Matematiche complementari I – Capitolo 2 Teoria e storia delle equazioni di primo grado.
AA. 2005-2006
Lezione 4 - 11 ottobre 2005
2.2. Alcuni esempi tratti dai documenti. (Continuazione)
Come prima si può lavorare su un parametro aggiuntivo h tale che
bc + ac + ab = 2h
.
abc = 97 h
I metodi algebrici consueti possono essere di poco aiuto in quanto si avrebbe un sistema
parametrico di 2 equazioni in tre incognite. Visto che si cercano numeri naturali forse vale la pena
di utilizzare considerazioni aritmetiche che pur essendo più semplici possono risultare più difficili
da applicare in quanto non ottenibili come casi particolari di una procedura generale.
Questo esempio, pur votato ad un parziale insuccesso mostra però bene la differenza tra metodo
aritmetico e metodo algebrico.
Dalla prima equazione del sistema
bc + ac + ab = 2h
si ha che il numero bc + ac + ab deve essere
abc = 97 h
pari. Questo non si ottiene se i tre numeri incogniti sono dispari perché il prodotto di due numeri
dispari è dispari e la somma di tre numeri dispari è dispari. Se uno solo dei tre numeri fosse pari,
ancora la somma di due numeri pari e di uno dispari sarebbe dispari, quindi si possono almeno due
numeri pari. Si può supporre, senza perdita di generalità, che a e c siano pari, a = 2a’, c = 2c’ e
trattare questo caso.
Dovendo effettuare poi il calcolo della somma delle tre frazioni unitarie, si può considerare il fattore
2 presente una sola volta nella espressione del minimo comune denominatore per cui
2
2h
1 1 1
bc'
+2a '
c'
+a'
b
=
=
+ +
=
, modificando di conseguenza il sistema come segue:
97 97h 2a ' b 2c'
2a '
bc'
bc'
+2 a '
c'
+a'
b = 2h
. Non si procede oltre, è complicato dal dover tenere conto di vari casi
2a '
b'
c'= 97 h
2.2.3 Algebra geometrica in Grecia. Tra i testi greci che ci sono pervenuti,
quello che ha la maggiore estensione (e completezza) è
gli Elementi di Euclide, che raccoglie ed ordina i
risultati di 300 anni di studi di altri matematici. Esso dà
un buon resoconto dello stato della cultura del suo
tempo, delle correnti epistemologiche e filosofiche
Zenone di Elea
(490-425 a.C.)
Euclide di Alessandria
(III sec. a.C.)
attive e più ampiamente accettate (Platone e Aristotele). In tale opera traspare
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tutta la problematica sollevata dalla scoperta della incommensurabilità e dai paradossi di Zenone.
Nella Scienza greca c’è una continua paura dell’infinito e questa si trasforma in un abbandono della
categoria della quantità a favore della categoria della qualità. Punto fondamentale di questo
atteggiamento è la scelta di sviluppare la Geometria a scapito dell’Aritmetica. D’altronde, con la
notazione usata per denotare i numeri era ben difficile procedere e sviluppare una teoria algebrica.
Questi aspetti verranno ripresi e approfonditi solo tra III e IV sec. d.C. da Diofanto.
Secondo Paul Tannery quella che si sviluppò nella Grecia classica può essere
definita con il nome di Algebra geometrica, vale a dire di metodi geometrici
utilizzabili in piena generalità per risolvere problemi algebrici. A differenza da
quanto mostrate nei casi precedenti, ciascuna problema, risolubile con equazioni
Paul Tannery
(1843-1904)
porta con sé il metodo per la sua soluzione. Nell’esempio ricavato dalla tavoletta
mesopotamica, se invece di 870 il termine noto fosse 871, il procedimento non
funzionerebbe. Invece i procedimenti di Algebra geometrica sono indipendenti dai valori numerici
specifici.
Le tracce di questa Algebra geometrica sono sparse in varie proposizioni del testo di Euclide. Ci
sono infatti risultati che vengono dimostrati e che non sembrano avere relazione con altri risultati
precedenti e successivi. Secondo i commentatori moderni si tratta di proposizioni che presentano
procedimenti per permettere la soluzione di equazioni algebriche, una volta tradotte in termini
geometrici.
2.2.4. La Proposizione 43 del Libro I. La Proposizione 43 del Libro I afferma:
«In ogni parallelogramma i complementi dei parallelogrammi (posti) intorno alla diagonale sono eguali tra
loro».
Già questo testo, che pure per secoli è
F
stato
E
L
a
C
B
x
H
l’esempio
della
letteratura
scientifico, ha bisogno di essere
“tradotto”. Nel testo sono presenti
disegni che aiutano a spiegare il testo.
b
Di fatti il termine “complemento” non
D
A
G
è definito, ma la presentazione iconica
permette
di
comprendere.
dimostrazione è semplice. Il testo di Euclide dice:
«Sia DGLF un parallelogramma, FG una sua diagonale ed CE e AH siano parallelogrammi posti intorno a FG,
mentre siano BL e BD i cosiddetti complementi; dico che il complemento BL è uguale al complemento BD.
