LA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA SLA ASPETTI NEUROLOGICI E DECORSO DELLA PATOLOGIA Marialaura Santarelli Centro Polispecialistico per la Diagnosi ed il Trattamento della SLA Presidio di Riferimento Regionale A.C.O. San Filippo Neri Tel. 0633062374 - 0633064376; Fax 0633064375 Email: [email protected] Roma 19 ottobre 2013 LA SLA: DEFINIZIONE È LA FORMA PIÙ FREQUENTE E PIÙ NOTA DEL GRUPPO DELLE MALATTIE DEL MOTONEURONE, CARATTERIZZATA DA UNA PROGRESSIVA DEGENERAZIONE DEL PRIMO MOTONEURONE, CHE CONNETTE LA CORTECCIA CEREBRALE MOTORIA AI VARI NUCLEI UBICATI NEL TRONCO DELL’ENCEFALO E NEL MIDOLLO SPINALE, E DEL SECONDO MOTONEURONE, CHE CONNETTE QUESTI NUCLEI ALLA MUSCOLATURA SCHELETRICA Il termine SLA fu creato alla metà del 1800 dal neurologo Jean Martin Charcot, uno scienziato francese, padre della neurologia moderna, che con il termine di “Sclerosi Laterale” si riferiva alla consistenza dura (sclerosi), della porzione laterale del midollo spinale dove si trovano le fibre del primo motoneurone. Tale sclerosi, osservata in sede di autopsia, è dovuta ad una reazione “cicatriziale” (gliosi) secondaria alla degenerazione delle fibre nervose. Con il termine “amiotrofica” si riferiva alla perdita di massa muscolare (atrofia) che costituisce uno dei segni clinici più rilevanti della malattia e che è conseguenza della degenerazione del secondo motoneurone. Negli Stati Uniti la malattia è nota come morbo di Lou Gherig, dal nome di un famoso giocatore di baseball, che ne fu colpito nel 1939, all’età di 36 anni. La SLA è una malattia rara (codice RF0100) L’incidenza di malattia (cioè numero di nuovi casi) in Italia, come nel resto d’Europa e in America, è di circa 2 l’anno per ogni 100.000 abitanti. La prevalenza (quante persone sono affette da SLA in un determinato momento) è di 4 - 8 su 100.000 abitanti (la variabilità del dato è dovuta a diverse stime riportate in diversi studi scientifici); Attualmente in Italia si stimano poco meno di 4000 casi di SLA di cui circa 350 nella Regione Lazio. La malattia interessa entrambi i sessi, con una lieve prevalenza del sesso maschile. Qualsiasi fascia d’età può essere colpita dalla malattia, ma sono assai rari i casi di SLA giovanile, con esordio al di sotto dei 20 anni; a partire dai 20 anni l’incidenza della malattia aumenta gradualmente con il progredire dell’età, raggiungendo un picco tra i 60 e 70 anni per poi nuovamente diminuire nelle fasce di età successive Curva dell’incidenza della SLA suddivisa per sesso e tipo di esordio Stima dei malati SLA in relazione alla prevalenza Regione Popolazione SLA Nuove diagnosi Abruzzo 1.342.975 81 20-27 586.853 35 9-12 Calabria 2.010.034 121 30-40 Campania 5.954.882 357 89-119 Emilia Romagna 4.442.501 267 67-89 Friuli Venezia Giulia 1.235.363 74 19-25 Lazio 5.748.792 345 86-115 Liguria 1.616.788 97 24-32 Lombardia 9.950.577 597 149-199 Marche 1.560.785 94 23-31 Molise 319.611 19 5-6 P.A. Bolzano 507.657 30 8-10 P.A. Trento 529.457 32 8-11 Piemonte 4.462.432 268 67-89 Puglia 4.090.589 245 61-82 Sardegna 1.675.411 101 25-34 Sicilia 5.048.806 303 76-101 Toscana 3.734.355 224 56-75 Umbria 907.787 54 14-18 Valle d'Aosta 127.991 8 2-3 Veneto 4.945.943 297 74-99 Totale 60.799.589 3.648 912-1.216 Basilicata La SLA è una malattia ereditaria ? Nella stragrande maggioranza dei casi NO Nel 95% dei casi la SLA è una malattia sporadica, vi è però un 5% di malati che hanno una storia familiare positiva per malattia, è possibile cioè individuare più casi di persone affette nello stesso nucleo familiare, spesso con la caratteristica ereditarietà di tipo autosomico dominante (SLA familiare). Albero Genealogico Nelle malattie sporadiche i familiari dei pazienti affetti hanno la stessa probabilità della popolazione generale di presentare la malattia nel corso della loro vita. SLA Familiare Si parla di SLA familiare certa quando