India - Storia, religione e arte

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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO
India
Testo di Lino Simone
Appunti da un viaggio in Rajastan
eggere l’arte e l’architettura del sub continente indiano con i consueti parametri occidentali che abbiamo derivato dall’antico mondo greco-romano,
dalla poderosa esperienza di tutta l’arte italiana e dalla forte influenza del cristianesimo su tutti gli accadimenti sociali, significa usare occhiali con lenti sbagliate dove ogni
immagine risulta deformata e di difficile interpretazione;
ad esempio è necessario “cambiare ottica” per comprendere il significato delle sculture erotiche nei templi di Kajorao o il Kama-sutra, il libro (sutra) dedicato a Kama divinità del desiderio e amore sessuale.
Alcuni punti basilari da tenere presenti sono:
La prima cosa fondamentale da comprendere di qualsiasi
forma artistica indiana sia essa pittura,danza,scultura,musica o architettura è il suo dispiegarsi in un ambito essenzialmente religioso; sono infatti una parte molto piccola
le loro espressioni nel periodo antico e classico fuori da
questa sfera.
E’ nel tempio, dimora degli dei, che si sviluppa al massimo
l’espressione artistica indiana dove tutte le arti si fondono con l’architettura creando complessi monumentali,delle vere e proprie “città-tempio”,di particolare fascino ricchissimi di particolari in cui si perdono i confini tra le varie arti e sono definiti come “architettura scolpita”.
In scultura prevale la lunga fascia di arenaria lavorata ad
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altorilievo,le opere scolpite a tutto tondo sono meno frequenti e in proporzioni ridotte rispetto la realtà, specialmente nelle fusioni metalliche; il basso rilievo è destinato al complesso ricamo decorativo che completa ogni
opera architettonica, dalla più semplice a quella monumentale.
L’arte indiana è di tipo dinastico cioè caratteristica di quella determinata epoca e di quella parte del sub continente
in quel determinato periodo da loro governato,più o meno dotate di risorse economiche destinate alla propria celebrazione attraverso l’arte monumentale religiosa e non
ha una successione di “stili” che orizzontalmente interessano tutta quella vasta area ben più grande dell’India attuale. Sono oltre 40 le grandi dinastie, spesso contemporanee, che hanno lasciato un complesso di opere artistiche di grande importanza, ciascuna con propri caratteri
identificativi; il periodo della dinastia Gupta, dall’Indo al
Gange dal IV al Vi sec. d.C. è considerato l’epoca d’oro
della storia e della cultura indiana.
Altro elemento caratteristico dell’arte indiana è il suo intimo e profondo legame con le forme della natura dove
spesso i corpi di uomini e donne si confondono con i contorni delle piante. Sovente le figure umane venivano paragonate a una foglia di betel, a un fiore di loto, alla radice
di un albero.
L’arte indiana non intende riprodurre particolari personali fattezze umane ma realizza
canoni di bellezza assoluta
ma astratta che via via
perfeziona e riproduce
al massimo grado in modo seriale; per noi le
sculture o gli affreschi
paiono tutti eguali, anonimi e senza tempo
mentre essi intendevano
esprimere il livello più alto
raggiunto della perfezione estetica.
Il canone classico di bellezza femminile, per il poeta, descrive ad
esempio una donna …”esile, acerba, dai
bei denti e dalle labbra rosse come un frutto maturo di bimba, sottile alla vita, con i
grandi occhi spauriti come quelli di una lepre spaventata e l’ombelico profondo,lenta nel passo per le sue anche floride,un po’
curvata dal suo seno grande con due
stupende mammelle, con il bruno
capezzolo al centro,così sviluppate
nel carezzarsi tra loro che nemmeno un sottile stelo di loto potrebbe scorrere tra di esse”.
E queste sono esattamente le figure femminili di
tutte le sculture e le pitture che troviamo ovunque. Noi
occidentali,molto più prosaicamente,abbiamo ridotto tutto ciò all’attuale sequenza numerica: 90-60-90!
Come arte religiosa è ovvio che essa ha subito, oltre alla
nascita di nuove forme autoctone al suo interno, anche
l’influsso di quelle portate dai vari popoli che nel corso
dei millenni arrivarono nella penisola indiana,in particolare dei musulmani, per cui occorre riferirsi al succedersi
degli eventi storici che fecero incontrare in modo quasi
sempre bellicoso popoli e culture diverse. Apparirà evidente che avvicinarsi all’arte indiana significa avvicinarsi all’articolato mondo delle sue religioni che in modi diversi
e con diverse forme e tipologie hanno espresso la loro
creatività in ambito spirituale.
La breve cronologia che segue è stata redatta e ridotta in
questo senso e termina volutamente con il dominio coloniale inglese..
CRONOLOGIA ESSENZIALE
Periodo a.C.
2800 India protostorica e civiltà della Valle dell’Indo (Cultura Vallinda).
1500 Insediamento degli Ariani dal Nord-Ovest, dal Punjab fino al Gange.I Rigveda,i più antichi libri sacri di questo
periodoVedico,contengono riferimenti a queste conquiste.
1000 Redazione dei Brahamani,testi rituali in prosa in aggiunta ai precedenti Veda testi sacri orali.
600 Regno del Magadha nel Nord-Est sul Gange.
VI°s. Lenta elaborazione su più secoli degli Upanishad secondo cui la vita dell’essere umano è il risultato di precedenti esistenze.
VI°s. Inizia la multisecolare elaborazione dei Purana testi mitologico-religiosi dell’Induismo.
563 Nascita di Siddhartha Gautama Shakyamuni che dopo il “Risveglio” sarà il Buddha.
358 Bimbisara, re del Magadha, primo sovrano buddista
della storia ucciso nel 486 dal figlio Ajatashatru.
518 Dario I, re della Persia, achemenide, inizia la conquista la valle dell’Indo.
483 Parinirvana (morte) del Buddha.
477 Morte di Mahavira, fondatore del Jainismo.
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413 Nel Magadha dopo Ajatasharu e lotte interne si insedia la dinastia Shishunaga.
IV°s. Inizia la composizione del Ramayana, poema epico
religioso completato nel II sec d.C.Attribuito al poeta Valmiki, narra in 24.000 strofe le gesta del dio Rama.
IV°s. Inizia la composizione del Mahabharata, altro poema epico sacro induista ultimato nel IV sec d.C. attribuito all’asceta Vyasa.Consta di 18 grandi tomi,è uno dei più
estesi della letteratura mondiale.
362 Nel Magadha breve dinastia dei Nanda la cui ricchezza divenne proverbiale.
326 Alessandro il Macedone, sconfitti i Persiani, occupa
la Valle dell’Indo.Muore nel 323 a Babilonia.
321 Chandragupta fonda l’estesa dinastia dei Maurya,
caccia i Macedoni. Con i Maurya si ha un primo tentativo
di unificazione del sub-continente indiano.
268 Regno di Ashoka poi chiamato “il pio” (Dharmashoka)
251 Campagne di Ashoka nell’Orissa.Gli orrori da lui ordinati nella guerra lo porteranno al pentimento e alla successiva conversione al buddismo che farà diffondere nello Sri Lanka e in Persia.
180 Dinastia Shunga; al suo apogeo dominerà la Valle del
Gange e parte del Nord dell’India.
128 Lunga dinastia Shatavahana nel Deccan centrale. (
Prime grotte d’Ajanta ).
80 Gli Sciti invadono il in Nord-Ovest dell ‘India e fondano un regno scita nel Gujarat.
50 Breve egemonia del regno di Kalinga (Orissa) nel
Nord-Est con il re jainista Kharavela .
Periodo d.C.
