Relazioni di
Laboratorio di Elettronica
Prof. Alberto Pullia
Lorenzo Tosetto
A.A. 2007-2008
Università degli Studi di Milano
Indice
1 Il Diodo a giunzione p-n
1.1 Caratteristica . . . . . . . . . . .
1.2 Applicazione:
circuiti rettificatori
passivi e alimentatori . . . . . . .
1.3 Applicazione: rivelatori di picco .
1.4 Applicazione: circuiti di clamping
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
e clipping . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
9
10
2 Il Transistore Bipolare
2.1 Caratteristiche di funzionamento . .
2.2 Amplificatore a singolo transistor . .
2.3 Configurazione ad emettitore comune
2.4 Configurazione a collettore comune .
2.5 Configurazione a base comune . . . .
2.6 Applicazione: generatore di corrente
.
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13
13
16
17
20
22
23
3 Teorema di Miller
3.1 Enunciato e verifica sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Effetto Miller nella configurazione CE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Configurazione Cascode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
25
25
29
32
4 Reti a molti transistori
4.1 Amplificatore differenziale . . . . . . . . . . . .
4.2 Specchio di corrente . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Amplificatore differenziale con carico a specchio
4.4 Amplificatore operazionale a transistor . . . . .
4.4.1 Amplificatore non invertente . . . . . .
4.4.2 Trigger di Schmidtt non invertente . . .
35
35
39
40
42
44
46
1
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Capitolo 1
Il Diodo a giunzione p-n
1.1
Caratteristica
ne al solo esponenziale (contributo dei portatori maggioritari in moto diffusivo attraverso
Relazione ID − VD Il diodo a giunzione la zona di giunzione). 1
è un dispositivo a semiconduttore (tipicamente Silicio) che, idealmente, modellizza un
Stima del parametro α Per caratterizautointerrutore: una polarizzazione diretta
zare completamente il diodo in esame è nefornisce un cammino ad impedenza nulla atcessario conoscere tutti i parametri in gioco
traverso il diodo; una inversa determina un
nella suddetta relazione ID − VD : il potenaperto circuito tra i suoi capi.
ziale termico è noto una volta nota la tempeNel caso reale il funzionamento del diodo è
ratura (assumiamo ragionevolmente 20 ◦ C),
governato dalla nota caratteristica ID − VD :
mentre per la corrente inversa di saturazioVD
ne il costruttore fornisce sul datasheet valori
ID = IS (e αVth − 1)
(1.1)
tipici e massimi. In seguito è esposto un medove ID è la corrente che attraversa il di- todo per la stima del rimanente parametro
spositivo e VD la tensione ai suoi capi. Vth α e per la verifica del corretto valore di IS .
è detto potenziale termico, dato da KT /q e A tal fine è conveniente riscrivere la relacorrispondente a circa 26 mV a temperatura zione del diodo in modo da ricavarne un’eambiente (298 K), mentre α è un parametro spressione lineare, con α come coefficiente
costruttivo del diodo, generalmente compre- angolare:
so tra 0,5 e 2.
ID
Si noti che quando VD è negativo l’esponenVD = αVth ln
IS
ziale fornisce un contributo trascurabile rispetto a −1 e la corrente attraverso il diodo è
1
Nelle trattazioni che seguiranno di circuiti a diodata principalmente da −IS (contributo dei di si utilizzerà genericamente un modello quasi ideaportatori minoritari in moto di deriva causa- le del dispositivo, che presenta una caduta di 0,7 V
to dal campo elettrico). Quando invece VD in tutto il range di tensione diretta con cui si lavora.
Questa semplificazione permette di cogliere maggiorè positiva e sufficientemente elevata (circa mente il comportamento della rete, trascurando gli
0,7V per un diodo al Silicio) si può trascura- effetti di non-linearità conseguenti allo spostamento
re il termine −1 ed approssimare l’espressio- del punto di lavoro.
2
che può essere riscritta come:
Dal momento che si vuole tracciare gran parte della caratteristica diretta, il punto di lavoro si muoverà su tale curva al variare della
VD = αVth ln ID − αVth ln IS
(1.2)
tensione di alimentazione VA . In Figura 1.2
Per giungere a questa relazione è sta- è riportata una retta di carico sovrapposta
ta fatta l’ipotesi che il diodo rimanga in alla caratteristica del diodo.
polarizzazione diretta, cosı̀ che:
Corrente!A"
ID
1
(1.3)
IS
La misura viene effettuata come mostrato
in Figura 1.1, in cui un voltmetro ed un
amperometro (con impedenze di ingresso
da assumere, rispettivamente e con buona
approssimazione, infinita e nulla) misurano
la differenza di tensione ai capi del diodo
e la corrente che lo attraversa. Il dispositivo è pilotato attraverso un generatore di
Figura 1.2: Esempio di caratteristica del diodo
tensione con una resistenza in serie da 1 KΩ.
0.025
0.020
0.015
0.010
Q3
0.005
Q2
Q1
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
Tensione!V"
con rette di carico in diversi punti di lavoro. Si
noti come non varia la pendenza, determinata
dalla resistenza in serie al diodo. In questo caso
α = 1, T = 298K e IS = 15f A
In Figura 1.3 è visualizzata l’equazione 1.1
in grafico semilogaritmico. Si noti il comportamento lineare dopo un regime transiente
di ”accensione” della giunzione pn. Al fine
Figura 1.1: Circuito utilizzato per la rilevazio- di ricavare il parametro α verrà considerane della caratteristica del diodo. Un voltmetro ta proprio questa zona per eseguire il fit dei
misura la tensione ai capi del diodo, mentre un dati ottenuti: è infatti questa la zona in cui
amperometro in serie ne rileva la corrente.
è valida l’approssimazione 1.3 per ottenere
l’equazione 1.1.
Una volta selezionata solo la parte lineare
L’equazione che governa la maglia è
dei
dati ottenuti (mostrati nelle Figure 1.4 e
dunque:
1.5),
si esegue un fit.
VA − VR − VD = 0
Attraverso un fit realizzato con l’ambiente
Assumendo per la zona diretta VD ≈ 0, 7 si
di
calcolo Mathematica si ottiene un valore
ottiene la retta di carico:
di
α
di 1, 87 ± 0, 02 ed una corrente inversa
VA − 0, 7
I = ID ≈
di saturazione di 4, 3 ± 0, 6 nA.
R
3
1.2
Corrente!Log"
0.1
10!5
Applicazione:
circuiti rettificatori
passivi e alimentatori
La tensione della rete elettrica domestica è
fornita in alternata a 50 Hz con un valore
efficace di 220 V; con un trasformatore si
sfrutta l’accoppiamento magnetico tra due
induttanze per abbassare tale tensione di un
fattore dipendente dal rapporto tra le spire
Figura 1.3: Caratteristica statica del diodo in dei due avvolgimenti. Per ottenere un livelgrafico semilogaritmico
lo di continua è necessario posporre una rete
che stabilizzi il valore di tensione su quello di picco della sinusoide in entrata. Un
ruolo fondamentale deve quindi essere svolto dai circuiti raddrizzatori, che, a seconda
della loro struttura, permettono di sfruttare
per metà o per intero l’energia del segnale alternato producendo in uscita solo semionde
positive.
10!9
10!13
10!17
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
Tensione
Corrente Diodo!mA"
6
5
4
3
2
1
Raddrizzatore passivo a semionda
Questo circuito è la forma più semplice
Figura 1.4: Caratteristica del diodo in esame di raddrizzatore ed è riportato nello scheottenuta sperimentalmente
matico di Figura 1.6. Considerando, per
semplicità, un diodo ideale, si nota come
solo le semionde positive vengano trasferite
immutate all’uscita, mentre quest’ultima
è cortocircuitata a massa attraverso R
durante i cicli negativi dell’ingresso.
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
Tensione Diodo!V"
Corrente Diodo!mA"
1
0.1
Togliendo al diodo il carattere ideale, è facile vedere come l’uscita sia una replica dell’entrata a meno di una caduta di circa 0,7
V ai capi del diodo. In Figura 1.7 è rappresentato l’andamento delle forme d’onda in
entrata e in uscita dal circuito 2 .
0.01
0.001
10!4
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
Diodo Tensione
Figura 1.5: Grafico semilogaritmico dei dati
sperimentali.
2
In una situazione reale le discontinuità non
saranno cosı̀ accentuate a causa della zona di
accensione del diodo.
4
E’ importante che il diodo non presenti
una zona Zener nella sua caratteristica,
poichè questo introdurrebbe elementi non
desiderati nella caratteristica di trasferimento del circuito: il diodo potrebbe
entrare in conduzione inversa durante i
cicli negativi dell’ingresso. A tale proposito
è bene controllare anche che la massima
tensione inversa con cui il diodo si trova a
lavorare non ecceda quella massima che è in
grado di sostenere senza rottura.
Figura 1.6: Circuito raddrizzatore passivo a Il circuito, molto semplice, ha due forti
inconvenienti: funziona correttamente solo
semionda.
per segnali di ingresso di almeno circa 1 V
e soprattutto non utilizza la potenza fornita
durante i cicli negativi dell’entrata, presentando dunque un rendimento piuttosto
basso.
Raddrizzatore passivo ad onda intera
a ponte di diodi Una versione migliorata
di raddrizzatore fa uso di quattro diodi
disposti in una configurazione a ponte, come
mostrato in Figura 1.8.
1.0
0.5
0.01
0.02
0.03
0.04
!0.5
!1.0
Figura 1.7: Grafico di una sinusoide in entrata
da 50 Hz con ampiezza 1 V e relativa uscita con
caduta di 0,7 V.
Figura 1.8: Raddrizzatore passivo a ponte di
diodi ad onda intera.
Durante i cicli positivi all’avvolgimento
secondario la corrente scorre attraverso i
diodi D2 e D3 passando per la resistenza
5
RL ; D3 e D4 si trovano invece in pola- visti in precedenza è possibile introdurre un
rizzazione inversa. La situazione opposta operazionale, come mostrato in Figura 1.10.
si ha durante i cicli negativi: D2 e D3
sono interdetti mentre la corrente fluisce
attraverso D1 , RL e D4 . Elemento comune
ai due casi è che la corrente attraversa
la resistenza sempre nello stesso verso,
producendo dunque una caduta di tensione
di uguale polarità. In Figura 1.9 è mostrato
l’andamento teorico nell’approssimazione
di diodo a caduta costante in diretta (0,7 V).
Figura 1.10: Raddrizzatore attivo a semionda.
V
10
5
0.01
0.02
0.03
0.04
t
Durante le semionde positive la retroazione si attiva attraverso R2 e D1 , portando
l’uscita a:
R2
Vout = − Vin
R1
!5
Quando invece l’entrata ha tensione negativa
entra in conduzione il diodo D2 , che porta
l’uscita a 0. La corrente non può scorrere
in R2 , dato che D1 non conduce. L’uscita è
Figura 1.9: Grafico di una sinusoide in entrata
allora:
da 50 Hz con ampiezza 10 V e relativa uscita con
Vout = V − = 0
!10
caduta di 1.4 V.