in una famiglia vi sono almeno tre persone affette. Quando i casi sono solo due, come avviene nella gran parte delle famiglie, si parla di SLA familiare probabile o possibile, a seconda del grado di parentela che esiste tra le persone affette. Le forme di SLA familiare si presentano con gli stessi sintomi e con decorso simile alle forme sporadiche. SLA: cause Le cause della malattia non sono ancora state individuate Numerosi studi hanno indagato molteplici fattori ambientali il cui ruolo non è stato ancora definito con certezza: il fumo di sigaretta i traumi meccanici l’attività fisica e sportiva intensa l’esposizione a sostanze tossiche (pesticidi, erbicidi, alcuni insetticidi) l’esposizione a metalli pesanti (mercurio, piombo, arsenico) l’esposizione a campi elettromagnetici Anche se il ruolo dei fattori ambientali non è assolutamente escluso, vi è oggi la convinzione che esso sia difficile da individuare poiché il numero dei “fattori tossici” cui ogni individuo è stato a contatto teoricamente nel corso della propria vita è molto alto, non sempre è possibile ricostruire con precisione la durata e l’entità di esposizione e, in ultimo, diversi fattori potrebbero innescare la malattia con meccanismi differenti o agendo in modo complementare con un effetto di somma del danno. SLA: cause La ricerca negli ultimi anni si sta rivolgendo allo studio dei fattori genetici che, oltre ad essere chiaramente coinvolti nelle forme familiari, potrebbero giocare un ruolo predisponente anche nelle forme sporadiche L’era genetica inizia nel 1993 con la scoperta di mutazioni nel gene superossidodismutasi, SOD1. Da allora la lista dei geni associati a SLA è in continua crescita, anche grazie all’utilizzo di nuove tecnologie per lo stusio del DNA Circa i due terzi dei casi di SLA familiare sono causati da mutazioni a carico di quattro geni, cosiddetti maggiori: C9ORF72, SOD1, TARDBP e FUS. Sono stati identificati anche alcuni geni considerati come fattori di suscettibilità per la malattia; questi geni sono stati associati ad un rischio aumentato di malattia e sono considerati come modificatori dell’esordio o della progressione, ma nessuno di essi è da solo necessario o sufficiente a causare la malattia e attualmente sono studiati solo nell’ambito di protocolli di ricerca SLA: sintomi da danno di primo motoneurone Riso e pianto spastico Disartria Disfagia Perdita di destrezza Deficit di forza Spasticità Aumento dei riflessi osteotendinei Riflessi patologici (Babinski) SLA: sintomi da danno di secondo motoneurone Atrofia della lingua Ipofonia Deficit di forza Atrofia muscolare Ipotonia muscolare Crampi Fascicolazioni Nella maggior parte dei casi la SLA ha un esordio spinale, cioè il sintomo di presentazione è un deficit di forza che coinvolge i muscoli innervati dai motoneuroni localizzati nel midollo spinale, come quelli degli arti superiori, degli arti inferiori, del collo e del tronco. La distribuzione iniziale del deficit è generalmente focale. ( = zone di distribuzione dei motoneuroni danneggiati) Sintomi Spinali Sintomi bulbari In circa un terzo dei casi l’esordio della malattia è bulbare, cioè il paziente esordisce con un disturbo progressivo dei muscoli innervati dai motoneuroni localizzati nel bulbo, che sono responsabili dell’articolazione della parola, con conseguente disartria, e della deglutizione, con conseguente disfagia. ( = zone di distribuzione dei motoneuroni danneggiati) SLA: varie forme di malattia del motoneurone PRIMO MOTONEURONE SECONDO MOTONEURONE CORTECCIA MOTORIA TRONCO ENCEFALO MIDOLLO CERVICALE TRONCO ENCEFALO MIDOLLO DORSALE MIDOLLO SPINALE MIDOLLO LOMBO-SACRALE Sclerosi Laterale Primaria Sclerosi Laterale Amiotrofica Atrofia Muscolare Progressiva SLA e funzioni cognitive Produzione di parole Abilità nella soluzione di problemi (problem solving) Pianificazione Visione Comprensione delle parole