50 S.Tommaso evangelizza la regione del delta dell’Indo.
I°s. Lunga dinastia Kushana, popolo originario dell’Asia
centrale; scaccia gli sciti dalla Valle dell’Indo. Si converte al
buddismo e lo diffonde in Asia centrale e in Cina.Con Kanishka il loro impero si estende dal Punjab al Kashmir fino al bacino del Gange che scompare nel 226.
280 Lunga dinastia Vakataka nel Deccan Nord-Ovest che
succede alla Shatavahana.
280 Lunghissima (9 secoli ) dinastia Pallava nell’India del
Sud e nei territori Tamil. Fu molto potente specialmente
dal VI all’ VII secolo. Giocò un un ruolo importante nell’indianizzazione dell’Indonesia e del Sud-Est asiatico.
319 Chandragupta fonda la dinastia dei Gupta nel Magadha che darà la preminenza dell’India del Nord
nel secondo tentativo di unificazione della penisola indiana. Con lui si avrà un’epoca d’oro. La dinastia si estenderà fino al VI sec per poi indebolirsi.
335 Regno di Samusragupta che ricostituisce il vecchio
impero di Ashoka sottomettendo ben 35 regni.Il suo successore Chandragupta II termina la riunificazione della penisola ma è con il suo successore
414 Kumaragupta che la raffinata civiltà Gupta toccò il suo
apogeo in tutte le arti. Ora è la tradizione indù ad affermarsi come principale religione indiana e vivere un rigoglioso rinascimento.
V°s.Il tantrismo. Sorto dai tantra raccoglie dal bramanesimo e dal buddismo, si arricchisce di antichi elementi religiosi popolari protosciamanici ed assume una considerevole importanza.
450 Gli Unni Eftalidi invadono il Nord-Ovest dell’India distruggendo e saccheggiando il Nord del paese specialmente i monasteri buddisti.
540 Una coalizione di principi indiani sconfisse gli Unni
che si ritirano nel Punjab.
550 Dinastia dei Chalukya di Badami che si estinguerà
nelle guerre contro i Pallava.
VI°s. redazione del Kamasutra attribuito a Vatsyayana.
600 Regni di Mahendravarman I dei Pallava che ritira l’appoggio reale al jainismo divenendo shivaista.Durante Il suo
successore Narasimhavarman si realizzano i templi rupestri di Mahabalipuram.
606 Regno di Harsa re del Kanauj che tenta di ricostruire l’impero dei Gupta; riunifica il Nord dell’India dal Gujarat all’Orissa. Rinascita della cultura del Nord.
VII°s. Espansione della dottrina Bhakti che predica l’esasperata devozione di una divinità. Straordinaria diffusione
del culto di Krishna.
800 Dinastia dei Pratihara di origine Unna. Dominio dal
Sind (foce dell’Indo) fino a Benares.
712 Gli Arabi conquistano il Sind le fertili pianure sulla
foce dell’Indo.
757 Dinastia dei Rashtrakuta del Kanauj .Tempio di Kailasha a Ellora.
760 Dinastia dei Pala nel Bengala;favorisce il buddismo e
l’Università di Nalada.
IIX°s.Lo Shivaismo soppianta il Buddismo nel Kashmir.
830 Lunga dinastia dei Chandella,di origine rajaput.Templi di Khajraho con le celebri sculture erotiche.
870 Indipendenza del Nepal.
890 Lunga egemonia de popolo Chola sul Deccan meridionale.Templi a Tiruchirapalli,Tanjore, Gangaikondacholapuram.
X°s. Quattro clan rajaput degli Agnikula formeranno
quattro regni:Chauhan,Pawar,Pratihara e Chalukya o Solanki che regneranno nel Gurajat con diverse fortune.
X°s. Dinastia dei Kalachuri nel Deccan centrale.
973 Dinastia dei Chalukya di Kalyani.
997 Assalti di Mahumud dei Ghaznevidi dell’Afganistan
che si annette il Punjab. Dopo il saccheggio del santuario
di Somnath torna nel 1026 in Afganistan.
XI°s Quasi estinzione del buddismo in India.
1070 Dinastia Ganga sull’Orissa per 5 secoli. Templi di
Koranak Puri, Bhubaneshwar.
1076 Egemonia di 3 secoli dei Pandya sul Deccan meridionale con Madurai capitale.
1170 Dinastia bisecolare degli Hoysala che regna a Mysore.Templi di Halebid, Belur, Somnathpur.
1142 Dinastia dei Sena nel Bengala.
1175 Dinastia dei Kakatiya nel Deccan centrale.Sito principale Warangal.
1192 Mohammed da Ghor sultano turco-afgano sconfigge il principe rajput dei Chauhan, Prithivirja III nella battaglia di Tarain. Fonda il sultanato di Delhi.Tentativo di islamizzare l’India.
1206 Qutb-ud-din fondatore della dinastia degli Schiavi
turchi a Delhi. (Qutb Minar a Delhi)
1253 Fine del regno dei Karupa nell’Assam conquistato
dagli Ahoms originari dal Sud-Est asiatico
1288-1293 Viaggi di Marco Polo in India.
1296 Regno del sultano Ala-el-Din-Khalgi.
1335 Fondazione del regno musulmano dei Bahmani nel
Deccan.
1336 Fondazione del regno indù di Vijayanagar.
1398 Tamerlano (Timur Lang) conquista e saccheggia
Delhi.
1411 Ahmad Shah governa il Gujarat e fonda una dinastia che governerà fino al 1572.
1451 Dinastia dei Lodi a Delhi.
1469 Nanak, fondatore della religione Sikh.
1498 Vasco de Gama, superato il capo di Buona Speranza nel sud dell’Africa arriva nel porto di Calicut (Kozhikode) nel Kerala.
1526 Prima battaglia di Panibat che apre a Baber le porte dell’India. Inizia la dinastia Moghul.
India
1556 Regno di Akbar, terzo imperatore moghul. Costruzione del Forte Rosso.
XVII°s. Fondazione delle agenzie commerciali portoghesi, olandesi, inglesi e francesi e svedesi.
1605 Jahangir sale sul trono del Gran Moghul.
1627 Shah Jahan imperatore moghul. Epoca d’oro dell’architettura indo-musulmana. Il Taj Mahal a Agra.
1658 Aurangzeb,ultimo imperatore moghul.Pone fine alla dinastia musulmana degli Adil Shah di Bijapur
nel Deccan,di Golgonda e di altri regni.Dopo queste conquiste inizia il rapido declino della dinastia.
1674 Shivaji Bhonsle, principe mahratta fonda la sua dinastia.
1690 La Compagnia Inglese delle Indie Orientali fonda
Calcutta.
1739 Nadir Shah,re di Persia,s’impadronisce di Delhi,capitale moghul e la saccheggia.
1757 Battaglia di Plassey nel Bengala. Da questa vittoria
inzia il dominio inglese nella regione, fulcro del futuro Impero Moneta con il simblolo
della compagnia
delle Indie
delle indie
1767 Guerre di Mysore tra gli
Inglesi e gli stati musulmani sostenuti dai francesi. 30 anni di
guerre.
1803 Gli Inglesi conquistano
Delhi,sottomettono i Mahratta, i Rajaput e per ultimi i Sikhs
nel 1849
1858 La Corona britannica si sostituisce ufficialmente alla Compagnia delle Indie per governare l’India.
1876 La regina Vittoria è proclamata Imperatrice delle
Indie.
INDIA PROTOSTORICA ,
I DRAVIDI E LA CIVILTA’ VALLINDA
Le origini etniche dell’immensa penisola che ora è suddivisa tra Pakistan, India e Bangladesh sono in larga misura
avvolte nell’ombra e fu abitata da popolazioni di ceppo australoide di cui è rimasta traccia; successivamente un altro popolo appare in India,hanno carnagione scura,capelli
neri e lisci, altezza media e parlano un insieme di lingue
chiamate “dravidiche”.Una affascinante teoria ipotizza una
grande civiltà indo-mediterranea che si estendeva prima
del III millennio dal bacino del Mediterraneo alla valle del
Gange esprimendo una notevole uniformità etnica, religiosa e conoscitiva.