In Figura 1.11 è mostrata una misura
sperimentale dell’uscita del raddrizzatore.
L’efficienza è maggiore rispetto al caso
precedente, poiché entrambe le semionde
vengono utilizzate, a scapito però di una
maggiore dissipazione di potenza.
Un
ulteriore svantaggio è la caduta di tensione
di 1,4 V sull’uscita rispetto all’entrata a
causa della presenza di due diodi in ciascuno
dei due percorsi.
Raddrizzatore attivo ad onda intera
Il funzionamento di questo circuito (mostrato in Figura 1.12) è molto semplice se si
osserva che è un circuito di valore assoluto:
il primo blocco è il raddrizzatore attivo a
semionda visto prima, con l’unica differenza
di presentare un guadagno di -2 anziché di
−R2 /R1 ; il secondo blocco è un sommatore
con pesi eguali.
Raddrizzatore attivo a semionda Per
migliorare le caratteristiche dei raddrizzatori
6
Figura 1.12: Raddrizzatore attivo ad onda intera.
Rettificatore capacitivo Un primo passo per l’ottenimento di una tensione continua a partire da una sinusoide raddrizzata
è l’utilizzo di un semplice capacitore in parallelo alla resistenza di carico dei precedenti circuiti (RL ): supponendo di accendere il
generatore sinusoidale in ingresso (non consideriamo effetti di transitorio), durante il
fronte crescente della sinusoide vengono accumulate cariche sulle armature del condensatore. Nell’istante successivo al raggiungimento del picco, il diodo (ideale, per semplicità) entra in interdizione e la tensione in
ingresso non influenza più l’uscita, che presenta una caduta esponenziale causata dalla
scarica della carica accumulata alle armature del condensatore sulla resistenza di carico
RL . Maggiori saranno i valori di R e di C e
Figura 1.11: Raddrizzatore attivo a semionda più lento sarà il processo di scarica. Detta
infatti Vp la tensione di picco, durante il pe(dati sperimentali).
riodo di interdizione del diodo l’uscita ha un
andamento:
Vout = Vp e−t/RC
Dipendentemente dal tempo caratteristico
τ = RC, in un certo istante la tensione in in7
gresso riaggancia quella ai capi del condensatore, ripetendo cosı̀ il processo di caricascarica.
Il livello dell’uscita dunque non è una perfetta continua, ma presenta dei ripple, la cui entità è dipendente dai parametri del circuito
secondo la relazione approssimata:
Alimentatore stabilizzato Una importante questione legata ai sistemi di
alimentazione è l’indipendenza da parametri
esterni quali le tensioni di alimentazione e
le variazioni nell’entità dei carichi. Spesso,
nel trattare tali problemi, la scelta circuitale ricade sull’utilizzo di diodi Zener,
sfruttando la loro caratteristica inversa in
zona di breakdown. In questa regione di
funzionamento il diodo offre una resistenza
dinamica molto bassa, in modo che un
aumento della corrente inversa oltre il livello
Zener non vari sensibilmente la caduta di
tensione ai capi del diodo.
Lo Zener può essere posto in parallelo al
carico, come mostrato in Figura 1.13: se
polarizzato in una zona sufficientemente
inoltrata della sua caratteristica Zener,
una variazione di assorbimento di corrente
del carico non dà luogo ad una sensibile
variazione della tensione ai capi del diodo, e
quindi del carico stesso.
T
2RC
In questo caso si è supposto un tempo di scarica (ovvero un tempo in cui il diodo rimane spento) pari all’intero periodo dell’onda
raddrizzata, un’ipotesi ragionevole dato che
la frazione di periodo in cui il diodo conduce è generalmente mantenuta molto piccola
rispetto al periodo totale.
Su resistenze dell’ordine della decina di kΩ
e lavorando con la tensione di rete (in entrata al raddrizzatore) a 50 Hz, per ottenere oscillazioni inferiori al 5% è necessario
dimensionare:
T
1
C >
=
=
2R · 0, 05
2f R · 0, 05
%ripple = ∆Vp /Vp =
1
= 20µF
2 · 50 · 104 · 0.05
Le capacità in gioco sono dunque piuttosto
elevate, ragion per cui la scelta ricade su
quelle elettrolitiche.
Il circuito rettificatore può essere visto equivalentemente come un filtro passivo che trasmette in uscita solo frequenze prossime alla
continua. Vedendo 1/τ = 1/RC come il polo della rete, la condizione τ T fa sı̀ che
le frequenze a partire da 1/T vengano sufficientemente smorzate. In altre parole, viene dato peso unitario, nella serie di Fourier
dell’onda raddrizzata, solamente alla componente continua, smorzando progressivamente le armoniche multiple della fondamentale
a 100 Hz.
=
Figura 1.13: Semplice versione di un alimentatore stabilizzato attraverso un diodo Zener.
Se però l’assorbimento di corrente da parte del carico è ingente, il punto di lavoro
potrebbe spostarsi fino ad uscire dalla zona stabile. E’ quindi bene deferire il compito di fornire potenza in uscita ad un buffer, che la prelevi dall’alimentazione, anziché
dal diodo. Questa situazione è mostrata nel
8
circuito di Figura 1.14: la tensione di usci- 1.3 Applicazione: rivelatori
ta è riferita attraverso il buffer ad un livello
di picco
stabile ottenuto partizionando la tensione ai
capi dello Zener. Quest’ultimo è polarizzato In molte applicazioni sono richiesti circuiti
attraverso la corrente:
in grado di riconoscere quando un segnale
raggiunge un picco, ad esempio nel campo
VC − VZ
I=
commerciale delle batterie ricaricabili, oppuR
re nell’elettronica nucleare per la rivelazione
di particelle.
In seguito ne sono riportati due semplici
esempi, con e senza componenti attivi. Il
principio di funzionamento è essenzialmente
quello già visto per i rettificatori di tensione.
Rivelatore passivo Utilizzando solamente un diodo ed un capacitore (Figura 1.15)
è possibile ottenere un semplice rivelatore
di picco: quando la forma d’onda in entrata
inverte il proprio andamento (ovvero la
derivata) il diodo entra in interdizione e
il capacitore mantiene il valore di tensione
del picco. La costante di scarica è legata
alla resistenza del diodo in inversa: è quindi
una buona approssimazione ritenere che, su
piccole scale e per valori piccoli di IS , τ sia
infinita.
La rete può essere vista come un caso
particolare di un circuito di Sample and
Hold : la differenza fondamentale è la
presenza di un auto-interruttore, anzichè di
un interruttore comandato; è proprio questo
fatto a fissare l’uscita ad un valore in caso
di raggiungimento del picco.
Figura 1.14: Alimentatore stabilizzato attraverso l’uso combinato di un diodo Zener e un
amplificatore in configurazione di buffer non
invertente.
La corrente necessaria al carico non viene più presa direttamente dallo Zener, ma
prima, in modo da non influenzarne la polarizzazione. Inoltre vengono eliminati i ripple, dato che la tensione oscillante ai capi del
condensatore viene usata per l’alimentazione dell’Op-Amp e non più come uscita, ora
riferita ai capi dello Zener.
Rivelatore attivo La presenza del diodo
nel precedente circuito genera, come già
visto, una differenza di 0,7 V tra il segnale
d’ingresso e quello di uscita: in alcune applicazioni il segnale entrante potrebbe essere
9
condensatore non varia istantaneamente
il proprio valore, portando in inversa il
diodo e rompendo il cammino conduttivo
in retroazione.
L’uscita dell’operazionale si viene a trovare al livello basso di
saturazione, creando una forte tensione inversa sul diodo, che diminuisce il valore di τ .
Figura 1.15: Peak detector passivo.
1.4
Applicazione: circuiti di
clamping e clipping
inferiore, rendendo impossibile l’utilizzo del
circuito. Per ovviare a questo inconvenien- DC restorer Questo circuito, mostrato in
te si utilizza un operazionale configurato Figura 1.17, è l’inverso del rivelatore di pica super-diodo, come mostrato in Figura 1.16. co passivo di Figura 1.15. La presenza del
diodo fa sı̀ che il livello di zero dell’uscita
corrisponda al picco più negativo dell’entrata. Supponiamo infatti di eccitare la rete
con un’onda quadra avente livelli −V e +V .
Durante la semionda negativa il diodo entra
in conduzione ed il condensatore si carica fino ad un valore di +V (il segno è dovuto
alla scelta delle polarità); nel momento in
cui l’ingresso aumenta il suo valore il diodo entra in interdizione e non c’è modo, per
il condensatore, di scaricarsi. Dunque, da
questo punto in poi:
Figura 1.16: Peak detector attivo.
Vout = Vin + Vc = Vin + Vzero−level
Nel momento in cui Vin raggiunge la
piccola tensione di 0, 7/A (con A guadagno
di anello aperto dell’operazionale) il diodo
entra in conduzione, creando un cammino
chiuso nell’anello di retroazione e portando
a contatto virtuale i due piedini di entrata
dell’operazionale:
Vout = Vin
Figura 1.17: Circuito di DC restorer.
se Vin > 0
Dopo il raggiungimento di un picco il
10
Elevatore
di
tensione
(CokroftWalton) Questo circuito (Figura 1.18) è
una combinazione (idealmente ampliabile
a piacere) dei blocchi di dc-restorer e
rivelatore di picco: in breve, per ottenere
una traslazione arbitraria del livello di
continua si costruisce una cascata di dc
restorer. Una volta portato il livello a massa
attraverso il primo blocco, viene rilevato
e ”immagazzinato” il picco della forma
d’onda entrante ed usato come riferimento
per un dc-restorer successivo, e cosı̀ via . . .
è una replica esatta dell’entrata, in quanto i
diodi non sono in conduzione. Il diodo D1
è messo in conduzione nel momento in cui
Vin > Val + 0, 7V , producendo cosı̀ una caduta di tensione fissata all’uscita. Lo stesso
comportamento è replicato per le tensioni
negative. Ovviamente le due alimentazioni
non necessitano di essere di uguale modulo,
quindi è possibile programmare in modo
diverso la caratteristica di trasferimento.
Inoltre togliendo uno dei due diodi si riserva
il processo di limitazione alle sole tensioni
positive o negative.
Figura 1.19: Circuito di clipping della tensione
con eguali soglie +V e -V.
Figura 1.18: Circuito elevatore di tensione a
due stadi.
Limitatore di tensione I limitatori di
tensione prevengono il segnale in ingresso
dal propagarsi con tensione troppo elevata
all’interno di una rete elettrica. Una tipica
applicazione potrebbe essere quella di protezione allo stadio di entrata di dispositivi
elettronici.
In Figura 1.19 è mostrato un esempio di
circuito limitatore (o di clipping): finché Vin
si mantiene entro i limiti di clipping, l’uscita
In Figura 1.20 è riportata una misura
sperimentale di un circuito di clipping
con le soglie impostate su valori differenti.
