UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO DIPARTIMENTO DI ECONOMIA DEI SISTEMI AGRO FORESTALI DISPENSA PER IL CORSO DI MARKETING AGROALIMENTARE Appunti dalle lezioni della Prof.ssa Simona Bacarella Sommario 1. Il MARKETING ..................................................................................................... 1 1.1 Introduzione ....................................................................................................... 1 1.2 Origine ed evoluzione del concetto e delle attività di marketing nell’impresa 2 1.3 Definizione di marketing .................................................................................. 8 1.4 Marketing Agroalimentare .............................................................................. 12 2 PIANO MARKETING .......................................................................................... 18 3. MERCATO AL CONSUMO E CONSUMATORE ............................................. 23 3.1 Introduzione .................................................................................................... 23 3.2 Il comportamento del consumatore................................................................. 25 3.2.1 Fattori culturali ........................................................................................ 31 3.2.2 Fattori sociali ........................................................................................... 32 3.2.3 Fattori personali ....................................................................................... 35 3.2.4 I fattori psicologici ................................................................................... 43 3.3 Il processo di acquisto..................................................................................... 47 3.4 I modelli interpretativi dell’agire di consumo ................................................ 56 3.5 Misurazione e previsione della domanda........................................................ 59 3.6 La stima della domanda attuale ...................................................................... 63 4 SEGMENTAZIONE DEL MERCATO ................................................................ 65 4.1 Definizione del mercato obiettivo................................................................... 71 4.2 Posizionamento del prodotto .......................................................................... 72 5 MARKETING MIX ............................................................................................... 76 5.1 Premessa .......................................................................................................... 76 5.2 Prodotto ........................................................................................................... 78 5.3 Prezzo.............................................................................................................. 80 5.4 Pubblicità e promozione ................................................................................. 82 5.5 Distribuzione................................................................................................... 83 6 IL PRODOTTO ..................................................................................................... 85 6.1 Concetto definizione e classificazione dei prodotti ........................................ 85 6.2 Classificazione dei beni di consumo ............................................................... 87 6.3 Le strategie di prodotto ................................................................................... 89 6.3.1 Decisioni relative alla combinazione (o assortimento) di prodotti. ......... 89 6.3.2 Decisioni relative al singolo prodotto ...................................................... 93 7 IL CICLO DELLA VITA DEL PRODOTTO ....................................................... 99 7.1 Il concetto ........................................................................................................ 99 7.2 Le stategie di marketing ................................................................................ 105 7.3 Ciclo di vita del prodotto e Portafoglio prodotti ........................................... 114 7.4 Evoluzione del mercato ................................................................................ 117 8 I PREZZI.............................................................................................................. 119 8.1 Rilevanza economica e competitiva ............................................................. 119 8.3 La determinazione del prezzo ....................................................................... 121 8.4 Obiettivi della determinazione del prezzo .................................................... 123 8.4.1 Analisi dei fattori ................................................................................... 124 8.4.2 La determinazione del prezzo base (o di listino) ................................... 126 8.4.3 Scelta del prezzo definitivo o prezzo finale ........................................... 138 8.4.4 Politiche di prezzo ................................................................................. 138 I 9 LA DISTRIBUZIONE COMMERCIALE .......................................................... 142 9.1 Le funzioni di commercializzazione ............................................................. 142 9.2 Le forme distributive .................................................................................... 145 9.3 La distribuzione fisica (o logistica di marketing) ......................................... 156 9.4 I canali di distribuzione (o di marketing)...................................................... 158 10 PROMOZIONE E PUBBLICITÀ. .................................................................... 168 10.1 Comunicazione ........................................................................................... 168 10.2 Pubblicità e vendita personale .................................................................... 176 10.3 Promozione delle vendite e propaganda ..................................................... 185 II 1. Il MARKETING Marketing è un concetto complesso e come tale difficile da definirsi perché flessibile e dinamico. 1.1 Introduzione Mercato: è il luogo economico di incontro fra chi possiede (ed offre) merci e chi richiede (e compra, possedendo il denaro) tali merci. E' dunque il luogo economico di incontro fra l'offerente (il produttore, l'impresa, la produzione, l'offerta) ed il richiedente (il consumatore, il consumo, la domanda). L'incontro fra offerente e richiedente non sempre avviene o comunque non sempre avviene facilmente. Tanto più ampio è il mercato tanto più difficile diventa tale incontro, in special modo quando trattasi di una merce (bene, prodotto) nuova, o comunque di una merce poco o non conosciuta dal richiedente. Il Marketing serve a stimolare e realizzare l'incontro. Marketing: dall'inglese to market (commercializzare, mettere sul mercato). E' l'insieme dei processi (e/o delle funzioni) mediante i quali la domanda di beni e servizi (i bisogni dei consumatori) viene prevista e valutata (con le ricerche), stimolata e soddisfatta con l'ideazione, la distribuzione fisica e lo scambio degli stessi beni e servizi. Il marketing dunque coordina le risorse della produzione e della distribuzione dei beni e servizi, stabilisce ed impone il tipo e le dimensioni dell'impegno totale per vendere con profitto all'utilizzatore finale (il consumatore). Il marketing, in altri termini ancora, consiste nell'elaborare e realizzare una strategia che, agendo sulle variabili che possono modificare la domanda, trasforma l'acquirente potenziale in acquirente effettivo. E pertanto al centro dell'attenzione è l'acquirente potenziale, con i suoi bisogni, le sue preferenze, le sue motivazioni, i suoi comportamenti. In definitiva il marketing consiste nello scoprire che cosa desidera il consumatore (il mercato) e fornirglielo (marketing oriented). Il marketing è la funzione creativa del management (dirigenti che prendono decisioni sulle attività, coordinate nei modi e nei tempi, mirato al conseguimento di determinati obiettivi). L'incontro fra l'impresa (le risorse umane, finanziarie e fisiche organizzate) e le esigenze del mercato (il consumo, i consumatori) avviene sempre in uno scenario ambientale dinamico (ambiente esterno), i cui elementi (fattori esterni) sono: la concorrenza, la tecnologia, la disponibilità di materie prime e di manodopera, l'ambiente finanziario ed economico, la legislazione. 1 I consumatori esprimono esigenze derivanti dai bisogni. I bisogni del consumatore generalmente restano costanti, ma cambiano i modi per soddisfarli. Ed ogni consumatore ha un differente modo di soddisfare le proprie esigenze. Comunque sia il consumatore quando deve soddisfare le proprie esigenze, avendo la possibilità di scegliere, decide per il prodotto che, secondo il suo convincimento, offre i maggiori vantaggi al prezzo più interessante (conveniente). Per l'impresa dunque non vale produrre un bene che nessuno compra, né vale produrre al più basso costo se nessuno è disposto a spendere per acquistare quel bene. L'impresa per vendere deve produrre ciò che il consumatore desidera. E' il mercato dunque a dettare all'impresa cosa produrre perché possa essere venduto. 1.2 Origine ed evoluzione del concetto e delle attività di marketing nell’impresa Il marketing ha origine in U.S.A nella metà del 1800. Un imprenditore1 (mietitrici meccaniche) individuò chiaramente il ruolo del marketing, come funzione fondamentale dell’impresa, e la creazione del cliente e inventò gli strumenti del marketing odierno: ricerca, analisi del mercato, politiche di prezzo, posizionamento nel mercato, organizzazione dei servizi alla clientela, la vendita a rate. Nel 1905, presso l’Università della Pennsylvania, si tenne per la prima volta un corso intitolato: Il marketing dei prodotti (diventa così una disciplina accademica). Nel 1910 presso l’Università del Wisconsin si tenne il corso: Metodi di marketing. In Europa, nel dopoguerra, sono state le multinazionali ad applicare ed evolvere il concetto di marketing: Unilever, Palmolive, Nestlè, Plasmon ecc.. In Italia successivamente Barilla, Ferrero, Star, Procter&Gamble, Gillette, ecc. In Italia l’insegnamento del marketing viene introdotto dalla facoltà di Economia e Commercio, e soprattutto nei corsi di specializzazione post-universitaria (come ad esempio la Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi di Milano) durante gli anni ’80. 1 Cyrus H. Mc Cormick (1809-1884) 2 Nelle Facoltà di Agraria in questi ultimi anni vi sono ricerche e lavori di marketing agroalimentare, ma non vi sono ancora testi specifici. In Europa l’evoluzione può essere distinta in tre periodi: 1° periodo (1940-1960), Marketing iniziale. Con rilievo nel periodo postbellico, quando la ricostruzione provoca una forte espansione della domanda, la disponibilità dei prodotti e dei servizi da limitata diventa sufficiente per l’espansione dei volumi di vendita, ma vi è scarsità di servizi e di servizi sofisticati aggiuntivi. Nel marketing iniziale si possono osservare due aspetti: • il primo considera beni e servizi prodotti come dato di fatto e si occupa dell’aspetto distributivo (vendita) [vendere ciò che si produce] [azienda orientata alle vendite]; • il secondo considera il consumatore ancora come “oggetto dell’attività di marketing”. 2° periodo (1960-1975), Marketing classico. Il consumatore diventa il soggetto dell’attività commerciale, le imprese “ruotano” attorno al consumatore e non viceversa. Il nuovo concetto sostituisce il principio dell’azienda orientata alle vendite, con quello dell’azienda orientata al mercato: riuscire a fabbricare ciò che si può vendere e non ciò che si produce. Diventa elemento centrale: l’analisi del consumatore. Si diffonde ampiamente il sistema di meccanizzazione e di automazione. Si sviluppa il concetto di marketing sociale, in un periodo di differenziamento ambientale, di crescita della popolazione e di servizi sociali degradati. Il cliente diventa il centro dell’attività aziendale. La disponibilità di prodotti diventa da sufficiente ad abbondante e si perfeziona l’organizzazione dei servizi. 3° periodo (1975 ad oggi), Marketing concorrenziale. II sistema agroalimentare, qualunque possa essere l'ambito territoriale di riferimento, è soggetto, determinato e modulato dagli effetti di grandi fenomeni, che solo apparentemente possono essere interpretati agenti in modo autonomo, mentre nella realtà sono strettamente 3 interconnessi ed intercorrelati sia negli aspetti territoriali, che in quelli sociali, ed ancora, in quelli politici. Limitando il richiamo alla sola denominazione, tali grandi fenomeni possono così indicarsi: politiche internazionali che hanno liberalizzato i commerci globalizzando così i mercati (Uruguay Round ed oggi Millennium Round); ampliamento ulteriore della Unione Europea: con l'adesione dei paesi dell'Europa centro orientale (PECO) e con la realizzazione dell'area di libero scambio entro il 2010 con i paesi terzi mediterranei (PTM); riforma della PAC e dei fondi strutturali; intensificazione del progresso tecnologico e principalmente biotecnologico, nell'ambito del quale una forte spinta deriva dall'ingegneria genetica; internazionalizzazione dell'industria alimentare; internazionalizzazione della moderna distribuzione agroalimentare e sotto certi versi della ristorazione alimentare; emergenza della questione ambientale per effetto dei grandi cambiamenti climatici e dell'uso urbano, industriale, agricolo del territorio; modificazioni strutturali ed economico-sociali delle popolazioni, sia nei paesi industrializzati che in quelli poveri ed in via di sviluppo, per effetto anche delle conseguenti massicce correnti migratorie; evoluzione della domanda alimentare, conseguente ai nuovi comportamenti dei consumatori nei paesi industrializzati ed ai bisogni di una popolazione in forte crescita nei paesi poveri ed in via di sviluppo. I fenomeni indicati sollecitano la globalizzazione delle economie e dei mercati evolvendosi in un crescente intreccio di legami ed interdipendenze tra imprese, tra territori, tra paesi ed imponendo alle istituzioni, ai sistemi produttivi, alle imprese sempre nuove strategie e continui riposizionamenti, al fine di adeguatamente fronteggiare la progressiva crescita della competitività dei mercati. Un altro aspetto da evidenziare riguarda la società civile, economica e sociale nel suo assetto ormai post-industriale (old economy) e fortemente pervaso dalla new economy, che inaspettatamente, ma con forte valenza di razionalità, è fortemente interessata all'agricoltura avendo i suoi soggetti i seguenti interessi: 4 - il consumatore, per un'agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nella produzione di alimenti salutistici e di qualità; - il cittadino, per una agricoltura impegnata a difendere, tutelare e valorizzare il territorio e l'ambiente; - il contribuente, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati a produrre reddito e ricchezza economica; - il lavoratore, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nel mantenimento, nella crescita, nella evoluzione professionale della occupazione. Gli interessi della società moderna per l'agricoltura sono pertanto diffusi ed intercorrelati, poiché essa è chiamata a svolgere ormai ruoli complessi, che così si possono indicare: - produrre alimenti sani e con tecniche eticamente accettabili; - tutelare e valorizzare l'ambiente ed il territorio per l'attuale popolazione e per le future generazioni; - conservare e difendere la biodiversità quale patrimonio dell'umanità; - fornire beni e servizi di ordine collettivo; - integrarsi con l'industria agroalimentare e la distribuzione alimentare. In questo contesto l'agricoltura oltre a continuare la sua funzione produttivistica, con valenza specifica e irrinunciabile alla qualità ed alla salubrità dei prodotti e dei fattori della produzione, ha assunto il ruolo della multifunzionalità, provocando così effetti indotti su altre attività produttive (turismo, agriturismo, turismo rurale, artigianato, beni culturali, ecc.) o effetti esterni alla produzione (valorizzazione e tutela ambientale e paesaggistica, riduzione del degrado delle risorse naturali, mantenimento degli insediamenti rurali, ecc.). In definitiva l'agricoltura ha così assunto ruoli, strutture, organizzazione multifunzionali ed approcci multisettoriali ed integrati nella economia e nei sistemi territoriali: distretti rurali, distretti agroalimentari di qualità. Gli aspetti qui evidenziati hanno indotto e continuamente inducono i paesi avanzati, europei ed extraeuropei, a reagire alla sfida della competitività nei mercati agroalimentari ed alle crescenti richieste dei cittadini (come peraltro sta avvenendo nel tempo che stiamo vivendo in ambito Unione Europea e Millenium Round) di salvaguardia e di tutela della salute umana e dell'ambiente nel mondo globalizzato, con politiche mirate alla promozione di attività a maggior valore aggiunto, al miglioramento qualitativo dei prodotti e dei processi, alla diversificazione 5 delle attività produttive, in modo tale che la competizione si sposti dal rapporto prezzo-quantità, al rapporto prezzo-qualità. Pur senza entrare nel merito dei documenti programmatori, delle riforme e dei regolamenti prodotti dalla Unione Europea, con la politica di mercato, con la politica strutturale, con la politica sullo sviluppo rurale, con la politica ambientale, ed adottati ed applicati dai paesi membri e dalle regioni anche nei Piani di sviluppo e nei Programmi Operativi Regionali, le linee di politica agraria mirano alla diminuzione dei sostegni di mercato ai prodotti agricoli, alla eliminazione delle barriere alla concorrenza, alla affermazione della impresa o più complessivamente del sistema produttivo territoriale marketing oriented. Nel periodo che stiamo vivendo cresce smisuratamente la concorrenza (globalizzazione, Wto, UE, area di libero scambio euromediterranea), per cui si hanno crisi economiche, rapidi mutamenti dei mercati (prodotti fortemente in declino), disoccupazione, aumento della produttività aziendale dovuta a spinta tecnologica. Si rafforza ulteriormente il ruolo del consumatore, si afferma il principio della qualità totale. Nel passato la qualità costituiva strumento di successo per l'impresa, oggi è condizione essenziale anche nel sistema agroalimentare. Il concetto di qualità, può essere considerato sotto diversi aspetti: per l'impresa è l'assenza di difetti e la rispondenza a norme e procedure di verifica (Qualità totale); per il consumatore è la soddisfazione dei bisogni e delle attese (Qualità percepita); per la società sono i valori condivisi sul prodotto e sul processo produttivo (Qualità integrale); per le imprese concorrenti è il confronto con il prodotto delle e con le imprese rivali (Qualità differenziale); per il prodotto è il possesso di determinate caratteristiche (Qualità tecnologica). Definizione univoca accettata a livello internazionale (Norma UNI EN 28402): la qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite. Con riguardo alla qualità dei prodotti agroalimentari, oggi il consumatore ed il mercato considerano tra le: 6 - esigenze implicite (sicurezza e salubrità), la sanità (assenza di sostanze nocive) e la genuinità (mantenimento delle caratteristiche fìsicochimiche, organolettiche, nutrizionali); - esigenze espresse (soddisfazione e servizio), la qualità biologica (caratteristiche nutrizionali, organolettiche, edonistiche), la qualità di servizio (conservabilità, comodità d'uso, diffusione), la qualità di sviluppo (differenziazione, innovazione, standardizzazione). Ci si può chiedere, nei tempi in cui viviamo se il prodotto tipico è anche un prodotto di qualità? Se prodotto tipico è la risultanza di una concomitanza di fattori legati al contesto socioculturale ed ambientale dell’area geografica di origine che conferiscono al prodotto caratteristiche di specificità elevata e diversificanti rispetto alle produzioni industriali ed a produzioni locali similari. Tipicità: è concetto relativo e complesso, con valori immateriali, legati alla memoria ed agli odori, e con valori materiali, fattori che marcano la diversità, dimostrabili. Le nuove tecnologie, derivanti dalla acquisizione di igienicità, attenuano la tipicità perché determinano cambiamenti che portano il prodotto ad ottenere la variabilità delle componenti fino all'appiattimento ed alla perdita della tipicità. Ne deriva che non tutti i prodotti locali sono tipici e che un prodotto è tanto più tipico quanto più conserva inalterati i caratteri originari. La tipicità da sola dunque non garantisce la qualità. Il concetto di prodotto tipico, come in precedenza espresso, però contiene gli aspetti fondamentali della qualità, seppur una qualità specifica e diversa, percepiti (impliciti) e richiesti (espressi) dal consumatore, che proprio per questo è disposto a pagare un plus rispetto al prodotto di massa convenzionale o industriale. Il prodotto tipico è dunque un prodotto di qualità in quanto soddisfa le "esigenze espresse o implicite" del consumatore in fatto di aspetti edonistici, salutistici, dietetici, sanitari, ecologici. La domanda alimentare differenziata e di qualità del consumatore ha sollecitato nel tempo, orientativamente negli ultimi venti anni, e per alcuni aspetti fin dagli anni '50, normative adeguate sul sistema qualità alle istituzioni pubbliche internazionali europee e nazionali. 7 Il mercato infatti richiede nei prodotti non solo qualità, ma anche l'assicurazione della qualità. Sistema Qualità Aziendale: viene certificato da organismi terzi (Organismi di certificazione) sulla base di norme universalmente accettate ed elaborate da organismi internazionale, europeo e nazionale. Norme sul Sistema Qualità Aziendale Organismo Internazionali: Norme ISO serie 9000 ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione) Europee: Norme EN ISO serie 9000 CEN (Comitato Europeo di Normazione) Italiane: Norme UNI EN ISO serie 9000 UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) Per le aziende agroalimentari le norme in Italia sono quelle indicate nella serie UNI EN ISO 9001/9002/9003; l'Ente di certificazione è il CSQA (Certificazione di Sistemi di Qualità delle Aziende Agroalimentari) che opera a mezzo di enti accreditati. Le norme del Sistema Qualità Aziendale sono continuamente aggiornate. La certificazione è un atto privatistico e volontario da parte delle imprese, ma rappresenta un fattore strategico per l'effetto immagine dell'impresa sul mercato e per la facilitazione degli scambi commerciali a livello europeo ed internazionale. Nel contesto economico moderno, evoluto dei paesi ricchi del mondo industrializzato si ha: alta concorrenza, efficienza e qualità dei prodotti, ricerca di eccellenza, programmazione strategica nel perseguire la soddisfazione del consumatore, forte sviluppo dei servizi per creare competitività con la concorrenza. La disponibilità dei prodotti e servizi in questo contesto diventa da abbondante ad eccedente: per cui si ha saturazione del mercato (paniere alimentare saturo) ed ampio sviluppo dei servizi (vedi telefonini, e-commerce, ecc.). 1.3 Definizione di marketing Le più significative definizioni: • Il marketing è un processo sociale mediante il quale una persona o un gruppo di persone ottiene ciò che costituisce oggetto dei propri bisogni e desideri creando e scambiando prodotti e valori con altri (Ph. Kotler). • Il marketing rappresenta la funzione di mercato e di interscambio tra l’azienda ed il mercato (J. Santori, R. Varaldo). 8 • Il marketing è l’intera impresa osservata dal punto di vista del suo risultato finale, cioè dal punto di vista della clientela (P. Drucker). • Il marketing consiste nel mettere a disposizione dei consumatori i prodotti giusti, nel luogo e nel momento giusti, al giusto prezzo e con un adeguato supporto pubblicitario e promozionale (C. A. Molzer). Dunque il marketing può essere considerato: qualsiasi attività osservata con ottica strategica per la soddisfazione dei bisogni, dei desideri, per effettuare scambi e transazioni, attraverso l’analisi particolareggiata del mercato e di ciò che ci sta di fronte. Domanda di prodotti e servizi Bisogni e desideri del consumatore Valore e soddisfazione Mercati e imprese Nell’ambito aziendale “fare marketing” significa far coincidere gli obiettivi aziendali con i bisogni dei consumatori per realizzare da parte di entrambi il massimo risultato e soddisfazione. Marketing vuol dire comunque e soprattutto “comunicare ed interagire” con gli altri, ancor prima di agire e sviluppare azioni, se pur concertate, in azienda e nel mercato. Ogni definizione, seppur con terminologia diversa riconduce ai concetti fondamentali: Bisogno – domanda, che comporta l’analisi della domanda e la comprensione dei bisogni dei consumatori. Prodotto, che significa fare un prodotto che soddisfi quella domanda, compresi tutti i servizi aggiunti: prodotto confezionato; pubblicizzato; promosso (promozione). Soddisfazione del consumatore per appagare il suo bisogno. Scambio, ogni prodotto immesso sul mercato ha un valore di scambio (prezzo). Il prezzo che il consumatore è disposto a pagare per soddisfare il suo bisogno. Mercato, sono i concorrenti (competitors) con le loro strategie, le loro quote di mercato (per prodotti e beni che soddisfano le stesse funzioni d’uso: es. pasta come primo piatto, olio d’oliva per condimento, dadi per brodo per insaporire), le loro forze e debolezze; sono altresì le altre forze in gioco: istituzioni, leggi, ambientalisti, gruppi di opinione, ecc. Azienda. Struttura organizzata (impresa artigianale, negozio, grande industria, ecc.). L’azienda è un sistema aperto che riceve input, elabora e fa uscire output. 9 Questi elementi interagendo fra loro formano il marketing. Dunque: “fare marketing” significa studiare i bisogni della domanda (del consumatore), nel mercato di riferimento, in modo da realizzare prodotti soddisfacenti per il consumatore e profittevoli per l’azienda. In questo caso si ha: Azienda marketing oriented (Azienda orientata al marketing). Vi sono ad operare nel processo produttivo e nel mercato altri tipi di orientamento, che rappresentano diverse fasi evolutive fino ad arrivare all’azienda (impresa) marketing oriented. - Azienda orientata al prodotto: la funzione produttiva è prevalente (cosa, come, quando, quanto produrre); alla funzione commerciale non resta che vendere ciò che è disponibile in magazzino (raccolta degli ordini e rapporti con clienti). Si vende ciò che si produce. Questo tipo di orientamento può essere giustificato solo in un mercato monopolistico, dove mancando la concorrenza è possibile trascurare i bisogni della domanda. - Azienda orientata alle vendite: obiettivo primario dell’impresa è la vendita delle quantità prefissate per la realizzazione del profitto. Si produce ciò che si può vendere. Si riscontra nelle piccole e medie imprese a conduzione familiare (es. panificio) dove il profitto è il principale obiettivo e l’incremento delle vendite è lo strumento più idoneo per raggiungere il risultato tangibile. Si riscontra nelle grandi aziende nei momenti di crisi; lo strumento utilizzato è il prezzo (sconti prezzo, sconti quantità, tecniche 3x2, ecc.) Questa politica però dura poco perché porta inevitabilmente al fenomeno dell’overstocking (scorte di magazzino superiori al fisiologico) del cliente, il cui smaltimento richiede campagne pubblicitarie e promozionali sul consumatore. - Azienda orientata al mercato: concentra i suoi sforzi sull’adeguamento della produzione alla evoluzione del mercato, è dunque ispirata a criteri di massima flessibilità. È vicina al concetto di marketing, la differenza consiste nel fatto che l’azienda e le sue strutture produttive vengono considerate poco, nel senso che: si produce ciò che si è già venduto con le prenotazioni (con la raccolta degli ordini di acquisto). La struttura commerciale è al centro dell’impresa, perché fornisce input alla produzione e costringe la struttura organizzativa ad 10 adeguarsi al mutare delle richieste del mercato. Si verifica nel tessile, in pelletteria, nell’arredamento della casa (mobilio), dove è prevalente la “moda”. Benetton è il caso classico: fa la produzione dopo la raccolta degli ordini (dopo avere destagionalizzato l’idea produttiva, presenta il campionario e raccoglie gli ordini) ed affida, con il decentramento produttivo, ad imprese terze la produzione (così ha raggiunto la massima flessibilità produttiva). - Azienda marketing oriented: produce un prodotto soddisfacente per il mercato (consumatore), profittevole per l’azienda e coerente con i mezzi, le strutture e l’organizzazione dell’impresa in un’ottica di lungo periodo. L’azienda marketing oriented ha una visione d’insieme dell’impresa e del mercato: produttività e profittabilità dei prodotti, tendenze future (opera nel lungo periodo), cura del presente con iniziative che portino ad aumentare le vendite e quindi gli introiti commerciali. Riassumendo L’azienda marketing oriented si differenzia dalle aziende orientate al prodotto, alle vendite, al mercato per attitudine gestionale, in quanto ha una visione globale e a lungo termine di tutto il business aziendale (non solo come affare, ma come area di interesse in termini di soddisfazione delle esigenze del mercato e di profittabilità dell’impresa). L’azienda marketing oriented migliora gli aspetti produttivi per meglio soddisfare le esigenze del mercato e per aumentare le vendite compatibilmente con i vincoli strutturali dell’azienda stessa. 11 1.4 Marketing Agroalimentare L’evoluzione concettuale ed operativa del marketing è dovuta alla attività delle imprese multinazionali nel settore dei beni di largo consumo e nel settore dei beni strumentali (in Italia ad es. Unilever, Palmolive, Nestlè, Plasmon, IBM, ecc.); dagli anni settanta in poi, il marketing è stato applicato anche da imprese italiane operanti specificamente nel settore dell’industria alimentare (ad es. Barilla, Ferrero, Star, ecc.) ed in anni più recenti da imprese agro-alimentari a medio e medio-grande dimensione operanti nei comparti delle carni lavorate, caseario, enologico, ecc. Il marketing agroalimentare, occupandosi di prodotti cosiddetti “di massa o di largo consumo”, deve tenere conto della realtà poliedrica del settore agroalimentare e quindi di tutte le possibili interdipendenze collegate al settore stesso: l’agricoltura che produce, l’industria che trasforma, la distribuzione commerciale ed il consumo. Inoltre, se Marketing significa “collocare sul mercato”, il marketing agroalimentare rappresenta: l’insieme delle operazioni che consentono ad una azienda agroalimentare di collocare il suo prodotto sul mercato raggiungendo gli obiettivi prestabiliti ed avvalendosi di tutti i mezzi a sua disposizione (Foglio, 1997), quali: ricerca di marketing, segmentazione di mercato, posizionamento del prodotto, marketing mix, strategie e politiche di prodotto, prezzo, distribuzione, vendita, comunicazione e promozione. Il marketing agroalimentare deve tenere conto di tutto quello che l’individuo consuma in funzione delle sue molteplici esigenze. Esso è dunque, studio, iniziativa, reazione agli stimoli esterni, commercializzazione del giusto prodotto, nel giusto segmento di mercato, al giusto momento e con redditività. La sua finalità è ,quindi, quella di aiutare l’azienda agroalimentare a muoversi nel mercato agroalimentare in modo da operare, produrre e vendere rispondendo alle richieste del mercato ed alle specifiche esigenze dei consumatori. Per quanto riguarda il mercato agroalimentare, tenuto conto delle interdipendenze fra gli elementi che lo compongono, si possono focalizzare tre momenti di intervento di marketing, e sono: • produzione: serve per ottimizzare l’uso dei fattori produttivi in modo da migliorarne la redditività e rendere più efficace il suo collegamento con la distribuzione ed il consumo; • mercato: serve ad ottimizzare la distribuzione dei prodotti ed il raggiungimento dei consumatori; • consumo: serve per indirizzare i consumatori a soddisfare i loro bisogni nel rispetto del giusto prodotto e del giusto prezzo. In effetti, l’approccio, proposto da Foglio, è coincidente con quello del marketing management (ricerca di marketing, segmentazione del mercato, posizionamento del prodotto, marketing mix, …); da questo punto di vista, il marketing agroalimentare assume una funzione di tipo informativo (conoscere), prima, e di tipo operativo dopo (agire); tutte le azioni di 12 marketing sono conseguenza delle informazioni raccolte su mercato, prodotto, consumatore, concorrenza, distribuzione, ecc. In quest’ottica, dunque, il marketing è conoscere per agire. Un’altra funzione è legata alla valutazione obiettiva dei rischi connessi alle scelte effettuate, la riduzione degli stessi e l’orientamento verso la scelta più efficace; per cui, la ragione d’essere del marketing è la continua ricerca dell’adeguamento dell’azienda al mercato tenendo conto delle priorità della domanda rispetto all’offerta aziendale. Di fronte ad uno scenario di mercato sempre più complesso ed in continua evoluzione, l’importanza del marketing agroalimentare e delle sue funzioni è essenzialmente quella di gestire il cambiamento senza doverlo subire. Infatti, il marketing individua e realizza una serie di funzioni che si possono definire come: • analisi e ricerca: tramite la ricerca e la segmentazione di mercato si individuano dati e informazioni relative al mercato, ai segmenti di mercato, al consumatore, alla concorrenza, al giusto prodotto, al giusto prezzo, alla domanda e all’offerta, alla possibilità di comunicazione e di promozione, ecc.; • animazione e promozione: uso del marketing mix e delle relative 4P per creare e stimolare la domanda; • pianificazione: sviluppo del marketing in un contesto di pianificazione che tiene conto del piano globale aziendale oltre che di quello specifico di marketing; • organizzazione: il marketing contribuisce ad organizzare e ad armonizzare tutti gli interventi dell’azienda; • controllo: verifica per eventuali spostamenti dagli obiettivi pianificati ed eventuali aggiustamenti. La ragion d’essere del marketing agroalimentare è quella di soddisfare il consumatore, quindi con le sue funzioni il marketing è in grado di rispondere all’evoluzione de gusti e delle richieste del consumatore. Il marketing tuttavia nel sistema agroalimentare, caratterizzato dalla prevalente presenza di imprese di piccola, medio-piccola e media dimensione economica e strutturale nei settori che lo compongono (agricoltura, industria di trasformazione, distribuzione) stenta ad essere funzione creativa del management d’impresa, anche se l’adozione di strategie di marketing è divenuta ormai essenziale sia nel caso di distribuzione di prodotti agro-alimentari di largo consumo o di massa (con domanda a basso grado di elasticità: derivati dei cereali, carni fresche, ecc.), sia nel caso della distribuzione di prodotti agroalimentari di qualità, tipici, a denominazione di origine (con domanda ad elevato grado di elasticità: formaggi, vini, olio, frutta, ecc.). 13 Le ragioni che limitano l’adozione del marketing anche nella piccola e media impresa operante nel sistema agroalimentare, oltre che nella dimensione economica (ma non sempre), sono da ricercare nella struttura tipologica del prodotto (riguardo alla selezione, alla qualità, alla certificazione, al confezionamento, ecc.), nella organizzazione delle imprese (il modello più diffuso è stato quello della organizzazione associativa delle imprese nei diversi stadi della filiera, sia in orizzontale che in verticale, la quale spesso pur realizzando una dimensione economica più o meno di rilievo, non è stata in grado di accompagnare l’evoluzione della dimensione economica con l’evoluzione delle strategie d’impresa richieste dal mercato, moderno ed ampio), nella cultura professionale del management d’impresa (spesso inadeguata a comprendere il passaggio dalla struttura produttiva ed organizzativa product-oriented a quella marketing-oriented), ed infine nelle istituzioni pubbliche sia amministrative che formative e scientifiche (spesso non adeguatamente operanti nel dare supporto alla necessaria evoluzione culturale, tecnologica, organizzativa delle imprese, in modo particolare nelle aree svantaggiate e/o meno sviluppate: in Italia quelle del meridione). La complessità e l’ampiezza del mercato, conseguenti alle politiche sul commercio internazionale, alla stessa internazionalizzazione delle imprese, alla evoluzione tecnologica e biotecnologica, alla evoluzione economica e demografica, alle continue mutazioni nel comportamento del consumatore, alla sempre più spinta segmentazione della domanda alimentare, richiedono ormai l’adozione da parte delle imprese operanti nel sistema agroalimentare di politiche, di strategie, di operatività di marketing. Finora il marketing è stato adottato da imprese dell’industria agroalimentare e della grande distribuzione aventi dimensioni economiche di un certo rilievo, più raramente ha coinvolto l’impresa agricola o comunque e più in generale la piccola e media impresa. La situazione esistente oggi in Italia si può definire caratterizzata da dualismo in quanto, in tutte le filiere di prodotto che compongono il sistema agroalimentare, si riscontra insieme una elevata presenza di imprese definibili product-oriented (il cui processo d’impresa è basato dapprima sulla realizzazione del prodotto e solo successivamente sulla sua vendita) ed un numero piuttosto modesto di imprese marketing-oriented (il cui processo d’impresa è basato dapprima sui desideri, sui bisogni, sulle preferenze del consumatore e successivamente sul modo di soddisfare tali esigenze realizzando, logicamente, risultati economici: l’impresa per vendere deve produrre ciò che il consumatore desidera). Azienda agroalimentare marketing-oriented: è un’azienda che nell’attuazione della sua strategia aziendale privilegia le richieste del mercato e del consumatore; ossia produce ciò che può vendere sul mercato. Tuttavia, alcuni autori (Ritson, 1997) affermano che il marketing agricolo non può essere considerato come un’applicazione del marketing management ai 14 prodotti agricoli, ma esso rappresenta una branca dell’economia agraria che abbraccia tutte quelle tematiche riguardanti il mercato dei prodotti agricoli, l’andamento dei prezzi, il sistema distributivo, ecc. La particolarità dell’agro-alimentare risiede nel fatto che in questo contesto prodotto, imprese e territorio sono fra loro interdipendenti; da qui la necessità di affrontare il marketing agro-alimentare secondo un approccio multidimensionale. Infatti, le analisi di marketing nel caso del sistema agroalimentare diventa il sistema stesso. Il SAA (Ghersi, Bencharif, 1995) è l’insieme degli agenti in interazione dinamica che intervengono nella produzione e nel trasferimento dei prodotti alimentari al fine di assicurare l’alimentazione di una determinata popolazione; includendo in questa definizione tutte le attività a monte e a valle del processo produttivo agricolo, oltre che le istituzioni, le leggi e l’ambiente socio-culturale. E’ la peculiarità stessa del SAA a sollecitare la ricerca di un modello di marketing rispondente alle caratteristiche del Sistema. Tuttavia, è molto difficile analizzare il SAA nel suo insieme, si preferisce quindi analizzarne una parte di esso caratterizzato da una serie di fattori comuni (prodotto, obiettivi, fasi economiche, istituzioni, leggi, ambiente socio-culturale, …) nel passaggio dalla produzione al consumo finale. II sistema agroalimentare, qualunque possa essere l'ambito territoriale di riferimento, è soggetto, determinato e modulato dagli effetti di grandi fenomeni, che solo apparentemente possono essere interpretati agenti in modo autonomo, mentre nella realtà sono strettamente interconnessi ed intercorrelati sia negli aspetti territoriali, che in quelli sociali, ed ancora, in quelli politici. I fenomeni indicati sollecitano la globalizzazione delle economie e dei mercati evolvendosi in un crescente intreccio di legami ed interdipendenze tra imprese, tra territori, tra paesi ed imponendo alle istituzioni, ai sistemi produttivi, alle imprese sempre nuove strategie e continui riposizionamenti, al fine di adeguatamente fronteggiare la progressiva crescita della competitività dei mercati. Un altro aspetto da evidenziare riguarda la società civile, economica e sociale nel suo assetto ormai post-industriale (old economy) e fortemente pervaso dalla new economy, che inaspettatamente, ma con forte valenza di razionalità, è fortemente interessata all'agricoltura avendo i suoi soggetti i seguenti interessi: - il consumatore, per un'agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nella produzione di alimenti salutistici e di qualità; - il cittadino, per una agricoltura impegnata a difendere, tutelare e valorizzare il territorio e l'ambiente; 15 - il contribuente, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati a produrre reddito e ricchezza economica; - il lavoratore, per una agricoltura e per un sistema agroalimentare impegnati nel mantenimento, nella crescita, nella evoluzione professionale della occupazione. Gli interessi della società moderna per l’agricoltura sono pertanto diffusi ed intercorrelati, poiché essa è chiamata a svolgere ormai ruoli complessi, che così si possono indicare: - produrre alimenti sani e con tecniche eticamente accettabili; - tutelare e valorizzare l'ambiente ed il territorio per l'attuale popolazione e per le future generazioni; - conservare e difendere la biodiversità quale patrimonio dell'umanità; - fornire beni e servizi di ordine collettivo; - integrarsi con l'industria agroalimentare e la distribuzione alimentare. In questo contesto l’agricoltura oltre a continuare la sua funzione produttivistica, con valenza specifica e irrinunciabile alla qualità ed alla salubrità dei prodotti e dei fattori della produzione, ha assunto il ruolo della multifunzionalità, provocando così effetti indotti su altre attività produttive (turismo, agriturismo, turismo rurale, artigianato, beni culturali, ecc.) o effetti esterni alla produzione (valorizzazione e tutela ambientale e paesaggistica, riduzione del degrado delle risorse naturali, mantenimento degli insediamenti rurali, ecc.). In definitiva l'agricoltura ha così assunto ruoli, strutture, organizzazione multifunzionali ed approcci multisettoriali ed integrati nella economia e nei sistemi territoriali: distretti rurali, distretti agroalimentari di qualità. Gli aspetti qui evidenziati hanno indotto e continuamente inducono i paesi avanzati, europei ed extraeuropei, a reagire alla sfida della competitività nei mercati agroalimentari ed alle crescenti richieste dei cittadini (come peraltro sta avvenendo nel tempo che stiamo vivendo in ambito Unione Europea e Millenium Round) di salvaguardia e di tutela della salute umana e dell'ambiente nel mondo globalizzato, con politiche mirate alla promozione di attività a maggior valore aggiunto, al miglioramento qualitativo dei prodotti e dei processi, alla diversificazione delle attività produttive, in modo tale che la competizione si sposti dal rapporto prezzo-quantità, al rapporto prezzo-qualità. Tutto ciò non significa, però, che per le imprese agro-alimentari di dimensione piccola o medio-piccola non si possa pianificare un intervento di marketing; allora, il piano marketing per le imprese agricole o alimentari (piccole o medio-piccole) sarà preparato in maniera più semplice rispetto a quello delle grandi imprese industriali. Molte informazioni verranno raccolte dall’impresa nell’ambito ed in relazione ai rapporti che questa ha con tutti gli “attori” 16 partecipanti (direttamente e/o indirettamente) al processo produttivo. Lo sforzo di pianificazione, in questo caso sarà maggiore e andrà valutata la sua fattibilità. Dato che, l’offerta del sistema agroalimentare è quella di un bene complesso che comprende: prodotto, marca, territorio, ambiente, alimentazione, sicurezza, ecc.; gli strumenti utilizzati nel marketing agroalimentare, che coinvolge l’intero sistema agroalimentare, sono quelli che vogliono rispondere al meglio alle nuove esigenze dei consumatori (che si presentano più esigenti, critici, selettivi; mirano ad affermare la propria personalità e prestano sempre maggiore attenzione alla qualità, alla genuinità, alla sanità, alla freschezza dei prodotti, ed infine alla varietà e diversificazione dei tempi, modi, luoghi e beni di consumo) e richiedono una gestione efficace del sistema stesso (gestione che garantisca ed assicuri fra le altre cose anche e soprattutto la qualità del prodotto, la quale in passato costituiva uno strumento di successo per l’impresa, mentre oggi è anche diventata condizione essenziale anche nel sistema agroalimentare). Quindi, per la differenziazione dei prodotti (da cui si trae il vantaggio competitivo) si ricorre all’uso dei marchi, delle denominazioni d’origine ( IGP, DOP, STG, IGT, DOC, ecc.), alla certificazione di metodi di produzione rispettosi dell’ambiente e/o delle caratteristiche del prodotto (es. biologico), ecc. Il Marketing agro-alimentare è, in definitiva, volto a creare e gestire il valore del prodotto per il cliente all’interno del sistema agroalimentare, cosicché tutti i soggetti coinvolti possano essere soddisfatti fino al punto in cui il soggetto strategico del marketing diventa il sistema stesso. In questo contesto la risoluzione delle problematiche conseguenti all’adozione del marketing nel sistema agroalimentare richiede impegno strutturale ed organizzativo non solo all’impresa in quanto soggetto operante nel mercato, ma anche al complesso istituzionale pubblico e politico, poiché dal grado di presenza e di efficienza concorrenziale delle imprese sul mercato dipende in definitiva il tasso di sviluppo del sistema economico di un’area o di un paese. 17 2 PIANO MARKETING Il marketing elabora e realizza strategie: che, agendo sulle variabili (determinanti) che possono modificare la domanda, trasforma l’acquirente potenziale in acquirente effettivo. Per fare ciò utilizza uno strumento, indispensabile per una efficace politica di marketing, che è il Piano di marketing: “Strumento analitico attraverso il quale, con un lavoro di elaborazione e realizzazione, l’impresa fissa i suoi obiettivi di sviluppo, predetermina il suo marketing mix e li realizza con piani di produzione, vendita, informazione,ed ogni altro strumento operativo che ritiene necessario” ossia uno schema di realizzazione a breve, medio e lungo termine degli obiettivi di mercato che l’azienda vuole raggiungere. Sempre tenendo conto dei: Fattori esterni all’impresa (concorrenza, tecnologia, disponibilità di materie prime e di manodopera, ambiente finanziario ed economico, legislazione. I suddetti fattori rendono l’ambiente dinamico e sempre in movimento); e del consumatore (che esprime esigenze derivanti dai suoi bisogni (costanti); per soddisfare i quali, sceglie (potendo farlo) il prodotto più conveniente, cioè quello che a suo avviso offre i maggiori vantaggi al prezzo più interessante. Il marketing tramite l’elaborazione e la realizzazione di una strategia, agisce sulle variabili che possono modificare la domanda e trasforma l’acquirente da potenziale in effettivo. Le componenti del piano di marketing dunque coinvolgono tutte le risorse dell’impresa, i segmenti di mercato, l’ambiente esterno, il marketing mix. All’inizio del processo di pianificazione bisogna innanzi tutto evidenziare: • Che cosa si sta vendendo? • A chi? • Che tipo di attività si sta svolgendo? Prodotto, mercato e azienda (impresa), dunque, interagendo fra loro danno vita al marketing. La prima fase della pianificazione delle azioni di marketing richiede la iniziale puntualizzazione e scelta degli obiettivi da realizzare; segue la fase dell’applicazione e del compimento da parte dell’organizzazione di marketing delle operazioni previste dal programma di marketing; infine la fase della valutazione serve a dare continuità al processo amministrativo, stabilendo un legame tra ciò che è stato fatto e ciò che dovrà essere fatto, ossia il management valuterà quanto è stato fatto per avere un’idea della performance dell’azione di marketing tenendo conto degli obiettivi fissati. I suggerimenti che emergono dalla valutazione dell’azione compiuta vengono poi usati nel determinare i nuovi obiettivi e nella formulazione dei piani per il futuro. 18 Schema del processo di pianificazione La pianificazione delle azioni di marketing richiede: 1) la iniziale puntualizzazione e scelta degli obiettivi da realizzare (NB: il Profitto). La realizzazione del profitto viene perseguita con obiettivi aziendali espressi in termini finanziari (fatturato, utile netto, ROI – return on investment: profitto d’investimento-, ecc.) che permettono una pianificazione temporale diversa da impresa ad impresa. Nella realizzazione di un piano aziendale i fattori da tenere in conto sono: Aspettative, Concorrenza, Punti di forza e di debolezza dell’azienda, Risorse disponibili, ecc. Spesso è importante che gli obiettivi siano fissati per iscritto, in modo da minimizzare a) il rischio di essere fraintesi; b) il rischio che le decisioni e le attività amministrative non siano coerenti con il raggiungimento di tali obiettivi. Per essere rispondenti gli obiettivi dovrebbero essere anche fissati nella maniera più specifica possibile e non in termini vaghi. Un obiettivo è ciò che vogliamo raggiungere, una strategia è come pianificare per raggiungerlo. Definiti gli obiettivi occorre ideare le strategie, cioè le vie ed i mezzi per la realizzazione degli obiettivi, che riguardano, le componenti del marketing mix: il prodotto, il prezzo, la distribuzione e la promozione. L’ultimo passaggio del piano marketing è la definizione di un programma (programmazione), che consiste nel suddividere i principali obiettivi e strategie del marketing in sotto-obiettivi, ognuno con la sua singola (passaggi e costi). Per la realizzazione degli obiettivi prefissati nei piani un’impresa mette in atto determinate strategie che costituiscono le sue fondamentali vie di azione. Per quanto concerne il marketing, la relazione tra obiettivi e strategie può essere così illustrata: (Figura). 