COMUNICATO STAMPA Presentato a Venezia il primo cortometraggio sul cancro tratto da una storia vera Combattere il cancro “Insieme”. Un cortometraggio sulla battaglia quotidiana contro il tumore Presentato come evento collaterale alla 70a Mostra del cinema di Venezia “Insieme”, un cortometraggio liberamente ispirato a una storia vera, promosso da Salute Donna onlus e SIPO, Società Italiana di Psico-Oncologia, e realizzato grazie al supporto non condizionato di MSD. “Insieme” racconta la quotidianità e i problemi di una giovane donna colpita da tumore e sottolinea l’importanza della comunicazione per affrontare al meglio la malattia e il percorso di cura. Per la regia di Annamaria Liguori, “Insieme” vede come interpreti Euridice Axen, Giorgia Wurth, Nicolas Vaporidis e Monica Scattini. I brani musicali interpretati da Marco Carta, sono stati concessi a titolo gratuito. Venezia, 2 settembre 2013 – Quando il tumore invade la vita fino quasi a renderla insopportabile, la via di uscita è abbattere il muro di silenzio, vincere le ritrosie e raccontare come ci si sente alle persone che possono aiutarti: il medico, il partner, le persone care. A spiegare il valore anche curativo del dialogo durante l’esperienza di malattia è “Insieme”, un cortometraggio liberamente ispirato a una storia vera, raccolta attraverso il sito www.nonausea.it, che racconta frammenti durissimi di vita reale di una giovane donna che convive con il cancro. Dopo il trauma della diagnosi comincia la battaglia contro la malattia e il duro confronto con la chemioterapia segnato dalla comparsa di effetti collaterali che devastano la quotidianità. Nel film, le relazioni, gli affetti, il dialogo con le persone vicine, a cominciare dalla sorella e dal proprio medico, si riveleranno per la protagonista le risorse decisive per superare i passaggi difficili del percorso di cura. Promosso da Salute Donna onlus e SIPO con il supporto non condizionato di MSD Italia, ideato e curato da Pro Format Comunicazione e prodotto da Meltin’Pot, “Insieme” viene presentato oggi come evento speciale della 70a edizione del Festival Internazionale del Cinema. Per la regia di Annamaria Liguori, “Insieme” vede come interpreti Euridice Axen, Giorgia Wurth, Nicolas Vaporidis e Monica Scattini. I brani musicali interpretati da Marco Carta, sono stati concessi a titolo gratuito. “Insieme” è la reale rappresentazione della vita di tutti i giorni di un paziente oncologico che sperimenta per la prima volta il tumore e deve in qualche modo convivere con esso – afferma Annamaria Mancuso, Presidente di Salute Donna onlus – Oggi, sempre più spesso, grazie alla diagnosi precoce e alle terapie disponibili si riesce a vincere la battaglia contro il cancro, ma il percorso di cura può essere lungo e pesante anche a causa degli effetti collaterali della chemioterapia, aspetto non sempre adeguatamente affrontato nel dialogo medico-paziente: il “non detto” da entrambe le parti può essere un ostacolo che limita la qualità di vita e impedisce all’oncologo di intervenire nei momenti più critici”. Obiettivo del cortometraggio è proprio quello di catalizzare l’attenzione dei medici e dei pazienti su quanto accade fuori dall’ospedale, cogliere gli aspetti e i problemi della quotidianità della persona che convive con il cancro che possono sfuggire al medico concentrato sulla battaglia contro la malattia. “Insieme” offre una chiave di lettura centrale del cancro: parlare della propria malattia. Per tutta la durata della storia se ne parla: tra sorelle, con il fidanzato, con il medico e soprattutto con il pubblico – fa notare Anna Costantini, Presidente della Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) – Le ragioni per cui i pazienti difficilmente parlano dei loro problemi con il medico curante sono diverse: da un lato gli oncologi per formazione si concentrano sulla sopravvivenza del paziente, mettendo in secondo piano l’aspetto psicologico e gli effetti collaterali, dall’altro i pazienti non manifestano i loro bisogni perché questi attengono spesso ad argomenti intimi con i quali temono di mettere in imbarazzo i medici”. Un gioco delle parti che non giova al paziente né alla risoluzione della malattia. La chemioterapia condiziona in modo rilevante la quotidianità, la vita di relazione e affettiva, la sfera sessuale e sentimentale, il lavoro. Eppure gli effetti collaterali conseguenti ai trattamenti chemio o radioterapici possono essere contrastati con efficaci terapie di supporto. “La nausea e il vomito insieme alla caduta dei capelli sono i sintomi più temuti dalle pazienti e i più devastanti – osserva Domenica Lorusso, Dirigente medico di I livello, Unità Operativa di Oncologia Ginecologica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano – il vomito da chemioterapia è quello che ha l’impatto peggiore sulla qualità di vita e sulle attività quotidiane con ripercussioni negative sulle condizioni di salute generali e sulla stessa efficacia della terapia. La prescrizione delle terapie di supporto secondo quanto raccomandato dalle Linee Guida nazionali e internazionali consente di ridurre in modo significativo l’impatto degli effetti collaterali”. “Insieme” è quindi la storia di una battaglia vittoriosa contro il cancro basata sulla scoperta del valore della comunicazione, dell’importanza di vincere le proprie paure e parlare apertamente di come ci si sente per affrontare i momenti più critici del percorso di cura. “In questo cortometraggio la forza del linguaggio cinematografico, strumento capace di catalizzare emozioni e arrivare direttamente al cuore del grande pubblico, è al servizio di una migliore comunicazione tra medico e pazienti, perno di un’alleanza terapeutica decisiva per affrontare il tumore – sottolinea Pierluigi Antonelli, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia – Con