le città di fronte ai cambiamenti climatici i

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LE CITTÀ DI FRONTE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Lorenzo Ciccarese1, Giuseppe Sgroi2
1
ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
2
Libero professionista
I CAMBIAMENTI CLIMATICI SECONDO L’IPCC
Nel 2014 è stato finalizzato e approvato dalla Convenzione ONU sui Cambiamenti
Climatici (UNFCCC) il quinto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on
Climate Change (IPCC), il comitato di scienziati chiamati dall’ONU a produrre
periodicamente un rapporto sui cambiamenti climatici. Esso rappresenta l’analisi più
completa del clima che cambia, in quanto fornisce una base scientifica a cui fare
riferimento globalmente per la formulazione di politiche climatiche nei prossimi anni.
I cambiamenti avvenuti
Il rapporto IPCC ci dice che la temperatura media della superficie terrestre è
aumentata di quasi di 0,85 °C tra il 1880 e il 2012, raggiungendo quasi 15 °C. Tra il
1979 e il 2010 in Europa Settentrionale le temperature medie sono cresciute di ben
0,48 °C, di 0,44 °C in Europa Centrale e 0,34 °C in Europa Meridionale. Alcuni eventi
meteo sono sempre più violenti e sempre meno prevedibili. L'intensità degli eventi
estremi, incluse le ondate di calore e gli uragani, è aumentata in molte regioni del
pianeta, mentre le calotte polari si sciolgono a un ritmo senza precedenti. Il livello
degli oceani continua ad alzarsi e la loro acidità a crescere, portando un serio rischio
per le barriere coralline, che potrebbero scomparire entro la metà del secolo in corso.
Le cause e gli scenari futuri
Gli scienziati dell’IPCC si dicono sempre più certi che la causa dei cambiamenti
climatici sia l’accumulo di gas serra in atmosfera,prodotti dalla combustione delle fonti
fossili di energia e dalla trasformazione di uso del suolo (la deforestazione globale
causa circa un quinto delle emissioni globali di gas-serra). La concentrazione
atmosferica di anidride carbonica (CO2), uno dei principali gas-serra, ha raggiunto 400
parti per milione nel 2014, una concentrazione mai raggiunta negli ultimi 800 mila
anni, e nel 2014 ne sono state aggiunte altre 50 miliardi di tonnellate. L’attuale
aumento della popolazione e degli standard dei consumi potrebbe aggiungere altri 2
miliardi di tonnellate di CO2 entro il 2050, aumentando ancora di un grado la febbre del
pianeta. Un aumento della temperatura media globale oltre i 2°C potrebbe innescare
eventi di portata imprevedibile e una spirale caotica di eventi fuori da ogni controllo.
La tundra si scongelerebbe, con conseguente emissione di milioni di tonnellate di
metano (la cui molecole è 100 volte più riscaldante di quella della CO 2). Lo
scioglimento delle bianche calotte polari sta facendo venire meno l’effetto albedo,
ossia la riflessione della radiazione solare, e quindi del calore, verso lo spazio, con un
conseguente maggiore riscaldamento del pianeta.
Avanti di questo passo entro la fine del secolo le temperature medie nel nostro
continente saliranno ulteriormente e a scaldarsi maggiormente sarà ancora il Nord
Europa: circa 2,7 gradi in più rispetto alle medie del periodo 1986-2005. Andrà
leggermente meglio nel resto del continente: in Europa Centrale è previsto un
aumento di 2,6 gradi e nel Sud del continente 2,3 gradi in più. Insomma, secondo
queste proiezioni il futuro dell’Europa sarà caratterizzato da un clima dal sapore più
“africano”, con giornate “bollenti” sempre più numerose e gli eventi estremi (che si
nutrono proprio del calore contenuto in atmosfera) sempre più frequenti e intensi. Per
l’area del Mediterraneo è previsto un aumento del rischio di deficit idrico, sia in
quantità (per la diminuzione delle precipitazioni medie annue e l’aumento della
evaporazione) che in qualità (per l’intrusione di acqua marina nelle falde acquifere). La
regione mediterranea viene individuata dall’IPCC come la regione più a rischio a livello
europeo, con impatto su turismo, agricoltura, produzione di energia, infrastrutture e
salute.
I rischi
Un altro messaggio centrale nel rapporto IPCC è che i cambiamenti climatici vanno
studiati e affrontati congiuntamente ad altri fattori sociali di rischio per l’uomo e per il
pianeta. Povertà, disuguaglianze, urbanizzazione, globalizzazione del settore
alimentare, mancanza di adeguate infrastrutture, densità abitativa, conflitti, sono tutti
fattori che contribuiscono a determinare differenti gradi di vulnerabilità ai
cambiamenti climatici. Le regioni del mondo più povere, le classi sociali meno
abbienti, le persone socialmente discriminate, risultano tipicamente più vulnerabili e
meno capaci di sviluppare adeguate risposte di adattamento.
Il rischio, parola chiave del rapporto, presuppone una certa dose di incertezza: proprio
perché la stima delle conseguenze dipende da fattori anche estranei al clima in sé, è
difficile prevedere con certezza gli scenari futuri. Il rischio rappresenta infatti la
probabilità di accadimento di un disastro ed è funzione della vulnerabilità,
dell’esposizione e del tipo e frequenza dei disastri. Di certo c’è che gli impatti ci sono
già e che si aggraveranno se le traiettorie delle emissioni di gas serra in atmosfera
non cambieranno. E che la strategia giusta è quella di agire congiuntamente e da
subito sul fronte della mitigazione, dell’adattamento e della resilienza.
L’adattamento
L’aspetto più innovativo rispetto al precedente rapporto IPCC è che questa edizione
aggiunge, oltre al consueto focus sugli impatti dei cambiamenti climatici, un’analisi
approfondita delle misure di adattamento e di resilienza che sono state messe in atto
o che potranno essere messe in atto per affrontare la crisi climatica nelle diverse
regioni del mondo.
