Combattere il cancro “Insieme”. Un cortometraggio sulla battaglia

COMUNICATO STAMPA
Presentato a Venezia il primo cortometraggio sul cancro tratto da una storia vera
Combattere il cancro “Insieme”.
Un cortometraggio sulla battaglia quotidiana
contro il tumore
Presentato come evento collaterale alla 70a Mostra del cinema di Venezia “Insieme”,
un cortometraggio liberamente ispirato a una storia vera, promosso
da Salute Donna onlus e SIPO, Società Italiana di Psico-Oncologia,
e realizzato grazie al supporto non condizionato di MSD.
“Insieme” racconta la quotidianità e i problemi di una giovane donna colpita da tumore
e sottolinea l’importanza della comunicazione per affrontare al meglio
la malattia e il percorso di cura.
Per la regia di Annamaria Liguori, “Insieme” vede come interpreti Euridice Axen,
Giorgia Wurth, Nicolas Vaporidis e Monica Scattini.
I brani musicali interpretati da Marco Carta, sono stati concessi a titolo gratuito.
Venezia, 2 settembre 2013 – Quando il tumore invade la vita fino quasi a renderla
insopportabile, la via di uscita è abbattere il muro di silenzio, vincere le ritrosie e raccontare
come ci si sente alle persone che possono aiutarti: il medico, il partner, le persone care.
A spiegare il valore anche curativo del dialogo durante l’esperienza di malattia è “Insieme”, un
cortometraggio liberamente ispirato a una storia vera, raccolta attraverso il sito
www.nonausea.it, che racconta frammenti durissimi di vita reale di una giovane donna che
convive con il cancro. Dopo il trauma della diagnosi comincia la battaglia contro la malattia e il
duro confronto con la chemioterapia segnato dalla comparsa di effetti collaterali che devastano
la quotidianità.
Nel film, le relazioni, gli affetti, il dialogo con le persone vicine, a cominciare dalla sorella e dal
proprio medico, si riveleranno per la protagonista le risorse decisive per superare i passaggi
difficili del percorso di cura.
Promosso da Salute Donna onlus e SIPO con il supporto non condizionato di MSD Italia, ideato
e curato da Pro Format Comunicazione e prodotto da Meltin’Pot, “Insieme” viene presentato
oggi come evento speciale della 70a edizione del Festival Internazionale del Cinema. Per la
regia di Annamaria Liguori, “Insieme” vede come interpreti Euridice Axen, Giorgia Wurth,
Nicolas Vaporidis e Monica Scattini. I brani musicali interpretati da Marco Carta, sono stati
concessi a titolo gratuito.
“Insieme” è la reale rappresentazione della vita di tutti i giorni di un paziente oncologico che
sperimenta per la prima volta il tumore e deve in qualche modo convivere con esso – afferma
Annamaria Mancuso, Presidente di Salute Donna onlus – Oggi, sempre più spesso, grazie alla
diagnosi precoce e alle terapie disponibili si riesce a vincere la battaglia contro il cancro, ma il
percorso di cura può essere lungo e pesante anche a causa degli effetti collaterali della
chemioterapia, aspetto non sempre adeguatamente affrontato nel dialogo medico-paziente: il
“non detto” da entrambe le parti può essere un ostacolo che limita la qualità di vita e impedisce
all’oncologo di intervenire nei momenti più critici”.
Obiettivo del cortometraggio è proprio quello di catalizzare l’attenzione dei medici e dei pazienti
su quanto accade fuori dall’ospedale, cogliere gli aspetti e i problemi della quotidianità della
persona che convive con il cancro che possono sfuggire al medico concentrato sulla battaglia
contro la malattia.
“Insieme” offre una chiave di lettura centrale del cancro: parlare della propria malattia. Per tutta
la durata della storia se ne parla: tra sorelle, con il fidanzato, con il medico e soprattutto con il
pubblico – fa notare Anna Costantini, Presidente della Società Italiana di Psico-Oncologia
(SIPO) – Le ragioni per cui i pazienti difficilmente parlano dei loro problemi con il medico curante
sono diverse: da un lato gli oncologi per formazione si concentrano sulla sopravvivenza del
paziente, mettendo in secondo piano l’aspetto psicologico e gli effetti collaterali, dall’altro i
pazienti non manifestano i loro bisogni perché questi attengono spesso ad argomenti intimi con i
quali temono di mettere in imbarazzo i medici”.
Un gioco delle parti che non giova al paziente né alla risoluzione della malattia. La
chemioterapia condiziona in modo rilevante la quotidianità, la vita di relazione e affettiva, la sfera
sessuale e sentimentale, il lavoro. Eppure gli effetti collaterali conseguenti ai trattamenti chemio
o radioterapici possono essere contrastati con efficaci terapie di supporto.
“La nausea e il vomito insieme alla caduta dei capelli sono i sintomi più temuti dalle pazienti e i
più devastanti – osserva Domenica Lorusso, Dirigente medico di I livello, Unità Operativa di
Oncologia Ginecologica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano – il vomito da
chemioterapia è quello che ha l’impatto peggiore sulla qualità di vita e sulle attività quotidiane
con ripercussioni negative sulle condizioni di salute generali e sulla stessa efficacia della
terapia. La prescrizione delle terapie di supporto secondo quanto raccomandato dalle Linee
Guida nazionali e internazionali consente di ridurre in modo significativo l’impatto degli effetti
collaterali”.
“Insieme” è quindi la storia di una battaglia vittoriosa contro il cancro basata sulla scoperta del
valore della comunicazione, dell’importanza di vincere le proprie paure e parlare apertamente di
come ci si sente per affrontare i momenti più critici del percorso di cura.
