccano e iniziano a scorrere lentamente dentro i capillari, anche in
senso contrario al flusso sanguigno. “E mentre scorrono - osserva Iannacone - i linfociti seguitano a
infilare sottili tentacoli (di un diametro 10,000 volte più piccolo di un millimetro) attraverso piccole
fenestrature poste nella parete dei capillari, perlustrando così l’ambiente sottostante. Quando poi
arrivano a identificare la cellula malata, al di là della parete del vaso, i linfociti usano i
tentacoli per trasportare tossine mortali nella cellula malata, mantenendo però il proprio
corpo all’interno del vaso”, continua Guidotti. La permanenza all’interno del vaso permette ai
linfociti di continuare a svolgere la loro funzione difensiva.
HBV infetta il fegato causando epatiti acute e croniche. Nelle infezioni acute i numerosi ed efficienti
linfociti citotossici riescono a eliminare del tutto il virus ma causano danni al fegato anche seri. Mentre
nelle infezioni croniche i pochi e poco funzionali linfociti citotossici non riescono a eliminare il virus
ma mantengono, purtroppo, una malattia epatica blanda e continua. Il persistere della malattia epatica
per molti anni porta a complicanze quali la cirrosi epatica e il cancro del fegato.
Tra le caratteristiche anatomiche della cirrosi vi sono la riduzione del numero e del diametro delle
normali fenestrature dei capillari epatici e la deposizione di tessuto cicatriziale che ne riduce la
loro permeabilità. I risultati degli scienziati dell’IRCCS Ospedale San Raffaele spiegano anche
perché la cirrosi sia un fattore tanto predisponente per l’insorgenza del tumore del fegato.
I linfociti citotossici che scorrono all’interno dei capillari epatici non riescono più a infilare i loro tentacoli
nelle fenestrature e ciò limita fortemente la loro capacità di identificare e distruggere le cellule malate
al di là della parete dei capillari. Quando le cellule malate in questione sono cellule del fegato che
stanno acquisendo proprietà tumorali, il mancato riconoscimento da parte dei linfociti citotossici
permette a queste cellule non solo di crescere indisturbate ma anche di acquisire caratteristiche sempre
più aggressive.
“Le nostre tecniche di microscopia intravitale stanno illustrando lo svolgersi della malattia
epatica in modi finora inimmaginabili e sicuramente queste informazioni aiuteranno lo
sviluppo di nuove terapie per l’epatite B. Non solo, queste tecniche permetteranno una
miglior comprensione di altre patologie epatiche di natura virale, batterica, parassitaria o
tumorale per le quali non disponiamo ancora di adeguate terapie ”, terminano Guidotti e
Iannacone.
Lo studio pubblicato su Cell è stato possibile grazie a finanziamenti dell’European Research Council (a
Luca G. Guidotti e a Matteo Iannacone), della Giovanni Armenise Harvard Foundation (a Matteo
Iannacone), del National Institute of Health americano (a Luca G. Guidotti) e dell’Associazione Italiana
per la Ricerca sul Cancro (a Matteo Iannacone). Luca G. Guidotti è responsabile del laboratorio
di Immunopatologia ed è Vice-Direttore Scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di
Milano. Matteo Iannacone è responsabile del laboratorio di Dinamica delle risposte
immunitarie sempre al San Raffaele di Milano. Grazie ai suoi studi sull’epatite B il dottor Iannacone
riceverà, il prossimo 25 aprile a Vienna, il prestigioso Young Investigator Award 2015 da parte
dell’European Association for the Study of the Liver.
L’EPATITE B
La malattia. L'epatite B è una malattia infiammatoria del fegato causata da HBV. Come HIV (il virus che causa
l'AIDS), HBV si trasmette principalmente per contatti ematici. Circa il 95% degli adulti immunocompetenti che si
infettano con HBV sviluppano un’epatite acuta che si risolve spontaneamente entro sei mesi e rende il paziente
immune da successive infezioni. La sintomatologia è di solito lieve e simile all'influenza: mancanza di appetito,
nausea, affaticamento, dolori muscolari e alle giunture, febbre lieve. Circa il 30% dei pazienti presentano urine
scure, pelle e occhi giallastri (ittero) e feci chiare. Alcuni pazienti (meno del 2% dei casi di epatite acuta) hanno
un decorso della malattia più severo e possono morire di epatite fulminante entro un breve lasso di tempo.