Finora il dibattito scientifico e negoziale si era concentrato prevalentemente sulle
misure di adattamento (ossi di riduzione delle emissioni). L aggravarsi del caos
climatico dei cambiamenti climatici in atto ha spostato il focus sulle misure di
adattamento. L’adattamento – che comporta l’accettazione del cambiamento–
richiede l’adeguamento dei sistemi naturali o antropici in risposta agli stimoli climatici
e ai loro effetti, al fine di ridurne i danni, favorire la resilienza e perfino generare
vantaggi.
Esempi di misure di adattamento possono essere la costruzione di difese contro
eventuali inondazioni e l’innalzamento degli argini artificiali per combattere
l’innalzamento del livello dei mari, addirittura lo spostamento preventivo delle città e
delle infrastrutture esposte all’innalzamento del livello del mare, l’identificazione di
specie e varietà agricole più adatte alle mutate e mutanti condizioni climatiche, la
progettazione di nuove soluzioni abitative e in generale la programmazione dello
sviluppo di nuove aree o attività e la gestione della crisi di altre. Le strategie di
adattamento giungono a contemplare il dislocamento d’intere popolazioni prima che
queste siano spinte dalle condizioni avverse ad abbandonare le proprie terre.
Nella maggior parte dei casi, le misure di adattamento non sono orientate
esclusivamente alla difesa dagli impatti dei cambiamenti climatici. Viceversa, queste
misure, come per esempio quelle per affrontare il dissesto idrogeologico o per la tutela
della biodiversità, sono sviluppate per altri scopi, avendo come risultato quello di
contrastare il cambiamenti climatico. Tali misure (definite no regrets) comportano
investimenti importanti, eppure, proprio per i danni che permettono di evitare, si
riveleranno fonte di benefici anziché di costi.
Finora le misure di adattamento si sono concentrate sulle cosiddette hard structures
(dighe, invasi ecc.), mentre sono state trascurate le misure ecosystem-based, ossia le
azioni rivolte ad una gestione sostenibile del territorio attraverso interventi di
conservazione, recupero e restauro dei servizi ecosistemici.
Esistono diversi casi degni di esempio che dimostrano come le misure di adattamento
ecosystem based, o nature-based, mirati al rafforzamento della resilienza degli
ecosistemi, siano più efficaci ed economicamente più convenienti rispetto alle misure
basate sulle cosiddette hard structures (dighe, invasi ecc.). Nel caso degli interventi di
adattamento a difesa delle aree costiere, minacciate dall’innalzamento del livello del
mare, dall’intrusione salina e dagli eventi meteo estremi, il restauro delle dune di
sabbia e delle aree umide costiere può svolgere un ruolo efficace nella protezione
delle coste. Inoltre, il recupero degli ecosistemi costieri per finalità di adattamento
garantiscono nel contempo la fornitura di risorse (ittiche ecc.) e una maggiore
flessibilità delle società locali nell’adattarsi ai cambiamenti climatici.
Lo spazio delle opportunità
Il rapporto IPCC affronta anche i potenziali benefici che la sfida del clima ci chiede di
affrontare. Anche di fronte ad una certa alea d’incertezza sulla gravità degli impatti,
occorre agire il prima possibile, in quanto prima si agisce tanto più si abbassa la
vulnerabilità e si aumentano i benefici per la salute umana, il benessere e la qualità
dell’ambiente.
Come illustra la figura 1, il nostro pianeta (a) è sottoposto a diversi fattori di stress,
fisici e sociali: i cambiamenti climatici, la variabilità climatica, le modifiche nell’utilizzo
del suolo, la degradazione degli ecosistemi, la povertà, le disuguaglianze e altri fattori
culturali. I futuri possibili (c) che ci si prospettano davanti sono molti, e vanno da futuri
auspicabili ad alta resilienza e basso rischio, a futuri a bassa resilienza ed alto rischio.
Quale sarà il futuro del nostro pianeta? Dipende dalle nostre scelte di oggi e di
domani, da come ci muoviamo nello spazio delle opportunità, in cui già ci troviamo,
cogliendo le opportunità d’azione di un percorso di resilienza, come l’incremento della
conoscenza scientifica, l’adattamento , la mitigazione (in verde), o perdendole (in
rosso), talvolta in modo irreversibile.
Figura 1 – Fonte: IPCC WGII AR5 Summary for Policymakrs, figura SPM.9
Attualmente i combustibili fossili coprono circa l’80% del fabbisogno energetico
mondiale, ma secondo il rapporto IPCC devono essere tagliati drasticamente per
ridurre il livello delle emissioni clima-alteranti registrate nel 2010 tra il 40 e il 70 per
cento entro il 2050. Entro il 2100 le emissioni dovrebbero essere ridotte al minimo o
addirittura diventare ‘negative’, il che significa sottrarre l'anidride carbonica
dall'atmosfera grazie all’attività fotosintetica delle alghe e delle piante o allo sviluppo
della tecnologia nota come carbon sequestration and storage, oggi ancora nelle fasi
iniziali della ricerca oggi. Per de-fossilizzare il sistema energetico mondiale occorre
concentrarsi sulle fonti rinnovabili di energia, quali vento e sole, e sull’uso più
efficiente dell’energia, dalla produzione, al trasporto, al consumo, con investimenti
pari a diverse centinaia di miliardi di dollari. Il rapporto stima che da qui al 2050 gli
investimenti nella produzione di energia da combustibili fossili convenzionali dovrebbe
diminuire di circa 30 miliardi di dollari l'anno, mentre gli investimenti in impianti a
basse emissioni di carbonio dovrebbero aumentare di 147 miliardi di dollari l’anno.
Attualmente gli investimenti nel sistema energetico mondiale vale circa 1.200 miliardi
dollari, mentre il sostegno dei governi alle industrie del gas, dell’olio combustibile e
del carbone ammonta a circa 500 miliardi di dollari, sei volte più del sostegno
destinato alle rinnovabili.