“In questo cortometraggio la forza del linguaggio cinematografico, strumento capace di
catalizzare emozioni e arrivare direttamente al cuore del grande pubblico, è al servizio di una
migliore comunicazione tra medico e pazienti, perno di un’alleanza terapeutica decisiva per
affrontare il tumore – sottolinea Pierluigi Antonelli, Presidente e Amministratore Delegato MSD
Italia – Con questa iniziativa MSD è ancora una volta al fianco delle esigenze di medici e
pazienti e punta nuovamente su linguaggi innovativi valorizzando il cinema come potente
strumento di formazione e informazione non solo per i pazienti ma per gli stessi medici”.
”Insieme” è dedicato a tutte le persone che lottano contro il tumore, ai loro familiari, ai medici, a
tutto il pubblico: il cammino è arduo, il percorso di cura può essere lungo e pesante, ma oggi la
battaglia contro il cancro si può vincere. Insieme.
UFFICIO STAMPA
Pro Format Comunicazione
+39 06 5417093
[email protected]
Daniele Pallozzi +39 348 9861217
Annamaria Mancuso
Presidente Salute Donna Onlus
“Insieme”, una storia sul cancro
con un effetto speciale: gli affetti
“Insieme” è un cortometraggio frutto di un impegno congiunto tra Salute Donna e SIPO,
realizzato con l’obiettivo di raccontare in modo nuovo l’esperienza del cancro e accendere
i riflettori sulla condizione complessiva del paziente oncologico, fuori e dentro le mura
dell’ospedale. Qual è il messaggio principale che questa iniziativa vuole trasmettere ai
medici e ai pazienti?
La principale finalità del cortometraggio “Insieme” è quella di focalizzare l’attenzione del grande
pubblico sull’importanza della relazione tra medico e paziente. Nel contesto di una patologia
tumorale che modifica profondamente e destabilizza il vissuto della persona colpita, il dialogo tra
paziente e medico curante riveste un ruolo di primissimo piano anche perché attualmente, grazie
alla terapie chirurgiche e farmacologiche innovative, la speranza di guarigione o di lunga
sopravvivenza è molto aumentata. Il “non detto” da entrambe le parti può essere un ostacolo che
limita da un lato la qualità di vita del malato di cancro e dall’altro impedisce all’oncologo di
intervenire nei momenti più critici e di curare al meglio. Compito del medico dovrebbe essere,
oltre che trattare la malattia, quello di rendere il meno possibile invasivo il percorso terapeutico
del paziente che può durare anche anni, per non sacrificare troppo la gestione della sua
quotidianità. Un esempio, forse quello più importante, è rappresentato dagli effetti collaterali che
possono manifestarsi come conseguenza dell’azione della chemioterapia. Sintomi quali la nausea
(il più frequente in assoluto), il vomito, l’alopecia, la stanchezza, le problematiche della sfera
sessuale e riproduttiva e molto altro ancora, non devono essere dati per scontati, ossia come un
malessere che deve esserci per forza di cose. Oggi siamo perfettamente consapevoli, e le
evidenze scientifiche in proposito non mancano, che gli effetti collaterali possono e devono
essere tenuti sotto controllo a cominciare dai primi disturbi. Per fare questo è necessario che tra
medico e paziente si instauri un rapporto di grande fiducia, collaborazione e confidenza.
“Insieme” racconta momenti di vita di una giovane donna che affronta l’esperienza del
cancro: in che modo un percorso complesso e articolato come quello del tumore può
essere adeguatamente raccontato attraverso un mezzo come il cinema, nel breve spazio di
un cortometraggio?
Mi preme dire che il cinema, come tutti gli strumenti mediatici, può essere di grandissimo aiuto nel
dare informazioni su larga scala, perché si rivolge alla massa della popolazione. L’esperienza del
malato di cancro può essere raccontata attraverso le immagini che hanno una grandissima forza
emotiva, i dialoghi e le musiche, ed è proprio quanto abbiamo tentato di realizzare. Pochi ma
essenziali messaggi su alcuni aspetti fondamentali comuni a tutte le persone costrette loro
malgrado a vivere l’esperienza di un tumore. Molti di questi aspetti spesso ed erroneamente
vengono gravemente sottovalutati dagli oncologi, limitando così il percorso verso la guarigione e
soprattutto peggiorando la qualità di vita del paziente durante i trattamenti e nella quotidianità.
Come Presidente di Salute Donna che ha vissuto in prima persona la malattia e ne
condivide l’esperienza con molte altre che hanno aderito alla sua Associazione, può dirci
in che misura “Insieme” riflette le paure e le ansie dei pazienti che, oltre a vivere l’angoscia
di avere un cancro, devono combattere anche contro gli effetti collaterali delle terapie?
“Insieme” altro non è se non la reale rappresentazione della vita di tutti i giorni di un paziente
oncologico che incontra il tumore per la prima volta e deve in qualche modo convivere con esso
e, soprattutto, combattere per sconfiggerlo senza peraltro rinunciare ai gesti, agli affetti, alle
responsabilità della quotidianità. Pertanto il nostro “corto” riflette un percorso che incrocia e quasi
si scontra con innumerevoli fattori ed eventi che condizionano la qualità di vita, proprio mentre il
paziente cammina verso una possibile guarigione. Rabbia, ansia, paura di non farcela, angoscia,
depressione e scoramento uniti agli effetti collaterali dovuti alle terapie che in maniera più o meno
grave si manifestano, sono un fardello tremendo forse ancora più pesante da sopportare della
malattia stessa…
Una scena centrale del cortometraggio è il dialogo tra la paziente, la sorella e il medico
sugli effetti collaterali della terapia. Dal punto di vista di un paziente cosa significa aprirsi
al dialogo?