questa iniziativa MSD è ancora una volta al fianco delle esigenze di medici e pazienti e punta nuovamente su linguaggi innovativi valorizzando il cinema come potente strumento di formazione e informazione non solo per i pazienti ma per gli stessi medici”. ”Insieme” è dedicato a tutte le persone che lottano contro il tumore, ai loro familiari, ai medici, a tutto il pubblico: il cammino è arduo, il percorso di cura può essere lungo e pesante, ma oggi la battaglia contro il cancro si può vincere. Insieme. UFFICIO STAMPA Pro Format Comunicazione +39 06 5417093 [email protected] Daniele Pallozzi +39 348 9861217 Annamaria Mancuso Presidente Salute Donna Onlus “Insieme”, una storia sul cancro con un effetto speciale: gli affetti “Insieme” è un cortometraggio frutto di un impegno congiunto tra Salute Donna e SIPO, realizzato con l’obiettivo di raccontare in modo nuovo l’esperienza del cancro e accendere i riflettori sulla condizione complessiva del paziente oncologico, fuori e dentro le mura dell’ospedale. Qual è il messaggio principale che questa iniziativa vuole trasmettere ai medici e ai pazienti? La principale finalità del cortometraggio “Insieme” è quella di focalizzare l’attenzione del grande pubblico sull’importanza della relazione tra medico e paziente. Nel contesto di una patologia tumorale che modifica profondamente e destabilizza il vissuto della persona colpita, il dialogo tra paziente e medico curante riveste un ruolo di primissimo piano anche perché attualmente, grazie alla terapie chirurgiche e farmacologiche innovative, la speranza di guarigione o di lunga sopravvivenza è molto aumentata. Il “non detto” da entrambe le parti può essere un ostacolo che limita da un lato la qualità di vita del malato di cancro e dall’altro impedisce all’oncologo di intervenire nei momenti più critici e di curare al meglio. Compito del medico dovrebbe essere, oltre che trattare la malattia, quello di rendere il meno possibile invasivo il percorso terapeutico del paziente che può durare anche anni, per non sacrificare troppo la gestione della sua quotidianità. Un esempio, forse quello più importante, è rappresentato dagli effetti collaterali che possono manifestarsi come conseguenza dell’azione della chemioterapia. Sintomi quali la nausea (il più frequente in assoluto), il vomito, l’alopecia, la stanchezza, le problematiche della sfera sessuale e riproduttiva e molto altro ancora, non devono essere dati per scontati, ossia come un malessere che deve esserci per forza di cose. Oggi siamo perfettamente consapevoli, e le evidenze scientifiche in proposito non mancano, che gli effetti collaterali possono e devono essere tenuti sotto controllo a cominciare dai primi disturbi. Per fare questo è necessario che tra medico e paziente si instauri un rapporto di grande fiducia, collaborazione e confidenza. “Insieme” racconta momenti di vita di una giovane donna che affronta l’esperienza del cancro: in che modo un percorso complesso e articolato come quello del tumore può essere adeguatamente raccontato attraverso un mezzo come il cinema, nel breve spazio di un cortometraggio? Mi preme dire che il cinema, come tutti gli strumenti mediatici, può essere di grandissimo aiuto nel dare informazioni su larga scala, perché si rivolge alla massa della popolazione. L’esperienza del malato di cancro può essere raccontata attraverso le immagini che hanno una grandissima forza emotiva, i dialoghi e le musiche, ed è proprio quanto abbiamo tentato di realizzare. Pochi ma essenziali messaggi su alcuni aspetti fondamentali comuni a tutte le persone costrette loro malgrado a vivere l’esperienza di un tumore. Molti di questi aspetti spesso ed erroneamente vengono gravemente sottovalutati dagli oncologi, limitando così il percorso verso la guarigione e soprattutto peggiorando la qualità di vita del paziente durante i trattamenti e nella quotidianità. Come Presidente di Salute Donna che ha vissuto in prima persona la malattia e ne condivide l’esperienza con molte altre che hanno aderito alla sua Associazione, può dirci in che misura “Insieme” riflette le paure e le ansie dei pazienti che, oltre a vivere l’angoscia di avere un cancro, devono combattere anche contro gli effetti collaterali delle terapie? “Insieme” altro non è se non la reale rappresentazione della vita di tutti i giorni di un paziente oncologico che incontra il tumore per la prima volta e deve in qualche modo convivere con esso e, soprattutto, combattere per sconfiggerlo senza peraltro rinunciare ai gesti, agli affetti, alle responsabilità della quotidianità. Pertanto il nostro “corto” riflette un percorso che incrocia e quasi si scontra con innumerevoli fattori ed eventi che condizionano la qualità di vita, proprio mentre il paziente cammina verso una possibile guarigione. Rabbia, ansia, paura di non farcela, angoscia, depressione e scoramento uniti agli effetti collaterali dovuti alle terapie che in maniera più o meno grave si manifestano, sono un fardello tremendo forse ancora più pesante da sopportare della malattia stessa… Una scena centrale del cortometraggio è il dialogo tra la paziente, la sorella e il medico sugli effetti collaterali della terapia. Dal punto di vista di un paziente cosa significa aprirsi al dialogo? Il dialogo tra il paziente e il suo medico curante è un momento prioritario e speciale al punto che potremmo definirlo complementare ai trattamenti. La comunicazione attraverso le parole, i gesti, perfino temporanei silenzi, apre cassetti della mente che altrimenti rimarrebbero chiusi, intrappolando domande, pensieri negativi, immagini distruttive che senza un’adeguata risposta potrebbero mettere in seria crisi e persino danneggiare il percorso che il malato di cancro è tenuto a seguire per uscire dal tunnel. Aprire cassetti significa aprirsi a nuove opportunità, darsi delle possibilità