Apomissia Produzione asessuata di seme (partenogenesi negli animali) Si sviluppa un embrione in assenza di fecondazione partendo da una cellula ancora diploide Tre tipi di apomissia Diplosporia – la cellula madre delle megaspore non va incontro a meiosi, ma si divide dando origine ad un sacco embrionale con corredo diploide che si sviluppa in embrione senza fecondazione. Aposporia – la cellula nucellare (progenitrice della cellula madre delle megaspore) forma direttamente un sacco embrionale diploide che poi evolve in embrione. Embrionia avventizia – sviluppo di embrioni direttamente da cellula somatica, senza fiore. Sono meccanismi asessuata, di distribuita riproduzione nelle varie specie, più frequente in Graminacee, Composite, Rosacee e Asteracee. Ci sono specie facoltative e specie obbligate. Le basi molecolari di questo fenomeno sono poco conosciute. Studi sull’aposporia in Ranuncolo hanno evidenziato la presenza di un singolo carattere mendeliano dominante (A) accanto a caratteri recessivi per la sessualità (a). Sembra che questo modello si possa probabilmente applicare anche alla diplosporia. Questo modello con caratteri sessuali recessivi spiega anche come mai le specie sono spesso apomittiche facoltative e spiega anche come mai un incrocio tra due piante apomittiche possa originare progenie puramente sessuali. Un’altra caratteristica tipica delle piante apomittiche è la loro poliploidia. L’apomissia è incompatibile con la diploidia? No, ma studi su varie specie suggeriscono che la presenza dell’allele dominante apomittico A sia letale per il polline aploide o per lo zigote diploide. Per cui si trasmette alla progenie in modo limitata per es. sotto forma di polline diploide. Questo quindi favorisce la polipolidia nelle specie apomittiche. L’apomissia è un carattere molto interessante in agricoltura e nel miglioramento genetico. - Consente la creazione di una larga popolazione omogenea in termini genotipici - riduzione nei tempi e costi dei programmi di breeding - evita di dover applicare complesse procedure di fecondazione incrociata - evita il trasferimento di malattie in specie propagate vegetativamente come la patata - consente la produzione di frutta senza bisogno dell’impollinazione - consente di stabilizzare varietà con vigore ibrido. Purtroppo l’apomissia è poco rappresentata in specie di interesse agronomico, tranne in piante da frutto tropicali e subtropicali (ad es. mango e mangostano), nel genere Citrus e in erbacee tropicali Se l’apomissia fosse disponibile come carattere controllato, si potrebbe propagare una semente ibrida senza bisogno di tornare ai parentali ogni volta. Il vigore ibrido sarebbe fissato nella progenie. Manca in mais e riso andrebbe introdotta L’apomissia consentirebbe di ottenere frutti anche senza impollinazione, fattore importante soprattutto nelle piante legnose da frutto per le quali i fattori ambientali (disponibilità di acqua, temperatura, condizioni climatiche) influenzano negativamente la resa. Strategie per l’introduzione dell’apomissia in specie a riproduzione sessuale possono richiedere: (i) Compiere ibridazioni tra specie sessuali e apomittiche interfeconde; (ii) Indurre mutazioni in piante normalmente sessuali selezionando poi per la produzione autonoma di semi; (iii) Identificazione di alleli che conferiscono l’apomissia in natura da usarsi poi in esperimenti di trasformazione; (iv) Costruzione di geni apomittici artificiali da introdurre via trasformazione. Partenocarpia: produzione di frutti privi di semi in assenza di impollinazione e fecondazione. La produzione di frutta è inibita da condizioni climatiche sfavorevoli (temp, umidità e luce). Per es. in pomodoro l’impollinazione non avviene se la temperatura notturna è inferiore a 13°C gradi o se di giorno si hanno più di 5 ore con temp. superiore a 38°C problemi di resa soprattutto in serra o tunnel. Semi sono spesso una caratteristica indesiderata in frutti edibili perché troppo grossi, duri o amari (mango, agrumi, melanzana) o perché contengono sostanze tossiche. Sostituire le cavità che contengono i semi con tessuto edibile è pure vantaggioso (melone e papaya). Cultivar partenocarpici sono noti in