19 Due aziende possono avere lo stesso obiettivo, ma usare differenti strategie per raggiungerlo (Es. 1 A-1B, 2 A-2B). In generale, la strategia comporta scelte che hanno una validità temporale di medio-lungo periodo. Quando si parla di obiettivi, strategie e tattiche (strumento operativo attraverso cui una strategia può essere attivata e messa in pratica – durata di breve periodo es. fare pubblicità mirata al target prescelto) è importante identificare il livello organizzativo al quale ci si intende riferire; infatti ciò che è un obiettivo per chi opera ad un certo livello può essere una strategia per chi opera ad un livello organizzativo superiore: Obiettivo dell’azienda vs strategia dell’azienda (e obiettivo del marketing) vs strategia di marketing (e obiettivo della forza vendita). Relazione tra obiettivi e strategie di un’impresa Tutte le imprese ben gestite dispongono di qualche tipo di piano per indirizzare e coordinare le attività che si svolgono al loro interno. Tuttavia il grado di formalizzazione del processo di pianificazione tende a differire da un’impresa all’altra. Così, se nelle grandi e grandissime imprese si fa riferimento a strutture e processi di pianificazione definiti e codificati in particolari procedure, nelle piccole imprese spesso non si dispone di un piano scritto e documentato. Il che non implica che anche in quest’ultimo tipo di imprese non sussista l’esigenza che, almeno nella mente dell’imprenditore, esista un’idea di cosa fare e come farlo. L’essenza della pianificazione consiste nello studio del passato per decidere oggi cosa fare in futuro. Si può altresì dire che la pianificazione strategica coinvolge l’azienda nella sua 20 globalità e consiste nel processo manageriale con cui si realizza l’accoppiamento delle risorse disponibili con le opportunità di marketing, in una prospettiva di lungo periodo. Il processo di pianificazione strategica consiste in: a) definizione della missione dell’azienda; b) fissazione di obiettivi organizzativi da raggiungere; c) selezione delle strategie idonee per il raggiungimento di tali obiettivi. Definire la missione significa identificare il ruolo dell’azienda nel mercato e nell’ambiente in una prospettiva di sviluppo della sua attività. La missione non è riconducibile semplicemente ai prodotti che l’azienda fabbrica ed alle tecnologie che impiega, ma è piuttosto da collegare alle esigenze ed ai bisogni che tali prodotti soddisfano. Una volta che sia stata impostata la pianificazione strategica per l’azienda nel suo complesso e, se il caso, per ogni singola unità strategica, la direzione deve impostare la pianificazione per il marketing, per la produzione e per le altre principali aree funzionali dell’azienda. E’ ovvio che la pianificazione strategica di marketing deve essere integrata con quella che si riferisce all’azienda nel suo complesso; come si è accennato, gli obiettivi e le strategie a livello del marketing sono strettamente collegati con quelli a livello aziendale. Così una strategia a livello aziendale si traduce spesso in un obiettivo a livello della direzione marketing. Il processo di pianificazione strategica del marketing si svolge attraverso le seguenti fasi successive: 1) Analisi della situazione, (SWOT Analysis) consiste nell’esaminare attentamente la situazione in cui si trova attualmente l’azienda (i suoi mercati, la concorrenza, i prodotti, i sistemi di distribuzione, i programmi promozionali, ecc.); si deve inoltre tener conto delle future opportunità e dei rischi di mercato dell’azienda che sono influenzate dai fattori ambientali esterni e da quelli interni che si riferiscono alle altre aree aziendali (extra- marketing). 2) Fissazione degli obiettivi dell’azione di marketing. 3) Scelta del mercato- obiettivo e sua analisi. 4) Progettazione e sviluppo del marketing mix di tipo strategico che consenta all’azienda di soddisfare i propri mercati- obiettivo e di perseguire gli obiettivi fissati a livello di direzione di marketing. Alla definizione degli obiettivi seguono le analisi: informative preventive sulle singole aree funzionali (produzione, finanza, personale, distribuzione, marketing) dell’impresa che devono suggerire obiettivi e strategie per singola area e per verificare se con le risorse disponibili ed i mercati attuali si possono realizzare gli obiettivi; analisi esterne, riguardanti l’ambiente esterno (concorrenza, dimensioni del mercato, legislazione, disponibilità di materie prime e di manodopera, ecc.). Le analisi esterne riguardano: la conoscenza dei fattori esterni, che in qualche modo possono influenzare il raggiungimento di tali obiettivi (Ambiente esterno: 21 concorrenza, tecnologia, disponibilità di materie prime e di manodopera, ambiente finanziario ed economico, legislazione). Le analisi interne, riguardano le caratteristiche interne dell’impresa: forza lavoro o forza vendita, impianti e macchinari, prodotto, ecc.. Una volta che nel mercato si sono individuati i segmenti di mercato ed una volta effettuate le analisi le cui procedure di valutazione devono essere standardizzate, occorre mettere a punto obiettivi e strategie di marketing dell’impresa; quindi, utilizzando le informazioni acquisite, le analisi servono ad evidenziare gli obiettivi e le strategie dell’impresa. Per far ciò occorre procedere con l’analisi dei punti di forza (caratteristiche interne controllabili dall’impresa) e di debolezza dell’impresa, delle opportunità e dei rischi (collegati a fattori esterni, non controllabili dall’impresa) del mercato. Questa analisi prende il nome di: Analisi SWOT. Dopo l’analisi SWOT occorre formulare ipotesi su fattori esterni che influenzano l’andamento dell’impresa ma sui cui essa non ha controllo. Le ipotesi devono essere il meno possibile e pertinenti. Sulla base di tali ipotesi possono essere formulati gli obiettivi (il fine) di marketing e le strategie (il mezzo) coerenti con questi obiettivi. Un obiettivo è ciò che vogliamo raggiungere, una strategia è come pianificare per raggiungerlo. Obiettivi di marketing sono: Prodotti (esistenti, nuovi); Mercati (esistenti, nuovi); 4 combinazioni dei primi due, diverse in termini di volume, di valore e di quote di mercato. P R O D O T T I esistenti nuovi esistenti nuovi MERCATI Definiti gli obiettivi occorre ideare le strategie, cioè le vie ed i mezzi per la realizzazione degli obiettivi, che riguardano, le componenti del marketing mix: il prodotto, il prezzo, la distribuzione e la promozione. L’ultimo passaggio del piano marketing è la definizione di un programma (programmazione), che consiste nel suddividere i principali obiettivi e strategie del marketing in sotto-obiettivi, ognuno con la sua singola (passaggi e costi). 22 3. MERCATO AL CONSUMO E CONSUMATORE 3.1 Introduzione Il marketing è comunicazione ed interazione tra Offerta (Impresa) e Domanda (Consumatore). Il marketing concept sottolinea, infatti, il fatto che una profittevole attività di marketing consiste innanzi tutto nell’individuazione e nella comprensione dei bisogni del consumatore per poi sviluppare, su questa base, un marketing mix finalizzato al soddisfacimento di tali bisogni. Tra bisogno, consumo e domanda esiste infatti un legame logico inscindibile: come il bisogno genera (nei limiti delle possibilità economiche dell’individuo o dell’azienda) il consumo, così quest’ultimo genera la domanda. E’ evidente che consumo e domanda rappresentano momenti distinti dell’azione svolta a soddisfare un bisogno. Mentre la domanda è costituita da una serie di intenzioni e di azioni tese ad assicurare la disponibilità del bene o servizio (quindi comporta, e si conclude con un rapporto di scambio), il consumo è espressione di utilità, ricerca di soddisfazione e di piacere dal prodotto prima acquistato. Il richiamo ai bisogni è dunque il punto di avvio tanto dell’analisi dei consumi quanto dell’analisi della domanda. Dal punto di vista del marketing tale riferimento è fondamentale in quanto il marketing è finalizzato, tra l’altro, all’ottenimento e al mantenimento della massima soddisfazione possibile dei bisogni dei consumatori. Pertanto una piena comprensione del consumatore, dei suoi bisogni e dei suoi comportamenti di acquisto costituisce la condizione di partenza per un marketing di successo. I bisogni vengono distinti in: bisogni innati, quali quelli fisiologici o primari (mangiare, bere, vestirsi …), e bisogni acquisiti, sono tutti quelli che hanno origine dall’interazione con la cultura o l’ambiente circostante (sicurezza, prestigio, affetto …), sono in genere psicologici e vengono definiti come bisogni secondari. 23 La maggior parte di questi bisogni restano latenti fino a quando non interviene uno stimolo (fisiologico, psicologico, emotivo, ambientale, …) ad attivare lo stato di tensione che caratterizza il bisogno insoddisfatto. Tale stato, tuttavia, si trasforma in comportamento di acquisto solo quando la tensione così generata non raggiunge un determinato livello. Numerosi studiosi a partire dai primi del 1900 hanno cercato di classificare i bisogni umani, i più importanti sono ancora oggi Murray, Maslow e Mc Guire. I primi due hanno fatto un’analisi strettamente psicologica che difficilmente permette di applicare le loro classificazioni ad un’analisi del comportamento del consumatore, il terzo ha invece svolto un’analisi strettamente legata alla materia in oggetto. Intorno al 1943 il dottor Abraham Maslow, anch’egli psicologo, sviluppò una gerarchia dei bisogni umani, il suo lavoro parte dalla domanda “perché una persona spende più tempo ed energia per la sicurezza personale ed un’altra nel guadagnare la stima degli altri?”; e si basa su quattro premesse: • tutti gli esseri umani acquisiscono tutta una serie di bisogni simili attraverso l’ereditarietà genetica e l’interazione sociale; • alcuni bisogni sono più importanti di altri; • i bisogni primari devono essere soddisfatti ad un certo livello (minimo) prima che gli altri bisogni vengano attivati; • una volta soddisfatti i bisogni primari, vengono soddisfatti anche gli altri bisogni seguendo sempre un ordine gerarchico. Secondo la teoria di Maslow, quindi, esistono cinque livelli di bisogni umani, classificati in ordine d’importanza: da quelli primari (fisiologici e biologici) a quelli secondari (psicologici); innanzi tutto vengono soddisfatti i bisogni primari per poi salire lungo la classifica, poiché una volta soddisfatto un bisogno ne emerge un altro di livello superiore (Figura). Il contributo di Maslow è importante per questo ordinamento gerarchico dei bisogni che fa comprendere come il consumatore man mano che passa alla soddisfazione di bisogni superiori compie anche uno sviluppo dal punto di vista psicologico; la carenza di questo contributo risiede, invece, nel fatto che l’analisi del comportamento che si può effettuare a partire da tale classificazione è piuttosto generica e non si adatta a comportamenti specifici, né è adatta ai fini previsionali per la poca dinamicità da cui è caratterizzata tale struttura gerarchica. 24 3.2 Il comportamento del consumatore Lo studio del comportamento del consumatore è relativamente recente. I primi approcci alla teoria del consumatore compaiono negli USA intorno agli anni ’60 quando si inizia a parlare di consumer behaviour; tale teoria, fin dalla sua origine si accompagna al marketing con il fine di sviluppare teorie e modelli di gestione compatibili con i comportamenti e le attese dei consumatori. Infatti, all’inizio degli anni ’60, con Howard (1963) ed altri a seguire, si comincia a guardare al consumatore con una maggiore attenzione e matura così una diversa visione sul suo essere ed una nuova disciplina che ben presto si rende autonoma dal marketing. E’ la teoria del consumer behaviour che sviluppa modelli e teorie spesso di supporto al marketing stesso ma non necessariamente ad esso diretti. Inizialmente, gli studiosi di marketing volevano conoscere le specifiche cause del comportamento del consumatore, sapere come gli individui recepivano, immagazzinavano ed utilizzavano le informazioni riguardanti il consumo, per sviluppare a partire da queste conoscenze strategie che potessero influenzare le relative decisioni. Le strategie di marketing erano e sono strettamente rivolte alle imprese che hanno come principale obiettivo quello di indurre il consumatore a comprare; lo scopo del marketing è quello di 25 capire perché il consumatore compra, quali bisogni cerca di soddisfare e quali sono i fattori che possono influenzare la scelta del prodotto da acquistare, così da poter applicare un’appropriata strategia. In questi studi vengono presi in considerazione le caratteristiche personali dell’individuo, le caratteristiche del prodotto e la situazione (il contesto generale) presente al momento del consumo (Fig.1). Dagli studi di marketing è subito emerso che il consumatore è un individuo complesso con una propria fisionomia, un proprio carattere, propri valori e gusti, un individuo che interagisce con l’ambiente e la società che lo circonda e da cui riceve stimoli di varia natura (elemento dell’ambiente). Ogni individuo è unico, un universo a se stante e l’impresa attraverso gli studi di marketing cerca di conoscerlo più in dettaglio per meglio comprendere tutti quei meccanismi che lo portano fino alla decisione dell’acquisto (decisore). Tuttavia, anche se il consumatore era considerato un elemento molto importante nella elaborazione delle strategie di marketing ancora il suo ruolo era considerato in maniera piuttosto generica. In definitiva, l’importanza del marketing consiste nell’aver rappresentato il punto di avvio alle ricerche riguardanti il comportamento del consumatore, infatti, nonostante la teoria del consumer behaviour sia nata cinquant’anni dopo il marketing, quando quest’ultimo era al massimo del suo sviluppo, le due discipline risultano strettamente collegate. Da quanto detto risulta, dunque, evidente la stretta relazione che c’è tra il marketing e lo studio del comportamento del consumatore. Caratteristiche personali Caratteristiche del prodotto Consumer behaviour Strategie di marketing Situazione Figura - Il Consumer behaviour dal punto di vista del marketing Esistono diverse definizioni di consumer behaviour forniteci dai diversi autori che si sono occupati della materia. A titolo d’esempio possiamo citare alcune di queste definizioni: il comportamento che i consumatori tengono nel cercare, nell’acquistare, nell’utilizzare, nel valutare e nell’eliminare prodotti e servizi che essi suppongono possano soddisfare i loro bisogni; 26 il processo decisionale e le attività che gli individui mettono in atto quando valutano, acquistano, utilizzano o eliminano beni e servizi. Tuttavia, fra tutte le definizioni si tende a fare maggiormente riferimento a quella supportata dall’American Marketing Association (AMA) secondo la quale il comportamento del consumatore è visto come “l’interazione dinamica di affetto e cognizione, comportamento ed ambiente, da cui gli esseri umani traggono le funzioni di scambio per le loro vite”. Da un diverso punto di vista il consumer behaviour può essere considerato come una parte dell’intero comportamento umano, infatti tutti quei fattori che quotidianamente influenzano gli individui nei loro comportamenti, influenzano egualmente le loro attività di acquisto. In effetti, spesso il comportamento del consumatore viene utilizzato per approfondire lo studio di altri tipi di comportamento, tanto che a volte risulta difficile distinguere nettamente il confine fra il comportamento del consumatore ed altri aspetti del comportamento umano. Diverse discipline, dette “behavioural sciences”, hanno come oggetto del loro studio il comportamento umano e possono essere utili per approfondire quello del consumatore. E’ per questo motivo che si attribuisce al consumer behaviour una natura multidisciplinare. Le scienze comportamentali che, insieme al marketing, hanno dato il loro contributo nello studio del consumer behavoir sono: la psicologia, la sociologia e l’antropologia. La psicologia, è – com’è noto - la scienza che studia l’individuo e quindi ne studia anche le motivazioni, le percezioni, le attitudini, la personalità e l’apprendimento. Tutto ciò ci aiuta a capire i differenti bisogni di consumo degli individui, le loro azioni e le loro reazioni di fronte a differenti prodotti, ed infine il modo in cui la loro personalità e le esperienze precedenti possono influenzare la scelta del prodotto. La sociologia, è – com’è noto - la scienza che studia il comportamento dei gruppi. Descrive le azioni degli individui all’interno del gruppo e spiega le differenze fra queste e le azioni dell’individuo da solo. Spiega le influenze che i membri del gruppo, la famiglia e la classe sociale di appartenenza possono avere sul singolo individuo. L’antropologia, è la scienza che studia l’individuo nella società, in rapporto alla sua cultura. Traccia lo sviluppo delle credenze, dei valori e dei costumi tramandati agli individui dai loro parenti e dai loro antenati ed influenzanti il comportamento d’acquisto e di consumo dell’individuo stesso. Inoltre fa le comparazioni fra culture diverse con diversi usi e costumi. Ma è stata la scienza economica, insieme alle scienze comportamentali, a dare i maggiori contributi alla teoria del comportamento del consumatore con lo studio della produzione, degli scambi e del consumo di beni e servizi. 27 Studiare il comportamento del consumatore può essere un’operazione molto complessa poiché numerose variabili sono coinvolte nell’esplicazione di tale comportamento, le quali oltretutto interagiscono fra di loro, si influenzano a vicenda e possono continuamente mutare. Da qui, la difficoltà a sviluppare un unico modello di studio del consumer behaviour. Infatti, nel tempo si sono affermati diversi tipi di approccio alla materia, diversi punti di vista, che spesso hanno generato una certa confusione. L’analisi del comportamento nelle sue parti costituenti (affetto e cognizione, comportamento e ambiente) avviene, in genere, ponendo l’attenzione o alle scelte di acquisto o all’intero processo di consumo; il consumatore è studiato come individuo, decisore ed elemento dell’ambiente. Gli approcci tradizionali si occupano essenzialmente della fase di acquisto ed è’ solo a partire dagli anni ’80 che si è spostata l’attenzione sull’intero processo di consumo. L’approccio più diffuso è quello che si basa sul principio che l’individuo raccoglie tutti gli stimoli provenienti dall’esterno per poi analizzarli ed elaborarli e quindi scegliere tra le diverse alternative che gli si propongono (approccio cognitivista). L’individuo è quindi un soggetto attivo che assume comportamenti diversi a seconda dell’interpretazione data alle informazioni raccolte. I suoi comportamenti di acquisto sono una conseguenza di questo processo di elaborazione. Diversi sono gli autori (Howard, Nicosia, Engel et al. …) che affrontando l’argomento hanno dato origine a dei modelli di analisi basati sullo studio dei comportamenti di acquisto del consumatore, detti modelli stimolo-risposta (S-R). In generale, secondo i modelli stimolo-risposta (S-R) il consumatore riceve dall’esterno stimoli che sono in effetti l’insieme di tutte le informazioni raccolte attraverso la pubblicità, le opinioni dei conoscenti, ecc.; questi stimoli per dare luogo ad una risposta devono essere percepiti, compresi (internalizzati) ed elaborati dall’individuo che in questo modo avvia un processo decisionale fino ad arrivare alla “risposta” agli stimoli stessi: la scelta di acquisto o a volte la necessità di acquisire ulteriori informazioni prima di arrivare alla scelta. Ogni individuo effettua questo processo in maniera del tutto soggettiva, diversa da quella di tutti gli altri individui. Da qui il motivo e la necessità di analizzare questi processi di scelta dal punto di vista del singolo consumatore e non in maniera generalizzata. In base a questi modelli il processo decisionale, processo cognitivo, è semplicemente il tramite fra gli stimoli e la risposta; il consumatore è un soggetto attivo, diverso dagli altri individui, che cambia nel tempo ed insieme a lui cambia anche il suo processo decisionale. Tutto questo conduce alla soggettività del processo decisionale, il quale viene inoltre visto secondo un’ottica evolutiva in cui l’individuo si trova ad assorbire sempre nuovi stimoli, a prendere sempre nuove decisioni e ad acquisire sempre nuove informazioni. In base a ciò, si suppone che il consumatore possieda una certa capacità di apprendimento e quindi nel tempo la capacità di gestire sempre meglio i suoi processi decisionali e di migliorare le sue scelte d’acquisto. 28 Stimolo esterno Stimolo internalizzato Processo decisionale Risposta (scelta) Ricerca Struttura di base dei modelli cognitivi di tipo S-R Ci sono casi in cui il percorso decisionale seguito dall’individuo non è così lineare e razionale come la teoria cognitivista afferma; a creare una distorsione nella elaborazione delle informazioni e nel processo decisionale interviene la componente affettiva del consumatore, con cui si intendono le emozioni o le sensazioni (sia positive che negative) del consumatore stesso di fronte ad un oggetto. Alla domanda “quali sono i fattori che influenzano le preferenze e le scelte al momento dell’acquisto?” numerosi studi hanno cercato di rispondere. Tutti sono arrivati alla conclusione che l’atto di acquisto è il risultato di una combinazione di fattori individuali e di stimoli esterni. Comprendere il comportamento del consumatore significa comprendere come e perché il consumatore acquista beni e servizi, ricordando però che il comportamento di acquisto e di consumo possono variare da un bene all’altro o per lo stesso bene a seconda del momento o dell’uso che se ne fa. Quali sono, allora, le variabili che influenzano tali comportamenti? Distinguiamo: fattori interni, fattori esterni e processo decisionale. Queste variabili sono facilmente ricollegabili ai tre aspetti che assume il consumatore secondo la teoria cognitivista. Egli viene, infatti, visto come individuo, come decisore e come elemento dell’ambiente. I principali fattori che determinano il comportamento del consumatore sono i seguenti: Fattori culturali: Cultura; Subcultura; Classe sociale. Fattori sociali: Gruppi di riferimento; Famiglia; Ruolo e status. Fattori personali: Età e stato del ciclo di vita; Occupazione e condizioni economiche; Stile di vita; Personalità e concetto di se. Fattori psicologici: Motivazione; Percezione; Apprendimento; Credenze e abitudini. Questi fattori possono anche essere suddivisi come: fattori esterni e fattori interni. I fattori interni sono quelli che influiscono sul “come” il consumatore procede nel suo processo decisionale per quanto riguarda beni e servizi. Tali fattori hanno una grande influenza sul 29 processo decisionale; il consumatore, infatti, subisce gli stimoli esterni che però non influiscono direttamente sul suo comportamento, ma vengono modificati dai fattori interni come ad esempio la personalità, l’apprendimento, l’atteggiamento o le motivazioni. I principali fattori esterni che intervengono nell’influenzare il comportamento del consumatore sono elementi economici, tecnologici, politici e culturali (demografici, situazione, cultura, classe sociale, gruppo sociale di riferimento e famiglia); e, insieme a questi, gli elementi che fanno parte del marketing mix (prodotto, prezzo, punto vendita, promozione). Infine, i principali stimoli interni sono quelli legati alle caratteristiche del consumatore (personalità e concetto di sé, motivazione e coinvolgimento, processo informativo, apprendimento ed infine atteggiamento). Il processo decisionale è il “mezzo” che il consumatore adotta per effettuare la scelta di un bene o di un servizio, e si conclude con l’atto di acquisto. Riassumendo il modello di analisi per conoscere il comportamento del consumatore è, dunque, il modello “stimolo-risposta”: Stimoli esterni Marketing (mix) Prodotto Prezzo Punto vendita Promozione Scatola nera dell’acquirente Reazioni dell’acquirente Processo di decisione dell’acquirente Scelta del prodotto Scelta della marca Scelta del rivenditore Tempo di acquisto Ammontare dell’acquisto Altri (principali) Economici Tecnologici Politici Culturali Caratteristiche dell’acquirente Mentre i fattori fondamentali che determinano il comportamento del consumatore sono numerosi, compresi nel seguente schema di massima: Fattori culturali Cultura Subcultura Classe sociale Fattori sociali Gruppi di riferimento Famiglia Ruolo e status Fattori personali Età e stato del ciclo di vita Occupazione Condizioni economiche Stile di vita Personalità e concetto di se stessi 30 Fattori psicologici Motivazione Percezione Apprendimento Credenze e abitudini (opinioni ed atteggiamenti) 3.2.1 Fattori culturali Cultura In un’ottica di comportamento del consumatore, la cultura viene definita come l’insieme delle convinzioni, dei valori e dei costumi che servono a dare una guida al comportamento dei consumatori come membri di una particolare società. Infatti, oltre ad influire sulla natura e sull’intensità dei bisogni che si manifestano, la cultura influisce anche sul modo in cui tali bisogni vengono soddisfatti. Diversamente dalle caratteristiche biologiche la cultura non è né innata né istintiva, ma è una caratteristica appresa dagli individui fin da piccoli tramite i contatti con il contesto sociale in cui sono inseriti.2 Una volta appresa la cultura non resta inalterata ma si evolve continuamente, movendo da vecchie idee verso nuove idee ed integrando le une con le altre, come in un sistema dinamico. Per acquisire una cultura comune i membri di una società devono comunicare fra loro con un linguaggio comune, senza il quale non può esistere la condivisione della cultura stessa. I confini dettati dalla cultura a proposito dei vari tipi di comportamenti, leciti o illeciti, sono le norme di una società; la violazione di una norma fa incorrere in una penalità, tuttavia in genere gli individui tendono ad obbedire alle norme dettategli dalla loro cultura senza rifletterci sopra, semplicemente perché in quanto membri di una data società con una data cultura, qualsiasi altro modo gli sembrerebbe innaturale. La cultura è, anche, il complesso di simboli e realizzazioni prodotte da una determinata società. I simboli si suddividono in intangibili (abitudini, convinzione, valori, linguaggi, religioni) e tangibili (strumenti, abitazioni, prodotti, …). I cambiamenti più significativi della cultura implicano il marketing (qualità della vita, mutamenti del ruolo della donna, del modo di vivere, nel lavoro e nel divertimento, time-saving, acquisti d’impulso e desideri di comodità). Subcultura Può riguardare un gruppo di individui all’interno di una società e si distingue per comuni significati culturali. Rappresenta, cioè, un segmento all’interno di una più larga e complessa società multiculturale. In genere, per distinguere i vari segmenti subculturali si utilizzano la religione, il sesso, l’età ed anche l’identità etnica o razziale. Quest’ultima forma di distinzione, oggi nelle società multietniche, assume un’importanza sempre più rilevante; infatti, anche nel nostro paese, 2 Perché una particolare convinzione o un valore possano essere considerati delle caratteristiche culturali è necessario che siano condivisi da una significativa porzione della società; infatti, la cultura può anche essere vista come un fenomeno di gruppo, dove l’unità più piccola è costituita dalla famiglia, che è il nucleo di partenza da cui vengono trasmessi ad un nuovo membro della società i valori, le convinzioni e tutto ciò che forma la cultura di quella data società. 31 con il crescente fenomeno dell’immigrazione, si cominciano a sentire gli effetti, dal punto di vista sociale, dell’accostamento di diverse subculture legate all’etnia. Questi fattori contribuiscono a definire gusti, preferenze, tendenze, valori, modi di vivere, stili e atteggiamenti, modi di vestire, di divertirsi, aspirazioni, … Classe sociale In ogni società si distinguono più classi sociali, nelle quali vengono suddivisi gli individui appartenenti a quella data società. Per classe sociale si intende l’insieme di individui che occupano la stessa posizione in relazione ai rapporti di potere che sottostanno alla divisione sociale del lavoro e alle connesse disuguaglianze relazionali e distributive.3 Quindi la classe sociale è una forma di stratificazione della società in più gruppi omogenei di individui che si distinguono per modi di comportamento e per stile di vita; viene, in genere, utilizzata per misurare la situazione finanziaria degli individui. Le classi sociali sono divise secondo un ordine gerarchico e, generalmente, gli individui appartenenti ad una stessa classe mostrano comportamenti fra loro omogenei, con atteggiamenti, attività e interessi fra loro simili. Inoltre, gli individui tendono a scegliere nelle loro relazioni sociali soggetti appartenenti alla loro stessa classe. Infine, bisogna sottolineare il fatto che questo sistema di stratificazione sociale è un sistema aperto e dinamico poiché gli individui nel corso della loro vita possono avere l’opportunità di salire nella gerarchia delle classi sociali, o al contrario può anche accadere che per vari motivi regrediscano dalla loro posizione. Si distinguono in: ricchissimi, nuovi ricchi, professionisti, colletti bianchi, operai, meno abbienti. Nel 1986, in Italia della popolazione attiva totale: borghesia 3,3%, classi medie 46,4%, coltivatori diretti 7,6%, classe operaia 42,7% (Sylos Labini). Sono stratificazioni sociali presenti in tutte le società; sono suddivisioni relativamente omogenee e stabili, gerarchicamente ordinate i cui membri condividono valori, interessi, comportamenti e preferenze. Con il processo di terziarizzazione le percentuali delle categorie professionali si sono modificate. 3.2.2 Fattori sociali • Gruppo di riferimento Un gruppo può essere definito come l’insieme di due o più persone che interagiscono fra loro per realizzare un obiettivo individuale o comune. 3 P. Ceri et al. Manuale di sociologia, 1997 32 Fra questi gruppi, ve ne sono alcuni che possono diventare gruppi di riferimento. Con gruppo di riferimento si intende l’insieme di una o più persone che assumono importanza per l’individuo nella formazione di valori generali o specifici, nella formazione degli atteggiamenti e per la scelta del comportamento. Questo concetto serve per aiutare a capire l’impatto che le altre persone possono avere sulle convinzioni, gli atteggiamenti ed il comportamento di un individuo anche al momento del consumo. Si distinguono da un lato i gruppi primari o anche informali caratterizzati da una struttura libera senza ruoli definiti. A questa categoria appartengono gruppi come la famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro, ecc., per i quali i rapporti interpersonali si svolgono faccia a faccia, con una certa frequenza ed un certo livello di intimità; dall’altro lato ci sono invece i gruppi secondari, con rapporti fra i diversi membri impersonali e formali e con strutture definite (es. un presidente, un vicepresidente, ecc.). A questa seconda categoria appartengono i partiti politici, il circolo sportivo, le associazioni personali, ecc.. I gruppi di riferimento hanno fondamentalmente due tipi di funzione, una è quella normativa attraverso la quale influisce sui valori e sui comportamenti dell’individuo al pari della famiglia, tramite le relazioni sociali l’individuo si costruisce una serie di valori di base a partire dai quali affronta le sue scelte; l’altra funzione è quella comparativa, in base alla quale l’individuo si identifica con un gruppo che diventa allora fonte di riferimento e di imitazione. Ogni gruppo ha un opinion leader. • Famiglia La famiglia è l’elemento che più di ogni altro influisce sul comportamento dei suoi membri. La famiglia è sia un gruppo primario, caratterizzato da rapporti informali, sia un gruppo di riferimento, con i singoli membri che fanno riferimento ad alcuni valori, norme o atteggiamenti della famiglia nei loro comportamenti. Tradizionalmente la famiglia è definita come l’insieme di due o più persone che hanno legami di sangue, di matrimonio o di adozione e che risiedono insieme.4 Il nucleo familiare è la più grossa unità di consumo, e viene dunque trattato come un soggetto collettivo di acquisti e di consumi. Tuttavia, il processo decisionale all’interno della famiglia non può essere considerato unico ed omogeneo poiché non sempre partecipano tutti i suoi componenti e comunque ognuno di essi ha ruoli e scopi diversi. Peter e Olson hanno identificato sei ruoli fondamentali all’interno della famiglia: 4 Tuttavia, nella società moderna il concetto tradizionale di famiglia è stato messo in crisi con la comparsa di nuove forme di coabitazione (es. coppie non sposate), per cui è emersa la necessità di ampliare in qualche modo il concetto e lo si è fatto tramite il termine di nucleo familiare (houseold) che comprende la famiglia tradizionale e le nuove forme di famiglia. Pertanto, si definisce come nucleo familiare l’unità di abitazione effettivamente occupata a prescindere dalle relazioni che intercorrono fra i soggetti che vi risiedono. 33 Influenzatore, è colui che mette a disposizione degli altri componenti tutte le informazioni riguardanti un prodotto o un servizio; gatekeeper (portiere, guardiano), è colui che controlla il flusso delle informazioni all’interno della famiglia; decisore, è colui che ha il potere di decidere se effettuare o meno un acquisto; acquirente, è colui che effettua materialmente l’acquisto; utilizzatore, è colui che utilizza effettivamente il bene acquistato; eliminatore, è colui che si occupa dell’eliminazione fisica del prodotto una volta finito o delle confezioni dello stesso. Naturalmente, all’interno della famiglia una stessa persona si può ritrovare a ricoprire più ruoli contemporaneamente, per cui per capire a fondo le caratteristiche del processo di consumo di una famiglia, è necessario analizzarne la struttura e la divisione dei ruoli con specifico riferimento ad un determinato bene. • Ruolo E’ esercitato dall’individuo nell’appartenenza ai diversi gruppi della società (famiglia, club, organizzazione). Ruolo: di figlio, di marito, di manager, …. • Status E’ il livello e le caratteristiche di stima che, in genere, si accorda al ruolo nella società. Es. di status: il ruolo di prof. Universitario rappresenta uno status più elevato di quello di Prof. di scuola media superiore. Giudice corte suprema/ manager di impresa, …… 34 Cultura Subcultura Classe Sociale Istituzioni Gruppi di riferimento Famiglia Media Consumatore I condizionamenti dell’ambiente sociale (1996) 3.2.3 Fattori personali Età e ciclo di vita: beni e servizi acquistati mutano nel corso della vita: nell’alimentazione (es. prodotti dell’infanzia per bambini; prodotti vari per gli adulti; specialità dietetiche nella vecchiaia), nell’abbigliamento, nel tempo libero, ecc. Le caratterizzazioni dei consumi sono anche legate al ciclo di vita della famiglia; in funzione della situazione finanziaria si sono individuate 9 fasi di comportamento d’acquisto (schema). Nella popolazione età e ciclo della vita della famiglia individuano i tipi di mercato: - mercato dei neonati (meno di 5 anni) - mercato dei bambini (5-13 anni) - mercato degli adolescenti (teen agers 13-20 anni) - mercato dei giovani (20-39 anni) - mercato degli adulti (40-65 anni) - mercato degli anziani (oltre 65 anni) 35 Ciclo di vita della famiglia e comportamento d’acquisto Stadio del ciclo di vita I- Celibato: giovani sposati che vivono fuori casa Modelli di comportamento d’acquisto non II- Giovani coppie, senza figli III- Nido pieno 1: giovani con figlio minore di sei anni IV- Nido pieno 2: giovani con figlio superiore a sei anni V- Nido pieno 3: coppie mature con figli a carico VI- Nido vuoto 1: coppie mature senza figli Pochi mezzi a disposizione. Seguono il leader d’opinione nell’abbigliamento. Voglia di divertirsi. Situazione finanziaria migliore: massimo livello di acquisto di beni durevoli. Acquisti per casa al massimo livello; bassa disponibilità finanziaria, apprezzano prodotti reclamizzati, hanno interesse per le novità. Posizione economica migliore, alcune mogli lavorano. Meno influenzati dalla pubblicità. Acquistano confezioni maggiori e offerte speciali anche di alimenti. Posizione economica ancora migliore, molte mogli lavorano. Alti acquisti di beni durevoli; difficilmente influenzabili dalla pubblicità. Proprietà della casa (di norma), soddisfazione economica, interesse per viaggi; divertimenti; aggiornamenti; fanno doni e beneficenza, non interessati alle novità. Drastica riduzione delle entrate, tendenza a stare a casa. Acquistano prodotti per la salute, per il sonno , per la digestione. VII- Nido vuoto 2: coppie anziane senza figli e capofamiglia in pensione VIIISopravvissuti soli, Reddito ancora discreto. ancora in condizione di lavorare IX- Sopravissuti soli in Reddito drasticamente ridotto. Hanno pensione particolare bisogno d’attenzione, affetto, sicurezza. Esistono oggi due mercati in rapida crescita che riflettono i mutati stili di vita: 1. mercato delle persone che vivono sole (single), perché cresce il numero di donne che lavorano, le persone si sposano più tardi, tendenza a non vivere con parenti, crescente numero di separazioni e divorzi; 2. mercato dei conviventi (coppie non sposate che vivono insieme: 18-34 anni): sono più ricchi, più mutabili, meno convenzionali, danno importanza alla moda e all’aspetto estetico, attivi negli svaghi, più sensibili allo stato sociale. • Occupazione: i modelli di consumo sono influenzati dall’occupazione (es. operaio, professionista, dirigente d’azienda, ecc.) • Condizione economica: fa riferimento al reddito del consumatore ed alla sua distribuzione (livello, stabilità, andamento nel tempo). Si distingue: 36 -il reddito personale (totale): è l’insieme di tutti i proventi (salari, stipendi, dividendi, rendite varie, interessi, profitti d’attività professionali o economiche) al lordo di imposte. -il reddito disponibile: il primo meno imposte e tasse, che si destina agli acquisti (spese) ed al risparmio. -Il reddito discrezionale: il precedente meno le spese di prima necessità (generi alimentari essenziali, vestiario, affitto casa, interessi per debiti e mutui, assicurazione sulla vita, ecc.) Si distingue inoltre: - il reddito monetario, somme di denaro ricevute a diverso titolo; - il reddito reale, l’insieme di beni e servizi acquistati con il reddito monetario, cioè il potere di acquisto; - il reddito psichico, è intangibile ma molto importante nel determinare il comportamento del consumatore. In esso sono inclusi elementi come ambiente accogliente, clima confortevole, soddisfazione per il lavoro che si fa, ecc. La situazione economica di un individuo influenza in modo determinante le scelte di consumo. • Stile di vita Stile di vita (di una persona): è il modello secondo cui l’individuo si muove nel mondo e che si manifesta nell’insieme di attività, interessi, opinioni espressi e scelti dallo stesso. Oggi lo style of life (stile di vita) viene definito: il modo di vivere dell’individuo, come si esprime nelle attività d’acquisto e consumo e nell’importanza che attribuisce a determinati aspetti della propria esistenza (Harrell, 1986). È un ritratto dell’individuo e della sua interazione con l’ambiente. È un modello di interazione con il mondo. Le persone, pur provenendo dalla stessa subcultura, classe sociale o occupazione possono avere stili di vita differenti: tranquillo o di successo. La classificazione degli stili di vita è basata su misurazioni (variabili) di tipo psicologico. Nel prospetto che segue si indicano le dimensioni principali utilizzate per misurare le variabili AIO (Attività, Interessi, Opinioni) insieme con le variabili demografiche. La serie di tipologie di stili di vita omogenei si distinguono dalla combinazione delle variabili, ottenuta dalla elaborazione di questionari appositamente approntati, rilevati ed elaborati con computer. 37 Classificazione basata su variabili AIO (Attività, Interessi, Opinioni) e variabili demografiche Attività Interessi Opinioni Variabili demografiche -Lavoro -Hobby -Vita sociale -Vacanze -Divertimenti -Appartenenza ad associazioni -Impegni di comunità -Attività d’acquisto Sport -Famiglia -Abitazione -Lavoro -Comunità -Divertimenti -Moda -Alimentazione -Media usati -Fini perseguiti -Opinione di se -Interessi sociali -Politica -Affari -Economia -Istruzione -Prodotti -Futuro -Cultura -Età -Istruzione -Reddito -Occupazione -Dimensioni della famiglia -Abitazione -Area geografica di residenza -Grandezza del centro di residenza -Stadio nel ciclo di vita Altro tipo di classificazione è quella basata su variabili VALS (valori e stili di vita), basata sull’ipotesi che gli individui attraversano diversi stadi di sviluppo. VALS: ogni stadio di sviluppo influenza atteggiamenti e bisogni psicologici. Il modello di classificazione VALS (Values and Lifestyles) della SRI Consulting, classifica le persone in base la modo di investire il proprio tempo e denaro e divide i consumatori in otto gruppi secondo due dimensioni principali: la motivazione primaria e le risorse disponibili. Nella motivazione primaria rientrano gli ideali di un individuo, l’autorealizzazione e l’espressione di se. I consumatori motivati principalmente da ideali sono guidati da conoscenza e principi; i consumatori guidati principalmente dall’autorealizzazione invece ricercano prodotti e servizi che esprimano successo agli occhi dei loro pari; infine, i consumatori motivati prevalentemente dall’espressione di se aspirano ad attività sociale o fisica, alla varietà e al rischio. Ciascuna tipologia di soggetti è ulteriormente divisa in base alle risorse di cui dispongono, ossia in base al livello di reddito, istruzione, ricchezza, sicurezza di se, energia ed altri fattori. I consumatori con un livello di risorse molto elevato o molto basso rientrano in una categoria unica, rispettivamente quella degli Innovatori e dei Sopravvissuti indipendentemente dalle motivazioni primarie. Gli innovatori sono consumatori che dispongono di un’abbondanza di risorse tale da racchiudere tutte le motivazioni primarie, seppure in diversa misura. Per contro, i sopravvissuti possiedono risorse così limitate da non consentire alcuna motivazione primaria forte. Questa categoria deve concentrarsi sul soddisfacimento dei bisogni e non può permettersi la realizzazione dei desideri. 38 Classificazione degli Stili di vita VALS La classificazione basata su variabili VALS (Valori e Stili di Vita) sul mercato americano, con un questionario di oltre 800 domande, ha individuato sulla popolazione americana adulta i seguenti 9 gruppi, con relativo peso percentuale: 1. i sopravvissuti 4%, persone in situazioni svantaggiate (poveri); 2. gli emergenti 7%, persone in situazioni svantaggiate che vogliono con determinazione uscire dalla povertà; 3. i dipendenti 35%, persone convenzionali, conservatrici, nostalgiche, aliene da novità; 4. gli emulatori 10%, persone ambiziose, attenti ai problemi di status; 5. i realizzatori 21%, persone che operano come leader, innovatori, apprezzano i valori della vita; 6. gli individualisti 5%, persone giovani, piene di se e di fantasia; 39 7. gli sperimentatori 7%, persone con ricca vita interiore e vogliose di sperimentare direttamente ciò che la vita offre; 8. i socialmente impegnati 9%, persone con elevato senso di responsabilità e vogliono migliorare la società; 9. gli integrati 2%, persone mature a livello psicologico, in cui richieste individuali ed esigenze sociali sono perfettamente integrate. La classificazione si basa sulla ipotesi che gli individui attraversino stati di sviluppo, ognuno dei quali influenza atteggiamenti e bisogni psicologici. • Personalità e concetto di se stessi Personalità Fra tutti gli elementi che guidano e determinano il comportamento dei consumatori la personalità è uno di quelli che più influenza le decisioni dell’individuo. In generale possiamo definire come personalità: l’insieme delle caratteristiche psicologiche interne che determinano e riflettono come un individuo risponda all’ambiente circostante. Ogni individuo possiede caratteristiche interne che differiscono a loro volta da persona a persona. Infatti, la combinazione di tali caratteristiche è unica per ogni individuo per cui è impossibile trovare due persone con la stessa identica personalità ma potremo invece trovare due o più persone con personalità simili, cioè esistono alcuni individui che hanno in comune dei tratti della loro personalità ed è proprio quest’aspetto che viene utilizzato nello studio del comportamento del consumatore per suddividere i consumatori in gruppi a seconda della categoria di appartenenza. La personalità è una caratteristica dell’individuo stabile e duratura che non può essere cambiata con delle strategie di marketing, al massimo è possibile studiare quali fra le sue caratteristiche possano determinare un certo comportamento di consumo e tramite le strategie di marketing evidenziare quegli aspetti del prodotto che soddisfino le caratteristiche studiate. Per uno stesso individuo la personalità non rimane immutata nel tempo ma cambia in concomitanza con tutti quegli eventi della vita che determinano la “crescita” della persona, il suo processo di maturazione. Le principali teorie che si occupano della personalità sono quella psicoanalitica (Freud), quella sociale (style of life) e la teoria dei tratti5, le prime due tendono a spiegare la personalità 5 La teoria dei tratti può essere considerata come un importante punto di partenza nello studio della personalità per poi approdare alle teorie sopra descritte, infatti mentre la teoria psicoanalitica e quella sociale affrontano il problema da un punto di vista qualitativo, la teoria dei tratti lo affronta da un punto di vista quantitativo poiché lo studio della personalità viene fatto misurando determinate caratteristiche psicologiche interne degli individui. Secondo la teoria dei tratti gli individui in una stessa situazione si comportano diversamente a seconda della combinazione di “tratti” in essi presente. Tale teoria non cerca di fornire un 40 studiandone lo sviluppo al di là della vita dell’individuo, mentre l’ultima pone l’attenzione sulle caratteristiche psicologiche e fisiche correnti dell’individuo per spiegarne quindi la personalità. Questi differenti approcci vengono comunque considerati complementari poiché insieme sono in grado di dare una visione completa della personalità. Mentre le prime due teorie studiano lo sviluppo della personalità al di là della vita dell’individuo, la teoria dei tratti pone l’attenzione sulle caratteristiche psicologiche e fisiche correnti dell’individuo per spiegarne la personalità, cioè gli individui in una stessa situazione si comportano in modo diverso asseconda della combinazione di “tratti” in essi presente. Tratti della personalità: autostima, dominanza, autonomia, deferenza, capacità di socializzare, capacità di difesa, adattabilità, …. Concetto di se Concetto di se: è vicino a quello della personalità, ma è l’immagine di se, cioè come si vede l’individuo stesso. Lo studio del concetto di sé può essere considerato come una parte della personalità o come una branca a sé stante. Molte teorie della personalità focalizzano l’attenzione sulla valutazione di quello che siamo mentre il “concetto di sé” fornisce una visione molto più soggettiva della persona. Il “concetto di sé” può essere definito come la percezione che una persona ha di se stesso, sia dal punto di vista fisico che considerando altre caratteristiche come la forza, l’onestà o in relazione con le altre persone. Ad un osservatore esterno, a volte, il comportamento di un individuo può sembrare irrazionale ed immotivato, ma non è più così se invece si conosce il punto di vista personale dell’individuo. Infatti, ognuno di noi ha una specifica immagine di sé stesso che spesso influisce sui comportamenti di consumo molto di più di quanto non faccia, a volte, la personalità stessa. Infatti, dal concetto di sé dipende l’opinione dell’individuo sui prodotti o servizi presenti sul mercato poiché egli li valuta in base all’immagine che ha di sé stesso, questi verranno valutati positivamente se l’immagine che danno risulta coincidere con quella che il consumatore ha di sé e che vuole comunicare agli altri, altrimenti la valutazione sarà negativa ed il prodotto verrà considerato inaccettabile. A volte però, può capitare che il consumatore valuti alcuni beni e servizi positivamente non perché coincidano con il loro concetto di sé, ma perché rappresentano piuttosto l’immagine che di sé l’individuo vorrebbe dare all’esterno. Per molto tempo si è pensato che il consumatore avesse un “singolo sé stesso” e che cercasse prodotti e servizi per soddisfare questo “singolo se stesso”, tuttavia ci si è resi conto che l’immagine che il consumatore ha di sé stesso cambia a seconda delle persone con cui interagisce ed a seconda delle situazioni, tanto da poter considerare che egli pensa a sé stesso come ad una singolo modello per ogni tipo di personalità, ma fornisce delle informazioni riguardo ad un certo numero di tratti della personalità che combinati fra loro costituiscono la personalità dell’individuo. 