La Balbuzie - Università degli Studi di Messina

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La Balbuzie
Tratto da http://www.salus.it/balbuzie/index.asp
a cura del dr. Dr. Biagio Di Liberto
LA BALBUZIE - Verso una definizione
La balbuzie come disturbo del linguaggio è un disturbo multifattoriale della personalità con
rilevante componente psicologica e ambientale, caratterizzato da un’alterazione del ritmo
verbale e da un vissuto emotivo condizionato dall’espressione verbale.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S) classifica la balbuzie come disturbo specifico
dello sviluppo, un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione quello
che vorrebbe dire, ma nello steso tempo non è in grado di dirlo.
Secondo ricerche condotte dal centro CILD di Milano circa l’1.2% della popolazione italiana ne
è affetta, e di questi circa l’80-85% hanno esordito le prime disfluenza in età molto precoce
tra i tre e i 7-8 anni.
Come disturbo della relazione e della comunicazione di origine psicologica, la BALBUZIE
esordisce talvolta improvvisamente in età infantile nutrendosi di situazioni traumatiche o
avvertite come tali (nascita di un fratellino, situazioni di anaffettivà, perdita di sicurezza,
traumi, precari inserimenti), insieme a relazioni difficili e ansiogene avvertite dalla sensibilità
del bambino nei primi anni di vita.
Altre volte si inserisce nel linguaggio gradualmente insieme ai tentativi del bambino di
pronunciare vocaboli e termini foneticamente complessi (tali esitazioni prendono il nome di
disfluenze specifiche).
In genere l'intervento di una situazione reattiva (scatenante) rompe il delicato equilibrio
psico-emotivo del bambino dando alla balbuzie (sintomo), caratterizzata da pause,
interruzioni, prolungamenti, ripetizioni di sillabe o di singoli fonemi, la possibilità di
rappresentare ai genitori uno scompenso interno, un disagio latente della personalità e della
relazione (balbuzie-sindrome).
Riguardo l’età infantile possiamo affermare che il bambino sceglie (inconsciamente) tra gli
innumerevoli sistemi di comunicazione di cui dispone (sistemi non-verbali) una modalità (la
parola bloccata, il linguaggio esitante) che gli garantisce una "cassa di risonanza" sicura per
attrarre l'attenzione dei genitori, per comunicare il suo stato interno, per "dire" all'adulto del
suo disagio riguardo eventi particolari o avvertiti come ansiogeni.
I dati statistici rilevano in Italia una incidenza molto alta tra le disfluenze; secondo la ricerca
condotta dal CILD – Centro Italiano Logoterapia Dinamica circa l'1/1,3 % della
popolazione italiana adulta ne è affetta. In particolare circa il 75% presentano i primi sintomi
in età prescolare.
I numerosi studi sulla balbuzie rilevano come importante statisticamente la prevalenza nel
sesso maschile, che in Italia si manifesta con un rapporto con il sesso femminile di 1:3, 1:4
EZIOLOGIA
Diverse sono le traiettorie e le cause di una comunicazione disturbata a volte dopo una iniziale e
normale fluenza del linguaggio. Distinguiamo tra:
Cause remote di origine psicotraumatica
Cause idiopatiche
Cause organico funzionali
Rileviamo inoltre tra le cause nei bambini:
L'imitazione.
I ritardi del linguaggio o disalalie multiple: Ajuriaguerra e Marcelli considerano sino al 50% dei
casi.
E’ da rilevare una presunzione d'ereditarietà. Più precisamente è possibile riferirsi ad una
predisposizione ambientale-erediataria confermata da storie familiari di balbuzie in circa un 1/3 dei
casi.
Si tratta secondo le nostre ricerche non tanto della balbuzie quanto di una sensibilità accentuata del
bambino verso alcuni fattori psicologici e relazionali (ansia dei genitori, disarmonie familiari,
ipercorrettismo, genitori ansiosi pronti a correggere le naturali fisiologiche disfluenze presenti in
tutti i bambini nelle fasi iniziali dello sviluppo verbale).