Maharaja Ranjit Singh
Re del Punjab (1780-1839)
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Di probabile origine dravidico-mediterranea è la più antica cultura urbana comparsa nel sub-continente indiano,
quella della Civiltà della Valle dell’Indo che nel livello più
alto edificò la città di Mohenjo Daro con edifici importanti
come la Grande Piscina e il Granaio.Da qui sarebbero partiti gruppi di coloni che successivamente avrebbero fondato Harappa. Le due città, edificate con un piano generale e con opere in muratura, distanti fra loro 500 Km,
forse erano le due capitali di questa civiltà basata sull’agricoltura, dotata di efficienti sistemi di irrigazione, sul
commercio e sostanzialmente pacifica;niente dà l’impressione di una società organizzata su basi militari efficienti e
le poche armi ritrovate sembrano più strumenti da caccia
che da guerra.
L’arte vallinda mostra a Mohenjo Daro segni che si ritrovano successivamente ancora nell’arte del periodo induista con divinità assise già in posizione yoga, serpenti in
forma umana, fallismo, ecc.; un lungo filo espressivo, mai
estinto, che percorre tutta la civiltà indiana.
La Civiltà vallinda, progredita ed organizzata scomparve
bruscamente verso il 1500 a.C. certamente per le grandi,
successive ed irruenti migrazioni degli Arii di ceppo Indoeuropeo, popolo nomade e bellicoso.
INSEDIAMENTO DEGLI ARIANI
DAL NORD-OVEST. (periodo VEDICO)
La marcia degli invasori fu da occidente verso oriente con
puntate a sud , basavano la loro superiorità su una struttura sociale di tipo guerriero e sul carro da guerra trainato da più cavalli; una cultura di allevatori nomadi di bestiame subentrò a quella stanziale altamente sviluppata
della Civiltà Vallinda a partire dal 1500 a.C.
L’organizzazione sociale e religiosa delle tribù ariane viene definita Vedica perché si basa interamente sulle verità
e le indicazioni di vita contenute nei Veda (dalla radice sanscrita vid, conoscere) che erano i testi sacri di quelle popolazioni. La tradizione dei Veda è in pratica l’unico patrimonio culturale di questo periodo poiché in quest’epoca
mancano del tutto tracce di architettura e di città; un’agricoltura di sussistenza con il villaggio come unico riferimento divenne la base economica e lo scambio forse sostituì il commercio.
Questo momento storico condizionò in modo profondo
lo sviluppo indiano che risentì profondamente della sintesi delle culture delle popolazioni autoctone e degli Ariani.I nomadi invasori presero dai popoli indiani preesistenti
la religione, la mitologia, l’organizzazione urbana e l’agricoltura,mentre portarono in cambio una lingua scritta importante e di grande flessibilità, il sanscrito, una tradizione poetica e letteraria di notevole valore artistico ma soprattutto una organizzazione sociale basata sul sistema castale. Il termine indù corretto è jati che significa nascita,
origine; altro nome che le definisce è varna cioè colore
che era associato alle caste, termine questo usato per la
prima volta dai coloni portoghesi.
In quel periodo la società è divisa in quattro caste principali: i Brahmani o dei sacerdoti, il loro colore distintivo
era il bianco,che assunse un’importanza fondamentale essendo questa il tramite tra il mondo conosciuto e quello
ignoto dell’esistenza e della scienza;i Ksahatrya o dei principi e guerrieri (rosso) , i Vaishya o degli agricoltori o artigiani (giallo); e i Sudra o dei servi (nero). All’interno di
esse a ciascun individuo corrisponde un insieme di diritti
e doveri: è una forma di organizzazione sociale gerarchizzata che doveva garantirne sopravvivenza e stabilità secondo parametri prefissati ma modificabili secondo le esigenze.
Il periodo che va dal 1000 al 550 a.C. vede il sorgere di
un certo numero di piccoli stati tra cui il più importante
fu quello di Magadha (Bihar), quello di Kashi (Varana20
si), Kshala (Uttar Pradesh) , Anga (Bengala) e Gandhara.
Nonostante questi stati fossero retti da differenti dinastie
vi fu una qualche unità dovuta al comune ceppo d’origine.
Di questo periodo esistono diverse testimonianze di
un’architettura di fortificazioni difensive dove compare l’uso della pietra al posto dei mattoni o delle semplici palizzate di legno.
La religione Vedica non subì mutamenti di rilievo;inizia nel
VI° secolo la composizione delle Upanishad, parte finale
di ciascun Veda, di natura dottrinaria e speculativa. Il Vedismo è una sorta di religione ariana della natura con forti
elementi magici dove il brahamano sovraccaricava i rituali in modo sclerotizzante.
E’ una religione politeista con una moltitudine di divinità
tratte dalla natura e di segno maschile tranne Aditi, la dea
Madre origine dellaVita.Al vertice del complesso pantheon
vedico c’è una Trimurti (trinità) composta da Indra, dio
della pioggia, e delle acque,Agni, dio del fuoco e Surya dio
del sole.
Nel periodo vedico gli indoeuropei non conoscevano templi ma usavano altari a forma quadrata su cui bruciare offerte;ogni villaggio aveva il suo albero sacro,un “pipal” quasi sempre recintato, all’ombra del quale si tenevano le riunioni importanti della comunità; il suo tronco simboleggiava l’asse universale attorno cui tutti i mondi,i rami,ruotano.Successivamente,mutate le condizioni,l’albero fu sostituito da una colonna rastremata piantata nel terreno
scelto per l’edificazione di un luogo di culto chiuso e delimitato; le ombre che questa colonna proiettava nel corso della giornata venivano usate per determinare i quattro punti cardinali su cui si sarebbe orientata la costruzione.
Prima del VII sec. le costruzioni religiose erano realizzate
con materiali deperibili, legno e argilla per cui nulla di esse è rimasto; successivamente si usò la pietra per i templi
i cui offerenti erano di casta brahmana o kshatriya (guerrieri) mentre i mercanti poterono usare i
mattoni. Quando poi l’uso della pietra si
diffuse a tutte le costruzioni,per una maggior ricStatua induista
chezza comdi Shiva
plessivamente raggiunta e per
motivi tecnici,
il compito di
evidenziare le differenze di casta
fu affidato al
colore: pietra
bianca per i
brahmani;
rossa per
gli kshatriya e
gialla per i vaisya
(agricoltori e artigiani).
I complessi architettonici più
antichi si trovano nell’India del
Nord e consistono in una cella cubica con mura
molto alte simile ad una torre;verso ilVII
sec. si aggiunse al-
la cella originaria un locale per le riunioni dei fedeli la cui
porta d’ingresso è orientata verso est con due finestre per
l’illuminazione nei lati liberi: da questo prototipo base,
pianta quadrata orientata sui punti cardinali, si svilupparono poi differenti stili tra Nord e Sud.
Il processo speculativo che si sviluppa all’interno del Vedismo prevede la meditazione, lo Yoga, l’ideale della rinuncia per conoscere e padroneggiare le forze brute che
operano nel singolo individuo e nell’intero universo e
prende forma il concetto che vede la vita dell’essere umano come il risultato di precedenti esistenze. (karma).
Sorge anche una nuova concezione del divino che dall’espressione delle forme e forze della natura col passare dei
secoli si astrae come principio di energia vitale e la sua
rappresentazione si umanizza assumendone forme, caratteristiche e particolari supreme capacità; cambiano quindi anche le divinità del pantheon, escono di scena gli dei
vedici ed un’altra trimurti,rappresentata da un corpo con
tre teste,è posta al vertice di un nuovo universo degli dei:
Brahama, il Creatore,Vishnu, il Preservatore e Shiva, incarnazione del principio del cambiamento e della distruzione. Ogni divinità ora possiede una propria cavalcatura,
varie forme ed incarnazioni,in capo inizialmente ha un turbante con diadema e successivamente una preziosa corona ;importante novità è la comparsa al fianco degli dei maschili della controparte femminile segno tangibile dell’incontro e amalgama con le popolazioni indigene che esprimevano una religiosità matriarcale: dal Vedismo è nato e
si passa all’Induismo.