41 “molteplicità di sé stesso”. Tutto ciò acquista importanza nella teoria del consumer behaviour poiché se si pensa al consumatore come ad un individuo che ha una molteplicità di immagini di sé stesso allora si possono immettere sul mercato determinati prodotti e servizi all’interno del contesto di un data immagine di sé. Si può dire che il “sé stesso” abbia due componenti generali, quella pubblica e quella privata. La prima è il modo in cui gli altri ci percepiscono, la seconda è il modo in cui noi percepiamo noi stessi. La componente privata del concetto di sé può essere suddivisa in cinque parti: - sé reale: corrisponde al modo in cui il consumatore vede sé stesso; - sé ideale: corrisponde al modo in cui il consumatore vorrebbe apparire agli altri, l’immagine di sé che vorrebbe dare agli altri; - sé sociale: corrisponde all’immagine di noi stessi che pensiamo abbiano gli altri; - sé sociale ideale: corrisponde all’immagine di noi che vorremmo che gli altri percepissero; - sé espressivo: il sé ideale o sociale, a seconda delle situazioni o dei fattori sociali che intervengono. In diversi contesti, il consumatore può essere condizionato da diverse immagini di sé nei suoi comportamenti. Quindi, lo studio del concetto di sé, così come quello della personalità, rappresenta un elemento importante nello studio e nella comprensione del comportamento del consumatore. Immagine percepita del prodotto Concetto di sé Comparazione Prodotto Prodotto scelto scartato La scelta del prodotto secondo il concetto di se 42 3.2.4 I fattori psicologici • Motivazione Motivazione : l’individuo ha molteplicità di bisogni: - d’origine biologica, che nascono da stati di tensione fisiologica (fame, sete, disagi) - d’origine psicologica, che nascono da stati di tensione psichica (bisogno di riconoscimento, di stima, d’appartenenza). Il bisogno diventa motivo quando ha raggiunto un certo livello d’intensità (tensione), e spinge l’individuo al soddisfacimento del bisogno stesso. Le teorie più popolari delle motivazioni sono tre, di: Sigmund Freud, Abraham Maslow, Frederick Herzberg, che naturalmente non trattiamo. La conoscenza delle motivazioni che stanno alla base delle scelte dell’individuo è molto importante per i ricercatori che vogliono capire e prevedere il comportamento umano di fronte all’acquisto. Infatti, secondo gli psicologi e gli studiosi del comportamento del consumatore la maggior parte delle persone possiede gli stessi bisogni e motivazioni che però vengono espressi in maniera diversa. La motivazione è alla base del consumo, è la forza che guida il consumo, ne è la ragione. Può essere definita come la forza che attiva il consumo e fornisce lo scopo e la direzione per questo consumo. Questa forza ha origine da uno stato di tensione (conscio o inconscio) interno all’individuo che è il risultato di un bisogno insoddisfatto, l’individuo allora tende a ridurre la tensione che avverte mettendo in pratica un processo decisionale fino ad arrivare al consumo.6 La motivazione è la forza che guida il consumo, ne è la ragione. Può essere scomposta in due componenti: da un lato l’energia che genera tensione per la spinta al comportamento, in questa energia si possono riconoscere i bisogni insoddisfatti; e dall’altro lato una forza che fornisce la direzione al consumo (il motivo) che viene appunto orientato verso precisi obiettivi. In pratica, la motivazione ha origine dal bisogno ma ad esso aggiunge dei nuovi elementi quali lo stato fisico o emotivo, l’intensità del bisogno, la situazione dell’ambiente circostante, ecc.. Attraverso essa l’individuo cerca di trovare la giusta spinta per realizzare i propri obiettivi che normalmente si trovano nell’ambiente circostante. Uno stesso bisogno può essere soddisfatto in diversi modi, cioè possono intervenire diverse motivazioni a spingere l’individuo ad agire per la soddisfazione di quel bisogno. Quando ciò 6 La motivazione può, quindi, essere scomposta in due componenti: da un lato l’energia che genera tensione per la spinta al comportamento, in questa energia si possono riconoscere i bisogni insoddisfatti; e dall’altro lato una forza che fornisce la direzione al consumo (il motivo) che viene appunto orientato verso precisi obiettivi. 43 avviene non è raro che sorga un conflitto motivazionale, il consumatore è spinto ad agire in direzioni contrastanti e questo fa sorgere in lui un senso di frustrazione che fa perdere di efficacia al processo decisionale. Il conflitto motivazionale può essere di tre tipi: positivo-positivo: si ha quando il consumatore si trova a dover scegliere fra due alternative egualmente attrattive. Ad esempio quando ci si trova a scegliere fra due diversi tipi di vacanza. L’indecisione di solito è temporanea, difficilmente se ne presentano di permanenti, poiché possono facilmente intervenire nuovi elementi (una promozione, una informazione più approfondita, …) che aiutano a superare l’indecisione; negativo-negativo: si ha quando il consumatore si trova costretto a scegliere fra due alternative entrambe negative. Ad esempio quando non trovando il prodotto della marca preferita il consumatore si vede costretto a scegliere fra l’acquisto di un’altra marca da lui considerata inferiore ed il rimandare l’acquisto. In questo caso la frustrazione è dovuta al fatto che il consumatore non sente soddisfatto il proprio bisogno; positivo-negativo: si ha quando il consumatore nell’acquisto di un particolare prodotto si trova di fronte ad entrambe le conseguenze (positiva e negativa). E’, ad esempio, il caso di un consumatore a cui piace la birra ma che si trova in regime dietetico; oppure l’acquisto di un’automobile di una marca importante presenta limitazioni per questioni di prezzo. Come conseguenza alla possibilità dell’insorgenza di conflitti motivazionali gli studiosi di marketing tendono ad elaborare strategie tali da incoraggiare il consumatore nel prendere la decisione. Nonostante tutti gli studi effettuati sulle motivazioni oggi l’attenzione è stata spostata maggiormente ad altri aspetti del processo cognitivo proprio per la difficoltà che si incontra nel condizionare alcuni tipi di motivazioni la cui conoscenza, di conseguenza, non può essere sfruttata dalle strategie di marketing. • Coinvolgimento Il coinvolgimento consiste nell’importanza che il consumatore attribuisce ad un prodotto. Di fronte ai diversi tipi di prodotti i consumatori mostrano in genere un differente interesse. Il coinvolgimento incorpora il grado di spinta e la direzione dell’influenza. Quanto più “coinvolto” si senta il consumatore dal prodotto o dalla situazione verso cui è diretta la spinta, tanto più elevata è la forza (motivazione) che genera tale spinta. Numerose variabili o condizioni possono influenzare il coinvolgimento: gli antecedenti: sono considerati come l’esperienza che diventa una fonte di coinvolgimento e dell’intensità dello stesso; la persona: intesa nel suo insieme con i bisogni, i valori, gli interessi e le esperienze; stimolo/oggetto: i prodotti o gli stimoli che il consumatore percepisce possono essere strettamente correlati con i suoi bisogni, valori o interessi e per questo possono determinare un alto livello di coinvolgimento. 44 situazione: il tipo di situazione di consumo può influenzare il grado di coinvolgimento. • Percezione (influenza la modalità di azione dell’individuo): è il processo attraverso il quale un individuo seleziona, organizza e interpreta le informazioni per ottenere una visione del mondo dotata di senso. • Apprendimento: descrive i mutamenti che l’esperienza provoca nel comportamento dell’individuo. La massima parte del comportamento umano è appresa. L’apprendimento è uno dei passaggi più importanti nello studio del comportamento del consumatore, è un processo in continua evoluzione e cambiamento come risultato delle conoscenze acquisite o grazie a nuove esperienze. In questo modo la nuova conoscenza formatasi serve da base di partenza per comportamenti futuri in situazioni simili. Il ruolo dell’esperienza è fondamentale ma questo non significa che tutte le forme di apprendimento siano intenzionali, risultato di un’attenta ricerca di informazioni, ma una buona parte di esse sono acquisite casualmente o con poco sforzo. In genere si parla di apprendimento diretto da parte dei consumatori, legato cioè all’esperienza diretta e personale degli individui, ma esiste anche una forma di apprendimento indiretto basata sull’osservazione ed in un certo senso sull’imitazione degli altri. In quest’ultimo caso lo spunto per il cambiamento viene dall’osservazione di modelli come gli amici, i colleghi o anche i personaggi dello spettacolo che il consumatore può decidere di imitare. • Credenze e abitudini: Rappresentano le opinioni e gli atteggiamenti. Opinioni ed atteggiamenti: si acquisiscono attraverso l’azione e l’apprendimento, ed influenzano il comportamento di acquisto. a) Opinione: è il pensiero che una persona ha in mente su qualcosa. b) Atteggiamento: è una valutazione cognitiva durevole, favorevole o sfavorevole, delle sensazioni emotive e delle tendenze all’azione su un oggetto o su un’idea (religione, politica, abbigliamento, musica, alimentazione, ecc.) Quando si parla di atteggiamento, in termini di marketing, non si fa certamente riferimento al modo di proporsi o di atteggiarsi nella vita, quanto piuttosto alla disposizione di una persona nei confronti di un oggetto. Più esattamente, in un contesto di comportamento del consumatore un atteggiamento è una disposizione, basata sull’esperienza, a comportarsi in un modo coerentemente positivo o negativo in rapporto ad un determinato oggetto. 45 • Memoria La memoria è la parte dell’individuo in cui viene immagazzinata tutta l’esperienza acquisita nel tempo e rimangono lì pronte ad essere riprese ed utilizzate per nuove scelte d’acquisto e di consumo. Ripetizione di mantenimento Informazioni Memoria Memoria sensoriale a breve termine Memoria Ripetizione elaborativa Inform azioni dimenticate 46 a lungo termine 3.3 Il processo di acquisto Riepilogando il comportamento del consumatore è determinato da: Fattori (forze) sociali e culturali (cultura, subcultura, classe sociale; gruppi di riferimento, famiglia, ruolo e status) Fattori (forze) personali e psicologici (età e stadio del ciclo di vita, occupazione, condizioni economiche, stile di vita, personalità e concetto di se stessi; motivazioni, percezione, apprendimento, credenze ed abitudini (opinioni ed atteggiamenti) che portano alla Formazione della percezione (selezione, organizzazione, interpretazione delle informazioni per ottenere una visione del mondo dotata di senso) che influenza Comportamento d’acquisto del consumatore nel Processo decisionale d’acquisto 47 Processo decisionale L’ultimo passaggio nella conoscenza del comportamento del consumatore è la comprensione del processo decisionale. Quotidianamente gli individui si ritrovano a prendere delle decisioni per l’acquisto di vari prodotti; per l’analisi del processo decisionale la letteratura ha, generalmente, affrontato il tema considerando il consumatore come un individuo razionale che raccoglie le informazioni per poi fare la sua scelta fra le diverse alternative secondo l’approccio del problem solving, il più utilizzato in questo studio, inteso come una sequenza coerente e consapevole di azioni volte a risolvere la tensione indotta dalla mancata soddisfazione di un bisogno. Secondo il concetto del problem solving il consumatore, tramite l’apprendimento, riesce a passare da decisioni più complesse, che richiedono molto tempo e l’influenza di numerosi fattori, a decisioni più semplici e rapide. Le decisioni del consumatore sono, in genere, influenzate dal suo grado di coinvolgimento nei confronti del prodotto, dall’esperienza accumulata (a cui è legata la frequenza d’acquisto), dal rischio percepito nell’acquisto del prodotto e dal valore unitario del bene (più elevato è il prezzo maggiore sarà il tempo impiegato per la presa di decisione). Tuttavia, non tutti gli acquisti sono frutto di un processo razionale, ma una parte di essi è frutto delle emozioni, delle sensazioni e delle immagini che i vari prodotti riescono ad evocare: è questo il caso in cui il consumatore cerca la varietà anche all’interno di una data classe di prodotto, quello degli acquisti d’impulso o anche quello degli acquisti abituali, già frutto di esperienza. Il problema della scelta si presenta quando il consumatore percepisce uno stato di insoddisfazione dovuto al fatto che un obiettivo non è stato raggiunto, in seguito al quale l’individuo decide quale comportamento adottare per superarlo, cioè per risolvere il problema. Il processo decisionale viene, dunque, visto come un processo di risoluzione dei problemi orientato in termini di obiettivi e viene suddiviso in cinque fasi, fra le quali le ultime due vengono, generalmente, trattate insieme: • Percezione del problema; • Ricerca delle informazioni; • Valutazione e scelta delle alternative; • Esperienza di consumo; • Comportamento post-acquisto. 1. Percezione del problema: Quello della ricognizione del problema è il primo stadio del processo decisionale e consiste nella percezione, da parte del consumatore, di una differenza fra lo stato attuale e quello desiderato ed è generata da cambiamenti nello stato attuale e/o in quello desiderato; la sola percezione di una discrepanza basta per attivare il processo decisionale. Tuttavia, condizione necessaria perché il processo decisionale venga attivato è che tale differenza percepita sia di una entità rilevante e che il problema stesso sia percepito di una certa importanza. La differenza può essere frutto di un grande numero di fattori che intervengono ad influenzare il 48 consumatore, spesso questi possono anche essere provocati dalle azioni di marketing delle stesse aziende che vogliono vendere i propri prodotti. Per quanto riguarda lo stato attuale, le principali cause di cambiamento sono: l’esaurimento o l’inadeguatezza delle scorte di beni; più tecnicamente definito come insufficienza di assortimento, è la situazione che si presenta più comunemente. E’ legato al fatto che per effetto del consumo le scorte disponibili di beni si vanno esaurendo e devono essere ricostituite perché l’individuo possa soddisfare i propri bisogni, è questo il caso dei beni alimentari; l’insoddisfazione causata dai prodotti posseduti. E’ legato al fatto che alcuni beni già posseduti dal consumatore risultino insufficienti per la soddisfazione di un bisogno, per cui questo conduce alla ricognizione del problema; il cambiamento della situazione finanziaria. E’ legato al fatto che un cambiamento in positivo o in negativo della situazione economica del consumatore può fare insorgere in lui nuovi problemi. Per quanto riguarda, invece, lo stato desiderato, le principali cause di cambiamento sono: il cambiamento nei bisogni e nei desideri. E’ legato a cambiamenti nella vita degli individui che possono comportare anche cambiamenti nello stato desiderato; i gruppi di riferimento. Sono anch’essi causa di un cambiamento nello stato desiderato poiché l’individuo può desiderare di mutare il proprio stato quando riceve segnali di cambiamento dai propri gruppi di riferimento; la disponibilità di nuove informazioni. Questa non sempre causa il cambiamento dello stato desiderato ma rende il consumatore più consapevole dell’esistenza di nuove alternative di scelta per la soddisfazione dei bisogni esistenti; l’esistenza o l’acquisto di nuovi prodotti. Talvolta il consumatore può semplicemente desiderare di provare un nuovo prodotto, o anche l’acquisto di un nuovo prodotto può generare il desiderio di acquistare gli accessori legati a questo. A cavallo fra il cambiamento dello stato attuale e di quello desiderato si ritrovano le azioni di marketing, ma anche i cambiamenti nello stato della famiglia (es. matrimonio, nascita di figli …). 2. La ricerca delle informazioni comprende un’attività sia fisica che mentale da parte del consumatore, il quale spende tempo, energia ed anche denaro nello svolgimento di questa ricerca. Inoltre, l’attività di ricerca può essere pre-acquisto, è quella normalmente associata alla decisione di acquisto, o continuativa, che non è direttamente correlata con un bisogno o una decisione ma viene effettuata dal consumatore semplicemente perché è interessato ad una determinato tipo di prodotto. In questo contesto l’attenzione sarà rivolta alla sola ricerca preacquisto. La ricerca è volta essenzialmente a trovare le informazioni relative ai criteri di 49 valutazione appropriati così da poter individuare le caratteristiche che il bene dovrebbe possedere, le alternative disponibili ed, infine, le informazioni riguardanti le caratteristiche di ogni alternativa. L’attività di ricerca può essere interna o esterna. La prima si attiva immediatamente dopo la ricognizione del problema ed è un processo mentale attraverso il quale si recuperano dalla memoria a lungo termine tutte le informazioni relative al processo decisionale appena attivato. L’attività di ricerca interna, in effetti, è semplicemente un primo gradino prima di attivare la più esaustiva ricerca esterna. L’attività di ricerca esterna non è altro che l’acquisizione di ulteriori informazioni dall’ambiente, in aggiunta a quelle recuperate dalla memoria. Le fonti d’informazione alle quali il consumatore può attingere durante il processo di ricerca esterna sono: informazioni ottenute tramite i contatti interpersonali, sono quelle fornite dagli amici e dai conoscenti; informazioni fornite dal produttore (marketer-generated information), sono quelle acquisite tramite brochure, pubblicità, etichette informative presenti sui prodotti o anche articoli; informazioni fornite dal rivenditore, sono generalmente indicazioni e consigli dati dal personale di vendita; informazioni ottenute tramite esperienza diretta, sono quelle conseguite con l’ispezione o la prova del prodotto; informazioni fornite da organizzazioni indipendenti, sono quelle diffuse solitamente da agenzie specializzate o fonti pubbliche, riviste (Altroconsumo, Gambero Rosso, …) o anche programmi televisivi e radiofonici. 3. Valutazione e scelta delle alternative: Al terzo gradino del processo decisionale del consumatore, quindi, ritroviamo la valutazione o giudizio delle alternative e la selezione o scelta di una di esse. In generale, gli economisti affrontano il problema della comprensione del processo di valutazione del consumatore secondo la prospettiva dell’economia classica, cioè considerano il consumatore come un individuo razionale che si aspetta di poter massimizzare la propria utilità tramite le proprie scelte, mentre fra tutte le alternative il consumatore spesso si trova a scegliere non quella ideale, ma quella che ottimizza la propria scelta. Nelle molteplici situazioni in cui il consumatore si ritrova a dover esprimere un giudizio può: o seguire precise e complesse procedure di soluzione che lo portano alla risposta corretta (approccio algoritmico), oppure seguire proprie logiche decisionali per raggiungere la risposta ottimale (approccio euristico). Solitamente, gli individui per una questione di semplicità tendono ad utilizzare l’approccio euristico. I criteri di valutazione sono le varie caratteristiche o attributi di un prodotto che un consumatore guarda per avere la risposta ad un particolare problema (es. prezzo, marca, garanzia, 50 …). Infatti, i consumatori utilizzano gli attributi di ogni alternativa ed i benefici associati ad ogni attributo come criteri di valutazione fra le varie alternative di prodotti. I criteri di valutazione possono differire per tipo, numero ed importanza; possono essere oggettivi (es. il consumo di benzina in una macchina) o soggettivi (es. la percezione di un particolare status, associata al possesso di una certa macchina), naturalmente, ogni consumatore possiede il proprio set di criteri di valutazione per ogni particolare decisione. Il numero di criteri utilizzati dal consumatore di volta in volta dipende dal prodotto, dal consumatore stesso e dalla situazione; nel caso di un prodotto di uso comune (es. dentifricio) il numero di criteri di valutazione utilizzato è basso, viceversa per prodotti più importanti. Si distinguono, infine, criteri di valutazione salienti, cioè importanti, da quelli determinanti i quali sono talmente importanti per il consumatore da essere percepiti come una differenza significativa fra le diverse alternative. Una volta che il consumatore ha espresso la propria valutazione sugli attributi rilevanti di varie alternative si ritrova a dover effettuare una scelta. Questa può avvenire o secondo l’approccio classico, quando il consumatore sceglie l’alternativa che gli permette di massimizzare la sua utilità, oppure secondo l’approccio descrittivo, per il quale il consumatore utilizza pratiche decisionali di diversa natura e spesso strettamente legate alle caratteristiche del contesto in cui viene collocata la scelta. In realtà, il consumatore si comporta a volte seguendo la teoria classica, a volte utilizzando regole che egli stesso si è costruito ed ha conservato in memoria, regole che non gli permettono di ottimizzare la sua situazione, ma che sono al contempo più flessibili e semplici da applicare (es. regola della preferenza della marca). 4. Esperienza di consumo e comportamento post-acquisto: acquisto e valutazione del prodotto: soddisfazione (riacquisto), insoddisfazione (reclamo, non ritorno all’acquisto). Una volta scelti il negozio e la marca del prodotto, il consumatore può completare l’operazione attraverso l’acquisto dello stesso. In questo contesto, l’attenzione degli studiosi è stata in particolare rivolta all’entità, alla frequenza ed alla varietà d’uso del prodotto. L’entità di consumo sembra essere influenzata dalla quantità di prodotto a disposizione del consumatore oltre che dalla dimensione stessa della confezione. La frequenza di consumo è riferita al tempo d’uso (quanto spesso viene usato) del prodotto, mentre la varietà d’uso è riferita al numero di situazioni diverse in cui il prodotto viene utilizzato. La frequenza dipende dalle esigenze del consumatore, la varietà dipende dalle caratteristiche del prodotto. Il prodotto, in genere, viene scelto perché considerato la migliore alternativa fra tutte quelle disponibili. Il consumatore sceglie, quindi, un determinato prodotto perché pensa che sia quello che possa assicurare le migliori performance. In questo modo le aspettative che il consumatore ha verso il prodotto, le quali possono essere sia basse che alte, possono influenzare enormemente il livello di 51 percezione delle performance stesse; di solito si tende, comunque, a percepire le performance del prodotto in linea con le aspettative che erano state precedentemente poste su di esso. Ma queste aspettative come si formano e da cosa sono influenzate? Innanzi tutto si formano quotidianamente e sono influenzate sia da fattori esterni che da fattori interni. Fra i primi ricadono le caratteristiche del prodotto (prezzo, marca, punto vendita, …), le promozioni e le informazioni ricevute; fra i secondi, invece, ricadono le esperienze precedenti del consumatore e le informazioni già presenti nella sua memoria. Tuttavia, è solo dopo l’uso che il consumatore si può rendere conto se effettivamente le performance del prodotto rispecchiano le sue aspettative; in caso positivo, l’uso genererà un sentimento di soddisfazione o in caso contrario di insoddisfazione. La soddisfazione, nella valutazione del comportamento post-acquisto del consumatore, è un elemento importante ed è definita come uno stato di benessere in una situazione d’acquisto per il sacrificio affrontato o più semplicemente come uno stato di appagamento del consumatore (Oliver, 1997). La soddisfazione, naturalmente, induce a ripetere l’acquisto del prodotto. L’insoddisfazione nelle aspettative durante l’esperienza d’acquisto è, in genere, alla base dei comportamenti di reclamo. In questo caso la risposta del consumatore può essere di tre tipi: risposta vocale, risposta nei confronti di terzi e risposta privata. Nel caso della risposta vocale, il consumatore esprime il proprio disappunto ed è diretta ad altri soggetti o istituzioni direttamente coinvolte nello scambio. La risposta nei confronti di terzi comprende anch’essa soggetti esterni ma non direttamente coinvolti nello scambio (riviste, istituzioni pubbliche a difesa del consumatore, …). La risposta privata è invece rivolta a soggetti non direttamente coinvolti nello scambio ma vicini al consumatore (amici, familiari, …), i quali a loro volta possono essere influenzati dal parere negativo espresso dal consumatore stesso (Fig.). Insoddisfazione Risposta vocale Risposta verso terzi Risposta privata Comportamento in caso di insoddisfazione 52 Alla valutazione post-acquisto, per completare tutte le tappe del processo decisionale, segue l’eliminazione del prodotto; infatti, il consumatore dopo avere utilizzato il prodotto può tenerlo, cederlo temporaneamente o cederlo definitivamente. La scelta del metodo di eliminazione del prodotto dipende oltre che dai fattori intrinseci dello stesso (stile, valore, durata, …), anche dalle caratteristiche psicologiche dell’individuo (personalità, atteggiamenti, classe sociale, …) ed, infine, dai fattori situazionali intrinseci al prodotto (urgenza, possibili usi, spazio disponibile per conservarlo, …). Dissonanza post-acquisto Acquisto Reclami del consumatore Valutazione Uso Riacquisto Eliminazione del prodotto Comportamento post-acquisto Riassumendo: Stadi del processo d’acquisto sono: 1) Percezione (individuazione) del problema: esistenza di un bisogno 2) Ricerca di informazione; le fonti: - personali (familiari, amici, vicini, conoscenti) - commerciali (pubblicità, venditori, negozianti, confezioni, esposizioni, punti vendita) - pubbliche (media, organizzazioni di consumatori) - empiriche (osservazione e prova del prodotto) 3) Valutazioni alternative, riguardanti: le caratteristiche del prodotto le opinioni sul prodotto le opinioni sulla marca 53 le opinioni sulla funzione di utilità 4) Decisione d’acquisto 3) 3) 4) attraverso il seguente schema: intenzione d’acquisto, che può essere influenzata da: attitudini (atteggiamenti) degli altri Decisione d’acquisto fattori imprevisti (rischio) (perché non si può essere assolutamente certi della scelta fatta) 5) Comportamento del dopo acquisto: le sensazioni (sperimentazioni) di soddisfazione o insoddisfazione avranno conseguenza sul comportamento successivo. Tipi di comportamento d’acquisto Le caratteristiche del processo di acquisto variano notevolmente a seconda del tipo di decisione che il consumatore assume; si possono indicare 4 tipi di comportamento d’acquisto rispetto alle differenze del prodotto ed al coinvolgimento nel comportamento. Coinvolgimento Basso Differenze fra prodotti Alto Comportamento complesso (bene costoso, acquisto di rado, Signifi significato importante per cative l’acquirente. Alto rischio) ,es. computer Comportamento volto alla riduzione della dissonanza (bene costoso, acquisto saltuario e Poche difficile) es. tappeto: acquisto deciso in base alla convenienza (prezzo), al tempo disponibile, alla localizzazione del negozio. Comportament o volto alla ricerca della varietà, es. biscotti Comportament o abituale, es. sale Nuovi prodotti: diffusione ed adozione La diffusione dell’innovazione è il processo mediante il quale l’innovazione è portata alla conoscenza del sistema sociale nel corso del tempo. 54 Un nuovo prodotto è un bene, un servizio o un’idea percepito da alcuni potenziali clienti come nuovo. Talvolta può essere sul mercato già da tempo ma ciò che interessa alle imprese è il modo in cui i consumatori vengono a conoscenza del prodotto per la prima volta e come decidono se adottarlo o meno. Per processo di adozione si intende il processo mentale attraverso il quale un individuo passa dalla conoscenza di un innovazione alla sua adozione finale e l’adozione è la decisione dell’individuo di diventare un utilizzatore del prodotto. Il processo di decisione che porta alla adozione passa attraverso 6 stadi. Stadio Attività Consapevo Il soggetto è esposto all’innovazione, diviene un cliente potenziale. lezza Interesse Valutazion Il cliente potenziale è interessato e cura l’informazione (saperne di più). Il cliente potenziale valuta i meriti del prodotto. e Prova Il soggetto adotta l’innovazione su base limitata (acquisto di un campione). Adozione Il cliente potenziale decide di adottare (ed adotta) l’innovazione su scala integrale. Conferma dopo l’adozione L’innovazione e adottata e l’utilizzatore cerca l’assicurazione di aver preso la giusta direzione. I soggetti partecipi al processo di adozione si distinguono nel modo seguente: 55 Caratteristiche dei consumatori che adottano l’adozione Adozione Subito Caratteristiche chiave (vantaggi relativi, compatibilità rispetto alle esigenze, complessità, collaudabilità, verifiche, osservabilità) Altre caratteristiche Età Istruzione Reddito Relazioni sociali Status sociale Fonti informative Innovatori, pionieri, adottanti d’avanguardia, prudenti. più giovani ben istruiti più elevato innovatori: cosmopolite altri soggetti: ampie più elevato ampia varietà, numerosi media Più tardi Adottanti successivi, scettici-pigri, tradizionalisti più vecchi meno istruiti più basso soltanto locali più basso limitata esposizione ai media, riferimento a gruppi locali di pari livello 3.4 I modelli interpretativi dell’agire di consumo I maggiori modelli in ordine sociologico sono 3: • Modello di Veblen (strettamente sociologico) o della “classe agiata” (ceto economicamente e politicamente egemone) Lo sviluppo storico delle classi sociali per Veblen è il seguente: - 1° fase, selvaggia: non esistono distinzioni di classe, perché non esiste la divisione del lavoro. Le comunità sono piccole, altamente integrate, dai costumi pacifici e organizzate sull’autoconsumo. - 2° fase, barbarica: inizia la divisione delle occupazioni e quindi la differenziazione in classi sociali; la classe dominante non è coinvolta nelle attività industriose e produttive, ad essa competono impieghi onorifici (militari, religiosi, ecc.). L’economia è di tipo signorile, dove il surplus è destinato al Signore ed alla sua corte: nel tempo così si affermano i valori tipicamente predatori (per venire in possesso della ricchezza). - 3° fase, economia borghese o emulazione finanziaria: caratterizzata dalla etica del risparmio e dell’accumulazione. Non è più importante l’azione che si compie per venire in possesso della ricchezza (gesta), ma la ricchezza in se, fino a considerare più onorifica la ricchezza ereditata che non quella ottenuta con il lavoro (nobiltà rispetto agli imprenditori borghesi). 56 La ricchezza posseduta viene mostrata, per testimoniare il proprio status agli altri, in due modi: 1. agiatezza vistosa (spreco di tempo): può definirsi come consumo improduttivo del tempo (attività non produttive, ma onorifiche); non si svolge sotto gli occhi di tutti (e questo è un inconveniente) e dunque si provvede con le buone maniere e l’educazione raffinata, che richiede per l’apprendimento larga disponibilità di tempo. 2. consumo (sciupio) vistoso (spreco di beni): è lo spreco dimostrativo dei beni per acquisire rispettabilità finanziaria, non solo ricorrendo al consumo di merci costose, ma soprattutto nel consumarle in modo appariscente. Il criterio che regola le spese è dunque altamente competitivo: ciascuno aspira ad un livello di consumo che si colloca oltre la propria disponibilità di reddito. La ragione di questo comportamento è appunto l’emulazione finanziaria. Ciò significa che il criterio d’onorificità e di prestigio in fatto di spese è stabilito da coloro che sono immediatamente superiori per rispettabilità (su questo assunto Duesenberry costruisce la sua teoria dell’effetto dimostrazione). L’emulazione riduce l’agire di consumo a strumento di confronto antagonistico e fa mutare il concetto di utilità secondaria consistente nella capacità di spesa dell’individuo (rispetto alla utilità del bene rappresentata dalla sua efficienza per uno sviluppo più intenso della vita umana). Nasce così il principio che: il consumo dei beni costosi è meritorio, per cui “i beni che contengono un elemento di costo notevolmente superiore a ciò che loro conferisce l’utilità per il loro evidente scopo meccanico, sono onorifici (beni onorifici)”. Per Veblen, nella civiltà industriale si sarebbe raggiunto un tale grado di convinzione delle cose a buon mercato per cui si dà ormai per scontato l’abbinamento cheap and nastry (brutto e a buon mercato). Le critiche di Veblen alla nuova civiltà finanziaria sono aspre. L’emulazione finanziaria, la legge dello sciupio vistoso, il cheap and nastry sono appropriate regole di non violenza in un sistema altamente competitivo (fra classi sociali) e dunque conflittuale. Al vertice della scala dei valori c’è la ricchezza (non il successo, come nel modello Duesenberry). Veblen dice una cosa semplice: i poveri imitano i ricchi, e questi modificano continuamente i loro simboli distintivi per non lasciarsi raggiungere. • Modello Duesenberry Sfruttando una intuizione di Veblen (il criterio di onorificità e di prestigio in fatto di spese è stabilito da quelli che sono immediatamente superiori per rispettabilità) formula una teoria del consumatore che si basa sul postulato della interdipendenza delle scelte del consumatore, cioè: la 57 soddisfazione che un individuo ricava dal consumo non dipende solo dall’atto del consumo in quanto tale, ma anche dalla comparazione del suo consumo con quello degli altri, con i quali si trova a contatto. La soddisfazione aumenterà o diminuirà nella misura in cui aumenta o diminuisce il consumo dei suoi vicini, cioè indipendentemente dalle variazioni del proprio consumo. Quando il consumo degli altri aumenta – e quindi diminuisce la propria soddisfazione – l’individuo tenderà ad aumentare le proprie spese di consumo, e tale aumento sarà indipendente dalle variazioni del proprio reddito. La tendenza si esercita anche verso i beni di qualità superiore. Duesenberry dunque parte da premesse strettamente economiche e perviene ad una interpretazione sociologica del consumo. Per Veblen le basi della buona reputazione, della rispettabilità e dell’onorificità sono il consumo vistoso e l’agiatezza vistosa. Per Duesenberry è il valore del successo individuale che garantisce l’integrità del meccanismo consumistico. • La teoria dei gruppi di riferimento Il concetto di gruppo di riferimento è di natura psicologica: una persona orienta il suo comportamento sulla base dei criteri di gruppi a cui non appartiene (schemi di riferimento per la valutazione che l’individuo fa di se stesso e per la formazione dei suoi atteggiamenti). Si distinguono due principali gruppi di riferimento: - gruppo di tipo normativo, che stabilisce criteri standard; - gruppo di tipo comparativo, che offre criteri di confronto per l’autovalutazione e per il giudizio sugli altri. Le spese sono influenzate da ciascun gruppo di riferimento, distinguendosi in 4 tipi corrispondenti a diverse configurazioni dei ruoli familiari: - spese per il pacco standard dei beni (per consumo normale e necessario per la famiglia, che testimoniano l’appartenenza ad un determinato tipo di società): sono i beni di sempre, di tipo primario (es. abitazione in città, abiti confezionati, feste, quotidiani, l’utilitaria, ecc.). Il gruppo di riferimento per queste spese è la collettività, come gruppo di appartenenza attuale. - spese per la continuità fisica e culturale della famiglia (spese per l’educazione, per la cura della persona, mediche, per l’assicurazione, il risparmio). Il gruppo di riferimento per queste è il gruppo di appartenenza diretta (gruppo primario). 58 - spese di status: sono le spese effettuate prendendo a riferimento il gruppo sociale di appartenenza o al quale si desidera appartenere o dal quale ci si vuole distinguere. Sono dunque le spese influenzate da gruppi esterni. Queste spese soddisfano due esigenze (bisogni) distinte: testimoniare la propria posizione sociale (bisogno di relazione); facilitare l’inserimento in strati sociali più elevati (bisogno di potere). Questa distinzione corrisponde a quella di Veblen fra consumo vistoso (spreco di beni) e agiatezza vistosa (spreco di tempo); la prevalenza dell’uno o dell’altro bisogno dipende dal livello dello sviluppo economico. - spese per l’integrazione interna della famiglia e per il controllo delle tensioni (regali, vacanze e divertimenti e tutto ciò che è fuori dal pacco standard). Il gruppo di riferimento considera il ruolo dei singoli componenti della famiglia e quindi sarà la categoria sociale ad orientare le spese. Riepilogando lo schema di riferimento è il seguente: Spese Spese per la Spese per Spe per il pacco continuità fisica e l’integrazione se di standard di culturale della interna della status beni famiglia famiglia Gruppo di appartenenza attuale: collettività Gruppo di appartenenza diretta (gruppo primario) X X Gruppo esterno X Categorie sociali X 3.5 Misurazione e previsione della domanda L’impresa deve definire con esattezza la sua domanda di mercato, perché vi possono essere 90 diversi tipi di domanda; la domanda infatti può essere misurata a: 59 6 livelli di prodotto - singolo prodotto - gruppo di prodotti - linea di prodotti - vendite aziendali - vendite di settore - vendite nazionali 5 livelli spaziali - cliente - zona - regione - stato - mondo 3 livelli temporali - breve periodo - medio periodo - lungo periodo Inoltre deve definire il mercato (totale); cioè l’insieme di tutti gli acquirenti reali e potenziali di un prodotto; la sua dimensione (mercato potenziale), cioè il numero di acquirenti che potrebbero esistere per una particolare offerta del mercato; e l’acquirente: che deve presentare le caratteristiche di interesse, reddito, accesso. L’impresa ancora deve definire quale mercato misurare, per cui si distingue: Mercato potenziale: insieme dei consumatori che hanno un qualche interesse ad una offerta di mercato definita [es. la popolazione per l’università, esclusa la parte non interessata (anziani), che insieme costituiscono la popolazione totale]. Mercato disponibile: insieme dei consumatori che hanno interesse, reddito ed accesso ad una particolare offerta di mercato (es. la parte di popolazione con età, risorse economiche e decisione culturale per accedere all’università). Mercato disponibile qualificato: insieme dei consumatori che hanno interesse, reddito, accesso e requisiti per una particolare offerta di mercato, (es. parte di popolazione anche con adeguato titolo di studio per accedere all’università). Mercato servito: parte del mercato disponibile per determinati gruppi di persone (o segmenti) (es. quella parte di popolazione che può anche pagare elevate tasse per accedere all’università oppure per corsi serali per lavoratori). Mercato penetrato: insieme dei consumatori che effettivamente acquistano il prodotto (es. parte della popolazione che si è iscritta all’università) 60 Rappresentazione dei diversi tipi di mercato Mercato totale Mercato potenziale Popolazione totale 100 Mercato potenziale………….…100 Mercato potenziale 10 Mercato disponibile ……………40 Mercato disponibile qualificato...20 Mercato servito…………………10 Mercato penetrato ……………….5 Definito il mercato, l’impresa per valutare le opportunità di marketing deve stimare la domanda totale di mercato. La domanda totale del mercato di un prodotto: è il volume totale che verrebbe acquistato da un determinato gruppo di acquirenti in un’area geografica ed in un periodo di tempo definiti, in un determinato ambiente di marketing e nell’ambito di un determinato programma di marketing. Non si tratta di un concetto semplice, in quanto nella definizione ricorrono 8 elementi che devono essere determinati per la misurazione (stima) della domanda: 1) Prodotto: occorre definire la classe di prodotto (gruppo di prodotto con coerenza funzionale) per definire il mercato; 2) Volume totale: in termini fisici, monetari, percentuali; 3) Acquistato: occorre definire se volume ordinato, spedito, pagato, ricevuto o consumato; 4) Gruppo di acquirenti: intero mercato o singoli segmenti; 5) Area geografia: definire i confini geografici; 6) Periodo di tempo: definire il periodo di tempo; 7) Ambiente di marketing: sono i fattori incontrollabili (ambiente demografico, economico, tecnologico, politico, culturale); 8) Programma di marketing: sono i fattori controllabili (elasticità rispetto al prezzo, promozione, miglioramento del prodotto, sforzo distributivo ed altri elementi che entrano nei programmi marketing delle imprese). Ricordarsi inoltre che la domanda totale del mercato non è un numero fisso, ma una funzione: funzione di domanda del mercato, o funzione di risposta del mercato (D=f(p1,p2,----, pn,P,R,G). Per l’impresa, la sua domanda è la quota della domanda del mercato coperta dalle sue vendite. 61 Funzione di domanda dell’impresa o funzione di risposta dell’impresa Qi = Si Q dove Qi = domanda dell’impresa Si = quota di mercato dell’impresa Q = domanda totale di mercato Cosa influenza Si quota di mercato dell’impresa? Teoria più diffusa: le quote di mercato dei vari concorrenti sono proporzionali alle quote del loro sforzo di marketing, da cui il “teorema fondamentale per la determinazione della quota di mercato” Si = Mi ∑ Mi dove Mi = sforzo di marketing dell’impresa (spese o investimenti) ΣMi = sforzo di marketing di tutte le imprese La previsione di vendita dell’impresa è il risultato atteso delle vendite aziendali in funzione di un determinato piano di marketing e tenuto conto di una data situazione del mercato. Domanda di mercato come funzione delle spese di marketing del settore (presuppone una particolare situazione di marketing): In questo ambito occorre fissare: • La quota di vendita: è l’obiettivo di vendita per l’impresa, per una linea di prodotto o per un agente di vendita. Si fissa principalmente per definire e stimolare gli sforzi di vendita. 62 • Il budget di vendita: è una stima del volume atteso delle vendite ed è utilizzato per assumere decisioni riguardanti gli acquisti, la produzione, il cash flow. • Il potenziale di vendita dell’impresa: è il limite a cui tende la domanda per l’impresa all’aumentare del rapporto fra investimento di marketing dell’impresa e investimenti di marketing delle imprese concorrenti. Il limite assoluto della domanda per l’impresa è il potenziale di mercato (che viene raggiunto solo in condizioni di monopolio d’impresa). Domanda di mercato come funzione delle spese di marketing del settore (presuppone due diverse situazioni ambientali) 3.6 La stima della domanda attuale Il potenziale totale del mercato è il volume massimo delle vendite (in quantità o valore) disponibile per tutte le imprese di un settore in un dato periodo di tempo, ad un dato livello dello sforzo di marketing del settore sotto determinate condizioni ambientali. La stima si può fare nel modo seguente: Q=nqp Dove Q = potenziale totale di mercato n = numero di acquirenti q = (consumo procapite) quantità acquistata da un acquirente medio p = prezzo unitario medio 63 Si può stimare inoltre con metodi statistici da parte di istituti di ricerca di marketing (es. A.C. Nielsen). • Il potenziale di mercato di un’area (di maggiore interesse) • Le vendite e le quote di mercato nel settore dei concorrenti • La domanda futura - analisi delle serie storiche Qi = ni qi pi Si = Mi ∑ Mi Y = f(t, c, s, e) dove Y = vendite passate del prodotto t = trend della popolazione, del processo di accumulazione del capitale (reddito), dell’evoluzione tecnologica c = ciclo, movimento oscillatorio delle vendite s = stagionalità, vendite durante l’anno e = eventi accidentali (scioperi, maltempo, mode, tumulti, incendi, BSE, minacce di guerra, ecc. ) - analisi statistica della domanda Q = f(x1, x2,…….., xn) dove Q = quantità venduta o vendite xi = variabili, come reddito, 64 popolazione, attività promozionali, ecc. 4 SEGMENTAZIONE DEL MERCATO Il rapporto tra impresa e mercato può assumere tre diverse tipologie: o Marketing di massa o globale o indifferenziato: la produzione è di massa, la promozione è rivolta a tutti gli acquirenti del mercato (es. Coca Cola con un solo prodotto). [L’impresa opera in un mercato con un prodotto.] o Marketing differenziato: l’impresa produce due o più tipologie del prodotto (o più prodotti nello stesso settore), con caratteristiche, stile, qualità, dimensioni particolari (es. Coca Cola con bibite diverse); la varietà è finalizzata ad offrire alternative di scelta alla clientela, piuttosto che a distinguere segmenti di mercato. [L’impresa opera su diversi segmenti di mercato con più tipologie di prodotti per soddisfare le scelte della clientela.] o Marketing concentrato: si hanno numerosi segmenti di mercato distinti, l’impresa ne sceglie uno o più e sviluppa prodotti e marketing mix corrispondenti alle caratteristiche dei segmenti prescelti (es. Coca Cola che ha creato una bibita ipocalorica per i dietisti). [Più mercati per più prodotti. L’impresa opera su un segmento con prodotto corrispondente] Alcune premesse: Mercato al consumo (o globale): tutte le persone e le famiglie che acquistano direttamente beni e servizi per il proprio consumo. Mercato obiettivo (o target, o segmento di mercato): è un gruppo di consumatori ai quali l’impresa, in maniera specifica, indirizza le proprie strategie di marketing. La pianificazione delle azioni di marketing richiede la iniziale puntualizzazione e scelta degli obiettivi da realizzare, a tale scopo, poiché i consumatori variano notevolmente per età, reddito, cultura, gusti, mobilità (es. consumatori anziani, giovani, donne, di razza latina, asiatica, nera, ecc.) e quindi il mercato che ne deriva è troppo vario ed eterogeneo perché si possa considerare come entità unica e uniforme, occorre suddividere il mercato globale di un certo prodotto in segmenti (mercati obiettivo), ognuno dei quali comprendente consumatori omogenei per taluni aspetti significativi, che indurranno a comportamenti omogenei nel processo d’acquisto (ragioni per cui viene effettuato un acquisto). Per definire i mercati obiettivi occorre effettuare ricerche in modo da conoscere per un certo prodotto: chi acquista, quanto acquista, dove acquista, quando acquista, come acquista, perché acquista; cioè occorre conoscere il comportamento del consumatore, le abitudini di 65 acquisto, affinché l’impresa possa prevedere come risponderanno i consumatori ai diversi stimoli di marketing che metterà in atto. Il mercato oggi è in continua evoluzione e sta subendo un processo di demassificazione rispetto ai modelli di consumo tradizionali, (anche nel settore dell’agroalimentare). I segmenti di consumo sono sempre più numerosi e diversi e pertanto richiedono un particolare e preliminare esame al fine di ordinare e comprendere i diversi gruppi di consumatori presenti nel mercato e di impostare da parte delle imprese valide ed efficaci strategie di marketing. In questo contesto le imprese adottano sempre più il criterio del mercato obiettivo, per meglio identificare le opportunità di marketing: prodotti corrispondenti alle esigenze di ogni gruppo di consumatori, coordinamento delle politiche di prezzo, commerciali, promozionali, concentrazione dello sforzo di marketing sugli acquirenti che hanno il massimo interesse all’acquisto. Il criterio del mercato obiettivo si sviluppa in tre fasi principali: • segmentazione del mercato (dal lato della domanda) • definizione del mercato obiettivo (scelta del/i segmento/i) • posizionamento del prodotto (dal lato dell’offerta) Segmentazione del mercato I consumatori sono diversi per molteplici aspetti: per desideri o bisogni che esprimono, per le risorse economiche di cui dispongono, per la localizzazione geografica, per gli atteggiamenti e le abitudini di acquisto, ecc. La segmentazione dunque non si riferisce inizialmente alla identificazione delle potenzialità di un prodotto nel mercato, ma alla identificazione delle diverse esigenze ed interessi del consumatore, che possono essere raggruppati in insiemi di individui commercialmente omogenei. 