Sono da rilevare inoltre indiscutibilmente la trasmissione su base genetica di alcune "strutture"
provenienti dal genitore balbuziente.
FAMILIARITÀ – EREDITARIETA’ - BALBUZIE
Dalla nostra ricerca, confermata a livello internazionale, risulta determinante nell’insorgenza del
disturbo la storia familiare del bambino quale fattore catalizzatore dell’istaurarsi e fissarsi del
sintomo.
E’ un dato statistico, confermata dalla nostra ricerca, che in un nucleo familiare in cui il genitore
(padre) balbetta, il figlio
maschio ha il 24-25% di possibilità di presentare il disturbo,
mentre la figlia presenta il 12-14% di possibilità.
Se invece è la madre a balbettare le percentuali cambiano e diventando specificatamente del 37% e
15%. Se entrambi i genitori sono affetti da balbuzie, la probabilità che lo sia anche il figlio sale
statisticamente fino al 70-80%, legata anche ad un modello acustico e fonetico disfemico che il
bambino potrebbe imitare.
Esistono anche ricerche riguardo la familiarità del disturbo nei gemelli omozigoti ed eterozigoti.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Il linguaggio comincia a svilupparsi sin dal primo vagito progredendo rapidamente per una
lunga fase della vita dell'infanzia. La ricchezza delle cose che circondano il bambino, il
desiderio d'esplorazione e la curiosità naturale si traducono nel desiderio di "domandare" e
"comunicare" incessante talvolta maggiore delle effettive capacità ed abilità comunicative.
Importanti studi epidemiologici sono concordi nell'indicare tra il 3 e il 10% l'incidenza di
disturbi del linguaggio in età prescolare (Levi, Jenkins, Stevenson, Silva, ecc.). Questa
percentuale scende considerevolmente con il tempo fino al 2-3 % con l'ingresso in età
scolare.
Se a questi si aggiungono gli alunni che presentano disturbi dell'apprendimento legati a alle
prassie scolastiche, la percentuale si avvicina quasi al 12/14%.
Tali disturbi nello specifico (linguaggio) riguardano:
Ritardi di maturazione del linguaggio
Dislalie funzionali
Dislalie organiche
Disartrie di vario genere
Disfluenze primarie verbali
Balbuzie e turbe del linguaggio
Riguardo le prassie scolastiche (produzione e comprensione) rileviamo:
Disgrafie
Disortografie
Dislessie
E' facile quindi che il linguaggio del bambino in fase di rodaggio presenti difficoltà nella
produzione di suoni, con il vocabolario e con la strutturazione delle prime frasi.
Ripetizioni di parole, di sillabe, di frasi intere, esitazioni, prolungamenti, talvolta
frequenti riformulazioni della frase, sono fenomeni frequenti nelle prima fasi del
linguaggio infantile.
Solo la conoscenza di questi segnali indicatori, come ricorda il Centro Italiano
Logoterapia Dinamica e la Speech Foundation of America, di una balbuzie iniziale,
da parte dei genitori permette di ridurre il rischio di fissare un modello verbale disturbato.
Questi "segni di disturbo" sono da mettere in relazione con il linguaggio globale del
bambino, e nel complesso con quella rete invisibile che è la relazione e la comunicazione
familiare.
Parliamo di una BALBUZIE PRIMARIA, apparente e transitoria, tipica dell'età infantile,
costituita da fisiologiche e normali disfluenze e da intermittenti esitazioni e ripetizioni
sillabiche iniziali, la cui risoluzione è spontanea in circa il 65% dei casi dei bambini in età
prescolare, e che con intervento indiretto dà risultati positivi nella maggior parte dei casi
Queste "fatiche verbali" del bambino sono segni discontinui presenti anche in bambini
non balbuzienti, tuttavia da tenere sotto stretto controllo.