All’inizio della zona di limitazione si nota
un discostamento dall’idealità, dovuto
probabilmente a correnti di carica/scarica
della zona di carica spaziale nel diodo.
In Figura 1.21 è mostrata invece la caratteristica di trasferimento relativa allo stesso
circuito.
11
Figura 1.20: In questa misura sperimentale è
rappresentata in giallo la sinusoide entrante a
14Vp−p , in arancione l’uscita limitata a circa 3V
in alto e a circa 2V in basso.
Figura 1.21:
Caratteristica di trasferimento
relativa alla situazione di Figura 1.20.
12
Capitolo 2
Il Transistore Bipolare
2.1
Caratteristiche di funzionamento
Il transistore bipolare (BJT) è un dispositivo
a tre terminali (Base, Collettore, Emettitore), rassimilabile a due giunzioni p-n opposte, con una zona in comune. Utilizzo tipico
di un tale dispositivo è il pilotaggio di uno
dei tre terminali al fine di controllare il flusso di segnale tra gli altri due.
In buona parte delle applicazioni il BJT è
utilizzato in zona attiva diretta, in cui è possibile sfruttare la linearità locale del dispositivo per ottenere un’opportuna amplificazione priva di distorsioni. Per fissare il punto di
lavoro dinamico in questa regione la giunzione B-E è polarizzata in diretta generando un
moto diffusivo di cariche tipico di un diodo,
con caduta di tensione di circa 0,7V.
In questo modo, a patto che la giunzione
C-B rimanga in polarizzazione inversa, viene indotto un flusso di corrente anche tra
Collettore ed Emettitore 1 :
IC = IS e
Vbe /Vth
− 1 ≈ IS eVbe /Vth
(2.1)
dove l’approssimazione vale per un funzionamento in zona attiva diretta.
Le correnti che attraversano il transistor
sono legate tra loro da:
IB + IC = IE
IC = βIB
Il parametro β (adimensionale) è caratteristico del singolo dispositivo e può variare
sensibilmente anche tra uguali modelli
di transistor 2 . L’ordine di grandezza è
comunque dell’ordine di 1 o 2 centinaia:
con una piccolissima corrente di base (una
decina di µA) si può ottenere un flusso
di corrente tra emettitore e collettore di
qualche mA.
L’effetto transistor è dunque un effetto di
transconduttanza: controllando con una
bassa corrente la tensione Vbe si ottiene un
1
Il comportamento delle correnti nei transistori è elevato flusso di corrente tra gli altri due
ottenuto dalle equazioni derivanti dal modello pro- terminali.
posto da Ebers e Moll. Nell’uso pratico queste equazioni introducono alcune complicazioni di calcolo,
motivo per cui se ne considera (anche durante questa trattazione) una versione approssimata, seppur
assolutamente valida.
2
Proprio a causa di questa indeterminazione è
bene non progettare circuiti il cui funzionamento
dipenda da tale parametro.
13
Caratteristica
corrente-tensione Le XY, fornisce graficamente le caratteristiche
caratteristiche statiche IC − Vce sono mo- del transistor in esame, cui riferirsi per le
strate in Figura 2.1: si noti l’indipendenza operazioni di polarizzazione.
(quantomeno al primo ordine di approssimazione) di IC da Vce per Vce > Vcesat .
Caratteristica di trasferimento di tensione Un semplice circuito come quello
mostrato in Figura 2.2 permette di rilevare
la caratteristica Vin − Vout , che evidenzia
le due modalità di funzionamento di un
transistor: amplificatore ed interruttore.
Figura 2.1: Caratteristiche Ic −Vce ottenute mediante un tracciatore elettronico del transistore
BC107 della STMicroelectronics. Le curve sono
state tracciate con passi di corrente di base di
20µA. La scala verticale è di 2mA/div
Figura 2.2:
Semplice circuito a singolo
transistor per rilevarne la caratteristica di
Una migliore approssimazione considera trasferimento in tensione.
l’effetto Early, che spiega la derivata non
nulla delle curve in zona lineare attraverso il
concetto di sovrasvuotamento della regione
inversa B-C.
Esiste una zona in cui le curve collassano su
un unico valore, detta regione di saturazione. In questo regime il transistore presenta
una resistenza minima tra collettore ed
emettitore e viene sfruttata negli utilizzi
in modalità di switch, per rassimilare un
interruttore chiuso ideale.
Dal momento che non è generalmente
disponibile una stima corretta del valore
di beta, è disponibile uno strumento che,
connesso ad un oscilloscopio in modalità
In questo caso la corrente di base è
determinata dalla legge:
Ib =
Vin − VD
Vin − 0, 7
≈
R
R
(2.2)
dove VD è la tensione diretta del diodo
B-E. Ovviamente l’approssimazione è valida
solamente nella zona di caratteristica in cui
il diodo è acceso.
L’uscita è presa al collettore del transistor,
secondo la relazione (retta di carico del
circuito):
14
Vout = Vcc − Ic Rc
(2.3)
In Figura 2.3 è mostrata la caratteristica rilevata attraverso l’oscilloscopio in
modalità XY: la zona centrale, con forte
pendenza e dall’andamento lineare, che
corrisponde alla zona a derivata nulla della
caratteristica Ic − Vce ; la zona Vout ≈ Vcc ,
rassimilabile ad un interruttore aperto in
cui la corrente di base non è sufficiente ad
accendere la giunzione ed il transistor non
entra in conduzione; la zona Vout ≈ 0, in cui
il dispositivo entra in saturazione a causa
di una grande corrente di collettore che
abbassa troppo la tensione Vc (questa zona
è ricollegabile ad un interruttore aperto).
alla nascita dell’elettronica a transistor,
anche in applicazioni logiche; la scoperta
del transistore ad effetto di campo ne ha
tuttavia soppiantato in larga parte l’utilizzo
per circuiteria logica per molti motivi, non
ultimi la facilità di integrazione e la bassa
dissipazione di potenza statica.
Uscita di potenza Uno dei motivi per
cui il BJT è tutt’ora molto usato è la sua
capacità di erogare potenza in uscita, più di
quanto non ne sia in grado un operazionale
o un MOSFET.
In Figura 2.4 è mostrato un buffer seguito
da uno stadio di potenza: all’operazionale
è richiesta solamente la piccola corrente
di base, mentre il grosso della corrente
assorbita da un eventuale carico è fornita
attraverso la corrente di emettitore del BJT.
L’esistenza di una retroazione assicura che
la giunzione BE venga mantenuta a circa
0,7 V; per sicurezza è però meglio mettere
una piccola resistenza in modo da prevenire
rotture dovute a sovratensioni all’uscita
dell’op-amp.
Figura 2.3: Caratteristica di trasferimento del
circuito a singolo transistor di Figura 2.2.
Figura 2.4: Aggiunta di uno stadio di potenza
ad un operazionale, attraverso un BJT.
L’utilizzo del BJT come interruttore lo
ha reso molto diffuso, nell’epoca seguente
15
2.2
Amplificatore a singolo
transistor
Utilizzando un transistore bipolare nella
configurazione mostrata in Figura 2.5, è
possibile ottenere uno stadio di amplificazione, seppur con alcuni svantaggi che
lo rendono un circuito di difficile utilizzo
pratico come stadio stand-alone.
Figura 2.5:
Amplificatore a singolo transistor per lo studio introduttivo dei BJT in zona
lineare.
In questo modo la polarizzazione viene a dipendere da β, un parametro a priori ignoto
se non come ordine di grandezza. Questo
rende, come detto all’inizio, il comportamento di questo circuito non completamente
predicibile e dunque sconsigliabile in molte
applicazioni.
Bisogna fare attenzione, in questa fase,
ad impostare correttamente il punto di
funzionamento (statico) del transistore:
lavorando come amplificatore, un segnale
in ingresso in base viene amplificato al collettore di un certo fattore; bisogna dunque
prestare attenzione alla massima escursione
di tensione in uscita, per evitare di portare
il transistor in saturazione (swing verso il
basso) o di richiedere un livello di segnale
superiore allo swing possibile tra il punto
statico e l’alimentazione.
Nel caso in esame, supponendo β ≈ 100 si
stima un livello di tensione al collettore di
5,7 V, permettendo un’escursione di almeno
4 V nelle due direzioni.
Iter tipico nell’esame di un dispositivo non-lineare come un transistore è la
Piccolo segnale Introdurre nel circuito
polarizzazione seguita dallo studio della
un piccolo segnale significa sovrapporsi ad
sovrapposizione di un piccolo segnale.
un punto di lavoro variandone di poco la posizione.
Lavorare con piccoli segnali corrisponde a
Polarizzazione La polarizzazione è l’im- studiare una rete in cui tutti gli elementi sopostazione di tensioni e correnti statiche nel- no sostituiti dal loro modello variazionale: i
la rete che fissa un punto di lavoro sulla ca- generatori di tensione con un corto circuiratteristica del transistore.
to; i generatori di corrente con un aperto
Il procedimento per lavorare in zona attiva circuito; i transistori bipolari con il modello
diretta è lo stesso già illustrato attraverso le π, mostrato in Figura 2.6. In tale modelequazioni 2.2 e 2.3. Un aspetto che non è sta- lo compaiono le grandezze g , detta transm
to sottolineato è però il fatto che la corrente conduttanza del BJT e la resistenza r , date
π
di collettore della relazione 2.3 è ottenuta da:
attraverso:
Ic
gm =
Ic = βIb
Vth
16
rπ =
β
Vth
=
gm
Ib
2.3
Configurazione ad emettitore comune
La gm compare nell’espressione della correnAttraverso la configurazione ad emettitore
te di collettore del generatore comandato:
comune (con o senza resistenza RE , detta
resistenza di degenerazione di emettitore) si
vπ
ic = gm vπ = β
ottiene uno stadio adatto non tanto per un
rπ
blocco di uscita o di entrata di un sistema,
quanto per una fase intermedia di guadagno.
Circuito con Re In Figura 2.7 è mostrato il circuito in esame. Per polarizzarlo è
necessario qualche accorgimento ulteriore rispetto alla procedura del paragrafo precedente, per la presenza del partitore in ingresso. Supponiamo innanzitutto nulla la corrente di base (o, meglio, trascurabile rispetFigura 2.6: Modello lineare π per piccoli segnali
to a quella che scorre nel partitore, ovvero
del transistore bipolare
Ib Vcc /(R1 + R2 )):
Vb = Vcc ·
Tali valori dipendono strettamente dal
punto di polarizzazione: il modello variazionale è valido solo se rimane localizzato in un
piccolo intorno di tale punto.
Per lavorare per piccoli segnali è necessario
accoppiare il circuito in AC con il segnale, attraverso un condensatore di dimensione
opportuna, per evitare che un livello di continua si sovrapponga alla polarizzazione.