numerose specie tuttavia non sono utilizzati in orticoltura perché spesso sono associati a basse rese. Nello sviluppo del frutto conta soprattutto la fecondazione e lo sviluppo dell’embrione e del seme. Di solito lo sviluppo del frutto parte con il completamento della fecondazione che scatena lo sviluppo dell’embrione che producendo auxine stimola la divisione cellulare dei tessuti del frutto. Il numero di semi che si sviluppano influenza grandemente la dimensione ed il peso del frutto maturo. In molte piante, lo sviluppo normale del frutto segue tre fasi: (1) Allegagione (fruit setting), (2) Divisione cellulare, (3) Espansione cellulare, (4) Maturazione. Durante la prima fase, l’ovario prende la decisione o di abortire o di proseguire nello sviluppo. La fase successiva è caratterizzata dalla crescita del frutto in termini di numero di cellule via divisioni cellulari; l’aumento nelle dimensioni del frutto è minima perché le cellule sono piccole. La terza fase inizia dopo le divisioni cellulari e comporta un aumento nelle dimensioni per espansione cellulare (anche di 100 volte) fino a raggiungere le misure finali. La decisione di procedere o meno verso il frutto dipende dal completamento dell’impollinazione e dalla fecondazione. Il polline produce gibberelline ed è risaputo che l’applicazione di gibberelline esogene può indurre un aumento nel contenuto di auxine nell’ovario di un fiore non impollinato in pomodoro causando quindi l’allegagione anche senza fecondazione. Frutti partenocarpici sono privi di semi perchè l’ovario si è sviluppato senza fecondazione. La partenocarpia può essere l’unico modo per fare dei frutti oppure può essere facoltativa a seconda della fertilità della pianta. Se la pianta è sterile, la partenocarpia si manifesta senza bisogno di stimoli esterni (ed es. banana e ananas). Molti mutanti di pomodoro sono invece esempi di partenocarpia facoltativa perché producono frutti privi di semi solo se non è avvenuta la fecondazione. Questo può essere dovuto soprattutto a fattori esterni come la bassa temperatura e la luce. Tali mutanti però sono spesso associati a danni pleiotropici o sterilità che li rende poco utilizzabili nei programmi di breeding. E’ però vero che la partenocarpia avrebbe dei vantaggi: Estetici e di gusto. Allungamento vita media post-raccolta i semi nei frutti producono ormoni che stimolano la senescenza. Eliminare la dipendenza dall’impollinazione, spesso fattore limitante della resa. L’allegagione e lo sviluppo del frutto dipendono dagli ormoni prodotti dal polline e dall’embrione in crescita. Nelle piante partenocarpiche l’ovario si sviluppa in frutto a causa di trattamenti ormonali esogeni o di stimoli genetici. L’ovario delle piante partenocarpiche contiene alti livelli di auxine e gibberelline e si ipotizza che i geni per la partenocarpia siano implicati nei meccanismi di produzione, trasporto o riconoscimento, degli ormoni che portano allo sviluppo del frutto senza impollinazione. E’ quindi possibile teoreticamente indurre la partenocarpia in piante transgeniche esprimendo nell’ovario geni biosintetici per auxine o citochinine nel periodo subito successivo all’antesi (apertura del fiore) Si deve quindi usare per la trasformazione genetica un transgene composto da un promotore ovario-specifico e un gene biosintetico per l’auxina. Tale approccio ha dato risultati notevoli dando origine a piante partenocarpiche senza quegli effetti pleiotropici deleteri dei mutanti. The DefH9-iaaM gene contains the coding region of the iaaM gene under the control of the placenta and ovule-specific promoter from the DefH9 gene from Anthirrinum majus. The iaaM gene codes for a tryptophan monoxygenase, which produces indolacetamide that in turn is either chemically or enzymatically converted to the auxin indole-3acetic acid. To date, the DefH9-iaaM chimeric gene has been shown to cause parthenocarpic fruit development in tobacco, eggplant, tomato, strawberry and raspberry. The productivity of parthenocarpic eggplant and tomato transgenic for the DefH9-iaaM gene, tested in different genetic backgrounds and under different conditions of cultivation, has shown a drastic increase in fruit yield.