Il disturbo di linguaggio prima dei 3 - 4 anni è molto diverso dal disturbo che si
presenta in seguito (5-6 anni) e ancora diverso dal disturbo che emerge in età adulta.
Diverse sono le strutture esterne (sociali e relazionali) ed interne (psicologiche e personali)
compromesse nel tempo e negli anni.
Il linguaggio comincia a svilupparsi progredendo rapidamente per una lunga fase della vita
dell'infanzia. La ricchezza delle cose che circondano il bambino, il desiderio d'esplorazione e
la curiosità naturale si traducono nel desiderio di "domandare" e "comunicare" incessante
talvolta maggiore delle effettive capacità ed abilità comunicative.
E' facile che il linguaggio del bambino in fase di rodaggio presenti difficoltà nella produzione
di suoni, con il vocabolario e con la strutturazione delle prime frasi.
Citando il Marcelli "…è' una fase di ripetizione di sillabe senza tensione spasmodica o tonica,
che interviene verso i 3 -4 anni e che con la balbuzie vera non ha alcun rapporto".
BALBUZIE PRIMARIA E SECONDARIA
Distinguiamo una balbuzie primaria, apparente e transitoria, tipica dell'età infantile,
costituita da fisiologiche e normali disfluenze e da intermittenti esitazioni o ripetizioni
sillabiche iniziali.
La risoluzione nei bambini in età prescolare è spontanea senza alcun intervento rieducativo
in circa il 65% dei casi. In altri casi l’intervento indiretto sulla relazione familiare e sulle
dinamiche verbali dà risultati positivi nella maggior parte dei casi.
Diverso invece è il sintomo tipico dell'età adolescenziale e degli adulti nella sua fase
avanzata e cronica: la balbuzie secondaria. Come "sintomo" rappresenta una forma
inadeguata di adattamento alle tensioni esterne o interne all'io. L’inadeguatezza e il
seguente squilibrio si manifesta nel soggetto a livello globale e personale come problema
della "comunicazione, del linguaggio e della relazione con gli altri.
PREDISPOSIZIONE SESSUALE E BALBUZIE
L’incidenza maggiore nei maschi riguardo alle femmine (1:3-4) trova nella ricerca del dr. Peter
Fox una conferma di rilievo.
Avvalorando l’eziologia psicologica del disturbo lo studioso riferisce la base genetica legata al
cromosoma maschile x. Il team di ricercatori texani affermano come la balbuzie interessi
l’emisfero cerebrale destro sede delle emozioni, delle rappresentazioni spaziali e non simboliche
della realtà.
Nella rivista THE AGE il dr. Fox spiega che il disturbo "sembra che sia legato al cromosoma X ...
la ricerca ha dimostrato che le donne che balbettano hanno un'alta incidenza di balbuzie fra i loro
figli maschi anche se l'esatto meccanismo di eredità è ancora sconosciuto".
I risultati di altri ricercatori della University of Illinois at Urbana-Champaign tra cui N. Grinager
Ambrose, Ehud Yairi e Nancy J. Cox della university of Chicago School of Medicine (pubblicati
nel "The Journal of Speech, Language, and Hearing Reserch", 1997 - ASHA), hanno indicato una
base di persistenza genetica e di recupero della balbuzie in base ai sessi.
In particolare il recupero della fluenza e del linguaggio (in soggetti che presentano in famiglia una
storia di balbuzie) è più frequente tra le femmine che tra i maschi di circa 2:1 vicino all’esordio,
mentre la persistenza è più comune tra maschi che tra femmine pari a 4-5:1 in età avanzata.
Il recupero come la persistenza nel tempo sembrano ascriversi ad un’influenza di fattori genetici,
anche se la seconda è in parte dovuta, sempre per gli studiosi citati, da fattori genetici
supplementari.