L’INDUISMO
L’affascinante insieme di religione, filosofia, arte e cultura
che si è soliti chiamare Induismo altro non è che il risultato della sintesi tra la cultura degli invasori indoeuropei
e quella dei popoli conquistati che ha nei Purana, scritti
religiosi e mitologici la cui redazione durò fino all’inizio
dell’era cristiana,un nuovo riferimento in sostituzione dei
Veda. Nel periodo puranico, l’Induismo raggiunge quella
dimensione che conserverà praticamente inalterata fino
ad oggi. Questa religione è ormai diventata quel grande e
variopinto oceano in cui,fatti salvi alcuni tratti comuni,come la teoria della trasmigrazione delle anime,l’ideale della liberazione interiore, la pratica della non violenza e
della tolleranza, convivono diversi modi di realizzazione e differenti vie per giungere all’unione con
l’Assoluto.
L’Induismo moderno è il risultato di un processo millenario di continue riflessioni improntate sul sincretismo con le
realtà che ha incontrato; con il
diffondersi della dottrina Bhakti
nel VII sec. d.C. sul dedicarsi al culto di una particolare divinità, cioè
una sorta di parziale monoteismo
al suo interno, si sono formate
varie correnti e culti in India
e Nepal , basate su un pantheon infinito, che accenniamo per sommi capi almeno
per le tre principali tradizioni.
Il Vishnuismo è il culto più diffuso in India; questa corrente religiosa adora Vishnu, il preservatore;facilmente riconoscibile nell’iconografia classica perché
il suo corpo è colorato di
blu o di carnagione scura con
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quattro braccia nelle cui mani tiene i suoi simboli: la conchiglia che indica la vittoria sulle forze del male, il cerchio
di luce che rappresenta l’universo, la mazza simbolo del
potere e il fiore di loto espressione della dimensione divina. Dio dall’indole pacifica Vishnu presiede tutti i culti
della devozione mistica, è associato al serpente Sesa, simbolo del tempo cosmico, dal suo ombelico nasce un fiore
di loto su cui è assiso Brahama; le sue incarnazioni sono
innumerevoli,la sua compagna è Laksmi.I suoi seguaci portano come segno distintivo sulla fronte una linea perpendicolare rossa e due linee bianche oblique tracciate con
polveri colorate. Fanno parte di questo culto i devoti al
dio Krishna, simbolo dell’attuale ciclo cosmico, incarnazione di Vishnu, che si possono incontrare nelle strade
mentre danzano e cantano lodi alla divinità. Preghiere e
pratiche devozionali sono le caratteristiche di questo culto, meno frequenti le tecniche meditative e lo Hata-yoga.
Lo Shivaismo venera Shiva, il mutamento e la distruzione per la ricostruzione ovvero morte e resurrezione come espressione della legge della natura. Ha qualità svariatissime, spesso contraddittorie e antitetiche, espresse
da un migliaio di nomi o aggettivi. La sua sposa è Parvati
, dalla loro unione nasce Ganesh, il dio dalla testa di elefante, associato agli antichi riti della fertilità. Ganesh è il
dio della semplicità, caro agli intellettuali, poeti e scrittori; è anche il comandante dell’esercito di Shiva che esorta sempre alla calma e alla prudenza.Viene spesso rappresentato seduto su un trono ornato di svastiche con ai
piedi il topolino Akhu, il corpo ricoperto di ghirlande di
fiori e lo sguardo intelligente e bonario. Una sua immagine viene sempre regalata a quanti iniziano nuove attività,
imprese o agli sposi.
I devoti di Shiva si dipingono la fronte con tre righe orizzontali di cenere e tra queste un punto rosso o giallo simbolo del terzo occhio, la conoscenza interiore, il tridente
è un loro attributo. Molto nota è la sua rappresentazione
come Shiva danzante che poggia un piede su un nano deforme, simbolo dell’essenza umana, tutta contornata da
una corona fiammeggiante, rappresentazione della danza
cosmica.Pongono molto risalto alla meditazione e allo hatha-yoga;i kanphata grandi esperti in queste pratiche si forano la cartilagine del padiglione esterno dell’orecchio per
introdurvi grossi orecchini d’avorio. Nell’ambito dell’esteso e complesso culto di Shiva vi sono alcune sette note per aver portato all’eccesso i rituali dell’erotica mistica e rituali cruenti. Una corrente importante e molto diffusa nell’India meridionale sono i Lingayati, che venerano
Shiva nella forma del Lingam, la rappresentazione simbolica dell’organo genitale maschile,i suoi aderenti sono stati i primi ad opporsi all’istituzione castale che nel tempo
si era molto ampliata e diversificata anche per mestieri
comprendendo inoltre gli avarna (senza colore) o paria,
gli intoccabili, in quanto dediti ai lavori impuri quali la macellazione degli animali, la concia delle pelli, la cura dei cadaveri,ecc.o quanti scacciati dalla casta originaria;essi erano tenuti a rispettare precise norme di “evitazione” e non
potevano ad esempio toccare i brahamani o attingere acqua ai pozzi comuni per evitare di contaminarli.
Lo Shaktismo comprende un insieme di culti matriarcali
propri della maggior parte delle popolazioni autoctone del
continente indiano che nel tempo sono confluiti nell’Induismo e venera la Grande Dea Madre simbolo dell’energia divina espressa come principio femminile fonte di
vita,amore,gentilezza e compassione;è anche però la terribile guerriera che sconfigge i nemici della Legge Spirituale. Durga, Sakti, Kalì identificano principi divini femminili legati alla capacità di dominio della vita e della morte
ed hanno molteplici rappresentazioni sempre a carattere
terrifico. Kali, la nera, è anche una compagna di Shiva; divinità di origine dravidica viene quasi sempre rappresen-
tata mentre compie una danza scatenata sul corpo di Shiva che giace addormentato sotto di lei. La sua testa ha
un’espressione terrifica con la lingua rosso sangue che
esce dalla bocca spalancata e nelle quattro braccia tiene
di tutto tra cui le teste dei demoni che ha ucciso, la spada dei sacrifici e il tridente.
Il culto di Brahama, il creatore, l’Assoluto, il Dio impersonale è praticamente scomparso;l’unico tempio a lui consacrato è quello di Puskar, nel Rajastan. Divinità facilmente riconoscibile perché rappresentata con quattro teste
ornate da corone, i quattro punti cardinali ; nelle mani ha
i simboli dell’ortodossia brahamanica: i Veda, il rosario, il
cucchiaio e la brocca per le abluzioni sacre.Quasi sempre
è raffigurato mentre cavalca il cigno Hamsa oppure seduto o in piedi su di un fiore di loto, il simbolo del mondo.
Brahama , spesso con barba e baffi come prototipo dell’uomo ariano, è una divinità di tipo intellettuale , incarna
il principio della spiritualità calma e virile ed è il tipo ideale del sacerdote vedico.
Nella immagini delle divinità induiste, la scultura indiana
dimostra una straordinaria ricchezza e fantasia creativa:
grandi superfici interamente illustrate, danze sfrenate, figure fantastiche di animali o divinità in questa forma rappresentate, coppie di amanti.Tutti i volti e le espressioni
sono sorridenti e i corpi, soprattutto nelle figure femminili, hanno movenze morbide e sensuali appena velati da
un panneggio leggero trattenuto ai fianchi da una pesante
cintura e la figura si arcua nella triplice flessione che, più
o meno accentuata, rimane un canone costante di tutta la
scultura indiana.