Risolvendo per questa rete il modello equivalente mostrato in Figura, si ottiene la
funzione di trasferimento per piccoli segnali:
Av =
Vout
βRC
=−
Vin
rπ + RB
R2
R1 + R2
Figura 2.7: Configurazione ad emettitore
(2.4) comune con resistenza di degenerazione di
emettitore.
Da quest’equazione è possibile ottenere
una stima di β che, in questo caso, è risultata
Per rispettare la diseguaglianza per Ib traessere circa 130.
scurabile sembra opportuno non scegliere va17
lori troppo elevati per R1 e R2 ; bisogna sta- ingresso del transistore RBin = Vtest /itest .
re attenti comunque a non abbassare trop- Sapendo infatti che:
po la resistenza di ingresso e a non dissipare
vtest = vπ + vRe = ib rπ + ie Re
inutilmente potenza statica: un valore ottimale è R1 + R2 ≈ 100KΩ, come mostrato
ib = itest
nel circuito. In questo modo si ottiene, con
Vcc = 13V :
ie = (β + 1)ib ≈ βitest
Vb ≈ 2, 3V
si ottiene:
E’ ragionevole supporre che il transistore sia
RBin = rπ + βRe
ora acceso, ovvero che Vbe ≈ 0, 7V . Risolvendo l’equazione alla maglia tra base ed
Dunque in ingresso il segnale vede una resiemettitore:
stenza piuttosto elevata grazie alla presenza
Vb − 0, 7V
della resistenza di degenerazione di emettiIRe =
= Ie
Re
tore che viene riportata moltiplicata del fatdove, con una Re di circa , 5kΩ si ottiene tore β. Tale resistenza è però diminuita dal
I ≈ 1mA. Infine, considerando l’equazione partitore R1 //R2 ottenendo, in totale:
e
al collettore:
Rintot = Rin + (R1 //R2 )//(rπ + βRe )
Vout = Vcc − Ic Rc ≈ Vcc − Ie Rc
anche se spesso Rin è trascurabile, in modo
che vin = vb .
dato che Ic ≈ Ie .
Notiamo come, avendo aggiunto il partito- Il guadagno in tensione del circuito è:
re in base, la polarizzazione è svincolata dal
vout
Rc
Rc
=−
≈
fattore β, rendendo più prevedibile il comvin
1/gm + Re
Re
portamento del circuito.
Come stadio stand-alone è importante con- dove l’approssimazione vale per valori di
trollare la dinamica d’uscita, per evitare di- Re molto maggiori di gm −1 , generalmente
storsioni. Nell’utilizzo come stadio di ampli- valida dato il piccolo valore di quest’ultima.
ficazione di un operazionale questo non è più Riportiamo in Figura 2.8 una misura sperivero: difficilmente si lavora ad anello aperto mentale: una sinusoide a 10kHz con 100mV
con piccoli segnali ed è più importante avere picco-picco in ingresso viene amplificata di
un’amplificazione molto grande (più stadi in un fattore 4 in uscita (400mV picco picco)
cascata) in modo da creare i presupposti per senza modificazioni alla frequenza (teorema
un utilizzo reazionato.
della risposta in frequenza). Da notare
Nel lavorare con piccoli segnali è importan- infine l’inversione di fase dovuta al segno
te sapere come viene vista la rete in ingres- negativo nell’espressione del guadagno. I
so e in uscita, anche per poterla utilizzare dati sono stati ottenuti con Rc = 6, 8kΩ e
correttamente in combinazione con altri sta- Re = 1, 8kΩ.
di. Studiando il circuito equivalente attra- In Figura 2.9 è rappresentata la caratteverso il Modello π si ottiene la resistenza di ristica di trasferimento, dalla quale si può
18
notare la pendenza (negativa) di modulo 4.
Un ultimo appunto riguarda la capacità
di disaccoppiamento in entrata: la maglia
RC che viene a crearsi (Figura 2.10) ha
uno zero a frequenza ωz = 0 e un polo a
ωp = 1/2πRx CB , dove Rx è la resistenza totale vista in ingresso dal segnale. Accoppiare
in alternata il segnale, dunque, impone una
frequenza minima oltre la quale il segnale
non viene attenuato 3
Figura 2.8:
Ingresso: 10kHz, 100mV p-p.
Uscita: 10kHz, 400mV p-p, sfasamento di 180◦ .
Figura 2.10:
Circuito equivalente visto in
ingresso allo stadio CE.
Circuito senza Re In Figura 2.11 è
mostrata un’alternativa al circuito CE
appena discusso: in apparenza è stato
solamente aggiunto un secondo condensatore Cb2 in emettitore; in realtà si osserva
che la resistenza Re viene vista solamente
dalla polarizzazione, mentre il segnale (ad
un’opportuno regime di frequenze) vede un
corto circuito verso massa.
In questo modo è possibile massimizzare
il guadagno dello stadio:
Figura 2.9: Rappresentazione come caratteriRc
stica di trasferimento delle sinusoidi di Figura
Av = −
= −gm Rc
1/g
m + Re
2.8.
3
E’ chiaro come questa semplice analisi trascuri completamente tutti gli altri elementi capacitivi
presenti nella rete e nel transistore stesso.
19
2.4
Configurazione a collettore comune
In Figura 2.12 è mostrata la configurazione
in esame, in cui il collettore è visto, dal
piccolo segnale, come riferimento comune a
massa.
Figura 2.11:
Configurazione ad emettitore
comune senza resistenza di degenerazione di
emettitore.
Uno svantaggio di cui è importante tenere
conto è l’abbassamento della resistenza di
ingresso:
Rintot = (R1 //R2 )//rπ
Figura 2.12:
Configurazione a collettore
comune.
Per polarizzare la rete si segue lo stesso procedimento già illustrato: si impone
la tensione di base per mezzo del partitore R1 − R2 e, considerando la giunzione B-E
accesa, si impone la corrente di emettitore,
approssimativamente uguale a quella di collettore per valori sufficientemente elevati di
β.
E’ invece interessante studiare il comportamento per piccoli segnali, attraverso il circuito equivalente 4 di Figura 2.13.
Combinando le due equazioni:
ic = ie = gm vbe = gm (vb − vout )
4
E’ fondamentale sottolineare che il simbolo del
transistore bipolare che appare nei circuiti equivalenti per piccoli segnali non è in realtà il vero e proprio
BJT, ma il suo modello equivalente.
20
fuori dalla base:
vout = ve = ie Re
si ottiene:
vout =
ie = (Ve − Vb )gm =
gm Re
gm Re
vb −−−−−→ vb
1 + gm Re
Rout =
Ve −
ie
Rb
β
1
Rb
Ve
=
+
ie
gm
β
Con una resistenza di ingresso particolarmente elevata ed una di uscita molto bassa il circuito presenta le caratteristiche di
disaccoppiatore di tensione (buffer), con lo
svantaggio di avere un range di tensioni di
funzionamento limitato a quelle positive.
In Figura 2.14 è riportato un diagramma
di trasferimento di tensione relativo ad una
Figura 2.13: Circuito equivalente per piccoli
configurazione a collettore comune. Si noti
segnali della rete di Figura 2.12.
come la pendenza è positiva e come il segmento approssimi la bisettrice del primo e
Tanto più la resistenza Re è elevata (com- terzo quadrante.
patibilmente con gli effetti che questo ha sul
punto di polarizzazione di uscita) tanto più
è buona l’approssimazione di guadagno unitario.
E’ fondamentale però ricordare che il risultato è valido solamente per il piccolo segnale: è
necessario che il transistore funzioni in zona
attiva diretta, ovvero che, per la polarizzazione, Vout = Vb − 0, 7V .
Il circuito, dal punto di vista del trasferimento di segnale, sembrerebbe comportarsi come
un buffer di tensione; bisogna però studiare
le impedenze viste in ingresso e in uscita.
Dal punto di vista dell’ingresso la situazione
Figura 2.14: Diagramma XY di trasferimento
è analoga a quella vista per il caso CE:
di una configurazione emitter-follower.
Rintot = (R1 //R2 )//(rπ + βRe )
Per ottenere la resistenza vista in uscita dalla rete si forza con un generatore di test spegnendo l’ingresso. Ricordando il verso convenzionale della corrente di emettitore ed indicando con Rb la resistenza vista guardando
21
2.5
Configurazione
comune
a
base
La terza (ed ultima) topologia base per il
bipolare è quella, mostrata in Figura 2.15,
a base comune.
Figura 2.16: Modello approssimato per piccoli segnali della configurazione a base comune.
L’approssimazione effettuata è la seguente: il segnale vede, in ingresso, la serie tra R, Rin e il parallelo 1/gm //Re ; dato che Re è molto maggiore
di 1/gm , possiamo considerare solo quest’ultima,
nella quale fluirà la maggior parte della corrente.
Si nota subito un notevole svantaggio: il
Figura 2.15: Configurazione a base comune del guadagno finale dipende dalle caratteristiche
transistore bipolare. Si noti in questo caso la del generatore di tensione. Questo rende il
presenza di alimentazioni di entrambe le polarità. circuito utilizzabile solo come stadio intermedio di guadagno, e non come entrata di
un sistema.
Per la polarizzazione il discorso è analogo
In Figura 2.17 sono riportate l’entrata e l’ua quello già visto finora: fissata la tensione
scita della configurazione in esame, avendi base (zero, in questo caso) in zona attiva
do utilizzato Rc = 4, 7KΩ, Re = 10kΩ,
diretta l’emettitore si trova a circa 0,7 V al di
R = 470Ω.
sotto. Attraverso la resistenza di emettitore
Osservando l’espressione finale del guadasi imposta la corrente desiderata, che viene
gno, si potrebbe procedere a ritroso per otriproposta al collettore.
tenere una stima dell’ordine di grandezza di
Come si nota dal modello approssimato per
Rin , la resistenza interna del generatore di
piccole variazioni di Figura 2.16, la corrente
segnale:
di segnale è
Vin
1
R
−
A
R
+
c
v
i=
gm
Rin + R + 1/gm
Rin =
≈ 30Ω
Av
producendo un’uscita al collettore di:
Il risultato è stato ottenuto inserendo i valoVin Rc
Vout = iRc =
ri nominali (e non effettivamente misurati)
Rin + R + 1/gm
22
2.6
Applicazione: generatore di corrente
Il più banale modello di generatore di
corrente è un generatore di tensione con
una resistenza in serie. Sono subito evidenti
però problemi di impedenza di uscita che lo
rendono di fatto inutilizzabile in molti casi.
Di seguito è riportato un esempio di configurazione che riesce a sopperire questi
problemi, facendo uso di op-amp retroazioFigura 2.17: Configurazione a base comune. In nati e transistori BJT.
giallo: sinusoide di entrata a 70Hz con Vp−p =
192mV . In azzurro: sinusoide di uscita a 70Hz
con Vp−p = 1, 72V
Generatore di corrente Utilizzando un
transistore pnp come mostrato in Figura
2.18 è possibile ottenere un generatore
delle resistenze utilizzate; in realtà il valore di corrente con una elevata impedenza di
atteso è di circa 50Ω e, considerando le tol- uscita.
leranze dei resistori, il risultato è in accordo
con le aspettative.