Dal 2007 (anno di pubblicazione dell’edizione precedente del rapporto IPCC) a oggi
sono stati compiuti progressi importanti nel settore delle rinnovabili. Alcune
tecnologie hanno ormai raggiunto un livello avanzato di maturità tecnica ed
economica. Il rapporto IPCC non omette di considerare gli effetti negativi che lo
sviluppo delle rinnovabili porta con sé (come consumo di suolo e perdita di
biodiversità), ma allo stesso tempo ne esalta i co-benefici, tra cui la riduzione delle
emissioni di polveri e altre sostanze dannose per l’uomo, le piante e gli animali
rispetto alla produzione di energia da fonti fossili, e la sicurezza energetica. (L’IPCC,
pur citando il nucleare tra le fonti di energia a basso input di carbonio, non ritiene che
esso sia la soluzione, visto che in tutto il mondo è in declino e continua a destare
preoccupazioni in termini di “sicurezza, rischi di proliferazione di armi nucleari,
gestione dei rifiuti, e rischi finanziari e regolatori”.)
Il volume dell’IPCC ammonisce che il sostegno alla realizzazione di nuove
infrastrutture energetiche ad alti livelli di carbonio (centrali termo-elettriche, gasdotti,
ecc.) finirebbe per bloccare il cammino delle società verso una economia a basso
tenore di carbonio, rendendolo "difficile o molto costoso". C’è bisogno di mettere fine
al periodo di ‘rinascimento’ del carbonio e delle altre fonti fossili collegato allo sviluppo
dei paesi poveri. E questo può essere fatto ponendo un prezzo al carbonio, un prezzo
per lo smaltimento di anidride carbonica e altri gas-serra in atmosfera, uno spazio
sempre più scarso.
L’IPCC riconosce che all’interno delle politiche climatiche l'economia della mitigazione
è una questione particolarmente delicata e controversa e che la stima dei costi netti
variano ampiamente a seconda delle ipotesi e delle tecnologie disponibili. L’IPCC
conclude che una lotta ambiziosa al cambiamento climatico potrebbe portare a una
riduzione della crescita economica tra 0,04 e 0,14 % (0,06% è la stima più probabile),
causando una riduzione dei consumi globali,nel 2050, pari al 3,4 % rispetto allo
scenario "business as usual".
Il ruolo delle amministrazioni locali
L’ultimo rapporto IPCC afferma che “ai governi locali […] viene riconosciuto una
funzione sempre più importante nelle strategie di lotta ai cambiamenti climatici,
soprattutto per gli aspetti che riguardano l’adattamento”. In effetti ci sono molte
ragioni per motivare la centralità dei governi locali nelle politiche di mitigazione e di
adattamento dei cambiamenti climatici e nella protezione della salute e del benessere
dei cittadini.
1. I centri urbani ospitano attualmente circa 3,5 miliardi di persone, più della metà
della popolazione mondiale. I demografi stimano che questa popolazione possa
superare i 5 miliardi nel 2030. Inoltre, i centri urbani sono i luoghi in cui si
concentra la maggior parte delle attività economiche e la maggior parte delle
emissioni di gas-serra (circa l’80 percento). Nell’ultimo decennio, anche per via
della rivoluzione tecnologica che ha investito il sistema dei trasporti e delle
comunicazioni, il ‘metabolismo urbano’ e l’impronta ecologica sono cresciuti a
dismisura.
2. Le politiche e le misure di adattamento sono più efficaci quando sono condotte a
scala regionale e locale. L’esposizione ai rischi, la vulnerabilità, la capacità di
adattamento, sono per natura territoriali, stazionali, o place-based come si dice in
gergo, e molti degli impatti dei cambiamenti climatici si faranno sentire sui servizi e
le infrastrutture per cui le amministrazioni locali hanno una preminente
responsabilità.
3. Molti rischi connessi ai cambiamenti climatici sono presenti nelle aree urbane dove
risiede gran parte della popolazione e dove si concentra la maggior parte del
patrimonio (o eredità) culturale e delle attività economiche. Gli impatti dei
cambiamenti climatici includono: l’aumento della temperatura e le ondate di
calore, l’inquinamento dell’acqua, l’innalzamento del livello dei mari e le
mareggiate, le condizioni metereologiche più estreme, le piogge e i venti forti
nell’entroterra, le inondazioni, l’acidificazione degli oceani e la sicurezza
alimentare. Il cambiamento climatico può peggiorare l'accesso ai servizi urbani di
base e la qualità della vita in città.
4. Sono le amministrazioni locali ad avere in mano gli strumenti necessari, quali la
pianificazione (PAES, ecc.) e la gestione delle emergenze, richiesti per affrontare i
cambiamenti climatici, sia sul lato della mitigazione sia dell’adattamento. In più
sono i governi locali che investono in progetti e programmi destinati a servire la
città per molti decenni.
5. A essere più colpite saranno le popolazioni povere, in rapida crescita, e quelle delle
nelle città di paesi in via di sviluppo. Tre quinti della popolazione urbana mondiale
è concentrata in centri con meno di 1 milione di abitanti ed è lì che si verifica la
maggior crescita della popolazione.
6. I costi dell’inazione potrebbero essere ben più alti di quelli necessari per progettare
infrastrutture resilienti ai cambiamenti climatici. In sostanza, i costi per costruire un
nuovo edificio, un ponte o una rete elettrica che si “adatta” ai cambiamenti
climatici per il suo intero ciclo di vita richiederanno fino a un massimo del 5
percento in più per i costi di costruzione, un valore significativamente minore
rispetto a quello che sarebbe necessario per riparare i danni, per ricostruire la
stessa infrastruttura o per i maggiori costi di mantenimento.