per migliorare la qualità di vita, significa poter avere risposte ai dubbi, alle incertezze, ai momenti di abbattimento, ma soprattutto vuol dire raggiungere una consapevolezza che permette di scegliere la via migliore per meglio tollerare e gestire le cure. La protagonista di “Insieme” tenta di sopportare inutilmente gli effetti collaterali, la terribile nausea e il vomito, conseguenti alle terapie solo perché ha paura che raccontando quanto la facciano star male, questa le venisse interrotta. Gli effetti collaterali sono devastanti e non vanno assolutamente sopportati né taciuti all’oncologo. Attualmente sono disponibili tante buone terapie di supporto che fortunatamente è possibile utilizzare e che riescono ad ottenere un buon controllo dei diversi sintomi. Nel cortometraggio “Insieme” il nucleo della storia raccontata è il profondo legame che unisce la protagonista colpita da tumore alla propria sorella. In che misura il supporto che una persona affetta da cancro può trovare nel proprio mondo affettivo rappresenta una risorsa importante per affrontare la malattia? Una diagnosi di cancro ferma il tempo della vita e ti proietta in una strada apparentemente senza luce e senza via d’uscita. È un po’ come ritrovarsi senza memoria all’interno di un labirinto, dove difficilmente riesci a intravedere una speranza di fuga. Ecco che all’improvviso senti una voce che ti guida e una mano che stringe la tua, percepisci che non sei sola e così, alzi lo sguardo e ti accorgi che oltre quelle mura la luce c’è… questo è l’effetto degli affetti. Anna Costantini Presidente SIPO, Società Italiana di Psico-Oncologia Il cancro in presa diretta: quando la chiave è raccontare la malattia La SIPO ha promosso con Salute Donna onlus la realizzazione del cortometraggio “Insieme”, ispirato ad una storia vera e focalizzato su un tema più volte rappresentato nella cinematografia internazionale: la vita quotidiana di una persona con tumore durante il percorso di malattia e di cura. Qual è lo sguardo originale di “Insieme”? Nel cortometraggio “Insieme” la malattia, la protagonista e i diversi personaggi che attorno ad essa ruotano, sono guardati a mio avviso secondo una prospettiva molto originale. Intanto la giovane età della paziente. Si è portati a pensare che il tumore colpisca soggetti di età avanzata, invece questa storia inizia e finisce con persone giovani che vivono “cose” da giovani: il parrucchiere, la discoteca, l’innamoramento, etc. Altro spunto interessante è che il tumore e la sua cura sono descritti all’interno di un’esistenza che non cambia la sua direzione. Il tumore si interpone nella vita di tutti i giorni non la interrompe, si alterna alla normale quotidianità pur con tutta la sua devastante gravità e gravosità ma il vivere quotidiano ha gli stessi ritmi. È stato recentemente scritto che il tumore modifica l’identità di una persona nella visione del proprio futuro, nell’atteggiamento verso il mondo, nel senso di fragilità ed incertezza esistenziale, usando una metafora potremmo dire che una diagnosi di tumore trasforma il DNA psichico della persona riordinandone i valori. “Insieme” offre una chiave di lettura centrale, parlare della propria malattia. Per tutta la durata della storia se ne parla tra sorelle, con il fidanzato e, soprattutto, con il pubblico. Si parla del tumore senza vergognarsi del proprio corpo che è cambiato, dei capelli che sono caduti, della parrucca che serve a nascondere l’alopecia e degli altri che sanno o intuiscono. E poi la musica che accompagna tutto il cortometraggio, una musica giovane, allegra e romantica insieme che comunica in maniera indiretta che anche durante la malattia e mentre ci si cura ci può essere vitalità. La comunicazione tra paziente e oncologo ricopre un ruolo fondamentale durante il percorso di cura. Perché spesso i pazienti manifestano delle resistenze a parlare del proprio vissuto con l’oncologo? Le ragioni per cui i pazienti difficilmente parlano dei loro problemi psicologici con il medico curante sono diverse. Da un lato gli oncologi per formazione si concentrano sulla sopravvivenza dei pazienti, mettendo in secondo piano il versante psicologico della malattia rispetto a quello biologico. Molto spesso si trovano a dare cattive notizie, che possono cambiare in negativo il futuro della persona malata. È stato osservato come tristezza, rabbia e altre emozioni negative sono frequenti quando il medico si trova a discutere una prognosi infausta con pazienti e familiari: domande difficili da parte di pazienti e familiari sono ulteriori fonti di disagio. Senza un’adeguata formazione a gestire la relazione e ad affrontare le emozioni possono essere frequenti nel medico comportamenti evasivi (quali ad esempio tendenza a minimizzare, sottrarre informazioni sulla prognosi, o deviare il discorso) per uscire da una situazione sgradevole. I pazienti a loro volta non manifestano i loro bisogni comunicativi perché questi attengono spesso ad argomenti intimi (emozioni, paure per il futuro, paura di morire, di una recidiva, problemi inerenti la sessualità etc.) con i quali temono di mettere in imbarazzo i medici. Quindi, il paziente non fa domande per paura delle risposte, o perché pensa che l’argomento non sia previsto in un colloquio medico, o per non mettere in imbarazzo il medico. Il medico pensa a sua volta che se il paziente non parla significa che non ha particolari problemi da discutere. Tale “gioco delle parti” lascia il paziente con i suoi bisogni informativi insoddisfatti e in una condizione d’incertezza nonostante molti studi dimostrino ampiamente quanto sia importante per la qualità della vita una buona comunicazione. Se è vero infatti che in un primo momento un’informazione veritiera e corretta può indurre una reazione di ansia e distress emozionale e risultare traumatica, nel tempo