66 Segmentare il mercato, infatti, significa aggregare o suddividere i potenziali consumatori in gruppi aventi medesime caratteristiche; il gruppo o segmento risultante è costituito dalla somma di caratteristiche di tanti individui aventi elementi di omogeneità. La segmentazione è dunque ricerca ed individuazione di bisogni, comparazione d’opportunità, classificazione dei consumatori, omogeneità di obiettivi, sintesi, aspetti tutti finalizzati a meglio adattare i prodotti per la soddisfazione del consumatore. L’impresa per definire la sua domanda di mercato ha la necessità di valutare la consistenza ed il tipo di segmento al fine di conoscere il comportamento d’acquisto e le motivazioni di consumo dei consumatori. Non esiste un unico modo di segmentare il mercato, ma bisogna provare diverse variabili e combinarle al fine di individuare per l’impresa la prospettiva più significativa della struttura di mercato. La segmentazione pertanto può essere considerata una teoria di indagine (perché permette di identificare e conoscere i consumatori attuali e potenziali del prodotto) ed una strategia di marketing (perché consente di formulare le operazioni più consone per penetrare il segmento prescelto). Le principali variabili utilizzate nella segmentazione dei mercati di consumo sono le seguenti: - Variabili geografiche: il mercato è suddiviso in diverse ripartizioni e concentrazioni (aree) geografiche: nazione, stato, regione, provincia, città, quartieri, dimensione demografica, densità urbanistica, assetto economico-culturale, ecc. - Variabili socio-economiche: il mercato è suddiviso in base a criteri demografici (età, sesso, dimensione della famiglia, stadio del ciclo di vita della famiglia), economiche (livello di reddito, professione, occupazione), sociali (cultura, istruzione, religione, razza, nazionalità, ecc.). Le variabili socio-economiche sono la base maggiormente e diffusamente utilizzata per effettuare distinzioni fra gruppi di consumatori sia perché bisogni, preferenze, abitudini di consumo sono realmente correlate in modo stretto a queste variabili, sia perché sono facilmente misurabili almeno rispetto ad altre variabili. - Variabili psicografiche: i consumatori sono suddivisi in base alla classe sociale di appartenenza, allo stile di vita adottato, alle caratteristiche di personalità che presentano. - Variabile di comportamento: i consumatori sono suddivisi sulla base della conoscenza del prodotto, del comportamento di consumo e di acquisto, dell’uso che ne fanno; gli aspetti che si considerano sono: le occasioni di consumo: in cui si manifestano i bisogni del bene, ne dettano l’acquisto e l’utilizzo. Le occasioni di consumo sono regolari o saltuari. Es. colazione per succo di frutta, 67 festività per regali (della mamma, del papà, San Valentino,ecc.), per consumo di determinati alimenti (Natale, Pasqua, sagre, ecc.), pasti principali, pasti fuori casa. i vantaggi ricercati (qualità, servizio, economia): benefici o vantaggi che ci si aspetta di ottenere dal consumo di un certo bene. In questo caso bisogna definire gli aspetti del bene graditi dal consumatore, il tipo di persone interessate, le principali marche che sono in grado di soddisfare le esigenze del consumatore (es. dentifrici). status dell’utilizzatore (o situazione d’uso): individuare i non utilizzatori, gli ex utilizzatori, utilizzatori potenziali, nuovi utilizzatori, utilizzatori abituali dei beni. Ognuno è richiede approcci di marketing diversi. intensità d’uso: il bene può avere consumo limitato, medio o forte utilizzazione (segmentazione per volume), per cui i volumi di consumo sono elevati se c’è forte utilizzazione anche da parte di poche persone (vino, olio, birra, ecc.). la fedeltà di marca o al punto vendita: si distinguono i fedelissimi, fedeli tiepidi, fedeli mutevoli, incostanti alla marca (grado qualitativo, confezione, formato, biologico, Dop, ecc.) e al punto vendita ( luoghi di acquisto: supermercato, negozio, latteria , ecc.) lo stadio di disponibilità (consapevolezza) all’acquisto: alcuni non sono a conoscenza del prodotto, altri conoscono la sua esistenza ma: o sono semplicemente informati, o sono effettivamente interessati, altri ancora pensano di acquistarlo. Ciò comporta differenti programmi di marketing. l’atteggiamento: cioè l’interesse che gli individui mostrano per il prodotto: entusiasti, positivi, indifferenti, contrari e decisamente ostili. Le variabili descritte sono importanti anche se difficili da valutare e quantificare, ma il punto di riferimento per realizzare una efficace segmentazione è il comportamento del consumatore. Nel settore agroalimentare i criteri di segmentazione spaziano su più variabili in quanto legati ad un consumatore dal comportamento meno razionale, sollecitato da fattori emotivi e psicologici e quindi sfuggevoli a valutazioni standardizzate (es. BSE, metanolo, degrado ambientale). Metodologicamente la segmentazione distingue due fasi: - disaggregazione dei consumatori sulla base delle loro caratteristiche di natura demografica, socioeconomica, psicologica, di reddito, di comportamento d’acquisto; 68 - riaggregazione in segmenti stabili sulla base delle reazioni riguardanti gli attributi e le caratteristiche del prodotto. Per segmentare validamente il mercato è necessario che un segmento rispetti le seguenti condizioni: • quantificabilità, i segmenti devono essere espressi in termini quantitativi, anche se non tutte le caratteristiche tipiche di un segmento sono quantificabili o facilmente misurabili (es. caratteristiche tipiche della personalità dell’individuo, ecc.). • raggiungibilità, il segmento deve essere accessibile ed ottimale alla penetrazione o al consolidamento del mercato. • redditività, le dimensioni economiche del segmento (disponibilità finanziaria, potere di acquisto, ecc.) devono essere tali da rendere redditizio l’investimento in marketing. • difendibilità, dagli attacchi della concorrenza con interventi di marketing. • controllabilità, il segmento deve essere controllabile in modo che nel caso di scostamenti o imprevisti si possono mettere in atto correttivi ed interventi di marketing al momento e nel modo giusto. Qualunque mercato si consideri, vale la Legge di Pareto (legge empirica sulla distribuzione dei redditi) (1897): la frequenza dei percettori di redditi di molto superiori alla media non corrisponde a quella della distribuzione normale, ma è più elevata. Altrimenti detto: qualunque mercato si consideri esiste un 20% di consumatori che rappresenta l’80% delle vendite. I restanti 4/5 di consumatori non vanno trascurati perché rappresentano i potenziali consumatori. I consumatori possono assumere diversi tipi di comportamenti: alcuni acquistano più degli altri, alcuni vogliono la qualità, altri cercano il prezzo più basso, ecc.; MA tutti obbediscono alla legge di Pareto e possono essere raggruppati in segmenti di mercato. Individuato il segmento di mercato, si possono creare prodotti che soddisfino i bisogni dei consumatori e venderli al prezzo adeguato (che non è necessariamente il più basso). Per cui, l’impresa deve esaminare il mercato in termini di segmenti per potersi concentrare nella produzione di ciò in cui è più valida. 69 PRINCIPALI VARIABILI DI SEGMENTAZIONE DEL MERCATO DI CONSUMO NEGLI STATI UNITI variabili suddivisioni tipiche Variabili geografiche Regione Regioni sul Pacifico, Regioni Montane, Centro Nord Occidentale, Centro Sud Occidentale, Centro Nord Orientale; Sud Atlantico, Centro Atlantico; New England Dimensione della A, B, C, D Contea Grandezza di centro Fino a 5.000; 5.000-20.000; 20.000-50.000; 50.000-100.000; 100.000250.000; 250.000-500.000; 500.000-1.000.000; 1.000.000-4.000.000; sopra i 4.000.000 Densità urbane; suburbana; rurale Clima settentrionale; meridionale Variabili demografiche e socio economiche Età (anni) sotto i 6; 6-11; 12-19; 20-34; 34-59; 50-64; 65 o più Sesso maschile, femminile Numero dei membri 1-2; 3-4; 5 o più della famiglia Ciclo di vita della giovani, soli; coppie giovani senza figli; coppie giovani con figlio più famiglia piccolo sotto i 6 anni; coppie giovani con figlio più piccolo sopra i 6 anni; coppie mature con figli; coppie mature senza figli sotto i 18 anni; anziani, soli; altri. Occupazione imprenditori e liberi professionisti; dirigenti, funzionari e proprietari, impiegati e commercianti; artigiani e operai specializzati; operai comuni e agricoltori; pensionati; studenti; casalinghe; disoccupati. Istruzione scuola dell’obbligo; frequenza scuola media superiore; diploma di scuola media superiore; frequenza università; laurea. Religione cattolica, protestante, ebrea o altro. Razza bianca, nera, orientale. Nazionalità americana, inglese, francese, tedesca, scandinava, italiana, latino-americana, asiatica, giapponese. Variabili psicografiche Classe sociale inferiore-inferiore; inferiore-superiore; media-inferiore; media –superiore; superiore-inferiore; superiore-superiore. Stile di vita conservatore, liberale, radicale Personalità coercitiva, passiva, autoritaria, ambiziosa. Variabili di comportamento Occasioni d’uso regolare, saltuario Vantaggi ricercati qualità, servizio, economia non utilizzatore, ex utilizzatore, potenziale utilizzatore, nuovo utilizzatore, Situazioni d’uso utilizzatore abituale Intensità d’uso utilizzo scarso, medio, elevato Fedeltà di marca nessuna, debole, forte, assoluta Stadio di non a conoscenza del prodotto, a conoscenza, informato, interessato, attento, consapevolezza intenzionato all’acquisto Atteggiamento entusiastico, positivo, indifferente, negativo, ostile verso il prodotto Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI, 1991 70 4.1 Definizione del mercato obiettivo La segmentazione del mercato individua le opportunità per l’impresa; questa deve però procedere alla valutazione ed alla scelta dei segmenti da servire, attraverso: la valutazione dei segmenti di mercato: cioè valutare il profitto che può derivare da ogni segmento. decisione delle possibili strategie di copertura del mercato, ossia il numero dei segmenti da servire, attraverso tre strategie: • Marketing indifferenziato (o di massa o globale): l’impresa non tiene conto dei segmenti e si presenta un'unica offerta sul mercato, con un certo tipo di prodotto e per attirare il maggior numero possibile di consumatori; opera nei canali di distribuzione di massa e con messaggi pubblicitari generali (es. Coca Cola all’inizio si presentò con una sola bottiglia per formato e unico gusto). Obiettivo creare per il prodotto una immagine elevata nella mente dei consumatori potenziali. I vantaggi sono le economie di costo (di produzione, di gestione delle scorte, di trasporto, di promozione, di ricerca di mercato e di pianificazione). • Marketing differenziato: l’impresa opera su diversi segmenti di mercato, ma con prodotti particolari su ciascuno di essi (es. Coca Cola con bibite diverse). L’obiettivo è di avere un volume di vendita totale maggiore rispetto al marketing indifferenziato. Inconvenienti: aumento dei costi per modificare il prodotto (ricerca e sviluppo, progettazione, modifica degli impianti e delle strutture), per diversificare la produzione (ma con quantità per tipologia minore per ciascuno), per l’amministrazione (ricerche di mercato, previsioni, analisi delle vendite, di promozione, di pianificazione e gestione dei canali distributivi), per le scorte (gestione di numerosi magazzini), per promozione (per campagne diverse). • Marketing concentrato: l’impresa con risorse limitate invece di orientarsi verso una quota limitata di un grande mercato, mira ad ottenere una quota elevata di un piccolo mercato (es. olio di qualità per le piccole imprese, o vino di qualità, o Coca Cola con bibita ipocalorica). Vantaggi: economie di scala per specializzazione nella produzione, nella promozione, nella distribuzione; l’impresa conosce bene le caratteristiche dei consumatori e acquisisce una positiva e solida immagine. Si possono avere tassi elevati di rendimento degli investimenti; però anche i rischi sono elevati, perché se il segmento si dissolve l’impresa resta senza mercato. 71 la scelta della strategia di copertura del mercato: nella scelta delle tre strategie sopra riportate si devono considerare i seguenti elementi: le risorse dell’impresa (se limitate, marketing concentrato) omogeneità del prodotto (marketing indifferenziato) stadio del ciclo di vita del prodotto (marketing indifferenziato o concentrato) omogeneità del mercato (marketing indifferenziato) strategie di marketing della concorrenza; se la concorrenza pratica una attiva segmentazione: marketing differenziato o concentrato, se la concorrenza fa strategia indifferenziata: marketing differenziato o concentrato. È possibile creare sinergie operando su segmenti diversi. 4.2 Posizionamento del prodotto Per ogni segmento individuato e scelto l’impresa deve sviluppare una strategia di posizionamento del prodotto. Posizionamento di prodotto e segmentazione di mercato sono due strategie complementari determinanti per la formulazione di una valida ed efficace strategia di marketing. Posizionamento: insieme di iniziative volte a definire le caratteristiche del prodotto dell’impresa e ad impostare il marketing mix più adatto per attribuire una certa posizione al prodotto nella mente del consumatore. Lo studio del posizionamento in genere e dei posizionamenti concorrenziali permette all’impresa di verificare se esistono spazi di domanda non ancora soddisfatti e dunque nicchie entro cui collocare il prodotto. Il posizionamento del prodotto analizza il mercato dalla parte dell’offerta ed ha come oggetto il prodotto, la segmentazione analizza il mercato dalla parte della domanda. Il posizionamento è una ricerca ed un intervento di valorizzazione del prodotto, nel confronto con i prodotti della concorrenza e nel rispetto delle necessità della clientela. Con il posizionamento si abbandona la mera imitazione della concorrenza e si cerca quel “plus” in grado di apportare al consumatore una vera e propria personalizzazione di un prodotto e così differenziare lo spazio del prodotto sul mercato (segmento). Il posizionamento del prodotto dipende dalle specifiche intrinseche caratteristiche del prodotto (qualità, peso, formato, presentazione, nome, immagine, gamma, competenza tecnica), e dalle caratteristiche esterne collegate con il prodotto (distribuzione, personal selling, promozione, pubblicità, ecc.). 72 Il posizionamento del prodotto nel mercato è una metodologia di classificazione dell’offerta secondo specifici caratteri del comportamento del consumatore o di taluni gruppi di consumatori, basata sugli aspetti qualitativi, sui plus che il prodotto è in grado di offrire. La metodologia di posizionamento per il prodotto alimentare implica la scelta di uno o più segmenti di mercato e la evidenziazione degli aspetti che indicano: che cosa è il prodotto, a che serve, chi sono i destinatari. Le variabili di cui tenere conto sono: ► il prodotto: è l’unico elemento che dipende dall’impresa alimentare e su cui è possibile intervenire direttamente. È su di esso che si concentrano gli sforzi di personalizzazione, di differenziazione per individuare lo spazio da occupare, di confrontarsi con i prodotti della concorrenza e di formulare una politica rispondente alla posizione, al segmento, al mercato. ► la concorrenza: i concorrenti hanno propri posizionamenti, la cui conoscenza serve ad evidenziare le caratteristiche più qualificanti per il prodotto, a valutare meglio le possibilità operative, a formulare strategie di posizionamento alternativo; i dati da conoscere sono i punti forti e vincenti della concorrenza, cioè: efficienza organizzativa, immagine del prodotto, strategie in atto, ciclo di vita del prodotto, canali distributivi, politica di prezzo, quote di mercato, marketing mix, promozione, mezzi di comunicazione impiegati, ecc. ► il consumatore: l’identificazione e la valutazione delle attese del consumatore serve ad identificare il suo grado di soddisfazione o insoddisfazione suscitato da un prodotto in uno o più segmenti, e porvi rimedio. I criteri che sono alla base della strategia di posizionamento da comunicare più o meno direttamente al consumatore sono: • posizionamento sulla base delle caratteristiche specifiche e differenziatrici del prodotto (qualità, prezzo, competenza tecnologica, ecc.). • posizionamento sulla capacità di soddisfare i bisogni, i benefici attesi, di risolvere i problemi del consumatore (confezione, conservazione, sicurezza e semplicità di consumo, modernità, ecc.). • posizionamento su specifiche occasioni di consumo (dipendono dal mercato, dal tipo di impresa, dal tipo di prodotto, dal ciclo di vita del prodotto, ecc.). • posizionamento in contrapposizione ad un altro prodotto (rilevazione delle differenze con i prodotti nella concorrenza). 73 La metodologia di impostazione del posizionamento si articola nei seguenti passaggi: Consumatore ► individuazione delle necessità e delle attese che il prodotto alimentare vuole soddisfare. Gruppi di consumatori ► definizione del segmento di mercato nel quale ci si vuole posizionare. Prodotto ► formulazione delle caratteristiche e degli attributi del prodotto che possono soddisfare le necessità e le attese individuate nel segmento di mercato prescelto. Concorrenza ► definizione della mappa di posizionamento evidenziando le marche presenti sul mercato correlate con le caratteristiche più rappresentative del segmento prescelto. Posizionamento ► individuazione della zona di posizionamento nella mappa di posizionamento, confronto tra posizionamento dell’azienda e posizionamento del consumatore di quel segmento e posizionamento dei prodotti concorrenti. Verifica e riposizionamento ► verifica dei risultati ed eventualmente prendere azioni di riposizionamento per rilanciare il prodotto. La decisione fondamentale dell’impresa è la scelta dei segmenti di mercato; e dunque la definizione dei consumatori e delle imprese concorrenti. La decisione di posizionamento del prodotto contribuisce a precisare meglio le caratteristiche dei consumatori e della concorrenza (dei concorrenti). 74 A questo punto l’impresa è pronta per procedere alla pianificazione del marketing mix. IL CONCETTO DI POSIZIONAMENTO SECONDO RIES E TROUT II termine posizionamento (positioning) è divenuto di uso comune dopo che due pubblicitari, Al Ries e Jack Trout, lo utilizzarono in una serie di articoli comparsi su Advertising Age con il titolo "The Positioning Era". Successivamente, gli stessi autori hanno pubblicato un libro sull'argomento, Positioning: The Battle for Your Mind. Ries e Trout considerano il posizionamento come un esercizio di creatività applicato ad un prodotto esistente. La definizione che forniscono è: II posizionamento nasce assieme al prodotto, sia esso un bene, un servizio, un'impresa, un'istituzione o anche un individuo ... Ma il posizionamento non ha nulla a che vedere con l'intervento sul prodotto, bensì riguarda l'intervento da effettuarsi sulla mente del possibile acquirente. Il posizionamento, cioè, riguarda il modo in cui un prodotto trova collocazione nella mente del potenziale consumatore. Successivamente gli autori affermano che il processo di posizionamento può portare a modificare il nome del prodotto, il prezzo e la confezione. Questi tuttavia: vanno visti come «interventi di cosmesi finalizzati a consolidare l'immagine del prodotto .nella mente del consumatore». Per questo Ries e Trout sono interessati al posizionamento psicologico o riposizionamento di un prodotto già esistente, piuttosto che al posizionamento di prodotti ancora allo studio. In quest'ultima situazione, infatti, l'operatore di marketing deve sviluppare tutte le variabili del marketing-mix, in modo che le caratteristiche del bene prodotto corrispondano esattamente al mercato obiettivo prescelto. Il problema del posizionamento, invece, riguarda sia gli interventi materiali da prevedere sul prodotto, si agli interventi da provocare nella mente del consumatore. A proposito del posizionamento psicologico Ries e Trout insistono utilmente su diversi aspetti. Prima di tutto osservano che numerosi mercati sono formati da prodotti simili, senza alcuna differenza agli occhi dei consumatori. In una società caratterizzata da eccesso di comunicazione, il problema del marketing è proprio quello di creare la differenza tra i prodotti. L’idea chiave è che i consumatori classificano mentalmente le caratteristiche dei prodotti sulla base di una o più dimensioni. Così i consumatori mettono la Hertz al primo posto, la Avis al secondo e la National al terzo quando pensano al parco macchine di cui le diverse organizzazioni di autonoleggio dispongono. Compito dell'operatore di marketing è allora quello di fare in modo che il prodotto venga ritenuto primo in relazione a una dimensione particolarmente importante, dato che è proprio chi risulta essere al primo posto che ha la maggior probabilità di essere ricordato. Tutti sanno che Lindbergh è stato il primo che ha sorvolato l'Atlantico, ma pochi sanno chi è stato il secondo. Anche per le scelte di consumo avviene lo stesso. Se in un mercato sono presenti molti prodotti con l’immagine di "numerò uno” è possibile tentare qualcosa di diverso. Un alternativa può essere di affermare, per esempio, di essere ancora più bravi del primo, come ha fatto l'Avis nella campagna ormai classica che diceva «Siamo il numero due. Per questo ci impegnarne di più». Oppure è possibile individuare un'altra caratteristica per la quale il prodotto possa risultare primo. L'operatore di marketing, in questo caso, ricerca uno spazio vuoto nella mente del consumatore non ancora occupato da nessuno. Quando la Seven-Up si fece pubblicità come la “non coca-cola”, puntò sul fatto che il suo nome venisse per primo in mente al consumatore non appena decideva di bere qualcosa di diverso dalla Coca. Fonte: Si veda Al Ries e Jack Trout, Positioning: The Battle for Your Mimi, Warner Books, New York1982 (trad. it.: Positioning. La. conquista della posizione vincente, McGrawHill, Amburgo 1984). Fonte: Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI, 1991. 75 5 MARKETING MIX 5.1 Premessa Il marketing mix è la strategia generale messa in atto per vendere un prodotto attraverso le vie migliori per raggiungere gli obiettivi prefissati. "Il marketing mix è la combinazione delle variabili controllabili di marketing che l'impresa impiega al fine di conseguire gli obiettivi predefiniti nel mercato obiettivo" (P. Kotler). È strettamente collegato alla pianificazione globale dell’azienda ed in particolare al piano marketing. "Un buon prodotto, dal giusto prezzo, ben pubblicizzato e distribuito capillarmente sul territorio ha molte probabilità di incontrare le preferenze dell'acquirente“ (P. Kotler) Attuare un programma (strategia) di marketing mix significa far agire positivamente e coordinativamente sul mercato i suoi componenti, che sono: le 4P (ritenute le più importanti per la gestione di un prodotto, P iniziali dall’inglese) - Product (prodotto) - Price (prezzo) - Promotion – Pubblicity (promozione – pubblicità) - Point of sale o place (distribuzione o punto vendita) cioè, è necessario che: - il prodotto con le sue caratteristiche corrisponda alle esigenze dei consumatori - il prezzo sia giudicato accessibile - la pubblicità susciti l’acquisto (comunicando il suo messaggio) - la promozione faccia superare i pregiudizi all’acquisto - la distribuzione sia efficiente e puntuale Il marketing mix ha un obiettivo generale da realizzare e non obiettivi particolari di settore, il programma è personalizzato per l’impresa e per il prodotto. Il programma di marketing mix passa attraverso 4 fasi: - analisi situazione attuale, su: mercato del prodotto, prodotto, prezzi dei prodotti della concorrenza, distribuzione, pubblicità e promozione, vendita; - definizione degli obiettivi a breve, medio, lungo termine, su: prodotto, equilibrio costiricavi, distribuzione, pubblicità e promozione, personal selling, marca, consegna; - formulazione delle strategie e delle politiche, su: prodotto, prezzo, distribuzione, pubblicità e promozione, varie ; 76 - scelta e combinazione degli obiettivi, su: prodotto, prezzo, distribuzione, pubblicità e promozione, varie; Alcuni osservatori ritengono che il modello delle 4P ometta o sopravvaluti alcune attività importanti, quali ad esempio i servizi o la confezione. A queste obiezioni si può rispondere dicendo che anche i servizi sono da ritenersi dei prodotti mentre il confezionamento è una delle tante decisioni relative al prodotto. Il punto non è aumentare il numero delle categorie, ma piuttosto avvalersi di uno schema utile ai fini della progettazione dei programmi di marketing. Tuttavia può essere utile, ai fini della progettazione, accostare alle 4P anche le 2R: Relazioni istituzionali, in grado di influenzare il mercato (es. tabacco o ambiente); Relazioni pubbliche, atteggiamenti pubblici in caso di eventi eccezionali. Esiste, inoltre, un’altra obiezione che presenta una sua validità. Il modello delle 4P assume la prospettiva di mercato del venditore, non dell’acquirente. Dal punto di vista del cliente, in questa era caratterizzata da forti relazioni e interazioni, le 4P potrebbero tramutarsi in 4C: Cliente (bisogni e desideri del), Costi per il cliente Convenienza (del punto vendita) Comunicazione (promozione del prodotto). Pertanto, mentre le imprese si riconoscono quali venditori del prodotto, i clienti si percepiscono come acquirenti di valore e soluzioni in grado di risolvere i loro problemi. I clienti non sono interessati solo al prezzo, si preoccupano anche dei costi complessivi per l’acquisto, dell’utilizzo e dell’eliminazione del prodotto; richiedono prodotti e servizi ottenibili nel modo più semplice e comodo e aspirano ad una comunicazione bilaterale. Le imprese dovrebbero quindi prima prendere in considerazione le 4C e su queste premesse costruire le 4P. L’applicazione completa del mix trova attuazione nel piano marketing (risorse impresa, marketing mix, segmento di mercato, ambiente esterno ), che è la concentrazione delle diverse politiche di intervento che compongono il marketing mix: politiche di prodotto, politica di prezzo, politica di distribuzione e vendita, politica di pubblicità e promozione, il cui insieme viene integrato nella strategia di marketing. Il marketing mix del prodotto alimentare oltre alle 4 P ha altri fattori che lo possono perfezionare: immagine, marca, personal selling, trasporto, servizio, ecc. 77 5.2 Prodotto È il fulcro attorno al quale ruota l’attività di impresa. Nel marketing mix è l’elemento sul quale si basano prezzo, distribuzione e pubblicità e promozione, perché deve rispondere nel miglior dei modi alle esigenze del consumatore e del mercato. Il prodotto deve essere elemento chiaro e preciso in modo che sia identificabile per il nome, per le caratteristiche fisiche, tecniche, di prestazione, di qualità, di affidabilità, di presentazione, di ruolo all’interno di una gamma di prodotti. Esso riguarderà la domanda e l’offerta ed in particolare il consumatore, i canali di distribuzione, la politica di prezzo, le tecniche promozionali e di comunicazione, le azioni di vendita. Il prodotto così non è statico, ma dinamico e come tale negli aspetti che lo formano e lo caratterizzano coerente nei cambiamenti del mercato e dell’ambiente generale. I requisiti o le caratteristiche del prodotto alimentare devono rispondere alle esigenze del mercato, del consumatore, del prodotto in se stesso: - esigenze prodotto-mercato. Il prodotto deve rispettare le leggi ed i regolamenti e deve corrispondere alle esigenze del mercato. - esigenze prodotto-consumatore. Il prodotto non è ciò che vende l’impresa, ma ciò che desidera comprare il consumatore: deve essere considerato portatore di soddisfazione, di una risposta, di una attesa, di un servizio al consumatore. - esigenze di prodotto. Comprende la progettazione, la scelta del prodotto da vendere (qualità, confezione, destinatario: come, quando, dove, quanto consuma), il programma di ricerca sul prodotto nel mercato. Il prodotto deve avere una sua personalizzazione, deve cioè avere caratteristiche tipiche, esclusive, non ripetibili dalla concorrenza e deve essere considerato in tutti gli aspetti che lo compongono: interni (formato, peso, qualità, gusto, competenza tecnica) ed esterni (nome, presentazione, politica di prodotto, rapporto-prezzo, rapporto-distribuzione, ecc.) Le caratteristiche che definiscono un prodotto sono: o la funzione: a cosa serve? Fornisce una adeguata risposta ai bisogni dei consumatori? o la qualità, le cui componenti e aspetti sono: • merceologica, valutata con analisi tecniche e di laboratorio • commerciale, valutata in rapporto alle aspettative del mercato • percepita dal mercato, misurata testando il prodotto direttamente sul consumatore • il plus, qualcosa di più rispetto alla concorrenza: sono le caratteristiche che rendono diverso il prodotto dagli altri, lo contraddistinguono e gli forniscono un’immagine 78 identificabile. Il plus può essere un servizio collegato al prodotto: garanzia, conservabilità, funzionalità, logistica, ecc.. Il prodotto di successo ha un forte plus competitivo che comprende : la differenziazione del prodotto, a difesa della concorrenza e da potenziali nuove entrate nel settore; la possibilità di applicare prezzi più elevati; la maggiore fedeltà dei consumatori; il maggiore potere contrattuale anche nei confronti della distribuzione; • il brand name (nome della marca, o marche). Spesso è definito con un nome proprio (es. Nutella) e con un cognome (es. Ferrero). Nella scelta del nome di un prodotto è importante che: richiami e suggerisca al consumatore alcune peculiarità del prodotto (es. Nutella cioccolato da spalmare); sia di facile pronuncia, lettura, ricordo; sia facilmente distinguibile dalle marche concorrenti; sia facilmente estensibile ad altri prodotti da introdurre successivamente. Nel campo alimentare qualità è sinonimo di buon prodotto (naturale, genuino, ben fatto, affidabile, invitante) e di valorizzazione (naturalezza del prodotto, validità delle materie prime, origine, processo di fabbricazione, disciplinare di produzione). La qualità deve essere il perno su cui si fonda la strategia di marketing per divenire un obiettivo della produzione (attraverso i fattori interni all’impresa che la realizzano: ideazione, produzione, materie prime, ed i fattori esterni che la presentano: richiesta del mercato, dei consumatori, della segmentazione, del posizionamento). Il prodotto alimentare qualitativamente deve rispondere in maniera assoluta al gusto del consumatore. o Il packaging, la confezione (package), la presentazione: il prodotto alimentare, anche nel suo aspetto esteriore, deve riscontrare apprezzamento utilitaristico per il suo formato ed estetico per la sua confezione: estetica associata alla praticità (utilitarismo), nel rispetto delle esigenze del mercato e delle possibilità dell’impresa. Considerando specialmente il fatto che nel supermercato nella vendita selfservice, non vi è nessuna commessa che guidi l’acquisto. Altro aspetto da non sottovalutare è la presentazione, che è il primo elemento che differenzia il prodotto dalla concorrenza ed è il principale mezzo di contatto con il consumatore, riuscendo a richiamare l’attenzione. La presentazione di un prodotto è il cosiddetto venditore muto. 79 Il packaging, la confezione deve (essere): accattivante, per invogliare il consumatore almeno a prendere in mano il prodotto; descrittiva, come fonte di notizie (es. calorie, conservanti, data di scadenza, ecc.); codice colore, deve rispondere ai canoni consolidati (es. per l’igiene e la pulizia il colore blu); facilitare l’uso del prodotto; valorizzare il prodotto; razionalizzare lo spazio; essere riutilizzabile, per usi diversi se possibile; essere veicolo promozionale per altri prodotti dell’impresa; essere possibilmente in materiale non inquinante e riciclabile o il design: è lo stile particolare del prodotto, la sua personalizzazione che lo rende diverso dagli altri prodotti delle altre imprese e lo rende immediatamente riconoscibile dal consumatore. Sono soprattutto i beni cosiddetti di marca ad essere caratterizzati da un ben determinato design. o la gamma: il prodotto può essere un elemento di linea, studiarlo può significare analizzare le potenzialità in termini di extension line (estensione della linea, cioè possibilità di creare prodotti con tutte le caratteristiche del prodotto iniziale, ma con particolarità che li rendono idonei a soddisfare esigenze diverse). o il servizio: è dato da tutti gli accessori che si aggiungono alla prestazione di base (es. consegna a domicilio, telefono verde.) La quantità e la qualità dei servizi diventano sempre più un’arma di marketing. 5.3 Prezzo Gli elementi del marketing mix devono essere strettamente collegati al prezzo. Il prezzo caratterizza il prodotto e risponde alla domanda del consumatore, è in grado nello stesso tempo di selezionare il segmento che più gli si addice (il prezzo è elemento di discriminazione all’interno della domanda, in quanto per taluni beni alimentari evidenzia il livello di vita dei consumatori). Il prezzo, contribuisce ad individuare un certo tipo di prodotto ed a favorire l’immagine del prodotto. 80 Il prezzo è l’incontro della domanda e dell’offerta, ma deve rispondere al tipo di clientela collocata nei segmenti prescelti, al posizionamento del prodotto, agli interventi di comunicazione e di promozione. Il prezzo è l’elemento meglio e immediatamente percepito dal consumatore, ma per l’impresa è l’elemento più difficile da determinare, perché è fortemente condizionato da fattori che sfuggono al suo controllo, quali l’andamento della domanda ed il comportamento delle imprese concorrenti. La variabile prezzo è decisiva per le imprese, perché: - influenza il posizionamento competitivo del prodotto (il prezzo non solo ha rilevanza economica per il consumatore, ma contribuisce ad attribuire al prodotto caratteristiche qualitative: il prezzo fa la qualità del prodotto); - influenza la quota di mercato in termini di fatturato; - influenza il fatturato ed il profitto d’impresa. Le caratteristiche fondamentali del prezzo sono: - il prezzo è una variabile di facile manovra, ma di difficile gestione (può comportare facili o insanabili squilibri); - il prezzo è una variabile priva di connotati qualitativi, nel senso che tutte le aziende possono usare tale leva senza avere particolari capacità gestionali o di marketing; - il prezzo è una variabile facilmente imitabile dalla concorrenza ed è la manovra più praticata (strategia price-competition: strategia basata esclusivamente sul prezzo; ha un grosso potere destabilizzante per tutto il mercato perché abbassa i livelli di profitto delle imprese e perché una volta innescata è difficile da abbandonare). 81 5.4 Pubblicità e promozione Insieme concorrono a definire la strategia di comunicazione del prodotto, anche se spesso sono erroneamente assimilati. Pubblicità La divulgazione di un messaggio che richiami l’attenzione dei consumatori su un determinato prodotto attraverso l’uso dei media (mezzi di comunicazione). Promozione Attività di breve periodo volta ad incentivare l’acquisto di un prodotto o di un servizio. Le componenti della pubblicità sono: - messaggio pubblicitario: idea che si vuol fare arrivare al consumatore, cioè cosa deve comunicare e su quale aspetto del prodotto far convergere l’attenzione del consumatore (consumatore con determinate caratteristiche: target); - (scelta dei) media, da cui dipende l’ammontare dell’investimento pubblicitario (rapporto costo-contatto medio: costo che l’impresa spende per contattare un utente); - marketing diretto (direct marketing): gli strumenti sono il mailing (invio per posta di materiali, brochure-depliant, messaggi pubblicitari) e il tele marketing (contatto telefonico) con il target di riferimento. Le tipologie o gli strumenti della promozione sono: - i collezionamenti (collecting): con l’acquisto di un prodotto si riceve un certo numero di punti con premio quando si raggiunge un ammontare determinato di punti; - minicollecting: forme di confezionamento brevi, per non stancare il consumatore; - gift on/in pack (regalo sopra o dentro la confezione); - cancella e vinci (scratch off), usata nelle vendite per corrispondenza - concorsi ad estrazione (legata a qualche manifestazione); - altre promozioni: puzzle (combaciamento di una scheda con la scheda madre), ricorrenze, iniziative benefiche, ecc. 82 La pubblicità e la promozione devono sempre tenere in conto la tipologia di prodotto alimentare, la situazione del mercato, la concorrenza, il comportamento del consumatore, devono presentare il prodotto e sostenerlo presso il consumatore ed il mercato (trade, forza vendita, consumatore). La pubblicità e la promozione devono assolutamente complementarsi con la distribuzione e la vendita del prodotto, perché solo in questo modo diventano validi strumenti per ottenere nel breve e nel medio termine volumi di vendita. La pubblicità dovrà pertanto identificare il prodotto, la marca, l’azienda e comunicarli al consumatore. La promozione dovrà informare, convincere e ricordare al consumatore l’utilità e l’esigenza di un prodotto. 5.5 Distribuzione La distribuzione trasferisce il prodotto dalla fonte della produzione fino al cliente finale, attraverso percorsi definiti canali di distribuzione. La scelta della distribuzione e della vendita più efficace è il momento concreto della realizzazione di tutta la politica di marketing ed in particolare del programma del marketing mix. Canale di distribuzione è la modalità con cui il prodotto arriva al consumatore finale. I principali canali di distribuzione sono: - canale diretto: dal produttore al consumatore. - canale corto: tra produttore e consumatore si interpone un rivenditore (negozio o catena di supermercati), in questo caso l’azienda produttrice deve avere una rete di vendita. - canale lungo: tra produttore e consumatore si interpongono almeno due operatori: grossista e rivenditore. Punto vendita struttura immobiliare aperta al pubblico, fissa e con libero accesso dal piano stradale. Dunque non sono punti vendita i banchetti degli ambulanti o le abitazioni private. La giusta distribuzione dipenderà soprattutto dal prodotto, dal settore merceologico alimentare, dalla dimensione dell’impresa, dagli obiettivi aziendali che sono alla base della politica di marketing. 83 Gli obiettivi specifici della politica di distribuzione e vendita sono: volumi e quote di vendita, tecniche di distribuzione, numero di punti vendita, personale di vendita con cui intervenire, ecc. TABELLA RIEPILOGATIVA Cos’è il marketing mix Strategia generale legata alle politiche della qualità, del prezzo, dei canali distributivi, dei servizi e della comunicazione pubblicitaria La politica del prodotto può riguardare il miglioramento dei prodotti l’aggiunta di nuove linee di prodotti l’eliminazione di prodotti in declino l’offerta di nuovi servizi ecc. il miglioramento dei rapporti di comunicazione la riduzione di lamentele e reclami lo sviluppo di nuovi servizi ecc. il miglioramento della qualità della rete distributiva l’aumento dei canali a cui far riferimento il miglioramento della qualità e del numero dei servizi la promozione la pubblicità la propaganda la valutazione del comportamento dei clienti alla variazione del prezzo la reazione alla concorrenza la differenziazione dei prezzi fra segmenti di mercato la differenziazione tra vecchi e nuovi prodotti la preparazione professionale la programmazione e organizzazione del proprio lavoro la gestione diretta dei reclami e dei rapporti con la clientela ecc. La politica per i servizi alla clientela prende in considerazione La politica dei canali distributivi riguarda La politica della comunicazione ha come oggetto La politica dei prezzi riguarda La politica di vendita del personale ha come obiettivo Fonte: M. Lepore, Ma cos’è il Marketing? E come usarlo?. Demetra, 1999. 84 6 IL PRODOTTO 6.1 Concetto definizione e classificazione dei prodotti Prodotto, è un concetto complesso: può consistere in oggetti fisici e tangibili, servizi, persone, località, istituzioni, idee, immagini, simboli. È possibile scomporre il prodotto (totale) in concetti o livelli: • Prodotto essenziale o atteso o prodotto utilità: è la base del prodotto ed esprime o identifica il vantaggio che il consumatore ricava o si attende dal consumo del prodotto; • Prodotto fisico, o tangibile, o sostanziale, o generico: è l’oggetto con le sue peculiarità, le sue modalità costruttive, i suoi connotati, i suoi materiali incorporati, contraddistinti da: qualità, design, colore, confezione, dimensione, specifiche caratteristiche; • Prodotto ampliato: è costituito dalle opportunità, dai vantaggi, dai servizi che accompagnano l’offerta (certificazione, garanzia, assistenza, servizi, tipo di punto vendita, ecc.); • Prodotto potenziale: ulteriori aspetti che potenzialmente possono interessare o attrarre i consumatori (prestigio del produttore, del negozio, ecc.). La scomposizione del prodotto (totale) consente ulteriormente di differenziare i suoi connotati fisici e tangibili (differenziazione sostanziale) dai connotati immateriali ed immaginifici (differenziazione simbolica); quest’ultima addirittura può indurre il consumatore a ritenere che esistano anche differenze nel prodotto fisico o tangibile, come modifiche anche poco rilevanti nelle connotazioni fisiche possono dar vita ad un prodotto nuovo da immettere in nuovi mercati. L’impresa dunque deve vendere benefici, capaci di soddisfare bisogni e desideri, più che semplici prodotti, cioè deve vendere simboli più che prodotti, perché “la gente non compra cose per quello che servono, ma per quello che significano” (Levy 1959). Definizione: prodotto è tutto ciò che può essere offerto ad un mercato, a fini di attenzione, acquisizione, uso o consumo, in grado di soddisfare un desiderio o bisogno. 85 Tre livelli di prodotto: Fonte: Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI,1991. Ogni aspetto del prodotto è legato gerarchicamente ad altri aspetti dello stesso, che dal bisogno di base arriva allo specifico oggetto capace di soddisfare tale bisogno. Si distinguono: 1. Famiglia dei bisogni: il bisogno fondamentale o di base origina la Fame famiglia di prodotto; 2. Famiglia di prodotto: è costituita da tutte le classi di prodotto in grado di Alimenti soddisfare il bisogno fondamentale o di base; 3. Classe di prodotto: gruppo di prodotti che presentano coerenza Ortofrutta, cereali, carne. funzionale; 4. Linea di prodotto: gruppo di prodotti strettamente correlati all’interno di Pane, pasta, o prodotti da forno, o frutta o ortaggi una classe che presentano similarità o omogeneità tecnico-produttiva, ed operano in modo simile, in quanto: soddisfano una medesima fascia di bisogni, o sono complementari nell’uso, o sono offerti attraverso lo stesso tipo di canali, o appartengono ad una stessa fascia di prezzo. 86 5. Tipo di prodotto: gli articoli di una stessa linea di prodotto, o categoria di prodotto che hanno in comune una delle diverse forme che il prodotto Mele, pane può assumere; 6. Marca: il nome associato ad uno o più articoli di una linea, che serve per Melinda identificare l’impresa o le caratteristiche del prodotto; 7. Articolo: un’unità distinta nell’ambito di una marca o di una linea di Varietà di mele: imperatore; tipo di pane: prodotto, riconoscibile per l’aspetto, la dimensione, il prezzo o altro. L’insieme dei prodotti offerti sul mercato da un’impresa costituisce il suo portafoglio prodotti (product mix), o anche assortimento, che può essere più o meno ampio in funzione del numero di linee di prodotto offerte. I prodotti si classificano in base alle caratteristiche in: • Beni non durevoli, prodotti tangibili consumati in una sola volta o in poche volte. Si consumano rapidamente e vengono acquistati frequentemente; • Beni durevoli, prodotti tangibili utilizzati molte volte, acquistati in lunghi intervalli di tempo; • Servizi, sono prestazioni, vantaggi o soddisfazioni offerti in vendita. Sono intangibili, inseparabili, variabili, deperibili. 6.2 Classificazione dei beni di consumo I prodotti si suddividono in beni di consumo e beni industriali; di questi ultimi non ci occupiamo perché fattori destinati all’impiego in attività economiche. I beni di consumo sono prodotti destinati ad essere usati dai consumatori finali, nella loro forma attuale. I beni di consumo si possono suddividere sulla base delle abitudini d’acquisto dei consumatori in tre classi: 1. convenience goods, sono prodotti Vino • conosciuti perfettamente dai consumatori • facilmente reperibili ed acquistabili Alimentari, detersivi, articoli dell’igiene ecc. Hanno normalmente basso prezzo, non sono voluminosi, non sono influenzati dalla moda, non c’è presenza di marca particolare. 87 2. shopping goods, sono prodotti acquistati meno frequentemente dei primi, ma su cui il consumatore effettua confronti di qualità, di peso, di stile, e sono Vino di qualità disponibili in parecchi negozi. Costano di più dei convenience goods (vestiti da donna, casalinghi, calzature, mobili, ecc.). 3. speciality goods, sono prodotti per i quali i consumatori hanno forte Vino Brunello di Montalcino preferenza di marca, impiegano tempo per acquistarli e sono disposti a pagare prezzi alti. Il consumatore sa cosa vuole (es. abiti di alta moda, automobili, certi tipi di elettrodomestici, ecc.). Uno schema sulle caratteristiche delle diverse classi di beni di consumo e sulle considerazioni di marketing è il seguente (Stanton): Caratteristiche dei prodotti Tempi e sforzi di acquisto Tempo speso per pianificare l’acquisto Confronto di prezzo e qualità Frequenza di acquisto Importanza del prodotto Considerazioni di marketing Lunghezza del canale Importanza del dettagliante Numeri di sbocchi di mercato Tasso di rotazione delle scorte Margine lordo Responsabile della pubblicità Importanza dell’esposizione del prodotto nel punto vendita Carattere della affezione alla marca o al negozio Importanza della confezione Tipo di bene Convenience Molto ridotti Molto ridotti No Frequente Shopping Considerevoli Considerevoli Si Non frequente Spesso molto importante Speciality Non si può generalizzare Considerevoli No Non frequente lungo non importante massimo alto basso produttore corto importante limitato basso alto dettagliante corto o diretto molto importante limitato, spesso uno soltanto basso alto congiuntamente molto importante meno importante meno importante marca negozio entrambi molto importante meno importante meno importante Non importante Non si può generalizzare La classificazione dei beni di consumo è, inoltre, basata sulle abitudini di acquisto dei consumatori. Si distinguono in: • beni di convenienza. Acquistati frequentemente con minimo sforzo di acquisto e di comparazione. Possono suddividersi in: - beni ad acquisto corrente, o regolarmente (es. cibi); 88 - beni ad acquisto d’impulso, acquistati senza sforzo di ricerca o di programmazione. Normalmente non si cercano (es. fiori); - beni di emergenza. Si acquistano in caso di bisogno urgente (es. ombrelli in caso di pioggia); • beni ad acquisto saltuario o ponderato. Beni che durante il processo di acquisto il consumatore confronta abitualmente con altri su: qualità, rispondenza al bisogno, prezzo, stile (es. abbigliamento). Si distinguono in: • omogenei, simili per qualità, ma con prezzi diversi (es. camicia di marca) eterogenei, importanti per le caratteristiche, meno per i prezzi (es. orologi da polso); beni speciali. Beni con caratteristiche uniche o identificazione di marca (es. certi beni voluttuari o la Ferrari). Un certo consumatore è disposto a fare un particolare sforzo d’acquisto. Per questi beni non si fa comparazione; • beni non previsti. Beni non conosciuti dal consumatore o che non gli sollecitano interesse (sono i non prodotti, fino a che non vengono con la pubblicità portati alla conoscenza). 6.3 Le strategie di prodotto Le strategie di prodotto comportano decisioni relative alla combinazione di prodotti e al singolo prodotto. 6.3.1 Decisioni relative alla combinazione (o assortimento) di prodotti. Combinazione o assortimento di prodotti è l’insieme dei prodotti offerti da un’impresa (portafoglio prodotti o product mix). La combinazione di prodotti di un’impresa è caratterizzata da 4 dimensioni: 1) ampiezza, numero di linee di prodotto (es. pasta, prodotti da forno, ecc.); 2) lunghezza, numero di prodotti di una linea, o di tutte le linee; 3) profondità, numero di varianti (articoli) di ogni prodotto della linea (diversi formati, diversi colori, combinazione formato per colore, ecc.) 4) coerenza (fra tecnologie e strumenti di marketing), nesso logico-funzionale fra le varie linee di produzione, cioè correlazione fra le varie linee di prodotto riguardo al loro uso finale, alle caratteristiche del processo produttivo, ai canali di distribuzione, ad altri aspetti ancora. Si può avere: • coincidenza per tutte le linee di tecnologia e di strumenti di marketing (es. industria del mobile); 89 • coincidenza di tecnologie e diversità di strumenti di strumenti di marketing (es. articoli per famiglie e articoli per comunità); • coincidenza di strumenti di marketing e diversità di tecnologie (es. prodotti dolciari e da forno); • non coincidenza di entrambi gli aspetti (nel caso di sviluppo diversificato dell’impresa). Nelle decisioni sull’assortimento (combinazione, portafoglio), occorre tenere conto che la numerosità dei prodotti reca vantaggi e svantaggi. Vantaggi: - migliora lo sfruttamento dei costi fissi delle strutture produttive; consente di soddisfare più segmenti di mercato; razionalizza e migliora la capacità commerciale; regolarizza gli andamenti periodici delle vendite; consente di completare gli assortimenti; migliora lo sfruttamento della pubblicità per le famiglie di marche; comporta minore rischi d’obsolescenza dei prodotti; Svantaggi: - comporta produzioni limitate per ogni tipo di prodotto e quindi costi unitari più elevati; - produce difficoltà nell’organizzazione amministrativa; riduce la velocità di rotazione delle scorte; rende necessaria la conservazione degli assortimenti, anche di prodotti poco convenienti; - disperde gli sforzi promozionali; - può produrre fenomeni di cannibalizzazione, cioè un prodotto sottrae fatturato ad altro prodotto. 