Figura 2.18: Generatore di corrente adeguato ai
requisiti di impedenza di uscita/entrata genericamente richiesti in una rete. Sono indicati anche
i valori utilizzati nell’esperienza.
La presenza di una retroazione attraverso
la giunzione BE del BJT permette il contatto
virtuale tra i piedini di entrata dell’op-amp,
23
cosı̀ che Vin = Ve . Fissando la tensione di
emettitore si imposta la corrente generata
attraverso:
Ic ≈ Ie =
Vc − Vout
R
A condizione di mantenere presente un cammino in continua per evitare la saturazione
del transistor, la corrente di uscita è resa
indipendente dal carico.
In questo caso è da notare l’utilizzo di
un transistor pnp anzichè un npn, scelta
obbligata dalla topologia di generatore di
corrente, ovvero di dispositivo in grado di
fornire corrente costante ad un carico.
L’impedenza di entrata è molto piccola, essendo quella vista in emettitore, e quella di
uscita sarà invece elevata: questo risponde
al requisito richiesto di disaccoppiamento
della corrente.
Assorbitore di corrente In Figura
2.19 è rappresentato il circuito duale al
precedente, impropriamente chiamato generatore anch’esso, anche se l’effetto è quello di Figura 2.19: Assorbitore di corrente (duale del
assorbire una corrente costante da un carico. circuito di Figura 2.18).
Il funzionamento è assolutamente identico
a quello già illustrato, con ovvi cambiamenti
di polarità di tensioni e del transistore (npn).
24
Capitolo 3
Teorema di Miller
3.1
Enunciato e verifica sperimentale
Enunciato Il teorema di Miller riguarda
il trasporto di impedenze all’ingresso di una
rete di guadagno: le grandezze Z vengono
viste all’ingresso con valori diversi da quelli nominali, dipendentemente dal fattore di
guadagno.
Il teorema è applicabile in una situazione in
cui tra due tensioni legate da Vb = KVa (dove K è generalmente, ma non necessariamente, un guadagno maggiore di 1) è presente
un’impedenza a ponte, come mostrato in Figura 3.1.
Con riferimento alla Figura 3.1, calcolando
test
l’impedenza Zin = Vitest
vista in ingresso alla
rete attraverso le relazioni:
Vout = −KVtest
itest =
Vtest (K + 1)
Vtest − Vout
=
1/sCM + RM
1/sCM + RM
si ottiene:
Zin
1
=
+ Req
sCeq
dove:
Ceq = CM (K + 1)
Req = RM /(K + 1)
Figura 3.1: Schema generale della struttura cui
applicare il teorema di Miller.
Nonostante la resistenza Req sia spesso
molto piccola e trascurabile, un contributo
significativo alle frequenze critiche della rete
è dato dall’elevata capacità Ceq . Questo
può creare effetti indesiderati, ma può
anche essere un effetto voluto, ad esempio
nell’integrazione di capacitori di elevato
valore.
La considerazione fondamentale riguarda comunque le conseguenze che questo
(3.1)
effetto ha sulla banda passante della rete.
Prendendo per esempio il circuito di Figura
3.2, possiamo ricavarne l’equivalente di Miller riportato in Figura 3.3. E’ innanzitutto
fondamentale sottolineare che il circuito in
25
Figura 3.3 è assolutamente equivalente a
quello di Figura 3.2: la rete era e rimane a
singolo polo.
Con lo stesso ragionamento visto poco sopra
è possibile calcolare l’impedenza Z1 , che
risulta essere:
Z1 = sC(K + 1)
Figura 3.3: Circuito equivalente di Miller della
rete di Figura 3.2.
Considerando che la corrente fornita in uscita deve essere la stessa in entrambi i circuiti,
è possibile anche dimostrare che:
frequenza:
Z2 =
1/sC
1 + 1/K
f3dB =
1
2πCeq Rin
Supponendo un guadagno K indipendente Il risultato è quindi che la presenza di una
dalla frequenza si può facilmente ricavare la capacità a ponte tra uno stadio di guadagno
funzione di trasferimento totale:
(ovvero tra entrata ed uscita) impone un
polo a frequenza tanto più bassa quanto più
1/sCeq
Vout
Vout Vi
=
= −K ·
=
è elevato il fattore di guadagno.
Vin
Vi Vin
1/sCeq + Rin
Questo fenomeno è denominato effetto
Miller.
−K
=
E’ importante osservare come sia l’impeden1 + sCeq Rin
za ”di accoppiamento” Rin ad instaurare
dove Ceq = C(K + 1).
un tempo caratteristico nella rete: l’effetto
Miller non si verifica infatti per l’entrata
dell’amplificatore Vi , ma per Vin .
Verifica Un metodo per verificare il
teorema e per misurare effettivamente le
impedenze equivalenti è ricostruire una
situazione simile a quella mostrata nella
Figura 3.1. Il blocco di guadagno può venire
costruito con degli operazionali, magari sudFigura 3.2: Blocco di guadagno con accoppia- dividendo in due stadi il guadagno in modo
da ottenere una maggiore larghezza di banmento capacitivo tra entrata ed uscita.
da, anzichè utilizzare un buffer invertente
seguito da uno stadio di amplificazione non
Dunque la rete è un filtro passa basso invertente (vogliamo evitare di introdurre
con frequenza a 3dB in corrispondenza della ulteriori distorsioni dovute agli operazionali
26
nell’utilizzo di un’onda quadra, che contiene impedenze):
alte frequenze).
1
Vout
Il circuito di Figura 3.4 è quello utilizzato
sCeq + Req
=
=
nell’esperienza: Rin è una resistenza posta
Vin
Rin + Req + sC1eq
in serie a quella del generatore di forme
d’onda e Vout è presa all’ingresso dello stadio
1 + sCeq Req
=
=
di guadagno. Rappresentiamo in Figura 3.5
1 + sCeq (Rin + Req )
anche il circuito equivalente di Miller visto
1 + sτz
=
all’ingresso del blocco −K.
1 + sτp
dove τz e τp sono gli inversi delle frequenze
di polo e zero:
τz = Req Ceq
τp = Ceq (Rin + Req )
Per vedere come una funzione a gradino di
ampiezza V (la cui rappresentazione nel dominio di Laplace è V /s) viene trasferita in
uscita utilizziamo il teorema del limite:
Figura 3.4: Circuito di guadagno per lo studio
del teorema di Miller.
Vout (0+ ) = lim s
s→∞
Req
V 1 + sτz
=V
s 1 + sτp
Rin + Req
Vout (∞) = lim s
s→0
V 1 + sτz
=V
s 1 + sτp
Osserviamo come i due risultati analitici siano in accordo con un’analisi intuitiva: al
tempo 0+ in entrata vi è idealmente una derivata infinita, quindi il condensatore si comporta da corto circuito e la rete è un semplice partitore resistivo; in situazione di regime invece la tensione in entrata è costante,
dunque il condensatore è un aperto circuito
e l’uscita raggiunge il livello in entrata.
Figura 3.5: Stadio di ingresso equivalente di E’ comunque possibile ottenere l’espresMiller del circuito di Figura 3.4.
sione vera e propria della risposta (nel
tempo) ad un gradino ideale eseguendo
l’antitrasformata di Laplace di:
Calcolando la funzione di trasferimento
della rete di Figura 3.5 (è un partitore di
27
Y (s) = H(s) · X(s) =
1 1 + sτz
·
s 1 + sτp
Il calcolo non è particolarmente difficile se
si espande la funzione in fratti semplici e
li si antitrasforma singolarmente, da cui si
ottiene:
y(t) = 1(t) −
t
Rin
−
e Ceq (Rin +Req ) · 1(t)
Req + Rin
Una semplice verifica della correttezza del
calcolo la si può avere effettuando il limite
e confrontandolo con i risultati già ottenuti.
Si noti inoltre come la costante di tempo
della rete sia effettivamente τp .
a t = 0+ atteso di circa 1, 5V , si estrapola
un valore compreso tra 1, 4V e 1, 6V . Una
misura più attendibile è stata comunque
effettuata utilizzando i cursori dell’oscilloscopio, ottenendo comunque 1, 6V . Bisogna
tenere comunque conto che il valore reale
porta con sé le imprecisioni nei valori esatti
di resistenze e guadagno.
Si nota inoltre come, dopo una crescita
esponenziale, la tensione si stabilizzi su 3V ,
verificando anche il valore a regime atteso.
Una più precisa analisi è stata effetIn Tabella 3.1 sono riportati i valori tuata attraverso fit della parte esponenziale
utilizzati nell’esperienza, da cui si ricava della forma d’onda utilizzando il software
OriginPro. Utilizzando una funzione del
che:
tipo:
Req = 1, 45kΩ
y(t) = y0 + A1 et/τ
Ceq = 170nF
si sono ricavati i seguenti valori per i
e:
parametri:
τz = 1, 64ms
y0 = 3, 05V
τp = 3, 35ms
A = −1, 63V
1
τ = 3, 61ms
Tabella 3.1: Valori utilizzati nell’esperienza.
K
RM
CM
Rin
Di nuovo, considerando anche solo le indeterminazioni al 5 − 10% sui valori delle resistenze i parametri ottenuti sono in buon
accordo con i valori attesi teoricamente.
4,16
7, 5kΩ
220nF
1, 5kΩ
Scegliendo un tempo caratteristico sufficientemente elevato per poter osservare le
due situazioni (iniziale e a regime) e un’opportuna frequenza fondamentale (60Hz in
questo caso) per l’onda quadra in entrata
(in modo da approssimare sufficientemente
un gradino) si ottiene la situazione mostrata
in Figura 3.6.
Si nota dal grafico che, a fronte di un valore
28
Figura 3.6: Campionamento sperimentale di
Vout su sollecitazione di onda quadra di 3V di
ampiezza. Il software di acquisizione non è stato Figura 3.7: Transistore bipolare in configurazioin grado di rilevare la totalità dei punti, ma dal- ne CE con capacità di miller CM .
la zona crescente si possono comunque ottenere
sufficienti informazioni, come indicato nel testo.
3.2
Effetto Miller nella configurazione CE
Spesso, nel progetto di reti di amplificazione, il teorema di Miller può essere
sfruttato per l’inserimento, nella funzione
di trasferimento, di un polo dominante a
bassa frequenza. La necessità è dettata
dall’utilizzo dell’op-amp in configurazione
reazionata, che, per opportune frequenze,
potrebbe entrare in regime di instabilità:
portando il guadagno, a tali frequenze, a
livelli inferiori all’unità si evita l’effetto
rigenerativo tipico delle situazioni instabili. Figura 3.8: Visualizzazione lineare per piccoli
segnali della rete di Figura 3.7. La resistenza inLa configurazione studiata è quella mo- dicata con R in BJT corrisponde alla resistenza
strata in Figura 3.7, ovvero un CE senza d’entrata dello stadio CE, ovvero rπ + βRE .
resistenza di degenerazione, che, nell’intento
di studiarne l’effetto Miller, è rassimilabile
al circuito di Figura 3.8: il BJT può essere
visto infatti come uno stadio di guadagno,
29
caratterizzato da una resistenza di ingresso,
un guadagno (negativo) ed una resistenza di
uscita pari, rispettivamente, a:
RinBJT = rπ + βRe
K=−
Rc
1/gm + Re
RoutBJT = Rc
Figura 3.10: Circuito equivalente per piccoli
segnali della rete di Figura 3.8.
