Ottobre-Dicembre 2012 • Vol. 42 • N. 168 • pp. 226-230 diabetologia Diagnosi del diabete nel bambino: quando pensare anche al diabete non-autoimmune Franco Meschi, Valeria Favalli, Giusy Ferro Clinica Pediatrica, Istituto Scientifico Universitario, Ospedale San Raffaele, Milano Sommario La maggioranza di casi di diabete mellito dell’infanzia e dell’adolescenza è rappresentata dal diabete di tipo 1 (autoimmune). Negli ultimi anni sono però aumentati in tutto il mondo i casi di diabete a eziologia differente, ovvero diabete mellito di tipo 2 (correlato all’aumento dell’obesità infantile) e diabete monogenico. Riguardo a quest’ultimo, tecniche diagnostiche e conoscenze genetiche sempre più accurate ne hanno permesso una caratterizzazione sempre più precisa. Anamnesi familiare e personale e caratteristiche cliniche peculiari permettono di formulare un corretto sospetto diagnostico e di orientare la diagnosi differenziale tra i diversi tipi di diabete, per un adeguato approccio diagnostico terapeutico. Summary Type 1 (autoimmune) diabetes still represents the majority of cases of diabetes mellitus in children and adolescents. However, cases of different types of diabetes have recently increased, mainly type 2 diabetes (due to the global obesity epidemic) and monogenic diabetes. More accurate diagnostic techniques and genetic knowledge have led to a better characterization of monogenic diabetes. Personal/family medical history and specific clinical features allow a correct clinical suspect and to distinguish between types of diabetes, in order to implement an appropriate diagnostic and therapeutic approach. Introduzione Il diabete è definito come un gruppo di patologie metaboliche caratterizzate da iperglicemia, che può derivare da un difetto nella secrezione di insulina, nell’azione dell’insulina o in entrambi. Diversi meccanismi eziopatogenetici possono condurre allo sviluppo di diverse forme di diabete. Tradizionalmente i pediatri hanno avuto esperienza clinica del diabete nella forma definita come insulino dipendente o giovanile e successivamente, in modo più preciso in base alla patogenesi, come autoimmune o di tipo 1 (DMT1), contrapposto al diabete di tipo 2 (DMT2), tipico dell’età adulta. Negli ultimi 10-20 anni con il perfezionamento delle metodiche di indagine di biologia molecolare e di studio dell’autoimmunità, il quadro si è modificato, consentendo di identificare nuove forme di diabete causate da mutazioni monogeniche, in particolare per ciò che riguarda il diabete neonatale. Si tratta diagnosi rare che hanno importanti implicazioni patogenetiche e terapeutiche Inoltre come conseguenza dell’attuale epidemia di obesità è atteso un importante incremento del diabete tipo 2 già in età adolescenziale. Obiettivo Presentare le diverse forme di diabete non autoimmune, l’iter diagnostico da seguire in base al sospetto clinico e le conseguenti possibilità terapeutiche Modalità di ricerca I dati per questo articolo sono stati selezionati da una Medline utilizzando le parole “type 2 diabetes children”, “MODY”, “neonatal dia- 226 betes”, con filtro per articoli successivi al 2008. Sono inoltre stati inclusi studi noti agli autori, anche se pubblicati prima di questa data. I criteri diagnostici per la diagnosi di diabete mellito sono stati rivisti dall’“American Diabetes Association” nel gennaio 2011 (Tab. I)”; la novità più rilevante è l’introduzione di un valore di emoglobina glicosilata pari a 6.5% come criterio diagnostico isolato sufficiente alla diagnosi. (ADA, 2012). Tuttavia ci sono difficoltà nella standardizzazione dei metodi analitici e nella variabilità inter-individuale nella relazione tra glicemia e HbA1c. La maggioranza dei casi di DM rientra nelle categorie DMT1 o DMT2, a seconda che l’eziologia sia il danno auto immune delle beta-cellule pancreatiche, con conseguente mancata produzione di insulina, o anomalie che si traducono in una resistenza all’azione dell’insulina e in un’inadeguata aumentata produzione compensatoria. Il DMT1 rappresenta circa il 90% delle forme ad esordio