Il dialogo tra il paziente e il suo medico curante è un momento prioritario e speciale al punto che
potremmo definirlo complementare ai trattamenti. La comunicazione attraverso le parole, i gesti,
perfino temporanei silenzi, apre cassetti della mente che altrimenti rimarrebbero chiusi,
intrappolando domande, pensieri negativi, immagini distruttive che senza un’adeguata risposta
potrebbero mettere in seria crisi e persino danneggiare il percorso che il malato di cancro è tenuto
a seguire per uscire dal tunnel. Aprire cassetti significa aprirsi a nuove opportunità, darsi delle
possibilità per migliorare la qualità di vita, significa poter avere risposte ai dubbi, alle incertezze, ai
momenti di abbattimento, ma soprattutto vuol dire raggiungere una consapevolezza che permette
di scegliere la via migliore per meglio tollerare e gestire le cure. La protagonista di “Insieme” tenta
di sopportare inutilmente gli effetti collaterali, la terribile nausea e il vomito, conseguenti alle
terapie solo perché ha paura che raccontando quanto la facciano star male, questa le venisse
interrotta. Gli effetti collaterali sono devastanti e non vanno assolutamente sopportati né taciuti
all’oncologo. Attualmente sono disponibili tante buone terapie di supporto che fortunatamente è
possibile utilizzare e che riescono ad ottenere un buon controllo dei diversi sintomi.
Nel cortometraggio “Insieme” il nucleo della storia raccontata è il profondo legame che
unisce la protagonista colpita da tumore alla propria sorella. In che misura il supporto che
una persona affetta da cancro può trovare nel proprio mondo affettivo rappresenta una
risorsa importante per affrontare la malattia?
Una diagnosi di cancro ferma il tempo della vita e ti proietta in una strada apparentemente senza
luce e senza via d’uscita. È un po’ come ritrovarsi senza memoria all’interno di un labirinto, dove
difficilmente riesci a intravedere una speranza di fuga. Ecco che all’improvviso senti una voce che
ti guida e una mano che stringe la tua, percepisci che non sei sola e così, alzi lo sguardo e ti
accorgi che oltre quelle mura la luce c’è… questo è l’effetto degli affetti.
Anna Costantini
Presidente SIPO, Società Italiana di Psico-Oncologia
Il cancro in presa diretta: quando la chiave è raccontare la malattia
La SIPO ha promosso con Salute Donna onlus la realizzazione del cortometraggio
“Insieme”, ispirato ad una storia vera e focalizzato su un tema più volte rappresentato nella
cinematografia internazionale: la vita quotidiana di una persona con tumore durante il
percorso di malattia e di cura. Qual è lo sguardo originale di “Insieme”?
Nel cortometraggio “Insieme” la malattia, la protagonista e i diversi personaggi che attorno ad essa
ruotano, sono guardati a mio avviso secondo una prospettiva molto originale.
Intanto la giovane età della paziente. Si è portati a pensare che il tumore colpisca soggetti di età
avanzata, invece questa storia inizia e finisce con persone giovani che vivono “cose” da giovani: il
parrucchiere, la discoteca, l’innamoramento, etc. Altro spunto interessante è che il tumore e la sua
cura sono descritti all’interno di un’esistenza che non cambia la sua direzione. Il tumore si interpone
nella vita di tutti i giorni non la interrompe, si alterna alla normale quotidianità pur con tutta la sua
devastante gravità e gravosità ma il vivere quotidiano ha gli stessi ritmi. È stato recentemente scritto
che il tumore modifica l’identità di una persona nella visione del proprio futuro, nell’atteggiamento
verso il mondo, nel senso di fragilità ed incertezza esistenziale, usando una metafora potremmo
dire che una diagnosi di tumore trasforma il DNA psichico della persona riordinandone i valori.
“Insieme” offre una chiave di lettura centrale, parlare della propria malattia. Per tutta la durata della
storia se ne parla tra sorelle, con il fidanzato e, soprattutto, con il pubblico. Si parla del tumore
senza vergognarsi del proprio corpo che è cambiato, dei capelli che sono caduti, della parrucca che
serve a nascondere l’alopecia e degli altri che sanno o intuiscono. E poi la musica che accompagna
tutto il cortometraggio, una musica giovane, allegra e romantica insieme che comunica in maniera
indiretta che anche durante la malattia e mentre ci si cura ci può essere vitalità.
La comunicazione tra paziente e oncologo ricopre un ruolo fondamentale durante il percorso
di cura. Perché spesso i pazienti manifestano delle resistenze a parlare del proprio vissuto
con l’oncologo?
Le ragioni per cui i pazienti difficilmente parlano dei loro problemi psicologici con il medico curante
sono diverse. Da un lato gli oncologi per formazione si concentrano sulla sopravvivenza dei
pazienti, mettendo in secondo piano il versante psicologico della malattia rispetto a quello biologico.
Molto spesso si trovano a dare cattive notizie, che possono cambiare in negativo il futuro della
persona malata. È stato osservato come tristezza, rabbia e altre emozioni negative sono frequenti
quando il medico si trova a discutere una prognosi infausta con pazienti e familiari: domande difficili
da parte di pazienti e familiari sono ulteriori fonti di disagio. Senza un’adeguata formazione a gestire
la relazione e ad affrontare le emozioni possono essere frequenti nel medico comportamenti evasivi
(quali ad esempio tendenza a minimizzare, sottrarre informazioni sulla prognosi, o deviare il
discorso) per uscire da una situazione sgradevole.
I pazienti a loro volta non manifestano i loro bisogni comunicativi perché questi attengono spesso
ad argomenti intimi (emozioni, paure per il futuro, paura di morire, di una recidiva, problemi inerenti
la sessualità etc.) con i quali temono di mettere in imbarazzo i medici. Quindi, il paziente non fa
domande per paura delle risposte, o perché pensa che l’argomento non sia previsto in un colloquio
medico, o per non mettere in imbarazzo il medico. Il medico pensa a sua volta che se il paziente
non parla significa che non ha particolari problemi da discutere. Tale “gioco delle parti” lascia il
paziente con i suoi bisogni informativi insoddisfatti e in una condizione d’incertezza nonostante molti
studi dimostrino ampiamente quanto sia importante per la qualità della vita una buona comunicazione.