Poichè l’emettitore è il terminale comune,
il capacitore di Miller va inserito tra base e
predominante quest’ultima.
collettore, come mostrato.
Dal circuito di Figura 3.8 è semplice estrarre
Alternativamente si può ricavare la co(similmente a quanto fatto nel paragrafo
stante
di tempo del circuito di Figura
precedente) il circuito equivalente di Miller
3.10:
di Figura 3.9.
τp = Ceq [Rin //RinBJT + Req ] =
= CM (1+K)[Rin //(rπ +βRe )+Rc /(1+K)]
Dato che nel primo termine domina Rin :
τp ≈ CM (1 + K)(Rin + Req )
In questo caso stiamo considerando una
Figura 3.9: Circuito equivalente di Miller della capacità CM discreta, ovvero inserita nel
rete di Figura 3.8.
circuito con un valore prestabilito per ottenere gli effetti di cui sopra. L’effetto Miller
si verificherebbe anche usando solamente la
Per trovare la frequenza del polo (o il suo capacità intrinseca di giunzione del BJT,
tempo caratteristico τp ) possiamo risolvere seppur di valore estremamente inferiore.
la rete di Figura 3.9 (di cui non vengono Anche la giunzione BE presenta però una
riportati i conti), ottenendo:
capacità: essa viene trascurata a frequenze
non elevate poichè, in una situazione di
Req (RinBJT + Rin + RinBJT Rin )
τp = Ceq
=emitter-follower, si tratterebbe di un conRinBJT + Rin
densatore con entrambi i capi alla medesima
tensione.
RinBJT Rin
= Ceq Req +
=
RinBJT + Rin
Per caratterizzare completamente la fun= Ceq (Req + RinBJT //Rin ) ≈ Ceq (Req + Rin )
zione di trasferimento, oltre al polo è necesdove l’approssimazione è valida conside- sario specificare la posizione dello zero.
rando che nel partitore tra RinBJT e Rin è Si può osservare dal circuito equivalente per
30
piccoli segnali di Figura 3.11 che Vout = 0 la rete la ”veda” localmente come un’eccitaquando la corrente di collettore è data in- zione a gradino.
teramente da quella che fluisce nel ramo di Applicando il teorema del limite:
CM , ovvero:
Vout (t = 0+ ) = lim V · H(s) =
s→∞
Vb
I1 =
= Vb sCM
1/sCM
V Rc (1 + gm Re )
=
(Rin + Req )[1 + gm (Rc + Re )]
gm
I2 = Vb
1 + gm Re
V Rc
Vout (∞) = lim V · H(s) = −
s→0
1/gm + Re
Eguagliandole si ottiene la posizione dello
zero a:
Una parte dello scalino viene riportato in
gm
s=
uscita (trasferimento diretto), per poi subire
CM (1 + gm Re )
un decadimento esponenziale con tempo caratteristico τp che si stabilizza su Vout (∞).
Per effettuare la prova sperimentale, sono
stati utilizzati i valori di resistenze e capacità
riportati in Tabella 3.2, con cui si ottengono
i seguenti valori:
K=−
Rc
= −3, 05
1/gm + Re
Ceq = CM (1 + K) = 4, 05nF
Req = Rc /(1 + K) = 1, 7kΩ
Figura 3.11: Circuito equivalente per piccoli
segnali dell’intera rete.
Tabella 3.2: Valori utilizzati nell’esperienza.
Possiamo allora scrivere la funzione di
trasferimento della rete come:
Vout
1 + sτz
=G
=
Vin
1 + sτp
=−
m Re )
1 − s CM (1+g
Rc
gm
·
Rc
1/gm + Re 1 + s(R + R )C
1
+
in
eq
M
1/gm +Re
Per avere evidenza sperimentale di questo
effetto è possibile utilizzare il generatore di
funzioni con un’onda quadra di ampiezza V
e di periodo sufficientemente elevato affinché
31
Rin
Rc
CM
Re
50Ω
6, 8kΩ
1nF
2, 2kΩ
Come si può osservare dalla Figura 3.12 i 3.3 Configurazione Cascode
dati riportati di seguito sono in accordo con
Come illustrato nel paragrafo precedente,
la verifica sperimentale:
l’effetto Miller può essere sfruttato per
V (0+ ) = 24mV
ottenere capacitori apparentemente maggiori rispetto ai valori nominali inseriti nel
V (∞) = 152mV
circuito. Tuttavia la presenza di capacità inNon avendo questa volta a disposizione i va- trinseche nei transistori può far sorgere tale
lori numerici del grafico non è stato esegui- effetto in maniera indesiderata, abbassando
to un fit per poter dare una stima di τp , il la banda passante della rete. Generalmente
tempo caratteristico di decadimento, atteso negli op-amp i problemi di capacità parassite
vengono bypassati attraverso il polo domicomunque di un valore di 7, 1µs.
nante che taglia a frequenze estremamente
basse. Non in tutti i casi è però questa la
strada richiesta: per evitare l’effetto Miller
sono possibili varie soluzioni circuitali.
In questa sezione viene illustrata la configurazione cascode 1 riportata in Figura 3.13.
Figura 3.12: Forma d’onda di uscita della rete
studiata. Seppur sia stata rilevata su larga scala
temporale è possibile notare comunque i comportamenti in transiente e a regime. Le scale, non
riportate, sono di 50mV /div per quella verticale
e di 25µs/div per quella orizzontale.
Figura 3.13: Schema della configurazione cascode a BJT. Si noti la presenza della capacità
intrinseca del transistore Cbc .
Il transistore T1 è lo stadio con guadagno
1
Il nome deriva dall’epoca dei tubi a vuoto ed è
una versione contratta di cascaded cathode.
32
K tra il segnale entrante in base ed uscente la stessa corrente di emettitore. Infatti, per
in collettore. Tra questi è posta la capacità piccoli segnali, valgono:
Cbc1 intrinseca, relativa alla zona di carica
vout = −RC io
spaziale tra base e collettore. Conseguenza
del teorema di Miller (in una configurazione
io = ic2 ≈ ie2 = ic1 = β1 ib1
CE, non cascode) è lo spostamento del polo
Vin
ib1 =
a bassa frequenza:
R +r +β R
in
π1
1
e
Unendo queste tre relazioni si ottiene il guaτp = Rin Cbc1 (K + 1)
dagno totale, che risulta essere proprio queldove si è trascurata la resistenza di Miller lo di un amplificatore CE con resistenza di
RL /(K + 1) (RL è la resistenza vista dall’e- degenerazione di emettitore:
mettitore di T2, che nella sezione precedente
vout
Rc
=−
era Rc ).
vin
1/gm1 + Re
La presenza del transistore T2 deve avere
due effetti contemporanei: contrastare l’ef- Attraverso T2 viene dunque ripristinato il
fetto Miller e mantenere il più possibile in- guadagno originario K.
La larghezza di banda effettiva è ora dettata
variato il guadagno K della rete.
Limitatamente a T1 l’effetto Miller viene de- (approssimativamente) da τT 2 = Cbc2 Rc :
magnificato con l’abbassamento di K: la re- uno svantaggio di questa rete è che tanto più
sistenza di carico ora non è più Rc (del- grande è Rc (e quindi tanto più grande è il
l’ordine dei kΩ) ma, grazie alla presenza di guadagno) tanto più sarà a bassa frequenza
un common-base npn, è la resistenza vista il polo.
all’interno del suo emettitore:
Per quanto riguarda la verifica sperimentale della configurazione in esame,
sono riportati in Tabella 3.3 i componenti
utilizzati, indicati anche in Figura 3.13.
RinT 2 ≈ 1/gm2
e quindi:
K=
RL
1/gm2
=
1/gm1 + Re
1/gm1 + Re
Poiché Re 1/gm il guadagno K risulta
molto minore dell’unità, cosı̀ che la capacità
di Miller sia:
Ceq = Cbc (1 + K) ≈ Cbc
Tabella 3.3: Valori utilizzati nell’esperienza.
Rin
Re
Cbc
Rc
50Ω
1, 2kΩ
intrinseca, dell’ordine dei fF
6, 8kΩ
ed il relativo polo venga mantenuto sulle alte frequenze.
D’altra parte il transistore T2 agisce, per
Per verificare il corretto funzionamenβ2 sufficientemente elevato, da disaccoppia- to della rete si procede ancora imponendo
tore di corrente, riproponendo in collettore un’eccitazione a gradino ed osservando che:
33
• la banda non è ristretta dall’effetto
Miller, e quindi il gradino non viene
distorto nella zona di alta frequenza;
• il guadagno in tensione è quello atteso
per un common-emitter.
In Figura 3.14 sono riportate le forme
d’onda ottenute. Il guadagno atteso è:
Av =
Rc
= 5, 5
1/gm + Re
in perfetto accordo con la misura sperimentale, come si può notare direttamente dalle
forme d’onda riportate.
Figura 3.14: In azzurro: onda quadra in entrata. In giallo: onda quadra amplificata in uscita.
La scala verticale, non riportata, è di 50mV/div.
Si noti la presenza di alcuni picchi di tensione in corrispondenza delle commutazioni, dovuti
probabilmente a risonanze di alcuni elementi del
circuito.
34
Capitolo 4
Reti a molti transistori
In un’ottica di progettazione di un amplificatore operazionale non è ovviamente
sufficiente una rete a singolo transistore;
i motivi sono molteplici: dalla necessità
di un’entrata differenziale anzichè singleended a quella di un guadagno di gran
lunga superiore a quello ottenibile con un
singolo stadio, dalla corretta impostazione
della banda passante ad anello aperto alla
necessità di avere buone caratteristiche di
ingresso e uscita in termini di impedenze,
o di eliminare i condensatori di bypass per
poter lavorare anche con livelli di continua.
Tutte queste considerazioni, insieme alla
regolazione di altri parametri (slew-rate,
offset, etc. . . ) portano alla progettazione
di reti contenenti molti transistori, a prima
vista piuttosto complesse. Molti dei blocchi principali sono tuttavia standard e si
ripropongono -opportunamente modificati e
dimensionati- in quasi tutti gli amplificatori.
Di seguito viene discusso il progetto di un
semplice operazionale partendo proprio dai
singoli blocchi, alcuni dei quali (quelli a
singolo transistore) sono già stati illustrati
in precedenza.
