Maria Giampalmo L’uomo perde il vizio ma non il ruolo! di Maria Giampalmo È evidente come parlare di uomini e della loro situazione nella nostra società sia una simpatica provocazione per una donna; in realtà una riflessione su tale argomento appare ben più densa di significato di quanto potrebbe pensarsi. Mai, infatti, a ben ricordare, nel corso dei secoli la condizione dell’uomo è stata messa in discussione. Il suo ruolo ben definito in tutti gli aspetti della vita è sempre rimasto saldo e ancorato al principio dell’ “essere in quanto uomo” e, quindi, sol per questo, dell’avere quella marcia in più, indice di garanzia, di tutela, di equilibrio. E quello che appare più grave è l’aver espresso tali giudizi spesso non in termini di differenza fisica, decretando dunque la necessità dell’uomo di sopperire alla donna nei lavori manuali, forse meno adatti alla sua struttura, bensì in termini di differenza psichica ed intellettiva. Basti pensare al diritto di voto, a cui per molti anni solo gli uomini hanno avuto accesso, e questo proprio in virtù di un mancato riconoscimento alle donne in termini di possibilità di esprimere un giudizio politico. Tutto questo dimenticando come, in realtà, l’altro ruolo che da sempre le era riconosciuto, quello di essere madre, fosse non meno importante, lì dove vi era la quasi esclusiva formazione dei figli, vero seme per una società diversa. In realtà l’emancipazione della donna non ha modificato molto il ruolo dell’uomo, sebbene scalfito e un po’ abbattuto dalle sconfitte che lo hanno reso evidentemente consapevole della mera diversità ma non superiorità nei confronti dell’altro sesso. Quel che è cambiato è dunque il suo modo di essere uomo nei rapporti interpersonali, il suo modo di porsi, a volte timido ed addirittura impacciato ma non il suo ruolo e questo proprio in forza di una ancestrale concezione che trova le sue radici in una presunzione di nascita. Non c’è da meravigliarsi dunque se, ancora oggi, nel nostro secolo, a distanza di tante lotte per dichiarare una dovuta concezione di uguaglianza, in particolare nel mondo del lavoro, ed in tutte le esplicazioni ad esso attinenti, l’uomo abbia ancora un ruolo preminente. Poche donne dunque in politica, poche donne come docenti universitari, poche donne a capo di aziende, poche donne chirurghi e questo non in forza di una mancanza di capacità ma di una mera presunzione sociale che ancora riconosce un miglior adattamento dell’altro sesso in determinati settori della vita. 25 L’uomo perde il vizio ma non il ruolo In tutto ciò una duplice chiave di lettura, una mancanza di riflessione sulla sua condizione, quasi che essa non possa essere oggetto di discussione, o soltanto una sorta di rivendicazione, un voler essere solidali in quel che resta della sua apparente forza, quella forza comunque perduta nei confronti di una donna che fa sentire il suo peso nella società. Quel che ci si auspica è dunque una presa di coscienza che veda l’uomo al centro di una società per quel che vale e non quel che è secondo un diritto di nascita che lo renderebbe diverso, in realtà inesistente, un volersi e un doversi mettere in gioco sempre, nei confronti degli uomini ma anche delle donne, per migliorarsi e migliorare in un mondo che corre veloce e non può conoscere limiti nell’evolversi. 26