in età pediatrica; la diagnosi clinica (poliuria, polidipsia, calo ponderale associati a riscontro di iperglicemia) viene confermata dalla presenza di positività per almeno uno dei noti autoanticorpi contro le beta cellule pancreatiche: ICA (anti isola pancreatica), IAA (anti insulina), GAD (anti glutammico decarbossilasi), IA2 (anti fosfo-tirosin-fosfatasi), ZnT8 (anti trasportatore dello zinco). Un inquadramento anamnestico (che comprenda anche un’accurata anamnesi familiare) del paziente affetto da DM è fondamentale per avanzare un sospetto clinico di diabete non autoimmune. Dati che devono far porre il sospetto di diabete su base non autoimmune: • età di esordio inferiore ai 6 mesi; • insulinoresistenza importante (valori di insulinemia anche 100 volte superiori alla norma) (eventualmente associata a iperlipemia, ipertensione, acanthosis nigricans, policistosi ovarica, steatosi epatica); Diagnosi del diabete nel bambino: quando pensare anche al diabete non-autoimmune Tabella I. Diabete Mellito: criteri diagnostici (IDF/ISPAD/ADA 2011). Sintomi di diabete + riscontro di glicemia casuale ≥ 200 mg/dL Oppure Glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dL Oppure Glicemia a 2 ore dopo carico orale di glucosio** ≥ 200 mg/dL Oppure HbA1c ≥ 6.5% * per digiuno si intende la non assunzione di calorie per almeno 8 ore. ** il test deve essere eseguito secondo le indicazioni OMS usando un carico di glucosio pari a 75 g di glucosio dissolto in acqua o 1,75 g glucosio/Kg di peso fino ad un massimo di 75 g. • storia familiare di diabete ad eredità autosomica dominante; • iperglicemia lieve (valori compresi tra 100 mg/dl e 150 mg/dl a digiuno) in paziente con familiarità; • fabbisogno insulinico minimo al di fuori della fase di parziale remissione; • diabete associato a peculiari caratteristiche sintomatologiche/ cliniche extrapancreatiche (sordità, atrofia ottica, facies sindromica); • storia di esposizione a farmaci responsabili di tossicità nei confronti delle beta cellule o responsabili dello sviluppo di insulinoresistenza. Il sospetto clinico è avvalorato dalla negatività dello screening per autoimmunità correlata a DMT1. Diabete mellito tipo 2 Sta diventando un problema sanitario sempre più importante in tutto il mondo, ed è correlato in primo luogo al progressivo incremento della percentuale di bambini e adolescenti obesi (Gupta et al., 2012). Negli Stati Uniti il DMT2 in età adolescenziale rappresenta circa il 50% di tutte le diagnosi di DM (Reiner et al., 2006) mentre in Italia non si è ancora avuto un simile aumento della frequenza. Diventa quindi importante anche per il pediatra avere le competenze necessarie per effettuare una diagnosi tempestiva di questa forma di diabete al fine di limitarne i rischi sul breve e sul lungo termine. Sospetto DMT2 nei seguenti casi: • Insorgenza in età puberale (fisiologico picco di insulinoresistenza); • Associazione con obesità e segni di insulinoresistenza (iperlipidemia, ipertensione, acanthosis nigricans, policistosi ovarica, steatosi epatica); • Razza non caucasica; • Familiarità per DMT2; • Assenza di autoanticorpi contro le beta cellule pancreatiche e assenza di HLA predisponente. Le modalità di presentazione sono: • iperglicemia occasionale rilevata in corso di esami di routine o episodi infettivi; • poliuria, polidipsia, glicosuria ed eventuale chetosi/chetoacidosi (in questi casi molto spesso viene erroneamente posta diagnosi di DMT1); • in rari casi disidratazione severa e potenzialmente fatale (coma iperglicemico iperosmolare, iperkaliemia). La modalità di presentazione alla diagnosi influenzerà anche il tipo di trattamento (terapia dietetica ed esercizio fisico, metformina o insulina) e gli esami diagnostici da effettuare Nei soggetti asintomatici con riscontro di iperglicemia occasionale sarà necessaria la conferma del dato su almeno due prelievi ed eventualmente un test da carico orale con glucosio. Non esiste possibilità di diagnosi genetica in quanto si tratta di forme a eziologia poligenica con il coinvolgimento di numerosi