4.1
Amplificatore
differenziale
L’amplificatore differenziale è lo stadio di entrata di un operazionale: la differenza di tensione tra le due entrate viene riportata in
uscita mentre viene (idealmente) rigettato il
livello di modo comune tra di esse, dove per
queste quantità si intendono:
Vd = V2 − V1
(4.1)
V1 + V2
(4.2)
2
Per indicare quanto effettivamente la prima quantità, in uscita, prevalga sulla seconda, viene fornito sui data-sheet un parametro di bontà detto Common Mode Rejection
Ratio, espresso in dB:
Ad
CM RR(dB) = 20 log10
Acm
Vcm =
I motivi della scelta di un’entrata differenziale anzichè single-ended sono principalmente due:
• i circuiti differenziali sono molto più
immuni alle interferenze: un segnale disturbante accoppiato (capacitivamente
35
o induttivamente) a due fili che portano
il segnale differenziale influenzerà in
eguale misura entrambi i conduttori,
se sono sufficientemente vicini; dal
momento che solo la differenza viene
rilevata, il rumore non inficia il segnale
utile;
• la configurazione differenziale non necessita di condensatori di bypass per separare polarizzazione e segnale: si dice
che è dc-coupled.
Un grosso impulso all’utilizzo dei circuiti
differenziali è stato dato dal perfezionamento delle tecniche di integrazione: è
infatti necessaria una grande precisione
nella realizzazione dei componenti, dato
che il corretto funzionamento di una coppia
differenziale dipende criticamente dal matching dei due lati del circuito.
Lo stadio differenziale non fornisce di per sé
un elevato guadagno e del resto non è necessario uno swing in uscita particolarmente
ampio: sono gli stadi successivi a fornire
l’amplificazione vera e propria. Piuttosto,
l’obiettivo è quello di massimizzare il CMRR
facendo sı̀ che il segnale che viene amplificato
sia effettivamente la differenza tra le entrate.
circuito (mostrato in Figura 4.1) è costituito
dalla vera e propria coppia differenziale
con i transistori T1 e T2 e da una coda,
che è in pratica un generatore che imposta
la corrente richiesta per la polarizzazione.
Supponendo identici i due dispositivi T1
e T2 non c’è motivo per cui una diversa
quantità di corrente debba fluire in un lato
del circuito piuttosto che nell’altro. Possiamo, a seguito di questa considerazione,
visualizzare la resistenza di coda RT come
il parallelo tra due resistenze di valore 2RT ,
in ciascuna delle quali scorre una corrente
identica.
Figura 4.1: Schema della coppia differenziale:
la parte superiore, costituita dai due transistori
con relative resistenze di polarizzazione, è la vera
Polarizzazione Per descrivere il com- e propria coppia differenziale; la parte inferiore,
portamento del circuito è più immediato che imposta la corrente I assorbita è detta coda.
fare considerazioni di simmetria1 , lavorando
cosı̀ solo su una delle due parti ottenute. Il
1
Sia ora che in seguito, ogniqualvolta vengano effettuate considerazioni di simmetria, deve risultare
chiaro che può venire fatta anche una più rigorosa
analisi matematica; lavorare con le simmetrie ed in
maniera qualitativa permette però di ottenere una
maggiore evidenza del funzionamento del circuito.
Utilizzando il solito partitore per impostare una tensione di base Vb , si ricava la
corrente in uno dei due rami della coppia:
36
I=
Vb − 0, 7 + Vee
Re + 2RT
propria tensione: se la corrente I viene fornita maggiormente dal lato di destra quella
del lato di sinistra diminuisce corrispondentemente e Vp viene mantenuta, e viceversa;
dal punto di vista variazionale Vp = 0. AlloRealizzando il circuito in versione di- ra ciascun transistore può venire visto come
screta si va incontro a tutte le imperfezioni un CE con resistenza Re di degenerazione e:
e disegualità tipiche dei componenti non
vout
Rc
vout
ADM =
=−
=−
integrati; a causa di questo il circuito
v2
1/gm + Re
v1
costruito sperimentalmente non risulta
simmetrico: le tensioni di polarizzazione ai dove si è assunto che gm1 = gm2 = gm .
collettori dei due transistori differiscono di Dunque un aumento di v2 provoca una
qualche volt l’una dall’altra. La corrente di diminuzione dell’uscita in vout2 .
polarizzazione risulta comunque in entrambi Si noti l’assenza, nell’espressione del guadagno, della resistenza di coda RT .
i casi dell’ordine di 1mA, come richiesto.
Un’asimmetria nei punti di polarizzazione
Con simili considerazioni si può studiare il
non è necessariamente critica nel funziomodo
comune, applicando due segnali uguanamento della coppia differenziale: sono
gli stadi successivi a dover fornire il grosso li ad entrambi i terminali. In questo caso
dell’amplificazione. Su un’uscita di qualche la tensione del punto p si sposterà di consevolt ed un guadagno magari di 106 l’entrata guenza alla variazione della tensione di bacorrispondente è estremamente piccola ed se. Di nuovo, ciascun ramo della coppia è
il contributo di amplificazione della coppia un CE, ma questa volta con resistenza di
differenziale non è tale da rendere questo degenerazione Re + 2RT :
vout
vout
Rc
segnale particolarmente elevato.
ACM =
=
=−
v2
v1
1/gm + Re + 2RT
Per motivi che verranno illustrati tra poco,
si deve scegliere una Re piuttosto piccola
(4 o 5 volte gm −1 ) ed RT di conseguenza
grande (nell’ordine dei kΩ).
Calcolando il CMRR è possibile ricavare con
quali rapporti vadano scelte le resistenze del
cirucito:
ADM 1/gm2 + Re + 2RT
=
CM RR = =
ACM 1/gm2 + Re
Guadagni DM-CM Ogni coppia di segnali che venga applicata ai due terminali
di entrata può essere scomposta in due componenti: modo comune e modo differenziale,
come definito nelle equazioni 4.1 e 4.2.
Applicare un segnale differenziale significa
azzerare il modo comune, ovvero V1 +V2 = 0,
ovvero:
V1 = −V2
2RT
1/gm2 + Re
Dalle ultime espressioni ricavate si evidenziano due cose:
Applicando quindi due piccoli segnali uguali
ed opposti (v1 = −vd , v2 = vd ), sempre per
considerazioni simmetriche non c’è motivo
per cui il punto di coda Vp debba cambiare la
• non è possibile scegliere Re = 0 poichè
il guadagno differenziale dipenderebbe
dal parametro gm , non perfettamente
controllabile e riproducibile;
37
=1+
• per ottenere un CMRR molto elevato
è necessario che RT Re : è possibile
utilizzare un generatore di corrente nella coda, in modo da avere una resistenza
RT di uscita (idealmente) infinita.
Nelle Figure 4.3 e 4.2 sono riportate
due misure sperimentali, rispettivamente di
modo differenziale e comune.
Figura 4.3: In giallo: entrata sinusoidale di
modo differenziale. In giallo: uscita.
collettore è molto alta.
La capacità C, di elevate dimensioni (qualche µF ) ha scopi di filtraggio.
Figura 4.2: In azzurro: entrata sinusoidale di
modo comune. In giallo: uscita invertente.
Da queste misure si ottiene:
CM RR = 20 log(ADM /ACM ) =
= 20 log(
62, 3
) = 29, 36dB
2, 12
Generatore di corrente Un semplice
schema di generatore di corrente è riportato
in Figura 4.4. Seguendo l’usuale metodo di
polarizzazione visto più volte si ottiene:
IT =
Figura 4.4: Generatore di corrente.
Vb − 0, 7 − VEE
RE
Questa configurazione è un buon generatore di corrente, poichè la resistenza vista nel
38
4.2
Specchio di corrente
Nei circuiti integrati la polarizzazione è
generalmente basata sull’uso di sorgenti di
corrente costante: una corrente di riferimento viene generata in un certo punto del
circuito e replicata ove necessario attraverso
quelli che vengono chiamati specchi di
corrente. In questo modo è sufficiente un
solo riferimento stabile, solitamente creato
utilizzando una resistenza di elevatissima
precisione, mentre negli altri punti questa
corrente viene facilmente replicata. Inoltre
le varie correnti di polarizzazione, in questo
modo, non vengono a differire in caso di
cambiamenti di alimentazione o di temperatura.
specchio2 ,
Figura 4.5: Specchio di corrente con funzione
di assorbitore. Il generatore di corrente Iref può
essere un qualunque generatore, sufficientemente
preciso a seconda dell’esigenza del circuito.
nel cortocircuito tra collettore e base di Q1,
possiamo affermare che:
Il generatore di corrente a
mostrato in Figura 4.5, è uno stadio comanI = 2Ib
dato in corrente e con uscita in corrente
(Rin bassa ed Rout elevata) con guadagno il e che, quindi (se Ic è la corrente di collettore
di Q1):
più possibile unitario.
2
Ic
≈ Ic = Iout
Analogamente a quanto fatto per la cop- Iref = Ic + 2 = Ic 1 +
β
β
pia differenziale, possiamo osservare che il
circuito, dal punto P in giù, è assolutamente dove l’approssimazione è valida per valori
simmetrico (supponiamo perfetto matching sufficientemente grandi di β.
tra i due transistori Q1 e Q2); quindi:
Finora si è fatta però l’assunzione che i
due transistori siano identici. Togliamo queIe1 = Ie2
sta idealità e sostituiamo anche Re con Re1
ed Re2 . Si può scrivere:
Ib1 = Ib2
Vp = Iin Re1 + Vbe1 = Iout Re2 + Vbe2
etc...
In zona attiva Vbe = Vth ln(Ic /Is ):
Supponiamo tuttavia che β non sia infinito.
Se ora denominiamo I la corrente che fluisce Iin Re1 +Vth ln(Iin /Is1 ) = Iout Re2 +Vth ln(Iout /Is2 )
2
In realtà lo stadio mostrato è un assorbitore di
corrente. Utilizzando dei transistori pnp di crea il
circuito duale che genera corrente. Il funzionamento
è assolutamente identico.
Considerando dominanti i termini lineari
rispetto a quelli logaritmici:
39
Iin Re1 = Iout Re2
Iin
Re2
=
Iout
Re1
siamo molto maggiori delle rispettive
transconduttanze, in modo che:
Questa approssimazione è tanto più valida
quanto più le resistenze Re sono grandi, ed
il guadagno è unitario tanto più le resistenze
sono uguali.
Se vogliamo analizzare il comportamento
per piccoli segnali possiamo calcolare il
differenziale dell’espressione:
iout
Re1
≈
iin
Re2
iin Re1 +Vth
D’altro canto si deve stare attenti,
tuttavia, a non scegliere resistenze
talmente elevate da limitare troppo
la dinamica d’uscita del circuito, rischiando di mandare in saturazione i
transistori.