Se è vero infatti che in un primo momento un’informazione veritiera e corretta può indurre una
reazione di ansia e distress emozionale e risultare traumatica, nel tempo darà luogo ad un migliore
adattamento mettendo il paziente in condizione di un maggiore controllo sulla sua vita e sugli effetti
delle cure. Ad esempio, un’informazione adeguata sugli effetti collaterali delle terapie permetterà di
non subirli passivamente ma di rivolgersi all’équipe curante con la consapevolezza che esistono
metodi e strategie per gestirli e attenuarli. Ci sono argomenti difficili da far emergere – vita di coppia,
sessualità, rapporto con il proprio corpo – in questi casi i componenti dell’équipe curante dovrebbero
segnalare al paziente che non solo il versante biologico ma anche quello psicologico o psicosociale
hanno uguale dignità nell’influenzare la qualità della vita durante e dopo l’esperienza del cancro e
dunque è utile parlarne.
Quali benefici può portare ai pazienti in terapia una comunicazione aperta con l’oncologo?
Il primo, più importante vantaggio consiste in una migliore qualità di vita: più il paziente si apre e
parla di se stesso, della malattia, delle cure, di come si sente, tanto più l’oncologo può dare risposte
adeguate. La qualità della vita è un concetto multidimensionale che include aspetti psicologici, fisici,
sociali, in sostanza tutti gli aspetti che concorrono al benessere di una persona. Diversi studi
evidenziano benefici in termini di distress emozionale, decorso di malattia, costi sanitari in pazienti
più informati e consapevoli.
La protagonista di “Insieme” scopre l’importanza della relazione sentimentale come punto di
forza per affrontare le difficoltà del percorso di cura. Nell’esperienza reale delle persone
affette da tumore che importanza ha il supporto del partner o di una persona cara?
Il supporto di un partner, di un’amica o di un familiare rappresenta un fattore di protezione dallo
stress. Il supporto sociale e affettivo è uno dei fattori in grado di modulare la risposta ad eventi
stressanti di vita. La relazione con qualcuno che si prende cura di te nella malattia e che ti dedica
tempo attenua il sentimento di solitudine e di fragilità tipico di chi si ammala di cancro, in quanto
offre la possibilità di condividere le paure e trovare soluzioni adattative nel percorso di malattia. Nel
cortometraggio “Insieme” è la sorella della paziente che ha l’idea di acquistare la parrucca, che
l’accompagna dal medico, la incoraggia, le sostiene il morale con la sua presenza costante, non si
spaventa di fronte agli sgradevoli e ansiogeni episodi di nausea e vomito, non la lascia sola. Sentirsi
soli è molto doloroso in una malattia che prevede un percorso non breve e che spesso debilita e
isola socialmente ed è un fattore di rischio certo per sentimenti di demoralizzazione e depressione.
Purtroppo non tutti i pazienti possono contare su figure importanti di supporto, in alcuni casi può
capitare anzi che amici o partner non se la sentano di affiancare il paziente e si ritirino dalla
relazione. Il tumore è forse il più importante banco di prova di un affetto, di un matrimonio, di
un’amicizia.
Uno dei maggiori timori del paziente in cura è quello legato all’impatto degli effetti collaterali.
In che modo lo psiconcologo gestisce questo aspetto nella relazione con il paziente? Al di là
del supporto farmacologico gestito dall’oncologo, quali sono le strategie e le risorse
terapeutiche?
Il lavoro dello psiconcologo è quello di aiutare il paziente ad adattarsi alla malattia con la minor
sofferenza possibile. Evidentemente si tratta di instaurare una relazione di aiuto che durerà per
molto tempo, durante e dopo la malattia. Sta alla capacità dello specialista saper rispondere al
bisogno di supporto del paziente e dei suoi familiari, entrando se richiesto a 360 gradi nella loro vita.
Infatti tutte le aree del vivere quotidiano sono coinvolte e messe a dura prova dal tumore: il lavoro, i
figli, la vita affettiva e sessuale, la fertilità, gli amici, le relazioni sociali, persino la famiglia d’origine.
A queste problematiche che vanno affrontate di volta in volta, si aggiungono gli effetti collaterali dei
trattamenti che possono avere un impatto devastante sulla qualità di vita del paziente. La nausea, il
vomito, l’alopecia, le alterazioni della sfera sessuale, i disturbi intestinali possono diventare così
imponenti da costituire fonti di preoccupazione anche maggiori della stessa malattia.
I Servizi di Psiconcologia supportano i pazienti in trattamento oncologico attraverso diversi
interventi che si possono distinguere in interventi di informazione-educazione ed interventi
psicoterapeutici. I programmi di informazione-educazione si rivolgono a chi vuole essere meglio
informato o costituiscono l’indicazione elettiva per quei pazienti che, avendo ricevuto una diagnosi
recente di cancro, sono disorientati dalle numerose informazioni tecniche , la difficile terminologia
medica e la complessità del sistema sanitario. I programmi di informazione-educazione possono
avvalersi di depliant illustrativi, pubblicazioni, CD Rom, assistenza guidata nella consultazione di
siti internet riconosciuti dalla comunità scientifica e dal favorire la consulenza di specialisti che
rispondano a problemi o quesiti specifici di competenza medica o infermieristica. Per quanto
riguarda la parte più squisitamente rivolta all’informazione /educazione sull’aspetto psicologico
dell’ammalarsi di cancro alcuni temi affrontati sono: i più comuni problemi psicologici che una
persona e i suoi familiari si trovano ad affrontare nel percorso di cura, possibili reazioni emozionali
positive e negative alla malattia e al trattamento, possibili reazioni della famiglia e degli amici, la
paura di ciò che non si conosce (sentimenti riguardanti la paura della sofferenza, la paura di
morire etc.), possibili comportamenti utili per affrontare i problemi più frequenti nel corso della
malattia e del trattamento, importanza della comunicazione verbale e non verbale con medici e
familiari, possibili cambiamenti nell’immagine corporea, problemi o paure nei rapporti sessuali,
importanza dell’intimità, del contatto fisico e dell’“accudimento” come forma di comunicazione
sessuale positiva etc.