darà luogo ad un migliore adattamento mettendo il paziente in condizione di un maggiore controllo sulla sua vita e sugli effetti delle cure. Ad esempio, un’informazione adeguata sugli effetti collaterali delle terapie permetterà di non subirli passivamente ma di rivolgersi all’équipe curante con la consapevolezza che esistono metodi e strategie per gestirli e attenuarli. Ci sono argomenti difficili da far emergere – vita di coppia, sessualità, rapporto con il proprio corpo – in questi casi i componenti dell’équipe curante dovrebbero segnalare al paziente che non solo il versante biologico ma anche quello psicologico o psicosociale hanno uguale dignità nell’influenzare la qualità della vita durante e dopo l’esperienza del cancro e dunque è utile parlarne. Quali benefici può portare ai pazienti in terapia una comunicazione aperta con l’oncologo? Il primo, più importante vantaggio consiste in una migliore qualità di vita: più il paziente si apre e parla di se stesso, della malattia, delle cure, di come si sente, tanto più l’oncologo può dare risposte adeguate. La qualità della vita è un concetto multidimensionale che include aspetti psicologici, fisici, sociali, in sostanza tutti gli aspetti che concorrono al benessere di una persona. Diversi studi evidenziano benefici in termini di distress emozionale, decorso di malattia, costi sanitari in pazienti più informati e consapevoli. La protagonista di “Insieme” scopre l’importanza della relazione sentimentale come punto di forza per affrontare le difficoltà del percorso di cura. Nell’esperienza reale delle persone affette da tumore che importanza ha il supporto del partner o di una persona cara? Il supporto di un partner, di un’amica o di un familiare rappresenta un fattore di protezione dallo stress. Il supporto sociale e affettivo è uno dei fattori in grado di modulare la risposta ad eventi stressanti di vita. La relazione con qualcuno che si prende cura di te nella malattia e che ti dedica tempo attenua il sentimento di solitudine e di fragilità tipico di chi si ammala di cancro, in quanto offre la possibilità di condividere le paure e trovare soluzioni adattative nel percorso di malattia. Nel cortometraggio “Insieme” è la sorella della paziente che ha l’idea di acquistare la parrucca, che l’accompagna dal medico, la incoraggia, le sostiene il morale con la sua presenza costante, non si spaventa di fronte agli sgradevoli e ansiogeni episodi di nausea e vomito, non la lascia sola. Sentirsi soli è molto doloroso in una malattia che prevede un percorso non breve e che spesso debilita e isola socialmente ed è un fattore di rischio certo per sentimenti di demoralizzazione e depressione. Purtroppo non tutti i pazienti possono contare su figure importanti di supporto, in alcuni casi può capitare anzi che amici o partner non se la sentano di affiancare il paziente e si ritirino dalla relazione. Il tumore è forse il più importante banco di prova di un affetto, di un matrimonio, di un’amicizia. Uno dei maggiori timori del paziente in cura è quello legato all’impatto degli effetti collaterali. In che modo lo psiconcologo gestisce questo aspetto nella relazione con il paziente? Al di là del supporto farmacologico gestito dall’oncologo, quali sono le strategie e le risorse terapeutiche? Il lavoro dello psiconcologo è quello di aiutare il paziente ad adattarsi alla malattia con la minor sofferenza possibile. Evidentemente si tratta di instaurare una relazione di aiuto che durerà per molto tempo, durante e dopo la malattia. Sta alla capacità dello specialista saper rispondere al bisogno di supporto del paziente e dei suoi familiari, entrando se richiesto a 360 gradi nella loro vita. Infatti tutte le aree del vivere quotidiano sono coinvolte e messe a dura prova dal tumore: il lavoro, i figli, la vita affettiva e sessuale, la fertilità, gli amici, le relazioni sociali, persino la famiglia d’origine. A queste problematiche che vanno affrontate di volta in volta, si aggiungono gli effetti collaterali dei trattamenti che possono avere un impatto devastante sulla qualità di vita del paziente. La nausea, il vomito, l’alopecia, le alterazioni della sfera sessuale, i disturbi intestinali possono diventare così imponenti da costituire fonti di preoccupazione anche maggiori della stessa malattia. I Servizi di Psiconcologia supportano i pazienti in trattamento oncologico attraverso diversi interventi che si possono distinguere in interventi di informazione-educazione ed interventi psicoterapeutici. I programmi di informazione-educazione si rivolgono a chi vuole essere meglio informato o costituiscono l’indicazione elettiva per quei pazienti che, avendo ricevuto una diagnosi recente di cancro, sono disorientati dalle numerose informazioni tecniche , la difficile terminologia medica e la complessità del sistema sanitario. I programmi di informazione-educazione possono avvalersi di depliant illustrativi, pubblicazioni, CD Rom, assistenza guidata nella consultazione di siti internet riconosciuti dalla comunità scientifica e dal favorire la consulenza di specialisti che rispondano a problemi o quesiti specifici di competenza medica o infermieristica. Per quanto riguarda la parte più squisitamente rivolta all’informazione /educazione sull’aspetto psicologico dell’ammalarsi di cancro alcuni temi affrontati sono: i più comuni problemi psicologici che una persona e i suoi familiari si trovano ad affrontare nel percorso di cura, possibili reazioni emozionali positive e negative alla malattia e al trattamento, possibili reazioni della famiglia e degli amici, la paura di ciò che non si conosce (sentimenti riguardanti la paura della sofferenza, la paura di morire etc.), possibili comportamenti utili per affrontare i problemi più frequenti nel corso della malattia e del trattamento, importanza della comunicazione