90 Le strategie connesse con le decisioni sull’assortimento possono essere: 1) Strategie di variazione del portafoglio prodotti: aumento o riduzione delle linee di prodotto e/o la lunghezza e/o la profondità all’interno di una di esse. 2) Strategie di posizionamento del prodotto sul mercato. È una decisione chiave della politica di prodotto. Posizionamento: collocazione del prodotto nel sistema di percezione del consumatore, fa riferimento all’immagine del prodotto rispetto ai prodotti concorrenti ed agli stessi prodotti dell’impresa. Il posizionamento può essere effettuato rispetto ad un prodotto concorrente (confronto, scontro): • in funzione degli attributi del prodotto (durata, confort, gusto, prestazioni, convenienza, ecc..); • in funzione del rapporto prezzo/qualità, utilizzato per prodotti che comportano elevate implicazioni di status sociale (es. capi d’abbigliamento nelle diverse tipologie di punti vendita); • in funzione delle modalità d’uso del prodotto, che consiste nell’associare al prodotto uno specifico uso o consumo o applicazione (es. bevanda dietetica come sostitutivo del pasto o come prodotto integrativo per atleti); • in funzione del mercato obiettivo, segmento di mercato o tipo di consumatore che utilizza il prodotto, (es. distinzione fra shampoo per adulti e per bambini determinata dalla diminuzione delle nascite); • in funzione del confronto con la concorrenza o rispetto ad una categoria di prodotti. Identificazione delle caratteristiche di un prodotto (marca) per differenza rispetto ad un prodotto concorrente (cioè dissociazione). Tale dissociazione può essere generica (es. “siamo i migliori”, “il più venduto”) o specifica (es. “rispetto alla marca X la nostra ha tali caratteristiche”: Sevenup posizionata come unCola, bibita anti Cola, in maniera da distinguerla da altre bevande a base di cola. Il fenomeno del posizionamento è attivamente in essere nel mercato agroalimentare, con il crescente numero di informazioni date sulla confezione del prodotto e sulle capacità nutrizionali. 3) Strategia di espansione dell’assortimento con prodotti appartenenti ad una diversa fascia di prezzo: prodotti a fascia di prezzo più alta, per innalzare l’immagine (strategia del trading-up), prodotti a fascia di prezzo più bassa, per abbassare l’immagine (strategia del trading-down). 91 4) Strategie di differenziazione del prodotto e di segmentazione del mercato. Sono collegate con politiche della “non price competition” in mercati caratterizzati da concorrenza imperfetta o monopolistica. a) La differenziazione ritiene che sul mercato esista una sola curva di domanda, per cui la strategia è di penetrare in ampiezza per assicurarsi uno strato della torta di mercato (in senso orizzontale). L’impresa in questo contesto cerca di rendere il proprio prodotto differente (migliore) da quelli delle imprese concorrenti, sottraendosi alla competizione di prezzo, modificando il design, la confezione, creando una marca, ecc. b) La segmentazione presuppone che il mercato globale sia eterogeneo, ma formato da segmenti omogenei (per desideri, motivazioni e caratteristiche peculiari, cioè non esiste una sola curva di domanda, ma una serie di curve di domanda a cui offrire una pluralità di prodotti ognuno dei quali rivolto ad un particolare segmento (con prezzi diversi). La strategia di segmentazione presuppone dunque la penetrazione in profondità in mercati limitati, per assicurarsi una o più fette della torta di mercato (in senso verticale). 5) Strategie riguardanti l’obsolescenza pianificata ed il fenomeno della moda. Si basa sulla ricerca del nuovo (ma non troppo nuovo) del consumatore, cioè sulla novità (nei prodotti, negli stili, nei colori, ecc.). Si distinguono le seguenti modalità strategiche: a) obsolescenza tecnologica o funzionale (miglioramenti di natura tecnica); b) obsolescenza ritardata (il miglioramento tecnologico viene ritardato fino a che non si verifica una flessione per l’attuale prodotto sul mercato); c) obsolescenza nello stile (è di tipo psicologico o dovuto alla moda: si ottiene modificando alcune caratteristiche superficiali del prodotto). Stile: è un modo specifico di costruire o presentare qualcosa nei campi dell’arte, dei prodotti, del comportamento umano; Moda (legata alla novità e all’eleganza): ogni stile accettato e acquistato da gruppi successivi di consumatori in un periodo ragionevolmente lungo. Non tutti gli stili diventano moda, perché non sempre sono largamente accettati, né hanno lunga durata (in questo caso si parla di capriccio, es. gli orologi Swatch). Gli stili fondamentali non cambiano mai, mentre la moda è in continua evoluzione. 92 6.3.2 Decisioni relative al singolo prodotto Il consumatore quando sceglie i prodotti dà rilevanza sia alle caratteristiche intrinseche, sia ad una serie di elementi che attengono al modo o alle modalità di identificazione, confezionamento, presentazione e assistenza sul mercato (marca, colore, disegno, garanzia, tipo di confezionamento ecc.). Il secondo aspetto è strettamente intercorrelato con le principali funzioni aziendali, influenzandole fortemente. Nelle decisioni (o nelle politiche) relative al singolo prodotto le variabili da considerare sono: attributi del prodotto, marca, confezione, etichetta, servizio alla clientela. 1 - Attributi del prodotto, cioè aspetti tangibili (qualità, caratteristiche, stile): • qualità, rappresenta la capacità del prodotto a svolgere le sue funzioni e comprende: durata, affidabilità, precisione, facilità d’uso e di riparazioni, ed altri, dei quali alcuni misurabili. Dagli anni ’80 il tema della qualità suscita un grande interesse fra i consumatori e per conseguenza fra le imprese: crescente è l’interesse per i cibi freschi, e nutrienti, da buongustai e naturali. La qualità è uno dei più importanti strumenti di posizionamento. • caratteristiche del prodotto, partendo da un modello base il prodotto può avere diverse caratteristiche; servono a differenziare il prodotto dell’impresa da quelli delle imprese concorrenti e pertanto sono un forte strumento competitivo. • stile (o design), dà personalità al prodotto, lo differenzia, lo rende facilmente identificabile, ne aumenta l’attrattiva, la funzionalità e il prestigio; può comunicare valore al consumatore, rendere più semplice la scelta. 2 - Marca (politica di). Aggiunge valore ad un prodotto e pertanto costituisce un aspetto intrinseco della strategia di prodotto. Il termine “marca” è ampio, ma include anche significati circoscritti: • Marca (in senso stretto) (brand) fa riferimento ad un nome, termine, simbolo, disegno (o una combinazione) che ha lo scopo di identificare i prodotti o i servizi di un’impresa, un gruppo di imprese, per differenziarli da quelli dei concorrenti; • Nome di marca (brand name), sono le parole, lettere e/o numeri che possono essere vocalizzati o pronunciati (letti); • Marchio (brand mark), è l’effige di marca, che assume la forma di un simbolo, di un disegno, di un colore o di un tipo di iscrizione o di rappresentazione caratteristico, non pronunciabile, ma di immediato riconoscimento con lo sguardo; 93 • Marchio di fabbrica (trademark), è una marca (o una sua parte) protetta legalmente in quanto ne afferma la proprietà esclusiva di un’impresa; • Copyright, è il diritto legale esclusivo di riprodurre pubblicare e vendere la sostanza e la forma di un’opera letteraria, musicale o artistica. Le origini della marca risalgono alle corporazioni medievali. In campo artistico praticamente è sempre esistito, con la firma dell’artista. In USA l’uso della marca risale alla Guerra Civile per le produzioni medicinali e soprattutto a dopo questa guerra per il crescere del mercato con l’ampliamento della nazione (Stati Uniti). Alcune di quelle esistono tutt’oggi: “latte condensato Borden”, “Quaker Oats”, “Vaseline”, “Ivory Soap”. Lo sviluppo della marca è tale che oggi non vi è prodotto che ne sia privo. La marca è uno strumento di identificazione del prodotto che può essere reclamizzato con la pubblicità, assicura il riconoscimento immediato del prodotto sul punto vendita, riduce la possibilità di fare confronti di prezzo, può conferire un certo prestigio a prodotti comuni, che altrimenti potrebbero apparire “banali” (es. banane Cichita, arance Riberella, pompelmi Jaffa, mele Melinda, pasta Barilla o DeCecco), costituisce pertanto un mezzo per accrescere la vendibilità dei prodotti. Addirittura oggi sono ricomparsi prodotti di consumo fondamentali privi di marca, con confezioni semplici ed inserzioni meno costose (es. spaghetti, tovaglioli di carta, pesche in scatola, ecc.). Il minore prezzo è reso possibile da ingredienti di qualità inferiore, da minori costi di confezionamento, da pubblicità ridotta al minimo (come per i prodotti alimentari generici, che costituiscono minaccia per le marche di prezzo elevato). Si distinguono le: ► marche industriali, che si distinguono ulteriormente in: o Marca del produttore, prodotti messi in vendita con il nome dell’impresa; o Marca del licenziante, prodotti messi in vendita con il nome di un’altra impresa (licenziante) sulla base di licenze ottenute (nella affiliazione o franchising); o Marca terzista, prodotti messi in vendita da un’impresa manifatturiera, ma realizzati da una o più imprese esterne non controllate, (pasta Barilla prodotta da Poiatti); ► marche commerciali, le imprese commerciali pongono in vendita con il proprio nome prodotti realizzati da imprese manifatturiere fornitrici. 94 La marca consente di conseguire molteplici vantaggi: • all’impresa produttrice: esemplificazioni del processo di evasione degli ordini, protezione per certe caratteristiche di unicità del prodotto, possibilità di attirare un fedele e redditizio gruppo di clienti (fedeltà alla marca offre una certa protezione dalla concorrenza), facilita la segmentazione del mercato, consolida e sviluppa la propria immagine complessiva. • all’impresa commerciale: di aumentare il controllo del mercato (il consumatore trova solo in quei punti vendita il prodotto con quella marca); di vendere i propri prodotti di marca a prezzi inferiori a quelli dei corrispondenti prodotti industriali (per le quantità approvvigionate a prezzi vantaggiosi, per minori costi di pubblicità e distribuzione, ecc.). Nei confronti delle marche industriali l’impresa commerciale ha preferenza perché la marca è un mezzo per accrescere la vendibilità dei prodotti, per identificare i fornitori, per mantenere stabile il livello qualitativo della produzione, per sviluppare le preferenze dei consumatori. I consumatori preferiscono le marche perché consentono di identificare le differenze di qualità e di acquistare in modo più efficiente. Le aziende che vendono una pluralità di prodotti possono distinguere quattro strategie di prodotto: usare una stessa marca (denominazione dell’impresa, marca di famiglia) per tutti i prodotti (es. Kodak); usare marche differenti (marche individuali) per ciascun prodotto (es. la Procter e Gamble per Dash e Aci); usare marche separate (denominazioni diverse) per varie linee o gruppi di prodotti che costituiscono il product-mix dell’impresa (es. Barilla, con Mulino bianco e Pasta Barilla); usare insieme in combinazione la denominazione (nome) dell’impresa e la denominazione individuale (nome specifico di marca) del prodotto (es. Ferrero: Nutella; Ferrero: Mon chèri). La denominazione deve costituire parte integrante del prodotto; serve per lanciare prodotti modificati o nuovi e per introdurre nuove dimensioni, nuove confezioni, nuovi gusti o modelli, ecc. (estensione della marca), riduce i costi della promozione, determina una risposta immediata al prodotto. Dopo un certo numero di anni alcune marche acquistano notorietà e diffusione tali che il nome della marca viene usato in sostituzione del nome generico di quel particolare prodotto. I consumatori così associano il nome al prodotto (es. Nutella e non cioccolata da spalmare) e non al produttore che ha applicato la marca. 95 Vi sono molti esempi di nomi di marca che si sono trasformati in nomi generici e vengono usati in senso merceologico (aspirina, linoleum, Kerosene, nylon, kleenex, hag, ecc.). Tali nomi di marca in origine legalmente protetti, oggi hanno perso capacità di distinzione e vengono usati da tutte le aziende, anche perché è scaduto il periodo di protezione. La trasformazione in nome generico non è un fatto positivo per l’impresa, per cui per evitare inconvenienti si usa il nome di marca con il nome dell’azienda (es. Nutella Ferrero, Bel Paese Galbani) oppure il nome di marca con il nome generico (es. Bitter analcolico San Pellegrino). Per quanto una marca possa essere ben posizionata su un mercato, dopo un certo tempo può rendersi necessario un riposizionamento (è il caso di Seven-Up). 3 - Confezione. La confezione (Package) per l’importanza che riflette nella commercializzazione è stata definita la quinta P del marketing mix, ma anche un “venditore silenzioso”, in quanto sul punto di vendita nella tecnica di libero servizio è un fattore convincente. Il confezionamento (Packaging) è l’insieme delle attività di progettazione, di design e di produzione dei contenitori (o degli involucri) per mettere in commercio i prodotti. La confezione serve a proteggere il prodotto e la sua funzionalità dal momento che esce dalla fabbrica fino all’acquisto del consumatore e oltre (cioè fino al suo utilizzo), ed inoltre serve ad identificare il prodotto, a differenziarlo rispetto a quelli concorrenti, a ridurre i costi ed aumentare le vendite al dettaglio. La confezione (o contenitore) comprende tre livelli: • confezione primaria per il prodotto posto in vendita, è il contenitore vero e proprio (es. la bottiglia); • confezione secondaria, è la scatola di cartone che contiene la bottiglia; • imballaggio, comprende i materiali per il magazzinaggio, per l’identificazione e per il trasporto. Diverse ragioni hanno contribuito all’utilizzo della confezione come strumento di marketing: • libero servizio, dove la confezione deve svolgere molte funzioni di vendita: attirare l’attenzione, descrivere le caratteristiche del prodotto, ispirare fiducia, dare un’impressione favorevole; • benessere (vantaggi) del consumatore, che richiede nella confezione comodità, aspetto, affidabilità, prestigio; 96 • immagine di marca, serve a riconoscere immediatamente una marca o un’impresa; • opportunità innovative, una confezione innovativa può portare vantaggi al consumatore e profitti per il produttore (es. migliora la consumabilità del prodotto o il suo uso: lattine con apertura a strappo, tetrabrik per il vino). Le decisioni riguardanti la confezione sono: • concetto di confezione, cioè cosa deve essere o fare per il prodotto (protezione, distribuzione, suggerimenti per la qualità, ecc.); • dimensioni; • forma (design), che spesso costituisce l’unica differenziazione del prodotto ed è un forte impulso promozionale di vendita; • materiale; • colore, rappresenta spesso l’elemento decisivo nel determinare l’accettazione o il rifiuto del prodotto da parte del consumatore; • testo e marchio di fabbrica: etichetta. 4 - Etichetta. L’etichetta, è quella parte della confezione che riporta scritte le informazioni sull’articolo, sul prodotto e sul produttore; può essere costituita da un grafico che fa parte della confezione o da un semplice cartellino applicato al prodotto (collarino, bollino, ecc.). Svolge diverse funzioni: • identificazione del prodotto o della marca (fondamentale); • classificazione per categoria; • descrizione delle caratteristiche del prodotto (fonte, luogo ed epoca di produzione, contenuto, destinazione, scadenza, norme di sicurezza ecc.); • promozione del prodotto, con la grafica accattivante; e pertanto si distinguono in: • etichette di identificazione • etichette di classificazione • etichette descrittive • etichette promozionali Esiste una stretta relazione dunque fra confezione, etichetta, marca. 97 5 - Servizio alla clientela. L’offerta di un prodotto nel mercato include servizi, che possono variare da prodotto a prodotto. Le offerte si distinguono: • puro bene tangibile (es. sapone, sale): nessun servizio; • bene tangibile associato a servizi per aumentare l’attrattiva del prodotto. Quanto più il prodotto è tecnologicamente sofisticato tanto più le vendite dipendono dalla disponibilità dei servizi (servizi di assistenza, riparazione, ecc.); • servizio fondamentale con associati beni (tangibili) e servizi di secondaria importanza (es. volo aereo con assicurato cibo e bevande, riviste, ecc.); • puro servizio (es. psicoterapia). Servizio è un’attività o vantaggio la cui natura è essenzialmente intangibile e non implica la proprietà di alcunché. La sua produzione può essere legata più o meno ad un prodotto fisico. I servizi hanno quattro caratteristiche: • intangibilità • inseparabilità • variabilità • deperibilità Si classificano in: • servizi basati sulle persone (es. portineria); • servizi basati sulle attrezzature (es. autolavaggio); • servizi che richiedono la presenza del cliente (es. visita medica); • servizi che non richiedono la presenza del cliente (es. riparazione auto); • servizi che soddisfano bisogni personali (es. visita medica privata); • servizi che soddisfano bisogni professionali (es. convenzione medica fra imprese e medici per i dipendenti). 98 7 IL CICLO DELLA VITA DEL PRODOTTO 7.1 Il concetto Il ciclo di vita di un prodotto (o servizio) esprime l’andamento nel tempo delle vendite e della redditività, ciò significa che: i prodotti hanno vita limitata; le vendite attraversano fasi distinte; i profitti aumentano o diminuiscono durante queste fasi; le strategie di marketing, finanziarie, di produzione, di acquisti e di personale variano nelle diverse fasi. L’esistenza e la durata del ciclo dipende da una serie di fattori: settore merceologico (natura, categoria, tipo, ecc. del prodotto); concorrenza; progresso tecnologico; comportamento del consumatore; situazione del mercato. La conoscenza delle diverse fasi del ciclo di vita consente di controllare l’andamento delle vendite, assumere una determinata politica di vendita, individuare il momento in cui intervenire per prolungare la durata del ciclo (creando nuovi canali di distribuzione, acquisendo nuovi consumatori, modificando le caratteristiche del prodotto) o per estinguere il ciclo (del prodotto). Il ciclo di vita dei prodotti alimentari è variabile in relazione al successo conseguito: un prodotto di successo ha un ciclo di vita non inferiore ai cinque anni, e può essere indefinito, non di successo esaurisce il ciclo in due anni circa. La storia delle vendite di un prodotto generalmente si presenta a forma di esse. Il ciclo di vita del prodotto si sviluppa attraverso 4 fasi o stadi: 99 ► introduzione o lancio: periodo di crescita delle vendite lento. Il prodotto è nuovo ed inizia i primi contatti con il mercato. I costi sono sostenuti perché il lancio richiede investimenti nei settori distributivo e promozionale per far conoscere il prodotto ai potenziali consumatori. Anche i costi di produzione sono elevati per le modeste quantità prodotte. Il fattore prezzo è determinante nel caratterizzare l’andamento delle vendite, tenuto conto della concorrenza di altri prodotti già sul mercato. La redditività è negativa per conseguenza. ► crescita (o sviluppo, o espansione): periodo di rapida accettazione del prodotto da parte del mercato. Le vendite sono in aumento progressivo per effetto della pubblicità e dell’informazione, per le migliorate tecnologie di produzione, per la più ampia presenza nella distribuzione. I costi unitari sono in diminuzione. I profitti sono in crescita. In questa fase sono in piena azione tutte le attività di produzione, di marketing, di commercializzazione; è la fase della conquista del segmento mercato o della nicchia prescelta. La concorrenza incomincia ad ostacolare la crescita utilizzando lo strumento del prezzo, unico espediente che può frenarne l’andamento. ► maturità: il tasso di crescita rallenta, il prodotto è conosciuto e collocato sul mercato. La redditività continua ad aumentare, ma a ritmi inferiori ai precedenti. I costi promozionali e pubblicitari diminuiscono perché si è creata la domanda. I prezzi si sono stabilizzati. La concorrenza si fa agguerrita ed inizia la guerra dei prezzi. ► declino: le vendite diminuiscono per effetto della concorrenza, per obsolescenza del prodotto, per il progresso tecnologico, per il variare del comportamento del consumatore. I prezzi diminuiscono velocemente, i costi di produzione aumentano, i profitti diminuiscono fino ad annullarsi. L’impresa esce dal mercato. A queste fasi fondamentali si possono aggiungere altre due fasi distinte: • la pre-fase di studio o di sviluppo del prodotto: è la fase o stadio di ideazione, studio, ricerca, creazione, sperimentazione, messa a punto di un prodotto innovativo o nuovo ed è la fase dello studio del mercato, della concorrenza, del consumatore. Comporta investimenti più o meno notevoli. • fase di saturazione: è la fase successiva alla maturità e precedente al declino. Le vendite sono stazionarie, il prodotto incomincia ad essere superato. La redditività diminuisce per i maggiori costi promozionali per mantenere viva la domanda e per difendersi dalla concorrenza. 100 Il ciclo di vita del prodotto pertanto può così rappresentarsi: 101 Non tutti i prodotti evidenziano un ciclo di vita ad S; una forma è lo schema ciclo-riciclo, dove il riciclo ha ampiezza e durata inferiore al ciclo primario, perché dovuto ad una spinta promozionale durante la fase di declino: Un altro schema è a balzi, dovuti a nuove caratteristiche di prodotto, nuovi usi, altri utilizzatori: Non è facile determinare l’inizio e la fine di una fase e comunque l’intensificarsi della concorrenza contrae la lunghezza del ciclo. Il concetto del ciclo di vita può essere utilizzato per analizzare una categoria di prodotti (es. pane), una forma di prodotto (es. rosetta), una marca (es. Granpane, della Coop. Valle del Dittanio). Le categorie di prodotto alimentare hanno cicli di vita lunghi, specialmente nella fase di maturità essendo correlati con la popolazione (es. pane) 102 La forma di prodotto tende ad assumere l’andamento standard, mentre le marche hanno cicli più corti. Si distinguono inoltre cicli di vita differenti in relazione a: • Stile, (design, modo specifico di costruire o presentare un prodotto), dopo che è inventato può durare a lungo (per generazioni), tornando e uscendo di moda (vari periodi di interesse); es. abbigliamento: formale, casuale, ecc.; es. yogurt: naturale, alla frutta. • Moda (legata alla novità ed alla eleganza), è uno stile comunemente accettato o popolare, che attraversa 4 fasi: distinzione [usato da pochi (personaggi leader), e da una impresa]; emulazione (molti imitano i personaggi leader, altre imprese iniziano a produrre); massa (usato da molti, è diventato popolare, molte imprese lo producono); declino (i consumatori abbandonano, perché attirati da altre mode), esotica. 103 Es. jeans; frutta • Entusiasmo passeggero: sono mode rapidamente adottate, ma altrettanto rapidamente abbandonate (capricci che non rispondono a bisogni). Es. orologi swatch. L’applicazione del concetto di ciclo di vita è utile per: le previsioni di vendita di nuovi prodotti; la determinazione di politiche distributive, promozionali, di prezzo; la pianificazione a medio termine della politica dei prodotti. Nel ciclo di vita dei prodotti alimentari la durata delle fasi varia in relazione al tipo (categoria) di prodotto, al settore merceologico, alla reazione delle aziende alle nuove situazioni di mercato. I fattori che influenzano la lunghezza di ciascuna fase sono: • per il tempo di sviluppo o studio del prodotto: la tecnologia. È più breve e meno costoso per prodotti a bassa tecnologia o di routine (es. nuove merendine), e viceversa per i prodotti ad alta tecnologia; • per il tempo di introduzione e crescita: la distribuzione, i servizi, l’accettazione dei consumatori. È breve se non si richiedono nuovi canali, servizi, trasporti e comunicazione, e se i consumatori sono interessati; 104 • per il tempo di maturità: tecnologia, gusti dei consumatori, leadership dell’impresa sul mercato. È lungo se la tecnologia ed i gusti dei consumatori sono stabili e l’impresa mantiene la leadership sul mercato. • per il tempo di declino: tecnologia, gusti dei consumatori, velocità di uscita delle imprese dal mercato. È lungo se la tecnologia ed i gusti dei consumatori cambiano lentamente, e le imprese escono difficilmente dal mercato [per gli investimenti fatti o per aiuti pubblici (es. imprese vitivinicole (cantine sociali con il ripianamento delle passività onerose), agrumarie)]. 7.2 Le stategie di marketing Il prodotto alimentare non è statico, la sua dinamicità dipende dalla politica di prodotto e dal marketing mix, per cui il suo ciclo di vita dipende dalla evoluzione del mercato e del consumatore. Le strategie di marketing nel ciclo di vita del prodotto devono avere riguardo alle diverse fasi: 1 Introduzione o lancio. Inizia quando un nuovo prodotto entra nella distribuzione. La crescita delle vendita è lenta (in specie per i prodotti alimentari) per: • ritardi nell’espansione della produzione; • problemi tecnici (eliminazione di difetti) nel prodotto e nella produzione; • ritardi nell’organizzazione della distribuzione al dettaglio; • riluttanza del consumatore a modificare i suoi schemi di comportamento; • per numero limitato di acquirenti (nel caso di alti prezzi). In questa fase si ha un basso volume di vendite ed alti costi di distribuzione e di promozione per fare conoscere il prodotto al consumatore e per indurlo a comprare e per assicurarne la distribuzione al dettaglio. I profitti sono negativi o comunque bassi, anche se i prezzi tendono ad essere molto alti (per i costi di produzione alti : per la produzione limitata, per problemi tecnologici e per i costi di promozione alti). Un esempio è il vino per le cantine sociali: non fanno vino imbottigliato perché dovrebbero imporre un prezzo elevato, ma così non fanno strategia di impresa (produzione) e di marketing. 105 Le strategie di marketing devono avere riguardo al : • prodotto, è l’elemento fondamentale per le sue caratteristiche di qualità, affidabilità, presentazione, igiene ecc. È da queste che dipende l’immagine di prodotto ed a questa è legato il successo; • prezzo, la politica di prezzo deve essere aderente al mercato; • distribuzione, si tratta di scegliere i canali distributivi più attivi e più appropriati al tipo di prodotto; • pubblicità e promozione, sono gli unici mezzi a disposizione per far conoscere il prodotto al consumatore ed al sistema distributivo. Ad esempio si considerino prezzo e promozione. Le strategie possibili sono 4: PREZZO PROMOZIONE ALTA BASSA (prodotto non conosciuto) (prodotto conosciuto) ALTO Scrematura rapida Scrematura lenta BASSO Penetrazione rapida Penetrazione lenta • mercato con dimensioni ridotte, alto prezzo, poca concorrenza mercato vasto, basso prezzo, concorrenza alta scrematura rapida (prezzo e promozione alti). Il prezzo alto serve a recuperare il massimo profitto unitario lordo possibile e si può fissare quando chi è disposto all’acquisto è ansioso di acquistarlo e può pagarlo. Le spese di promozione elevate servono a convincere il mercato, accelerandone la conoscenza (penetrazione), e per combattere la concorrenza costruendo una preferenza di marca (politica di marca). • scrematura lenta (prezzo alto e promozione bassa). Si può adottare quando il prodotto è conosciuto, il mercato ha dimensioni limitate, i consumatori sono disposti a pagare il prezzo elevato, non vi è ancora concorrenza significativa. Lo scopo è di realizzare alti profitti. • penetrazione rapida (prezzo basso, promozione alta). Si segue quando il mercato è vasto (medio-grande dimensione), il consumatore non conosce il prodotto ed è sensibile al prezzo, esiste una forte concorrenza potenziale; all’aumentare delle quantità prodotte diminuiscono i costi unitari (economie di scala) anche per effetto dell’esperienza accumulata. Si attua per realizzare una rapida affermazione sul mercato e per acquisire una elevata quota di mercato. 106 • penetrazione lenta (prezzo e promozione bassi). Si può adottare quando il mercato è vasto, il consumatore conosce il prodotto ed è sensibile al prezzo, esiste una forte concorrenza potenziale. La domanda deve avere una elevata elasticità rispetto al prezzo ed una bassa elasticità rispetto alla promozione. Lo scopo è di accelerare l’accettazione del prodotto da parte del consumatore senza sviluppare il livello promozionale, realizzando così un controllo dei costi ed un conseguente aumento del profitto. 2 Crescita ( o sviluppo, o espansione). È caratterizzata da un rapido aumento delle vendite perché i primi consumatori apprezzano il prodotto e sono seguiti da molti altri, e perché molte imprese commerciali entrano nel mercato attratte dalle opportunità di profitto. I punti vendita per conseguenza aumentano. I prezzi rimangono stabili o diminuiscono perché la domanda aumenta rapidamente, i costi della promozione rimangono stabili, ma il rapporto costi promozione/vendite diminuisce. I profitti crescono poiché i costi unitari di produzione e di promozione diminuiscono più velocemente dei prezzi, anche per l’effetto della curva di esperienza. Le strategie di marketing devono avere riguardo al: prodotto, deve mantenere migliorate le caratteristiche iniziali; prezzo, deve mantenere il livello iniziale o per politiche promozionali momentaneamente diminuire; distribuzione, deve essere massima; pubblicità e promozione, devono sostenere il prodotto. Per mantenere il più a lungo possibile la crescita del mercato le strategie devono: o migliorare le qualità del prodotto, aggiungere nuove caratteristiche e nuovi modelli (innovazioni tecnologiche); o entrare in nuovi segmenti di mercato; o migliorare la rete distributiva ed entrare in nuovi canali; o esplicare nuove attività promozionali per convincere all’acquisto (e dunque non solo per la diffusione della notorietà); o abbassare i prezzi per richiamare la clientela più sensibile ai prezzi. 107 Gli effetti possono essere i seguenti: 3 Maturità. Il tasso di crescita delle vendite diminuisce e la durata è più lunga delle fasi precedenti. Questa fase si può scindere in 3 periodi: • maturità della crescita, il tasso di crescita diminuisce per la saturazione della distribuzione; • maturità stabile, le vendite procapite sono stabili ed il mercato saturo. Le vendite dipendono dall’aumento della popolazione e dalla domanda di sostituzione. • maturità di decadimento, le vendite diminuiscono perché i consumatori diminuiscono gli acquisti; la concorrenza si inasprisce per sovrapproduzione delle imprese (con sconti e prezzi fuori listino, aumento della pubblicità, offerte speciali, aumenti delle spese per ricerche e sviluppo sul prodotto). I profitti diminuiscono e le imprese deboli incominciano ad uscire dal mercato. Le strategie di marketing devono avere riguardo a : • prodotto, il livello qualitativo è livellato per cui occorre caratterizzarne gli attributi qualitativi; la concorrenza è ormai presente ed agguerrita; 108 • prezzo, propensione a diminuirlo, salvaguardando però il livello qualitativo per rafforzare l’immagine dell’impresa; • distribuzione, qualificare i punti vendita profittevoli ed eliminare quelli non economici; • pubblicità e promozione, fare campagne pubblicitarie ben mirate per differenziarsi dalla concorrenza (interventi promozionali:sconti, premi, omaggi, concorsi, ecc.). Le strategie di marketing che possono attuarsi riguardano: • le modifiche di mercato: sviluppare il mercato della marca operando sui due fattori che determinano il volume di vendita: volume = n q n = numero dei consumatori q = consumo medio procapite n si può aumentare conquistando nuovi consumatori nello stesso segmento (sottraendoli alla concorrenza), entrando in nuovi segmenti di mercato. q si può aumentare attraverso l’uso più frequente (es. bere succo di arancia durante il giorno e non solo a colazione), maggiore uso nelle occasioni di consumo, usi nuovi e più vari (in cucina, nella gastronomia, nelle ricette, con informazioni sulle etichette). • le modifiche di prodotto, per attrarre nuovi clienti o per aumentare le occasioni d’uso, attraverso: o miglioramento della qualità (durata, affidabilità, sapori, richiamo: come più grande, più forte, migliore). È il cosiddetto lancio “plus” del prodotto alimentare; o miglioramento delle caratteristiche (dimensioni, peso, materiali, additivi, accessori, sicurezza), per render più confortevole e sicuro l’utilizzo; o miglioramento di stile (linea, design, colore) per rendere più attraente l’aspetto estetico del prodotto, come nel caso dei cibi confezionati. • le modifiche di marketing mix : riguardano le politiche di prezzo, l’espansione nei punti vendita, le politiche promozionali e pubblicitarie, il personale di vendita, l’assistenza ai clienti, ecc. 4 Declino. Tutti i prodotti declinano nei tipi, nelle marche; è più lento per i prodotti alimentari e più rapido per i prodotti ad alta tecnologia. Le vendite diminuiscono per varie ragioni: progressi tecnologici, mutamenti nei gusti dei consumatori, aumento della concorrenza. 109 Diminuiscono le vendite, i profitti e le imprese escono dal mercato. Le strategie devono avere riguardo a : • prodotto, che va sostenuto qualitativamente anche per assicurare il lancio di un nuovo prodotto e conservare l’immagine dell’azienda; • prezzo, evitare la svendita, anche se diminuisce; • distribuzione, rifornisce i punti vendita dove la domanda continua ad essere sostenuta; • pubblicità e promozione, evitare interventi di pubblicità ed effettuare quelli promozionali per smaltire gli stocks rimasti. Le strategie di marketing devono identificare i prodotti (punti) deboli e poi decidere il da farsi (interventi finanziari, aspettare cambiamenti del mercato, realizzare liquidità, eliminare il prodotto). La teoria del ciclo di vita ha molti critici perché gli schemi sono troppo variabili, le fasi non hanno durata prevedibile, il ciclo di vita è il risultato non la causa delle strategie di marketing dell’impresa. LE DIVERSE STRATEGIE NELLE FASI DEL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO INTRODUZIONE CRESCITA MATURITA’ DECLINO • • • • rapida scrematura bassa scrematura rapida penetrazione lenta penetrazione • migliorare la qualità • sfruttare altri segmenti di mercato • sfruttare nuovi canali distributivi • ridurre il prezzo in particolari momenti • introdurre nuove tecniche di convincimento all’acquisto • modificare il prodotto • modificare il mercato • modificare il marketing mix • identificare i punti deboli per eventuali interventi finanziari • mantenere invariati gli investimenti in attesa di eventuali cambiamenti di mercato • sfruttare gli investimenti per realizzare liquidità • eliminare il prodotto Fonte: M. Lepore, Ma cos’è il marketing, Demetra, 1999. Esistono delle Azioni correttive per prolungare il ciclo di vita di un prodotto: Poco prima della saturazione, apportando delle modifiche, si può aumentare il raggio d’azione del prodotto e quindi stimolare un nuovo periodo di crescita della curva. Quando la curva comincia a scendere si può sviluppare un nuovo mercato per il prodotto in modo da prolungare il suo ciclo di vita (fase di rivitalizzazzione). Inoltre Attraverso il perfezionamento del prodotto, l’ampliamento delle versioni del prodotto, lo sviluppo del mercato, ecc. si possono stimolare periodi di crescita (prolungano il ciclo prima dello stadio di maturità) del prodotto stesso. 110 Interventi e politiche di marketing nel ciclo di vita del prodotto Studio Predisposizione impianti Lancio Politica di distribuzione Politica di Studio prodotto prodotto Ricerca di Politica di marketing prezzo Politica di Test di mercato comunicazione Politica di Politica di prodotto promozione Politica di Piano di vendita marketing Piano di Controllo marketing Controllo Espansione Maturità Saturazione/ declino Piano di Politica marketing prezzo Potenziamento Politica di Politica impianti produttivi prezzo promozione Politica di Politica di distribuzione promozione Politica di Controllo comunicazione Politica di promozione Piano di marketing Controllo Fonte: A. Foglio, Il marketing agroalimentare. Franco Angeli;1997. Ciclo di vita di un prodotto e lancio del prodotto alternativo Fonte: A. Foglio, Il marketing agroalimentare. Franco Angeli;1997. 111 di di Strategie di marketing nelle varie fasi del ciclo di vita dei prodotti alimentari Fonte Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI 112 Ciclo di vita del prodotto Caratteristiche Introduzione Vendite scarse Vendite Costi Profitti Clienti Concorrenti Alto costo cliente Negativi Innovatori Pochi Crescita Vendite rapidamente crescenti per Costo medio per cliente Crescenti Adottanti iniziali In numero crescente Maturità Declino Picco delle vendite Vendite in declino Basso costo per Basso costo cliente cliente Alti Declinanti Maggioranza Ritardatari Numero stabile che In riduzione inizia a ridursi per Obiettivi di marketing Creare la Massimizzare conoscenza del quota di mercato prodotto e la propensione alla prova dello stesso la Massimizzare il Ridurre le spese e profitto, difendendo “mungere” il la quota di mercato prodotto Strategie Prodotto Prezzo Offrire estensioni del Offrire un prodotto prodotto, servizi base garanzia Prezzo determinato Prezzo per penetrare sulla base del “costnel mercato plus” Realizzare Distribuzione distribuzione selettiva una Realizzare distribuzione intensiva Eliminare i prodotti deboli Prezzo per pareggiare o battere Tagliare i prezzi la concorrenza Essere una Realizzare una selettivi:eliminare i distribuzione più punti di vendita non intensiva redditizi Realizzare la Realizzare conoscenza del consapevolezza e prodotto fra gli Pubblicità interesse nel mercato adottanti iniziali e i di massa rivenditori Usare un’intensa per Promozione promozione vendite Ridurre approfittare per spingere alla vendite dell’elevata domanda prova del prodotto Fonte Ph. Kotler, Marketing Management. ISEDI 113 Diversificare marche e modelli Sottolineare le Ridurre al livello di differenze e i mantenimento dei vantaggi della clienti ultra fedeli marca Aumentare incoraggiare conversione marca per la Ridurre a un livello di minimo 7.3 Ciclo di vita del prodotto e Portafoglio prodotti Nel ciclo di vita di un portafoglio prodotti si evidenzia un momento (P), per ogni impresa, in cui: un prodotto è in fase di declino, un altro è in fase di maturità, uno nella fase di saturazione, uno nella fase d’introduzione. Nel lungo periodo, un’impresa dovrebbe mirare ad un tasso di crescita degli utili (profitti) continuo, introducendo nuovi prodotti con una giusta sequenza temporale. Poiché : Scopo del portafoglio prodotti: bilanciare le fasi di crescita; il cash flow (flusso di cassa) – usato per indicare la differenza tra incassi e pagamenti (flusso di cassa netto); i rischi dell’impresa. Al crescere o al contrarsi dei mercati i singoli prodotti attraverseranno una fase di progresso o di declino, questo comporta il continuo cambiamento della composizione del portafoglio prodotti. Revisione continua del portafoglio prodotti. Le decisioni sulla strategia prodotto/mercato devono essere prese all’interno del portafoglio prodotti, così da ottenere un equilibrio tra prodotti nella fase di crescita, prodotti nella fase di maturità e prodotti in declino. Il concetto del CVP può essere adottato dalle imprese come un utile strumento per la descrizione del funzionamento dei prodotti e dei mercati. L’adozione di tale concetto ai fini della previsione delle prestazioni del prodotto o per lo sviluppo delle strategie di marketing presenta alcuni problemi di ordine pratico. Individuare lo stadio in cui si trova un prodotto o localizzare con precisione il passaggio da uno stadio al successivo può risultare tutt’altro che semplice. Le decisioni sulla strategia prodotto/mercato devono essere prese all’interno del portafoglio prodotti, così da ottenere un equilibrio tra prodotti nella fase di crescita, prodotti nella fase di maturità e prodotti in declino. In quest’ottica, nell’ambito della pianificazione strategica, l’attività principale è l’analisi del portafoglio di attività, nella quale i dirigenti effettuano una valutazione dei 114 prodotti e delle attività attuali dell’impresa. L’obiettivo è di destinare risorse consistenti alle attività più redditizie e ridimensionare o tagliare le attività più deboli. Il primo passo è l’individuazione dei settori di attività principali, definiti strategic business units (SBU) o aree strategiche d’affari. Una SBU è un’unità operativa dell’impresa con una missione e obiettivi specifici, la cui attività può essere pianificata indipendentemente dagli altri settori. Le SBU possono essere divisioni aziendali, linee di prodotto all’interno di una divisione o anche singole marche o prodotti. Lo stadio successivo dell’analisi del portafoglio consiste nella valutazione delle potenzialità di ciascuna SBU e nella ripartizione delle risorse. Lo scopo della pianificazione strategica è scoprire come sfruttare al meglio i propri punti di forza per cogliere le opportunità dell’ambiente esterno. La maggior parte dei metodi di analisi del portafoglio attengono a due parametri fondamentali: l’attrattività del mercato o del settore della SBU e la stabilità della sua posizione in quel mercato o settore. Il metodo più conosciuto per la pianificazione del portafoglio di attività è stato elaborato dal Boston Consulting Group (BCG). Quota di mercato: è la fetta di mercato posseduta dall’impresa in rapporto all’area geografica e/o al periodo temporale. Indica la percentuale delle vendite di un’impresa sul totale delle vendite di un prodotto o settore. Crescita di mercato: rappresenta l’incremento delle vendite di tutte le imprese operanti sul mercato. Matrice di Boston C R E S C I T A alta Star Wildcat bassa Cash Cow Dog alta bassa QUOTA In particolare, La crescita di mercato di un’impresa misura il tasso medio annuale di crescita di tutti i mercati in cui l’impresa è presente. Rappresenta l’incremento delle vendite del suo prodotto. 115 I tassi di crescita possono essere differenti ed indicare la performance dell’impresa. La “Matrice di Boston” (costruita dal Boston Consulting Group) misura la performance dell’impresa, riflette la quota e la crescita relativa di un’impresa sul mercato. L’asse della crescita di mercato rappresenta il tasso medio annuale di crescita di tutti i mercati in cui l’impresa è presente. La quota di mercato rappresenta la misura del dominio di una impresa rispetto a quelle concorrenti. • Prodotto “Star” (stella): ha raggiunto una quota di mercato alta e genera grossi profitti. Mercato in forte crescita, forte impiego di risorse finanziarie. • Prodotto “Wildcat” (rischioso) o “question mark” (punto interrogativo): non ha mai ottenuto o ha ormai perso una posizione dominante sul mercato. In un mercato in forte crescita per mantenere la posizione di mercato l’impresa deve sostenere forti investimenti finanziari. • Prodotto “Cash Cow” (mucca da soldi): è un leader nei mercati a lento sviluppo, come i mercati maturi, genera notevoli risorse finanziarie e rappresenta la più vantaggiosa fonte di entrate per un’impresa. Per mantenere la posizione di mercato, l’imprese deve fare solo delle piccole correzioni nelle strategie. • Prodotto “Dog” (cane): rappresenta una perdita finanziaria per l’impresa sia perché la crescita del mercato è bassa o inesistente, sia perché i costi della concorrenza sono più bassi. Sono prodotti con poche possibilità di futuro. E’ un prodotto destinato al ritiro, tranne nel caso in cui è essenziale per sostenere la vendita di altre imprese. Riguardo il Flusso finanziario: prodotti “star”: flusso finanziario zero, sono in grado di autofinanziarsi; prodotti “wildcat”: non sono ancora in grado di generare utili, rappresentano una perdita di cassa; prodotti “cash cow”: producono profitti per l’impresa; prodotti “dog”: non generano flussi, non rappresentano né un utile, né una perdita. I prodotti dovrebbero essere in grado di trasformarsi da wildcat in star per poi diventare delle cash cow, rappresentando così la nuova fonte delle risorse finanziarie. La Matrice di Boston può essere usata per un’intera gamma o per un portafoglio di prodotti. 116 La Matrice di Boston può illustrare le previsioni dell’impresa sulla posizione futura di un prodotto sul mercato, se le politiche dell’azienda non mutano nel tempo. Da quanto detto si deduce che i due fattori chiave del marketing riguardanti l’analisi del prodotto sono: la quota e la crescita di mercato. C R E S C I T A alta Star bassa Cash Cow Wildcat o Dog o + alta bassa QUOTA 7.4 Evoluzione del mercato Il ciclo di vita del prodotto fa riferimento alle vicende di un prodotto o di una marca, mentre nessun riferimento dedica al mercato complessivo. Pertanto risulta più orientato al prodotto che al mercato. Quindi anche per il mercato si può distinguere un andamento. L’evoluzione del mercato attraversa cinque situazioni o fasi: • Fase di cristallizzazione del mercato. Si ha quando il mercato è latente, potenziale (consumatori con bisogni o desideri latenti, ma non espressi e soddisfatti), e dunque non esiste ancora. L’impresa in quella situazione deve ideare e progettare il prodotto ottimale e pertanto ha tre possibilità: studio e sviluppo o strategia di nicchia singola: un nuovo prodotto per soddisfare le preferenze di un segmento limitato del mercato; o strategia di nicchia multipla: due o più prodotti per soddisfare due o più segmenti del mercato; o strategia di mercato di massa: un nuovo prodotto medio per soddisfare tutti i consumatori del mercato. La scelta dipenderà dalle dimensioni dell’impresa: l’impresa piccola opererà sulla nicchia di mercato, la grande impresa opererà sul mercato di massa. 117 Quando il prodotto è lanciato e le vendite dell’impresa incominciano a salire ha inizio la fase di cristallizzazione. • Fase di espansione del mercato. Si ha quando entra nel mercato una seconda impresa, la quale ha tre possibili strategie da seguire: strategia di nicchia singola: collocare la marca in uno specifico segmento del mercato (diverso dalla prima); strategia di nicchia multipla: collocare due o più prodotti in segmenti non occupati dalla prima; strategia di mercato di massa: collocare la marca vicino a quella della prima impresa (ha inizio la concorrenza) su tutto il mercato. • Fase di frammentazione del mercato. Si ha quando le imprese che entrano nel mercato si collocano su posizioni vicine ai concorrenti o su segmenti ancora non coperti. Alla fine tutti i segmenti del mercato saranno coperti e le imprese invaderanno segmenti già serviti; i profitti di tutte le imprese, per la concorrenza, si riducono. Il mercato così si frammenta in segmenti sempre più piccoli. Il mercato raggiunge la maturità anche perché pochi nuovi prodotti possono essere ideati. • Fase di riconsolidamento del mercato. Si ha quando il prodotto emerge con una nuova e forte caratteristica, tale da attirare il mercato. Tale caratteristica sarà copiata da altre imprese ed il mercato si frammenta di nuovo, per cui i mercati oscillano fra frammentazione e riconsolidamento. La frammentazione è dovuta alla concorrenza, il riconsolidamento all’innovazione. • Fase di estinzione del mercato. Si ha quando il mercato è distrutto da una innovazione radicale, che forma un nuovo mercato, ricominciando il ciclo. La concorrenza stimola continuamente l’innovazione di prodotto, poiché un attributo innovativo crea un vantaggio differenziale per l’impresa (profitti e quote di mercato) rispetto alla media. Nell’impresa leader il processo innovativo è sistemico. I consumatori da altro canto sono spinti a valutare o rivalutare gli attributi del prodotto da fenomeni come inflazione, scarsità, ecologia, consumismo, stili di vita, ecc. 118 8 I PREZZI 8.1 Rilevanza economica e competitiva Oggi le imprese devono affrontare un ambiente di prezzo molto competitivo ed in rapida evoluzione, e molte sono state messe alle strette. “Le imprese dovrebbero vendere valore e convincere il pubblico che la propria marca vale un prezzo più alto perché offre un valore maggiore” (P. Kotler). La sfida consiste nel trovare un prezzo che generi profitto riscuotendo il valore creato per il cliente; la riduzione dei prezzi spesso non è la tattica migliore poiché porta a inutili perdite di profitti e a guerre dannose, oltre a suggerire ai clienti che il prezzo conta più della marca. In senso stretto il prezzo è l’importo di denaro richiesto per un determinato prodotto o servizio. In senso più ampio, è la somma di tutti i valori che i consumatori scambiano con i benefici derivanti dal possesso o dall’utilizzo di un prodotto o servizio. In un quadro storico, il prezzo è da sempre il principale fattore che influenza la scelta dell’acquirente. In tempi più recenti però altri fattori hanno assunto una maggiore influenza sul comportamento di scelta dell’acquirente. In passato di solito i prezzi erano il risultato di una trattativa fra acquirenti e venditori. La politica del prezzo fisso, ossia di un unico prezzo valido per tutti gli acquirenti è un’idea relativamente moderna, nata con lo sviluppo della vendita al dettaglio su larga scala alla fine del XIX secolo. Oggi i prezzi sono per la maggior parte fissi, ma alcune imprese stanno invertendo questa regola ed adottano una strategia di determinazione dinamica del prezzo, in base alla quale richiedono prezzi diversi a seconda del cliente e della situazione di acquisto. La diffusione di internet ha inciso molto su questo cambiamento. Fra le variabili del marketing mix il prezzo si distingue per il fatto che nella sua determinazione i fattori esogeni (struttura del mercato, ovverosia situazione competitiva del mercato, e condizioni della concorrenza, ovverosia comportamento delle altre imprese) pesano in modo più rilevante rispetto alle politiche ed alle scelte riguardanti il prodotto, la distribuzione e la promozione. Nel sistema economico il prezzo svolge il ruolo fondamentale di elemento regolatore del lavoro (livello dei salari), del capitale (tasso di interesse), della terra (rendita), dell’imprenditoria (profitto), vale a dire dei fattori della produzione, ma è anche l’elemento determinante delle scelte dei consumatori, in special modo nei sistemi economici poveri ed in via di sviluppo, tra i gruppi socio-economici meno abbienti e per i prodotti altamente differenziati. 