L’obiettivo degli interventi informativi è quello di aumentare la conoscenza del paziente sulla
malattia e sul trattamento e sui più comuni problemi che prima o poi si troverà ad affrontare e su
come possono essere gestiti al meglio. L’informazione aumenta la conoscenza, diminuisce il
senso di smarrimento e di incontrollabilità, favorisce comportamenti più adeguati ed una
partecipazione più attiva del soggetto al programma di cura.
Gli interventi psicoterapeutici sono invece prevalentemente centrati sui fattori che mediano
l’adattamento mentale del paziente alla malattia, in particolare sul significato attribuito ad essa
dalla persona malata che ne modula la reazione emotiva e comportamentale. La terapia
psicologica adiuvante, indicata nel corso di trattamento chemio e radioterapico specialmente per
la fase iniziale della malattia o per pazienti con diagnosi recente di recidiva, favorisce
l’identificazione e la modificazione di pensieri automatici negativi e di comportamenti disfunzionali
che inducono reazioni emozionali disadattive. Si tratta di una psicoterapia breve focalizzata su
problemi specifici e mirata a due principali obiettivi: ridurre ansia e depressione, migliorare
l’adattamento mentale al cancro inducendo un positivo spirito combattivo. La terapia è indirizzata
a problemi concreti e specifici definiti dal paziente e dal terapeuta e focalizzata sul significato
personale che il cancro ha per il paziente e su quello che egli pensa e fa per ridurre la minaccia
posta dalla malattia e dal suo trattamento.
Nelle fasi più avanzate di malattia sono utilizzati interventi psicoterapeutici di matrice esistenziale
che aiutino i pazienti a ricapitolare la propria storia e i propri valori, a mantenere la propria dignità,
autostima e la capacità di mantenere senso e significato di fronte ad una prospettiva di vita
limitata.
Domenica Lorusso
Dirigente Medico I livello Unità Operativa di Oncologia Ginecologica,
Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori – Milano
“Insieme”: primo piano su quello che il medico
non chiede e il paziente non dice
“Insieme” racconta momenti di vita di una giovane donna che affronta l’esperienza del
cancro: le paure e le speranze, il supporto delle persone vicine, le terapie, l’impatto degli
effetti collaterali, il rapporto con il medico curante. Ma il tema centrale del film è la
comunicazione come risorsa per affrontare la malattia. Quale contributo di conoscenza
offre all’oncologo questo sguardo sulla malattia?
Durante la visione del cortometraggio “Insieme”, sono stata particolarmente colpita da una frase
della protagonista: “Il medico è stato il mio migliore alleato nel mio percorso di malattia”. Ecco, in
questo momento di grave crisi economica e di tagli pesanti alla sanità, che costringono noi
medici a lavorare in maniera convulsa, perdendo spesso di vista la globalità del paziente per
combattere la malattia, questo cortometraggio offre all’oncologo e al paziente una grande
opportunità, invitandoci a un’importante riflessione. Il medico oncologo non è solo prescrittore di
chemioterapia: dietro la prescrizione e i controlli ci sono una persona e la sua famiglia, su cui si
abbatte come un treno in corsa la diagnosi di cancro. Nonostante il nostro lavoro sia faticoso e
sempre più spesso si trasformi in una sorta di catena di montaggio, il rapporto umano dovrebbe
comunque essere salvaguardato. Un certo distacco da parte dell’oncologo rispetto al dramma
personale del malato è un fatto inevitabile, forse anche utile. Ma un’eccessiva
spersonalizzazione del rapporto rischia di creare una barriera che allontana irrimediabilmente il
paziente dal proprio medico. Grazie alla diagnostica sempre più precisa e ai nuovi trattamenti
abbiamo la fortuna oggi di poter prolungare la sopravvivenza delle persone colpite da cancro e
di cronicizzare la malattia. Il passo successivo che dobbiamo compiere consiste nel porre
attenzione anche alla qualità della vita dei pazienti, integrando le cure di base, le cure di
supporto e il sostegno psicologico.
In una scena chiave del cortometraggio, si vede la protagonista colpita da uno dei più
temuti effetti collaterali delle terapie oncologiche, insieme alla nausea: il vomito. Quando
e con che frequenza si manifestano questi effetti collaterali? Che impatto hanno sulla
Qualità di Vita dei pazienti?
Una recente indagine condotta dalla Società Italiana di Psico-Oncologia ha evidenziato come la
nausea e il vomito, insieme alla caduta dei capelli (alopecia), siano i sintomi più temuti dai
pazienti, e i più devastanti. Il vomito da chemioterapia ha il maggior impatto negativo sulla
Qualità di Vita dei pazienti e sulle attività quotidiane, con ripercussioni negative sulle condizioni
di salute generali e sulla stessa efficacia della terapie.
La frequenza con cui il vomito si manifesta varia a seconda del potere emetogeno del protocollo
chemioterapico attuato. Sotto questo profilo ogni farmaco è diverso dall’altro. Per alcuni farmaci
il rischio di questo tipo di effetti collaterali può essere elevatissimo (80-100%). Esistono vari tipi
di vomito: quello acuto che può manifestarsi dal momento della somministrazione della chemio
fino alle 24 ore successive; il vomito ritardato che compare in genere a 24 ore di distanza dalla
somministrazione della chemio, quando il paziente è a casa e non è più sotto osservazione
medica; infine il vomito cosiddetto “anticipatorio”, che compare prima del successivo ciclo
chemioterapico e, di solito, è collegato al ricordo del primo episodio emetico. Quanto meglio
l’oncologo riesce a controllare o a prevenire la prima emesi, tanto più si potranno tenere sotto
controllo i successivi episodi.
In una scena seguente il medico ricorda alla paziente la possibilità di avvalersi di terapie
di supporto contro gli effetti collaterali della chemioterapia: qual è in generale
l’atteggiamento degli oncologi? È vero che in alcuni di loro vi è una sorta di “resistenza”
all’uso di terapie di supporto?