Controllo del comportamento e delle emozioni Memoria delle emozioni Studi recenti dimostrano che in una piccola percentuale di casi, circa il 5-15%, i pazienti con SLA sviluppano un deterioramento cognitivo del tipo demenza fronto-temporale (FTD) e molti di questi casi sono connessi con mutazioni del gene C9ORF72. Disturbi cognitivi sub-clinici sono tuttavia riscontrabili in un numero maggiore di pazienti che alcuni studi stimano prossimo al 50% dei pazienti affetti, almeno nelle fasi avanzate di malattia. SLA: varie fasi di certezza di diagnosi Esistono dei criteri diagnostici definiti da commissioni scientifiche dedicate (“El Escorial-Revised criteria” e “criteri elettrodiagnostici di Awaji”) universalmente accettati che permettono di porre diagnosi di: SLA clinicamente definita Segni clinici o evidenze elettrofisiologiche di primo motoneurone e di secondo motoneurone in tre regioni. SLA clinicamente definita con supporto di laboratorio Segni clinici di primo motoneurone e/o di secondo motoneurone in una regione ed il paziente è portatore di mutazione patogenetica nel gene SOD1. SLA clinicamente probabile Segni clinici o evidenze elettrofisiologiche di primo motoneurone e di secondo motoneurone in due regioni con alcuni segni di primo motoneurone rostrali ai segni di secondo motoneurone. SLA clinicamente possibile Segni clinici o elettrofisiologici di primo e di secondo motoneurone in una sola regione, • oppure Segni di primo motoneurone in almeno due regioni, • oppure Segni di primo motoneurone e di secondo motoneurone in due regioni senza segni di primo motoneurone rostrali ai segni di secondo motoneurone. SLA: cosa serve per la diagnosi Oltre alla valutazione clinica e all’elettromiografia, essenziali per definire la diagnosi, è importante anche eseguire esami neuroradiologici (RM e TC) e di laboratorio utili soprattutto per escludere patologie che possono, almeno all’esordio, presentare sintomi simili alla SLA. Patologie che possono mimare una SLA: neuropatia motoria multifocale mielopatia compressiva o infiltrativa miosite a corpi inclusi (IBM) miastenia gravis malattia di Kennedy (atrofia muscolare bulbospinale) sindrome da crampi e fascicolazioni benigne paraparesi spastica familiare SLA: come evolve la malattia La SLA ha sempre un decorso progressivo. Il tempo di progressione può essere molto variabile da paziente a paziente. La durata naturale di malattia è stimata, secondo diverse casistiche, tra i 2 e i 5 anni e rappresenta il tempo che intercorre tra l’esordio dei sintomi e la comparsa di insufficienza respiratoria grave che porta a morte il paziente se non si interviene con la ventilazione meccanica invasiva mediante tracheostomia. La sopravvivenza mediana varia tra i 20 ed i 48 mesi; circa il 5-10% dei pazienti ha una durata di malattia superiore ai 10 anni. Le forme ad esordio giovanile, al di sotto dei 40 anni, hanno solitamente una sopravvivenza significativamente maggiore rispetto alle forme con esordio al di sopra dei 40 anni. Le forme di SLA con prevalenza di danno di primo motoneurone hanno una durata di malattia più lunga rispetto alle forme di SLA classica. L’esordio bulbare viene generalmente considerato come fattore prognostico negativo, anche se esiste una forma bulbare tardiva, che colpisce prevalentemente le donne e che resta confinata al distretto bulbare anche per diversi anni SLA: LA TERAPIA !?! Attualmente non esistono farmaci in grado di curare la malattia o bloccarne la progressione, nonostante nel corso degli ultimi anni siano stati condotti numerosi studi farmacologici sull’uomo. La difficoltà nel trovare un farmaco efficace per la SLA è legata a diversi fattori: Patogenesi, ovvero cause della malattia ancora sconosciute, utilizzo finora di un modello animale (topo transgenico SOD1) molto utile per la comprensione dei meccanismi della malattia ma con molti limiti