119 La situazione del sistema economico, infatti, è molto rilevante nell’attribuzione della importanza da parte delle imprese alle politiche commerciali: nelle situazioni di benessere il prezzo riveste un rilievo minore per le imprese e per i consumatori rispetto ad altri fattori quali: pianificazione e sviluppo di nuovi prodotti, attività promozionali per le imprese, qualità e servizi per i consumatori; nelle situazioni di recessione ed inflazione i consumatori sono molto sensibili ai prezzi, per cui per l’impresa diventano strumenti fondamentali le politiche di prezzo. Durante la storia umana i prezzi sono stati determinati dalla negoziazione tra venditori ed acquirenti, solamente nei tempi recenti (diciannovesimo secolo) e nei paesi sviluppati il prezzo unico (fisso) è diventato l’elemento fondamentale, in special modo con la espansione della Grande Distribuzione [elevato numero degli articoli trattati ed assenza del personale dipendente (self service)]. Nonostante negli ultimi decenni, rispetto al prezzo, altri fattori siano determinanti del comportamento dei consumatori, il prezzo resta comunque uno degli elementi più importanti per la determinazione della quota di mercato e del livello di profitto dell’impresa, in specie nelle condizioni di mutabilità delle condizioni ambientali e competitive. Per l’impresa il problema della determinazione del prezzo è oggi maggiormente flessibile ed è connesso alla struttura del mercato in cui si trova ad operare, con specifico riferimento a: numero e dimensioni delle imprese concorrenti, grado di specializzazione produttiva delle imprese, grado di integrazione verticale delle imprese concorrenti, facilità all’entrata nel mercato di nuove imprese, ecc. Nella realtà economica esiste una vasta varietà di tipi di mercato; ad esempio considerando: natura del prodotto e numero di imprese, si ha la seguente classificazione: Natura del prodotto Prodotto differenziato Monopolio Prodotto omogeneo Numero di imprese Una Poche Molte Oligopolio omogeneo Concorrenza pura o perfetta Oligopolio differenziato Concorrenza monopolistica Omogeneità i prodotti sono intercambiabili, sono identici Differenziazione i prodotti non sono identici, sia nel loro contenuto intrinseco che nelle tecniche di produzione e finissaggio (differenziazione intrinseca o oggettiva), o per altre ragioni dell’acquirente (differenziazione estrinseca o soggettiva: es. immagine esterna, reputazione dell’azienda, ubicazione del venditore, servizi pre e post vendita, ecc.) Elemento 120 caratteristico della differenziazione è la possibilità di aumentare il prezzo entro certi limiti senza che ci sia perdita di clienti. La differenziazione oggi costituisce una connotazione tipica di molti prodotti, anche se è difficile definire il confine fra omogeneità e differenziazione per un prodotto. Il prezzo serve a determinare per l’impresa l’offerta (quanto si dovrà produrre), per il consumatore la domanda (quanto dovrà acquistare). Nelle politiche di marketing il prezzo contribuisce a determinare il successo di mercato di un prodotto e di un’impresa. Il prezzo tra gli elementi del marketing mix è l’unico che produce ricavo, gli altri comportano solo costi. 8.3 La determinazione del prezzo La determinazione del prezzo diventa problema per un prodotto nuovo, per un prodotto esistente da introdurre in un nuovo canale di distribuzione o in una nuova area geografica, nella partecipazione ad una gara d’appalto. La strategia di determinazione del prezzo comporta la definizione degli obiettivi, l’analisi dei fattori, la determinazione del prezzo, la modifica del prezzo. Fattori interni Obiettivi di marketing Strategia del marketing mix Fattori esterni Decisioni di prezzo Costi Natura del mercato e della domanda Concorrenza Altri fattori ambientali Struttura organizzativa per la definizione del prezzo (economia, rivenditori, Stato) Il prezzo del prodotto deve essere collegato al raggiungimento degli obiettivi aziendali e di marketing. Le decisioni di prezzo dell’impresa sono influenzate da fattori interni ed esterni. Fattori interni: obiettivi di marketing, strategie di marketing mix, costi e struttura organizzativa. Fattori esterni: Natura del mercato e della domanda, concorrenza, altri fattori ambientali (economia, rivenditori, Stato). Obiettivi di marketing: Prima di determinare il prezzo, l’impresa deve stabilire la strategia per il prodotto. Se il mercato obiettivo ed il posizionamento desiderato sono stati accuratamente individuati, la strategia relativa al marketing mix, compreso il prezzo, risulterà più semplice. La strategia di prezzo dipende in buona misura dalle decisioni relative al posizionamento del prodotto. Allo stesso tempo l’impresa può perseguire ulteriori obiettivi generali o specifici (es. massimizzazione dei profitti, quota di mercato, …). 121 Il prezzo è solo una delle leve del marketing mix per il raggiungimento degli obiettivi di marketing, perciò le decisioni relative al prezzo devono essere coordinate con quelle inerenti la progettazione, la distribuzione, e la promozione del prodotto, allo scopo di creare un programma di marketing coerente ed efficace. Anche le decisioni relative alle altre variabili del marketing mix possono influenzare le decisioni di prezzo: la scelta di impostare il posizionamento su un’elevata qualità delle prestazioni, per esempio, impone al venditore di fissare prezzi più alti, che permettano di coprire costi più sostenuti; inoltre nel prezzo i produttori dovranno calcolare anche maggiori margini di profitto per i rivenditori che sostengono e promuovono il prodotto. I costi rappresentano la base per il prezzo del prodotto. Il prezzo deve coprire tutti i costi di produzione, distribuzione e vendita e offrire un discreto tasso di rendimento per gli sforzi e i rischi sostenuti dall’impresa. I costi si distinguono in costi fissi (indipendenti dal volume di produzione o di vendite) e costi variabili (direttamente correlati al volume di produzione). I costi totali sono il risultato della somma dei costi fissi e variabili per ogni livello di produzione. Per ciascun prodotto, la direzione dell’impresa deve fissare un prezzo che consenta almeno di coprire i costi totali per il livello di produzione prefissato. Inoltre, per poter elaborare una corretta strategia di prezzo l’impresa deve sapere in che modo variano i costi al variare del volume di produzione (il costo unitario medio di produzione si riduce all’aumentare delle unità prodotte e con l’aumento dell’esperienza). Infine, la direzione deve stabilire a chi competa, all’interno dell’impresa la definizione dei prezzi dei prodotti. Nelle piccole imprese spesso i prezzi sono fissati dall’alta direzione, non dalle funzioni marketing o vendite. La visone del pricing è differente a seconda che la si veda dal punto di vista dei responsabili amministrativi o quelli di marketing. I responsabili amministrativi e quelli di marketing hanno in genere una visione diversa nella politica di determinazione del prezzo. Responsabili amministrativi: tendono a fissare i prezzi su basi predeterminate, costo del prodotto più una certa percentuale; operano nel breve periodo tenendo conto dei risultati finanziari dell’impresa; le azioni intraprese si basano sulla struttura esistente e non su uno sviluppo pianificato. Responsabili del marketing: tendono a fissare i prezzi avendo come fine la conquista di una quota di mercato, così da stabilire un controllo di lungo periodo nel mercato. Sanno che c’è domanda fino ad una certa soglia di prezzo, oltre no. 122 8.4 Obiettivi della determinazione del prezzo Si possono avere: ► obiettivi orientati al profitto o realizzare un determinato tasso di ritorno degli investimenti (ROI) (imprese industriali) o sulle vendite (imprese commerciali). Si stabilisce un carico percentuale sulle vendite per coprire i costi fissi di gestione e per realizzare una certa percentuale di profitto (in termini relativi e unitari rimane costante, varia in termini assoluti in relazione alle unità vendute); o massimizzare i profitti, nel lungo periodo: solo imprese efficienti (per massimizzare i profitti nel breve periodo: vedere riquadro). ► obiettivi orientati alle vendite o incremento delle vendite, in un certo periodo di tempo, in %. o mantenimento o incremento delle quote di mercato. La quota di mercato viene considerata come indicatore dello “stato di salute” dell’impresa, e pertanto assume importanza fondamentale rispetto alla concorrenza. ► obiettivi orientati al mantenimento dello status quo o alla sopravvivenza. o stabilizzazione dei prezzi, quando si hanno fluttuazioni nella domanda e si vuole evitare guerre di prezzo con altre imprese; o fronteggiamento della concorrenza, attenendosi ai prezzi di mercato. Modello di: Determinazione del prezzo che massimizza i profitti correnti. Funzione di domanda Q = a – bP (equazione della retta) Funzione di costo C = F + cQ Ricavo totale Profitto totale R = PQ Z=R–C Q = quantità domandata P = prezzo C = costo totale F = costo fisso totale c = costo variabile unitario R = ricavo totale R = ricavo totale allora Z=R–C Z = PQ – C Z = PQ – (F + cQ) Z = P(a – bP) – F – c(a – bP) Z = aP – bP2 – F – ac + bcP Z = – ac – F + (a + bc)P – bP2 Questa funzione di 2° grado del prezzo è una parabola che ha il prezzo massimo nel vertice. 123 8.4.1 Analisi dei fattori Nella determinazione del prezzo occorre tenere conto di diversi elementi quali: Tipo di prodotto finale, intermedio Tipo di perfetta, oligopolistica, monopolistica concorrenza Età del prodotto nuovo, esistente Natura della singola, congiunta, multipla, integrata produzione verticalmente Variazione della utilizzazione della capacità esistente, capacità ampliamento della capacità I fattori che incidono direttamente sulla determinazione del prezzo sono: - La domanda di mercato prevista per il prodotto dell’impresa. Si tratta di stimare la domanda dell’impresa a differenti livelli di prezzo e dunque stimare il prezzo atteso (sottoponendo il prodotto all’esame dei distributori, osservando i prezzi dei prodotti concorrenti, facendo ricerche sui potenziali consumatori). Si hanno maggiori libertà per un prodotto nuovo, perché i consumatori non hanno termini di confronto, e nel caso di mercato di tipo monopolistico perché la curva di domanda dell’impresa coincide con la curva di domanda del mercato. - La quota di mercato che si vuole ottenere. È influenzata dalla capacità produttiva (degli impianti) dell’impresa e dalla facilità di entrata nel mercato da parte delle altre imprese. Il livello di prezzo si adegua a tali aspetti. - Le prevedibili reazioni delle imprese concorrenti. La domanda del mercato determina il prezzo massimo, i costi determinano il prezzo minimo per l’impresa; i prezzi e le possibili reazioni delle imprese concorrenti consentono all’impresa di stabilire il livello del prezzo del prodotto. Pertanto l’impresa deve essere a conoscenza dei prezzi e dell’offerta (prodotto) dei concorrenti, considerando che i prodotti 124 possono essere identici, o similari, o merceologicamente differenti (ma sostitutivi del prodotto), o non collegati, ma in competizione. - Prezzi di penetrazione e prezzi di scrematura del mercato (scelta) o Prezzi di scrematura. La politica consiste nel praticare un prezzo elevato; si attua quando: si è nelle prime fasi del ciclo di vita; è possibile segmentare il mercato sulla base del reddito dei consumatori; per creare una valvola di sicurezza contro gli errori nella fissazione del prezzo (riducendolo); per mantenere la domanda entro i limiti di capacità produttiva dell’impresa. o Prezzi di penetrazione. La politica consiste nel praticare prezzi bassi per raggiungere immediatamente volumi di vendita elevati fin dalle prime fasi del ciclo di vita o anche per salvare l’impresa dalla morte o dal prematuro invecchiamento. Si adotta quando: il prodotto è molto sensibile al prezzo (domanda elastica); il grande volume di vendita consente economie di scala nella produzione (espansione della produzione per effetto anche della curva di esperienza che aumenta la produttività dell’impianto)7 riducendo i costi unitari e di marketing; per fronteggiare la concorrenza; il segmento di mercato ad alto reddito non è sufficientemente ampio per giustificare la politica di scrematura. - Altre componenti del marketing mix: o Prodotto. Per i prodotti alimentari di consumo corrente l’impresa praticherà prezzi più bassi se venduti con marca commerciale, più alti se venduti con marca industriale (che richiede maggiori costi per pubblicità e promozione, ecc.) o Canali di distribuzione. Il prezzo praticato ai grossisti è più basso di quello praticato ai dettaglianti per le minori attività e funzioni svolte dall’impresa (es. magazzinaggio, consegne, credito, ecc.) o Metodi promozionali. Dipende da chi effettua le campagne promozionali, se l’impresa o i dettaglianti. - Costo di produzione e/o commercializzazione È il fattore principale per la differenziazione del livello di prezzo 7 Con lo stesso impianto, l’esperienza consente di rivedere i tempi di produzione , i costi di approvvigionamento ecc. per cui aumentano le unità prodotte e si riducono i costi unitari di produzione. 125 8.4.2 La determinazione del prezzo base (o di listino) L’impresa può stabilire il prezzo se conosce la curva di domanda, la funzione del costo, i prezzi dei concorrenti; esso sarà compreso tra un prezzo troppo basso per produrre profitti ed un prezzo troppo alto per stimolare la domanda. Prezzo (troppo) basso Costo del prodotto Prezzi dei concorrenti e dei prodotti sostitutivi Elementi di unicità del prodotto Prezzo (troppo) alto Area di fissazione del prezzo Non è conseguibile profitto Non esiste la domanda Prezzo minimo Prezzo massimo Il costo del prodotto indica il prezzo minimo. Le caratteristiche di unicità (differenziazione) del prodotto indicano il prezzo massimo. I prezzi dei concorrenti e dei prodotti sostitutivi sono gli elementi da considerare per la determinazione del prezzo. I metodi per la determinazione del prezzo base (o di listino) (pricing) sono riferiti: - ai costi totali, aumentati di una percentuale di profitto; al bilanciamento tra stima della domanda e stima della offerta; alle condizioni della concorrenza del mercato o dei prezzi correnti; al valore percepito dal consumatore; nelle gare di appalto, alle offerte in busta chiusa; A) Metodo del costo totale (cost-plus pricing) Consiste nel determinare il prezzo del prodotto sommando al costo totale unitario (o medio) una percentuale (o una quota) di profitto (sperato). Questo metodo semplice e di facile applicazione non tiene però conto che esistono vari tipi di costo (vedi riquadro), ovverosia che il costo totale unitario del prodotto è formato da varie componenti di costo, che reagiscono in maniera diversa alle variazioni delle quantità prodotte. 126 Cf Costo fisso; è rappresentato da spese, quali l’affitto dei locali, gli stipendi al personale direttivo, le imposte sulla proprietà, che rimangono costanti indipendentemente dal numero di articoli che vengono prodotti. Questo tipo di costo esiste anche se la produzione viene sospesa completamente; si chiama costo fisso proprio perché è molto difficile da modificare nel breve periodo (mentre può essere cambiato nel lungo periodo, nel corso di parecchi anni); Cft=Σ Cfi Costo fisso totale; è la somma di tutti i costi fissi; Cf Costo fisso medio; è rappresentato dal costo fisso totale diviso per il numero di Cf m = t Q unità prodotte. Rappresenta quella parte del costo fisso totale che può essere imputata a ciascuna delle unità prodotte; Cv Costo variabile; è rappresentato da spese, come quelle per il pagamento della manodopera o per l’acquisto delle materie prime, che sono in relazione diretta con le quantità prodotte. I costi variabili possono essere controllati nel breve periodo semplicemente cambiando il livello di produzione. Quando la produzione si ferma tutti i costi variabili si annullano; Cvt=Σ Cvi Costo variabile totale; è la somma di tutti i costi variabili; questo costo è tanto più elevato quanto maggiore è il numero delle unità prodotte; C v t Costo variabile medio; è rappresentato dal costo variabile totale diviso per il C vm = Q numero di unità prodotte. Il costo variabile medio è normalmente elevato per le prime unità prodotte. Diminuisce poi all’aumentare della quantità prodotta a causa di elementi quali sconti di quantità sulle materie prime acquistate ed un più efficiente uso del fattore lavoro. Al di là di una certa quantità “ottima” di produzione, esso aumenta a causa della congestione che si viene a creare nei processi produttivi, a causa del pagamento di salari per lavoro straordinario, ecc. Ct=Cft+Cvt Costo totale; è la somma del costo fisso totale e del costo variabile totale (per una determinata quantità prodotta); C t Costo totale medio; è costituito dal costo totale diviso per il numero di unità C tm = Q prodotte; CM = Ctm(n) – Ctm(n-1) Costo marginale; è il costo necessario per produrre e vendere un’unità addizionale di prodotto; rappresenta cioè il costo dell’ultima unità prodotta. Normalmente il costo marginale coincide con il costo variabile. I costi di una azienda (in euro) (1) (2) Quantità Costi prodotta fissi totali (n. unità) (3) Costi variabili totali (4) Costi totali (5) Costo marginale unitario (2)+(3) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 132,00 132,00 132,00 132,00 132,00 132,00 132,00 132,00 132,00 132,00 0,00 33,00 43,00 51,00 57,00 64,00 74,00 90,00 115,00 153,00 132,00 165,00 175,00 183,00 189,00 196,00 206,00 222,00 247,00 285,00 132,00 206,00 338,00 127 33,00 10,00 8,00 6,00 7,00 10,00 16,00 25,00 38,00 53,00 (6) Costo fisso medio (2):(1) (7) Costo variabile medio (3):(1) (8) costo medio unitario (4):(1) ∞ 132,00 66,00 44,00 33,00 26,40 22,00 18,86 16,50 14,67 0 33,00 21,50 17,00 14,25 12,80 12,33 12,86 14,38 17,00 ∞ 165,00 87,50 61,00 47,25 39,20 34,33 31,71 30,88 31,67 13,20 20,60 33,80 Curve dei costi totali per una impresa Costing: componenti dei costi diretti (di un prodotto o di una impresa) Produzione Distribuzione Materie prime Personale di vendita Materie da confezione Oneri di vendita Manodopera diretta Trasporti Servizi ausiliari • Costi variabili • Costi variabili Magazzinaggio prodotti finiti Pubblicità, concorsi, ricerche Costi fissi del reparto Costi di sedi e di filiali Costi generali di produzione • Costi fissi • Costi fissi • Costo industriale • Costo di distribuzione (costi variabili + costi fissi) (costi variabili + costi fissi) Costo totale = costo industriale + costo di distribuzione Ricavo totale – costo totale = margine di contribuzione dell’impresa Prezzo – costo unitario = margine unitario di contribuzione 128 Il margine di contribuzione di un prodotto indica la capacità che ha un prodotto di contribuire all’assorbimento dei costi indiretti dell’impresa. Il margine unitario di contribuzione indica quale sia per ogni unità venduta il contributo alla copertura dei costi unitari indiretti dell’impresa. Interrelazione tra i vari costi medi unitari - La curva del costo fisso medio diminuisce all’aumentare della quantità prodotta La curva del costo variabile medio ha forma di U perché il costo dapprima diminuisce per effetto di condizioni di produzione più efficienti (curva di esperienza) e poi aumenta per effetto di inefficienza o congestionamento dovuto ad eccesso di attività produttiva (es. costo dello straordinario) - La curva del costo totale medio si ottiene sommando le due curve precedenti La curva del costo marginale ha forma di U. La curva del costo totale medio diminuisce finché il costo marginale è inferiore al costo totale medio, poi aumenta; la curva del costo marginale e curva del costo totale medio si incrociano in corrispondenza del punto minimo di quest’ultima. Curve dei costi unitari per un’impresa 129 Questo metodo è largamente impiegato dalle imprese distributive (ricarico, o mark-up, al costo di acquisto per coprire le spese di gestione e lasciare un certo margine di profitto, in genere espresso in percentuale), perché dispongono di dati di costo accurati e della relazione tra costi e quantità acquistate e vendute. B) Metodo dell’analisi del punto di equilibrio (o punto di pareggio)(break-even point) Utilizza la domanda di mercato come base per determinare il prezzo tenendo conto dei costi aziendali. Il punto di equilibrio (o punto di pareggio) (break- even point) è individuato dalla quantità di produzione in corrispondenza della quale i ricavi totali di vendita eguagliano i costi totali, dato un certo prezzo di vendita. Calcolo del punto di equilibrio: (1) Prezzo unitario (2) Costi variabili unitari 30,00 € 40,00 50,00 75,00 15,00 15,00 15,00 15,00 (3) Margine di contribuzione (1) – (2) 15,00 25,00 35,00 60,00 (4) Costi fissi totali 125,00 125,00 125,00 125,00 Determinazione del punto di equilibrio con un prezzo di € 40,00 130 (5) Punto di equilibrio (Break-even point) (4) / (3) 8,3 unità 5,0 unità 3,6 unità 2,1 unità Grafico del punto di equilibrio in relazione a 4 differenti prezzi di vendita Relazione tra analisi del punto di equilibrio, ricavi totali relativi alla domanda di mercato, e profitto: (1) (2) (3) Prezzo Domanda di mercato unitario ai vari prezzi, totale espressi in unità (1) x (4) Ricavo Break-even point (5) (6) Costo totale Profitto delle unità totale vendute (3) – (5) (2) 30,00 € 7 210,00 8,3 230,00 -20,00 40,00 6 240,00 5,0 215,00 25,00 50,00 5 250,00 3,6 200,00 50,00 75,00 2 150,00 2,1 155,00 5,00 131 Relazione fra costo totale, ricavo totale e punti di equilibrio Nell’analisi del break-even point si ipotizzano, per semplicità, costanti i costi variabili unitari. Il break-even point si calcola con la seguente formula Break-even point costi fissi totali margine unitario di contribuzione costi fissi totali prezzo di vendita – costo variabile unitario È un’analisi di breve periodo, perché si ritengono costanti i costi fissi. Questa analisi ignora la domanda di mercato in corrispondenza dei vari prezzi praticati, e dunque per la determinazione del prezzo si basa sul costo aziendale. Il grafico o la formula dicono quale deve essere la quantità venduta ad un dato prezzo per raggiungere il break-even point, ma non dice se sia veramente possibile vendere quella quantità. Questa limitazione del metodo si supera stimando la domanda che si manifesterà in corrispondenza dei vari possibili prezzi di vendita e sovrapponendo la curva di domanda alle curve dei costi e dei ricavi del break-even. La curva DD rappresenta il ricavo totale (o anche la domanda) che l’impresa può realizzare ai vari livelli di prezzo praticati sul mercato. 132 La massimizzazione del profitto si ha nel punto sulla domanda in cui è massima la differenza verticale fra ricavo totale e costo totale (punto b nel grafico), cioè al prezzo di vendita corrispondente alla curva dei ricavi totali che interseca la curva DD di domanda nel punto di maggiore differenza tra quest’ultima e la curva dei costi totali. C) Metodo del bilanciamento tra domanda ed offerta. Viene utilizzato per massimizzare il profitto. Si fa riferimento, non alla domanda dell’impresa, ma alla domanda del mercato. Nella concorrenza perfetta la domanda dell’impresa è una linea parallela all’asse delle ascisse, in quanto non può influenzare il prezzo di mercato, mentre nella realtà operando in condizioni di concorrenza imperfetta o monopolistica (per prodotti differenziati e concorrenza operante su elementi di marketing diversi dal prezzo) la curva di domanda dell’impresa è inclinata negativamente, come la domanda di mercato. La determinazione del prezzo individua la migliore combinazione prezzo-quantità in funzione del livello e della variazione dei costi aziendali (al variare delle quantità). Questo modello comporta la ricerca della combinazione prezzo-quantità che massimizza il ricavo totale e la ricerca del prezzo ottimo, mettendo a confronto gli andamenti di costi e ricavi al variare delle quantità prodotte e vendute. Scheda di domanda per la singola impresa Unità Prezzo unitario Ricavo Ricavo vendute (ricavo medio) totale marginale 1 40,00 40,00 2 37,50 75,00 35,00 3 36,00 108,00 33,00 4 34,00 136,00 28,00 5 32,50 162,50 26,50 6 30,00 180,00 17,50 7 25,00 175,00 -5,00 8 20,00 160,00 -15,00 133 Curva di domanda ad elasticità variabile Curva dei ricavi totali Rapporti tra ricavo totale (RT) ed elasticità della domanda Variazione del prezzo Domanda inelastica Elasticità eguale a uno Domanda elastica riducendo il prezzo RT diminuisce RT immutato RT aumenta aumentando il prezzo RT aumenta RT immutato RT diminuisce 134 Determinazione del prezzo e massimizzazione del profitto mediante l’analisi marginalistica. Gli elementi per la determinazione del prezzo sono: (offerta) costo medio e costo marginale ricavo medio e ricavo marginale (domanda) In una curva lineare di domanda la funzione o l’equazione di domanda è dove Q = quantità P = prezzo a, b = coefficienti Q = a⋅ P + b Il ricavo totale è dato da: R = P⋅ Q = a⋅ P 2 + P⋅ b R massimo si ha per un valore di P che annulla la derivata prima di R, cioè: P= −b 2a in questo punto l’elasticità della domanda al prezzo è (in valore assoluto): ε = a⋅ −b 2a b =1 2 135 La combinazione prezzo-quantità più conveniente per l’impresa non è quella che massimizza il ricavo totale, ma quella che massimizza la differenza fra ricavo totale e costo totale. Il prezzo di vendita ottimo scaturisce dal confronto delle due relazioni prezzo-quantità e costo-quantità. Cioè dal bilanciamento tra domanda e offerta, cioè nel punto in cui il ricavo marginale è uguale al costo marginale. Tale punto è individuato dalla quantità Q. In questo punto si individua anche il prezzo unitario sulla curva del ricavo medio (curva della domanda) (punto C) a cui corrisponde il prezzo B, ed il costo medio sulla curva del costo medio (curva dell’offerta) (punto B) a cui corrisponde il costo A, [cioè considerando la curva dei costi totali medi, la produzione Q ha un costo totale medio (o unitario) di A (nel punto B)]. Il profitto unitario è dato dal tratto AB (differenza fra prezzo e costo totale medio), il profitto totale è dato dall’area ABCD ( cioè Q x AB). Profitto unitario Tu = P - Cm Profitto Totale Tt = R – C R = Q⋅ P = OQ⋅ OB = area = BC⋅ CQ = area OBCQ C = Q⋅ C m = OQ⋅ OA = AD⋅ DQ = area OADQ Tt = area OBCQ – area OADQ Determinazione del prezzo OB sulla curva di domanda (ricavo medio). Determinazione del costo medio OA sulla curva di offerta (costo medio). Max profitto unitario = OB – OA Max profitto totale = OBCQ – OADQ Questo metodo finora ha avuto applicazioni pratiche limitate per la difficoltà di costruire (stimare) le curve di domanda ed offerta; le conoscenze tuttavia si vanno approfondendo e perfezionando utilizzando per l’elaborazione gli strumenti informatici. 136 D) Metodo delle condizioni di mercato o dei prezzi correnti Si basa sui prezzi praticati dai concorrenti, prestando attenzione ai suoi costi ed alla sua domanda. Il prezzo è corrispondente a quello delle imprese concorrenti nelle situazioni di concorrenza perfetta o quasi (mercati dei prodotti agricoli). Il prezzo è inferiore a quello delle imprese rivali: è diffuso nel commercio al dettaglio (es. discount). Il prezzo è superiore nel caso di politica di scrematura perché il prodotto è molto caratterizzato e differenziato ed il produttore ha acquisito una certa immagine ed un certo prestigio. Questo metodo dei prezzi correnti è piuttosto diffuso, specialmente nelle situazioni in cui i costi sono difficili da misurare e la risposta della concorrenza è molto incerta. Il prezzo corrente rappresenta una operazione collettiva del mercato capace di realizzare un giusto rendimento senza disturbare l’armonia dello stesso. E) Metodo del valore percepito dal consumatore Si determina usando i fattori del marketing mix non legati a prezzo. Il prezzo viene fissato in modo da corrispondere al valore percepito dal consumatore. Questo metodo si adatta bene alla politica di posizionamento del prodotto (un prodotto per un certo mercato obiettivo con un dato prezzo ed un dato livello di qualità). Si stima il volume di vendita a quel prezzo; il volume di vendita fornisce indicazioni sulla capacità produttiva dell’impresa, sugli investimenti, sui costi di produzione, sui profitti. Il fattore chiave dunque è di individuare il valore che il mercato attribuisce all’offerta di quel prodotto, attraverso ricerche di mercato. F) Metodo dell’offerta in busta chiusa La concorrenza sui prezzi domina nelle gare per l’acquisizione degli appalti. L’impresa basa la sua offerta sul prezzo che presume adottino i concorrenti, piuttosto che su una rigida relazione tra costi e domanda. L’impresa per vincere l’appalto deve offrire un prezzo più basso delle concorrenti, ma non più basso dei suoi costi, né troppo al di sopra perché rischia di superare i prezzi dei concorrenti. Il criterio logico dovrebbe essere quello di proporre un prezzo capace di massimizzare il profitto atteso sul lungo periodo. 137 8.4.3 Scelta del prezzo definitivo o prezzo finale Nella scelta del prezzo definitivo (prezzo finale) l’impresa deve tenere conto di alcuni aspetti che determinano e condizionano l’attuazione di una politica (strategia) di prezzo, cioè: - Aspetti psicologici o psicologia del prezzo. Al prezzo sono legati oltre agli aspetti economici, anche gli aspetti psicologici. Molti consumatori infatti considerano il prezzo come un indicatore di qualità (prestige pricing) o sono psicologicamente formati a riconoscere in un prodotto un prezzo massimo e minimo, al di sotto del quale (percezione di bassa qualità) ed al di sopra del quale (non glielo consente il reddito) non sono disposti a pagare. Inoltre si ritiene (da parte dei venditori) che i prezzi debbano terminare (prezzi psicologici – prezzi limite) con un numero dispari perché il consumatore percepisce la fascia bassa e non quella alta del prezzo ( es. 1,99€ è percepito come 1,00€ e non 2,00€). - Aspetti di immagine dell’impresa. Vi deve essere armonia fra immagine (marca) che si vuole fornire attraverso il prezzo e la politica degli sconti, riguarda la filosofia di comportamento dei commercianti nei confronti dei prezzi. - Aspetti degli effetti del prezzo sugli altri soggetti della filiera. Occorre considerare il giudizio della forza vendita dell’impresa (distributori e venditori) sul prezzo e la reazione dei concorrenti. - Aspetti riguardanti le norme e le leggi in materia di prezzi. Occorre rispettare le norme in materia di prezzi per evitare interventi delle autorità (ad es. durante le campagne promozionali o di sconti). - Aspetti riguardanti la situazione economica congiunturale del mercato e lo stato dell’economia. 8.4.4 Politiche di prezzo Le imprese non determinano un unico prezzo, ma stabiliscono una struttura di prezzi seguendo strategie di modifiche del prezzo: - Politica di differenziazione geografica del prezzo Si attua nei confronti dei clienti situati in zone geografiche diverse, rispetto alla collocazione degli stabilimenti, per coprire le maggiori spese di spedizione o per la diversa capacità competitiva dell’impresa nelle varie zone di mercato. Gli strumenti: 138 • Prezzi d’origine FOB (free on board); i prezzi si riferiscono ai prodotti sistemati (caricati) a bordo di un veicolo (corriere) che deve trasportarli (clausola FOB). L’impresa non sostiene costi di trasporto e di assicurazione, ma solo il costo del caricamento sul veicolo. La proprietà e la responsabilità è del cliente appena la merce è caricata sul veicolo. In questo caso si venderà meno nelle zone più lontane. • Prezzi di consegna uniformi (uniformità dei prezzi). È il prezzo CIF (cost insurance freight) costo e rischio del trasporto e dell’assicurazione fino ad una determinata località. È il contrario dei prezzi FOB. L’impresa fa pagare lo stesso sovrapprezzo di trasporto indipendentemente dalla zona di destinazione e lo stesso prezzo d’origine. Il costo del trasporto è quello medio. Questa politica si attua quando i costi sono parte minima rispetto al totale costi del venditore. Questo metodo è detto anche “criterio della affrancatura postale”, perché come la spedizione della lettera implica lo stesso prezzo in tutto il territorio nazionale. Questo metodo presenta il vantaggio di reclamizzare un unico prezzo su scala nazionale e di facilitare l’amministrazione. • Prezzi differenziati per zona. Si distingue il mercato in zone e si differenziano i prezzi in relazione alla distanza, lasciando lo stesso prezzo nella zona. Questo metodo può indicarsi anche come “criterio della tariffa telefonica”. • Prezzo del punto base. Si fa pagare il costo del trasporto rispetto ad un punto base o di riferimento, e non dal luogo in cui ha origine la spedizione. Questo metodo però è penalizzante (prezzo maggiore per un “onere fantasma”) per i clienti vicini alla fabbrica e premiante per quelli più lontani. • Prezzo di assorbimento (di accollo) delle spese di trasporto. Si tratta di non far pagare tutto o parte del trasporto alle zone più lontane per aumentare le vendite, per una maggiore penetrazione nel mercato, per mantenere sul mercato posizioni competitive. - Politica degli sconti o degli abbuoni Si effettua per compensare i clienti per determinati comportamenti: • Sconti di quantità. Sono riduzioni di prezzo per quantità acquistate rilevanti, perché consentono minori spese di vendita, di stoccaggio, di trasporto. Possono essere per singolo ordine (non cumulativi) o per gli acquisti effettuati in un certo periodo di tempo (cumulativi) e sono espressi in unità o peso o per fatturato. Questi sconti inducono i clienti ad acquisti regolari e dallo stesso venditore. • Sconti di cassa. Sono riduzioni di prezzo per pagamenti delle fatture entro un breve tempo (pagamento cash), perché aumenta la liquidità del venditore e riduce i costi della riscossione dei crediti. 139 • Sconti commerciali o funzionali. Sono riduzioni di prezzo agli intermediari distributori per lo svolgimento di talune attività di commercializzazione (vendita, trasporto, contabilità). • Sconti stagionali, per acquisti fuori stagione (prima e dopo). Permettono al produttore di regolarizzare la produzione durante l’anno e di smaltire le scorte. • Altri sconti: abbuoni di permuta (riduzioni di prezzo con la consegna del vecchio prodotto all’acquisto del nuovo); sconti promozionali (pagamenti o riduzioni di prezzo ai rivenditori che partecipano alle campagne pubblicitarie o ai programmi promozionali di vendita); post-datazione delle fatture (pagamenti differenti, che però consentono di regolarizzare la produzione nell’anno). - Politica di discriminazione dei prezzi. Si attua applicando allo stesso prodotto prezzi differenti che non rispecchiano differenze dei costi: • In base alla clientela. Es. studenti ed anziani pagano prezzi ridotti nei musei. • In base alla versione del prodotto, ma non giustificati da variazioni di costo della diversità. • In base alla ubicazione. Es. in teatro si pagano prezzi differenti. • In base al tempo, prezzi modificati stagionalmente, per fasce orarie (mezzi pubblici di trasposto), giornalmente (feriali e festivi). - Politica dei prezzi promozionali. Sono prezzi fissati al di sotto del prezzo di listino e talvolta al di sotto del costo: • Prezzi dei prodotti civetta (politica del loss-leader, loss = perdita, leader = marca nota), per attirare clienti e vendere anche altri prodotti (si attua nella grande distribuzione). • Prezzi speciali, in occasione di particolari avvenimenti per attirare maggiore clientela stanca di spendere e per smaltire le scorte (es. fiera del bianco, dopo natale). • Rimborsi ai clienti, che acquistano il prodotto entro un certo tempo. Consentono di ridurre le scorte senza variare il prezzo di listino. • Sconti psicologici, quando si segna un prezzo artificialmente alto per poi offrire uno sconto elevato. • Prezzi psicologici (o prezzi limite), quando si segna un prezzo con cifra dispari: 1999 invece 2000, 19.900 invece di 20.000. • Prezzi promozionali: 3x2, 2x1 140 La politica di prezzo può avere obiettivi specifici diversi e si distingue in: - Politica di prezzo di attacco, quando è condotta contro la concorrenza, per penetrare il mercato, che sarà costretta a difendersi; è realizzata anche con prezzi non remunerativi. - Politica di prezzo di difesa, se è un’altra impresa a fare la politica di prezzo di attacco. Politica di prezzo orientata alla segmentazione del mercato, consiste nel posizionare il prodotto su segmenti prescelti con prezzi alti. Si attua con una politica di qualità e di immagine prestigiosa dell’impresa. - Politica di prezzo basso, quando si vuole raggiungere un elevato numero di consumatori. - Politica di prezzo decrescente, quando si vuole conquistare segmenti di mercato inferiori per allargare il numero dei consumatori. Comunque il principale obiettivo della politica di prezzo è di massimizzare il profitto. 141 9 LA DISTRIBUZIONE COMMERCIALE Il valore di un prodotto è funzione oltre che delle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche anche dei tempi, dei luoghi e dei modi secondo cui viene reso disponibile ai consumatori. Nelle società industriali tale compito viene assolto da una fitta rete di istituzioni e di imprese specializzate nelle diverse attività (vendita dettaglio, distribuzione, magazzinaggio,…) che sono necessarie per svolgere tale compito. Ogni impresa industriale ha di fronte una serie di alternative (Canali di marketing o di distribuzione) e si trova di fronte al problema di dover scegliere le vie distributive da seguire. Canale di marketing: è composto da una serie di organizzazioni interdipendenti, coinvolte nel processo che consente di rendere il prodotto o servizio disponibile e utilizzabile per il consumatore finale , sia esso un privato o un’impresa. I partner del canale di marketing (grossisti e dettaglianti) rappresentano un anello fondamentale fra l’impresa ed i clienti. Le decisioni relative al canale influenzano direttamente ogni altra decisione di marketing dell’impresa: la determinazione del prezzo, la comunicazione ed anche lo sviluppo di nuovi prodotti possono dipendere dalla capacità degli operatori del canale. Spesso le imprese non prestano sufficiente attenzione ai canali di distribuzione e i risultati possono nuocere all’attività. In molti casi invece si osservano sistemi di distribuzione creativi che rappresentano un vantaggio competitivo per l’impresa. 9.1 Le funzioni di commercializzazione La distribuzione commerciale si occupa del trasferimento fisico ed economico (del titolo di proprietà) dei beni dalla produzione al consumo (o utilizzo) finale ed intermedio. Nel processo di trasferimento vengono coinvolte le imprese commerciali (soggetti che a diverso titolo svolgono attività di intermediazione commerciale), le imprese di produzione, i consumatori o gli utilizzatori finali, che svolgono le funzioni di commercializzazione. Le funzioni di commercializzazione possono essere raggruppate nelle seguenti classi: 1) Funzioni fisico merceologiche - Trasporto, che rende i prodotti disponibili nello spazio; - Raggruppamento o frazionamento di prodotti omogenei. Raggruppamento, consiste nella costituzione di lotti economici (offerta più consistente) quando la produzione è polverizzata (è funzione tipica del commercio all’ingrosso alla produzione: es. ortofrutta). - Frazionamento, è funzione opposta, consiste nella costituzione di lotti inferiori, meglio adatti alle richieste degli acquirenti (è funzione tipica del commercio all’ingrosso al consumo: es. ortofrutta). 142 - Assortimento e gamma o separazione di beni eterogenei (merceologicamente o commercialmente). Assortimento è la combinazione di prodotti merceologicamente differenti (es. vino e olio, vino e formaggi, ecc.); viene fatto a livello ingrosso per soddisfare esigenze diverse al dettaglio per i consumatori. Gamma è la combinazione di prodotti commercialmente differenti (per marca, misure, prestazione, colori, capacità, ecc.) di prodotti di una stessa categoria merceologica. Separazione è funzione inversa all’assortimento ed alla gamma, cioè un assortimento (o gamma) più ristretto (es. grossista di alimentari che rifornisce un negozio di bottiglieria). - Condizionamento (selezione, dosaggio, confezionamento, imballaggio). È funzione tipicamente commerciale svolta all’ingrosso, al dettaglio; e oggi tale funzione è sempre più trasferita alla produzione. - Deposito, è l’immagazzinamento (conservazione) commerciale (anche in frigoriferi), che consente di essere presenti nel mercato con qualità tipo e quantità di prodotto nel momento delle richieste del consumatore o del cliente. Riduce gli inconvenienti dell’approvvigionamento che si verificano nei periodi di basso ed alto consumo ed è necessario per consentire il trasporto di prodotti in lotti più economici. 2) Funzioni commerciali o di scambio - Collegamento e intermediazione commerciale, vengono effettuati per collegare il fornitore dei prodotti (dal produttore in poi) con il richiedente i prodotti (fino al consumatore o utilizzatore finale, i quali non hanno possibilità o convenienza di incontrarsi direttamente per effettuare lo scambio (es. produttore siciliano di agrumi e consumatore di Milano). - Acquisto, insieme alla vendita è la funzione base della commercializzazione ed è componente indispensabile per lo scambio. È la contropartita alla vendita. Questa funzione identifica il bisogno o il desiderio da soddisfare (per se o per altri), seleziona la fonte di approvvigionamento, negozia il prezzo e le altre condizioni e modalità di acquisto (trasferimento di proprietà). - Vendita, insieme all’acquisto è la funzione base della commercializzazione ed è componente indispensabile per lo scambio. È la contropartita all’acquisto. Questa funzione identifica il possibile acquirente, prende contatti con lui, negozia il prezzo e le altre condizioni e modalità di vendita (trasferimento di proprietà). - Assistenza e consulenza (merceologica e di marketing), viene effettuata dai fornitori alla clientela. L’assistenza tecnico-merceologica riguarda il prodotto, l’assistenza e consulenza aziendale riguarda la clientela (arredamento del negozio, allestimento della vetrina, azioni promozionali, contabilità, ecc.). - Assunzione del rischio commerciale; riguarda la senescenza fisica del prodotto, l’invecchiamento tecnologico, economico, (obsolescenza), formale, psicologico (es. nella 143 moda), la rotazione degli stock, la perdita di prodotto (furti, incendi, ecc.), l’esazione di crediti, i mutamenti (strutturali e congiunturali) nella domanda, ecc. - Garanzia commerciale. È l’elemento fiduciario dell’impresa per la clientela. La garanzia è sulla qualità; la garanzia industriale si dà con il marchio di fabbrica, la marca industriale o la notorietà di provenienza (DOC, DOP, made in, ecc.), la garanzia commerciale è data dall’impresa di intermediazione con attestazione formale di qualità (o di corrispondenza o di mantenimento del prodotto nell’assortimento) ed oggi anche con la marca commerciale. 3) Funzioni economico-finanziarie - Determinazione del prezzo. Un tempo era l’operatore di mercato più vicino alla domanda della clientela finale ad avere maggior potere contrattuale nella formazione del prezzo (massimizzazione del divario tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita), oggi con il progresso nella comunicazione, con le maggiori dimensioni economiche delle imprese, con la più facile mobilità degli operatori, la manovrabilità sul prezzo da parte delle imprese commerciali è diminuita, è diminuita dunque la sua funzione speculativa (massimizzazione del divario tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita) ed aumentata la funzione distributivo-commerciale (remunerata dal margine commerciale), cioè l’adeguamento del flusso dei prodotti alle necessità del produttore e del consumatore. - Finanziamento degli investimenti (depositi, mezzi di trasporto, ecc.), delle spese di gestione corrente e delle spese commerciali (costi dell’immobilizzo di prodotti, cali, scarti ecc.). Si distingue il finanziamento diretto alle imprese e il finanziamento commerciale o indiretto (dilazioni di pagamento effettuate dai fornitori, anticipazioni dei pagamenti effettuati dalla clientela). 4) Funzioni di comunicazione - Informazione, dai fornitori ai clienti e viceversa; è sempre più vasta ed importante nella complessità e vastità del mercato (globalizzazione); - Promozione delle vendite (pubblicità, promozione vendite, vendita personale), che interessa e coinvolge fornitori e clienti. 5) Funzioni psico-sociologiche - Ambiente commerciale; ha azione psicologica sulla clientela la gradevolezza, il bello, il razionale, l’adeguato ambiente del locale, del negozio, ecc; - Rapporti umani; costituiscono punti di forza nel dettaglio tradizionale e sono in contrapposizione alla tendenza alla spersonalizzazione dei rapporti sociali e commerciali (es. internet); 144 - Socializzazione; nelle aree o zone commerciali al dettaglio consistono in servizi, attività di tempo libero, culturali, ecc. - Le funzioni richiamate non sempre sono ben definite, né sono uniche, né devono essere sempre espletate; possono riscontrarsi a diversi livelli di commercializzazione, hanno rilievo e intensità differenti, cambiano con le tipologie dei prodotti, con le situazioni ambientali e di mercato, variano nel tempo e nella combinazioni. 9.2 Le forme distributive Le funzioni di commercializzazione combinandosi danno luogo alle strutture di commercializzazione; le attività che realizzano le funzioni di commercializzazione vengono svolte dalle imprese commerciali, che così costituiscono le istituzioni delle strutture di commercializzazione. Le strutture di commercializzazione distinguono due grandi campi (o categorie) di attività di distribuzione: la distribuzione al dettaglio; la distribuzione all’ingrosso. - La distribuzione al dettaglio Il dettaglio svolge le attività relative alla vendita diretta al consumatore di prodotti per suo uso personale. Dettagliante o punto vendita al dettaglio individua una impresa commerciale (al dettaglio o al minuto, cioè in vendita minuta di quantità) che acquista dal produttore o altra impresa commerciale e che rivende al consumatore. Le funzioni più rilevanti della distribuzione al dettaglio sono: frazionamento di prodotti omogenei, assortimento e gamma di prodotti eterogenei, deposito, assunzione del rischio commerciale, garanzia commerciale, determinazione del prezzo, informazione, promozione delle vendite, ambiente commerciale, rapporti umani, socializzazione. Le imprese al dettaglio possono essere classificate: Per tipo di impresa 1) Piccolo dettaglio - Dettaglio indipendente Negozi tradizionali con vendita a banco e/o con self-service Minimercati (superettes) 145 - Negozi di comodità (convenience stores o di prossimità): negozi ad assortimento Dettaglio associato Gruppi di acquisto tra dettaglianti Unioni volontarie tra grossisti e dettaglianti Cooperative di consumo (aperte ai soli soci o anche al pubblico) Franchising (o affiliazione commerciale) Dettaglio associato Secondo la definizione accolta nel nostro Paese, le unioni volontarie «sono costituite dall'associazione di un grossista con un certo numero di dettaglianti i quali organizzano in comune gli acquisti dei prodotti, allo scopo di realizzare la riduzione dei costi, impegnandosi inoltre a seguire una politica comune di sviluppo delle vendite e di miglioramento dei servizi resi al consumatore». I gruppi di acquisto «sono formati dall'associazione volontaria di un certo numero di commercianti (al dettaglio, ambulanti, pubblici esercizi, mercati rionali, ecc.) i quali concentrano, attraverso la società, le loro capacita di acquisto al fine di ottenere migliori condizioni di prezzi nell'approvvigionamento delle merci ed altri vantaggi». Si tratta di forme consortili che, pur mantenendo l'indipendenza dei punti di vendita, consentono agli associati di presentarsi ai fornitori con una forza contrattuale ed una organizzazione d'acquisto spesso per nulla inferiore rispetto a quelle proprie della grande distribuzione. In seguito, i gruppi d'acquisto e le unioni volontarie possono svilupparsi con una ulteriore associazione di più unioni o di più gruppi, dando così vita alle associazioni di II grado. Tali consorzi espandono la loro attività a livello nazionale e non assistono i loro soci esclusivamente nella funzione di acquisto, ma ampliano notevolmente i loro servizi. È infatti usuale la creazione di un marchio comune, una pubblicità nazionale, la fornitura di servizi di assistenza tecnica e di consulenza manageriale e finanziaria alle singole imprese. Nell'ultimo stadio dello sviluppo l'associazione di II grado può addirittura comportarsi come la singola impresa, aprendo cioè dei nuovi punti di vendita: in tale fase il consorzio non opera più come semplice organismo di supporto agli associati, ma diviene (sotto il profilo economico, non giuridico) istituzione distinta dai singoli soci ed in grado, per certi versi, di perseguire proprie finalità. Il franchising è un contratto tra un concedente (franchisor) ed un concessionario (franchisee), mediante il quale il primo accorda al se-condo il diritto di utilizzare un insieme di tecniche collaudate per lo svolgimento di un certo tipo di attività, con la sua assistenza nell'organizzazione, nell'addestramento del personale, nei problemi commerciali e nella direzione, in contropartita di determinati compensi. In pratica l'ipotesi più frequente riguarda un piccolo commerciante che, grazie a questo tipo di accordi, può beneficiare del nome di una grande azienda, dei prodotti e dei servizi che quest'ultima vende e dei suoi metodi organizzativi e commerciali. A carico del piccolo negoziante è, oltre ad un certo investimento iniziale per attrezzare il punto di vendita, un compenso in parte fisso e in parte variabile, da corrispondere al concedente. La pratica in esame ha avuto già ampia diffusione negli U.S.A.; ma ha da qualche tempo applicazioni significative in Europa, in Giappone ed altrove. È stato sottolineato che elementi essenziali affinché un rapporto di franchising possa aver successo sono: — l'esistenza di un «prodotto» o «servizio» valido e ampiamente riconosciuto; — una marca ed un'insegna dotate di vasta notorietà; — un efficace e collaudato metodo di vendita del «prodotto» o «servizio » in questione. Gli impegni del franchisee consistono: a) nell'effettuazione degli investimenti necessari per costituire il punto di vendita, secondo le indicazioni tecniche ricevute dal franchisor e nel luogo con lui concordato (questo anche allo 146 scopo di formare punti di vendita omogenei, atti ad originare una ben definita « immagine » del prodotto; si hanno anche casi nel quale l'immobile è dato in locazione dal franchisor); b) nell'accettare le direttive di gestione stabilite dal franchisor (orari di apertura, servizi resi ai clienti, stile del personale, ecc.); c) nell'accettare che l'assortimento posto in vendita sia stabilito dal franchisor, che ne è anche il fornitore totale o più impor-tante; d) nell'accettare che le vendite avvengano a prezzi prestabiliti o consigliati dal franchisor; e) il franchisee è inoltre tenuto a redigere ed a trasmettere periodicamente al franchisor una certa documentazione contabile, e se del caso deve sottoporsi a visite e controlli amministrativi. A parte ciò, il franchisee è tenuto a versare al franchisor un diritto d'entrata fisso, sia pure di dimensione assai variabile in funzione dell'attrattività del programma; ed una royalty proporzionale al giro d'affari realizzato, versata su base periodica (mensile, o trimestrale, o annuale, ecc.). Un esempio interessante di franchising è stato, nel nostro Paese, l'af-filiazione Standa, riguardante operatori commerciali che desiderano operare con impianti del tipo «grandi magazzini »; o integrare propri supermercati, superettes o negozi alimentari qualificati con l'assortimento non food. La Standa richiede all'affiliato la disponibilità di un locale di almeno 300 mq. destinato alla vendita ( oltre agli accessori) ed un'autorizzazione di vendita che consenta di operare nella maggior parte dei settori merceologici dei quali essa si occupa (abbigliamento, filato, teleria, merceria tappezzeria, calzature, pelletteria, occhiali, profumeria e cosmetica, cancelleria, giocattoli, articolo regalo, casalinghi e arredamento, dischi, ferramenta ed elettricità). Se questi requisiti sussistono, la Standa analizza le caratteristiche di ubicazione del punto di vendita proposto, stimandone la potenzialità di mercato, giungendo infine a stimare una presunta cifra d'affari e, per confronto coi costi, una possibile dimensione di risultato economico. Superata questa fase preliminare, si passa alla definizione del contratto. Questo, della durata di 9 anni, consente all'affiliato: 1) il godimento del marchio «Standa» e la presenza in esclusiva su una definita area di mercato; 2) la vendita esclusiva per il settore non food delle merci fornite dalla Standa; 3) la consulenza in fase di apertura, o di ristrutturazione, al fine di realizzare un allestimento, un lay-out ed una cartellonistica simile a quella delle filiali Standa; 4) l'addestramento del titolare o del preposto e del personale in fase di apertura, con aggiornamenti periodici; 5) l'accesso alle tecniche Standa; 6) assistenza amministrativa, legale e fiscale. In contropartita la Standa richiede : 1) una percentuale sulle merci (variabile e calcolata in modo che per l'affiliato risultino remunerativi anche gli articoli a basso ricarico); 2) il rispetto dei prezzi stabiliti dalla Standa; 3) l'adeguamento ad una comune politica di vendita; 4) il mantenimento dell'immagine Standa. L'affiliato mantiene ovviamente la proprietà del punto di vendita, e conserva — nei limiti segnalati — libertà d'iniziativa e di comportamento. Fonte: L. Guatri S. Vicari, Il Marketing,Giuffrè Si distinguono 3 forme: - franchising al dettaglio, promosso dal produttore (es. Ford – concessionari); - franchising all’ingrosso, promosso dal produttore (es. Coca Cola – imbottigliatori); - franchising al dettaglio, promosso da una impresa di servizi (es. McDonald’s). 