La forma definitiva e completa del tempio induista è costituita, nel tipo più semplice e base di partenza dei complessi monumentali, da un atrio aperto sostenuto da pilastri che immette in una sala rettangolare coperta da un
soffitto piatto retto da quattro colonne o più secondo le
sue dimensioni. Da questa sala si accede al sacrario
vero e proprio che contiene il simbolo del santuario. Questo sacrario è di piccole dimensioni
ma con muri possenti perché devono sostenere tutta una complessa struttura piramidale (sikhara) talvolta altissima a spigoli arrotondati e culminanti spesso in un cuscino arrotondato, come necessità costruttiva oltre che decorativa, ricchissima di
sculture e pannelli di alto/bassorilievi. Il
complesso intero poggia su un alto basamento a cui si accede tramite quattro
scalinate.Il tempio diviene poi
un complesso architettonico sempre più articolato, le sue dimensioni
si accrescono e sorgono più edifici sussidiari posti intorno ad esso diventando una cittadella religiosa circondata da più cinta
di mura,nelle quali si
aprono grandiosi
portali d’ingresso, i
monumentali gopura, costituiti da torri
a più piani.
India
LO HATHA-YOGA
Pur non essendo una forma religiosa vera e propria essa
va menzionata in quanto rappresenta una reazione o un’alternativa a quelle forme di ascesi esasperata proprie di alcune correnti speculative indù che si rifanno ad una certa interpretazione delle Upanishad. L’hatha-yoga cambia
radicalmente l’atteggiamento dell’asceta, del sadhak, nei
confronti del proprio corpo.Scompare la concezione upanisciadica del corpo come causa di ogni dolore; si passa
ad una sorta di esaltazione dell’organismo affermando la
necessità di un corpo sano come prima e indispensabile
condizione per ottenere il samadhi, ossia la realizzazione
definitiva della propria natura spirituale, la liberazione interiore attraverso la meditazione profonda. Il centro della tematica hatha-yoga è la volontà di dominare il corpo e
l’energia che esso racchiude trasformandolo in un organismo divino. Il suo obiettivo è la perfezione, uno stato
che nulla ha da spartire con l’ideale ginnico-atletico di tante scuole yoga occidentali.
IL BUDDISMO
Nell’India del VI sec.a.C. il sistema di pensiero delle Upanishad rette dal principio dell’identificazione di brahaman,
l’Assoluto o il dio impersonale con l’atman,l’Io eterno entra in crisi svalutando sia la preminenza dei riti sacrificali,
che la figura del brahamano come detentore assoluto di
questa liturgia. Nasce un caleidoscopio di asceti, filosofi e
maestri spirituali che attraverso lo Yoga e la meditazione,
in opposizione ai misteriosi rituali brahamanici, tentavano
di cogliere , molto spesso in forte contrasto fra loro, la liberazione interiore e comprendere la realtà ultima dell’essenza umana. All’interno di questa folta schiera che
comprendeva anche personaggi leggendari o di dubbia moralità o il cui pensiero non ha avuto seguito si inseriscono due importanti figure, storicamente documentate con
certezza, vissute contemporaneamente lungo le
valli del Gange ma che in vita non si incontrarono mai: Gautama Siddaharta, poi detto l’Illuminato o il Buddha e Vardhamana detto
Mahavira o Jina fondatore del movimento religioso del Jainismo.
Verso il 560 a.C. dal re Suddhodana e
dalla regina Maya-Devi dalla famosa dinastia dei Sakya nasce un figlio, Gautama.Sul fatto storico col tempo si sono inseriti molti elementi simbolici e
allegorici tra cui ricordiamo, perché
soggetti iconografici molto ricorrenti: il concepimento del futuro
Buddha fu annunciato alla madre
da un sogno in cui
la donna vide
scendere dal cielo e penetrare
nel suo grembo
un
elefante
bianco dalle
lunghe zanne
dorate e la nascita del principe che avvenne
Il Buddha
21
(03-89) Articoli+Tac
India
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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO
nel giardino della reggia ai piedi
di un albero dove la regina partorì il bambino appoggiato ad un
ramo.Appena il piccolo vide la luce giunse una divinità che lo avvolse in un prezioso mantello di
fili d’oro.Allevato secondo il suo
rango e i suoi futuri impegni a
corte, lontano dal mondo
esterno, all’età di 29 anni abbandonò quel mondo e si mise in cammino alla ricerca di
un percorso spirituale per
raggiungere la completa realizzazione come essere umano. Entrò in contatto con diversi maestri e asceti passando
dalla speculazione filosofica e la
trance estatica senza però riuscire
ad appagare le sue esigenze; provò
infine la rinuncia estrema fino alla
macerazione al limite del suicidio senza giungere alla soluzione cercata: l’ascesi
estrema non dava più risultati che l’esistenza regale.Si mise quindi a meditare sotto un albero di ficus deciso a non
alzarsi più fino a quando non avrebbe trovato la risposta
tanto cercata: l’Illuminazione. Quando questa giunse dopo sette anni divenne il Buddha,il Risvegliato,ed iniziò con
alcuni suoi discepoli una lunga predicazione basato sul famoso “Discorso sulle Quattro Nobili Verità inizialmente
tramandato solo oralmente nei vari dialetti. In questo insegnamento il Buddha, appellativo conferito poi a tutti i
grandi asceti e agli bodhisattva che seguirono il suo insegnamento, afferma l’importanza della via di mezzo, di un
sentiero che si muova equilibrato armoniosamente tra i
due estremi del materialismo volgare e dell’ascetismo esasperato e rivela le quattro situazioni cardinali relative alla
sofferenziale esistenza umana: la verità del dolore, la verità dell’origine del dolore, la verità della fine del dolore e
la verità del sentiero che conduce alla fine del dolore.Molto sinteticamente il Buddhadharma,termine esatto in luogo di Buddismo, è una religione originariamente atea, non
imperniata cioè sul culto di un dio ma su una dottrina morale che,mediante la pratica meditativa,propone la scomparsa del dolore, intrinseco della condizione della vita
umana, nel Nirvana ovvero l’estinzione di ogni desiderio
e passione e quindi di ogni legame con la realtà corporea.
Si pone così fine al ciclo interrotto di nascite, morti e rinascite (samsara) dovuto al continuo evolversi del karma,
il risultato delle nostre azioni, o meglio delle azioni dovute alla mutevole aggregazione ed interazione dei cinque
skanda ossia i fattori costitutivi della personalità.
Il Buddha inizialmente veniva rappresentato solo con simboli astratti come la “ Ruota della Legge” ; solo con l’avvento della dinastia dei Kusana nel I sec.d.C.con l’arte del
Gandhara compare la sua iconografia che lo ritrae in varie posizioni statiche e meditative (asana); quella seduta è
la più ricorrente con 6 diversi modi ,altrettanti significati,
di postura delle gambe e 12 gesti simbolici delle mani (mudra). Nella posizione della sua morte (Parinirvana) è
sdraiato sul fianco destro, la testa appoggiata sul palmo
della mano e i piedi l’uno sull’altro.
Dopo la morte del Buddha nel 483 la comunità buddista
si divise in un gran numero di scuole e tradizioni legate
anche alle specificità delle aree geografiche in cui si sviluppò ma fondamentalmente possiamo identificare tre filoni principali: hinayana, mahayana e vajarayana ( yana ovvero veicolo).
Il Buddismo hinayana, diffuso a sud dell’India è una forma
“egocentrica” della dottrina originaria in quanto pone
22
molta enfasi sulla liberazione individuale e il suo
ideale è l’arhat, il saggio
che si ritira in meditazione per raggiungere il nirvana. Hinayana significa
piccolo veicolo o via
stretta nel senso che una
precisa disciplina meditativa,stabilita dal Buddha stesso e rigorosamente applicata nella
vita monastica, limita
e il lavorio e la confusione mentale e doma
e costringe il nostro
vulnerabile essere avendo cura di non danneggiare noi stessi e gli altri.