verbale e non verbale con medici e familiari, possibili cambiamenti nell’immagine corporea, problemi o paure nei rapporti sessuali, importanza dell’intimità, del contatto fisico e dell’“accudimento” come forma di comunicazione sessuale positiva etc. L’obiettivo degli interventi informativi è quello di aumentare la conoscenza del paziente sulla malattia e sul trattamento e sui più comuni problemi che prima o poi si troverà ad affrontare e su come possono essere gestiti al meglio. L’informazione aumenta la conoscenza, diminuisce il senso di smarrimento e di incontrollabilità, favorisce comportamenti più adeguati ed una partecipazione più attiva del soggetto al programma di cura. Gli interventi psicoterapeutici sono invece prevalentemente centrati sui fattori che mediano l’adattamento mentale del paziente alla malattia, in particolare sul significato attribuito ad essa dalla persona malata che ne modula la reazione emotiva e comportamentale. La terapia psicologica adiuvante, indicata nel corso di trattamento chemio e radioterapico specialmente per la fase iniziale della malattia o per pazienti con diagnosi recente di recidiva, favorisce l’identificazione e la modificazione di pensieri automatici negativi e di comportamenti disfunzionali che inducono reazioni emozionali disadattive. Si tratta di una psicoterapia breve focalizzata su problemi specifici e mirata a due principali obiettivi: ridurre ansia e depressione, migliorare l’adattamento mentale al cancro inducendo un positivo spirito combattivo. La terapia è indirizzata a problemi concreti e specifici definiti dal paziente e dal terapeuta e focalizzata sul significato personale che il cancro ha per il paziente e su quello che egli pensa e fa per ridurre la minaccia posta dalla malattia e dal suo trattamento. Nelle fasi più avanzate di malattia sono utilizzati interventi psicoterapeutici di matrice esistenziale che aiutino i pazienti a ricapitolare la propria storia e i propri valori, a mantenere la propria dignità, autostima e la capacità di mantenere senso e significato di fronte ad una prospettiva di vita limitata. Domenica Lorusso Dirigente Medico I livello Unità Operativa di Oncologia Ginecologica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori – Milano “Insieme”: primo piano su quello che il medico non chiede e il paziente non dice “Insieme” racconta momenti di vita di una giovane donna che affronta l’esperienza del cancro: le paure e le speranze, il supporto delle persone vicine, le terapie, l’impatto degli effetti collaterali, il rapporto con il medico curante. Ma il tema centrale del film è la comunicazione come risorsa per affrontare la malattia. Quale contributo di conoscenza offre all’oncologo questo sguardo sulla malattia? Durante la visione del cortometraggio “Insieme”, sono stata particolarmente colpita da una frase della protagonista: “Il medico è stato il mio migliore alleato nel mio percorso di malattia”. Ecco, in questo momento di grave crisi economica e di tagli pesanti alla sanità, che costringono noi medici a lavorare in maniera convulsa, perdendo spesso di vista la globalità del paziente per combattere la malattia, questo cortometraggio offre all’oncologo e al paziente una grande opportunità, invitandoci a un’importante riflessione. Il medico oncologo non è solo prescrittore di chemioterapia: dietro la prescrizione e i controlli ci sono una persona e la sua famiglia, su cui si abbatte come un treno in corsa la diagnosi di cancro. Nonostante il nostro lavoro sia faticoso e sempre più spesso si trasformi in una sorta di catena di montaggio, il rapporto umano dovrebbe comunque essere salvaguardato. Un certo distacco da parte dell’oncologo rispetto al dramma personale del malato è un fatto inevitabile, forse anche utile. Ma un’eccessiva spersonalizzazione del rapporto rischia di creare una barriera che allontana irrimediabilmente il paziente dal proprio medico. Grazie alla diagnostica sempre più precisa e ai nuovi trattamenti abbiamo la fortuna oggi di poter prolungare la sopravvivenza delle persone colpite da cancro e di cronicizzare la malattia. Il passo successivo che dobbiamo compiere consiste nel porre attenzione anche alla qualità della vita dei pazienti, integrando le cure di base, le cure di supporto e il sostegno psicologico. In una scena chiave del cortometraggio, si vede la protagonista colpita da uno dei più temuti effetti collaterali delle terapie oncologiche, insieme alla nausea: il vomito. Quando e con che frequenza si manifestano questi effetti collaterali? Che impatto hanno sulla Qualità di Vita dei pazienti? Una recente indagine condotta dalla Società Italiana di Psico-Oncologia ha evidenziato come la nausea e il vomito, insieme alla caduta dei capelli (alopecia), siano i sintomi più temuti dai pazienti, e i più devastanti. Il vomito da chemioterapia ha il maggior impatto negativo sulla Qualità di Vita dei pazienti e sulle attività quotidiane, con ripercussioni negative sulle condizioni di salute generali e sulla stessa efficacia della terapie. La frequenza con cui il vomito si manifesta varia a seconda del potere emetogeno del protocollo chemioterapico attuato. Sotto questo profilo ogni farmaco è diverso dall’altro. Per alcuni farmaci il rischio di questo tipo di effetti collaterali può essere elevatissimo (80-100%). Esistono vari tipi di vomito: quello acuto che può manifestarsi dal momento della somministrazione della chemio fino alle 24 ore successive; il vomito ritardato che compare in genere a 24 ore di distanza dalla somministrazione della chemio, quando il paziente è a casa e non è più sotto osservazione medica; infine il vomito cosiddetto “anticipatorio”, che compare prima del successivo ciclo chemioterapico e, di solito, è collegato al ricordo del primo episodio emetico. Quanto meglio l’oncologo riesce a controllare o