147 2) Grande dettaglio - Grandi punti vendita Grandi magazzini a reparto (departement stores) Magazzini popolari (magazzini a prezzo unico) (variety stores) Supermercati Magazzini sconto (discount houses, discount departement stores) Maxi mercati (super stores) Ipermercati Centri commerciali (shopping centers) Altri (garden centers, centri di arredamento, ecc.) Grandi imprese - Catene di negozi Cooperative di consumo a spacci multipli Case di vendita per corrispondenza e su catalogo Organizzazione di vendita automatiche Imprese conglomerate di tipo commerciale8 Tipologia di alcune forme distributive: GRANDE MAGAZZINO Trattasi di un ampio esercizio al dettaglio di superficie superiore ai 400 mq., organizzato a reparti (da cui la denominazione inglese di department store). L'assortimento si caratterizza per l'offerta di un grandissimo numero di prodotti (quasi sempre oltre le 100.000 referenze) appartenenti a settori merceologici diversi ed in massima parte di consumo corrente, ad esclusione dei prodotti alimentari. I prodotti offerti, che comprendono beni di consumo durevole, shopping goods e speciality goods, sono di qualità prevalentemente medio-alta più adatti a segmenti di domanda di condizione socioeconomica superiore. I grandi magazzini sono ubicati nelle aree del centro cittadino in edifici di prestigio e sono strutturati su più piani. Tale forma distributiva si è inizialmente sviluppata in Francia, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti ed è stata introdotta in Italia dai fratelli Bocconi e dal Senatore Borletti, rispettivamente con la RINASCENTE e la STANDA. Attualmente i grandi magazzini si trovano nella fase di maturità e deten-gono, in quasi tutti i paesi industrializzati, quote di mercato esigue e in lieve ma costante diminuzione. MAGAZZINO A PREZZO UNICO Si definisce magazzino a prezzo unico un esercizio al dettaglio operante nel comparto non alimentare, che dispone di una superficie di vendita superiore a 400 mq. e di almeno cinque distinti reparti. Spesso è presente un reparto destinato alla vendita di prodotti alimentari organizzato a libero servizio con pagamento alle casse in uscita. L'originale formula di vendita di tutti i prodotti ad un unico prezzo (dalla quale deriva il nome) non è più utilizzata essendosi trasformata in vendita tramite categorie omogenee 8 Strutture di vendita diversificate in una molteplicità di attività al dettaglio comunque in grado di utilizzare funzioni integrate di management e distribuzione. 148 di prezzi. I magazzini a prezzo unico si distinguono dai grandi magazzini per l'ubicazione in aree ed edifici meno prestigiosi e per rivolgersi ad una clientela più «popolare». La tecnica di vendita utilizzata prevede la libera scelta con pagamento al personale di reparto che svolge normalmente anche funzioni di cassa; tendenzialmente va sempre più diffondendosi, anche per i reparti non alimentari, il libero servizio integrale con pagamento alle casse in uscita. Questa forma distributiva presenta attualmente elementi di crescente obso-lescenza; all'estero, particolarmente in Gran Bretagna, si è individuata una via di rivitalizzazione nella trasformazione in discount. SUPERMERCATO II supermercato è un esercizio di vendita al dettaglio operante nel campo alimentare (autonomo o reparto di grande magazzino) organizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all'uscita, che dispone di una superficie di vendita compresa fra i 400 e 2.500 mq. e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo, in massima parte preconfezionati nonché, eventualmente, di alcuni articoli non alimentari di uso domestico corrente. Il numero delle referenze varia tra le 3.000 e le 4.000; per alcuni prodotti (prevalentemente alimentari freschi) va sempre più diffondendosi l'introduzione della vendita assistita da personale specializzato. I supermercati sono generalmente ubicati nelle zone periferiche dei centri urbani, o in prossimità delle grandi arterie viarie interne, in costruzioni ad un solo piano e in aree dotate di parcheggi. IPERMERCATO Si tratta di un esercizio di vendita al dettaglio, organizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all'uscita. L'esercizio, concepito e realizzato in una struttura edilizia destinata esclusivamente ad uso commerciale, offre, su una superficie di vendita di almeno 2.500 mq., disposta su un unico piano, un vasto assortimento di prodotti alimen-tari e non alimentari. L'esercizio è ubicato generalmente in zone periferiche o extra-urbane nei pressi di arterie stradali di grande viabilità e dispone di ampie aree di parcheggio. L'assortimento consta generalmente di 20/25.000 referenze. Questa forma distributiva, ideata all'inizio degli anni '60 in Francia, dove operano attualmente oltre 500 ipermercati, è stata introdotta in Italia circa dieci anni dopo. SUPERETTE Le superettes sono negozi con specifiche di vendita compresa fra i 200 ed i 400 mq. il cui assortimento è costituito da prodotti di largo e generale consumo, prevalentemente alimentari, venduti con la tecnica di libero servizio e, parzialmente (prodotti freschi), con il sistema della vendita assistita. Il numero delle referenze varia fra le 1.500 e le 1.700 unità. La localizzazione va dai piccoli centri urbani ai quartieri centro/periferici dei grossi agglomerati urbani. Il personale è costituito da 3 addetti in media, il che consente una conduzione di tipo familiare. L'area di attrazione della superette è quantificabile in un raggio di 500 mt. c/a da punto di vendita o in un percorso (a piedi) di circa 5/10 minuti, che conferma la caratterizzazione della superette quale punto di vendita di vicinato. La superette svolge un'importante funzione di riconversione del negozio di alimentari tradizionale nell'ambito dei processi di modernizzazione di tale comparto. DISCOUNT II termine discount non caratterizza una particolare forma distributiva, bensì una politica di prezzo aggressiva. Sono state definite alcune categorie di discount: 149 — il discount di servizio, che individua una sostanziale riduzione dei servizi commerciali offerti; — il discount di efficienza che individua un notevole aumento della forza di attrazione e quindi una maggiore concentrazione degli acquisti rispetto alla «distribuzione normale»; — il discount di qualità che riguarda una riduzione della qualità delle merci vendute.Mentre le precedenti analizzano il lato dell'offerta, se si considera la do-manda è opportuno distinguere tra: — discount congiunturale che trova realizzazione nelle fasi di recessione nelle quali il consumatore tende a ridurre l'acquisto di servizi commerciali per mantenere inalterato il consumo di beni; — discount interstiziale che si rivolge a segmenti di domanda con potere di acquisto limitato (ad esempio: disoccupati, pensionati ecc.); — e infine discount strutturale che rappresenta una componente stabile dell'offerta commerciale. Tuttavia, lo sviluppo ed il successo nel corso degli anni Sessanta di una particolare tipologia di negozio (ideato in Germania dalla catena ALDI) ha trasformato tale modello in sinonimo di forma distributiva. Il discount tipo Aldi è un esercizio al dettaglio di superficie compresa tra i 100 e gli 800 mq. il cui assortimento ristretto e poco profondo (dalle 400 alle 600 referenze) esclude i beni alimentari deperibili. Nel discount tipo Aldi viene impiegato il libero servizio integrale e quindi totalmente eliminato il servizio di assistenza del personale. I costi del personale risultano quindi particolarmente ridotti anche in ragione della flessibilità nelle mansioni svolte. La politica di prezzo particolarmente aggressiva è consentita dalla struttura dei costi, dall'arredamento spartano, dalla ristrettezza dell'assorbimento e dall’elevato tasso di rotazione delle scorte. CASH & CARRY II cash & carry è un punto di vendita all'ingrosso a libero servizio con superficie di vendita superiore ai 400 mq. La clientela, costituita da commercianti al minuto ed utilizzatori professionali provvede al pagamento in contanti ed al trasporto diretto della merce acquistata. L'assortimento è particolarmente ampio e profondo (circa 7.000 referenze in media) e può raggiungere le 30.000 referenze. II cash & carry è una innovazione di prodotto nell’ ambito del commercio all'ingrosso tesa a recuperare parte della clientela persa nell'ambito dei fenomeni di innovazione organizzative (nascita delle Unioni Volontarie). Secondo il LUGLI il cash & carry possiede degli elementi di impoverimento del prodotto (riduzione del coefficiente di servizio, costi di trasporto sostenuti dal cliente, pagamento in contanti) e degli elementi di arricchimento (maggiore ampiezza e profondità dell'assortimento, azzeramento dei tempi fra conferimento degli ordini e ricevimento della merce, possibilità di acquistare quantità limitate in una fascia orario estesa) rispetto al prodotto offerto dall'ingresso tradizionale. Fonte: L. Guatri S. Vicari, Il Marketing,Giuffrè In funzione del servizio al cliente 150 CLASSIFICAZIONE DELLE IMPRESE AL DETTAGLIO IN FUNZIONE DEL SERVIZIO AL CLIENTE Meno servizio Più servizio Libero servizio CARATTERISTICHE Solo servizi essenziali Libera scelta Servizio limitato Numero ristretto Modesta varietà di di servizi servizi Prezzi convenienti Punti vendita discount Magazzini a prezzo unico Supermercati Ipermercati Vendita per corrispondenza Vendita per corrispondenza ESEMPI Ampia varietà di servizi Prezzi convenienti Prodotti di largo Prodotti di largo Prodotti ad e generale e generale acquisto ponderato consumo consumo Punti vendita discount Servizio completo Prodotti di lusso e alla moda Vendita a domicilio Punti di vendita specializzati Grandi magazzini Grandi magazzini Vendita telefonica Magazzini a prezzo unico Vendita automatica Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI Schemi di classificazione dei tipi di dettaglianti “disastro” discount Piccolo punto di vendita supermercato Negozio specializzato Mostra d’arredamento Bazar Grande magazzino Margine basso Linea ampia (a) Rapporto margine-rotazione (b) Rapporto ampiezza dell’assortimento-dimensioni del punto vendita Grande punto di vendita gioielleria LINEA DIRETTA Alta Rotazione Bassa Rotazione MARGINE ELEVATO Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI Secondo le linee di prodotto vendute. Si basa sulla natura dei prodotti, sulla loro estensione e profondità dell’assortimento. Secondo il ruolo determinante del prezzo 151 Secondo la struttura del servizio di vendita Secondo la localizzazione dei punti vendita Vari criteri di classificazione dei punti di vendita al dettaglio Linee di prodotto Ruolo vendute determinante del prezzo Punti di vendita specializzati Struttura del servizio di vendita Tipologia delle imprese al dettaglio Vendita postale e telefonica Dettaglio indipendente Vendita automatica Catene di negozi Magazzini di sconto (discount) Grandi magazzini Maximagazzini o magazzini e ipermercati Supermercati Magazzini di Magazzini di esposizione prossimità (showrooms) e di vendita su Ipermercati e maxi catalogo magazzini Localizzazione dei punti di vendita Centro commerciale Centro commerciale regionale Gruppi di acquisto e cooperative di Vendite dettaglianti convenzionate Centro commerciale di quartiere Cooperative di consumo Punti di vendita di servizi (agenzie di viaggio, sportelli bancari, lavanderie, ecc.) Centro commerciale di comunità Organizzazioni di francising Imprese conglomerate di tipo commerciale Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI I principali punti di vendita nella distribuzione alimentare secondo l’assortimento di prodotto e secondo il livello di prezzo sono: Assortimento di prodotto Prezzo Alto Ristretto Medio Negozi tradizionali Basso “Box” stores Grande Supermercati Discount Vasto Combination stores Ipermercati Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI 152 - La distribuzione all’ingrosso La distribuzione all’ingrosso svolge le attività relative alla vendita ai dettaglianti o ad altre imprese intermediarie commerciali, ad imprese di produzione, alle collettività, ad enti, istituti ecc. Grossista o commerciante grossista individua una impresa commerciale (all’ingrosso, cioè con transazioni di vendita di dimensioni consistenti), che acquista dal produttore o altra impresa intermediaria per rivendere a imprese commerciali al dettaglio ed altri. Le funzioni più rilevanti della distribuzione all’ingrosso sono: raggruppamento o frazionamento di prodotti omogenei, assortimento e gamma o separazioni di prodotti eterogenei, deposito, collegamento e intermediazione commerciale, finanziamento, trasposto, assunzione del rischio, informazione di mercato, consulenza e servizi di management. Le funzioni più rilevanti della distribuzione all’ingrosso sono: - vendita e promozione o collegamento e intermediazione commerciale, i grossisti aiutano i produttori a raggiungere molti piccoli clienti a costi contenuti. Il grossista intrattiene più contatti e spesso gode di maggiore fiducia dell’acquirente in quanto è più vicino rispetto al produttore; - raggruppamento o frazionamento di prodotti omogenei, i grossisti offrono ai clienti la possibilità di risparmiare acquistando le merci in grande quantità, successivamente divise in lotti di dimensioni più contenute; - assortimento e gamma o separazioni di prodotti eterogenei, i grossisti possono selezionare gli articoli e creare gli assortimenti necessari ai clienti, sollevando i consumatori da un compito oneroso; - deposito, i grossisti si occupano della gestione delle scorte, riducendo i costi di giacenza e i rischi rispetto ai produttori; - finanziamento, i grossisti finanziano sia i propri clienti, facendo loro credito all’acquisto della merce, sia i fornitori, ordinando la merce in anticipo e pagando a consegna avvenuta; - trasposto, un grossista può offrire tempi di consegna più brevi in quanto risulta più vicino rispetto ai produttori; - assunzione del rischio, i grossisti si assumono il rischio in quanto acquisiscono il titolo di proprietà per le merci trattate e si assumono quindi gli eventuali costi di furto, danno, smarrimento e obsolescenza della merce; - informazione di mercato, i grossisti procurano informazioni a fornitori e clienti sulla concorrenza, sui nuovi prodotti e sull’andamento dei prezzi; 153 - consulenza e servizi di management, i grossisti spesso offrono assistenza ai dettaglianti per quanto riguarda la formazione degli addetti alle vendite, lo stoccaggio delle merci e l’esposizione nei punti vendita e, infine, l’adozione di sistemi di contabilità e controllo delle scorte. L’impresa commerciale all’ingrosso riduce il numero dei rapporti di scambio fra produttore e dettagliante, come si evince dal seguente prospetto. 9 transazioni 18 transazioni L’impresa commerciale all’ingrosso tradizionale attraversa un periodo di crisi di imprenditorialità (ma non di funzioni, che si trasformano ed ammodernano: assistenza e consulenza, garanzia commerciale, informazione, promozione delle vendite, ecc.) determinata: dal lato dell’offerta, dalle maggiori dimensioni economiche delle imprese industriali ed agricole e dalla loro organizzazione d’impresa che gradualmente passa dall’orientamento al prodotto, all’orientamento alla vendita, al mercato, al marketing; dal lato della domanda, dalle maggiori dimensioni economiche delle imprese commerciali al dettaglio, dalle più agevoli possibilità di rapporti commerciali con le imprese di produzione in conseguenza dello sviluppo delle comunicazioni e della mobilità degli operatori economici ai diversi livelli di commercializzazione, dalla crisi delle imprese commerciali al dettaglio tradizionale. Il commercio all’ingrosso pertanto attraversa una fase di rivitalizzazione con funzioni nuove e con l’assunzione delle funzioni del grossista da parte del produttore o del dettagliante o con l’assunzione delle funzioni del produttore o del dettagliante da parte del grossista. Le condizioni fra la specializzazione funzionale dell’impresa grossista e l’integrazione funzionale dell’impresa da monte a valle dipendono dalle situazioni di mercato e delle economie realizzabili dalle imprese nella filiera. 154 Prima Dopo Oppure Ancora Inoltre Infine P P (P) P P P G (G) G (G) G (G) Produttore Grossista D D D D (D) (D) C C C C C C Dettagliante Consumatore Le imprese all’ingrosso possono classificarsi per tipologia in: - Imprese grossiste indipendenti: acquisiscono il titolo di proprietà dei prodotti e possono essere distinte secondo le tipologie merceologiche. Si distinguono: a) imprese grossiste a servizio completo (svolgono tutte le funzioni proprie dell’ingrosso), si suddividono in: • grossisti di beni di consumo (vendono ai dettaglianti), trattano una vasta gamma di linee di prodotto (ingrosso despecializzato) o una o due linee di prodotto con rilevante profondità di assortimento (ingrosso specializzato per settore), o specifici prodotti (ingrosso specializzato per prodotto); • distributori industriali, che trattano prodotti per imprese manifatturiere. b) imprese grossiste a servizio limitato (svolgono alcune delle funzioni proprie dell’ingrosso), si suddividono in: • libero servizio all’ingrosso (cash and carry wholesale) trattano un numero ridotto di prodotti standardizzati, ma ad alta vendibilità, con vendita ai dettaglianti; • ingrosso con consegna al punto vendita (per merci deperibili: latte, carni, pane, ecc.), sono attrezzate con parco automezzi; • distributori di ordini (deop shipper), raccoglie ordini dai clienti e li trasmette ai produttori assumendo il titolo di proprietà dei prodotti ed i rischi connessi; • ingrosso senza deposito (rack jobber), nel campo non alimentare, rifornisce gli scaffali dei dettaglianti e fattura i prodotti dopo la loro vendita; • cooperative di produzione, fra imprese agricole che commercializzano; • ingrosso per corrispondenza, vendono su catalogo ai dettaglianti, alle istituzioni ecc. (prodotti della gastronomia, cosmetici, gioielli, ecc.) 155 - Broker ed agenti: non assumono il titolo di proprietà dei prodotti e svolgono solo alcune delle funzioni dell’ingrosso, la loro funzione principale è di facilitare le operazioni di compravendita, con compenso della commissione percentuale sul prezzo di vendita. Sono specializzati per linea di prodotto o per clientela servita. a) broker: assiste venditori ed acquirenti sulla negoziazione; il compenso è a carico di chi ne richiede il servizio. Non sostiene onere, né assume rischi. Sono presenti nei settori alimentari, assicurativo, finanziario, immobiliare,ecc. b) agenti: rappresentano il venditore o l’acquirente e si distinguono in: • agenti del produttore (rappresentanti), rappresenta uno o più produttori di linee di prodotti complementari. Le aree di attività possono essere: le politiche di prezzo, le procedure di inoltro degli ordini, i servizi e le garanzie dei clienti. Sono rappresentanti generali quelli che hanno l’incarico di vendere l’intera produzione dell’impresa; • agenti di acquisto (buyer), organizzano gli acquisti di prodotti artigianali o di piccole imprese di settori specifici, generalmente per conto di imprese estere della grande distribuzione; • commissionari, acquisiscono il possesso fisico dei prodotti, ma non la proprietà, e procedono alla negoziazione delle vendite. I settori di operatività sono quelli connessi all’agricoltura. - Operazioni all’ingrosso delle imprese manifatturiere e del dettaglio. Questa forma di commercio all’ingrosso è svolta direttamente dalle imprese industriali e dai dettaglianti. Si distinguono due tipi di modalità operative: a) filiali ed uffici vendita da parte delle imprese industriali; b) uffici acquisti da parte delle imprese al dettaglio. - Imprese grossiste varie. Sono forme particolari: a) distributori di prodotti petroliferi; b) case d’asta (tabacco, bestiame ed altri numerosi prodotti fra cui anche alcuni prodotti agricoli: vino) c) grossisti di prodotti agricoli, raccolgono i prodotti presso le aziende agricole e rivendono all’industria alimentare, alle catene di supermercati, alle istituzioni pubbliche ecc. 9.3 La distribuzione fisica (o logistica di marketing) La distribuzione fisica comprende le funzioni di pianificazione, gestione e controllo del movimento dei prodotti dai punti della produzione ai punti dell’impiego ed ha l’obiettivo di mettere a disposizione i prodotti giusti nel posto giusto, al tempo giusto ed al minor costo possibile, al fine di soddisfare con profitto le esigenze dei consumatori. 156 Nella gestione della distribuzione fisica le attività svolte comprendono: l’evasione degli ordini di acquisto da parte del cliente, il magazzinaggio delle merci destinate alla vendita (località di deposito), il livello delle scorte per consentire l’evasione immediata delle richieste della clientela, il trasporto (la scelta dei vettori influenza il prezzo dei prodotti, i tempi di consegna e lo stato dei prodotti). Principali attività di distribuzione fisica Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI Ogni possibile sistema di distribuzione fisica implica un costo totale così calcolabile: D = T + FM + VM + S D= costo totale della distribuzione fisica; T= costo del trasporto; FM= costo fisso totale del magazzino; VM= costo variabile totale di magazzino, incluse le scorte; S= costo totale delle mancate vendite in relazione al tempo medio di consegna. 157 9.4 I canali di distribuzione (o di marketing) Nel sistema distributivo operano numerose figure di intermediari commerciali che svolgono numerose funzioni; esse possono così essere distinte: - Commercianti, sono i grossisti ed i dettaglianti che assumono nell’acquisto e vendita il diritto di proprietà sul prodotto; - Intermediari, sono i mediatori, i rappresentanti, gli agenti di vendita, buyer che negoziano la compravendita del prodotto per conto dei produttori o degli acquirenti, ma non acquisiscono il diritto di proprietà del prodotto; - Ausiliari, sono tutte le altre figure come imprese di trasporti, magazzini di deposito, banche, agenzie pubblicitarie, ecc. che contribuiscono allo svolgersi della distribuzione, ma non acquisiscono alcun diritto di proprietà sul prodotto, né interagiscono nella negoziazione di compravendita dello stesso. La maggior parte dei produttori per vendere i propri prodotti sul mercato al consumo si servono degli intermediari commerciali; questi costituiscono un canale di distribuzione o commerciale o di marketing. Il canale di distribuzione, secondo la definizione di Bucklin9, è costituito da un insieme di istituzioni che svolgono il complesso di attività (funzioni) necessarie per trasferire un prodotto ed il relativo titolo di proprietà dal produttore al consumatore. Per canale o circuito di distribuzione si può intendere anche il percorso – riferito ai passaggi di proprietà del prodotto – seguito da un prodotto nel trasferimento dal produttore al consumatore. Le funzioni dei canale di distribuzione o di marketing sono: • ricerca: raccolta d’informazione al fine di pianificare e facilitare lo scambio; • promozione: realizzazione e diffusione di messaggi persuasivi sull’offerta; • contatto: comunicazione con i potenziali acquirenti; • adattamento commerciale del prodotto (alle richieste degli acquirenti): comprende le attività di produzione, selezione, assemblaggio ed imballaggio del prodotto; • negoziazione: formazione del prezzo e accordo su altri aspetti contrattuali; • distribuzione fisica: trasporto e deposito dei prodotti; • finanziamento: risorse finanziarie necessarie per sostenere i costi; • rischio: assunzione del rischio nello svolgimento delle attività. 9 Louis P. Bucklin, A Theory of Distribution Channel Structure, Istitute of Business and Economic Research University of California, Berkeley 1966. 158 Le prime 5 funzioni consentono lo svolgimento delle transazioni, le ultime 3 né determinano la conclusione. I principali tipi o stadi di canale sono: - Canale diretto: produttore – consumatore. Si riscontra nella distribuzione di beni strumentali, mentre assume peso modesto nella distribuzione dei beni di consumo. Si effettua da parte del produttore • con negozi propri; • con vendita a domicilio; • con vendita su catalogo (o opuscoli o depliants); • con macchine distributrici automatiche; • con accordo di collaborazione (Joint-venture). - Canale corto o breve: fra produttore e consumatore si interpone come intermediario il dettagliante. - Canale lungo: fra produttore e consumatore si interpongono due o più intermediari commerciali. Esempi dei diversi stadi nel canale Canale diretto (P-C) Produttore Canale con uno stadio Produttore intermedio (P-D-C) Canale a due stadi Produttore (P-G-D-C) Canale a tre stadi Produttore (P-G-A-D-C) Consumatore Grossista Grossista Agente Dettagliante Consumatore Dettagliante Consumatore Dettagliante Consumatore Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI Nel canale si distinguono diverse tipologie di flussi: • flusso fisico, riguarda il movimento fisico dei prodotti; • flusso di titolo, riguarda i passaggi di proprietà; • flusso di pagamenti, riguarda i passaggi dei pagamenti; • flusso di informazioni, riguarda la trasmissione delle informazioni; • flusso promozionale, riguarda le varie forme di comunicazione. 159 Cinque diversi flussi nel canale di marketing dei carrelli trasportatori Fonte Ph. Kotler, MARKETING MANAGEMENT. ISEDI I canali di distribuzione sono percorsi dinamici e recentemente sono sorti nuovi sistemi, per cui né deriva la distinzione fra: - Canale distribuzione convenzionale, dove produttore, grossista, dettagliante sono operatori (o imprese) indipendenti (o insieme separato di attività) con lo scopo di massimizzare i propri profitti; nessun componente del canale ha il controllo sostanziale sugli altri; - Sistema verticale di marketing, costituito da produttore, uno o più grossisti, uno o più dettaglianti che agiscono in modo unificato; uno di essi ottiene la cooperazione degli altri membri mediante l’acquisizione del controllo, l’affiliazione o altre manifestazioni di gestione del mercato. Tale sistema ha origine dalla necessità di controllare il canale di distribuzione e di eliminare il conflitto fra gli operatori economici che pur avendo il medesimo obiettivo generale, operano indipendentemente per il raggiungimento di obiettivi aziendali propri. Questo sistema realizza economie di scala in relazione alla dimensione realizzata, ai maggiori poteri contrattuali acquisiti, alla eliminazione di duplicazione di servizi. Si riscontrano i seguenti tipi di sistema verticale di marketing: o aziendale, riunisce nella stessa impresa (proprietà) lo stadio produttivo e distributivo; 160 o amministrativo, considera gli stadi della produzione e distribuzione attraverso la dimensione ed il potere di una delle parti (marca dominante) che si assicura la cooperazione commerciale dei rivenditori; o contrattuale, imprese indipendenti di produzione e distribuzione integrano i loro programmi con contratti al fine di realizzare maggiori economie e maggiori vendite. Tra questi sistemi si hanno: le unioni volontarie (aggregazioni di dettaglianti promosse da grossisti), gruppi di acquisto (cooperative) fra dettaglianti, organizzazioni di franchising (o affiliazione). I sistemi verticali di marketing costituiscono la nuova concorrenza, che non si svolge più fra singole imprese, ma fra interi sistemi centralmente programmati per conseguire elevate economie di costo ed una maggiore risposta del consumatore. Altri aspetti evolutivi nei canali di distribuzione sono rappresentati dalle combinazioni di due o più imprese per sfruttare le opportunità emergenti, con accordi temporanei o permanenti (es. le joint venture), o dalla distribuzione multicanale per raggiungere lo stesso o differenti mercati (es. i conglomerati commerciali). La scelta del canale (politica di canale) comporta l’analisi: • delle caratteristiche del prodotto (deperibilità, valore unitario, grado di necessità, voluminosità, ecc.); • della struttura della produzione (dimensioni delle imprese concorrenti, grado di concentrazione dell’industria, localizzazione della produzione, ampiezza delle gamme qualitative e della produzione, ecc.); • delle caratteristiche degli intermediari (agenti, rappresentanti, ecc.) al fine di motivarli (con incentivi) e valutare il loro impegno e frequenza; • delle caratteristiche della clientela (numerosità), abitudini di acquisto, concentrazione, ecc.); • della struttura del commercio al dettaglio (numero e tipologia dei negozi che vendono il prodotto, dalle dimensioni delle imprese di dettaglio, ubicazione dei punti vendita rispetto alla produzione ed ai consumatori, ecc.); • delle caratteristiche ambientali (condizioni economiche, leggi e norme, piani urbanistici e commerciali, ecc.). e la determinazione degli obiettivi: - determinazione volumi di vendita; - stabilità delle quote di mercato; 161 - massimizzazione della differenza tra prezzi di vendita e costi unitari complessivi dei prodotti; - contenimento dei rischi e degli investimenti. Il volume di vendita di un prodotto è legato al grado di penetrazione e al grado di copertura nei negozi al dettaglio. Il grado di penetrazione di un prodotto esprime il rapporto tra le vendite effettuate alla clientela servita (negozi serviti) e gli acquisti totali di quest’ultima per il prodotto. Il grado di copertura ponderata della clientela (negozi) esprime il rapporto tra gli acquisti totali del prodotto da parte della clientela servita (negozi serviti) e le vendite totali del prodotto nel settore (negozi totali). La penetrazione esprime dunque la quota di mercato dell’impresa per un prodotto (o gruppo di prodotti), considerando il mercato costituito dai clienti serviti (negozi serviti). La copertura ponderata esprime dunque la quota di vendite potenziali che la clientela servita (negozi serviti) rappresenta sulle vendite totali del prodotto (o gruppo di prodotti) (negozi totali). La quota di mercato esprime il peso delle vendite dell’azienda di un prodotto (o gruppo di prodotti) sulle vendite totali, cioè: poiché e QM= quota di mercato dell’azienda VA= vendite dell’azienda Vt= vendite totali del mercato (o dimensione del mercato) QM = VA Vt GP = VA ACS dove GP= grado di penetrazione dell’azienda (nei negozi serviti) ACS= acquisti totali della clientela servita (negozi serviti) GC = ACS Vt dove GC= grado di copertura ponderata della clientela (negozi serviti sui negozi totali) dove la QM può esprimersi come: VA ACS QM = ⋅ ACS Vt cioè la quota di mercato dell’azienda è il risultato della moltiplicazione del grado di penetrazione del prodotto per il grado di copertura della clientela. 162 Esempio: QM = 16% ; VA ACS VA ACS = 20% e = 80% oppure = 80% e = 20% . ACS Vt ACS Vt 16 = 20 ⋅ 80 16 = 80 ⋅ 20 VA 20 = 20 = ACS 100 VA 80 = 80 = ACS 100 oppure ACS 100 = 80 = Vt 125 16 = ACS 100 = 20 = Vt 500 20 125 16 = 80 500 La copertura ponderata della clientela si può scomporre: ACS ACS n = GC= = Vt Vt N⋅ N n⋅ dove: n = numero di clienti serviti (negozi serviti); N = numero di clienti totali (negozi totali); ACS n = acquisto medio della clientela servita (per negozio servito); Vt N = acquisto medio della clientela totale (per negozio totale); svolgendo dove: GC = n ACS N ⋅ ⋅ N n Vt n = grado di copertura della clientela (negozi serviti su negozi totali); N ACS = peso medio (o acquisto medio) della propria clientela; n N = grado di dispersione della clientela totale (o potenziale) (totale Vt negozi), cioè numerosità della clientela totale (negozi totali) in rapporto alla dimensione del mercato; 163 n ACS e sono l’effetto (delle scelte) della politica distributiva dell’impresa; N n N non è controllabile dall’impresa, riguarda l’ambiente esterno e dunque è un vincolo. Vt L’indice (o grado) di concentrazione delle vendite rispetto alla clientela indica la percentuale delle vendite effettuata dalla percentuale delle imprese. Serve per la scelta dei clienti (negozi) da servire in modo tale da aumentare il grado di copertura: se n aumenta, perché aumenti ACS n deve aumentare anche ACS, per conseguenza l’aumento può avvenire se i negozi di nuova acquisizione hanno un indice di concentrazione delle vendite elevato. Indice di concentrazione % cumulativa dei % cumulativa negozi delle vendite 10 33 20 51 30 65 40 75 50 84 60 89 70 93 80 97 90 99 100 100 Le politiche della distribuzione pertanto riguardano la scelta di aumentare il grado di penetrazione, cioè le vendite medie per negozio servito, aumentando la fedeltà dei dettaglianti, oppure aumentare il grado di copertura acquisendo altri negozi da servire, scelti fra quelli che permettono aumenti nelle vendite del prodotto, o ancora contemporaneamente aumentare il grado di penetrazione ed il grado di copertura al fine di ottenere l’aumento della quota di mercato. La stabilità ed il controllo della quota di mercato dipendono dalle scelte sulla rete distributiva (intermediari o una propria rete di vendita) ed in contemporanea sugli altri strumenti di marketing, in specie sulla pubblicità. La massimizzazione dei divari fra prezzi di vendita e costi richiede il calcolo della convenienza dei diversi canali fondandosi su: i prezzi medi del canale, i costi variabili per canale, i costi fissi per canale, i costi non imputabili secondo il seguente schema: 164 CONTO ECONOMICO RELATIVO AI CANALI Canale 1 P1 S1 Pn1 Canale 2 P2 S2 Pn2 a1 b1 c1 d1 e1 Cv1 a2 b2 c2 d2 e2 Cv2 M 1I = Pn1 − Cv1 M 2I = Pn 2 − Cv 2 Ricavo lordo Sconti vari Ricavo netto Provvigioni Promozioni Costi variabili di scorta Costi del trasporto Altri costi di vendita Costi variabili di canale 1° margine di contribuzione Costi di magazzini periferici Costi di pubblicità al canale Ammortamento attrezzature di vendita Costi fissi di canale 2° margine di contribuzione f1 g1 h1 Cf1 f2 g2 h2 Cf2 M II = Pn − Cv − Cf 1 1 1 Costi della sede di controllo Costi del personale annuo di vendita Costi del magazzino centrale Ammortamento attrezzature di trasporto Costi comuni del personale di vendita Costi comuni di vendita Margine netto M n1 = Pn1 − Cv1 − Cf1 − Cc M 2II = Pn2 − Cv2 − Cf 2 1 i l m n o Cc M n 2 = Pn2 − Cv 2 − Cf 2 − Cc Si sceglierà il canale con il maggiore margine netto. Il contenimento degli investimenti e dei rischi deve tenere conto dei costi relativi a: immobilizzazioni tecniche (per formazione di filiali, depositi, uffici periferici, potenziamento uffici centrali, potenziamento delle attrezzature, ecc.), scorte di prodotti finiti (per formazione di scorte centrali e periferiche, per fronteggiare le punte stagionali, ecc.), crediti concessi alla clientela (pagamenti differiti), beni immateriali (costi per la ricerca, per l’addestramento dei venditori, per la pubblicità alla marca, ecc.). Si sceglierà il canale con costi di investimento e rischi più bassi. Nella scelta dei canali però c’è una stretta relazione tra lunghezza del canale e dimensioni aziendali: le maggiori dimensioni aziendali favoriscono l’adozione di canali corti. 165 L’impresa definito il suo mercato obiettivo ed il posizionamento del prodotto e scelto il canale dovrà identificare i vari tipi di sbocchi (o sub-canali) o alternative di canale. L’alternativa di canale è definita da tre elementi: - Tipi di intermediari Numero di intermediari Responsabilità dei membri partecipanti al canale Tipi di intermediari, cioè identificazione dei tipi di intermediari disponibili a svolgere il ruolo nel canale (es. forza vendita dell’impresa, agenti esclusivi e non esclusivi, rivenditori, distributori, vendite per corrispondenza, ecc.). Numero degli intermediari, riguarda le decisioni sul numero di intermediari da utilizzare ad ogni stadio del canale distributivo. Le strategie sono tre: • Distribuzione intensiva, basata sul mantenere costantemente rifornito il maggior numero di punti vendita; • Distribuzione esclusiva, basata su un numero di venditori che detiene i diritti di distribuzione dei prodotti dell’impresa in diverse zone. Rafforza l’immagine del prodotto e permette alti ricavi di ricarichi; • Distribuzione selettiva, basata sull’impiego di più intermediari commerciali ma in numero inferiore a quelli disposti a trattare il prodotto. Riesce a dare una buona copertura di mercato, ma con costi inferiori alla distribuzione intensiva. Responsabilità dei membri del canale, cioè determinare le condizioni operative e le responsabilità dei vari componenti del canale: politiche di prezzo (listino e sconti), condizioni di vendita (termini di pagamento e garanzia), diritti di zona (per l’esclusiva di vendita), specifici servizi da svolgere (assistenza, promozionale amministrativa, formazione, ecc.). La valutazione delle alternative di canale va fatta sulla base di criteri economici, poiché ogni alternativa produrrà un differente livello di vendite e di costi, come mostrato dal grafico seguente: 166 Il punto A è il punto di indifferenza: se le vendite sono inferiori ad A è conveniente impiegare la rete di agenti, se superiori ad A la forza vendita dell’impresa. 167 10 PROMOZIONE E PUBBLICITÀ. 10.1 Comunicazione Comunicazione è attività di informazione e persuasione che l’impresa rivolge ai consumatori per fargli intravvedere l’entità dell’acquisto di un prodotto e la rispondenza alle sue esigenze (o far conoscere l’esistenza del prodotto e le sue prerogative ai potenziali acquirenti). L’informazione deve avere particolare riferimento a: prodotto: caratteristiche, composizione, consumo, aspetti nutrizionali ed organolettici; rapporto qualità-prezzo; tecniche di produzione, conservazione, trasporto; finalità del prodotto nell’alimentazione. L’informazione orienta il consumatore nelle scelte che deve operare quotidianamente nell’alimentazione; tali scelte, in una economia di abbondanza, non riguardano tanto la necessità di soddisfare i bisogni fisiologici elementari, quanto il desiderio di soddisfare i bisogni più complessi e sofisticati. I consumatori per conseguenza sono più selettivi nelle loro scelte, per cui per le imprese diventa fondamentale informarli per orientare le loro scelte. L’impresa con la (politica di) comunicazione stimola e spinge i consumatori verso il prodotto pubblicizzato (o reso noto, divulgato con l’informazione). Nell’ambiente economico attuale e moderno l’impresa si trova a gestire un sistema di comunicazione di marketing complesso; infatti: la comunicazione deve essere rivolta agli intermediari, ai consumatori, ai diversi tipi di pubblico (soggetti istituzionali e non). Gli intermediari comunicano con i consumatori e con i diversi tipi di pubblico. I consumatori sviluppano una fitta rete di comunicazioni orali ed informali fra loro e con altri gruppi. Ogni gruppo a sua volta fornisce comunicazioni a tutti gli altri (passa parola). L’impresa con la (politica di) comunicazione ha come obiettivo principale generale l’incremento delle vendite sul mercato e come obiettivi collaterali o specifici: la ricerca di nuovi segmenti di mercato, la crescita della domanda attuale, il recupero di parte della domanda potenziale, il rafforzamento dell’immagine di una marca e di un prodotto, la conoscenza degli elementi qualitativi del prodotto, la presentazione di un nuovo prodotto, il supporto nel lancio di un nuovo prodotto, ecc. La base della politica di comunicazione è la ricerca di marketing (dati, notizie, decisioni) su: tipo di prodotto, situazione del mercato, concorrenza presente, comportamento del 168 consumatore, realtà aziendale, prodotto oggetto di comunicazione, destinatari del messaggio, tipo di messaggio comunicativo, ecc. Obiettivo della comunicazione è la conoscenza del consumatore sul prodotto e la sua immagine e sull’impresa e la sua immagine, e dunque la determinazione del posizionamento del prodotto sul mercato e del consumatore che deve raggiungere ed in quale modo raggiungerlo. Gli obiettivi della comunicazione devono essere chiari, materialmente raggiungibili, definiti nel tempo, nello spazio, nello specifico contenuto, affinché si possano individuare metodi, strumenti, percorsi di comunicazione; in altre parole si tratta di individuare gli obiettivi (affidabilità, qualità, prezzo) del prodotto, le vie distributive, i mezzi di comunicazione. Le componenti fondamentali della comunicazione di marketing (communication mix, o mix della comunicazione, o mix promozionale) sono: • Pubblicità: qualsiasi forma di presentazione e promozione (comunicazione di un messaggio) non personale attraverso i media di un prodotto, un servizio, un’organizzazione, un’idea, con lo scopo di promuovere le vendite e di creare l’immagine dell’impresa e del prodotto. • Promozione delle vendite: Attività e tecniche volte ad incentivare nel breve periodo gli acquisti o le vendite di prodotti e servizi. • Pubbliche relazioni: attività finalizzate a ottenere una propaganda favorevole, creare un’immagine positiva dell’impresa e gestire o sviare voci, storie ed eventi sfavorevoli al fine di instaurare rapporti positivi con i vari tipi di pubblico dell’impresa. • Vendita (forza vendita) personale (personal selling): azione di vendita, costituita dalla presentazione orale da parte di agenti o rappresentanti ad uno o più acquirenti potenziali di un prodotto o servizio. 169 Strumenti promozionali: alcuni esempi. Pubblicità Promozione vendite Annunci stampa e Concorsi a premi, radiotelevisivi lotterie, gare di vendita Elementi esterni della confezione Offerte e vendite speciali Elementi interni della confezione Campioni gratuiti Pubbliche Relazioni Vendita personale Rassegne stampa Presentazioni di Cataloghi vendita Contatti Riunioni e telefonici convegni di vendita Chioschi informativi Telemarketing Siti web Programmi di Posta incentivi elettronica Campionari ed altro materiale per i venditori Conferenze Seminari convegni e Relazioni di Pubblicità postale Fiere, mostre ed bilancio esposizioni Cataloghi Contributi per Dimostrazioni opere Film pubblicitari assistenziali e Buoni sconto di pubblico Riviste aziendali interesse Buoni premio Opuscoli e Propaganda pieghevoli Liquidazioni Manifesti locandine e Agevolazioni pagamento Annuari Riproduzione manifesti pubblicitari Marketing diretto di Sopravvalutazione dell’usato di Raccolta di punti e figurine Affissioni stradali Spettacoli Materiale espositivo Audiovisivi Simboli immagini e Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI. Il cambiamento delle comunicazioni di marketing è da imputare innanzitutto al fatto che, con la frammentazione dei mercati di massa, gli operatori di marketing si stanno allontanando dal marketing di massa e sempre più spesso sviluppano programmi di marketing focalizzati, allo scopo di instaurare rapporti più profondi con una clientela che rientra in micro mercati più specifici. In secondo luogo, i grandi progressi delle tecnologie dell’informazione accelerano la tendenza al marketing segmentato. In questo nuovo ambiente di comunicazione le imprese 170 devono reimpostare il ruolo dei singoli media e strumenti del mix promozionale, ponendo attenzione ad integrare bene i vari canali di comunicazione al fine di evitare un disordine comunicativo che si riversa sul consumatore e che rischia di essere controproducente per l’impresa stessa. Può succedere che la pubblicità diffusa dai mass media comunichi un messaggio, la campagna di prezzi un altro e il materiale promozionale e di supporto alla vendita e l’etichetta un altro ancora. Il problema è che queste comunicazioni spesso vengono da fonti diverse all’interno dell’impresa. Per superare questo problema, oggi molte imprese adottano il concetto di comunicazione integrata di marketing (CIM) in base al quale ci si dedica a un’attenta integrazione e coordinazione dei numerosi canali di comunicazione allo scopo di trasmettere un messaggio chiaro, coerente e convincente sulla propria organizzazione e le relative marche. La CIM genera maggiore coerenza comunicativa e incide maggiormente sulle vendite; il compito viene affidato ad un unico responsabile che agisce con lo scopo di sviluppare una strategia di comunicazione globale per l’azienda. Mix di strumenti promozionali integrati Messaggi coerenti, chiari e convincenti sull’impresa e i suoi prodotti Elementi del processo di comunicazione: Fondamentali: - comunicatore (o fonte, o emittente), chi emette il messaggio; - ricevente (o audience, o destinatario), chi riceve il messaggio. 