I PRINCIPALI IMPATTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI NEI
CENTRI URBANI
L’aumento della temperatura
Entro la metà del secolo in corso, la maggior parte della popolazione mondiale che si
troverà a vivere nelle aree urbane e sarà esposta a una temperatura di almeno 2 °C
superiore alla temperatura in epoca pre-industriale (e questa stima non include
l’effetto di isola del calore, o effetto urban heat Island (UHI), il fenomeno per cui le
città, per via dell’asfalto, degli edifici, ecc. assorbe una maggiore quantità di energia
rispetto alle aree verdi). Entro la fine del 21° secolo, alcune città saranno esposte ad
un aumento della temperatura fino a 2,5 ° C al di sopra del livello pre-industriale ad
esclusione degli effetti UHI nelle alte latitudini. Ciò implica che la temperatura media
potrebbe subire in alcune città un aumento di 4°C con picchi stagionali ancora più alti.
L’aumento del numero di giorni caldi e le ondate di calore aggraveranno gli effetti UHI
causando: rischi di salute per i cittadini, specialmente tra quelli più vulnerabili,
maggiori problemi di inquinamento dell’aria; un aumento della domanda di energia
per il riscaldamento e il raffreddamento stagionale e di acqua; maggiori danni agli
edifici e alle infrastrutture. Ad ogni grado centigrado di aumento del riscaldamento si
prevede una diminuzione delle risorse idriche rinnovabili pari ad almeno il 20%.
Rischi legati all’acqua
I rischi legati alle risorse di acqua dolce, così come la siccità, possono avere molti
effetti nelle aree urbane, inclusi la carenza d'acqua e di energia elettrica (che
colpirebbero le centrali idroelettriche e gli impianti di raffreddamento) e malattie
legate all’uso stesso dell’acqua (attraverso l'uso di acqua contaminata) e incremento
dei prezzi dei prodotti alimentari causate da approvvigionamenti ridotti di acqua.
Tutto questo contribuisce a un impatto negativo sull’economia e a una migrazione
dalle aree rurali a quelle urbane. Si stima che 150 milioni di persone attualmente
vivono in città con scarsità perenne d'acqua (meno di 100 litri per persona al giorno
per i bisogni umani fondamentali) e questa cifra possa arrivare a un miliardo nel 2050.
Innalzamento del livello del mare e mareggiate
L’innalzamento del livello del mare rappresenta uno dei principali rischi derivanti dai
cambiamenti climatici per le aree urbane, soprattutto in considerazione del la
crescente concentrazione delle popolazioni urbane in località costiere. Le aree costiere
a basso livello sul mare rappresentano circa il 2% della superficie terrestre. Già nel
2000 queste aree contenevano il 10% della popolazione globale (600 milioni di
persone), di cui il 13% (360 milioni) in aree urbane. Due terzi delle città con
popolazione superiore a 5 milioni di abitanti si trovano in queste aree a rischio.
Se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare al tasso attuale, il livello del
mare potrebbe salire di quasi un metro per la fine del secolo (alcuni studi prevedono
scenari ben peggiori). L’innalzamento del livello del mare non si presenta in maniera
uniforme sul pianeta. Ad esempio, nel Mar del Giappone l’aumento è, allo stato
attuale, due volte più veloce della media globale. L'innalzamento del livello del mare,
associato alle erosioni o alluvioni in concomitanza di mareggiate, potrebbero avere
effetti di ampia portata sulle popolazioni,le proprietà, la vegetazione costiera e gli
ecosistemi, ed una minaccia per commercio, affari, e mezzi di sussistenza.
Città con grandi infrastrutture portuali e grandi industrie petrolchimiche e legate alla
produzione di energia sono particolarmente vulnerabili ai rischi di aumento delle
inondazioni.
Con 0,5 m di innalzamento del livello del mare, la popolazione a rischio potrebbe
triplicare e decuplicare l’esposizione dei beni patrimoniali.
Il valore delle attività al 2005 sottoposte a rischio di inondazione e a quello di
mareggiate riguardante le principali città portuali del mondo è stimato in 3 miliardi circa il 5% del prodotto Interno Lordo (PIL) globale. Percentuale che si stima possa
salire fino a circa il 9% del PIL mondiale.
Inondazioni nell’entroterra
Entro la fine del 21° secolo, le precipitazioni estreme sono destinate ad aumentare tra
il 10 e il 60%, con rischi di inondazioni che potrebbero portare al collasso dei sistemi
fognari. La situazione sarà aggravata nelle città in cui si è consentito uno sviluppo
incontrollato, con edifici su canali di drenaggio naturali e pianure alluvionali. In
mancanza di idonei drenaggi aumenterà la velocità e il volume di deflusso. Il volume
dei liquami rilasciati nell'ambiente dal sistema fognario intasato combinato con gli
sversamenti e le inondazioni potrà aumenterà in maniera considerevole, fino al 40% in
alcune città.
Sicurezza alimentare
Per l’approvvigionamento di cibo le città dipendono sia dalle loro aree circostanti sia
dall’importazione di prodotti da aree di produzione più distanti.
In molte regioni è probabile che si presenti un calo della produzione alimentare e della
produttività delle terre coltivate. Senza un piano di adattamento ai cambiamenti
climatici, se l’aumento della temperatura dovesse superare la soglia di 2° C decisa a
Copenhagen, si ridurranno i rendimenti delle principali colture, quali grano, riso e
granturco . Dopo il 2050, aumenterà il rischio degli impatti e la loro gravità dipenderà
dal livello di riscaldamento e dalla volontà politica di affrontarli e risolverli.
È previsto inoltre un aumento nella variabilità dei raccolti. I cambiamenti climatici
avranno un effetto sui vari fattori che determinano la sicurezza alimentare, dalla
produttività delle colture alla possibilità di accesso al cibo, dal suo utilizzo alla stabilità
dei prezzi.
L’urbanizzazione cambia la forma d’uso del suolo e in genere riduce la quantità di
terreno ecologicamente intatto (consumo di suolo) e causa frammentazione del
territorio.
Il cambiamento climatico è responsabile delle modificazioni fisiche e chimiche del
mare, tra cui l’aumento della temperatura, l’alterazione della concentrazione di
ossigeno e altri gas, con effetti sulla vita marina. Le comunità che dipendono dalla
pesca per la propria sussistenza sono suscettibili di essere particolarmente
svantaggiate. Con un aumento di 2 °C della temperatura media globale entro il 2050,
si prevede una perdita economica globale del pescato stimata tra 17 e 41 miliardi di
dollari l’anno rispetto ai livelli attuali.