a prevenire la prima emesi, tanto più si potranno tenere sotto controllo i successivi episodi. In una scena seguente il medico ricorda alla paziente la possibilità di avvalersi di terapie di supporto contro gli effetti collaterali della chemioterapia: qual è in generale l’atteggiamento degli oncologi? È vero che in alcuni di loro vi è una sorta di “resistenza” all’uso di terapie di supporto? Non parlerei di “resistenza”, semmai vi è un problema di appropriatezza, che non dipende però da una preclusione mentale dell’oncologo ma da una carenza di sensibilità. Su questo aspetto certamente bisogna lavorare, su entrambi i fronti. Se il medico deve essere sensibilizzato al dialogo, il paziente va sollecitato a rivendicare il diritto al migliore trattamento, che insieme alla chemioterapia più idonea ed efficace comprende anche i farmaci di supporto che possono contribuire ad ottenere il meglio dalla cura. È importante interrompere quel circolo vizioso secondo il quale l’oncologo non chiede e il paziente non parla perché convinto che la chemio, per funzionare, debba per forza farlo star male. Si tratta di un errore, perché la comparsa degli effetti collaterali può essere di danno per le terapie: il vomito comporta disidratazione e scadimento delle condizioni generali, a volte è necessario il ricovero e l’interruzione della cura con aggravio di costi. Nausea e vomito non controllati comportano la necessità di rinviare la chemio e di ridurre la dose con ripercussioni sull’efficacia del trattamento. Alcuni studi, come lo studio PEER, dimostrano come l’oncologo non applichi correttamente le Linee Guida nazionali e internazionali per la profilassi contro nausea e vomito nel paziente sottoposto a terapie oncologiche. In che modo l’applicazione delle Linee Guida favorisce la gestione del protocollo terapeutico da parte dell’oncologo a vantaggio della Qualità della Vita dei pazienti? Lo studio PEER, Pan European Emesis Registry, condotto in 52 centri di 8 paesi europei inclusa l’Italia, segnala un problema: stando ai risultati dell’indagine, gli oncologi prescrivono una terapia di supporto farmacologico quasi nel 92% dei casi, eppure ben il 65,4% dei pazienti continua a soffrire di pesanti effetti collaterali. Questo perché la somministrazione della terapia antiemetica solo in un caso su tre sarebbe conforme a quanto raccomandato nelle Linee Guida internazionali. Quando la somministrazione rispetta le Linee Guida, si riscontra una riduzione di almeno il 10% degli effetti collaterali: non si tratta di un risultato da poco, perché viene ottenuto senza interrompere o sospendere la chemioterapia o ridurre il dosaggio. Il buon controllo degli effetti collaterali ha ripercussioni importanti anche sulla quotidianità del paziente e sul contesto familiare permettendo al paziente o al suo care giver la ripresa dell’attività lavorativa. Come oncologa, concentrata sull’obiettivo della battaglia contro la malattia, riconosce una difficoltà a confrontarsi con i pazienti su alcuni aspetti di sofferenza personale o su aspetti delicati che hanno a che fare con la Qualità della Vita come la sessualità, la vita di relazione, il senso della vita? Personalmente non ho alcun problema a rapportarmi con le mie pazienti, ma mi rendo conto di essere fortunata a lavorare con donne. Tra donne è certamente tutto più facile, si crea un’empatia, alcune pazienti hanno la capacità di “far presa”, di entrarti dentro, e allora la relazione parte subito. Naturalmente non è semplice fare questo, il sistema non facilita gli oncologi, i tempi di ascolto sono stretti, a volte in ambulatorio è difficile persino avere il tempo di chiedere le cose più urgenti. Tra donne è più facile avviare un dialogo e a volte le mie pazienti mi chiedono un consiglio anche su questioni molto intime. Per fortuna stanno nascendo tante associazioni che puntano ad abbattere le barriere tra medici, associazioni di pazienti e psicooncologi. Il punto fondamentale è che i pazienti nel percorso di cura non devono mai sentirsi soli. Pierluigi Antonelli Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia Medici e pazienti al cinema, per sapere che il tumore si può sconfiggere “Insieme” Alla 70a Mostra del Cinema di Venezia viene presentato come evento speciale “Insieme” un cortometraggio diretto dalla regista Annamaria Liguori, promosso da Salute Donna onlus e SIPO con il supporto non condizionato di MSD. Come mai MSD ha deciso di sostenere questo progetto? L’Oncologia rappresenta per MSD un’area terapeutica di rilievo che ci vede costantemente impegnati nella lotta contro il cancro con programmi di ricerca e prevenzione, trattamenti chemioterapici e terapie di supporto. Ma c’è un assunto morale che da sempre ci guida: la medicina è per le persone. Per questo lavoriamo ricordando costantemente che dietro ogni malattia c’è un paziente ed un paziente è prima di tutto una persona, con la sua rete di relazioni familiari e sociali. Ecco perchè, come Azienda, siamo impegnati anche in progetti che nulla hanno a che fare con i farmaci, ma che sono volti a facilitare una corretta comunicazione tra medico e paziente o a fornire un supporto a pazienti e familiari durante il percorso di cura. Come nasce l’iniziativa che ha portato alla realizzazione del cortometraggio? Il cortometraggio “Insieme” ha come antefatto il progetto OncoMovies, un’iniziativa promossa lo scorso anno da MSD per richiamare l’attenzione degli oncologi e dei pazienti affetti da tumore sull’importanza della qualità di vita durante i trattamenti chemioterapici. Attraverso il confronto continuo con i medici e con le associazioni dei pazienti, ci siamo resi conto che alcuni aspetti del percorso di malattia e di cura sfuggono all’osservazione dell’oncologo e alla comunicazione con il paziente, rendendo ancora più difficile la battaglia di quest’ultimo