Dati scientifici
Prendendo spunto dalla sintesi offerta da una delle massime autorità nello studio della
balbuzie, Lena Rustin, riportiamo alcuni dati di ricerca condivisi da numerosi ricercatori
europei e d'oltre oceano (Van Riper, Sheehan, Bickel, Curlee, Cooper, Gregory, Perkins,
Moore, Peters, ecc.)
La balbuzie è presente in tutte le culture e gruppi sociali (circa l'1% della popolazione
mondiale).
Esiste una predisposizione ereditaria.
La balbuzie colpisce maggiormente il sesso maschile che quello femminile.
Il balbuziente mostra maggiori difficoltà a controllare i processi di produzione della parola,
richiedendo tempi maggiori per coordinare ed organizzare l'atto verbale.
La balbuzie è un disturbo che generalmente insorge nell'età infantile, collocandosi
tipicamente nel periodo 2-6 anni.
Il balbuziente inserisce nel discorso il sentimento dell'ansia e la personale memoria
negativa relativa alla perdita relazionale (sentimenti negativi, imbarazzo, vergogna, ecc.).
Il balbuziente a livello della personalità "mostra maggiori difficoltà nella relaziona e negli
adattamenti sociali" (Rustin).
In circa il 65% dei casi dei bambini in età prescolare che presentano forme di "balbuzie
primaria" la risoluzione è spontanea. L'intervento indiretto, sulla relazione e la comunicazione
familiare, dà risultati positivi nella maggior parte dei casi.
FORME DELLA BALBUZIE
Una classificazione delle forme di balbuzie fa riferimento alla particolare configurazione del
blocco, al suono caratteristico che il blocco verbale manifesta nello sforzo articolare.
Seguendo Lucchin e Massa rileviamo una:
FORMA TONICA, nella quale si ha un arresto in particolare all'inizio della frase, o con
prolungamento della sillaba o anche del fonema iniziale difficile da pronunciare.
FORMA CLONICA, nella quale si ha una ripetizione continua o intermittente della sillaba
FORMA PALILALICA o MISTA, caratterizzata dalla presenza di prolungamenti, tonicità e
ripetizioni cloniche.
Tenendo presente la localizzazione anatomica del blocco e degli spasmi muscolari soprattutto nella
produzione di alcune consonanti riconosciamo, in linea con gli esiti della ricerca, le seguenti
forme:
LABIO-COREICA, che presenta contrazioni fonoarticolari a livello della lingua e delle labbra
("corea", danza delle labbra) con conseguente difficoltà nella produzione delle consonanti "p/b" e
"t/d".
GUTTURO-TETANICA, che presenta spasmi e contratture dei fasci muscolari laringei e
faringe con difficile produzione delle consonanti "g/k"
SINTOMATOLOGIA
Nella balbuzie secondaria, ormai stabilizzata e cristallizzata come disturbo del linguaggio e
del a personalità, il sintomo può assumere un significato duplice esterno e interno,
verbale e psicologico, investendo globalmente, nelle forme più complesse, non soltanto il
linguaggio ma altresì il vissuto psicologico condizionando la relazione quotidiana con gli altri.
Lo studioso Perkins interessandosi di questo fenomeno nel saggio “Onset of Stuttering”
(1983) scrive che “ciò che differenzia i balbuzienti e la balbuzie è la condizione di essere
bloccati in modo involontario”, ravvisando come la stessa definizione dell’O.M.S risulti
lacunosa omettendo tale fondamentale riferimento.
In Italia, continuando a riferirci a studiosi eminenti, O. Scinhdler definendo il disturbo scrive
come “…gli elementi necessari ma non sufficienti sono rappresentati da tre tipi di
disfluenza…la ripetizione di un fonema,… il suo prolungamento o il prolungamento di una
pausa(…) ma perché si abbia la pienezza del fenomeno, oltre ai tre predetti elementi bisogna
che sia presente anche un sentimento negativo nella persona nel momento in cui si
verificano le disfluenze, come a dire che la presenza della disfluenza senza sentimento
negativo nel soggetto non è balbuzie” (1986).
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