Il misticismo dei numeri - Dipartimento di Matematica

Il misticismo dei numeri
Il pensiero filosofico della scuola di Pitagora è basato sul concetto di
numero, visto come l’essenza ultima di tutte le cose, e come unico
modo di esprimere i primi principi, inspiegabili a parole. L’esercizio
matematico è, per i Pitagorici, la maniera ideale di distogliere la mente
dalle cose materiali, instabili, ed aprirla alla contemplazione delle cose
spirituali, immutabili, le “cose veramente esistenti”. I principali
concetti astratti vengono associati a numeri che, in qualche modo, ne
rispecchiano la natura. Così essi chiamano uno (monade) i principi di
unità e di identità, grazie ai quali l’universo rimane, nel tempo,
sempre uguale a se stesso; uno è anche il generatore dei numeri ed è
il numero della ragione. Il concetto di diversità e la natura di tutte le
cose divisibili e variabili corrispondono invece al due (diade), che è
anche il primo numero pari o femminile, il numero dell’opinione. Il
numero tre è il primo vero numero dispari o maschile, il numero
dell’armonia, essendo composto di unità e diversità, ed indica tutto
ciò che ha un inizio, un mezzo e un fine (triade). Il quattro è il
numero della giustizia e del castigo, e indica il far quadrare i conti;
cinque è il numero del matrimonio, l’unione del primo vero numero
maschile col primo numero femminile; e sei è il numero della
creazione. Un ruolo speciale spetta al numero sette (ebdomade),
che possiede, secondo le parole di Ierocle, “la dignità della monade in
grado secondario”. Esso viene anche definito “privo di madre e
vergine”: privo di madre perché non è partorito da numero alcuno che
sia dentro la decina, cioè non ammette divisori non banali fra i
numeri da 1 a 10, (7 infatti è un numero primo). D’altra parte il 7 è
vergine, cioè sterile, perché non partorisce alcun numero che sia
dentro la decina, ossia non è divisore di alcun altro numero compreso
fra 1 e 10. E, com’è facile verificare, il 7 è l’unico numero, compreso
fra 1 e 10, avente entrambe queste proprietà.
Il più sacro di tutti i numeri è il dieci, o tetractys, il numero
dell’universo, in quanto è la somma di tutte le dimensioni geometriche
possibili (quattro, da cui il nome, che in greco significa “essere
quadruplice”): un punto è il generatore delle dimensioni, due punti
determinano una retta (oggetto a una dimensione), tre punti non
allineati determinano un triangolo (oggetto a due dimensioni), quattro
punti non complanari determinano un tetraedro (oggetto a tre
dimensioni). La formula del giuramento presso i Pitagorici suonava
così: “In nome di Colui che rivelò alla nostra stirpe la tetractys, la fonte
e la radice dell’eterna natura.”
Pitagora identificava la tetractys con Dio, che chiamava anche il
numero dei numeri. La particolarità del numero 10 è che si tratta del
quarto numero triangolare: secondo la teoria esposta da Platone nel
Timeo, quattro sono gli elementi di cui è composto l’universo, e
tutta la materia è formata di triangoli.
E ancora: Pitagora spiegava l’universo per mezzo di dieci categorie
di opposti: limitato e illimitato, dispari e pari, uno e molti, destra e
sinistra, maschio e femmina, quiete e moto, diritto e curvo, luce e
tenebre, bene e male, quadrato e oblungo: si trattava di forze opposte,
delle quali la prima era positiva, la seconda negativa. E.T. Bell
propone un’interessante spiegazione dell’illimitatezza dei numeri pari
e della limitatezza dei numeri dispari. Ogni numero pari è somma di
due numeri uguali, che possono essere idealmente associati ai due
“estremi” all’infinito di una retta. Ogni numero dispari è somma di
due numeri uguali e di uno: ad esempio 5 = 2 + 1 + 2. Qui i due
“estremi” vengono a combaciare in un punto, rappresentato dal
numero uno, che è poi il generatore di tutti i numeri.
Pare che i Pitagorici suddividessero i numeri interi in 10 classi, a
seconda del resto della divisione per 10. Questa operazione anticipa di
molti secoli un oggetto della moderna teoria dei numeri: la
congruenza modulo un numero naturale.
Alla scuola di Pitagora risale l’invenzione dei numeri poligonali, e la
scoperta dei numeri amicabili e perfetti.
Pitagora era convinto che ogni ente dell’universo potesse essere
descritto mediante un rapporto fra numeri, che caratterizzasse la
relazione fra le sue parti. Questa idea gli proveniva forse dalle
osservazioni su cui è basata la sua teoria musicale: i Pitagorici
avevano notato che le vibrazioni delle corde producono note
armoniose quando i rapporti fra le loro lunghezze sono numeri interi.
I rapporti fra numeri interi erano detti commensurabili. Gli altri
rapporti erano detti incommensurabili, o anche inesprimibili.
Secondo quanto dichiarato da Aristotele nella Metafisica, i Pitagorici
consideravano i numeri come le componenti ultime degli oggetti reali
e materiali, come lo sono oggi per noi le particelle elementari. Pare
addirittura che essi non distinguessero i numeri dai punti geometrici,
e vedessero entrambi come minuscole sfere: questa teoria è riassunta
nel motto “Tutto è numero”.
Da qui nasceva la convinzione che una volta penetrati i segreti dei
numeri, anche i misteri dell’universo e del destino dell’uomo
sarebbero stati svelati. Ciò spinse i Pitagorici a dedicarsi alla
geometria, vista come la più elevata disciplina matematica.
Purtroppo proprio dallo studio di quest’ultima giunse la smentita alla
teoria che le leggi dell’universo potessero essere codificate mediante i
numeri interi. È infatti dovuta ai Pitagorici la scoperta che il
rapporto tra la diagonale ed il lato di un quadrato non è esprimibile
come quoziente di interi.
Una leggenda racconta che in seguito a questa scoperta, attribuita
ad Ippaso di Metaponto (o forse da lui solo divulgata) quest’ultimo
venne espulso dalla Scuola, quale punizione per aver introdotto
nell’universo un elemento che privava i numeri interi del loro assoluto
primato
nella
spiegazione
dei
fenomeni
naturali.
Quasi
paradossalmente, questa scoperta si fonda proprio sul Teorema di
Pitagora.
L’idea pitagorica che il mondo fosse strutturato secondo frazioni di
interi si è però, comunque, rivelata come una felice intuizione: in
natura sono ricorrenti forme le cui proporzioni si traducono in
rapporti fra particolari numeri interi, i cosiddetti numeri di
Fibonacci, introdotti nel 1200 dal matematico italiano Leonardo
Pisano. La media armonica, introdotta da Ippaso di Metaponto, è
alla base delle consonanze musicali.
Pitagora aveva anche fama di indovino: le sue profezie erano basate
su calcoli aritmetici. Ad ogni lettera dell’alfabeto era assegnato un
valore numerico: preso il nome di una persona, e compiute opportune
operazioni sui numeri ad esso associati, nel risultato egli leggeva un
responso sul destino della persona. In particolare credeva di essere in
grado di prevedere l’esito della lotta fra due contendenti: Pitagora, in
una lettera a Teulage, apocrifa, spiega come la vittoria di Ettore su
Patroclo nell’Iliade fosse scritta nei numeri. Questa particolare scienza
divinatoria, detta numerologia, come, in generale, il culto dei
numeri, risale alla tradizione babilonese.
La numerologia cinese