contro il cancro. A volte vi sono obiettive resistenze ad affrontare apertamente le problematiche legate agli effetti collaterali della chemioterapia: da parte del medico l’interesse prevalente è quello di combattere la malattia, mentre il paziente spesso ritiene che gli effetti collaterali siano un inevitabile prezzo da pagare. È nato così OncoMovies, un progetto che si dipana su un’idea portante: selezionare da oltre 80 pellicole della cinematografia mondiale che si sono occupate di cancro negli ultimi sessant’anni, le immagini che meglio raccontano la vita quotidiana dei pazienti che affrontano la chemioterapia. Un modo originale per portare in primo piano, anzi sotto i riflettori, vari aspetti dei problemi che la persona vive durante il percorso di cura. Il passo successivo è stato quello di dare voce ai pazienti offrendo loro la possibilità di diventare autori e narratori delle loro storie. Attraverso il sito www.nonausea.it sono stati inviati moltissimi “racconti di vita”, uno di questi è diventato lo spunto narrativo di “Insieme”, ispirato a una storia vera, liberamente adattata da David Fratini e poi trasposta in cortometraggio dalla regista Annamaria Liguori. MSD ha sostenuto questa iniziativa senza minimamente interferire nello sviluppo della trama e nelle scelte artistiche. L’unica nostra doverosa preoccupazione è stata che la veridicità delle scene e dei dialoghi fosse accertata e validata dal board scientifico che segue il progetto. In che modo questo cortometraggio potrà favorire una migliore comunicazione tra medici e pazienti? MSD Italia crede fortemente nella forza comunicativa del linguaggio cinematografico quale strumento capace di catalizzare emozioni e arrivare direttamente al cuore del grande pubblico, anche su temi impegnativi come i tumori. Ma con questa iniziativa abbiamo cercato di fare un ulteriore passo in avanti, valorizzando il cinema come vera e propria metodica di apprendimento, come risorsa di informazione e formazione non solo per il grande pubblico, ma per gli stessi medici. Il cinema, con la sua potente forza evocativa, narrativa ed educazionale è il mezzo che meglio di altri rende possibile, a nostro avviso, raccontare il cancro non dal punto di vista medico ma come esperienza personale. Pensiamo a tutto quello che ruota intorno a un percorso di malattia e di cura, l’impatto della chemioterapia, le relazioni con il partner, i problemi della vita quotidiana. Tutto quanto, insomma, accade al di fuori dell’ambulatorio o dello studio del medico e sfugge alla sua visuale. La cinepresa è un terzo occhio che riporta in primo piano questi aspetti e permette al medico di vedere il paziente nella sua globalità e a quest’ultimo di guardarsi e di riflettere sulla propria condizione. Per MSD si tratta quindi di essere ancora una volta al fianco dei medici e dei pazienti, ma in un modo nuovo, con un linguaggio diverso come quello del cinema. Qual è l’augurio che vuole fare ad “Insieme”? Il mio auspicio è che questa iniziativa contribuisca ad aprire un dibattito tra medici e pazienti, favorendo una maggiore propensione alla comunicazione reciproca su tutti gli aspetti collegati al percorso di cura. Da questo punto di vista la partecipazione a una vetrina di livello internazionale come la Mostra del Cinema di Venezia rappresenta una grande opportunità, un traguardo importantissimo e, vorrei aggiungere, un motivo di orgoglio per chi ha creduto in questo progetto e lo ha sostenuto. Nausea e Vomito Indotti da Chemioterapia (CINV) Le terapie oncologiche negli anni hanno contribuito e continuano ad aumentare la sopravvivenza dei malati di cancro, con l'ambizioso obiettivo di tendere a cronicizzare la malattia stessa. Accanto ad una crescente efficacia delle molecole impiegate aumenta sempre più il bisogno di garantire al paziente una buona qualità di vita. A tale proposito la gestione della sintomatologia correlata alla chemio e radioterapia dovrà rivestire un ruolo sempre più importante, portando ad una rivalutazione della terapia di supporto come integrazione necessaria a massimizzare i risultati della terapia diretta contro la malattia. Le tossicità ematologiche, la nausea ed il vomito indotte da chemioterapia, la neurotossicità e le dermotossicità sono gli aspetti più invalidanti per la qualità di vita del paziente. Tra le terapie di supporto che sono attualmente disponibili ricordiamo i: • trattamenti in grado di contrastare l’anemia e la neutropenia, le quali sono complicanze gravi e frequenti nei pazienti sottoposti a trattamenti antineoplastici mielosoppressivi; il grado e la durata della neutropenia determina il rischio di infezioni e si associa a riduzioni e o ritardi del trattamento antiblastico, l’anemia determina una situazione di affaticabilità cronica che impatta negativamente sula qualità della vita. • trattamenti in grado di contrastare la nausea ed il vomito da chemioterapia. I farmaci antitumorali sono classificati in base al loro potere emetogeno e come tali la CINV deve prevedere un controllo accurato nel rispetto delle linee guida nazionali ed internazionali. Cosa è la CINV? CINV è l’acronimo di Chemoterapy Induced Nausea and Vomiting, e cioè la nausea e il vomito indotti dalla chemioterapia. Si possono distinguere: Emesi Acuta: emesi che insorge dal momento della somministrazione della chemioterapia e persiste nelle 24 ore. Emesi Ritardata: emesi che insorge dopo 24 ore della chemioterapia e che puo’ protrarsi per alcuni giorni. Emesi Anticipatoria: emesi che insorge prima della somministrazione della chemioterapia in pazienti con pregressa esperienza di emesi acuta e/o ritardata, di solito associata alla vista di un ambiente che richiami l’esperienza scatenante. Perché si instaura la CINV? La CINV è causata da 2 meccanismi fisiopatologici sono alla base: 1 stimolo centrale ed 1 