geni in buona parte ancora ignoti. Nei soggetti sintomatici, per la diagnosi è sufficiente un singolo valore di glicemia superiore a 200 mg/dl. È inoltre fondamentale indagare già al momento della diagnosi la presenza di eventuali comorbilità e complicanze che possono associarsi al DMT2 attraverso: • • • • Misurazione della pressione arteriosa; Ricerca della microalbuminuria; Profilo lipidico; Tests di funzionalità epatica ed eventualmente esame ecografico del fegato. Dovranno essere infine effettuati il dosaggio dell’insulinemia e del C-peptide e lo screening autoanticorpale: la distinzione tra DMT1e DMT2 non è però sempre così chiara, andandosi a delineare soprattutto negli ultimi anni (a causa dell’aumento del numero dei bambini sovrappeso) il “diabete doppio” o “diabete uno e mezzo” (Badaru and Pihoker, 2012). Si tratta della presenza di autoanticorpi (solitamente uno) contro la beta cellula in bambini con caratteristiche di insulinoresistenza e spesso familiarità per DMT2. Un confronto tra pazienti affetti da DMT2 con o senza autoanticorpi non pare evidenziare differenze in termini di età alla diagnosi, profilo lipidico, pressione, peso all’esordio, livelli di C-peptide e emoglobina glicosilata (Rheiner et al., 2006). Un altro studio indica l’importanza di una corretta classificazione eziologica del diabete con esordio in età giovanile: seb- Figura 1. Acantosis nigricans in paziente affetto da sindrome da insulinoresistenza severa. 227 F. Meschi, V. Favalli, G. Ferro bene la maggior parte rientri nelle categorie DMT1 (autoimmunità e insulinosensibilità) o DMT2 (non autoimmunità, insulinoresistenza), esiste una significativa percentuale di pazienti che si colloca al confine tra i due gruppi (circa il 20% presenta sia autoimmunità sia insulinoresistenza, circa il 10% non presenta né autoimmunità né insulinoresistenza) (SEARCH, Dabelea et al., 2011). Diabete monogenico È dovuto a mutazioni in singolo gene, spesso di geni che regolano la funzione beta cellulare; in rari casi possono essere mutati geni che si rendono responsabili di quadri di grave insulinoresistenza, oppure può essere mutato direttamente il gene dell’insulina. Deve essere sottolineato che le diverse forme di diabete monogenico rappresentano una piccola percentuale (1-5%) di tutti i casi di diabete (Massa et al., 2005). Il sospetto clinico deve insorgere nei casi di diabete neonatale, di diabete associato a particolari caratteristiche extrapancreatiche, di marcata familiarità per diabete, e di modesta iperglicemia a digiuno. A questo si andranno poi ad aggiungere elementi che permettano di escludere DMT1 e il DMT2: assenza di autoanticorpi, obesità, acanthosis nigricans, insulinoresistenza. La diagnosi di diabete monogenico può essere confermata da specifici test genetici, che andranno effettuati in modo mirato in base alla storia clinica e all’età di esordio in pazienti selezionati (ISPAD, 2009). Diabete neonatale La definizione classica è quella di presenza di iperglicemia persistente (valori superiori a 126 mg/dl dopo 4 ore di digiuno) che necessiti di terapia insulinica per almeno 3 giorni e compaia nel primo mese di vita (incidenza 1: 90.000 circa in Italia negli anni 20052010) (Iafusco et al., 2011). In seguito alla definizione di eziologia prevalentemente genetica del diabete ad esordio nei primi sei mesi di vita, anche grazie ad uno studio italiano è stata proposta la definizione di Diabete Monogenico dell’Infanzia, che include tutti i casi di diabete mellito non autoimmune nei quali la diagnosi è effettuata nei primi sei mesi di vita (ADA, 2012). Gli esami ematici da effettuare sono: profilo glicemico, dosaggio insulinemia e C-peptide basale e post-prandiale, autoimmunità correlata a DMT1 e fruttosamina. A seconda dell’esito di tali esami la diagnostica verrà indirizzata verso una forma di deficit funzionale della beta cellula (insulinemia e C-peptide indosabile), una forma autoimmune da inquadrarsi verosimilmente in IPEX (sindrome da immunodisregolazione, poliendocrinopatia, enteropatia, legata alla X) o