Il Buddismo mahayana, o grande
veicolo, diffusosi a nord dell’India
dal Tibet al Giappone, in antitesi all’hinayana, va oltre l’ideale della sola liberazione individuale , il suo scopo è la liberazione di tutti gli esseri senzienti per cui ogni persona
e ogni cosa sono comprese nella sua vasta visione. Il mahayana è più orientato in senso sociale e la figura ideale,
al contrario dell’asceta, è il bodhisattva, colui che rinuncia
alla propria liberazione per guidare tutti gli esseri verso lo
stato del Buddha dove compassione, solidarietà e abnegazione sono le sue qualità principali.
Il Buddismo vajarayana, o veicolo di diamante o indistruttibile, partito dalla zona centro-settentrionale dell’India e del Bengala concerne la scoperta dello stato illuminato della nostra mente ; si ispira ai Tantra, testi sacri
buddisti, alla tecniche yoga e si intende come continuazione dei due yana precedenti. In contrasto con le articolate speculazioni filosofiche delle altre due correnti buddiste nasce questa tradizione mahasiddha che pone l’accento sull’importanza della realizzazione interiore ottenuta attraverso l’esperienza diretta e la meditazione. In
quest’ambito il termine mahasiddha, o grande siddha, indica colui che ha ottenuto la liberazione nell’arco di una
sola esistenza in netto contrasto con la posizione accademica che riteneva necessarie innumerevoli vite prima di
raggiungere l’illuminazione; la tradizione parla di 84 mahasidha, Leoni di Buddha, che hanno ottenuto ciò. Il siddha non trascorre troppo tempo nello studio ma si cala
nella vita pratica e reale esaltando il senso dell’ottimismo,
della cordialità e della concretezza tipico dell’insegnamento buddista dando molta importanza al ruolo del maestro personale “guru” che trasmette da “bocca a orecchio”
i suoi insegnamenti. Spesso i guru sono personaggi dai
comportamenti eccentrici e anticonformisti in contrasto
con le tradizionali norme etiche buddiste.
Il Buddismo si diffuse notevolmente nel sub-continente
indiano e per un periodo di circa mille anni fu la principale religione indiana ma a partire dal VI sec. d.C. cominciò
un rapido declino che si accentuò con l’arrivo delle invasioni islamiche per cui dall’XI sec. di fatto scomparirà dal
paese mentre continuò la sua diffusione a nord e a sud fino in Giappone, Corea,Vietnam, Cina, Mongolia e Tibet.
Il buddismo giunse in Tibet nel VII sec. , noto anche come
lamaismo, tramite un rinomato guru vajarayana il cui nome però non compare nella lista degli 84 mahasidda,su richiesta del re locale Trisong Detsen che voleva diffondere quella religione in alternativa alla religione bon o bonpo,animistico-sciamanica,finora professata il cui clero era
molto importante. Fondato il primo monastero, tradotti i
Tantra e i Sutra nella lingua locale, il buddismo si diffuse a
partire dalla nobiltà ma ovviamente a causa di ciò nacquero ben presto forti contrasti in seno alla classe dominante che regolò i propri contrasti di potere attraverso
lo scontro religioso. Dopo questa “Prima Diffusione della
Dottrina” segue una rivolta dinastica, la persecuzione dei
monaci e la distruzione dei monasteri,ma la tradizione sopravvisse grazie a 3 monaci superstiti.Il Tibet cadde poi in
periodo di grande instabilità politica e si ruppero i contatti con l’India.
Quando poi questi migliorarono ci fu una “Seconda Diffusione della Dottrina” tra il IX e l’ XI sec.; il sistema dei
monasteri posti a capo e protezione di vallate o regioni,
organizzazione particolarmente consona alle caratteristiche geografiche del paese, assunse un importante ruolo
politico-religioso e di fatto i Lama si sostituirono ai re ed
alla nobiltà nel governo del “Paese delle Nevi”. Questa situazione fu ufficialmente regolamenta per la prima volta
dal capo mongolo Kublai Khan convertito al buddismo
dando così inizio a una consuetudine che nel bene e nel
male ha segnato e legato la storia del lamaismo , un buddismo tibetano fortemente segnato dalla tradizione bon,
alle sorti del paese stesso quando questo è diventato teatro degli scontri di forze interne, anche fra i vari monasteri, che oggetto delle mire espansionistiche dei paesi vicini.L'occupazione militare cinese degli anni Cinquanta ha
posto fine a questa tradizione e forma di governo teocratica.
Il più tipico edificio di culto buddista è lo stupa, erede degli antichi tumuli funerari, prima costruito in legno, poi in
mattoni e successivamente rivestito di una guaina di pietra , marmi e stucchi. La sua struttura attuale risale al II
sec. a.C. è’ costituito di una cupola emisferica che poggia
su un basamento circolare e sormontata da un numero
variabile di parasole di pietra;la cupola è circondata da un
deambulatorio contornato da balaustre che crea lo spazio per la pradakshina,atto di devozione che consiste nell’aggirare l’oggetto sacro tenendolo alla propria destra.Un
altro percorso per compiere la deambulazione si trova alla base dello stupa ma il cuore di tutto il complesso è costituito dal reliquiario quadrato, sovente interrato nelle
fondamenta o nell’interno della cupola come centro di un
ideale mandala,protetto dal corpo della struttura circolare. Nella recinzione attorno allo stupa, fruibile solo dall’esterno, si aprono, in corrispondenza dei punti cardinali,
quattro portali,torana,collocati là dove terminano i bracci della croce del tracciato del mandala, una rappresentazione simbolica del cosmo formata da uno o più cerchi
concentrici che racchiude un quadrato suddiviso in quattro triangoli, usata in contesti rituali come supporto per
la meditazione.Le dimensioni dello stupa mutano coi tempi e si assiste ad un progressivo suo allungamento in senso verticale che negli esempi più tardi assume la forma di
una torre.
Con il termine chaitya si indica un tipo i santuario buddista a sala scavato nella roccia. La pianta consta di una lunga sala rettangolare che termina in un’abside semicircolare al centro della quale è collocato un reliquiario a forma
di piccolo stupa. Ai lati dell’entrata e parallelamente alle
pareti si sviluppa una fila di pilastri la cui struttura originariamente molto semplice col tempo diventa più complessa fino ad essere una serie di colonne con capitelli collegati alle pareti da figure animali.Una particolarità di queste grotte-santuario è che i pilastri sono talvolta inclinati
versi l’interno.Veri e propri monasteri buddisti sono i vihara, anch’essi scavati nella roccia, si tratta di ampie sale
rettangolari, a soffitto piatto e sostenuto da file di pilastri;
lungo le pareti si aprono numerose celle per i monaci. La
pianta del vihara,lineare e semplicissima,si mantiene sempre uguale, variano però le dimensioni, dato che l’edificio
poteva constare anche di più piani.
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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO
IL JAINISM0
Attualmente i seguaci di questa religione sono attorno al
milione e la maggior parte di questi proviene dalle classi
colte e facoltose. Presenta alcune analogie col buddismo
poiché entrambe sorsero nella stessa epoca e nella stessa area come reazione al soffocante ritualismo brahmanico anche se le radici di questo movimento sono molto antiche. Il vero organizzatore del jainismo fu Vardhamana,
detto Mahavira o Jina, nato nel 599 a.C. da nobile famiglia
di casta ksatriya. Dopo la morte dei suoi genitori, abbandonò l’agiata vita mondana, donò tutti i suoi beni, iniziò
una vita errante secondo il costume degli asceti e dopo
un anno decise di rinunciare a qualsiasi vestito come segno della rinuncia più totale ai piaceri e ai beni materiali.