Non parlerei di “resistenza”, semmai vi è un problema di appropriatezza, che non dipende però
da una preclusione mentale dell’oncologo ma da una carenza di sensibilità. Su questo aspetto
certamente bisogna lavorare, su entrambi i fronti. Se il medico deve essere sensibilizzato al
dialogo, il paziente va sollecitato a rivendicare il diritto al migliore trattamento, che insieme alla
chemioterapia più idonea ed efficace comprende anche i farmaci di supporto che possono
contribuire ad ottenere il meglio dalla cura. È importante interrompere quel circolo vizioso
secondo il quale l’oncologo non chiede e il paziente non parla perché convinto che la chemio,
per funzionare, debba per forza farlo star male. Si tratta di un errore, perché la comparsa degli
effetti collaterali può essere di danno per le terapie: il vomito comporta disidratazione e
scadimento delle condizioni generali, a volte è necessario il ricovero e l’interruzione della cura
con aggravio di costi. Nausea e vomito non controllati comportano la necessità di rinviare la
chemio e di ridurre la dose con ripercussioni sull’efficacia del trattamento.
Alcuni studi, come lo studio PEER, dimostrano come l’oncologo non applichi
correttamente le Linee Guida nazionali e internazionali per la profilassi contro nausea e
vomito nel paziente sottoposto a terapie oncologiche. In che modo l’applicazione delle
Linee Guida favorisce la gestione del protocollo terapeutico da parte dell’oncologo a
vantaggio della Qualità della Vita dei pazienti?
Lo studio PEER, Pan European Emesis Registry, condotto in 52 centri di 8 paesi europei inclusa
l’Italia, segnala un problema: stando ai risultati dell’indagine, gli oncologi prescrivono una terapia
di supporto farmacologico quasi nel 92% dei casi, eppure ben il 65,4% dei pazienti continua a
soffrire di pesanti effetti collaterali. Questo perché la somministrazione della terapia antiemetica
solo in un caso su tre sarebbe conforme a quanto raccomandato nelle Linee Guida
internazionali. Quando la somministrazione rispetta le Linee Guida, si riscontra una riduzione di
almeno il 10% degli effetti collaterali: non si tratta di un risultato da poco, perché viene ottenuto
senza interrompere o sospendere la chemioterapia o ridurre il dosaggio. Il buon controllo degli
effetti collaterali ha ripercussioni importanti anche sulla quotidianità del paziente e sul contesto
familiare permettendo al paziente o al suo care giver la ripresa dell’attività lavorativa.
Come oncologa, concentrata sull’obiettivo della battaglia contro la malattia, riconosce
una difficoltà a confrontarsi con i pazienti su alcuni aspetti di sofferenza personale o su
aspetti delicati che hanno a che fare con la Qualità della Vita come la sessualità, la vita di
relazione, il senso della vita?
Personalmente non ho alcun problema a rapportarmi con le mie pazienti, ma mi rendo conto di
essere fortunata a lavorare con donne. Tra donne è certamente tutto più facile, si crea
un’empatia, alcune pazienti hanno la capacità di “far presa”, di entrarti dentro, e allora la
relazione parte subito. Naturalmente non è semplice fare questo, il sistema non facilita gli
oncologi, i tempi di ascolto sono stretti, a volte in ambulatorio è difficile persino avere il tempo di
chiedere le cose più urgenti. Tra donne è più facile avviare un dialogo e a volte le mie pazienti
mi chiedono un consiglio anche su questioni molto intime. Per fortuna stanno nascendo tante
associazioni che puntano ad abbattere le barriere tra medici, associazioni di pazienti e psicooncologi. Il punto fondamentale è che i pazienti nel percorso di cura non devono mai sentirsi
soli.
Pierluigi Antonelli
Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia
Medici e pazienti al cinema,
per sapere che il tumore si può sconfiggere “Insieme”
Alla 70a Mostra del Cinema di Venezia viene presentato come evento speciale “Insieme” un
cortometraggio diretto dalla regista Annamaria Liguori, promosso da Salute Donna onlus e
SIPO con il supporto non condizionato di MSD. Come mai MSD ha deciso di sostenere
questo progetto?
L’Oncologia rappresenta per MSD un’area terapeutica di rilievo che ci vede costantemente
impegnati nella lotta contro il cancro con programmi di ricerca e prevenzione, trattamenti
chemioterapici e terapie di supporto. Ma c’è un assunto morale che da sempre ci guida: la medicina
è per le persone. Per questo lavoriamo ricordando costantemente che dietro ogni malattia c’è un
paziente ed un paziente è prima di tutto una persona, con la sua rete di relazioni familiari e sociali.
Ecco perchè, come Azienda, siamo impegnati anche in progetti che nulla hanno a che fare con i
farmaci, ma che sono volti a facilitare una corretta comunicazione tra medico e paziente o a fornire
un supporto a pazienti e familiari durante il percorso di cura.
Come nasce l’iniziativa che ha portato alla realizzazione del cortometraggio?
Il cortometraggio “Insieme” ha come antefatto il progetto OncoMovies, un’iniziativa promossa lo
scorso anno da MSD per richiamare l’attenzione degli oncologi e dei pazienti affetti da tumore
sull’importanza della qualità di vita durante i trattamenti chemioterapici. Attraverso il confronto
continuo con i medici e con le associazioni dei pazienti, ci siamo resi conto che alcuni aspetti del
percorso di malattia e di cura sfuggono all’osservazione dell’oncologo e alla comunicazione con il
paziente, rendendo ancora più difficile la battaglia di quest’ultimo contro il cancro.
A volte vi sono obiettive resistenze ad affrontare apertamente le problematiche legate agli effetti
collaterali della chemioterapia: da parte del medico l’interesse prevalente è quello di combattere la
malattia, mentre il paziente spesso ritiene che gli effetti collaterali siano un inevitabile prezzo da
pagare.