APECED (poliendocrinopatia autoimmune, candidosi, distrofia ectodermica) o una forma di insulinoresistenza ad esordio precoce (Insulinemia e C-peptide francamente elevati). Dopo la stabilizzazione del quadro clinico ogni caso di diabete ad esordio in età inferiore ai 6 mesi (e i genitori) deve essere sottoposto insieme con i suoi genitori a screening per le alterazioni genetiche più probabili in base alla storia clinica (Greeley et al., 2011). Le indagini genetiche unitamente alla clinica permetteranno di differenziare: • diabete mellito neonatale transitorio: una forma compare entro le prime 6 settimane di vita e va in remissione entro i primi 18 mesi; una forma transitoria recidivante può invece ricomparire nelle età successive (50% dei casi). Le basi genetiche sono 228 spesso anomalie del cromosoma 6q24 (disomia uniparentale) o mutazioni in KCNJ11 o ABCC8 (che codificano per le subunità proteiche Kir 6.2 e SUR1 del canali ATP-potassio dipendenti per l’insulina) (Greeley et al., 2011); • diabete mellito neonatale permanente: la maggior parte dei casi è dovuta a mutazione in eterozigosi o omozigosi di uno dei geni che codificano per il canale dell’insulina (talvolta inquadrabile nel contesto della sindrome DEND-Developmental delay, Epilepsy, Neonatal Diabetes) o del gene INS che codifica per l’insulina. Il deficit assoluto di glucochinasi da omozigosi è una causa non frequente di diabete mellito neonatale permanente, che determina perdita della funzione di glucose sensor, con conseguente incapacità a produrre insulina in presenza di iperglicemia (Russo et al., 2012, Massa et al., 2005, Ashcroft and Harris, 1984); • Sindrome da insulinoresistenza severa: mutazione a carico del gene che codifica per il recettore dell’insulina. L’esordio in età neonatale è tipico delle mutazioni responsabili delle espressioni fenotipiche particolarmente severe (leprecaunismo e sindrome di Rabson Mendenhall) (Fig. 1). La terapia con insulina deve essere instaurata precocemente e mantenuta finché pemane l’iperglicemia, con l’importante eccezione delle mutazioni del canale del potassio, che beneficiano di un trattamento con sulfaniluree per via orale con migliore controllo glicometabolico e qualità di vita (Tonini et al., 2006). Non esiste invece terapia efficace per il diabete da mutazioni del recettore per l’insulina: tentativi terapeutici sono stati effettuati con Insulin Like Growth Factor (IGF1) con incerti risultati. Diabete familiare (mody: maturity onset diabetes of the young) È la forma più comune di diabete monogenico in Europa (1-2%) e rappresenta una forma autosomica dominante di diabete non insulino-dipendente, solitamente diagnosticata entro i 25 anni di vita. Diverse forme con specifiche mutazioni genetiche vengono raggruppate sotto l’acronimo MODY, e differiscono per a età d’esordio, entità dell’iperglicemia e caratteristiche cliniche associate. Molte forme di MODY vengono ancora erroneamente classificate come DMT1 o DMT2 (Shield et al., 2010); i test genetici molecolari attualmente disponibili permettono di effettuare diagnosi accurate, di definire il decorso clinico, il rischio di complicanze e il corretto trattamento (dieta, ipoglicemizzanti orali, insulina). Dato il costo ancora elevato dell’analisi genetica molecolare, viene sottolineata l’importanza di effettuare un’accurata selezione clinica dei pazienti sui quali effettuare tali indagini. I difetti genetici più frequenti (75-90%), sono mutazioni a carico della glucochinasi (MODY 2) e a carico del fattore nucleare degli epatociti (HNF) (MODY 3) (Tab. II) (Thanabalasingham et al., 2011). Il sospetto di MODY2 insorge in caso di: • Persistente iperglicemia a digiuno (110-140 mg/dl), confermata su un periodo di mesi o anni; • Emoglobina glicosilata lievemente superiore ai limiti (raramente oltre 7,5%); • Minimo incremento della glicemia dopo esecuzione di test da carico orale con glucosio (OGTT); • Genitori, fratelli, zii, nonni con diagnosi di DMT2 senza complicanze o di diabete gestazionale o di iperglicemia persistente diagnosticate in