Circa il 5% degli adulti e più del 50% dei bambini al di sotto dei 5 anni colpiti da epatite B non sono in grado di
eliminare il virus entro sei mesi e diventano malati cronici e portatori di epatite B. Di solito una persona con
epatite B cronica non ha segni o sintomi dell’infezione e può trasmetterla ad altri senza saperlo. In gran parte dei
pazienti, l'epatite B continua il suo attacco silenzioso del fegato, fino a causare cirrosi o cancro del fegato.
Secondo le stime dell’organizzazione mondiale della sanità (OMS), ci sono più di 300 milioni di pazienti
cronicamente infetti da HBV nel mondo e circa 1 milione di questi muore ogni anno principalmente a causa di
cirrosi e/o cancro del fegato.
La terapia. Come accennato prima, l’epatite B acuta nell’adulto tende ad auto-risolversi nella maggioranza dei
casi e nessun trattamento anti-virale specifico viene di solito utilizzato. Per l'epatite B cronica, i trattamenti
includono l’interferone e/o farmaci antivirali (analoghi dei nucleosidi) che si somministrano per via orale.
Purtroppo, solo una piccola percentuale dei pazienti risponde al trattamento con l’eliminazione permanente del
virus.
La prevenzione. Esistono vaccini per l'epatite B molto sicuri ed efficaci, che sono in grado di prevenire
l’infezione, ma purtroppo non di curare una persona già ammalata.
LA MICROSCOPIA INTRAVITALE
La simulazione dell’interazione tra fattori fisici, cellulari e biochimici che influenzano il comportamento delle cellule
nei vasi, nei tessuti o negli organi è ancora fuori dalla portata dei più sofisticati metodi in vitro. La microscopia
intravitale è una tecnica avveniristica che permette di visualizzare – in tempo reale e con altissima risoluzione – il
comportamento di singole cellule all’interno di organi e tessuti in vivo (cioè direttamente nell’organismo).
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IMMUNOSURVEILLANCE OF THE LIVER BY INTRAVASCULAR EFFECTOR CD8+ T CELLS.
Studio pubblicato su CELL – 16 Aprile 2015
Luca G. Guidotti1,2,9, Donato Inverso1,3,9, Laura Sironi1,4, Pietro Di Lucia1, Jessica Fioravanti1, Lucia Ganzer1,4,
Amleto Fiocchi1, Maurizio Vacca1, Roberto Aiolfi1,3, Stefano Sammicheli1, Marta Mainetti1, Tiziana Cataudella1,
Andrea Raimondi5, Gloria Gonzalez-Aseguinolaza6, Ulrike Protzer7, Zaverio M. Ruggeri8, Francis V. Chisari2,
Masanori Isogawa2, Giovanni Sitia1 and Matteo Iannacone1,3,5
1. Division of Immunology, Transplantation and Infectious Diseases, IRCCS San Raffaele Scientific Institute,
20132 Milan, Italy;
2. Department of Immunology and Microbial Sciences, The Scripps Research Institute, La Jolla, CA 92037, USA;
3. Vita-Salute San Raffaele University, 20132 Milan, Italy;
4. Department of Physics, University of Milano Bicocca, 20126 Milan, Italy;
5. Experimental Imaging Center, IRCCS San Raffaele Scientific Institute, 20132 Milan, Italy;
6. Gene Therapy and Gene Regulation program, Center for Applied Medical Research, 31008 Pamplona, Spain;
7. Institute of Virology, Technical University of Munich, 81675 Munich, Germany;
8. Department of Molecular and Experimental Medicine, The Scripps Research Institute, La Jolla, CA 92037, USA;
9. Co-first authors.
Ospedale San Raffaele
Ufficio stampa
Gea Gardini, Marta Ammoni
+39 02 2643 6255 – 4466
+39 334 6090384
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Fondazione Giovanni Armenise-Harvard
Ufficio Stampa
Mauro Scanu
+39 333 1615477
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