È nato così OncoMovies, un progetto che si dipana su un’idea portante: selezionare da oltre 80
pellicole della cinematografia mondiale che si sono occupate di cancro negli ultimi sessant’anni, le
immagini che meglio raccontano la vita quotidiana dei pazienti che affrontano la chemioterapia. Un
modo originale per portare in primo piano, anzi sotto i riflettori, vari aspetti dei problemi che la
persona vive durante il percorso di cura.
Il passo successivo è stato quello di dare voce ai pazienti offrendo loro la possibilità di diventare
autori e narratori delle loro storie. Attraverso il sito www.nonausea.it sono stati inviati moltissimi
“racconti di vita”, uno di questi è diventato lo spunto narrativo di “Insieme”, ispirato a una storia vera,
liberamente adattata da David Fratini e poi trasposta in cortometraggio dalla regista Annamaria
Liguori.
MSD ha sostenuto questa iniziativa senza minimamente interferire nello sviluppo della trama e nelle
scelte artistiche. L’unica nostra doverosa preoccupazione è stata che la veridicità delle scene e dei
dialoghi fosse accertata e validata dal board scientifico che segue il progetto.
In che modo questo cortometraggio potrà favorire una migliore comunicazione tra medici e
pazienti?
MSD Italia crede fortemente nella forza comunicativa del linguaggio cinematografico quale
strumento capace di catalizzare emozioni e arrivare direttamente al cuore del grande pubblico,
anche su temi impegnativi come i tumori. Ma con questa iniziativa abbiamo cercato di fare un
ulteriore passo in avanti, valorizzando il cinema come vera e propria metodica di apprendimento,
come risorsa di informazione e formazione non solo per il grande pubblico, ma per gli stessi medici.
Il cinema, con la sua potente forza evocativa, narrativa ed educazionale è il mezzo che meglio di altri
rende possibile, a nostro avviso, raccontare il cancro non dal punto di vista medico ma come
esperienza personale. Pensiamo a tutto quello che ruota intorno a un percorso di malattia e di cura,
l’impatto della chemioterapia, le relazioni con il partner, i problemi della vita quotidiana. Tutto quanto,
insomma, accade al di fuori dell’ambulatorio o dello studio del medico e sfugge alla sua visuale. La
cinepresa è un terzo occhio che riporta in primo piano questi aspetti e permette al medico di vedere
il paziente nella sua globalità e a quest’ultimo di guardarsi e di riflettere sulla propria condizione. Per
MSD si tratta quindi di essere ancora una volta al fianco dei medici e dei pazienti, ma in un modo
nuovo, con un linguaggio diverso come quello del cinema.
Qual è l’augurio che vuole fare ad “Insieme”?
Il mio auspicio è che questa iniziativa contribuisca ad aprire un dibattito tra medici e pazienti,
favorendo una maggiore propensione alla comunicazione reciproca su tutti gli aspetti collegati al
percorso di cura. Da questo punto di vista la partecipazione a una vetrina di livello internazionale
come la Mostra del Cinema di Venezia rappresenta una grande opportunità, un traguardo
importantissimo e, vorrei aggiungere, un motivo di orgoglio per chi ha creduto in questo progetto e lo
ha sostenuto.
Nausea e Vomito Indotti da Chemioterapia (CINV)
Le terapie oncologiche negli anni hanno contribuito e continuano ad aumentare la sopravvivenza
dei malati di cancro, con l'ambizioso obiettivo di tendere a cronicizzare la malattia stessa. Accanto
ad una crescente efficacia delle molecole impiegate aumenta sempre più il bisogno di garantire al
paziente una buona qualità di vita. A tale proposito la gestione della sintomatologia correlata alla
chemio e radioterapia dovrà rivestire un ruolo sempre più importante, portando ad una rivalutazione
della terapia di supporto come integrazione necessaria a massimizzare i risultati della terapia diretta
contro la malattia.
Le tossicità ematologiche, la nausea ed il vomito indotte da chemioterapia, la neurotossicità e le
dermotossicità sono gli aspetti più invalidanti per la qualità di vita del paziente.
Tra le terapie di supporto che sono attualmente disponibili ricordiamo i:
• trattamenti in grado di contrastare l’anemia e la neutropenia, le quali sono complicanze gravi e
frequenti nei pazienti sottoposti a trattamenti antineoplastici mielosoppressivi; il grado e la durata
della neutropenia determina il rischio di infezioni e si associa a riduzioni e o ritardi del
trattamento antiblastico, l’anemia determina una situazione di affaticabilità cronica che impatta
negativamente sula qualità della vita.
• trattamenti in grado di contrastare la nausea ed il vomito da chemioterapia.
I farmaci antitumorali sono classificati in base al loro potere emetogeno e come tali la CINV deve
prevedere un controllo accurato nel rispetto delle linee guida nazionali ed internazionali.
Cosa è la CINV?
CINV è l’acronimo di Chemoterapy Induced Nausea and Vomiting, e cioè la nausea e il vomito
indotti dalla chemioterapia.
Si possono distinguere:
Emesi Acuta: emesi che insorge dal momento della somministrazione della chemioterapia e
persiste nelle 24 ore.
Emesi Ritardata: emesi che insorge dopo 24 ore della chemioterapia e che puo’ protrarsi per alcuni
giorni.
Emesi Anticipatoria: emesi che insorge prima della somministrazione della chemioterapia in
pazienti con pregressa esperienza di emesi acuta e/o ritardata, di solito associata alla vista di un
ambiente che richiami l’esperienza scatenante.
Perché si instaura la CINV?
La CINV è causata da 2 meccanismi fisiopatologici sono alla base: 1 stimolo centrale ed 1
stimolo periferico.
Potere emetogeno dei chemioterapici
La frequenza e la gravità della CINV sono condizionate da diversi fattori di rischio, come il tipo di
chemioterapico somministrato e le caratteristiche del singolo paziente, tra cui i fattori psicologici.