Anche questa è una religione atea e si basa su cinque principi o voti che sono attuati secondo due livelli molto differenti se monaci o laici: non uccidere alcun essere vivente, non rubare, non mentire, praticare la castità, il rifiuto
di ogni possesso.Ai monaci è consentito avere solo la veste, la ciotola per le elemosine, la scopa ma non possono
avere riserve di cibo;affermano inoltre che con durissime
pratiche ascetiche si possa ottenere la liberazione dell’anima dalla materia e sostengono però che nessuna donna
possa conseguire il nirvana. Secondo il Janismo la realtà è
una sorta di permanenza nel mutamento che contiene una
triplice natura: apparire, scomparire, permanere. Inizialmente si diffuse nell’India centro meridionale ma non è
mai uscito da quei confini. Nel 79 a.C. la comunità si divise in due correnti: i digambara “ nudi o vestiti di cielo”
estremamente rigorosi rispetto gli originali principi di Jina e svetambara o “vestiti di bianco” che hanno rinunciato alle pratiche più estreme.Allo scopo di non uccidere
nemmeno dei moscerini respirando alcuni monaci portano una garza sulla bocca o con un grosso piumino spazzano la terra dove camminano per non calpestarne altri.
Le rappresentazioni di Jina e dei suoi seguaci più noti è
molto simile a quella del buddismo.
A differenza delle gioiose raffigurazioni delle divinità induiste, quelle degli dei jainisti mantengono sempre un’espressione molto severa, accentuata dalla posizione sempre rigida e frontale,dallo sguardo fisso ( nelle orbite spesso sono inseriti dei cristalli), dal panneggio sobrio e dall’assenza di ogni ornamento.
Nei templi jainisti, il santuario vero e proprio derivato dal
modello classico induista,molto spesso costruito in marmo
bianco, è posto al centro di un’ampia corte quadrangolare
circolare circondata da 24 cappelle per il culto delle 24 divinità jainiste (tirthamkara, costruttori del guado). I templi
del monte Abu sono la loro più alta espressione artistica.
IL TANTRISMO
Il tantrismo come corrente spirituale entra nel sistema
delle religioni indiane nei primi secoli dell’era cristiana. I
tantra, i numerosissimi “libri-telai” anonimi scritti in un
sanscrito fitto di termini tecnici abbastanza criptici, contengono un vasto repertorio di prescrizioni mistico-magiche, di cerimonie di tipi i più diversi, di formule incantatorie,tipiche delle antiche popolazioni che vivevano il continente indiano prima dell’arrivo degli indoeuropei e fanno riemergere forme di culto popolare, pratiche iniziatiche e rituali di origine proto-sciamanico che affondano le
loro radici nell’epoca dell’India pre-ariana. Di fronte alla
via ascetica Hata-yoga e alla spiritualità induista,la via tantrica rivendica un totale coinvolgimento nell’esistenza; il
tantrismo diviene una sorta di mondo religioso pan-indiano con un forte ritorno alla “religione della Madre” con
una preminenza delle divinità di segno femminile influenzando tutte le forme religiose presenti nel sub continente indiano per cui si può parlare di varie forme di tantrismo sia induista che buddista.
L’ISLAMISMO
L’islamismo (islam significa dedizione), religione rivelata e
monoteista, considera l’uomo quale egli è nella sua essenziale natura e Dio quale che è nella sua assoluta realtà unica e non trina. L’islam, a differenza delle altre religioni indiane,è una via spirituale che non si fonda sulla persona di colui che storicamente la diffuse e la predicò come profeta, ma su Dio stesso. Il dio islamico,Allah non è
mai disceso sulla terra, contrariamente alle incarnazioni,
avatara, di Vishnu e di Shiva, ed è grave peccato raffigurarlo in qualsiasi modo in quanto egli non ha natura mentre
l’uomo possiede in parte alcune caratteristiche della natura divina che sono alla base del rapporto tra le due entità.L’islam è essenzialmente un sistema di conoscenza diretta, un rapporto che lega sapere ed essere nell’intuizione definitiva della realtà e la via di Allah conduce verso
quella conoscenza superiore che integra il nostro essere
formando così un forte legame tra Dio e l’uomo. Il Corano, il libro sacro dell’islamismo dettato direttamente da
Dio a Maometto,contiene tutte le regole di vita e di comportamento che ogni musulmano è tenuto a seguire come primo dovere, mentre un secondo è quello di recarsi
in pellegrinaggio,almeno una volta nella vita ,nel luogo più
santo di tutto l’islam alla Mecca dove si trova la Pietra Nera, (Ka’ba) che, caduta dal cielo, simboleggia il patto primordiale stipulato tra Dio e l’uomo.
In India l’islam è arrivato con ondate successive a partire dall’ VIII sec. per finire con i tentativi alquanto infruttuosi degli ultimi imperatori Moghul nel XV sec. di convertire a questa religione le parti meridionali del sub continente. L’impatto fu violento con gravi intolleranze e violenze nei confronti del mondo etnico, culturale e religioso indiano e a un buddismo, già di per sé in crisi, l’avvento dell’islam assestò il colpo di grazia che ne determinò la
quasi totale scomparsa come religione indiana. Ma fu l’induismo, con il suo variopinto politeismo e la forte carica
di sensualità mistica di molte sue raffigurazioni religiose a
fare maggiormente le spese del rigore islamico fanatico.
Saccheggi, devastazioni, distruzione di monasteri, templi e
immagini di ogni genere sia buddisti che induisti aprirono
ferite ancor oggi mai chiuse oltre alla grande perdita di un
vasto patrimonio artistico.
Se sul piano religioso l’India non è riuscita ad assorbire e integrare il pensiero islamico, salvo il sikkismo, come è successo per altre forme religiose, da un punto di
vista artistico invece diverse
scuole si sono fuse formando
un particolare stile indomusulmano molto apprezzato e diffuso anche nelle
zone induiste.
Dopo un primo periodo
di distruzioni inizia una
successiva fase di compenetrazione artistica
per giungere alla realizzazione di un nuovo stile.Il
mondo musulmano
porta la sua poderosa
esperienza di architettura religiosa, civile e
militare e durante la dinastia dei Mamelucchi si ha la
prima fusione degli elementi islamici (lunghe fasce di
scrittura,
motivi
India
geometrici) con quelli indiani (motivi floreali).Addirittura il Qutb-Minar e la moschea Quwwat-ul-Islam furono
edificati utilizzando parti di templi induisti volutamente
distrutti;ma fu con l’avvento della dinastia dei Moghul che
l’architettura e tutta l’arte indo-islamica compì un grande passo in avanti.