età giovanile; • È raccomandato, prima di procedere a test genetici, effettuare misurazione di glicemia e C-peptide nei genitori: si evidenzierà nella madre o nel padre la presenza di iperglicemia a digiuno (tranne rari casi di mutazione de novo nel bambino) (Ellard, 2008). Diagnosi del diabete nel bambino: quando pensare anche al diabete non-autoimmune Tabella II. Caratteristiche del MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young). Mutazione Prevalenza Clinica Età diagnosi Terapia MODY 1 HNF 4α <5% Marcata sensibilità alle sulfaniluree, macrosomia fetale e ipoglicemia neonatale, HDL basse, LDL elevate Prepubere dieta/insulina MODY 2 GCK 30-70% Iperglicemia a digiuno moderata, scarso incremento dopo OGTT Neonatale o prima infanzia dieta MODY 3 HNF 1α 30-70% Bassa soglia renale per glicosuria, marcata sensibilità alle sulfaniluree Prima infanzia ipoglicemizzanti orali, insulina MODY 4 IPF1 <1% Agenesia pancreatica Neonatale (omozigote) / giovane adulto (eterozigote) insulina (omozigote) / dieta (eterozigote) MODY 5 HNF 1β 5-10% Malformazioni genitourinarie (cisti renali), atrofia pancreatica, insufficienza esocrina In uno studio italiano del 2009, condotto su una popolazione pediatrica emerge che circa un quarto dei pazienti con riscontro di iperglicemia occasionale rientra dei criteri diagnostici per MODY: di questi il 63% risulta positivo per una mutazione del gene della glucochinasi (Massa, 2001, Lorini, 2009). La glucochinasi converte il glucosio in glucosio 6 fosfato, il cui metabolismo stimola la secrezione insulinica da parte delle beta cellule pancreatiche. Un difetto nell’enzima causa la necessità di una soglia glicemica più elevata per innescare la secrezione insulinica. Il MODY 2 costituisce la forma di diabete monogenico più spesso diagnosticata in stati dove il dosaggio della glicemia viene effettuato di routine in pazienti asintomatici (Italia, Francia, Spagna), mentre il MODY 3 rappresenta la forma più frequentemente diagnosticata laddove si ricorre meno frequentemente al dosaggio della glicemia come indagine di routine (Thanabalasingham et al., 2011). MODY 3 e il più raro MODY 1 sono causati da mutazioni a carico di un fattore di trascrizione epatico che causa una diminuzione del riassorbimento renale di glucosio. Sono caratterizzate da minima iperglicemia a digiuno ma importante rialzo dopo OGTT e presenza di glicosuria per valori glicemici inferiori alla soglia renale. Le altre forme di devono essere sospettate in base alle caratteristiche cliniche riportate in tabella II. Negli ultimi anni sono state identificate altre mutazioni, non riportate in tabella, che rappresentano forme rarissime di diabete monogenico. dieta/insulina Mutazioni del gene dell’insulina Mutazioni del gene dell’insulina sono state individuate come responsabili dell’insorgenza di diabete neonatale o della prima infanzia: hanno un effetto proteotossico che causa un danno persistente al reticolo endoplasmatico e risulta in ultima istanza nell’apoptosi della cellula beta. Studi recenti hanno evidenziato casi in cui il diabete dovuto a mutazione del gene dell’insulina si presenta al di fuori del periodo neonatale e viene quindi erroneamente diagnosticato come diabete di tipo 1. Si tratta di casi rari che devono essere presi in considerazione nel caso di pazienti che risultano negativi allo screening autoanticorpale (Bonfanti et al., 2009). Sindrome di Wolfram Una rara forma di diabete non autoimmune è presente nella sindrome di Wolfram: diabete mellito, atrofia del nervo ottico,diabete insipido, anomalie renali (acronimo DIDMOAD). La sindrome è autosomica recessiva ed il diabete ha patogenesi ignota, con età media di esordio a 6 anni. L’associazione di diabete non autoimmune e atrofia del nervo ottico e/o diabete insipido consente di porre la diagnosi che può essere confermata con la ricerca di mutazione specifica (Wolframina – WFS1). La sindrome richiede terapia insulinica per tutta la vita, ha una prognosi severa, con progressione della atrofia del nervo ottico fino alla cecità, possibilità