OLTRE LA «CRISI DELLA RIDONDANZA»
Dagli inizi degli anni Novanta si è registrato un crescita del ruolo delle forze extragovernative, delle organizzazioni non-governative e delle organizzazioni transnazionali
non-statali nel contesto della governance delle questioni ambientali globali, eclissando
in qualche modo hanno il ruolo dello stato e stemperando la capacità delle
amministrazioni locali rispetto al governo locale. Le capacità di governo e le
responsabilità, sia a scala locale sia nazionale, sono state duplicate dal settore privato
e dalla società civile, determinando una «crisi di ridondanza» nel governo delle
questioni ambientali.
Tuttavia, molte questioni di natura globale e in generale la globalizzazione rilevano la
necessità (se non l’imperativo) di dare centralità alle politiche urbane. La
globalizzazione si caratterizza per l’emergenza di presupposti che indeboliscono
l’autorità esclusiva dello stato e di conseguenza facilitano l’ascesa degli spazi sub- e
transnazionali e di vari attori in processo socio-politici, una volta viceversa confinati
nel livello nazionale. Questi spazi sub- e transnazionali e attori includono le aree
urbane e le municipalità. Ci sono almeno quattro fattori che hanno «urbanizzato» il
processo politico globale:
•
la decentralizzazione e le crescenti relazioni inter-governamentali;
•
il trasferimento di interessi convenzionalmente di carattere municipale verso una
scala nazionale e globale e—parallelamente—il trasferimento delle politiche
tradizionalmente nazionali e globali verso una sclala locale;
•
il rescaling delle attività della società civile;
•
la territorializzazione del processo politico decisionale.
LE OPZIONI DI LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI E IL RUOLO
DEI GOVERNO LOCALI
Nei paragrafi che seguono sono presentate le principali opzioni che possono essere
praticate a scala urbana per contrastare i cambiamenti climatici e a protezione dei
cittadini.
La mitigazione
Strategie di settore
La lunga durata degli edifici e delle infrastrutture limita la rapidità alla quale possono
essere ridotte le emissioni di gas-serra in alcuni settori (ad esempio edilizia e
trasporto). Una grande quantità delle risorse primarie sono usate nella realizzazione
di edifici e infrastrutture, contribuendo all’intero ciclo delle emissioni. Il consumo di
energia negli insediamenti umani riguarda soprattutto le aree urbane. Le città
producono circa il 71% delle emissioni di CO2 correlate all’energia, ma solo il 37-49%
delle emissioni di gas serra globali (altre fonti di emissioni di gas serra sono
prevalentemente associate alle aree non urbane).
Domanda di energia. Aumentare l'efficienza di edifici, elettrodomestici e reti di
distribuzione ridurrà la domanda di energia. Anche i cambiamenti nella
consapevolezza e nei comportamenti dei residenti possono ridurre la domanda di
energia. Le proiezioni suggeriscono che la domanda può essere ridotta fino al 20% a
breve termine e al 50% entro il 2050.
Edifici. Aggiungere dispositivi di risparmio energetico agli edifici esistenti può dar
luogo a potenziali riduzioni di fabbisogno energetico per il riscaldamento del 50-75% in
abitazioni di famiglie singole e del e del 50-90% in alloggi multi-familiari e a costi di
circa 100 a 00 dollari (USD) per metro quadrato. Al contrario, sostanziali nuove
costruzioni in regioni a crescita dinamica presenta una grande opportunità da una
prospettiva di mitigazione poiché le emissioni possono essere praticamente eliminate
per le nuove costruzioni. Entrambi gli approcci sono generalmente convenienti ma
restano ancora barriere alla loro diffusa attuazione.
Approvvigionamento energetico
Significative riduzioni delle emissioni di gas serra legate alla produzione energetica
possono essere ottenute, ad esempio, dal passaggio da impianti a combustione di
carbone a combustione di gas naturali a ciclo combinato (a condizione che siano
controllate le emissioni di metano fuggitive) o impianti combinati di produzione di
calore ed energia. Le opzioni a basso tenore di carbonio includono la cattura e lo
stoccaggio della CO2 (carbon capture and storage), tecnologie di energie rinnovabili
(ma non nucleari).
Le fonti rinnovabili di energia possono portare a indubbi vantaggi per le città, per
esempio nella riduzione del livello d’inquinamento atmosferico urbano. Le iniziative
che incoraggiano le imprese a scambiare idee e tecniche per la riduzione dell’uso di
materiali ed energia, come ad esempio i parchi eco-industriali e le reti regionali eco-
industriali, sono in grado di portare un significativo contributo alla riduzione delle
emissioni.
Trasporto
Le emissioni da trasporto possono essere ridotte evitando, dove e come possibile, i
trasferimenti all’interno della città, favorendo il trasporto modale e in generale il
trasporto con sistemi a basse emissioni di carbonio, abbassando l'intensità energetica,
migliorando le prestazioni dei veicoli, riducendo l'intensità di carbonio dei combustibili
sostituendo i prodotti a base di petrolio con gas naturale, biocombustibili o con
l'elettricità o l'idrogeno prodotto da fonti energetico rinnovabili.
Strutture e infrastrutture urbane
Le strutture e le infrastrutture urbane contribuiscono in maniera significativa delle
emissioni di gas serra, a loro volta strettamente collegate all'efficienza dei metodi di
produzione did energia in una città e alla produzione di rifiuti. Le opzioni di
mitigazione possono variare in funzione del tipo e del grado di sviluppo della città.
È necessario esplorare e mettere in pratica metodi di integrazione delle considerazioni
sui cambiamenti climatici nella pianificazione del ciclo di vita delle infrastrutture e del
monitoraggio della manutenzione e della conservazione delle stesse.