Le moschee costruite in India riprendono nella pianta lo
schema classico dell’architettura islamica con un’ampio
cortile aperto (sahn) delimitato da una galleria ad arcate
da cui si accede nella sala del culto vera e propria comprendente una navata centrale, limitata da un colonnato e
sormontata da una cupola. Nel primo periodo mamelucco in architettura l’arco è quello classico arabo acuto mentre nel secondo periodo dinastico l’arco si impreziosisce
e diventa multilobato.Di proprio i Moghul,provenienti dai
regni medio-orientali di Samarcanda e Kabul portarono il
gusto per i grandi giardini fioriti,rallegrati da piscine e fontane zampillanti, per gli edifici a base ottagonale e con loro predomina il grande mausoleo in marmo con ampie
nicchie; il marmo bianco, quello delle cave di Carrara fu
utilizzato per alcuni prestigiosi decori del Taj Mahal, fu
combinato con l’arenaria rossa per ottenere gradevoli
contrasti cromatici.Nella seconda metà del XVII sec. l’architettura moghul raggiunge il suo apogeo; i palazzi sono
costruiti a un solo piano,ma forniti di una serie di sale adibite a scopi diversi intervallati da giardini, fontane e luoghi di preghiera. L’insieme è fiabesco per la grande profusione di ogni tipo di decori. Ma è nelle miniature indo-islamiche che emerge chiaramente la fusione fra le due culture. Dal suo forzato esilio in Persia, Humayun portò al
suo ritorno come regnante moghul in India il piacere per
l’arte e i miniaturisti locali e qui le nuove opere si affrancano dai vincoli dell’ortodossia musulmana che impedisce
la rappresentazione di figure umane o animali.La fonte della pittura moghul è l’arte persiana a sua volta fortemente
influenzata da quella mongola; in definitiva vi fu una sintesi dell’arte del Turkestan cinese e di quella della Persia che
si mescolò con i migliori elementi della tradizione indiana
producendo propri caratteri distintivi non solo come raffinata arte di corte ma influenzando tutti i settori artistici. Nelle miniature si passa quindi da un livello di rappresentazione astratta dei personaggi, da semplici elementi
floreali e da una gamma di colori ristretta stesi in modo uniforme ad uno superiore, particolarmente nel Rajsthan,
in cui c’è una grande attenzione al ritratto, la fisionomia e i
dettagli anatomici, i paesaggi
sono ricchi, ben definita la
prospettiva, i colori a disposizione aumentano,
stesi con molte sfumature e arricchiti con sovrapposizioni di
decorazioni in
oro.
Nel
secolo
XVIII, nonostante la grandiosa ricostruzione di Jaipur, inizia il declino
dell’arte indoislamica
che si accentuerà ulteriormente fino alla distruzione dell’impero moghul e alla conquista dell’India da parte degli
Inglesi nel 1818.
Ritratto
di Gandhi
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(03-89) Articoli+Tac
India
15-09-2008
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AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO
IL SIKHISMO
Questo movimento religioso nacque nel XV sec. tra l’attuale Pakistan e Punjab dove ora si trova praticato maggiormente.Fondatore e maestro supremo del sikhismo fu
il Guru Nanak (1469-1538) un venerato maestro spirituale la cui statura morale e il cui carisma segnarono profondamente la vita spirituale dell’India del suo tempo.Nato in una famiglia indù di casta kshatrya Nanak studiò sia
con guru induisti sia con mullah islamici e il racconto della sua vita è piena di aneddoti che mettono in evidenza il
fatto che fin da piccolo fosse considerato come una persona straordinaria. Avrebbe avuto un colloquio con Dio
che gli avrebbe rivelato i dettami della nuova religione e
avuto l’incarico della sua diffusione. In un periodo storico
caratterizzato fa forti tensioni tra la comunità indù e quella islamica il Nanak predicava:Non ci sono né indù né musulmani: Quale via seguirò? Seguirò la via di Dio. Dio non
è né indù né musulmano e la via che io seguo è la vita di
Dio. In effetti Nanak diede vita a una sorta di sintesi tra
l’islamismo attuando un rigido monoteismo, il netto rifiuto al culto delle immagini e del sistema castale e alcuni
aspetti dell’induismo legati all’accettazione del Karma e
del ciclo interrotto delle reincarnazioni (samsara) e la
spinta verso la liberazione spirituale.Alla sua morte la sua
eredità spirituale fu raccolta da una serie di nove guru che
guidarono la comunità sikh , il più importante fu Govind
Sing (1666-1708) che diede al sikhismo una forte struttura interna che prima non possedeva, lo organizzò anche
sul piano militare per potersi difendere dalle sempre più
frequenti persecuzioni musulmane e questa comunità da
quel momento acquistò quel carattere fiero che ha conservato nel tempo. Istituì regole e rituali iniziatici tra cui
quella esteriore dei lunghi capelli e il caratteristico turbante e il nome comune a tutti di Singh (leone). Govind
stabilì che alla sua morte non ci sarebbe più stata un’unica persona alla guida del movimento ma una commissione di cinque saggi le cui risoluzioni dovevano essere prese all’unanimità considerando il loro libro sacro, l’Adi
Granth,l’incarnazione vivente di Nanak.Istitui il guru-mata,una sorta di assemblea plenaria aperta a tutti i sihk per
dirimere le eventuali controversie sorte sulla base della
scelta della maggioranza.I loro luoghi di culto e le espressioni artistiche sono riconducibili all’arte indoislamica.
Attualmente il sikhismo si divide in cinque scuole diverse la cui più importante e quella dei Nanakpanthi a cui è
affidata la custodia del Tempio d’Oro di Armritsar, tristemente famoso per il tremendo massacro di più di tremila sikh del 1984 che vi si erano asserragliati da parte dell’esercito. Questo grave fatto avvenne dopo un lungo periodo di scontri per ottenere una maggiore autonomia del
Punjab e come ritorsione alcuni mesi dopo due militari
sikh della sua guardia del corpo assassinarono la signora
Indira Gandhi, primo ministro indiano.
Tagore e Gandhi
i due giganti dell’India moderna
24
Seychelles
Da un viaggio
alle Seychelles con Patrizio Rimassa
Testo di Loredana Bortolotto, foto da vari viaggi di Rimassa
o incontrato la bellezza suprema.Quella che ciascuno di noi sogna ma non immagina che esista
realmente. Sono stata alle Seychelles.
Partita stanchissima i luoghi (spiagge meravigliose, rocce
granitiche, acqua cristallina,vegetazione lussureggiante)
mi hanno subito curato e rilassato. E la compagnia del
gruppo non è stata da meno: un ginecologo romano che
si dichiarava ascetico (difficile da credere),una sirena piemontese (vocale non in bikini) che ogni tanto risuonava
dove il nostro gruppo aveva la ventura di passare, due innamorati ritornati sul luogo – le Seycelles – in cui Cupido li colpì, il nostro coordinatore con consorte Patrizio
Rimassa (una pietra miliare di Avventure nel mondo), il
mio amico di Genova e due generosissime e squisite signore venete: Emanuele,Renato,Roberto e Anna, Fausto,Daniela e Anna. E ovviamente la scrivente, Loredana.
Avevo sempre pensato alle Seycelles con una certa sufficienza,come a un luogo esaltato dalle riviste patinate delle agenzie di viaggi.
Ho dovuto ricredermi: appena scesa dall’aereo ho notato i sorrisi sui volti degli abitanti locali.Visi distesi, andature tranquille e senza stress.
Ho potuto appurare nei giorni successivi, che conducono una vita semplice ma dignitosa.
Non ho visto un mendicante, nessuno mi ha mai distur-
H
bato alla sera mentre passeggiavo sulle spiagge deserte
per vendermi qualcosa. Le auto sono poche, a parte nella piccola capitale Victoria.
Eccolo dunque il paradiso. Una vita lontana dalle nostre
esistenze costrette in città di cemento e strade congestionate.
Certo si tratta di un paradiso protetto, isolato, lontano,
ma esiste…
La formula del nostro viaggio era semplice.Piccole pensioni, cene casalinghe e salutari giri in bici.
Nulla di quello che avevo visto sulle riviste delle agenzie.
Ma non era necessario… i posti erano di una bellezza
mozzafiato.
A cominciare dall’isola di Praslin,prima nostra tappa.
All’arrivo un bagno caldo tra le onde all’ora del tramonto
tropicale, le sei, prima che scenda rapidamente il buio.
E la mattina la scoperta dell’isola: la fantastica spiaggia di
Anse Lazio, che ha subito gli attacchi dello tsunami nel
2004 ma è stata risistemata.
Di fronte alla spiaggia è ancorato un veliero lasciato da
una troupe cinematografica. E sulla spiaggia rocce fantastiche.sentieri tra una sabbia chiara e morbida.Onde
enormi, di un colore che cambia attraversando tutte le
sfumature dell’azzurro.
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