stimolo periferico. Potere emetogeno dei chemioterapici La frequenza e la gravità della CINV sono condizionate da diversi fattori di rischio, come il tipo di chemioterapico somministrato e le caratteristiche del singolo paziente, tra cui i fattori psicologici. È stato sviluppato un sistema di classificazione dei farmaci secondo il loro potenziale emetogenico basato sulla dose, sulla frequenza, sulla via di somministrazione e sulla emetogenicità intrinseca della molecola, evidenziate dalla pratica clinica. Per esempio farmaci come il cisplatino somministrati ad un determinato dosaggio sono considerati altamente emetogeni, e senza l’utilizzo degli antiemetici, più del 90% dei pazienti andrà incontro ad episodi di vomito; altri chemioterapici sono stati classificati come moderatamente emetogeni, altri ancora a basso potenziale o clinicamente non emetogenici (meno del 10% dei pazienti lamenterà la comparsa di vomito senza gli antiemetici). Poiché i farmaci chemioterapici vengono spesso somministrati in associazione, farmaci come le antracicline e la ciclofosfamide, che se considerati in monoterapia sono moderatamente emetizzanti, quando somministrati in associazione, sviluppano un potenziale altamente emetizzante, come riconosciuto dalle linee guida ASCO e AIOM. Caratteristiche del paziente predisponenti alla comparsa della CINV - (fattori di rischio) • Età: < 55 anni • Sesso femminile • Basso o nessun consumo alcolico • Anamnesi di cinetosi (mal d’auto) • Precedenti Nausea e Vomito: le donne con storia di nausea e vomito in gravidanza sono più sensibili all'emesi • Ansia Quali sono i farmaci per il controllo della CINV? Per tanti anni si è cercata una risposta a questa domanda sperimentando terapie poi abbandonate. La prima evidenza valida è dei primi anni ’80 ed è relativa alla metoclopramide, un farmaco gastroprocinetico, che quando somministrato ad alte dosi, mostra un effetto antiemetico (per un’azione non soltanto sui recettori D2 per la dopamina, ma anche di antagonista per il recettore della serotonina). Sempre gli anni ’80 hanno rappresentato una svolta soprattutto per la scoperta che l’aggiunta del desametasone – un corticosteroide – aumentasse la risposta antiemetica agli altri farmaci. Solo a metà degli anni ’90 le prospettive per i pazienti in chemioterapia cambiano radicalmente, per l’introduzione nella pratica clinica degli antagonisti recettoriali del 5HT3 (serotonina); questi farmaci in corso di trattamento chemioterapico hanno ridotto in maniera significativa gli episodi di vomito acuto. Il capostipite di questi farmaci è stato l’ondansetron seguito dagli altri setron quali il dolasetron, il granisetron, il tropisetron e più tardi il palonosetron. L’azione di controllo dei 5HT3 sulla CINV si esplica mediante antagonismo recettoriale periferico, lasciando scoperta però la compente centrale. È solo agli inizi del 2000 che con la commercializzazione dell’aprepitant in Italia si è completato il quadro di possibile controllo della CINV nei pazienti in trattamento con chemioterapia altamente e moderatamente emetizzante. L’aprepitant è un antagonista del recettore NK-1, ed esplica la sua azione sulla CINV mediante un’azione specifica sulla sostanza P e quindi a livello centrale; quest’ultimo associato ad un 5HT3, permette un controllo su entrambi i meccanismi che sono alla base della CINV. Attualmente la somministrazione di 5HT3, aprepitant e desametasone rappresentano il gold standard, come indicato in maniera concorde dalle linee guida nazionali ed internazionali, per un adeguato controllo della Nausea e Vomito in corso di chemioterapia. Quali sono le principali linee guida nazionali ed intenazionali? ASCO, MASCC-ESMO, NCCN, AIOM Cosa raccomandano per il trattamento della nausea e vomito da chemioterapia? Di seguito una tabella riassuntiva delle raccomandazioni sulla base della chemioterapia somministrata. Aprepitant che cosa è e come funziona? Aprepitant è il primo rappresentante di una nuova classe farmacologica, gli antagonisti del recettore della neurokinina-1 (NK1). Aprepitant è un antagonista altamente selettivo del recettore della sostanza P /neurokinina 1 (NK1) umana; evidenzia una scarsa affinità per i recettori della serotonina (5HT3), della dopamina e dei corticosteroidi, che rappresentano il target delle attuali terapie per la CINV. Aprepitant completa ed integra l’attività antiemetica degli 5HT3, come ondansetron, e dei corticosteroidi, come il desametasone, inibendo sia la fase precoce, che tardiva della CINV. Aprepitant in associazione ad altri farmaci antiemetici, è indicato nella prevenzione della nausea e del vomito sia precoce che tardivo, associati alla chemioterapia antineoplastica altamente emetogenica (HEC) a base di cisplatino in soggetti adulti e nella prevenzione della nausea e del vomito associati alla chemioterapia antineoplastica moderatamente emetogenica (MEC) in soggetti adulti. Aprepitant è un farmaco antiemetico orale, che viene somministrato come parte di uno schema terapeutico della durata di 3 giorni, che comprende anche un antagonista del 5HT3 ed un corticosteroide. Aprepitant è disponibile in una confezione contenente una capsula da 125 mg e 2 capsule da 80 mg. Aprepitant è stato approvato per la HEC dalla Food and Drug Administration (FDA) e dall’European Medicines Agency (EMEA) nel 2003 e per la MEC dell’FDA e dall’EMEA nel 2005s. Le indicazioni • Prevenzione della nausea e del vomito precoci e tardivi associati alla chemioterapia altamente emetogena (HEC) in ambito oncologico a base di cisplatino negli adulti. • Prevenzione della nausea e del vomito associati alla chemioterapia moderatamente emetogena (MEC) in ambito oncologico negli adulti. • Aprepitant 125 mg/80 mg viene somministrato nel contesto di una terapia di associazione con desametasone ed un inibitore della 5HT3.