Quelle disponibili per una città in rapida evoluzione includono il dare forma
all'urbanizzazione e alle direttrici di espansione delle infrastrutture. Viceversa, per
città già strutturate le opzioni di mitigazione risiedono nella riconversione urbana
(attraverso la pianificazioni polifunzionale che accorci i tragitti, promuova gli
spostamenti a piedi e in bicicletta e il riuso di edifici esistenti e ripristino di aree ed
edifici abbandonati ) e in progetti di riconversione tesi al miglioramento
dell'efficienza energetica degli edifici.
U’area di particolare attenzione è la periferia urbana, specialmente per via
dell’elevata densità abitativa, dell’uso polivalente (e misto) del territorio, la
connettività e l’accessibilità. Connettivià e accessibilità sono strettamente legate.
Mentre singole misure (di forma urbana) hanno relativamente piccoli effetti sulle
miglia percorse in auto, diventano più efficaci quando queste integrate tra loro.
C'è una chiara evidenza che colloca insieme zone altamente abitate con zone
maggiormente sviluppate unite da un significativo incremento del trasporto pubblico,
maggiore uso polivalente del territorio ed altre misure di gestione a supporto delle
diverse necessità, possono portare ad una maggiore riduzione delle emissioni.
Le comunità ad elevata accessibilità sono caratterizzate da brevi distanze di
pendolarismo e ridotti tempi di percorrenza, resi possibili da diverse modalità di
trasporto. C'è una robusta evidenza che seguire queste linee guida per lo sviluppo
urbanistico riduce le emissioni nelle città. Le misure di mitigazione sono
verosimilmente più efficaci se unite a metodi di attuazione.
Queste possono includere strumenti che aiutino a ridurre le emissioni , come
regolamentazioni sull'uso del territorio, regolamentazioni riguardo la densità,
contenimento delle aree urbane (controllo urbano), norme su progetti, regolamenti
edilizi, e parcheggi, regolamenti sull'ottenimento gestione dei terreni, nonchè
incremento degli spazi verdi per il sequestro di carbonio. Strumenti economici
includono tasse sulla proprietà, tasse sullo sviluppo, prezzi dei carburanti e costo dei
trasporti.
Patrimonio e vincoli di bilancio (reddito) bilancia commerciale esercitano inlfuenze
importanti sul potenziale di mitigazione per via delle tecnologie. Mentre il Lock-in (il
rimanere collettivamente legati a tecnologie superate) può limitare il tasso di
mitigazione nelle città mature gia strutturate e sviluppate, nelle città in rapida crescita
esiste la possibilità di un balzo verso le nuove tecnologie.
Nelle città consolidate, grazie all’accesso al capitale che facilita lo sviluppo
economico, è importante concentrarsi sul progresso tecnologico a basso consumo e
derivanti da fonti eco-sostenibili.
Il quinto rapporto dell’IPCC evidenzia due lacune di fondamentale importanza
nell’applicazione, da parte di ciascun governo locale di interventi mitigativi. Questi
sono:
•
la mancanza di dati sulle emissioni prodotte a livello locale e
•
la mancanza di confronto con banche dati per una standardizzazione attiva e un
inventario sui gas climalteranti.
•
L’ADATTAMENTO E LA RESILIENZA
Le amministrazioni locali sono fondamentali per il successo delle strategie di
adattamento urbano ai cambiamenti climatici.
Molto dipende da locali valutazioni e integrazione delle politiche di adattamento, dalla
disponibilità economica per gli investimenti, dalle politiche e dalle normative in
materia.
Le città con un buon governo e infrastrutture e servizi all’avanguardia possono fornire
una buona base di resilienza edilizia nei processi di pianificazione, progettazione e
assegnazione delle risorse umane. capitale e materiali sono sensibili ai rischi climatici
emergenti.
L’adattamento urbano offre opportunità per l'orientamento verso la resilienza e lo
sviluppo sostenibile tramite la gestione del multi-livello urbano, l’ armonizzazione
delle politiche, gli incentivi, il rafforzamento del governo locale, la capacità di
adattamento della comunità, le sinergie con il settore privato, finanziamenti adeguati
e appropriate scelte istituzionali.
Le città in rapida crescita offrono buone opportunità per questi sviluppi, ciò
nonostante si evidenza un limite nella sua realizzazione pratica.
Pianificazione
Non esiste un unico approccio per una pianificazione urbana dell'adattamento a causa
della complessa e diversificata natura del cambiamento climatico e dalla dipendenza
del cambiamento in rapporto al contesto delle città stesse.
Sebbene gli approcci top-down e bottom-up siano ampiamente riconosciuti, in pratica
adattamento comporta la combinazione di entrambi. I governi locali possono svolgere
un ruolo centrale nell’ affrontare le sfide della pianificazione in funzione
dell'adattamento attraverso una stretta collaborazione con il pubblico, i gruppi a
basso reddito, le istituzioni e i settori privati.
Integrare le politiche locali con le politiche nazionali e internazionali per una maggior
gestione del rischio da catastrofi e un miglior adattamento fornirebbe benefici su tutti i
livelli.
Finanziamento
Le grandi città economicamente più forti e con una buona capacità amministrativa
hanno una maggiore capacità di accedere alle varie fonti di finanziamento necessarie
per implementare le strategie di mitigazione e di adattamento. Contrariamente, le
realtà urbane più piccole, con strutture frammentate o una scarsa capacità di governo,
hanno capacità più deboli di procurarsi fondi.
Le tipologie di finanziamento che possono essere utilizzati per facilitare l'adattamento
comprendono: entrate locali (tasse, oneri, ecc.), politiche di sensibilizzazione,
partnership pubblico- privato, appalti e concessioni, sovvenzioni e agevolazioni
finanziarie, come ad esempio un Fondo di adattamento, programmi comunitari di
ricerca e sviluppo, ecc.
L’edilizia abitativa
Se di una buona qualità, di prezzo accessibile e ben posizionata, l’abitazione privata
fornisce una solida base di adattamento ai cambiamenti climatici per tutta la città,
contro l’esposizione e la riduzione di energia.