relativamente alle sperimentazioni farmacologiche (insuccesso nell’uomo di molte sostanze che sul topo avevano avuto effetti benefici), difficoltà nel disegnare protocolli clinici per la mancanza di marcatori biologici, per l’assenza di misure di risultato oggettive, per l’eterogeneicità che caratterizza la malattia, per il rifiuto talora del paziente di assumere un placebo se il farmaco testato è facilmente reperibile al di fuori del protocollo. Il trattamento della SLA è pertanto volto al controllo dei sintomi e al mantenimento della qualità di vita. Ad oggi, il riluzolo è l’unico farmaco approvato per la SLA, in quanto è stato dimostrato un effetto clinicamente significativo sulla progressione della malattia. Il meccanismo d’azione del riluzolo è l’inibizione del rilascio di glutammato, si basa pertanto sull’ipotesi patogenetica di una eccitotossicità da glutammato. SLA: LA TERAPIA !?! Le recenti linee-guida non raccomandano, per mancanze di sufficienti evidenze, il trattamento con vitamine, testosterone, antiossidanti come il coenzima Q-10 e gingko biloba, terapia con le immunoglobuline endovenose, ciclosporina, interferoni, Copaxone, tripeptide KDI, fattori neurotrofici (inclusi BDNF, IGF-1 e mecasermina rinfabato), ceftriaxone, creatina, gabapentin, minociclina, cellule staminali o litio. Informazioni dettagliate e costantemente aggiornate sulle sperimentazioni farmacologiche in corso per i pazienti affetti da SLA sono disponibili sul sito www.clinicaltrials.gov NICETILE?? Professor Beghi Besta Milano: studio multicentrico; risultati molto parziali da convalidare METODO STAMINA?? Vannoni: metodologia non chiara, non dati scientifici a supporto NORMAST?? Dr Clemente ASL Nuoro: pochissimi pazienti, nessun caso controllo, necessario approfondimento. CELLULE GERMINALI PROPRIE?? Professore Giovanni De Luca Direttore Sanitario della Clinica "Villa Floria“: nessuna affidabilità I CENTRI SLA ED IL CONCETTO DI “PRESA IN CARICO” Ad oggi non siamo in grado di “curare” la malattia ma dobbiamo e possiamo fare molto per “prenderci cura” delle persone affette da SLA e dei loro familiari. Nelle nuove linee guida per la gestione della SLA viene sottolineato che la complessità della malattia richiede che il paziente ed i familiari siano seguiti e supportati in un team multidisciplinare. Vi è, infatti, evidenza da numerosi studi che l’assistenza specializzata multidisciplinare comporta un miglioramento della qualità di vita e determina un aumento della sopravvivenza (Miller RG et al.report of the Quality Standards Subcommittee of the American Academy of Neurology. Neurology. 2009 Oct 13 pg:1218-26; 2.; Andersen PM et al EFNS Task Force on Diagnosis and Management of Amyotrophic Lateral Sclerosis Eur J Neurol. 2012 Mar;19:360-75). LA GESTIONE GLOBALE DEI PROBLEMI CONNESSI ALLA SLA Area Cognitiva e del Comportamento Relazioni Reazioni Partecipazione Decisioni Area Motoria Respirazione Comunicazione Nutrizione Movimento PDTA per la SLA dell’ACO San Filippo Neri Progressione dell’assistenza in relazione alla progressione di malattia: approccio alla diagnosi fasi iniziali e stabili di malattia PDTA per la SLA dell’ACO San Filippo Neri Approccio alla progressione dei disturbi respiratori PDTA per la SLA dell’ACO San Filippo Neri Gestione della progressione dei disturbi nutrizionali PDTA per la SLA dell’ACO San Filippo Neri Gestione delle situazioni di emergenza SLA chi fa cosa a Roma SLA UNA SFIDA SU DUE FRONTI Nella ricerca perché presto si possa offrire una CURA che cambi la storia di malattia e l’aspettativa di vita Nell’assistenza perché si realizzi la possibilità di dare qualità della vita alla vita dei pazienti e dei loro familiari Policlinico Universitario Ospedale GRAZIE Attivazione Servizi Emergenza Associazioni di Malati Servizi Sociali Home Care Provider Sollievo e Cure Palliative Servizi Sanitari Territoriali