È stato sviluppato un sistema di classificazione dei farmaci secondo il loro potenziale emetogenico
basato sulla dose, sulla frequenza, sulla via di somministrazione e sulla emetogenicità intrinseca della
molecola, evidenziate dalla pratica clinica. Per esempio farmaci come il cisplatino somministrati ad un
determinato dosaggio sono considerati altamente emetogeni, e senza l’utilizzo degli antiemetici, più
del 90% dei pazienti andrà incontro ad episodi di vomito; altri chemioterapici sono stati classificati
come moderatamente emetogeni, altri ancora a basso potenziale o clinicamente non emetogenici
(meno del 10% dei pazienti lamenterà la comparsa di vomito senza gli antiemetici).
Poiché i farmaci chemioterapici vengono spesso somministrati in associazione, farmaci come le
antracicline e la ciclofosfamide, che se considerati in monoterapia sono moderatamente
emetizzanti, quando somministrati in associazione, sviluppano un potenziale altamente
emetizzante, come riconosciuto dalle linee guida ASCO e AIOM.
Caratteristiche del paziente predisponenti alla comparsa della CINV - (fattori di rischio)
• Età: < 55 anni
• Sesso femminile
• Basso o nessun consumo alcolico
• Anamnesi di cinetosi (mal d’auto)
• Precedenti Nausea e Vomito: le donne con storia di nausea e vomito in gravidanza sono più
sensibili all'emesi
• Ansia
Quali sono i farmaci per il controllo della CINV?
Per tanti anni si è cercata una risposta a questa domanda sperimentando terapie poi abbandonate.
La prima evidenza valida è dei primi anni ’80 ed è relativa alla metoclopramide, un farmaco
gastroprocinetico, che quando somministrato ad alte dosi, mostra un effetto antiemetico (per
un’azione non soltanto sui recettori D2 per la dopamina, ma anche di antagonista per il recettore
della serotonina). Sempre gli anni ’80 hanno rappresentato una svolta soprattutto per la scoperta
che l’aggiunta del desametasone – un corticosteroide – aumentasse la risposta antiemetica agli altri
farmaci. Solo a metà degli anni ’90 le prospettive per i pazienti in chemioterapia cambiano
radicalmente, per l’introduzione nella pratica clinica degli antagonisti recettoriali del 5HT3
(serotonina); questi farmaci in corso di trattamento chemioterapico hanno ridotto in maniera
significativa gli episodi di vomito acuto. Il capostipite di questi farmaci è stato l’ondansetron seguito
dagli altri setron quali il dolasetron, il granisetron, il tropisetron e più tardi il palonosetron. L’azione di
controllo dei 5HT3 sulla CINV si esplica mediante antagonismo recettoriale periferico, lasciando
scoperta però la compente centrale. È solo agli inizi del 2000 che con la commercializzazione
dell’aprepitant in Italia si è completato il quadro di possibile controllo della CINV nei pazienti in
trattamento con chemioterapia altamente e moderatamente emetizzante. L’aprepitant è un
antagonista del recettore NK-1, ed esplica la sua azione sulla CINV mediante un’azione specifica
sulla sostanza P e quindi a livello centrale; quest’ultimo associato ad un 5HT3, permette un
controllo su entrambi i meccanismi che sono alla base della CINV. Attualmente la somministrazione
di 5HT3, aprepitant e desametasone rappresentano il gold standard, come indicato in maniera
concorde dalle linee guida nazionali ed internazionali, per un adeguato controllo della Nausea e
Vomito in corso di chemioterapia.
Quali sono le principali linee guida nazionali ed intenazionali?
ASCO, MASCC-ESMO, NCCN, AIOM
Cosa raccomandano per il trattamento della nausea e vomito da chemioterapia?
Di seguito una tabella riassuntiva delle raccomandazioni sulla base della chemioterapia
somministrata.
Aprepitant che cosa è e come funziona?
Aprepitant è il primo rappresentante di una nuova classe farmacologica, gli antagonisti del
recettore della neurokinina-1 (NK1).
Aprepitant è un antagonista altamente selettivo del recettore della sostanza P /neurokinina 1
(NK1) umana; evidenzia una scarsa affinità per i recettori della serotonina (5HT3), della
dopamina e dei corticosteroidi, che rappresentano il target delle attuali terapie per la CINV.
Aprepitant completa ed integra l’attività antiemetica degli 5HT3, come ondansetron, e dei
corticosteroidi, come il desametasone, inibendo sia la fase precoce, che tardiva della CINV.
Aprepitant in associazione ad altri farmaci antiemetici, è indicato nella prevenzione della nausea e del
vomito sia precoce che tardivo, associati alla chemioterapia antineoplastica altamente emetogenica
(HEC) a base di cisplatino in soggetti adulti e nella prevenzione della nausea e del vomito associati
alla chemioterapia antineoplastica moderatamente emetogenica (MEC) in soggetti adulti.
Aprepitant è un farmaco antiemetico orale, che viene somministrato come parte di uno schema
terapeutico della durata di 3 giorni, che comprende anche un antagonista del 5HT3 ed un
corticosteroide.
Aprepitant è disponibile in una confezione contenente una capsula da 125 mg e 2 capsule da 80 mg.
Aprepitant è stato approvato per la HEC dalla Food and Drug Administration (FDA) e
dall’European Medicines Agency (EMEA) nel 2003 e per la MEC dell’FDA e dall’EMEA nel
2005s.
Le indicazioni
• Prevenzione della nausea e del vomito precoci e tardivi associati alla chemioterapia altamente
emetogena (HEC) in ambito oncologico a base di cisplatino negli adulti.
• Prevenzione della nausea e del vomito associati alla chemioterapia moderatamente
emetogena (MEC) in ambito oncologico negli adulti.
• Aprepitant 125 mg/80 mg viene somministrato nel contesto di una terapia di associazione con
desametasone ed un inibitore della 5HT3.