Una possibilità per adattare le esigenze edilizie ai problemi dovuti alle conseguenze
climatiche è adattare il patrimonio edilizio esistente mediante accordi con gli enti
pubblici, privati, e con il supporto delle organizzazioni sociali.
L’aumento delle temperature
In risposta all'aumento delle temperature, le città possono sviluppare strategie che tra
cui aree a verde, corridoi di vento, tetti ricoperti di vegetazione. Ciò implica una
migliore progettazione, costruzione e coibentazione per mitigare le temperature
elevate delle infrastrutture utilizzate da categorie sensibili come le scuole, gli ospedali,
le cliniche per anziani. Occorre investire per fasi sulle procedure che permettono
maggior resilienza e sviluppo sostenibile al fine di accelerare l’adattamento ai CC.
Impatti
Il cambiamento climatico
modifica in molti aspetti
la vita urbana
Adattamento
L’adattamento è possibile
anche se complesso,
tuttavia nel lungo periodo
risulterà più economico
rispetto a non fare nulla.
Innalzamento del livello del
mare
Insicurezza alimentare
2/3 delle città con
popolazione superiore a 5
milioni di abitanti sono
situate a bassa quota nelle
zone costiere. L’innalzamento
dei livelli del mare e
mareggiate potrebbero avere
effetti importanti su
popolazione, proprietà ed
ecosistemi, rappresentando
minacce per il commercio,
l’economia e i mezzi di
sussistenza.
Tutti gli aspetti della
sicurezza alimentare sono
potenzialmente influenzati
dai CC inclusi l’accesso agli
alimenti, la loro utilizzazionee
la stabilità dei prezzi. I CC
probabilmente causeranno il
declino della produzione di
cibo in alcune regioni
(compreso il mare a causa del
riscaldamento e
dell’acidificazione)
Adattamento
Adattamento
Le risposte includono:
a) miglioramento della
tempestività dei sistemi
di allarme
b) rafforzamento delle
Risposte locali includono il
supporto all’agricoltura
urbana e peri-urbana.
d) Tetti verdi, diffusione di
mercati locali basati su
Come le città si
adatteranno ai CC sarà
molto variabile.
infrastrutture costiere,
suddivisione appropriate
delle aree compresa la
riallocazione di servizi
critici
filiere corte o km0, e
sviluppo di reti sociali per
la sicurezza alimentare
c) gestione nella risposta a
situazioni di crisi e di
evacuazione
e) Sviluppare fonti
alimentari alternative tra
cui l’acquacoltura
nell’entroterra in
sostituzione delle risorse
provenienti dagli oceani e
minacciate
Condizioni
meteorologiche estreme
Aumento della temperatura
Disponibilità di acqua dolce
In alcune città, forti
precipitazioni potrebbero
causare un incremento
del 40% della quantità
di acque reflue rilasciate
nell'ambiente e
provenienti dalla
combinazione del troppopieno e dalle inondazioni.
In alcune città l’aumento
della temperatura media
potrebbe raggiungere i 4°C
entro il 2100 con picchi
stagionali più alti.
Eventi come la siccità
rappresentano un rischio per
le risorse di acqua dolce con
ripercussioni sulla
disponibilità di acqua
potabile, l’insorgenza di
malattie causate da acqua
contaminata, interruzione di
elettricità, aumento
dell’insicurezza alimentare e
dei prezzi dei prodotti
alimentari a causa di una
ridotta produzione
Nell'entroterra gli effetti
delle inondazioni sono
spesso aggravati dallo
sviluppo indiscriminato
delle città
Un’ulteriore aumento della
temperatura sarà dovuto agli
effetti delle isole di calore e
dall’inquinamento con
conseguenti problemi di
salute.
Adattamento
Gli interventi di
adattamento includono il
rafforzamento delle
infrastrutture per lo
spostamento della
popolazione in apposite
aree, la gestione delle
acque reflue, piovane e di
dilavamento e il
miglioramento delle
misure di emergenza che
includono lo stoccaggio di
combustibili, acqua e
alimenti
Adattamento
•
Sviluppo di pianificazioni
urbane di strategie di
gestione del calore,
incluse le aree verdi, i
corridoi per il vento, i tetti
verdi e l’uso delle acque.
•
Devono essere adattate o
migliorate le norme di
costruzione e le
infrastrutture usate dalla
parte vulnerabile della
popolazione necessitano
di miglioramenti.
Adattamento
•
Le opzioni includono:
potenziare il riciclo delle
acque e l’uso delle acque
scure, migliorare la
gestione delle acque di
dilavamento e cercare
fonti nuove o alternative
•
migliorare lo stoccaggio
delle acque, gli impianti
per il loro trattamento e la
gestione autonoma
Strumenti di pianificazione urbana per contrastare i
cambiamenti climatici
Come ricordato al paragrafo 2 di questo articolo, uno dei motivi per cui le
amministrazioni comunali rivestono un ruolo importante nelle strategie di lotta ai
cambiamenti climatici è il fatto che esse dispongono di una serie di strumenti di
pianificazione che, anche quando indirizzati ad altre finalità, possono essere utilizzati
come efficaci strumenti di lotta ai cambiamenti climatici.