Infatti poiché DGLF è un parallelogramma e FG la sua diagonale, il triangolo FDG è eguale al triangolo FLG
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La
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(Prop. I, 34). Di nuovo CBEF è un parallelogramma e FB è una sua diagonale, il triangolo BFC è uguale al
triangolo BEF (id.) E per la stessa ragione, pure il triangolo BAG è eguale al triangolo BGH (id.). Poiché dunque
il triangolo CBF è uguale al triangolo BEF ed il triangolo BGH al triangolo BAG, il triangolo BFC insieme col
triangolo BAG è eguale al triangolo BEF (noz. com. II); ma anche tutto quanto il triangolo GFD è eguale a tutto
il triangolo GLF: il complemento BD che (così) rimane è quindi uguale al rimanente complemento BL (noz. com.
III)»
Il testo accompagnato dal disegno chiarisce perfettamente cosa si vuole provare. Si noti che alcuni
parallelogrammi vengono indicati da Euclide mediante le lettere che nominano i quattro vertici, altri
nominando solo due vertici opposti.
2.2.5 Applicazione della Proposizione I. 43 ad un problema di primo grado ‘quadrato’.
Vediamo ora come è possibile applicare questa proposizione per risolvere l’equazione
ax = b2.
In essa coefficienti ed incognita indicano lunghezze. L’equazione è quindi omogenea. Non come
quella della tavoletta mesopotamica in cui si sottrae un lato ad un’area.
Si considera un segmento a di estremi A e B e lo si prolunga di un segmento b, dalla parte di B.
ottenendo il segmento BC. Si costruisce la retta per B perpendicolare ad AC e su di essa si individua
un punto D tale che i segmenti BD e BC siano
congruenti. Per C si manda la retta p parallela a BD.
E
r
Per D si manda la retta r parallela a AC e per A la
D
F
retta s parallela a BD. Le due rette p e r essendo
b
s
A
b
B
a
parallele alle rette AC e BD, incidenti, sono
C
incidenti in un punto E; le rette r e s essendo
parallele alle rette AC e BD, incidenti, sono
incidenti in F. Si congiungano i punti F e B con la
p
x
retta t ( che quindi interseca la retta AC in B). Le
t
G
K
H
u
rette t e p, essendo parallele a due rette che si
intersecano, si intersecano in un punto G. Sia ora u
la retta per G parallela a AC. Essa interseca la retta
s, in quanto u e s sono rispettivamente parallele alle rette AC e BD che si intersecano. Sia H il punto
di intersezione di u e s e sia K il punto di intersezione tra u e la retta BD. Il segmento che ha per
estremi BK è la soluzione dell’equazione, in quanto i parallelogrammi (sono rettangoli per
costruzione!) BE e BK (con le notazioni di Euclide) sono i complementi posti attorno alla diagonale
del parallelogramma EFHG. L’area di questi due parallelogrammi è data rispettivamente da ax e da
b2, quindi ax = b2.
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2.2.6 Risoluzione dello stesso problema mediante il primo teorema di Euclide. Come è ben noto sia
il primo che il secondo Teorema di Euclide … non si trovano sugli Elementi. Forse per un pudore
dell’autore o forse perché l’autore non se ne è reso conto. Nella Proposizione I.47, più nota col
nome di Teorema di Pitagora (diretto) che afferma
«Nei triangoli rettangoli il quadrato del lato opposto all’angolo retto è eguale alla somma dei quadrati dei lati
che comprendono l’angolo retto»
Nella dimostrazione Euclide afferma, facendo riferimento alla figura (qui riportata dal testo con
l’aggiunta
del
punto
M
non
presente
H
nell’originale):
«[…] il triangolo ABD è eguale al triangolo FBC (I.4).
Ma il parallelogramma BL è il doppio del triangolo
ABD […] , mentre il quadrato GB è il doppio del
triangolo FBC […] Ma i doppi di cose uguali sono
uguali tra loro (noz. Com. V); è quindi uguale anche il
K
G
A
F
B
M
C
D
L
E
parallelogramma BL al quadrato GB»
In altre parole, il quadrato del cateto AB è
equivalente al rettangolo che ha per lati
l’ipotenusa BC e la proiezione BM del cateto AB
sull’ipotenusa. Questo appunto è noto col nome di primo teorema di Euclide.
La soluzione dell’equazione si ottiene ora mediante una semplice costruzione geometrica:
Si considera un segmento a di estremi AB. Si
determina il punto medio M di AB e si costruisce la
D
C
b
A
x E M
semicirconferenza di diametro AB. Si prolunga AB
a
B
dalla parte di A con un segmento b ottenendo il
segmento di estremi AC. Si considera la circonferenza
di centro A passante per C e la si interseca con la
semicirconferenza precedente ottenendo il punto D. Da
D si manda la perpendicolare a AB che interseca tale
segmento in E. Il segmento AE è la soluzione della
equazione data.
Questo metodo richiede che esista l’intersezione tra la circonferenza e la semicirconferenza, cosa
che avviene se il segmento b è suvvalente al segmento a. La Proposizione I.43 non ha questa
limitazione, essendo possibile la costruzione richiesta in ogni caso, come appunto mostra la figura
costruita come applicazione di tale proposizione.
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