di insufficienza renale e deterioramento cognitivo (Greeley et al., 2011). Box di orientamento Cosa si sapeva prima Il diabete in età evolutiva viene tradizionalmente identificato con la forma insulino dipendente, dovuta al danno beta cellulare su base autoimmune diagnosticabile per la presenza di autoanticorpi specifici (Diabete mellito di tipo 1). Cosa sappiamo adesso Il perfezionamento delle tecniche di biologia molecolare e di studio dell’autoimmunità hanno consentito di identificare forme di diabete monogenico non autoimmune. L’attuale “epidemia” di obesità porta a prevedere un aumento della prevalenza di diabete di tipo 2 con necessità di sicura diagnosi differenziale rispetto al tipo 1. Quali ricadute La somministrazione di insulina per via sottocutanea rimane la terapia di gran lunga più comune in età evolutiva, tuttavia esistono alternative terapeutiche, come le sulfaniluree nel diabete monogenico neonatale e la metformina nel diabete tipo 2. 229 F. Meschi, V. Favalli, G. Ferro Bibliografia American Diabetes Association. Diagnosis and classification of diabetes mellitus. Diabetes Care 2012;35:S64-71. ** L’articolo presenta la classificazione eziologica dei vari tipi di diabete e i criteri necessari per fare diagnosi di diabete mellito. Ashcroft FM, Harrison DE. Glucose induces closure of single potassium channels in isolated rat pancreatic beta-cells. Nature 1984;312:446-8. Badaru A, Pihoker C. Type 2 Diabetes in Childhood: Clinical Characteristics and Role of β-Cell. Autoimmunity Curr Diab Rep. 2012;12:75-81. Bonfanti R, Colombo C, Nocerino V, et al. Insulin Gene Mutations as Cause of Diabetes in Children Negative for Five Type 1 Diabetes Autoantibodies. Diabetes Care 2009;32:123-6. Dabelea D, Pihoker C, Talton J, et al. Etiological Approach to Characterization of Diabetes Type. Diabetes Care 2011;34:1628-33. Ellard S, Bellanné-Chantelot, Hattersley A. Best practice guidelines for the molecular genetic diagnosis of maturity-onset diabetes of the young. Diabetologia 2008; 51:546-53. Greeley S, Naylor R, Philipson L, et al. Neonatal Diabetes: An Expanding List of Genes Allows for Improved Diagnosis and Treatment. Curr Diab Rep 2011;11:519-32. * L’articolo fornisce una panoramica sulla classificazione dei diversi tipi di diabete neonatale e sulle mutazioni genetiche responsabili identificate fino ad ora. Gupta N, Goel K, Shah P, et al. Childhood Obesity in Developing Countries: Epidemiology, Determinants, and Prevention. Endocrine Reviews 2012;33:48-70. Iafusco D, Massa O, Pasquino B, et al. Minimal incidence of neonatal/infancy onset diabetes in Italy is 1:90,000 live births. Acta Diabetol. 2011. ISPAD Clinical Practice Consensus Giudelines 2009 Compendium. The diagnosis and management of monogenic diabetes in children and adolescents. Pediatric Diabetes 2009;10:33-42. ** L’articolo illustra la diagnosi differenziale tra diabete monogenico e diabete di tipo 1 e 2, nonché i tipi di diabete monogenico più frequentemente riscontrati nella pratica clinica. Lorini R, Klersy C, D’Annunzio G, et al. Maturity-Onset Diabetes of the Young in Children With Incidental Hyperglycemia: A multicenter Italian study of 172 families. Diabetes Care 2009;32:1864-6. Massa O, Iafusco D, D’Amato E, et al. KCNJ11 Activating Mutations in Italian Patients with Permanent Neonatal Diabetes. Human mutation 2005;25:22-7. Massa O, Meschi F, Cuesta-Munoz A, et al. High prevalence of glucokinase mutation in italian children with MODY. Influence on glucose tolerance, first phase insulin response, insulin sensitività and BMI. Diabetologia 2001;44:898-905. Reinehr T, E Schober, S Wiegand, et al. On behalf of the DPV-Wiss Study Group. β-cell autoantibodies in children with type 2 diabetes mellitus: subgroup or misclassification? Arch Dis Child. 2006;91:473-7. Russo L, Iafusco D, Brescianini S, et al. Permanent diabetes during the first year of life: multiple gene screening in 54 patients. Diabetologia 2011;54:1693-701. Shields B, Hicks S, Shepherd M, et al. 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