La tipologia degli strumenti a disposizione va dai piani di gestione integrata secondo
gli indirizzi della strategia tematica per l’ambiente urbano della UE, ai piani territoriali
d’area vasta ed ai piani urbanistici con norme per la mitigazione e l’adattamento ai
cambiamenti climatici, alle Valutazioni Ambientali Strategiche, al Regolamento
Urbanistico, ai piani di mobilità, agli accordi volontari di partnership pubblico-privato
per favorire il passaggio a una economia locale a ridotto impiego di combustibili fossili,
ai piani di gestione coordinata e partecipata di distretto idrografico e di bacino per la
difesa del suolo e del ciclo delle acque integrandoli con la pianificazione territoriale,
allo strumento principe e codificato in materia di pianificazione urbana in materia
energetico – ambientale che il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile
IL PAES
Il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) è lo strumento attraverso cui i
Comuni firmatari del Patto dei Sindaci assumo un ruolo decisivo nella lotta al
cambiamento climatico e nella promozione della sostenibilità energetica nei propri
territori integrando la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In esso vengono
definiti:
•
L’inventario base delle emissioni di CO2 (IBE) esteso a tutto il territorio
comunale e in riferimento a un anno base;
•
Una visione strategica a lungo termine che porti all’obiettivo fissato per la
riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 20% entro il 2020;
•
Un piano fatto di azioni a breve e medio termine, ciascuna corrispondente a
una riduzione stimata delle emissioni di CO2;
La visione strategica a lungo termine rappresenta un obiettivo di natura
prevalentemente politica, è legata ad un’idea di cambiamento possibile del proprio
territorio e prevede innanzitutto un obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2. La
forza del PAES è quella di incidere in maniera significativa non solo in termini riduzioni
di emissioni di gas clima alteranti ma anche quella di indurre un miglioramento
complessivo della qualità della vita, con possibili ricadute positive in termini
occupazionali.
Il PAES prevede la definizione di un piano di azioni che insieme contribuiscono al
raggiungimento del target, ciascuna azione va infatti presa in considerazione in
termini di abbattimento delle emissioni dal momento della sua attuazione. Risulta
pertanto necessario che l’Amministrazione riconsideri, anche rispetto al piano
triennale delle Opere Pubbliche, i progetti, definiti almeno a livello preliminare, che si
intendono mettere in atto secondo le priorità di scelta, le disponibilità di
finanziamento ed i tempi di realizzazione previsti. È facile intuire la ricaduta delle
scelte effettuate sull’occupazione purché le stesse siano state effettuate
consapevolmente e siano proporzionate alla realtà dimensionale del Comune e
coerenti con gli indirizzi che presiedono agli stanziamenti europei in materia di energia
ed ambiente. È anche per questo che la redazione del PAES e in particolare le azioni
che in esso sono previste, devono necessariamente essere sottoposte ad una analisi in
termini di reperimento dei fondi che per la maggior parte saranno di provenienza
europea.
I settori chiave su cui agire sono quello degli edifici, attrezzature e impianti
(municipali, terziari e residenziali), e quello dei Trasporti (pubblici, privati e
commerciali). Il settore delle costruzioni è quello maggiormente energivoro e nel
contempo quello che permetterebbe, attraverso l’efficientamento, il migliore risparmio
che è quello di non consumare energia e che trascina investimenti diffusi e rilevanti
sotto il profilo economico. Naturalmente il settore dei trasporti è quello che ha un
maggior impatto sulle abitudini e gli stili di vita delle persone incidendo in materia
significativa sulla tipologia di mobilità. È evidente che una mobilità sostenibile tende a
scoraggiare l’uso del mezzo privato a favore di mezzi di uso collettivo anche tramite
sistemi che ormai si stanno diffondendo come ad esempio il car sharing, il bike sharing
ed altri sistemi di trasporto collettivo definiti anche su base aziendale.
La redazione del PAES, come definita dalla Linee Guida del JRC, rende inoltre
necessari:
•
il coinvolgimento di soggetti portatori di interessi (stake-holder) che possono
altresì concorrere al raggiungimento del target mediante le azioni che intendono
mettere in atto e che possano incidere sulla riduzione delle emissioni di CO2;
•
l’attività di comunicazione rivolta alla cittadinanza, alle realtà associative, ai
tecnici di settore, al panorama imprenditoriale e del non-profit al fine di favorire
il coinvolgimento e la partecipazione alle scelte di piano sulle quali questi
soggetti sono chiamati a esprimersi e apportare dei contributi;
•
l’attività di formazione del personale dell’Autorità Locale che sarà responsabile
del monitoraggio delle singole azioni durante l’attuazione del Piano;
A latere del PAES riveste un ruolo strategico l’adozione di misure, che troveranno
riscontro nel regolamento edilizio, atte a migliorare energeticamente il patrimonio
edilizio pubblico e privato ad esempio innalzando la qualità degli involucri ad di sopra
del minimo previsto dalle norme in vigore. Interessanti in questo senso sono gli
interventi di riqualificazione urbanistica di interi quartieri che tengano in debito conto
gli aspetti energetici ed ambientali.
Politica ed urbanistica, per le loro rispettive competenze, devono essere attrezzate e
formate per rendere operativi interventi sia di mitigazione sia di adattamento al
cambiamento climatico, se si intende ridurne l’impatto sull’ambiente urbano,
sull’economia e sui cittadini.
L’educazione ambientale
A questo deve aggiungersi necessariamente un processo di educazione dei cittadini
che non solo fornisca loro degli strumenti per affrontare prontamente e concretamente
il cambiamento climatico in modo cosciente, ma che li coinvolga il più possibile nel
processo decisionale, anche attraverso la promozione di progetti di citizen science.
La comunità scientifica
La gravità della crisi climatica richiede risposte immediate da parte della politica e
della società, chiamate a redigere piani di mitigazione e di adattamento ai
cambiamenti climatici. Specialmente per gli aspetti che riguardano l’adattamento, la
scienza è ancora nelle prime fasi di sviluppo e oggettivamente esistono dei gap
scientifici che vanno riempiti. I decisori politici necessitano di informazioni e soluzioni
adeguate, compatibili con le risorse finanziarie disponibili, con l’accettazione da parte
delle comunità, con le tradizioni, e con altri fattori.
La comunità scientifica—attraverso un approccio integrato che coinvolga esperti di
scienze fisiche, ambientali, sociali e ingegneristiche—deve sostenere i decisori politici
nell’identificazione delle vulnerabilità, fornendo dati, metodi, scenari sulla
vulnerabilità e sulla resilienza dei sistemi antropici e naturali; nell’individuazione di
barriere alle misure di adattamento; nello sviluppo di indicatori e sistemi di
monitoraggio e valutazione; nella comunicazione e disseminazione.
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