Is1 1
Is 1
iin = iout Re2 +Vth 2
iout
Iin Is1
Iout Is2
iin Re1 +
1
gm1
iin = iout Re2 +
1
gm2
iout
4.3
da cui si ottiene il fattore di specchiamento:
Re1 + 1/gm1
iout
=
iin
Re2 + 1/gm2
Se i transistori sono in perfetto matching
e le resistenze di emettitore sono uguali il
fattore di specchiamento è unitario: questo
corrisponde al caso ideale.
• Caso Re1 = Re2 = 0: è il caso tipico dei
circuiti integrati, in cui è possibile fare affidamento sui parametri costruttivi
dei transistori:
iout
1/gm1
I2
=
=
=
iin
1/gm2
I1
=
Is2 eVbe /Vth
Is
W2
= 2 =
V
/V
Is1
W1
Is1 e be th
dove W1 e W2 sono le aree delle
giunzioni B-E dei due transistori.
• Caso Re1 6= 0 e Re2 6= 0: in una situazione discreta non si può basare la
polarizzazione sui parametri dei transistori: è necessario scegliere le due
resistenze di emettitore in modo che
Amplificatore
differenziale con carico a
specchio
Il generatore di corrente a specchio può essere efficacemente utilizzato per polarizzare
una coppia differenziale, proprio grazie al
carattere simmetrico dei due stadi.
Il circuito è mostrato in Figura 4.6: come
carico a specchio è stato utilizzato il circuito
duale rispetto a quello visto prima. Attraverso la coda dell’amplificatore differenziale
viene impostata la corrente I che fluisce nel
circuito, suddividendosi idealmente in parti
uguali nei due lati. Dunque nel lato sinistro
della coppia differenziale scorrerà una corrente Iin = I/2, che viene riproposta sul lato
destro con guadagno 1: Iout = Iin = I/2.
Nel nodo Vout2 entra ed esce un’uguale
corrente (I/2): nel carico non scorre quindi
corrente.
Tutte queste considerazioni sono però valide
per un’eccitazione di modo comune, quale
è la polarizzazione: un modo comune viene
(quasi) completamente rigettato dalla struttura stessa della rete: non è più necessario
avere una grossa resistenza alla coda per
40
aumentare il CMRR.
Figura 4.7:
Circuito equivalente visto da
un’eccitazione sinusoidale di piccolo segnale.
≈
Vd
2
2
1/gm + Re
dove l’approssimazione è valida per gm1 ≈
gm2 .
Possiamo quindi trovare l’uscita:
Vout = IL · RL = Vd
Figura 4.6: Coppia differenziale con carico attivo. Nella parte sinistra del circuito scorre la cor- ovvero:
rente Iin di riferimento, riproposta nella parte
destra come Iout .
ADM =
RL
1/gm + Re
Vout
RL
=
Vin
1/gm + Re
In Figura 4.8 è riportata la misura sperimentale di come un’eccitazione sinusoidale
di modo comune applicata in entrata viene
completamente rigettata in uscita.
Per quanto riguarda invece il guadagno
differenziale, la situazione è riportata in FiNel transistore Q2 passa una corrente di gura 4.9, mentre un grafico di trasferimento
di tensione è riportato in Figura 4.10.
collettore:
Consideriamo ora un’eccitazione differenziale Vd /2, come mostrato nel circuito
di Figura 4.7. Analogamente a quanto già
visto, il punto P rimane, per il segnale
differenziale, a massa.
Vd
1
2 1/gm1 + Re
Sperimentalmente, il guadagno in decibel
di modo differenziale è:
che si somma a quella generata dallo
5, 36
A
=
20
log
= 34, 4dB
DM
specchio di corrente:
0, 102
Vd
1
1
+
≈
2 1/gm1 + Re 1/gm2 + Re
I=
41
Figura 4.10: Caratteristica di trasferimento di
tensione relativa alla Figura 4.9. Dalla diffeFigura 4.8: In azzurro: ingresso sinusoida- renza tra le scale dei due assi si può già nole di frequenza 1kHz e di ampiezza picco pic- tare l’elevato guadagno di modo differenziale
co 100mV . In giallo: la tensione riportata in ottenuto.
uscita, pari a 0.
4.4
Amplificatore operazionale a transistor
Unendo alcuni degli stadi visti fino ad ora è
possibile costruire un semplice amplificatore
operazionale, la cui struttura è mostrata in
Figura 4.11.
Questo circuito è equivalente al classico
operazionale con entrata differenziale ed
uscita single-ended. Per trovare quale dei
due morsetti della coppia differenziale è
l’invertente e quale il non-invertente mettiamo Vin2 a massa e perturbiamo con una
tensione positiva Vin1 : il collettore di Q1
scende, mentre quello di Q2 (il transistore
Figura 4.9: In azzurro: ingresso sinusoida- connesso con il resto del circuito) sale in
le di frequenza 1kHz e di ampiezza picco picco tensione. La tensione base-emettitore di Q5
102mV . In giallo: sinusoide riportata in uscita,
scende, cosı̀ come l’uscita: Vin1 è l’entrata
di ampiezza 5,36V (picco-picco).
invertente.
Come tutti gli operazionali non è uti42
Figura 4.11: Amplificatore operazionale a transistor a tre stadi: entrata differenziale, guadagno,
uscita.
lizzabile ad anello aperto: retroazioniamolo
dunque in modalità di amplificatore invertente. In questo modo la polarizzazione
stessa fissa il punto di polarizzazione, facendo in modo che ad entrate nulle corrisponda
una uscita nulla.
particolari problemi, dato che il guadagno è
tutto nello stadio successivo, e quindi questo
livello non varia di molto rispetto al punto
di polarizzazione. Inoltre 0, 7V sono anche
sufficienti a mantenere il transistore Q4 in
zona attiva, senza farlo saturare.
Passando allo stadio di ingresso, dato che
Vb1 = Vb2 = 0
Polarizzazione Per polarizzare la rete è
conveniente partire dall’uscita, con Vout = 0.
Impostiamo, ad un valore di circa 4 − 5mA
la corrente che scorre nel transistore Q6:
I6 =
Vee
RB
I
IRc + Re + 0, 7V = Vee
2
I=
Vee − 0, 7V
≈ 2mA
Rc + R2e
Guadagno E’ importante ora fare alcune
considerazioni sulle resistenze viste (nell’approssimazione di piccolo segnale) come caVee + 0, 7V
I5 =
rico dai transistori Q5 e Q6. Se infatti osRA
serviamo l’espressione del guadagno di uno
Non essendo uno stadio di uscita non è ne- stadio CE notiamo che vi compare la resicessaria una potenza elevata: è sufficiente stenza totale di collettore che, in questo caso,
una corrente di circa 1mA.
risulta essere il parallelo tra RA e Rin6
Ora notiamo che Vb5 = Vcc − 0, 7V : pur essendo molto vicino a Vcc questo non crea
RL5 = RA //Rin6 =
Dato che Vb6 = Vout + 0, 7V = 0, 7V :
43
β6
+ β6 (RB //(R1 + R2 )) ≈
= RA //
gm6
β6
≈ RA //
+ β6 RB
gm6
4.4.1
dove R1 ed R2 sono le resistenze di retroazione esterne. Tipicamente Rin6 RA , dunque la presenza dello stadio di uscita non
varia di molto la resistenza di carico per Q5:
RL5 ≈ RA
Amplificatore non invertente
Per testare il corretto funzionamento dell’operazionale appena discusso è possibile configurarlo secondo alcune semplici topologie
circuitali. In Figura 4.12 è mostrato il comportamento di un amplificatore non invertente con un’eccitazione triangolare con frequenza fondamentale a 40Hz. In Figura
4.13 è riportata anche la caratteristica di
trasferimento.
E’ dunque molto facile ottenere un guadagno
elevato in questo stadio, essendo:
G2 ≈ −gm6 RA = −RA /26Ω
La resistenza vista invece in ingresso a Q5 è:
Rin5 =
β5
gm5
Quindi:
G1DM =
β5 /gm5
1/gm1 + Re
Figura 4.12: In azzurro: eccitazione triangola-
G1CM ≈ 0
re in entrata di ampiezza 2, 04V picco-picco; in
Quindi, dato che G3 ≈ 1 essendo un emitter- giallo: uscita triangolare a 11, 2V .
follower, si ottiene il guadagno totale come:
Gtot = G1 G2 G3 ≈ G1DM G2 = −
β5 RA
1/gm1 + Re
Nonostante l’espressione finale dipenda da
β, che è un parametro indesiderato, si riesce
comunque ad ottenere un elevato guadagno,
al di là dell’entità precisa.
E’ anche possibile aggiungere un capacitore
di Miller sullo stadio CE per inserire nella
funzione di trasferimento un polo dominante che tagli a bassa frequenza in modo da
evitare problemi di instabilità.
Metodo dell’ellisse E’ possibile studiare qualitativamente lo sfasamento introdotto
dagli elementi capacitivi del circuito (in primo luogo dal capacitore di polo dominante)
osservando l’ellissoide che si forma nel diagramma XY.
Esprimiamo infatti due segnali sinusoidali
(entrata e uscita) come:
Vin = x = a sin(ωt)
Vout = y = b sin(ωt + φ)
44
mostrato il diagramma di trasferimento a
100kHz, frequenza alla quale lo sfasamento
è ancora basso. In Figura 4.15 invece si
nota come le due sinusoidi inizino già a
presentare un sensibile sfasamento l’una
dall’altra.
Figura 4.13: Caratteristica di trasferimento relativa alla situazione ingresso-uscita di Figura
4.12.
Combinando opportunamente le due equazioni (si sviluppa la seconda e si sostituisce
la prima) si ottiene l’equazione dell’ellisse:
Figura 4.14: Diagramma XY a 100kHz.
y 2 x2 2xy
+ 2−
cos φ = sin 2φ
b2
a
ab
Se i segnali hanno la stessa ampiezza (a = b)
l’ellisse diventa una circonferenza ed i due
segnali sono sfasati di π/2 o di 3π/2. Se lo
sfasamento è 0 o π si ottiene invece un segmento.
Se chiamiamo CD la massima estensione verticale dell’ellisse e AB la sua ampiezza per
x = 0 definiamo l’angolo di fase come:
sin φ =
CD
AB
Nel caso di buffer non invertente, ricordando che il prodotto gain-bandwidth per
un operazionale con retroazione puramente
resistiva è costante, si riesce ad ottenere, a
scapito del guadagno, una massimizzazione
della banda passante. Nella Figura 4.14 è
45
Figura 4.15: Diagramma XY a 200kHz.
4.4.2
Trigger di
invertente
Schmidtt
non
Una topologia a feedback positivo molto
semplice è il trigger di Schmidtt, il cui comportamento, per opportune soglie, è mostrato in Figura 4.16, con il relativo diagramma
XY in Figura 4.17.
Figura 4.16: In azzurro: ingresso triangolare;
in giallo: onda quadra in uscita, conseguenza del
comportamento bistabile del trigger.
Figura 4.17: Ciclo di isteresi caratteristico del
circuito a trigger di Schmidtt.
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