171 Strumenti: - messaggio, insieme di simboli ed informazioni che il comunicatore trasmette; - mezzo (o media), individua i mezzi di comunicazione di massa (canali di comunicazione), attraverso i quali il messaggio viene diffuso. Funzioni: - codifica, trasformazione del pensiero, dell’idea in forma simbolica (simboli) in messaggio da parte del comunicatore; - decodifica, trasformazione del messaggio o simboli in significati da parte del ricevente; - risposta, la reazione del ricevente dopo aver ricevuto e decodificato i simboli o il messaggio; retroazione (o feedback), è la risposta del ricevente al comunicatore . Sistema (o ambiente): - rumore, distorsioni che si verificano nel processo di comunicazione, per cui al ricevente può arrivare persino un messaggio diverso da quello inviato dal comunicatore. - (Oggi, ogni persona è sottoposta a circa 1500 annunci pubblicitari al giorno, oltre a dover dare attenzione ad altri aspetti della vita, per cui è facile che il messaggio non arrivi se non espresso e comunicato nel modo corretto). Il messaggio, perché sia efficace ad attirare l’attenzione, nell’ambiente di distrazione in cui vive il ricevitore, deve rispettare le condizioni di: - comprensione, deve essere chiaro e semplice; identificazione, identificare esattamente il prodotto; interesse,per attirare l’attenzione del consumatore verso il prodotto, anche se non ancora verso il suo acquisto; - suggestività, deve avere significati simbolici per provocare nel consumatore predisposizione verso il consumo e poi verso l’acquisto; - ripetitività, deve essere possibile la ripetizione più volte. La composizione del mix (pubblicità, promozione delle vendite, propaganda e vendita personale) della comunicazione deve tener conto o è condizionata da: 172 - i fondi disponibili: le risorse finanziarie disponibili comportano attività diverse in relazione al loro ammontare (dipendono sotto certi versi dalla dimensione d’impresa). - natura del mercato: ampiezza geografica, tipo di clienti (consumatori finali, intermediari, industria), concentrazione del mercato (o numerosità degli acquirenti), ecc. comportano attività di comunicazione diverse. - natura del prodotto: la tipologia di prodotto (convenience goods, shopping goods e speciality goods) richiedono attività di comunicazione diverse. - stadio del ciclo di vita del prodotto: vedere scheda sui rapporti tra politica della comunicazione e ciclo di vita del prodotto. Fasi dello sviluppo del programma di comunicazione : - Identificazione dei destinatari (pubblico obiettivo, audience): il contenuto, il modo, il momento, il luogo, lo strumento della comunicazione variano in relazione ai soggetti destinatari (audience: acquirenti potenziali, utilizzatori e consumatori attuali, decisori e influenti dell’acquisto, costituiti da individui, gruppi, pubblico particolare, pubblico di massa). - Determinazione degli obiettivi della comunicazione: determinare la risposta che ci si aspetta dal pubblico obiettivo, che alla fine consiste nell’acquisto del prodotto. - Definizione del messaggio: il messaggio deve concentrarsi sui plus competitive del prodotto e dunque deve essere tale da attirare l’Attenzione, mantenere Interesse, sollecitare Desiderio, indurre all’Azione (modello AIDA) il consumatore. La formulazione del messaggio comporta: cosa dire (contenuto del messaggio) all’audience obiettivo cioè l’idea, il richiamo, l’appeal, il tema; come esprimerlo (cioè struttura del messaggio) in modo logico cioè l’argomentazione; come confermarlo a livello simbolico (formato del messaggio): titolo, testo, illustrazioni, colore, formato, dimensione, movimento; chi dovrebbe dirlo (fonte del messaggio), cioè personaggi che abbiano competenza, attendibilità, simpatia, ecc. - Scelta dei canali di comunicazione: vi sono due tipologie: 173 • canali personali, con due o più persone che comunicano fra loro direttamente: faccia a faccia (anche con il pubblico), per via telefonica, a mezzo televisione, per corrispondenza, con personale di vendita (canale di parte), con esperti (canale degli esperti), con soggetti sociali (vicini, amici, colleghi, familiari) (canale sociale, con influenza orale); • canali non personali, senza alcun contatto personale, con mezzi che trasmettono i messaggi: mass media (mezzi di massa): stampa (quotidiani, riviste, direct mail), mezzi elettronici (televisione, radio), mezzi espositivi (cartelloni stradali, insegne, manifesti) rivolti ad un pubblico ampio e non differenziato; o mezzi selettivi rivolti a pubblico specialistico o selezionato. - Definizione dello stanziamento promozionale totale: come somma da spendere in totale o come percentuale sulle vendite o in altro modo in funzione degli obiettivi da conseguire (fare concorrenza, quota di mercato da acquisire, percentuale dei soggetti da raggiungere, ecc.) - Definizione del mix promozionale: suddivisione dell’investimento totale fra i 4 strumenti principali (pubblicità, promozione vendite, propaganda, forza vendita o vendita personale) tenendo conto della tipologia del mercato (es. mercato al consumo), della strategia di vendita (di impulso o di attrazione), della disponibilità dell’acquirente, dello stadio del ciclo di vita del prodotto. - Misurazione dei risultati della promozione, cioè dell’impatto sul pubblico obiettivo (con indagini ed inchieste). - Gestione e coordinamento del processo di comunicazione di marketing, cioè i messaggi vanno lanciati in contemporanea con la disponibilità del prodotto sul mercato, altrimenti sono inutili o scarsamente remunerativi o addirittura negativi per perdita di credibilità. 174 Scheda sui rapporti tra politica della comunicazione e ciclo di vita del prodotto. Situazione del mercato Politica della comunicazione Fase di introduzione I clienti non si rendono ancora conto di desiderare il prodotto e non sanno quali benefici ne potranno trarre Informare ed educare i potenziali clienti. Comunicare loro che il prodotto esiste, in che modo può essere usato e quali tipi di esigenze può soddisfare. In questo stadio il venditore deve tendere a stimolare la domanda primaria (cioè la domanda per quel particolare tipo di prodotto) e non ancora la domanda selettiva (cioè la domanda per una particolare marca del prodotto). Normalmente è necessario puntare molto sulla vendita personale; anche la partecipazione a mostre o fiere rappresenta una componente importante del mix della comunicazione perché consente di entrare in contatto con un gran numero di potenziali compratori senza dover compiere uno sforzo personale di vendita nei confronti di ognuno di essi. I produttori rivolgono notevoli sforzi di vendita personale anche nei confronti degli intermediari commerciali, per indurli a tenere il prodotto in assortimento. Fase di crescita I consumatori sono consapevoli dei benefici che possono trarre dal prodotto. Il prodotto vende bene ed i distributori lo vogliono avere in assortimento. Stimolare una domanda selettiva (di marca). Aumentare l’importanza data alla pubblicità nel mix. I distributori partecipano al raggiungimento degli obiettivi promozionali dell’azienda, spesso dividendo anche i costi con il produttore. Fase di maturità La concorrenza aumenta e le vendite tendono a stabilizzarsi La pubblicità non viene più usata solo come strumento di informazione, ma soprattutto come strumento di persuasione. La concorrenza molto intensa costringe le imprese a investire grosse somme di denaro in pubblicità, e ciò contribuisce a far diminuire sensibilmente i profitti. Fase di declino delle vendite Le vendite ed i profitti diminuiscono. Prodotti nuovi e migliorati vengono introdotti sul mercato e sostituiscono gli articoli precedenti. Fonte: W.J. Stanton, R. Araldo: Marketing. Il Mulino 175 L’intero sforzo di comunicazione deve essere considerevolmente ridimensionato, a meno che questo non venga finalizzato ad una rivitalizzazione e ad un rilancio del prodotto. 10.2 Pubblicità e vendita personale La vendita personale (tramite dipendenti o agenti) e la pubblicità (tramite l’impiego di mezzi di comunicazione di massa) sono due tra i principali mezzi per trasmettere comunicazioni persuasive ai clienti ed ai diversi tipi di pubblico obiettivo. La vendita personale (personal selling) realizza una comunicazione di tipo personale ed individuale, concentrata sulla clientela attuale e potenziale. La pubblicità consiste in forme non personali di comunicazione, si avvale di mezzi di massa a pagamento, è rivolta in modo generale al mercato nel suo insieme ed è patrocinata da un soggetto ben individuato. Altrimenti detto è la divulgazione di un messaggio che richiami l’attenzione dei consumatori su un determinato prodotto attraverso l’uso dei media. L’uno o l’altro mezzo di comunicazione, o entrambi, dipendono da diversi fattori d’influenza. Fattori d’influenza dell’impiego della vendita con personale o della pubblicità Fattori di influenza Vendita con personale Pubblicità Mezzi finanziari dell’impresa limitati elevati Ampiezza geografica del mercato limitata elevata pochi molti razionali emotive elevato basso limitata elevata Servizio assistenza pre e post vendita essenziale non essenziale Tipo di prodotto specifico standardizzato Numero clienti Prevalenti motivazioni all’acquisto del prodotto Valore unitario prodotto Possibilità prodotto di differenziazione del Fonte: W.J. Stanton, R. Araldo: Marketing. Il Mulino Le imprese che fanno ricorso maggiormente alla pubblicità sono quelle che operano su mercati vasti di beni di consumo (alimentari e non alimentari) e che impiegano la politica di marca. Tipi di pubblicità in funzione degli obiettivi da raggiungere: 1. Pubblicità istituzionale: per lo sviluppo dell’immagine dell’impresa nel lungo periodo, senza promuovere in via immediata e diretta la vendita del prodotto. 176 2. Pubblicità al prodotto: per informare e stimolare il mercato al fine di favorire le vendite del prodotto. 3. Pubblicità di marca: per sostenere una marca nel lungo periodo (Coca Cola). 4. Pubblicità classificata: per la diffusione di informazioni su una particolare offerta di vendita (Frette, fiera del bianco). 5. Pubblicità di saldo: per l’annuncio di una vendita a saldo. 6. Pubblicità dei produttori: per sviluppare la domanda dei loro prodotti (birra). 7. Pubblicità dei distributori: per sviluppare le vendite dei negozi o gli acquisti nel negozio, indipendentemente dai prodotti e dalle marche. Tipi di pubblicità in funzione dei destinatari o del tipo di mercato obiettivo: 1. Pubblicità al consumatore. 2. Pubblicità al distributore. 3. Pubblicità all’utilizzatore industriale. Pubblicità, Campagna pubblicitaria (o programma pubblicitario) consiste in una serie coordinata di sforzi promozionali (insieme delle operazioni attuate dall’impresa) volta al raggiungimento di un obiettivo specifico nell’ambito dell’attività di comunicazione dell’impresa. Le fasi sono: 1. Determinazione degli obiettivi della pubblicità che può essere in funzione della specificità: pubblicità informativa, quando si deve creare una domanda primaria; pubblicità persuasiva, quando la concorrenza è vivace e occorre creare una domanda selettiva; pubblicità comparativa, quando si deve affermare la superiorità di una marca su altre concorrenti; pubblicità di ricordo, per ricordare nella fase di maturità del ciclo di vita il prodotto al mercato. 177 Obiettivi della pubblicità Informare Portare a conoscenza del mercato un nuovo Descrivere i servizi disponibili prodotto Suggerire nuovi usi per un prodotto Correggere impressioni errate Informare il mercato di una variazione di prezzo Ridurre le ansie dei consumatori Spiegare come funziona il prodotto Sviluppare l’immagine di un’impresa Persuadere Creare la preferenza di marca Persuadere il consumatore all’acquisto immediato Incoraggiare il cambiamento di marca Predisporre il consumatore all’acquisto immediato Modificare la percezione dei consumatori su determinate caratteristiche del prodotto (rispetto ad altri) Ricordare Ricordare al consumatore che può aver bisogno Mantenere vivo il ricordo fuori stagione del prodotto nell’immediato futuro Ricordare dove è possibile acquistarlo Mantenere la consapevolezza del prodotto al massimo livello di intensità Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI. 2. Stanziamento pubblicitario, cioè stabilire l’investimento pubblicitario correlato agli obiettivi di vendita previsti. 3. Definizione e valutazione del messaggio, sulla base della desiderabilità, della esclusività, della credibilità, della distinzione del prodotto. 4. Selezione dei mezzi pubblicitari, sulla base del grado di copertura o di penetrazione: numero di persone o famiglie esposte all’annuncio in un certo periodo di tempo; grado di frequenza: numero medio di volte in cui una persona o famiglia è esposta al messaggio in un certo periodo di tempo; grado di impatto o di ricezione: valore qualitativo della accettazione dell’intervento da parte del consumatore (per i prodotti alimentari è l’appetizing appeal, grado di apprezzamento culinario o gustativo); grado di diffusione: misura la rapidità, la costanza, la profondità dell’annuncio; grado di ripetizione: il messaggio ripetuto ha maggiore presa e induce più facilmente alla convinzione rispetto al messaggio fatto una sola volta. 178 I mezzi di comunicazione La scelta dei mezzi di comunicazione è in stretta relazione con gli obiettivi da raggiungere e deve essere fatta in funzione del prodotto (politica di prezzo, di prodotto, commerciale), del segmento di mercato (tipo di segmento, livello di reddito, potenzialità di consumo), del consumatore (motivazioni e scelte di consumo di un determinato prodotto). La scelta dei mezzi di comunicazione condiziona il livello dell’investimento pubblicitario, cioè il rapporto costo-contatto medio (cioè il costo che l’impresa sostiene per contattare ogni singolo cliente o consumatore: se il conto è 1000 ed i clienti sono 100, il costo per contatto è 10). • I mezzi pubblicitari sono: - stampa: uno dei mezzi più efficaci per raggiungere il maggiore numero possibile di consumatori e per dare notizie di richiamo sulla qualità di un prodotto o sul suo prezzo; - televisione, radio, cinema: sono mezzi che inviano il messaggio pubblicitario al consumatore in un momento di distrazione; - pubblicità esterna, affissioni murali e manifesti: sono molto flessibili, se affidati a mezzi di trasporto, in zone geografiche di specifico interesse; - catalogo: elemento di presentazione dell’azienda e della sua produzione. Scheda sulle caratteristiche dei principali mezzi pubblicitari I giornali quotidiani. Come strumento pubblicitario sono flessibili e tempestivi. Gli annunci possono essere inseriti per alcuni giorni o in una sola edizione. I quotidiani possono essere usati per coprire una città o una provincia, assicurando una intensa copertura del mercato, visto che la loro lettura è in genere molto diffusa. Quando si tratta di un giornale locale o dell'edizione locale di un quotidiano nazionale, è possibile anche adattare l'annuncio pubblicitario alle condizioni socio-economiche della zona alla quale il messaggio e destinato. I costi di diffusione del messaggio sono bassi in relazione al numero di potenziali acquirenti che vengono raggiunti. D'altro lato, però, la “vita” di un annuncio pubblicato su un quotidiano è decisamente molto breve. Le riviste ed i periodici. Sono un eccellente mezzo pubblicitario quando si desidera che la stampa dell'annuncio sia qualitativamente valida ed è importante che siano evidenziati i colori. Le riviste ed i periodici si prestano a coprire il mercato nazionale ad un costo assai contenuto in relazione al numero di potenziali compratori contattati. Quando vengono poi utilizzate riviste specializzate o settoriali, chi fa la pubblicità ha la possibilità di raggiungere un gruppo di lettori selezionato con una minima dispersione degli sforzi pubblicitari. Le riviste ed i periodici presentano la caratteristica di essere in genere letti durante il tempo libero, al contrario dei quotidiani, che vengono sovente sfogliati in fretta. Questa caratteristica è di particolare rilievo per chi vuole fare pubblicità usando dei messaggi la cui lettura richiede un certo periodo di tempo. Fra le caratteristiche meno favorevoli delle riviste e dei periodici possiamo ricordare la loro scarsa flessibilità e il fatto che i messaggi in essi pubblicati raggiungono il mercato in maniera discontinua, rispetto ad altri mezzi pubblicitari. L'invio di materiale per posta. Fra tutti i mezzi pubblicitari, l'invio di materiale per posta (direct mail) è probabilmente il più personale e selettivo. Visto che in questo caso si raggiunge solo il 179 segmento di popolazione (target group) potenzialmente interessato al prodotto o servizio reclamizzato, si riduce al minimo la dispersione e la perdita di risorse di comunicazione. Il costo per ogni potenziale acquirente contattato è relativamente più elevato rispetto ad altri tipi di mezzi pubblicitari, si deve tener conto però che con il direct mail i costi “sciupati” risultano mediamente inferiori. Un grosso limite alla possibilità di utilizzare il mezzo pubblicitario postale è rappresentato dalla capacità di predisporre e mantenere aggiornata una valida lista di nominativi e di indirizzi di potenziali acquirenti. Vi è pure il rischio che il materiale pubblicitario spedito per posta venga considerato dal destinatario come “posta di scarto” e non sia dunque nemmeno preso in considerazione. La radio. La radio sta sperimentando oggi una fase di rinascita come mezzo culturale e pubblicitario. Quando fu introdotta la televisione negli anni Sessanta, la radio ebbe un periodo di grave declino e molti avevano previsto una sua imminente fine. Oggi invece l'interesse per la radio è decisamente in ascesa e lo dimostra, tra l'altro, il numero molto cospicuo di emittenti locali sorte in questi ultimi anni. Come mezzo pubblicitario, la radio presenta il vantaggio fondamentale di avere un costo assai contenuto; con la radio è possibile raggiungere tutto il mercato ed inoltre, inserendo gli annunci nel contesto di programmi di tipo particolare, è possibile rivolgersi in maniera efficace anche a segmenti di mercato molto specifici. D'altro lato, la radio può trasmettere solo suoni, per cui diventa un mezzo pubblicitario inutile quando è necessario l’impatto visivo di un certo messaggio. Inoltre, la vita utile di un annuncio pubblicitario radiofonico è estremamente breve; ancora, l’attenzione che gli ascoltatori prestano a ciò che la radio dice è sovente piuttosto modesta, specie quando la radio viene utilizzata per creare un sottofondo in un ambiente di lavoro, di studio, o dove si compie qualche altro tipo di attività. La televisione. Tra i principali mezzi pubblicitari, la televisione è quello che si è sviluppato più rapidamente e che risulta maggiormente versatile. Gli appelli pubblicitari diffusi dalla televisione si prestano sia ad essere visti che ad essere ascoltati, per cui i prodotti possono insieme essere mostrati ed illustrati. Il recente forte sviluppo delle televisioni private e locali ha esteso enormemente l'impiego di questo mezzo, in considerazione soprattutto del loro maggiore livello di flessibilità (in termini di mercato geografico coperto, di tempi di diffusione e di costi) rispetto alla televisione pubblica nazionale. Le reti televisive a diffusione locale hanno così consentito l'accesso a questo mezzo di tutta una serie di nuovi utenti (piccole e medie imprese industriali, grossisti, dettaglianti, ecc.) ed hanno allargato il suo impiego da parte di utenti tradizionali per azioni pubblicitarie più articolate e territorialmente circoscritte. D’altro lato, la televisione è un mezzo pubblicitario estremamente costoso. Esso non consente di diffondere messaggi particolarmente lunghi od elaborati e non è in grado di mostrare i colori in maniera altrettanto efficace di quanto accade per gli annunci stampati sulle riviste o sui periodici. Affissioni. Si tratta di strumenti pubblicitari molto flessibili e di basso costo. Essendo in grado virtualmente di raggiungere l'intera popolazione, questo tipo di strumento ben si adatta ai prodotti di largo consumo, che per essere pubblicizzati non hanno bisogno di annunci particolarmente elaborati o sofisticati. È uno strumento eccellente da utilizzare per la pubblicità che tende a “ricordare” ai consumatori l’esistenza di un prodotto, e può fare affidamento sull’impatto che deriva dal colore e dalle grandi dimensioni del cartellone o del manifesto. La flessibilità è notevole, sia per quanto concerne la copertura geografica del mercato, sia per quanto si riferisce all'intensità di copertura del mercato di una determinata area. Comunque, a meno che non si tratti di reclamizzare un prodotto molto noto e di largo consumo, questo mezzo comporta di solito una notevole dispersione degli sforzi. Anche se il costo per raggiungere un singolo potenziale acquirente (costo contatto) è modesto, il costo complessivo di una campagna pubblicitaria svolta con questo strumento è piuttosto rilevante. Fonte: W.J. Stanton, R. Araldo: Marketing. Il Mulino 180 PROFILO DEI PRINCIPALI MEZZI Mezzo (1) Volume in miliardi di $ (1980) (2) Esempi di costi % (1981) (1980) (3) (4) Vantaggi (5) Limiti (6) Quotidiani 15,6 28,5 $ 11,728 per una pagina del Chicago Tribune, in un giorno infrasettimanale. Television 11,3 e 20,7 $ 2.000 per 30 Unisce aspetti visivi, e di secondi di sonori movimento; piacevole trasmissione sensi; elevato nelle ore di ai punta a livello di attenzione e di copertura. Chicago. Costo assoluto molto elevato; eccessiva concentrazione di messaggi; esposizione transitoria; scarsa selettività dell’audience. Direct mail 7,7 14,0 $ 1.190 per i nomi e gli indirizzi di 34.000 veterinari. Selettività dell’audience; flessibilità; assenza di concor-renza nello stesso mezzo. Costo relativamente elevato; immagine di “circolare inviata per posta” Radio 3,7 6,7 $ 400 per un Uso di massa; alta minuto di selettività geografica e trasmissione demografica; costi nelle ore di contenuti. punta a Chicago. Presentazione esclusivamente audio; minore capacità di attirare l’attenzione rispetto alla TV; strutture tariffarie non standardizzate; esposizione transitoria. Riviste 3,2 5,9 $ 57.780 per una pagina a quattro colonne su Newsweek. Elevato anticipo per l’acquisto dello spazio; un certo spreco nella diffusione; nessuna garanzia per la posizione del messaggio nella rivista. Pubblicità esterna 0,6 1,1 $ 8.000 per l'affitto di un cartellone in una strada centrale di Chicago per un mese. Alta selettività geografica e demografica; credibilità e prestigio; elevato livello qualitativo delle riproduzioni; vita lunga; discreto numero di lettori per copia. Flessibilità; alto grado di ripetizione dell’esposizione; bassi costi; scarsa concorrenza. --- --- Altri mezzi 12,6 TOTALI $ 54,7 23,1 100,0 --- Flessibilità; Vita brevissima; scarsa tempestività; buona qualità della copertura del mercato riproduzione; basso locale; vasto numero di lettori per consenso; alta copia. credibilità. Nessuna flessibilità di selezionare l’audience; limiti alla creatività del messaggio. Fonte: Ph. Kotler, Marketing management. ISEDI. 181 • Direct marketing (o marketing diretto, o pubblicità diretta) è una tecnica di comunicazione (mezzo pubblicitario) molto usata dalle imprese di beni alimentari di largo consumo. E’ un messaggio pubblicitario personalizzato diretto al consumatore già acquisito o potenziale con determinate caratteristiche (target group: età, sesso, reddito, istruzione, ecc.), localizzato (regione, città, quartiere), concreto. Gli strumenti o i mezzi (media) della pubblicità diretta sono: mailing o pubblicità epistolare (invio per posta di messaggi pubblicitari: materiali, brochure) • telemarketing, contatto telefonico con i potenziali consumatori pubblicità e vendita porta a porta depliant illustrativo (distribuzione di opuscoli illustrati) annuncio pubblicitario (attraverso giornali o periodici) Sponsorizzazioni: attività indirizzate in prevalenza al sostegno di iniziative e manifestazioni sportive (la televisione è lo strumento più importante perché da visibilità al marchio dello sponsor) • La pubblicità sul punto vendita, comprende le azioni pubblicitarie svolte sul punto vendita e rivolte al consumatore ed al negoziante per ottenere cooperazione. I messaggi possono essere sonori, visivi (cartelli, immagini) o pubblicitari (slogan); i mezzi sono locandine, pannelli, cartelli, insegne luminose, mobili sospesi, display (schermo televisivo o bacheca pubblicitaria o un’inserzione stampa in posizione di evidenza; le azioni sono: ascolto di messaggi sonori, distribuzione di materiale pubblicitario, ecc.). Valutazione dell’efficacia della pubblicità, consiste nella verifica della recettività del messaggio (se e come raggiunge il destinatario: conoscenza, comprensione, preferenza), del grado di efficacia commerciale (penetrazione nel segmento di mercato e incremento delle vendite), del grado di accettabilità (effetto psicologico relativo alla credibilità del prodotto e del messaggio, alla sua capacità di convinzione per la predisposizione verso il prodotto), ecc. La campagna pubblicitaria per l’impresa alimentare è essenzialmente un mezzo per raggiungere nel breve e nel lungo termine i seguenti obiettivi: far conoscere e lanciare un prodotto, influire sulle abitudini del consumatore, aumentare le vendite ed accelerare la rotazione degli stock, rafforzare il prestigio di una marca, rilanciare il prodotto in determinati periodi, rinforzare la collaborazione con la forza vendita e con tutto il sistema distributivo, ecc. La campagna pubblicitaria per avere successo, oltre che studiata e programmata, comporta il coordinamento nello spazio e nel tempo di tutti gli aspetti che il messaggio deve raggiungere: il prodotto, il consumatore, la forza vendita, i canali distributivi, gli argomenti da trattare, gli obiettivi da raggiungere, le esigenze, i limiti e le norme da rispettare. 182 Proposta per una campagna pubblicitaria per un prodotto da forno (panettone) A. Mercato 1. Mercato totale: si stima ammonti a circa 30 milioni di kg per circa 240 miliardi di vecchie lire (prezzo medio fra le vendite ai consumatori, a ditte o enti), abbia un incremento di circa 23% annuo, abbia circa 250 produttori. 2. Consumi: presentano una stagionalità fortissima (concentrazione massima nei giorni immediatamente precedenti il Natale), una diffusione molto alta (80 delle famiglie lo consumano), una leggera prevalenza dei consumatori al nord e al centro, nei comuni grandi, una struttura d'acquisto anomala in quanto 2/5 del totale è acquistato dal privato per consumare, 1/5 del totale acquistato dal privato per regalare, 2/5 del totale è acquistato dalle aziende per i dipendenti. 3. Distribuzione: si stima, nel periodo natalizio, di circa 150/200 mila punti di vendita. 4. Formati: vanno dal 1/2 kg, 1 kg, a 1,5 kg. 5. Prezzo: quello medio al consumo per kg è di circa Lit. 8.000. B. Prodotto 1. Aspetto merceologico: il panettone è una pasta lievitata a fermentazione naturale particolarmente soffice; gli ingredienti del panettone sono: farina di frumento, uva sultanina, burro, zucchero, tuorlo d'uovo, frutta candita; il panettone Miramare ha un elevato standard qualitativo. 2. Immagine del panettone: è più di simbolo, di consumo rituale che di prodotto alimentare, ne discende come conseguenza una forte importanza della marca come garante della tradizione. 3. Immagine del panettone Miramare: è strettamente legata all'immagine della società per cui la caratterizza e ne viene caratterizzata; la società è vista come azienda che da sicurezza, fiducia, serietà, prestigio; il panettone Miramare è visto positivamente dalle classi di età media che ricordano il loro vecchio Natale, mentre per i giovani che tendono a disconoscere il significato del rituale natalizio il panettone va perdendo significato. C. Obiettivi e strategia di marketing 1. Obiettivo generale di marketing: consiste nel sostenere e incremen-tare la quota di mercato del panettone Miramare in un mercato alquanto statico, nonostante l'aumento di prezzo e i tentativi della concorrenza. 2. Strategia di marketing: prevedere di sollecitare l'acquisto per consumo diretto, l'acquisto per regalo, battendo la concorrenza delle altre marche che operano con prezzi più vantaggiosi. D. Ruolo della pubblicità 1. Pubblicità: deve contribuire a esaltare il differenziale di immagine del prodotto rispetto alle altre marche allo scopo di rendere il panet-tone Miramare non fungibile anche a parità di prezzo nominale, a superare l'ostacolo della diversità di prezzo reale, a diversificare la posizione del prodotto Miramare rispetto alla concorrenza offrendo sul piano pubblicitario dei precisi plus. E. Risultati della ricerca Le informazioni ottenute hanno costituito la premessa per un lavoro di ricerca di tipo squisitamente creativo. Il primo dato raggiunto è stato l'assoluta identificazione fra panettone e Natale. Cioè si è verificato che il panettone non vive al di fuori del contesto natalizio e che quindi alimentarmente parlando è pressoché impossibile trovarne occasioni di consumo che non siano il periodo natalizio stesso. Ciò sottolinea il valore ampiamente simbolico del prodotto. A questo punto il problema si sposta dal panettone al Natale: con la logica conseguenza che se si fosse riusciti a riscoprire il Natale si sarebbe trovato il modo adatto di proporre il panettone. Parlando della riscoperta del Natale ci si riferisce fondamentalmente alla ricerca delle esigenze psicologiche individuali che il Natale soddisfa: evidentemente l'analisi di queste esigenze 183 permette di poter scindere gli aspetti formali della festività (e cioè che possono modificarsi) da quelli sostanziali (che evidentemente rispondono a esigenze fondamentali e che sono immutabili). Ne scaturisce la convinzione che la novità del Natale da proporre consista nel ritrovamento della sua essenza che, appartenendo alla sfera intima e profonda dell'individuo, soddisfa istanze sempre attuali. L'aspetto religioso-liturgico del Natale risulta fare parte degli aspetti formali della festività. Si è deciso di prendere in esame il problema del Natale seguendo lo schema dell’analisi psicologica di fondo e si è ricostruito l'approccio iniziale dell’individuo con il Natale: si è cioè partiti dall'analisi del comportamento infantile. Ricostruendo la dinamica che del Natale si vive nell'infanzia: il bambino vive una situazione altamente gratificante, nella quale prende coscienza o viene riassicurato della sua appartenenza al gruppo familiare, e nella quale ha la misura della benevolenza del gruppo nei suoi riguardi. Tale dinamica è risultata ampiamente convalidata dall’esame delle dichiarazioni delle persone intervistate, e quindi ha portato a trovare in questa esigenza che vorremmo definire oltre che psicologica anche umana. Il Natale può essere definito come il momento riassicurativo dell'individuo della propria accettazione da parte del gruppo e nel quale si ha la misura della benevolenza del gruppo nei propri riguardi. A luce di questi fatti è evidente che la parte del Natale che perde valore è legata alla perdita di valore a priori di alcuni elementi che lo compongono: per esempio il Natale familiare è in crisi nella misura in cui è crisi un certo tipo di struttura familiare. Quindi finisce il valore del Natale come momento celebrativo di una società chiusa di tipo autoritario-paternalistico ma resta il valore del Natale come momento celebrativo individuale, collegato al contesto più riassicurativo possibile di gruppo. Il momento collettivo della celebrazione non può mancare comunque; la mancanza di tale momento contrasta con l'essenza della festa, contrasta cioè con una istanza fondamentale di sicurezza dalla quale l'individuo non può prescindere. In questo contesto il panettone si pone come simbolo non ancora alternativo della celebrazione collettiva: non vi è senso per il prodotto in sé (anche se non vanno sottovalutate le caratteristiche gratificanti del dolce), ma per la simbologia premiante: è proprio da ciò che il prodotto può trarre la sua validità e la sua vitalità. F. Piattaforma creativa 1. I prodotti della ricerca sono stati basilari, essi hanno fornito la piattaforma concettuale da cui partire per la fase creativa. È stato possibile riscontrare quanto sia forte e vivo il filo che lega Miramare al consumatore attraverso il binomio panettone-Natale. Per cui, è ben vero che il briefing Miramare è tendenzialmente quello di dissociare l'immagine Miramare dal prodotto e dall'istituto natalizio che perde sempre più significato, nel quadro di un rilancio globale dell'immagine d'azienda in direzioni nuove. Questo rilancio deve iniziare proprio dal Natale e dal panettone attraverso due diverse possibilità: o arrivare alla proposta di un Natale nuovo, soprattutto in senso formale che costituisca un modello di riferimento per tutti i consumatori che sentono maggiormente la perdita di significato del rituale natalizio di oggi, oppure arrivare ancora più in fondo, e stimolare in questi stessi consumatori proprio l'esigenza stessa del Natale. In altre parole: o prospettare un Natale di moda, che si allinei e continui il Natale consumistico in un nuovo tentativo di surrogare il Natale patriarcareligioso che ha perso il suo significato oggi, oppure fare leva direttamente sulle necessità psicologiche che portano alla celebrazione di questa festa. 2. Esame della prima possibilità: individuazione di un modello natalizio in grado di interpretare le esigenze di fondo dei consumatori. Se Natale risponde al bisogno dell'individuo di sentirsi riassicurato all'interno del suo gruppo; se è il gruppo chiuso, la famiglia patriarcale, che vanno trasformandosi e fanno sentire vuota e fredda la corrispondente interpretazione del Natale è ovvia la ricerca di un modello nuovo di riferimento come un Natale legato a un gruppo al pieno del suo valore. Quindi un gruppo non già imposto dalla struttura della vecchia famiglia ma liberamente scelto e recuperato. Un gruppo che partendo anche dalla famiglia stessa si apra e si allarghi fino a comprendere gli amici accettati attorno al tavolo di Natale e al suo simbolo. Il Natale non più come festa da subire stancamente quasi fosse un 184 dovere ma da liberamente organizzare: cioè liberamente costruire attorno al panettone, come un gioco, un gioco bello e aperto. Per questo la prima proposta creativa non vuole tanto proporre un nuovo Natale come il Natale di gruppo. Ma vuole evidenziare proprio la meccanica di costruzione del gruppo stesso. Esiste un gioco vero, il puzzle, ed è questo gioco il vero motivo della campagna i quanto riesce a drammatizzare attraverso la progressività della costruzione il libero graduale organizzarsi della festa come Natale aperto attorno al panettone. 3. Esame della seconda possibilità: stimolare nei destinatari del messaggio il bisogno psicologico profondo del Natale. I destinatari naturalmente restano ancora quelli che sentono di più il peso del Natale religioso-patriarcale e l'amarezza dell'inutile surrogato del Natale consumistico. I consumatori cioè che più lamentano il Natale perduto e si aspettano il Natale più bello, quello che gli adulti ricordano o raccontano di aver vissuto da bambini: il Natale nel quale si proietta tutto ciò che si vorrebbe che il Natale fosse o fosse stato. Parlare del profondo del Natale è evidentemente parlare dei momenti di approccio al Natale stesso, parlare del Natale dell'infanzia perché gli stimoli psicologici ai quali il Natale risponde sono di tipo infantileregressivo. In pratica questa seconda campagna consiste nella ricerca di tutti i temi più tipici del Natale dell'infanzia così come può utilizzarlo in privato l'adulto di oggi. G. Scelta decisionale II messaggio del nuovo Natale Miramare ha bisogno di spazio per non finire confuso nella massa. E lo spazio glielo darà una giusta scelta dei tempi. La Miramare deve riprodurre, far ritrovare il Natale perduto a cominciare subito quando l'autunno è finito, proprio quando il Natale non è ancora nell'aria ma è già nei conti del ragazzo che aspetta il regalo, dello scolaro che aspetta le vacanze, di tutti quelli che sentono il peso del lungo inverno. Bisogna che quando gli altri Natali esplodono nei loro soliti modi, il Natale Miramare abbia già avuto la possibilità di decollare, cogliendo di sorpresa, non solo la concorrenza, quanto piuttosto il consumatore stesso. Al decollo di questo Natale Miramare un mezzo è indispensabile oltre a quelli di massa: sono i negozi che la Miramare ha nei punti chiave di città grandi e medie. In sincronia con i mezzi di massa questi negozi devono trasformarsi nei centri di diffusione del nuovo Natale: là dove il Natale diventa cosa concreta, da toccare. La proposta è nuova e clamorosa proprio nella rinuncia a proporre nuovi Natali e nel recupero del Natale così com'è dentro di noi: bello, valido, caldo, immutabile. Non si tratta di inventare un nuovo modello di Natale, ma perfezionare il linguaggio per arrivare al nuovo posizionamento del panettone Miramare simbolo di Natale. Questo atteggiamento della Miramare di totale dedizione alla festa è cioè totale partecipazione dell'azienda alle emozioni dei suoi consumatori potrebbe essere la filosofia della nuova immagine di azienda: un'azienda disposta a muoversi con nuovi prodotti e con nuovi approcci sui prodotti esistenti, per vivere tutte le stagioni emotive dei suoi consumatori. Fonte: A. Foglio. Il marketing Agroalimentare; mercato e strategie di commercializzazione. FrancoAngeli 10.3 Promozione delle vendite e propaganda Promozione delle vendite è l’insieme dei mezzi e delle tecniche messe in atto per migliorare la comunicazione del prodotto sul mercato, per penetrare nuovi segmenti di mercato, per creare nuovi sbocchi, per fare conoscere un prodotto o l’impresa, per mobilitare la forza vendita, il trade (intermediari commerciali), il consumatore, per aumentare le vendite, per raggiungere maggiore redditività (incremento della produzione conseguente all’incremento delle vendite). Le promozioni di vendita hanno avuto grande sviluppo, in particolare nelle iniziative rivolte ai consumatori, perché l’impresa le considera sempre più strumenti di vendita a tutti gli effetti (fattori interni), perché aumentano le marche presenti sul mercato, per le situazioni di 185 inflazione e di recessione, per il continuo lievitare dei costi della pubblicità, per le restrizioni normative e legislative, ecc. (fattori esterni). La promozione viene considerato uno strumento volto a superare la fedeltà delle marche concorrenti, mentre la pubblicità mira ad aumentare la fedeltà alla propria marca. Il mix ottimale di efficacia si ha quando promozione delle vendite e pubblicità sono utilizzate contemporaneamente. Le promozioni hanno obiettivi a breve termine rispetto alla pubblicità e consistono essenzialmente nell’incremento delle vendite. La campagna di promozione delle vendite prevede diverse fasi: 1. Definizione degli obiettivi promozionali, derivano dagli obiettivi più generali della comunicazione, che a loro volta sono collegati agli obiettivi generali di marketing. Variano in funzione del mercato obiettivo individuato: a. consumatore, obiettivi: utilizzo maggiore del prodotto, acquisto di confezioni di grande formato o multipack (confezioni di più pacchi del prodotto), invito alla prova per chi non l’ha mai provato o che acquista prodotti di marche concorrenti; b. dettagliante, obiettivi: trattare nuovi prodotti o maggiori quantità del prodotto abituale, aumentare gli acquisti fuori stagione e le giacenze dei prodotti, contrastare le iniziative promozionali di prodotti concorrenti, acquistare fedeltà, entrare in nuovi punti vendita; c. forza vendita, obiettivi: aumentare il supporto ad un nuovo prodotto o una sua nuova versione, incoraggiare il primo acquisto, stimolare le vendite fuori stagione. Possono essere usati sotto diversi aspetti: • obiettivi aziendali: volumi di vendita e quote di mercato maggiori, difendersi o ostacolare la concorrenza, ottenere maggiore redditività, eliminare o ridurre gli stock eccessivi, ecc. • obiettivi di mercato: aumentare il consumo del prodotto, introdurre nuovi prodotti, recuperare segmenti di mercato, ecc. • obiettivi di distribuzione: supportare la forza vendita, diffondere la distribuzione, coprire maggiormente il mercato, migliorare l’immagine dell’impresa e la marca, essere presenti in più vendite, aumentare la rotazione degli stock nei punti vendita, ecc. 2. Selezione degli strumenti, si distinguono in relazione ai mercati obiettivi: 186 a. promozione verso il consumatore: campioni per prova gratuita (mezzo costoso, ma efficace), buoni sconto (diritto di sconto sul prezzo) prima o dopo l’acquisto, confezioni speciali (o offerte scontate): confezioni a prezzo ridotto (2x1, 3x2) o confezioni unite (2 prodotti diversi, fra loro connessi: dentifricio e spazzolino), omaggi (anche diversi dal prodotto) offerti a prezzo ridotto o gratuiti, bollini premio (o punti regalo) per ottenere articoli da scegliere o specificati, concorsi all’acquisto, giochi, lotterie, esposizione e dimostrazione sul punto vendita, iniziative benefiche, ecc; b. promozione verso i rivenditori: sconti all’atto dell’acquisto in alcuni periodi, confezioni gratuite, sconti in merci, contributi in pubblicità, in materiale promozionale, premi di vendita, concorsi di vendita, viaggi, ecc; c. promozioni verso la forza vendita: gratifiche e premi, concorsi e gare di vendita, viaggi, ecc. 3. Realizzazione e controllo del programma promozionale, richiede decisioni su: a. misura dell’incentivo (quanto offrire d’incentivo), b. condizioni per la partecipazione (a tutti i gruppi di clienti), c. veicoli promozionali da utilizzare (la stessa confezione o la spedizione per posta o allegato all’inserto pubblicitario, ecc.), d. durata della promozione, e. periodo della promozione, f. budget totale della promozione: costi amministrativi (stampa, spedizione, promozione dell’offerta), costi di lancio (costo del premio, valore dello sconto, ecc. 4. Valutazione dei risultati del programma: il metodo più comune è quello di valutare i risultati di vendita (quote di mercato) prima, durante e dopo la promozione. Gli interventi promozionali e le tecniche promozionali conseguenti sono diversi in relazione alle fasi del ciclo di vita di un prodotto sul mercato. Interventi promozionali nel ciclo di vita: a. Fase di lancio: diffusione di messaggi pubblicitari accompagnati con la distribuzione di campioni, con le tecniche del merchandising (fornitura a dettaglianti di materiale pubblicitario, campagne pubblicitarie e varie attività promozionali, oltre che informare il dettagliante sui piani promozionali del prodotto per indurlo ad ordinare ed immagazzinare quantità per far fronte alla domanda che sarà creata con la pubblicità), con prezzi accessibili e di richiamo per 187 far conoscere, per attirare l’interesse, per far provare, per creare la disponibilità all’acquisto. b. Fase di espansione: campagna pubblicitaria, sconti di prezzo, incentivi (premi) al consumatore per una maggiore presa di contatto fra prodotto e consumatore. c. Fase di maturità: offerte speciali, premi, concorsi speciali, vendite abbinate con altri prodotti per mantenere le quote acquisite. d. Fase di saturazione: le tecniche promozionali non devono essere eccessivamente costose perché il prodotto è in fase di stanca o in calo. e. Fase di declino: interventi promozionali quasi inesistenti. Tecniche promozionali, si distinguono in: a) Tecniche informative: campagna di informazione utilizzando i media, la comunicazione diretta al consumatore, ecc. b) Tecniche di prodotto: la promozione dovrà esaltare uno o più elementi caratteristici del prodotto (qualità, packaging, composizione, formato, conservabilità, ecc.) per orientare il consumatore, la distribuzione, la forza vendita. c) Tecniche di stimolo: le azioni di stimolo a carattere formativo (seminari, conferenze, colloqui) e informativo (pubblicazioni aziendali, note informative, presentazioni di campagne), a sostegno della vendita (materiale di vendita, cataloghi, campioni, sconti, regali, concorsi), sono dirette e coinvolgono il trade e la forza vendita. d) Tecniche sul punto vendita: promozione sotto forma di presentazione, informazione, prova, contatto con il prodotto e tecniche del merchandising. e) Fiere e saloni specializzati: sono manifestazioni a cui si partecipa per farsi conoscere e per verificare il comportamento dei concorrenti, dei clienti e dei consumatori. Ma di contro si è anche sotto l’attenzione della concorrenza, dei clienti abituali, di quelli potenziali, per cui la presenza, lo stand, il design, la esposizione dei prodotti deve essere accurata ed inappuntabile. La partecipazione deve essere programmata, preparata, comunicata alla stampa generica e specializzata evidenziando le novità per suscitare interesse e curiosità nelle persone destinatarie ed in quelle che visiteranno lo stand per stimolare contatti. Gli Strumenti della promozione sono: 1. Promozione sulla distribuzione (trade), per sostenere ed accelerare le vendite del prodotto può assumere i seguenti ruoli: 188 - ruolo formativo, colloqui, panel, stage, meeting, viaggi formativi, visite in azienda, ecc. - ruolo informativo, a mezzo stampa, per via epistolare, fogli informativi, ecc. ruolo di stimolo, a mezzo di pubbliche relazioni, condizioni di vendita interessanti, premi, concorsi, supporti alla vendita con materiali vari, ecc. gli obiettivi specifici sono : - incrementi nelle vendite, aumento dei punti vendita, maggiori ordini da parte della clientela, fedeltà dei punti vendita all’azienda, ricerca di nuovi canali di vendita. Le tecniche promozionali sono: - incentivazioni agli acquisti proporzionali ai risultati raggiunti (in denaro, oggetti, regali, viaggi, premi, ecc.), - condizioni speciali (prodotti a prezzi scontati in periodi particolari: di lancio, campagne pubblicitarie, ecc.), - sconti (al raggiungimento di certo fatturato o all’atto dell’ordine di certi quantitativi: sconti-fatturato, sconti-quantità), - concorsi (vincita di premi in denaro, in merce, o viaggi), materiale promozionale (divulgativo, speciali contenitori, display, ecc.: monodosi di prodotto, vetrofanie, poster murali, insegne luminose, oggetti di allestimento, ecc.), - manifestazioni (incontri con clientela e forza vendita per presentare la campagna pubblicitaria o promozionale, per lancio di un nuovo prodotto, o visita all’azienda, comunicare informazioni, ecc), - fiere e mostre esposizioni di prodotti (partecipazione per incontrare i responsabili del trade alla ricerca di nuovi prodotti e nuovi fornitori). 2. Promozione sulla forza vendita, per vivacizzare e stimolare l’organizzazione operante sul mercato o su qualche specifica area per sostenere la vendita del prodotto ruoli: - ruolo formativo: conferenze, seminari, colloqui, visite in azienda, animazione di gruppo, ecc; 189 - ruolo informativo: lettere personali, circolari, fogli informativi, presentazioni di campagne pubblicitarie e promozionali, ecc; - ruolo di stimolo: premi, incentivazioni, regali, concorsi, ecc; ruolo di supporto alla vendita: materiale promozionale, materiale di vendita (cataloghi, brochure, campioni, materiale, illustrativo, supporti audio-visivi, ecc). Le tecniche promozionali al raggiungimento di taluni traguardi di vendita sono: - incentivazioni (premi in denaro o in oggetti), concorsi (con estrazione di premi in denaro, oggetti, viaggi), manifestazioni o convention (incontri in aziende o presso alberghi per presentare la campagna pubblicitaria, un nuovo prodotto, informazioni su vari argomenti, sulla politica di vendita, ecc.), 3. meeting di studio (per affrontare argomenti di marketing, di vendita) con specialisti, animazione di gruppo (conversazioni con psicologi specializzati nella formazione), materiale informativo (cataloghi, manuali divulgativi, ecc). Promozione al consumatore (consumer oriented). La più importante, la più costosa, la più efficace. Deve stimolare il comportamento d’acquisto. obiettivi: - attirare l’attenzione, creare simpatia verso il prodotto o la marca, capire e rispondere al bisogno, suscitare il desiderio d’acquisto tecniche: - invio di messaggi proposta (mail promotion); sconti in speciali occasioni (campagna pubblicitaria o promozionale, lancio di un nuovo prodotto, in particolari periodi dell’anno, ecc.); - buoni sconto (inviati per posta o riportati su giornali o periodici); offerte speciali (possono riguardare il prezzo, essere collegate ad altro prodotto o oggetto in regalo); - concorsi; campioni omaggio (door to door, per posta, sul punto vendita); materiale promozionale (depliant illustrativi del prodotto); premi (all’acquisto o posticipati, premi fedeltà con raccolta di tagliandi); 190 - azioni di merchandising; settimane speciali; fiere, mostre, esposizioni di prodotti (rassegne commerciali che rafforzano l’immagine aziendale); Merchandising (promozione sul punto vendita) promuove il consumo del prodotto influenzando la scelta del consumatore attraverso una maggiore conoscenza del prodotto, una dimostrazione diretta di consumo, una maggiore diffusione sul mercato. Rappresenta il momento d’incontro tra prodotto e consumatore. E’ fatto con personale specializzato con lo scopo di presentare, offrire in prova, distribuire campioni del prodotto. Il successo dell’intervento di merchandising nel punto vendita per un prodotto alimentare dipende: - dall’ambiente fisico in cui viene esposto il prodotto ed il consumatore l’acquista, dallo spazio di vendita (scaffalature che attirano l’attenzione), dall’assortimento (per attirare l’attenzione e presentare l’immagine dell’azienda), dalla presentazione e dalla confezione (per essere facilmente identificato), dall’animazione (con tecniche decorative, dimostrative con personale, spettacolari con azioni di distribuzione). Propaganda Definisce le iniziative che l’impresa può prendere per assicurarsi gratuitamente spazio editoriale (diverso da quello della pubblicità) allo scopo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di vendita, affrontando problemi d’interesse generale e senza perseguire fini strettamente commerciali o di lucro. La propaganda è parte di un concetto più vasto: quello delle pubbliche relazioni (P.R.), che ha come obiettivo di ottenere una propaganda favorevole, il creare un’immagine socialmente avanzata, ostacolare opinioni tendenziose e poco favorevoli, far conoscere l’attività e le nuove iniziative dell’impresa. Pubbliche relazioni sono: - rapporti con la stampa e con le istituzioni, relazioni industriali, rapporti con le forze politiche, propaganda di un prodotto, 191 - comunicazioni aziendali, lobbying (gruppi di pressione) che mirano a coinvolgere il settore legislativo e le pubbliche autorità, - sensibilizzazione (attività di promozione e aggiornamento del management sulle tematiche d’interesse pubblico o sulle posizioni dell’impresa e sulla sua immagine). I mezzi della propaganda sono: - avvenimenti: convegni, conferenze, seminari su temi innovativi o con oratori di fama, celebrazione di anniversari, mostre ed esposizioni, serate di beneficenza, tombole, vendite di libri, gare sportive, balli, cene, sfilate di moda, gite, articoli di giornale. 192